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Rosario Pinto

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FRANCESCO IULIANO

FRANCESCO IULIANO

SenSibilità emotiva e rigore geometrico nella pratica creativa di FranceSco iuliano

Quella

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di Francesco Iuliano è una pratica creativa che si distingue per due motivi decisamente imprimenti: per la coerenza che essa mostra nel suo percorso evolutivo e per la originalità della sua formula creativa. Partendo da questi dati, che finiscono col divenire fattori identitari della personalità dell’artista, possiamo studiarci di individuare ciò che, normalmente, si definisce la cifra stilistica dell’autore; e ciò ci consente di accostarci ad una esperienza creativa che si colloca nella sfera propriamente aniconica distinguendosi di profilo ‘astratto-materico’.

La determinazione di questo ambito ‘stilistico’ è molto importante, giacché consente di poter considerare la ricerca del Nostro, appunto, come una dimensione creativa che non soggiace ad una prospettazione obbligante di disciplinare ‘di scuola’, dal momento che è la carica stessa del gesto e dell’impronta ciò che definisce la perimetrazione effettuale dell’esperienza creativa.

Iuliano, insomma, rivolgendosi alla materia prova ad estrapolarne le ragioni profonde, secondo una processualità creativa che è di stampo analitico; e provvede, pertanto, ad enucleare dal dato prettamente ‘materiale’ l’addensato eidetico che ne costituisce il nocciolo centrale.

Tale intervento - che potremmo definire anche di scavo nella materia - ha un suo riscontro propositivo che è quanto costituisce, poi, la formulazione del disegno creativo che si costituisce in progetto dell’opera, cui l’artista conferisce spessore e consistenza effettiva nell’ordine della consistenza materiale dell’oggetto.

Occorre dire che se l’artista procedesse ad intervenire semplicemente fermandosi al punto della analisi delle cose, il processo complessivo della sua determinazione creativa sarebbe nell’ordine della sola pratica astrattiva, che noi osserviamo, invece, dilatarsi in una più ampia espansione di corposità palpitante ed estroversa, di cui occorre comprendere la formulazione.

La componente ‘materiale’, quindi, assume un valore decisivo e determinante; ed essa giustifica la proponibilità della formula, già da noi precedentemente suggerita per l’arte di Francesco Iuliano, di ‘astrattomaterica’, formula al cui interno l’attività creativa dell’artista legittimamente si colloca.

Astrazione e matericità non sono tra loro confligenti; e c’è una lunga ‘scuola’ che si sviluppa almeno dagli anni ‘30, che ha preso a coniugare l’essenzialità della geometria con la corrusca corposità della consistenza materiale.

Il salto dalla ‘consistenza materiale’ alla ‘matericità’ è, poi, un vero e proprio salto qualitativo e culturale, evidentemente, giacché il termine di ‘materia’ non è assolutamente sinonimo di ‘matericità’, provvedendo la ‘matericità’ ad indicare la consistenza empirica di un’esperienza creativa che intende caricare l’impegno produttivo del dato saliente dell’apporto intellettuale, che può fiorire - in sintonia col dato dell’esperienza soggettiva dell’artista - grazie all’avanzarsi della ‘materia’, con le sue opportunità, come qualcosa di più profondo ed intenso della mera ‘materia prima’ di cui l’artista deve necessariamente servirsi per poter dar corpo alle proprie creazioni.

C’è qualcosa di neoplatonico, evidentemente, in questo andare a cercare nel profondo delle cose - con spirito astrattivo - e nel procedere, quindi, a scoprire che le ragioni eidetiche finiscono con l’esprimersi in termini - che definiremmo, però, a questo punto, non più plotiniani, ma democritei.

Entrando in gioco la materia, con la sua capacità proiettiva di ordine non meramente ‘materiale’, ma propriamente ‘materico’, si capisce bene che non può più essere sufficiente il solo governo della logica formale. E si scopre, quindi, che gli ansiti creativi dell’artista non sono esclusivamente governati da principi di ordine sillogistico, ma da un bisogno psicologico ed umano di più complessa formulazione, ove, nella produzione fattuale dell’oggetto artistico, l’addensamento empirico non costituisce solo l’aspetto esteriore e formale delle cose, ma la sua consustanziazione di ordine sintetico.

Come si può ben capire, la pratica creativa di Francesco Iuliano può essere letta come un contributo di pensiero che si propone formulato secondo un linguaggio che non è quello della parola parlata, ma delle consistenze oggettuali dei corpi.

Non a caso, le opere di Iuliano hanno spessore tridimensionale e si configurano di asciutta essenzialità, opportunamente comprese entro un disciplinare esecutivo che l’artista impone a se stesso e che non trova alcun’altra possