L’in
esta Sicilia
Periodico di politica, economia, cultura e societĂ Fondato a Palermo nel 1996 - Anno XX Primavera 2016 - Numero 0 - Nuova edizione Euro 2,00
Le vie del sesso sono infinite
Politica Paradiso vitalizio per tutti
Il Personaggio Pierfrancesco Diliberto in arte Pif: palermitano timido ma non troppo
L’intervista Alessio Vassallo: dietro le quinte di un esordio
A grandi passi verso i vent’anni a cura di Giusi Serravalle
N
editoriale
ononostante le innumerevoli difficoltà, dovute soprattutto alla crisi dell’editoria, che più di ogni altra cosa penalizza la carta stampata, l’Inchiesta Sicilia è giunta al XIX anno di vita. Anche in questo numero, abbiamo voluto trasmettere ai nostri lettori, insieme alla consueta informazione, anche un po’ di spensieratezza ed evasione e perché no, anche un po’ di trasgressione. Cos’è il sesso? Un insieme di stimolazioni psicologiche e nervose, consce e inconsce, che si manifesta in ciascuno di noi? Per gli esperti è molto di più... Il nostro giornale, dedica a questo argomento, le quattro pagine dell’inchiesta offrendo, con l’aiuto di una sessuologa, un viaggio nel fantastico, delirante, pudico e perverso universo sessuale. Che dire dei congrui vitalizi riconosciuti a tutti i parlamentari italiani compresi i politici che hanno alle spalle gravi condanne e che, nonostante ciò percepiscono maxi assegni? Tra le nostre pagine di politica la sconcertante “querelle”. La rubrica di società parla di volontariato che rappresenta un vero e proprio esercito armato, ma di buoni propositi verso gli altri. Quante e quali le difficoltà economiche e operative di chi, ogni giorno si spende per il prossimo gratuitamente. Tempi sempre più lunghi per la giustizia. Milioni sono i procedimenti in corso e con la carenza organica e l’insufficienza strutturale, la giustizia è alle strette soprattutto nel sud Italia. Come raggiungere un reale benessere psico fisico? Grazie al BodyFly, una disciplina olistica che, attraverso la conoscenza del corpo, considerato lo strumento principale di allenamento, riesce a far esaltare gli aspetti mentali energetici ed emozionali della persona che lo pratica. Il protagonista della rubrica che il nostro giornale dedica, da sempre, a un personaggio siciliano, è Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif: attore e regista di successo grazie alla sua prima pellicola “La mafia uccide solo d’estate”. In questa intervista si svela in tutta la sua naturalezza. La sezione culturale è come sempre varia e nutrita. Tra i tanti articoli ci preme segnalare il fermento della città di Palermo, candidata a capitale europea della cultura, mentre, nonostante gli sforzi, sempre più evidenti sono le difficoltà dei teatri che non navigano in acque serene. Vita Parrinello, tra ricordi e timori di chiusura, racconta il suo teatrino Ditirammu. Vogliamo terminare, regalando ai giovani che sognano di diventare attori, un’intervista ad Alessio Vassallo, giovane attore palermitano, che non si è lasciato intimidire dalle difficoltà e che con sacrifici e fatica è riuscito a realizzare il suo sogno. Una buona lettura a tutti. pagina 1
feste ni i b m a b r e p
Morire di speranza a cura di Padre Sergio Natoli
U
l’opinione
na delle ultime tragedie in mare, ha fatto dire al S. Padre Francesco: «Vergogna, simili tragedie non si ripetano». Anche noi ci uniamo alla triste considerazione di Papa Francesco. Prima di tutto, perché l’amore di Dio nella sua infinita misericordia accolga quanti sono morti nei tanti “viaggi di speranza”, consoli i familiari e dia audacia ai governanti nel trovare strade di giustizia e di solidarietà verso i popoli che soffrono nel Sud del mondo. È una vergogna che, a livello internazionale, si permetta ai trafficanti di essere umani di continuare il loro losco commercio, sfruttando il desiderio di libertà e la ricerca di una vita migliore di migliaia di oppressi. È una vergogna continuare a vedere l’immobilismo delle Nazioni ricche e potenti di fronte ai drammi provocate da guerre e dallo sfruttamento economico a cui sono schiavizzati i Popoli del Sud del modo. È triste sapere che si siano salvati solo poche persone, mentre tutti gli altri sono nel “cimitero” del mediterraneo insieme ad altri 20.000 cadaveri che si sono inabissati in questo decennio. È una vergogna! Ci sentiamo impotenti! Tante tempeste opprimono la vita degli uomini e delle donne in tante parti del mondo. Eppure il mondo ricco a cui apparteniamo spesso non se ne accorge. Per chi sta in mezzo alla tempesta, questo mondo ricco appare indifferente, assorbito dalle proprie cose e dimentico di chi sta soffrendo. Si, davvero, non bisogna distogliere lo sguardo e dimenticare la sofferenza in cui intere popolazioni vivono. Tanti, troppi, continuano a “morire di speranza”. Con queste parole molte comunità cristiane si sono ritrovate e si ritrovano in preghiera per ricordare le migliaia di persone immigrate, morte dopo aver lasciato il proprio paese alla ricerca di un futuro migliore. Sono persone che cercano disperatamente di raggiungere un altro paese perché fuggono dalle persecuzioni, dalle violazioni dei diritti umani, dalla guerra civile o semplicemente perché sono in cerca di migliori opportunità economiche per sostenere le loro famiglie. In cerca di un luogo sicuro sono, invece, andati incontro alla morte sbarcano, pronti a gridare all’invasione. Ma quanti sono quelli che non sono arrivati? pagina 3
SOMMARIO ! ! "
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L’Editoriale
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L’Opinione
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Sicilia
Morire di speranza
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L’Inchiesta
L’Inchiesta Le vie del sesso sono infinite
Le vie del sesso sono infinite
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Sport Quando il corpo vola
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Periodico dell’Associazione Via del Ponticello via Ponticello, 22 - 90134 Palermo
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Il personaggio PIF
Testata Iscritta al Tribunale di Palermo n°15/2015 del 27 Novembre 2015 Sede e Amministrazione Via Ponticello, 22 90134 Palermo linchiestasicilia@libero.it Direttore Responsabile Patrizia Romano Coordinamento editoriale Giusi Serravalle In redazione Valentina Licata Progetto grafico ed impaginazione Silvia Messina, Giuseppe Nisi Stampa Fotograf Snc Digital Service Collaboratori Massimo Arciresi, Andrea Di Napoli, Federico Di Napoli, Ambra Drago, Salvo Ferlito, Alessia Franco, Elena Russo, Fabio Vento, Arianna Zito Distribuzione in edicola, in Italia e in direct mailing Sitoweb www.inchiestasicilia.com
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Politica
Paradiso vitalizio per tutti
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Economia e lavoro
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cultura
Sistema cooperativo e sviluppo sociale
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Società e Costume Ama il prossimo tuo…
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Politiche culturali: navigazione a vista
Giudiziaria
Giustizia è fatta quando ci sarà tempo
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Dietro le quinte di un esordio
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Quando il corpo vola
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Ancora oggi… al di la dello Stretto
TamTam - Il mondo in Sicilia Impresa ‘Made’ by Immigrazione
Cinema
Quando il cinema è ispirazione
TamTam - Siciliani nel mondo
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Musica
Palermo capitale della Cultura 2019
Sport
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Spettacolo
Storia di un pezzo di teatro siciliano
L’intervista
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Libri
Libreria tradizionale e libreria editoriale
Il personaggio
Pif palermitano timido ma non troppo…
La terza pagina
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Fotografia
Fotografo ergo sum
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Arte
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Fra delirio nevrotico e sparata propagandistica
l’inchiesta
a cura di Patrizia Romano
Le vie del sesso sono infinite Un insieme di stimolazioni psicologiche e nervose, consce e inconsce in ciascuno di noi? No... la sessualità è molto ma molto di più... Viaggio nel fantastico, delirante, emozionante, sofferto, pudico, perverso... universo sessuale
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er la chiesa, l’unica finalità è la procreazione. Nelle relazioni convenzionali e istituzionalizzate, è il punto di equilibrio della coppia. Per i moralisti, deve consumarsi soltanto tra persone sposate. Nelle società moderne è considerato, in primo luogo, un indiscutibile piacere. Per i trasgressivi, è l’espressione estrema della propria perversione. Per i romantici, è la sublimazione dell’amore. Per la pubblicità è un bene di consumo. Per l’economia di mercato è un business. Per i pudici, è tabù. Per i deviati, è violenza. Per zii stressati, è una valvola di sfogo. Quante interpretazioni, quanti significati, quante accezioni sono stati costruiti nel corso degli anni, attorno al sesso e alla sessualità. Il sesso ha sempre giocato, nelle società di tutti i tempi, un ruolo molto forte. Ne ha capovolto i principi, condizionato i costumi, trasformato gli stili di vita. Talora represso in modo esasperato, talora consentito in modo spregiudicato, ha, comunque, generato gioia e piacere, così come dolore e tormento: croce o delizia da un caso all’altro.
Insomma, dall’allegoria del frutto proibito mangiato da Adamo ed Eva nel Giardino terrestre sino ai nostri giorni, il sesso è sempre stato ‘tutto e il contrario di tutto’. Cos’è il sesso ? Ma, al di là delle accezioni letterarie e delle interpretazioni soggettive, cos’è il sesso? Molto semplicisticamente, potremmo dire che il sesso è un insieme di stimolazioni psicologiche e nervose, consce e inconsce, che si manifesta con notevoli differenze tra un individuo e l’altro. Ma in una considerazione più profonda, diciamo, invece, che la sessualità è un argomento ampio e complesso e, talmente articolato, da rappresentare nella psicologia e nella sociologia un campo a sé stante, pur essendo indissolubilmente legato alla vita quotidiana. Inoltre, è formata da una serie di componenti e presenta un’infinità di sfaccettature. Cercheremo, anche se in maniera estremamente circoscritta e riduttiva, di focalizzare l’attenzione su alcuni dei suoi molteplici aspetti.
Sessualità e stili di vita Esistono fattori, che sono acerrimi nemici della sessualità. Alterano gli effetti, rallentano le prestazioni, riducono il piacere. Alla base di questi problemi ci sono proprio stili di vita inadeguati, poco attenzionati e sottovalutati. “Lo stile di vita che ogni individuo conduce - dice la dottoressa Valeria Randone, sessuologa e membro della Sia e della Fiss influisce moltissimo sulla sfera sessuale. Molte disfunzioni sessuali, soprattutto maschili, correlano con stili di vita inadeguati e malsani, come l’utilizzo di droghe, alcool, spesso adoperato come disinibitore del comportamento sessuale e fumo, che nuoce fortemente alla capacità erettiva dell’uomo. Come sessuologa, facente parte della commissione nazionale di sessuologia della Sia, società Italiana di andrologia, mi batto molto, tramite articoli, comunicati stampa, interviste, il mio blog... per facilitare formazione ed informazione”. Sessualità deviata Le ‘parafilie’ o perversioni sessuali sono dei comportamenti, impulsi o fantasie di carattere sessuale indispensabili all’eccitazione di chi le pratica e coinvolgono, nella mente del perverso, oggetti inanimati, bambini o persone non consenzienti. Queste attività, in alcuni casi, rappresentano dei veri e propri reati perseguiti dalla legge, come ad esempio la pedofilia, il sadismo o il masochismo sessuale. I comportamenti sessuali ‘deviati’ vengono distinti in due diverse tipologie: quelli cosiddetti ‘hard’ e quelli ‘soft’. I primi rappresentano una sorta di obbligo imposto al pro-
prio partner. I secondi, invece, si pongono a metà tra il gioco e l’esperimento; la coppia decide di provare. Negli anni si è, comunque, ridimensionato il concetto di perversione. Oggi, per esempio, le perversioni soft non vengono più classificate sotto la voce ‘degenerazione’, a differenza, comunque, di quelle hard, considerate ancora qualcosa che va al di là del tradizionale. Le perversioni ‘hard’ colpiscono prevalentemente gli uomini, che rappresentano il 98 per certo dei casi. Le perversioni femminili, invece, si esprimono attraverso altre modalità e vanno pertanto cercate in ambiti diversi da quello squisitamente sessuale. Alcune forme di perversione sono molto diffuse. «Tra le più praticate - riprende la dott. ssa Randone - c’è sicuramente lo scambismo. Tante coppie oggi, sono infatti sull’orlo di una crisi sia sentimentale, che erotica ed in alcuni casi lo scambismo, sembra rappresentare una strategia di evitamento delle difficoltà, celato dal concetto di gioco erotico e da potente afrodisiaco. Lo scambismo è sicuramente un tradimento codificato, con non poche complicanze postume... I protagonisti dello scambismo - sottolinea la dottoressa nella maggior parte dei casi, sono coppie giovani, che annoiate e stanche della solita routine, si imbattono, prima online e poi nel reale, in incontri plurimi con coppie ‘altre’ dalla loro. Molti partners, per glissare sulla possibile gelosia post-coito, dicono che l’esperienza vissuta, rappresenta per loro un gio>>>
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>>> co, un divertimento, un diversivo alla sessualità ortodossa e un po’ datata e diradata. Parlano degli altri protagonisti degli incontri, come uomini e donne, senza identità, senza sentimento e, senza passionalità, dicono essere i loro ‘giocattoli’, da adoperare all’interno e per la loro coppia, con l’unico scopo di divertirsi, senza rischi di coinvolgimento alcuno. In realtà, non sempre e non per tutti - ribadisce la sessuologa - il post-scambismo è dalla facile digestione ed elaborazione. Molti scrivono ai professionisti, per palesare confusione, efferata gelosia, paura di perdere la moglie o il marito, tra le focose e trasgressive braccia di pochi o di tanti possibili rivali amorosi, eccetera». Sempre tra le più frequenti, abbiamo l’esibizionismo, la pedofilia, il froutterismo, il voyeurismo, il sadismo, sadomasochismo, feticismo e travestimento. Ma ne esistono molte altre che, fortunatamente, sono meno diffuse, ma anche molto meno comuni, perché molto più spinte. Tra queste, per esempio, la cosiddetta ‘scatolo-
gia telefonica’, che consiste in telefonate oscene o la ‘zoofilia’, in cui si hanno rapporti sessuali con animali o, ancora, la ‘coprofilia’, in cui, addirittura, ci si eccita facendosi defecare addosso e l’urofilia, facendosi urinare addosso e, ancora la ‘clismafilia’, che consiste nell’eccitarsi attraverso l’uso dei clisteri e tante altre forme ancora che vanno molto al di là dell’immaginario. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Tutti questi comportamenti, comunque, possono assumere un carattere compulsivo e coatto o rappresentare una forma di sperimentazione e di gioco, come avviene rispettivamente nelle perversioni hard e nelle perversioni soft. Un ruolo particolare tra le pratiche deviate è rivestito dal ‘bondage’, dall’inglese, schiavitù. É una pratica caratterizzata da dominio e sottomissione, spesso improntate a costrizioni psico-fisiche, messa in pratica attraverso rituali, legature, bavagli, fruste e manette. Questa pratica, in particolare, è preceduta da un gioco atipico in cui predominano il dominio, il potere, il possesso, il controllo e l’esclusività. Il sesso solitario Dal sesso, per così dire ‘collettivo’, che vede nel coinvolgimento di ‘altri’ la sua massima espressione, al sesso ‘solitario’. L’autoerotismo è la prima forma di conoscenza del proprio corpo che cresce e nasce nell’età adolescenziale. Nel corso degli anni, questa pratica sessuale ha subito un’infinità di mutamenti concettuali. In alcuni casi, comunque, rimane ancora un tabù. «L’autoerotismo - chiosa la nostra sessuologa - storicamente correla con la caduta dei capelli, con le punizioni divine, con la cecità, eccetera. Insomma, con tutta una serie di mal celate minacce genitoriali, al fine di tenere i giovani e non, lontani dal piacere. La masturbazione femminile, poi viene ancor di più mistificata e celata, perché correla con il ‘sesso silente’. Quindi non solo le donne hanno avuto accesso pagina 9
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l’inchiesta
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>>> in notevole ritardo alla sessualità scevra dal concepimento (la pillola anticoncezionale, ha da poco compiuto 50 anni), ma ancor di più al piacere fine a se stesso». Insomma, le donne lo fanno ma non lo dicono. Perché? «Quando si parla di autoerotismo - risponde Valeria Randone - vi è una marcata scissione tra immaginario maschile e femminile. Il maschio, crescendo, palesa la necessità di praticare l’autoerotismo, in quanto tappa fondamentale della crescita psico-sessuale e, lo pratica stabilmente quasi a conferma della propria salute sessuale. Spesso lo condivide simpaticamente all’interno del gruppo dei pari, vantando il numero di volte possibili e fattibili, quasi come un vanto e un’affermazione di sé. Per l’universo femminile, l’accesso al mondo del piacere avviene quasi sempre ‘per e con’ l’altro; praticare l’autoerotismo, non solo viene fatto con estrema segretezza, ma con la netta convinzione, frutto di antichi retaggi culturali, che viene praticato come surrogato e sostituto di un ‘piacere condiviso’. Per la mentalità femminile - continua la dottoressa - il provare piacere e basta non è sufficiente. Spesso l’autoerotismo non solo non è contemplato come indispensabile fase di crescita, ma viene messo al rogo delle fantasie e vissuto come ‘sostituto’ di un legame d’amore o, comunque, emozional-sessuale. Secondo la cultura dominante, la donna non può accedere al piacere da sola, nonostante la rivoluzione sessuale del sessant’otto, ma deve essere ‘altro’ da sé ad effettuare l’iniziazione al piacere dei sensi. Nell’immaginario collettivo, la masturbazione, ancor di più quella femminile, viene associata all’età dell’adolescenza o ad una condizione di solitudine, raramente viene conside-
rata lecita e con possibilità di coesistenza, all’interno di una relazione di coppia stabile.L’autoerotismo, è un momento di incontro con se stessi, con la propria corporeità e sensorialità e, soprattutto con il proprio ‘immaginario’, abitato spesso da fantasie erotiche, che nell’incontro con l’altro vengono censurate. Per noi sessuologi clinici, è un valido strumento diagnostico e terapeutico, spesso infatti, in sede di terapia sessuologia viene prescritto, per valutare le cause di un possibile calo del desiderio sessuale e, per poter ritrovare l’accesso al piacere, magari smarrito o mai raggiunto all’interno della coppia». Il sesso tra adolescenti Da soli o in compagnia, per gli adolescenti, l’approccio al sesso rappresenta una fase molto delicata. Fase, che non sempre viene vissuta con le opportune modalità. Gli strumenti appropriati che potrebbero possedere genitori, medici, esperti, operatori, insegnanti, vengono surclassati da mezzi decisamente poco delicati. «Molti giovani - sottolinea la dottoressa Randone - adoperano il web come se fos-
se un altro luogo dell’esistenza, vivono relazioni virtuali, corteggiamenti nell’etere, amplificati sul piano sensoriale dall’assenza del corpo dell’altro\a, pubblicano di continuo immagini e link, che si sostituiscono ad una reale comunicazione emozionale. Tra i giovani che abitano l’etere - continua - vi sono anche giovanissimi, ovviamente minorenni, che scarsamente consapevoli dei possibili rischi di questa moda si imbattono in pericolosi e destabilizzanti invii. Un aggravante, inoltre, è correlato all’assenza di educazione emozionale e sessuale, tutto quello che imparano, lo imparano dalla pornografia, che contiene temi inesatti, come quello delle dimensioni dei genitali e della possibile durata del rapporto sessuale, il tutto avulso dall’affettività e dalla coppia con le sue poliedriche sfaccettature». Il sesso in rete A fare del web, l’oggetto prediletto per vivere la propria sessualità in tutte le sue sfaccettature, non sono soltanto i giovani. Oggi, il sesso in rete è la forma più diffusa, più utilizzata, più richiesta per vivere il sesso. Internet ha interferito tantissimo sul sesso. «L’avvento di internet - incalza la sessuologa - ha totalmente stravolto l’approccio sia all’intimità, sia alla sessualità. Dalle lettere magari sigillate e segretamente custodite, siamo
passati alle emozioni e sentimenti, esposti sulla bacheca di facebook, al sexting, alla seduzione online. Ma il monitor di un pc non può affatto sostituirsi alla fisicità, al calore, al corpo dell’altro. Il sesso online, di cui oggi si fa un gran parlare, oltre all’eccitazione\trasgressione momentanea, cela frequenti problematiche e solitudine mascherate. Molti giovani e non, vivono la propria sessualità che si conclude tristemente con una dimensione di piacere solitario, dietro il monitor del pc, amplificando un vissuto di sconforto, solitudine, inadeguatezza ed autismo tecnologico». Ma è possibile tracciare l’ identikit del frequentatore del sesso in rete? «La rete - risponde l’esperta - con le sue seduzioni, apparenti facilitazioni, immediatezza della comunicazione e impatto importante che ha sull’eccitazione e sessualità, cattura milioni e milioni di frequentatori. Non credo sia possibile tracciare un profilo omologabile estendibile a tutti, ma credo che un denominatore comune sia sicuramente la ‘solitudine ed il disagio psicologico\relazionale\sessuale’. Molti uomini adoperano la rete per effettuare conquiste, per fruire della pornografia online, per essere sempre connessi, vivi e vitali, per la paura di invecchiare, della solitudine, della morte... Le donne invece, la utilizzano con un chiaro significato consolatorio: cercano compagnia, emozioni nuove, emozioni residue, affettività, magari ingridite dal tempo e dal quotidiano non più appagante».
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Politica
Paradiso vitalizio per tutti I costi della politica stanno diventando sempre più provocatori nei confronti dei comuni cittadini, alle prese con una crisi economica senza fine. La querelle torna alla ribalta con i vitalizi. Un privilegio riconosciuto a tutti i parlamentari italiani che percepiscono max assegni, in molti casi riscossi a soli 50 anni e dopo avere pagato contributi modesti. Ma la cosa ancora più scandalosa è che anche politici con gravi condanne alle spalle continuano a goderne.
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a cura di Arianna Zito
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Fa male pensare che quando c’è chi fatica - non poco - anche a fare la spesa ci siano degli ex parlamentari che, invece, nonostante una condanna continuino a percepire vitalizi o indennità». A parlare così è Rosario S., insegnante in pensione. Ma il suo è un pensiero comune a molti. È tutto un gran parlare di contenimento della spesa pubblica, di moralizzazione della politica ma, al dunque, poco cambia. Il nodo della questione in quest’ultimo periodo è tornato alla ribalta dalla notizia del vitalizio, di seimila euro lordi, che l’ex presidente della Regione, Salvatore Cuffaro avrebbe continuato a percepire, come altri ex deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana. Nessuna anomalia se non fosse che Cuffaro si trovi attualmente in carcere, per scontare una condanna a 7
anni per favoreggiamento alla mafia. Paradossalmente però, dal punto di vista legale, la corresponsione del vitalizio è assolutamente legittima. Il decreto Monti, recepito poco tempo fa dall’ARS attraverso il nuovo regolamento, infatti, recita così «assegno vitalizio o la pensione sono sospesi in caso di condanna definitiva per delitti contro la Pubblica Amministrazione che comportino interdizione dai pubblici uffici». Ma Salvatore Cuffaro non è l’unico condannato che incassa ancora il vitalizio dal Parlamento siciliano. Con lui ci sono, infatti, anche Vincenzo Lo Giudice (condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso) e l’ex deputato Biagio Susinni arrestato per corruzione ma che, attualmente, non ha nessuna condanna.
Per sapere il numero esatto di assegni vitalizi erogati ai condannati, il M5S ha anche presentato alla Camera dei Deputati un’interpellanza urgente poiché «non è reperibile, attualmente, - si legge- un elenco dei soggetti che percepiscono vitalizi da parte degli organi della Repubblica, compreso il Parlamento». Intanto, però, il Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Giovanni Ardizzone ha annunciato che «sia per Cuffaro che per altri 11 ex parlamentari regionali è in atto la procedura di sospensione dell’assegno vitalizio. Gli uffici ha detto Ardizzone - dopo che è stata approvata la legge a gennaio, hanno scritto a tutti gli ex deputati e aventi causa in caso di reversibilità di produrre un’autocertificazione con cui dichiarano se sono interdetti dai pubblici uffici».
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Ma a tal proposito Silvio Cuffaro, fratello dell’ex presidente della Regione oltre a sostenere che «non è arrivata alcuna comunicazione sull’inizio di un procedimento amministrativo per sospendere il vitalizio ma solo una richiesta di un atto notorio» si è chiesto, provocatoriamente, come mai «dirigenti dell’Ars che prendono anche 300 mila euro di stipendio invece di chiedere le sentenze alle Corti di Appello chiedano una atto notorio agli ex deputati o ai loro familiari». E ad attaccare il Presidente dell’ARS, Giovanni Ardizzone (in foto) per la tempestiva (?!) dichiarazione di sospensione dei vitalizi agli ex parlamentari condannati, sono stati anche i sindacati maggiormente rappresentativi del pubblico impiego regionale, Sadirs e Cobas/Codir che hanno giudicato e bollato l’iniziativa come goffa e “atto di ipocrisia politica”. Per questi ultimi, infatti, si è trattato solo di un tentativo di sopire le polemiche relative agli stipendi d’oro del personale dell’ARS distraendo, in tal modo, l’attenzione dell’opinione pubblica dalla vera questione che - a detta dei sindacati - sarebbe l’inaccettabile mancanza di trasparenza dell’Assemblea Regionale Siciliana. Che sia stato avviato l’iter di sospensione o meno dei vitalizi in questione resta il fatto, comunque, che queste sospensioni sono previste, come >>>
>>> fin qui detto, soltanto «per delitti contro la Pubblica Amministrazione che comportino interdizione dai pubblici uffici» e non anche per reati connessi alla mafia. Anche se il Presidente del Senato, Pietro Grasso ha da poco annunciato di aver avviato l’iter per sospendere il vitalizio per i condannati per reati gravi come mafia, corruzione e concussione, gli stessi previsti dalla legge Severino per determinare l’incandidabilità e decadenza dei parlamentari. A prescindere dal vitalizio percepito dai politici che hanno commesso gravi reati, diciamocelo pure: il vitalizio ai politici, al di là di ogni subdolo riconoscimento giuridico, il vitalizio di suo è una frode bella e buona alle spalle dei cittadini. Infatti, tutti i parlamentari italiani nazionali, regionali ed europei, alla fine di una sola legislatura (a volte anche con meno) riescono a ottenere dallo Stato un’indennità vitalizia di svariati milioni mensili senza avere, come qualsiasi altro lavoratore, maturato gli anni sufficienti per ottenerlo, aggravato dal fatto che non essendo un reddito pensionistico, hanno la possibilità di non metterli in accumulo con altri redditi. I costi della politica stanno diventando sempre più provo-
catori nei confronti dei comuni cittadini, alle prese con una crisi economica senza fine.La cuccagna si ottiene dopo pochi anni di Parlamento. Maxi assegni, in molti casi riscossi a soli 50 anni e dopo avere pagato contributi modesti. Per maturare il privilegio bastano 30 mesi di fatica sugli scranni parlamentari. Vale a dire 2 anni, 6 mesi e un giorno. Fino al ‘92, era sufficiente anche un solo giorno di permanenza in carica. Ma il riconoscimento del vitalizio è costituzionale? Se qualche parlamentare avesse letto, almeno una volta, l’articolo 3 della Costituzione, avrebbe dovuto accorgersi che il vitalizio che difendono a spada tratta, forse è incostituzionale. Per la Costituzione ‘La legge è uguale per tutti’. Lo stabilisce proprio l’articolo della Costituzione che recita così: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Questo significa che la Costituzione non attribuisce ad alcuna categoria di cittadini, parlamentari o comuni lavoratori che siano, il privilegio di usufruire di alcun trattamento più favorevole e diverso dagli altri di fronte alla legge. Quindi, in tema di vitalizio, le stesse regole in vigore per i lavoratori dovrebbero essere valide anche per i parlamentari. pagina 15
Economia
Sistema cooperativo La cooperazione assume un ruolo sempre più incisivo nello sviluppo economico, ispirando la nascita delle attuali società cooperative che hanno sempre perseguito l’obiettivo di migliorare le condizioni socio-economiche del nostro Paese. a cura di Elena Russo
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el 1844, nella cittadina inglese di Rochdale, nei pressi di Manchester, un gruppo di tessitori, ridotti alla fame, da vita alla prima società cooperativa con l’obiettivo di migliorare le proprie condizioni esistenziali. Questo modello societario, del tutto nuovo, passa alla storia con la denominazione di ‘Società dei Probi Pionieri’. L’esperimento, pienamente riuscito, getta le basi per un successo futuro. I capisaldi di questo esordio sono rappresentati dalla fidelizzazione dei soci attraverso la ripartizione degli utili, la produzione diretta dei beni, che rappresentano il capitale della società e l’equa distribuzione delle risorse e delle entrate tra i consociati.
Cinque anni dopo, in Italia, in provincia di Torino, viene fondata la prima ‘Società Operaia e Cooperativa di Consumo’. Anche nel nostro Paese, l’esperimento raccoglie ampi consensi, sancendo l’influenza del pensiero liberale e socialista sulle scelte economiche più evolute. Contestualmente al modello cooperativo di ispirazione socialista, nasce un modello societario di ispirazione cattolica. Nel giro di pochi anni, la cooperazione assume un ruolo sempre più incisivo nello sviluppo economico, ispirando la nascita delle attuali società cooperative che hanno sempre perseguito l’obiettivo di migliorare le condizioni socio-economiche del nostro Paese. Una cooperativa, quindi, è un’associazione autonoma di
e sviluppo sociale
persone che si uniscono volontariamente per soddisfare i propri bisogni economici, sociali e culturali, nonché le proprie aspirazioni attraverso la creazione di un’impresa a proprietà comune, controllata democraticamente. Pertanto, il cooperativismo stimola l’integrazione fra i popoli nell’ottica di una crescita comune tra i paesi che apportano tecnologia, aprendo nuovi mercati e i paesi che conferiscono manodopera a basso costo, creando nuove potenzialità di mercato. Il Cooperativismo, inoltre, risponde alle vere esigenze di or-
ganizzazione produttiva e distributiva. Purtroppo, l’economia occidentale è sempre stata caratterizzata dal sistema economico capitalistico, che ha profondamente inciso sul sistema sociale e sul triste destino delle componenti sociali. Infatti, attraverso principi come la mobilità dei capitali, la proprietà privata dei mezzi di produzione, la ricerca del profitto individuale, questo sistema ha provocato una netta distinzione tra capitalisti e prestatori d’opera. Nell’ultimo decennio, le cooperative in Italia sono aumentate dell’11 per cento. La Sicilia, dopo la Lombardia che detiene il primato delle cooperative, è tra le regioni in cui si registra il maggior numero di società cooperative. >>> pagina 17
>>> Già agli inizi del 900, la Sicilia registrava dati rilevanti. In un rapporto redatto dalla Lega sulla presenza delle cooperative su tutta la Penisola nel 1902, la Sicilia vi compare con 150 cooperative, occupando il sesto posto nella graduatoria per regioni, mentre la Campania ne possiede 77, la Puglia 62, la Calabria 48. La storia della cooperazione in Sicilia, comunque, è una realtà a sé. L’analisi delle condizioni reali di vita e di attività dei singoli centri cooperativi meridionali, infatti, induce molto meno all’ottimismo. Società di mutuo soccorso e cooperative, purtroppo anche oggi, o sono meteore che nascono e scompaiono nel giro di pochi anni senza aver effettivamente iniziato la propria attività, o si trascinano in sostanziale inerzia, con ristrette cerchie di soci, capitali insufficienti, gestione sull’orlo del fallimento. Sempre all’inizio del secolo, molte iniziative con l’etichetta della cooperazione operaia sono in verità connotate da una cospicua parte di soci proprietari agricoli, industriali,
commercianti, professionisti, impiegati, e dominate da un ceto aristocratico e nobiliare. Senza dire poi di associazioni ancora più ambigue nelle quali è facile subodorare fini speculativi. L’iniziativa cooperativistica trova alimento e speranze di espansione attorno all’esperienza dei Fasci siciliani. Sono le lotte, gli scioperi a far scaturire l’organizzazione cooperativistica, specie nelle campagne, dove l’affittanza collettiva prende piede dietro l’impulso socialista affiancandosi all’azione dei cattolici, che si concentra principalmente nella creazione di Casse Rurali, ma l’associazionismo dei lavoratori è angusto. Cooperazione mantiene sempre un sapore di lotta. Il fascismo colpisce duramente fra il 1919 e il 1924 la cooperazione democratica di ispirazione socialista, cattolica e repubblicana. Lo squadrismo fascista individua nelle Case del Popolo, nelle Camere del Lavoro, nelle Cooperative e nei Circoli operai i principali obiettivi delle sue violente incursioni. Ancora oggi, in Sicilia è lotta per la democrazia.
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Ama il prossimo tuo a cura di Patrizia Romano
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n un momento in cui la crisi indebolisce la compagine organica delle strutture sociali, il volontariato potrebbe rappresentare la fonte privilegiata dalla quale attingere le risorse necessarie per colmare questo grande vuoto. Il volontariato rappresenta, infatti, una fonte inesauribile di risorse umane in grado di offrire il maggiore contributo socio-economico al bene comune. Nonostante tutto, le difficoltà operative sono infinite. L’apporto di chi ogni giorno è impegnato gratuitamente nel sociale viene ridotto drasticamente da una classe politica che non riesce a cogliere le istanze di chi realizza ciò che dovrebbero fare le istituzioni, sostituendole in tutto e, per giunta, a titolo gratuito.
Eppure, lo spirito di solidarietà umana non diminuisce e il numero di volontari cresce. Il volontariato rappresenta un vero e proprio esercito, armato però, di buoni propositi verso il prossimo. Anche la Sicilia dà al paese un notevole apporto. E in parte, lo fa attraverso il Cesvop, uno dei Centri di Servizio per il Volontariato voluti dalla legge quadro sul volontariato e che ha lo scopo di supportare, con servizi gratuiti, l’azione delle organizzazioni di volontariato, promuovendone la crescita, il consolidamento e la qualificazione. In Sicilia i Centri di Servizio sono stati istituiti nel 2001 e sono tre: il Cesvop per le provincie di Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Trapani; il Csv Etneo per Catania, Enna, Ragusa e Siracusa; il Cesv per la provincia di Messina.
... Il volontariato rappresenta un vero e proprio esercito, armato, però, di buoni propositi verso gli altri. Difficoltà economiche e operative di chi, ogni giorno, si spende per il prossimo gratis.
Il Centro di Palermo è gestito dall’Associazione denominata Centro di servizi per il volontariato di Palermo, costituita da associazioni di volontariato e con un gran numero di nuclei base nel territorio. Le associazioni di volontariato hanno una propria natura che li contraddistingue dalle associazioni comuni. «Un’organizzazione di volontariato - spiega Alberto Giampino, direttore del Cesvop - opera esclusivamente o prevalentemente a favore di persone terze rispetto agli associati. L’attività si realizza in maniera personale, spontanea e gratuita da parte degli aderenti. Le associazioni operano, invece, a favore degli iscritti». Le risorse economiche alle quali le organizzazioni di volontariato possono attingere sono i contributi degli aderenti,
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di privati, dello stato e degli enti pubblici (per il sostegno di attività specifiche e documentate), di organismi internazionali; i rimborsi legati a determinate convenzioni; le attività commerciali e produttive (di carattere marginale) attivate per l’autofinanziamento. Ciononostante, le risorse sono decisamente esigue. «Negli ultimi anni - aggiunge Alberto Giampino - i tagli al volontaria non hanno dato tregua. Anche il reperimento di una sede presenta grossi limiti». «In genere - continua Giampino - vengono assegnati beni confiscati alla mafia. Non è una gran cosa, però. Infatti, non solo la tassazione da pagare su questi beni è elevatissima, ma, spesso, ci vengono assegnati locali interamente da ristrutturare e noi non abbiamo fondi per la ristrutturazione. >>>
>>> In poche parole, di certe sedi non ce ne facciamo niente». Il dialogo con le istituzioni non è facile. «A seguito del Governo Capodicasa - sottolinea il direttore - è stato annullato l’osservatorio regionale che rappresentava un luogo di concertazione tra le associazioni e le istituzioni». Soltanto di recente, grazie alla nomina di portavoce del coordinamento dei centri servizi siciliani per il volontariato, Ferdinando Siringo, già presidente del Cesvop, sembra si stiano ristabilendo i margini per un dialogo con le istituzioni. «L’assessore alla Famiglia e alle Politiche sociali - afferma lo stesso Siringo - ha mostrato in più occasioni una discreta disponibilità che ha gettato le basi per una concreta collaborazione». Tutti questi anni di vuoto e di silenzi hanno, comunque, infragilito il tessuto, riducendo all’osso i servizi. Pensiamo, per esempio, al trasporto sanitario, privo, persino, dei mezzi più indispensabili. Opportuno sottolineare, comunque, che senza nulla togliere allo spirito del vo-
lontariato, tutto proteso verso il bene sociale, qualche volta, dietro mentite spoglie, si nascondono ben altri propositi di carattere speculativo. Per il volontariato è previsto il rimborso a piè di lista con giustificativo. «Qualche volta - prosegue il presidente - questi giustificativi vengono gonfiati». «Fatta la legge, scoperto l’inganno - aggiunge costernato -. Noi nei corsi di volontariato, cerchiamo di inculcare il principio della gratuità del volontariato in senso lato, facendo passare un messaggio di solidrietà fine a se stessa.Non tutti, però, lo recepiscono».
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giustizia
Carenza organica. Insufficienze strutturali. Mutamenti sociali. Aumento dei procedimenti in corso. Sono numerose le cause che ostacolano il corso della legge. Soprattutto nel Sud d’Italia.
Giustizia è fatta quando ci s a cura di Patrizia Romano
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ilioni di procedimenti in corso e tempi lunghissimi per definirli. Ma anche carenza organica, insufficienza strutturale e mutamenti sociali. La giustizia è veramente alle strette e la situazione è ormai insostenibile. Sul piano nazionale, sembra che questo marasma giudiziario riguardi l’intera Penisola. Ma se ci introduciamo in una comparazione dei dati che emergono dai vari Tribunali, ci si rende conto del forte divario che caratterizza Nord e Sud. Le ragioni sono tantissime. In primo luogo, l’aumento delle cause civili; le cosiddette sopravvenienze. Anche se nel ‘95, con l’introduzione del giudice di pace e con l’attuazione del nuovo codice di Procedura Civile, si registra una lieve riduzione dei tempi, sempre in quello stesso periodo, aumenta vertiginosamente il numero delle cause civili. Da allora, giorno dopo giorno, si forma il grande arretrato. A questi motivi, si aggiungono i cambiamenti sociali dell’ultimo quarantennio. Negli anni Settanta, si affermano i diritti dei lavoratori. Di conseguenza
aumentano le controversie individuali legate al lavoro. La società si trasforma da contadina a industriale e attorno alla nuova classe emergente nascono maggiori conflitti giudiziari. Cambia pure il tenore di vita, mutano i costumi sociali. Tutti elementi che provocano l’aumento dei procedimenti civili.Ciò è positivo, ma evidenzia la carenza e l’inefficienza dei luoghi deputati ad applicarla. Pensiamo. Per esempio, alla mancanza di uffici per i magistrati. Non sempre questi dispongono di un luogo fisico dove lavorare tranquillamente. I magistrati si trovano spesso a fare richiesta pure di personale che li coadiuvi. Ma la figura di un pieno collaboratore non è prevista da nessuna parte. Le piante organiche dei magistrati, inoltre, nei singoli uffici giudiziari, sia giudiziari sia requirenti, presentano rilevanti scoperture che ostacolano l’originario svolgimento dell’attività giudiziaria, costringendo a continue applicazioni o supplenze di magistrati da altri uffici del distretto per la composizione dei collegi giudicanti o per esercitare le fun-
... arà tempo zioni di P.M. nei dibattimenti penali. È un organico insufficiente e inadeguato rispetto alla mole di lavoro, che aumenta ogni giorno in maniera esponenziale.La carenza organica emerge pure nel settore amministrativo, che soffre di una scopertura pari al 5,31 per cento. L’altro limite è fornito dall’eccessiva frammentazione degli uffici giudiziari, che è stata ridotta dalla eliminazione delle Preture solo parzialmente. Per raggiungere un buono standard organizzativo pare che ogni Tribunale debba disporre di una ventina di giudici. Molti Tribunali di alcune grandi aree metropolitane del Nord dispongono di un numero eccessivo di magistrati, mentre tutti quelli del Sud dispongono, si e no, di una decina di unità. Anche sul piano regionale, sembra che questa situazione disperata riguardi l’intera Isola. Ma anche in questo caso, se ci introduciamo in una comparazione dei dati provenienti dai vari distretti, ci rendiamo conto delle diver-
genze tra un distretto e l’altro e, soprattutto, della maggiore criticità in cui versano i distretti che inglobano le grandi aree metropolitane, come Palermo, in cui il numero dei processi cresce di anno in anno. Il distretto di Palermo registra una situazione che non è facile superare. Il motivo di base è sempre lo stesso: la scopertura dei posti in organico. Le cause di questo vuoto endemico sono tante. In primo luogo, i continui trasferimenti di magistrati, al quale si ag-giunge il massiccio pensionamento anticipato. La durata dei processi rimane, comunque, il problema più grave. Tra gli effetti negativi del ritardo nella definizione dei processi, inoltre, continua a registrarsi la cosiddetta sommarizzazione del processo. Le parti continuano a privilegiare l’uso delle misure cautelari al fine di conseguire quei risultati che le lungaggini del processo stentano a garantire. pagina 25
PIF
il personaggio
a cura di Ambra Drago
Un attore, un regista, un uomo che ha dato alla Sicilia un momento di notorietà. Pierfrancesco Diliberto, questo il suo vero nome, svela al nostro giornale, le ragioni del suo successo.
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n palermitano adorato dai giovani con un linguaggio diretto ed essenziale. Seppur timido nella vita di ogni giorno, è riuscito a conquistare anche un pubblico meno giovane per via del successo ottenuto con la sua prima pellicola ‘La mafia uccide solo d’estate’. Stiamo parlando di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif: un attore, un regista, un uomo che, in questa intervista, si svela in tutta la sua naturalezza.
Com’è stata la tua infanzia a Palermo? Direi normale. Andavo a scuola, vivevo in un quartiere tranquillo. Tutto, attorno a me, era molto calmo e, forse... questo è il problema: gli adulti erano tranquilli, e io pure, ma intorno si combatteva una guerra di mafia. Come è iniziato il tuo approccio con il mondo televisivo? Quando hai capito che potevi farcela? Ho iniziato doppiando il film ‘Balla coi Lupi’ in siciliano nello studio dove lavorava mio padre. Poi, dopo aver finito il liceo scientifico, ho deciso di non iscrivermi all’università e a 24 anni sono volato a Londra, dove ho frequentato dei corsi e, pur essendo timido, ho capito che dovevo provarci. Che cosa ricordi delle stragi? Ero nello studio di papà vicino a via D’Amelio: ho sentito il botto, ho preso la telecamera, sono andato sul luogo, ma non avevo capito che si trattava di Borsellino, ripetevo: sarà stata una fuga di gas. Come si affronta la difficoltà di girare un film sulla mafia senza dover apparire scontati? Ero sicuro di una cosa: che il modo di trattare l’argomento mafia era sicuramente nuovo. Poi, capire se veniva accettato dal pubblico, ovviamente, non avevo la certezza. Ma essendo palermitano mi sentivo autorizzato a trattarlo come ho fatto, scherzando e trattando con ironia tragedie della mia città in modo da far capirlo anche un bambino.
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Pensi che sia cambiato il modo di vedere i siciliani anche
Palermitano
timido
al Nord e, soprattutto, pensi che anche nel resto d’Italia vi sia la consapevolezza dell’esistenza del fenomeno mafioso? Io non mi sono mai sentito vittima di razzismo da siciliano, al di là di sporadiche battute. Anche perché frequento il cerchio ristretto del mondo dello spettacolo. È vero che ho sentito l’esigenza di girare questo film anche per far conoscere il fenomeno al Nord, dove, per molti anni, Camorra, N’ drangheta e Cosa Nostra hanno trovato anche li riparo e terreno fertile, senza che i cittadini ne conoscessero le dinamiche. La tua prima pellicola ha con quistato Nord e Sud. Pif, un palermitano timido, ma non troppo... Ti aspettavi questo successo? In realtà no. Temevo il giudizio dei palermitani e dei siciliani... perché presentare il film a Palermo è presentarlo a gente che conosce la storia, che l’ha vissuta, c’è molta più tensione. Ma temevo anche le possibili critiche che potevano provenire da quelle persone che, con il proprio lavoro, ogni giorno lottano concretamente contro la mafia. Pensavo che non prendessero la mia pellicola sul serio e, invece, non ho ricevuto alcun tipo di critiche, anzi ho avuto molti apprezzamenti. Hai ricevuto il premio ‘Mario Francese’, un giornalista barbaramente ucciso da Cosa Nostra Ti aspettavi questo riconoscimento? Sinceramente no. Se fai un film come ‘La mafia uccide solo d’estate’ e dopo ricevi un premio di tale importanza questo può riempirti solo di orgoglio. Probabilmente non avrei sentito il bisogno di scrivere e girare questo film se non ci fossero state figure come Mario Francese o i tanti Magistrati, uomini delle Forze dell’Ordine che sono caduti per mano di Cosa Nostra. Il ricordo è fondamentale per le future generazioni.
troppo
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ma non
intervista
Dietro le quinte di un es
a cura di Ambra Drago
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er un giovane con la voglia di fare l’attore, vivere in una città con poche opportunità di formazione e poche occasioni di esordio, le difficoltà di realizzare le proprie ambizioni aumentano in maniera esponenziale rispetto a un coetaneo cresciuto in un contesto più fertile sotto questo profilo. E accaduto ad Alessio Vassallo, classe ’83. Un giovane attore palermitano, che, nonostante i limiti della città in cui è nato, è riuscito a farsi conoscere dal pubblico, soprattutto del piccolo schermo, anche se i suoi esordi sono tutti teatrali. Tra i suoi lavori, ricordiamo i film “La vita rubata” di Graziano Diana, che segna il suo esordio televisivo nel 2002. Nel 2008, invece, entra nelle case degli italiani, grazie alla soap opera Agrodolce, dove è protagonista con il ruolo di “Tuccio” Cutò. Dopo poco tempo , la carriera del giovane attore ha spiccato il volo, conquistando ruoli sempre più importanti, anche in campo internazionale.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui, cercando, così, di capire gli elementi per una formula vincente. Quando ha capito che da grande avrebbe voluto fare l’attore? A diciassette anni mi operarono di appendicite, nel letto di ospedale accanto al mio, incontrai un insegnante di teatro. Quando ci dimisero partecipai al suo corso a Palermo. L’anno successivo mi trasferii a Roma con la voglia di studiare recitazione e provai ad entrare nella più prestigiosa accademia d’Italia, la Silvio D’amico. Tutto ciò per magia avvenne realmente, e dopo il diploma capii che questo sarebbe diventato il mio lavoro. Molte esperienze dal “Il giovane Montalbano”, “Trilogia anni 70” ai “Borgia 2”. Cosa le hanno lasciato? Ogni film, ogni fiction è un vero è proprio viaggio. Quando torni da un viaggio porti con te immagini, sensazioni,
Difficoltà e soddisfazioni. Sacrifici e ricompense. Sfondare nel mondo dello spettacolo per un giovane siciliano richiede sempre uno sforzo in più. Ne parliamo con il giovane attore palermitano Alessio Vassallo
Prima di aver la facoltà di scegliere sono passati anni, inizialmente non puoi permetterti di dire troppi no. Adesso ho la fortuna di dare una linea di continuità alle mie scelte lavorative. Quando scelgo, entro a far parte di un progetto. Non penso tanto alla carriera, ma a cosa può significare per me interpretare quel determinato personaggio. Quali sono stati i tuoi punti di riferimento professionali? Il mio professore Paolo Giuranna, che, devo essere onesto, ci siamo persi di vista dopo il periodo accademico. Poi i registi come Graziano Diana, con il quale ho avuto la fortuna di fare ‘Gli anni spezzati’ (trilogia anni settanta), e Gianluca Tavarelli regista del ‘Giovane Montalbano’. Avere la fiducia dei registi è qualcosa di davvero speciale.
ordio amicizie e se è stato bello non lo dimenticherai mai. Non appena torni a casa, non vedi l’ora di ripartire, essendo consapevole, però, di avere qualcosa in più da portare con te. Dietro all’attore, ci sono sacrifici. A cosa ha dovuto rinunciare? Nel periodo accademico ho rinunciato alla spensieratezza che un ragazzo di vent’anni ha. Studiavo tantissimo e avevo solo un obiettivo: migliorare. Ho rinunciato alla famiglia, essendo andato via dalla mia Palermo a soli 19 anni. Purtroppo ho perso tanti momenti di vita insieme ai miei genitori... ma son felice che oggi sono i miei primi sostenitori. Per il resto sacrifici? Chi fa e vive con questo lavoro è un privilegiato. I sacrifici sono altri. In un mondo come quello dello spettacolo bisogna sempre stare attenti a non bruciarsi troppo presto. Cosa valuta prima di scegliere una parte?
Sappiamo attraverso la trasmissione ‘Quelli che... di Rai 2’, che sei un grande tifoso rosanero, ma cosa porti con te in giro per il mondo, della tua città? Tasto molto dolente, visto la recente retrocessione. Ma far parte della squadra per più di un anno è stata davvero un’esperienza irripetibile. In giro per il mondo, sarà banale, ho sempre portato due colori: il rosa e il nero! Oltre che l’essere siciliano, palermitano che, almeno a me, ha dato sempre una marcia in più. Da anni sei legato sentimentalmente con un’attrice. Riesci a conciliare lavoro e carriera? Si. Anche se non ci riesco, ci provo. Stiamo da 5 anni insieme facendo lo stesso lavoro. Siamo sempre molto uniti, proprio perchè è qualcosa di raro, preservo il più possibile il nostro rapporto. Siamo cresciuti insieme, e mi auguro di continuare a crescere con lei. Preferisce il cinema, il teatro o la televisione? Sicuramente recitare davanti la macchina da presa mi viene più naturale, anche perchè ho avuto maggiore esperienza in questo settore, ma non scordo mai che vengo dal teatro. Sono due linguaggi molto diversi. Quale ruolo ti piacerebbe interpretare in futuro? Sai... non lo so. Mi piace il momento della sorpresa quando mi viene offerto un ruolo o faccio un provino. Quello stupore che ti fa pensare... “ma io che ci azzecco”» allora inizia una sfida con te stesso, e la trasformazione. Io amo molto cambiare anche fisicamente tra un ruolo e l’altro. Non amo invece gli attori che anche per scelta sono sempre un po’ uguali, per paura di non essere riconosciuti. pagina 29
sport
Quando il a cura di Giusi Serravalle
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Raggiungere un reale benessere psico-fisico l’obiettivo del BodyFly, una disciplina olistica, affacciatasi sullo scenario sportivo intorno alla fine degli anni Novanta che, oggi, impazza pure in Sicilia.
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argata ‘made in Italy’, BodyFly, è una disciplina olistica che, attraverso movimenti lenti, consapevoli e coordinati al respiro, consente il raggiungimento di un reale benessere psico-fisico. Attraverso il corpo, considerato lo strumento principale di allenamento, si esaltano gli aspetti mentali, energetici ed emozionali della persona che lo pratica. Non a caso, il termine significa letteralmente ‘corpo che vola’. A ideare questa disciplina, nel 1997, è Gennaro Setola che, rimanendo coinvolto in un incidente stradale, si trova ad affrontare una riabilitazione motoria. Avendo l’esigenza di una pronta guarigione, decide di sperimentare il metodo Meziérès, ovvero una tecnica di riabilitazione individuale ad approccio globale, che gli consente di entrare in ascolto del proprio corpo. In seguito, gli studi sulla Medicina Tradizionale Cinese contribuiscono alla stesura completa del progetto BodyFly®, quale disciplina psico-corporea dalle caratteristiche posturali, energetiche e spirituali, ispirata al senso di libertà, leggerezza e armonia. Dopo due anni, questo progetto, viene definitivamente codificato nelle 5 aree tematiche che comprendono le 16 posizioni fondamentali. Le 5 aree tematiche prendono spunto dai 5 elementi della medicina tradizionale cinese: Metallo, Fuoco, Legno, Terra e Acqua.
corpo Ma quali sono gli obiettivi che questa disciplina riesce a raggiungere? «Attraverso movimenti lenti a intensità variabile -spiega Loredana Maida, referente territoriale a Palermo del BodyFly - si può rinforzare la muscolatura profonda, distendere la colonna vertebrale, allenare non solo la resistenza fisica, ma anche quella mentale, migliorare l’assetto posturale e liberare il corpo da eventuali blocchi energetici e muscolari». I benefici più immediati, secondo le esperienze di chi l’ha praticata, sono un senso di leggerezza, un’intensa energia disponibile, una mente libera e più reattiva, l’acquisizione di un atteggiamento positivo, una maggiore consapevolezza posturale e uno stato di rilassamento attivo. Il BodyFly®, si pratica in piedi o a terra, rigorosamente senza calzature. Il contatto dei piedi col suolo è fondamentale per apprezzare a pieno tutte le sensazioni che provengono dall’esterno. L’abbigliamento deve essere comodo e possibilmente aderente al fine di controllare in maniera precisa le linee formate dal corpo durante gli esercizi. Ad ogni area tematica corrispondono esercizi specifici che consentono un lavoro mirato in base all’obiettivo
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che si vuole raggiungere. Il Comitato TecnicoScientifico della BodyFly Academy, composto da fisioterapisti, danzatori, psicologi, tecnici del movimento e della postura, partendo dalla matrice originaria - BodyFly ORIGEN - ha realizzato specifiche attività, denominate Programmi BodyFly, che trovano applicazione in tre principali ambiti: Fitness, Estetica e SPA/Wellness. I programmi che hanno riscosso maggiore interesse, oltre a quelli di natura estetica e di benessere, sono il Flyboard e il BodyFlyBamboo. Il Programma Flyboard, presentato in America all’ECA World Convention di New York da Gennaro Setola e dalla referente Anna Passalacqua, si basa su un allenamento innovativo che utilizza l’attrezzo propriocettivo multifunzionale “Flyboard” realizzato in legno naturale, che grazie alla sua spe-
ciale forma semisferica, si adatta perfettamente al peso corporeo e alla postura di chi lo adopera. Una vera e propria rivoluzione del concetto di propriocezione e di allenamento funzionale che in America viene adottato dai massimi esperti di Pilates e Yoga. Il Programma BodyFlyBamboo, nasce col preciso intento di prevenire patologie legate alle strutture muscolo-scheletriche in ambito posturale. Il supporto del bamboo nel programma, si pone come valido strumento per la corretta esecuzione dei movimenti sinergici, coordinati e funzionali. L’ampio riscontro ottenuto in occasione del Rimini Wellness 2014, ha dato luogo all’organizzazione di iniziative formative e di promozione a livello nazionale. È prevista, infatti, per tutto il 2015, una serie di tappe dell’evento itinerante “Flyboard Wellness Tour”, che si terranno presso i principali centri fitness/wellness nazionali, che si adopereranno a ospitarle.
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tam tam Siciliani nel mondo
Ancora oggi... al di la del
a cura di Patrizia Romano
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a storia dell’emigrazione siciliana può essere distinta in due grandi fasi: la prima che va dalla fine del Diciannovesimo secolo agli inizi del ventesimo e che registra un grande esodo dei siciliani verso l’America; la seconda, che inizia intorno agli anni Cinquanta e che si prefigge come meta prevalentemente l’Europa. Dopo un periodo di tregua, in cui il fenomeno si riduce notevolmente, assistiamo, negli ultimi anni, a una certa ripresa dello stesso. Certo non parliamo più di esodo di massa, ma, anche se in maniera silente, il flusso migratorio riprende. Anche se, per certi versi, cambia la tipologia di migrante, sempre di migrazione si tratta. Al di là, comunque, delle battute d’arresto che il fenomeno ha registrato in certi periodi dell’ultimo decennio e a prescindere dal suo andamen-
to altalenante, la comunità emigrata continua ad aumentare sia per nuove partenze, che proseguono, sia per crescita interna. Oggi all’estero si contano 4 milioni 116 mila e 623 italiani, di cui il 55 per cento, circa, di origine meridionale. Ancora come allora, la regione che registra più emigrati è la Sicilia, con 646 mila 993 unità e con una maggiore concentrazione in Europa. Tra i comuni siciliani, la provincia con il tasso più alto di emigrati è quella agrigentina, perfettamente in linea con il rapporto emigrazione/povertà. All’inizio del Duemila, comunque, il fenomeno ha assunto una diversa connotazione, perché diversa è la tipologia di emigrante. Oggi, infatti, l’emigrazione è caratterizzata
Voglia di evasione o di cambiamento. Ricerca di nuove esperienze? Miraggio di una società più meritocratica e più aperta? Qualunque sia la ragione che, ancora oggi, alimenta l’esodo dei siciliani verso l’estero, il fenomeno migratorio in Sicilia, negli ultimi anni, ha ripreso con un andamento in crescita, raggiungendo cifre non indifferenti, e trascinandosi dietro una grande ‘fuga di talenti’. Breve analisi sui cambiamenti del fenomeno migratorio in Sicilia.
lo Stretto prevalentemente da soggetti con un livello socio-culturale medio alto. Ma chi sono questi siciliani che decidono di lasciare i propri natali e sondare mete d’oltralpe? Tracciarne un identikit è molto semplice. Si tratta, prevalentemente di soggetti non più giovanissimi, anagraficamente maturi, con unità compresa tra i 25 e i 40 anni. Molti di loro, come la maggior parte di altri connazionali provenienti da altre regioni e che hanno fatto la stessa scelta, si sono spostati alla ricerca di un lavoro più ambito o per imparare una lingua Tutti quanti, comunque, secondo studi sociologici condotti da istituti di ricerca sociale, hanno un comune denominatore: una certa irrequietezza esistenziale che si allarga alla vita affettiva, pro-
fessionale, economica e personale. Voglia di evadere? Di cambiare aria? Lasciare un Paese che a volta si indossa stretto? Accrescere le proprie esperienze? Conoscere nuove realtà diverse? Misurarsi con sé stessi? Cercare il miraggio di una società più meritocratica e più aperta? Qualunque sia la ragione, il nodo da sciogliere rimane quello di individuare le motivazioni che spingono questi giovani a scegliere l’esodo. A prescindere dalle scelte sacro sante di cui ciascuno di noi ha diritto, non possiamo certo dire che, a ragione o a torto, si faccia nulla per trattenerli. Intanto, già costituzionalmente il nostro Paese, al di là del sole e del mare, non è certo un luogo appetibile. Quindi, per molti è meglio partire piuttosto che restare. Nell’agenda della classe politica locale, la voce composta ‘fare restare chi se ne va’ non è contemplata. L’abbandono della Sicilia, e la fuga di risorse che questo comporta, non sembra allarmare più di tanto le istituzioni. L’importante è che durante il periodo elettorale, anche pagandogli il biglietto di andata e ritorno... perché no..., i nostri connazionali fuggiti ritornino per l’occasione e adempiano il proprio dovere di cittadini italiani. Soltanto lo scorso anno, si è registrato un vero e proprio boom di partenze. Il dato più allarmante è che questo esodo sta alimentando un nuovo fenomeno, a detta dei sociologi, molto grave e con pesanti ripercussioni sull’economia del nostro paese. Ci riferiamo alla ‘fuga di talenti’, o in una sua accezione più diffusa, ‘fuga di cervelli’. Un fenomeno, quest’ultimo che ha riguardato il 45 per cento, circa, dell’andamento medio complessivo del nuovo flusso migratorio. Secondo i più recenti dati dell’Anagrafe della popolazione italiana residente all’estero (Aire), gli italiani emigrati sono passati dai 27 mila 616 espatri del 2011 ai 35 mila 435 del 2012. In un solo anno, insomma, l’emigrazione è aumentata del 30 per cento circa. Ultima nota è il sesso di appartenenza. Dei siciliani emigrati nell’ultimo quinquennio, il 57 per cento, circa, è rappresentato da uomini, il 44 per cento da donne. Anche l’allivellamento numerico tra i due sessi è, comunque un ulteriore chiave di lettura del nuovo fenomeno.
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tam tam Il mondo in Sicilia
Impresa ‘made’ by immigra a cura di Fabio Vento
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n ponte sul Mediterraneo: da sempre, per la sua peculiare posizione geografica, la Sicilia offre un approdo a migranti delle più svariate etnie, oriundi dall’Asia, dall’Africa e dalla stessa Europa. Molti di questi fuggono da guerre e persecuzioni, in paesi che soffrono regimi repressivi ben lontani dalla civiltà delle moderne democrazie. Tanti altri ricercano migliori condizioni di vita, per sé e per le proprie famiglie: e non di rado, a dispetto degli inveterati pregiudizi che nel migrante tendono a identificare un elemento di disordine sociale, contribuiscono all’economia del nostro territorio. In un contesto in cui i lavoratori stranieri assommano all’8,6 per cento della forza lavoro in Sicilia, sempre più immigrati scelgono di dar vita a un progetto imprenditoriale. Un dato che fa da contraltare alle difficoltà in cui versano, nel loro complesso, le aziende nate da imprenditori siciliani. Risulta quello del commercio - rapporto Caritas/Migrantes alla mano - il settore principe dell’imprenditoria “migrante”, comprendendo l’86 per cento del totale, seguito marginalmente da agricoltura, costruzioni e servizi professionali.
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In un contesto in cui i lavoratori stranieri assommano all'8,6 per cento della forza lavoro in Sicilia, sempre più immigrati scelgono di dar vita a un progetto imprenditoriale. Un dato che fa da contraltare alle difficoltà in cui versano, nel loro complesso, le aziende nate da imprenditori siciliani.
Quasi il 70 per cento degli imprenditori stranieri ha tra i 30 e i 49 anni, il 14 per cento meno di 30 anni e il 16 per cento ha più di 50 anni. Sono Catania, Palermo e Agrigento le province con più imprenditori immigrati: quasi il 55 per cento delle attività è gestito da marocchini e cinesi attivi nella vendita commerciale. I marocchini privilegiano, fra gli altri settori, l’edilizia, mentre i cinesi la ristorazione e la vendita di beni per la persona e per la casa. Se Senegal e Bangladesh si concentrano nel commercio, i tunisini sono fortemente presenti nel settore agricolo. Nell’edilizia è invece quella albanese la nazionalità emergente. Nella provincia di Catania vi è una forte presenza di cingalesi che hanno aperto negozi di merce da importazione, ma anche senegalesi presenti nella vendita ambulante e in particolare di prodotti artigianali. Ad Agrigento gli imprenditori immigrati sono il 14 per cento, quarto valore più elevato in Italia, con una forte presenza di ambulanti del Marocco. A Palermo le nazionalità che imprendono maggiormente sono il Bangladesh, il Marocco e la Cina. Proprio l’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del >>>
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tam tam Il mondo in Sicilia
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>>> Commercio (OMC) ha reso particolarmente vantaggiose l’importazione e la commercializzazione di prodotti cinesi in Italia, poiché, rispetto alla subfornitura, queste consentono di accumulare capitale in breve tempo. La Sicilia è prima in classifica per numero di iscritti ai registri delle imprese regionali, ed è quella che più frequentemente richiede permessi di soggiorno per ‘motivi commerciali’ anziché per ‘lavoro subordinato’ com’è più frequente nel caso dei cittadini stranieri in generale. A questi dati, bisogna aggiungere, nel novero dei paesi da poco entrati nell’area comunitaria, il contributo della comunità rumena, che presenta un elevato tasso di imprenditorialità. Una intraprendenza, quella propria delle comunità straniere, che molto poco si avvale del sostegno degli istituti bancari e di credito. Un quarto delle imprese gestite da immigrati in Sicilia, infatti, non ha mai avuto relazioni con le banche, nemmeno per l’apertura di un conto corrente. Da una recente indagine di Unioncamere emerge, inoltre, che meno di un quinto richiede prestiti al sistema creditizio, preferendo l’autofinanziamento o il sostegno di amici e parenti; fra tutte le comunità, sono le cinesi ed africane ad attingere meno agli istituti di credito. Peraltro, forse a causa della relativa novità del fenomeno, gli stessi istituti di credito stentano a riconoscere alle imprese gestite da immigrati le stesse garanzie accordate ai connazionali. Ne consegue che il 25 per cento delle imprese che hanno rapporti con le banche non riesce ad ottenere prestiti. Tuttavia gli imprenditori immigrati molto difficilmente demordono dai loro propositi: infatti, tra coloro che si vedono rifiutare il finanziamento bancario, l’indagine diretta ri-
vela che quasi l’80 per cento fa ricorso a risorse proprie per sostenere l’investimento progettato. Uno sviluppo economico che muova dal contributo di tutti, anche di chi ha sposato la Sicilia come terra d’adozione: su queste coordinate si muove il senso di una vera integrazione sociale. “Lo sviluppo dell’imprenditoria etnica - sottolineano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa, che hanno recentemente stilato un report sull’andamento dell’imprenditoria in Italia - rappresenta una risorsa fondamentale per il tessuto sociale ed economico del nostro Paese. La possibilità da parte degli immigrati di creare delle fonti di reddito autonome - aggiungono i nostri ricercatori - riduce il rischio di esclusione sociale. La crisi economica, che ha fatto uscire molti stranieri dai circuiti del lavoro dipendente, non ha scoraggiato, invece, la loro capacità di intrapresa che nell’attività autonoma trova alternative capaci al mantenimento del reddito”.
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Politiche culturali: navigazione a vista a cura di Salvo Ferlito
Depositi museali traboccanti di opere d'arte inesponibili per mancanza di spazi. Monumenti lasciati a deperire. E tutto ciò che rimane del nostro prezioso patrimonio culturale.
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Palermo si naviga a vista. Le politiche dei vari soggetti istituzionali (e non) preposti alla gestione dei cosiddetti ‘giacimenti culturali’ (intesi come beni storico-artistici, ma anche come risorse umane di tipo intellettuale) hanno, infatti, tutto l’aspetto di un farraginoso cabotaggio fra le mille secche delle incompetenze, delle ignoranze e dei tornacontismi da retrobottega. Depositi museali traboccanti di opere d’arte inesponibili per mancanza di spazi, monumenti lasciati a deperire nell’indifferenza generale, manifestazioni sbandierate quali prove della presunta ‘europeità’ della cittadinanza, stanno a testimoniare il fallimento cronico di un’intera classe dirigente. E ciò al di là delle appartenenze politiche e con il pieno coinvolgimento dei burocrati (in primis i sovrintendenti che, in passato, si sono ben guardati dal mettere vincoli in grado di intralciare certe manovre) e della società ‘civile’ (troppo impegnata a curare i propri ‘affarucci’ e a crogiolarsi come una scrofa nella sua grassa ignoranza); perché i nostri politici, pubblici amministratori e imprenditori di settore, non vengono certo dalla luna, ma sono la fedele espressione della società in cui si muovono. Agli occhi dei più, infatti, il vero misuratore di qualità di un intervento culturale è dato esclusivamente dalla sua visibilità, ovvero dall’amplificazione messa in atto da giornali e media talora
compiacenti, con conseguente impennata del suo appeal mondano. Ciò che conta, pertanto, non è il reale valore di un’iniziativa, ma solo il peso specifico dei suoi cascami formali, quelli per cui il tal concerto o la tal mostra o quel certo restauro sono tanto più riusciti e, in definitiva, più proficui per chi li ha promossi, quanto più richiamano la partecipazione o l’attenzione delle provincialissime élites cittadine e di tutti coloro che aspirano a farvi parte. Si tratti di musica, teatro, letteratura o arti visive, l’interesse della ‘gente’ si risveglia soltanto in presenza dell’artista noto o del personaggio televisivo e, comunque, in misura proporzionale al battage pubblicitario. In caso contrario, ci si riduce ai cosiddetti ‘parenti della zita’, cioè a quel novero ristretto di addetti ai lavori, di appassionati e, purtroppo, di immancabili cultural-mitomani e affetti da ‘intellettuale cronica’, che costituiscono una sorta di pittoresca e sparuta riserva indiana. Se a ciò si aggiunge una diffusione di analfabetismo di ritorno (o di partenza?), ovvero una pressoché totale incapacità di lettura e decodificazione di tutto quanto non abbia conno-tati di immediata e didascalica comprensibilità, il quadro si completa nelle sue tinte fosche. Non v’è infatti, sperimentazione artistica che non susciti forti perplessità e resistenze in troppe persone (anche dotate di livelli di scolarizzazione), richiedendo evidentemente degli sforzi di esegesi ben superiori ai reali mezzi di dote.
L Libri
Libreria tradizionale e libreria editoriale:
una querelle con interessi quotati in borsa
a cura di Patrizia Romano
Nell'evoluzione dei canali distributivi, le librerie tradizionali e indipendenti tendono a chiudere o a essere assorbite dai gruppi più grandi, rappresentati dalle catene di librerie editoriali
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egli ultimi anni, assistiamo, quotidianamente, a una lenta, ma inesorabile metamorfosi del processo di vendita libraria. La libreria tradizionale cambia volto, trasformandosi in megastore librari. Così la libreria tradizionale, circondata da enormi scaffali, si ripropone al pubblico in una nuova veste, con ampi spazi, tavoli di esposizione pieni di libri da sfogliare direttamente e, poi, a poco a poco, in una sorta di centro commerciale, dove ai libri esposti sui tavoli, si aggiungono la vendita di prodotti non editoriali, come Cd, articoli da regalo, cancelleria e poi angolo intrattenimento per i bambini, area lettura e, persino, angolo bar. Comunque sia, le librerie, così strutturate, svolgono un forte ruolo attrattivo, diventando uno degli esercizi più strategici all’interno di un mall. Ma cosa sta alla base di questo cambiamento? «Nella libreria - spiega Sergio Flaccovio, presidente locale dell’Ali, Associazione librai - si coniugano due aspetti: quello culturale e quello commerciale. È proprio dalla sinergia di questi due elementi che, a poco a poco, si genera questa trasformazione. Per capire meglio il processo di metamorfosi bisogna fare qualche passo indietro. Fino a una trentina di anni fa, la libreria si proponeva al cliente in una veste diversa; intanto, il librario consigliava, aiutava nella ricerca, guidava nella distinzione di settore e quant’altro. A poco a poco, comincia ad estendersi la superficie di vendita, all’interno della quale cominciano ad
espandersi pure altri oggetti commerciali». Circoscrivere un processo di trent’anni ai fattori appena descritti, rimane, però, riduttivo. Cosa ci sta realmente dietro, allora? «Il fulcro di questo capovolgimento è rappresentato dalle grosse catene di librerie editoriali. Un momento importante - riprende il presidente dell’Ali, è rappresentato da una legge che si propone come tutela del commercio librario. Fino al 1980, esisteva un accordo economico tra libreria ed editore che fissava un principio tassativo e cioè che il prezzo poteva fissarlo soltanto l’editore. Contestualmente, la legge imponeva l’obbligo del librario di rispettare il prezzo, nonché il divieto di applicare sconti. Nel momento in cui divento io pre-sidente dell'Ali - prosegue - appena cerco di seguire i principi del mercato e della concor-renza, vengo richiamato dal garante preposto ai controlli che mi impone una bella multa per avere infranto l’accordo. Da quel momento, decade lo stesso accordo e cominciare». pagina 39
S Spettacolo
Storia di un pezzo a cura di Alessia Franco
Tra ricordi dolcissimi e il timore di una chiusura, Vito Parrinello racconta il suo teatrino Ditirammu
di teatro
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ipercorrere la storia del teatrino Ditirammu è come farsi accontare dal suo fondatore, Vito Parrinello, una storia di famiglia da qualche generazione fa a oggi. In realtà le storie sono due, anzi tre. E si intrecciano senza soluzione di continuità: quella di una famiglia sui generis, quella di un teatro simbolo della città e quella di Palermo. E per quanto uno ci provi, non le si riesce a staccare. Mentre parla, Vito Parrinello sgrana i ricordi di famiglia come perle di un rosario: emergono, da un passato mai morto, le figure di una nonna enfant prodige, che a cinque anni sbalordì tutti nell’esecuzione della Marcia turca di Mozart e che partecipò a un concorso per mandoliniste nella storica esposizione nazionale del 1891. Di quel bisnonno editore di Giuseppe Pitré medico e capostipite della moderna etnografia siciliana, che spesso curava i pazienti che non potevano pagare in cambio di loro racconti e musiche. Di quel Pietro Cutrera da cui i Parrinello discendono, che fu maestro di cappella al teatro Carolino, oggi il Bellini, e che rilevò lo spazio che oggi occupa teatro Garibaldi. Il teatro Ditirammu di via Torremuzza, nel quartiere storico della Kalsa, nasce ufficialmente nel 1995: ma la data indica il luogo fisico, la casa-deiricordi punto di raccolta di una storia che parte da una famiglia in cui fare arte e condividerla era del tutto normale. «Era un modo per stare insieme, scandiva la vita
perfino in cucina o quando avevamo ospiti. A loro offrivamo questi nostri tesori, quello che avevamo di più bello e di più puro - racconta Vito Parrinello - il canto, la musica, la danza hanno sempre convissuto con la mia famiglia. E ora vivono nei figli miei e di Rosa, Elisa e Giovanni». Rosa Mistretta, adorata compagna nella vita e sul palcoscenico, non viene da una famiglia di artisti. Ma anche lei il palco l’ha nel sangue: incontra Vito cantando e da quel momento non si separano più. In tutti questi anni hanno ripreso i triunfi, le nenie di Natale, i canti della Settimana Santa, raccolti nel celebre Martoriu. Quelli che vanno in scena sono insieme riti e spettacoli. Sul sito manca l’edizione 2013 di Martoriu. E fa impressione: sì, la parola giusta è questa. Non è una dimenticanza del webmaster, è (molto più triste-
siciliano
mente) una mancanza di fondi. E per la stessa ragione, nelle scorse settimane, il Ditirammu ha organizzato una vendita dei costumi di scena per raccogliere i soldi dell’affitto e per fare un altro spettacolo. In vendita ci sono anche i due vestiti di Nicù, storico personaggio di Elisa e della sua ludoteca, che da anni accompagna i bambini nel mondo delle fiabe. Li hanno comprati entrambe le mamme: Nicù non può uscire dalla sua casa e vagare disperata in cerca di ricovero, dopo avere dato una casa a tanti. Il rischio è che anche il Ditirammu chiuda i battenti, e che i ricordi e le memorie di una città vaghino fino a dissolversi, perché nessuno più li ricorda. E fa impressione. pagina 41
M Musica
I teatri Italiani non navigano in acque La città viene candidata come se l’attuale amministrazione dal comune di Palermo
Il sindaco Orlando:
Palermo
capitale della cult a cura di Federico Di Napoli
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in da prima tempi dello Stupor Mundi Federico II, Palermo è stata al centro della cultura e dell’Arte, fino a quando i mecenati come lui si sono estinti e di conseguenza la sensibilità artistica. Già il viceré Caracciolo proveniente da Vienna, Parigi, Londra, sentì la necessità di creare in città un nuovo teatro che fosse il massimo, rispetto ai piccoli teatri allora esistenti quali il Real Teatro Santa Cecilia, ma per abbreviare la storia troppo lunga, il 16 maggio 1897 si inaugura il Teatro Massimo Vittorio Emanuele di Palermo, dopo varie vicissitudini col comune, ove suoi illustri nemici che per molti causarono la morte prematura dell’architetto Giovan Battista Filippo Basile, progettista del Teatro. Oggi che i teatri Italiani non navigano certo in acque del tutto serene e non solo quelli lirici, la città viene candidata a capitale europea della cultura, come se l’attuale amministrazione volesse altruisticamente riparare ai danni arrecati dal comune di Palermo negli ultimi cinquant’anni, non solo al teatro, ma anche a quella cultura, a cui i palermitani si sono disabituati, dopo che son venuti meno i presupposti. Se per cultura intendiamo l’organizzare mostre e concerti negli angoli più reconditi di questa artistica città, senza badare a chi va ad assistervi e da chi viene veramente recepito è puro svago e rende a chi è realmente interessato. Vogliamo invece intendere come CULTURA una vera formazione ed un reale cambiamento di men
talità cercando di far amare l’arte, creare le strutture adatte, non deludere tutti gli artisti che intendono divulgare i propri spettacoli e incoraggiare coloro che vogliono intraprendere studi musicali o artistici di qualsiasi genere, rafforzare gli organici, creando corsi di perfezionamento, evitando i licenziamenti. Interessare alla musica un po’ tutti, i giovani che non apprendono certo la musica e l’arte sui banchi di scuola e i meno giovani che ne rimangono lontani solo perché non la conoscono. Tutti i musicisti, con cui mi è capitato affrontare tale argomento, sono concordi che i tempi oltre che ad esser poco appropriati sono prematuri. Occorre realmente una preparazione culturale e un reale impegno politico concentrato sulla cultura. Per il mio interesse particolare, alla musica,
del tutto serene e non solo quelli lirici. a capitale europea della cultura, volesse riparare ai danni arrecati negli ultimi cinquant’anni
ura 2019
oggi sin troppo trascurata come non mai, ho citato prima il Real Teatro Santa Cecilia non a caso; que-sto è stato dato qualche anno fa in gestione al Brass Group, ma il REAL TEATRO presenta ancora opere di ricostruzione REALmente arretrate. Cosa mancano in REALtà mezzi economici o le REALI VOLONTÀ? Ma... Ma Quando c’è da mangiare... Il Comune di Palermo tutela gli Unti e Bisunti per strada. Arancine, Panelle, Pane con la Milza, Stigghiole. Lanciabili col marchio Panormvs street food e i Cannoli e le Cassate che non hanno certo bisogno d’esser sponsorizzati specie come cibo da strada. Anche questa è cultura, d’accordo, ma la si diffonda con decenza e non con quella volgarità con la quale si osa mischiare anche L’ARTE! pagina 43
C Cinema
Quando il cinema è ispirazione
a cura di Massimo Arciresi
Intervista a Stefano Jacono della Movies Inspired, casa di distribuzione che nel corso degli anni è diventata un punto di riferimento grazie alla qualità delle sue scelte
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n un settore - quello dell’acquisto di film stranieri da far circolare in sala e/o per l’home video - in cui a osare sono rimasti davvero in pochi, si distingue il giovane e coraggioso Stefano Jacono, dotato di intraprendenza, fiuto e pazienza. Non solo per aver contribuito a rivelare alle platee nostrane neo-autori come Derek Cianfrance (Blue Valentine) o Jeff Nichols (Take Shelter), nonché giovani promesse come Tye Sheridan (al fianco di un carismatico McConaughey in Mud, sempre di Nichols, e di uno strepitoso Cage in Joe di David Gordon Green, regista pure dell’imminente Manglehorn con Pacino); ma anche per aver ribadito la statura di nomi un po’ accantonati: Carax (Holy Motors, per molti il miglior film uscito nel 2013), Garrel (La gelosia) o Jarmusch (Solo gli amanti sopravvivono), splendida visione decadente della modernità, tra mito e cultura musicale). Della Movies Inspired, sua casa di distribuzione, e di una nuova avventura appena iniziata, abbiamo parlato con l’interessato.
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Il tuo marchio ha fatto già parecchie scelte interessanti. Come è nata l’idea? È nata istintivamente nel 2007 dalla volontà
di lavorare nel mondo del cinema, senza nessuna conoscenza del mercato o del sistema. Volevo vedere se c’era spazio per portare in Italia dei film e ricavarne un’attività creativa. Cosa vedremo prossimamente? Le ultime due acquisizioni sono state il film di Tommy Lee Jones in concorso a Cannes, The Homesman, e il cinese Black Coal, Thin Ice previsto per febbraio, che ha vinto l’Orso d’Oro a Berlino. Poi c’è il singolare The Missing Picture del cambogiano Rithy Panh, con cui organizzeremo alcuni eventi alla fine dell’anno. Vi state cimentando anche come esercenti. Ad agosto a Torino, in piazza Vittorio Veneto, avete aperto un bel cinema dal nome eloquente: Classico, appunto. Aprire una monosala nel centro storico è una decisione controcorrente. Qui proponiamo i film in cui crediamo, dal nostro listino, ma collaboriamo pure con altre distribuzioni. Lo scopo è riabituare il pubblico a godere del cinema come una volta: comodità e gentilezza del personale.
Fotografo ergo sum
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Ogni fotografia è il frutto di competenze che permettono di ottenere una immagine fissa. Se privilegiamo l’aspetto tecnico (attrezzature, accessori, ecc) facciamo del soggetto solo un pretesto. D’altronde, privilegiando il soggetto riduciamo la tecnica fotografica al ruolo di semplice mezzo espressivo. Fotografare: istruzioni per l’uso
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gni fotografia è il frutto di basilari competenze che permettono di ottenere una immagine fissa. Ma se privilegiamo l’aspetto tecnico facciamo del soggetto solo un pretesto. D’altronde, privilegiando il soggetto riduciamo la tecnica fotografica al ruolo di semplice mezzo espressivo. I soggetti fotografici preferiti sono riconducibili a due sole categorie: soggetti statici e soggetti dinamici che possono essere sia naturali che artificiali. I soggetti statici consentono di girare attorno ed essi per studiarli, trovare l’angolazione migliore e scegliere con calma il momento in cui scattare. Fotografare i soggetti dinamici, invece, comporta l’esigenza di bloccarne il movimento al momento dello scatto. E facile ottenere buone foto attraverso l’applicazione di tecniche accattivanti come la ripresa ravvicinata o il controluce, facendo attenzione a non incorrere negli errori più frequenti: sfo-catura e mosso. Inoltre, usando il paraluce si evita la formazione dei riflessi. A proposito della distanza dal soggetto Robert Capa, celebre fotoreporter e fondatore dell’Agenzia Magnum, sosteneva che non esistono fotografie belle o brutte, ma solo fotografie fatte da vicino o da lontano. Se non
Fotografia
a cura di Andrea Di Napoli
possiamo avvicinarci al soggetto principale, inseriamo altri soggetti secondari, per non lasciare troppi spazi vuoti. Le regole compositive si possono trasgredire a proprio piacimento per esprimere creatività o dissenso, ma anche per questo motivo bisogna prima conoscerle. Alla buona riuscita di una fotografia concorre signifi-cativamente il modo in cui si impugna la fotocamera. Se si tratta di un apparecchio reflex bisogna reggere il corpo macchina con il palmo della mano mentre le dita agiscono sull’obiettivo, per mettere a fuoco o modificare la lunghezza focale. Quando ci si trova in piedi, per assicurarsi una maggiore stabilità, occorre tenere le gambe larghe e possibilmente appoggiarsi. Per ottenere una ripresa dal basso non accovacciatevi in equilibrio precario, ma piuttosto inginocchiatevi o sedetevi per terra. Nel momento in cui si scatta una fotografia è, comunque, opportuno serrare sul petto i gomiti trattenendo il respiro nell’attimo in cui viene premuto il pulsante per evitare ogni piccola vibrazione. Evitate di “falsificare” l’espressione di parenti e amici invitandoli a sorridere pronunciando “all'americana” le classiche parole: «Cheese ! » oppure «Marmellade! ».
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A Arte
Fra delirio nev a cura di Salvo Ferlito
e spar
La candidatura di Palermo a capitale europea della cultura per il 2019 ha più i connotati d’una fuga dalla realtà che quelli d’un progetto plausibile
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n psichiatria si parlerebbe di “spostamento”. Ovvero di deviazione del “focus” dell’attenzione verso un bisogno o una pulsione meno pressanti, per la palese (e patologica) incapacità di fronteggiarne altri assai più significativi ed impellenti. Come definire, infatti, la proposta di candidare Palermo come capitale culturale europea del 2019, se non in termini di manovra di spostamento verso un obiettivo di minor urgenza, vista l’ormai cronica inattitudine di qualsivoglia giunta comunale ad affrontare e risolvere i problemi di base (per così dire strutturali) di cui soffre da sempre la città? Che “ci azzecca” (per usare una espressione tipica del più recente sodale politico del nostro sindaco) questa “sparata” propagandistica con un contesto urbano caratterizzato da permanenti carenze igieniche (leggi “munnizza”), eterni impedimenti nella viabilità o continui allagamenti al primo acquazzone. bNon basta essere depositari d’un consistente patrimonio (però spesso negletto e maltrattato e non di rado ignoto agli stessi palermi-tani) per poter considerare la nostra città un faro o un centro irradiatore di cultura. Palermo è infatti tendenzialmente codina e reazionaria (basta guardare alla politica), filoneista per moda, ma misoneista nella sostanza. Poco incline a sperimentazioni - soprattutto nelle arti visive - e fortemente abbarbicata su consolidate certezze (gli immarcescibili pittori dell’800,
come confermano le recenti mostre su Catti e Leto), e soprattutto sorda e disattenta ad ogni impegnativa sollecitazione culturale. Poche centinaia di visitatori alle mostre (praticamente quattro gatti su un milione di abitanti), sempre le stesse facce (almeno da un trentennio). Ai concerti, poca affluenza ai cineforum testimoniano un situazione statica e stantia che francamente non lascia molto ben sperare. E non saranno certo poco auspicabili faraonismi orlandiani ad invertire il corso degli eventi. È vero che mostre e installazioni come quelle di Fabbre, Buren e Boltaski sono state decisamente rilevanti; ma è anche
rotico
atoria di propaganda
vero che sono state come simulacri nel deserto non lasciando tracce residuali se non nella memoria degli addetti. Per il 2019 , semmai la candidatura andrà in porto sarà meglio pensare ad iniziative meno glamour e piuttosto concentrarsi su progetti dagli esiti più proficui e duraturi. Coinvolgere tutti gli artisti palermitani in un processo di riqualificazione estetica della città, trasformando il tessuto urbano in un grande museo d’arte contemporanea a cielo aperto, e l’unica opzione valida e perseguibile. Maggiore coinvolgimento intellettuale, costi bassi e contenuti, e soprattutto risultati permanenti. pagina 47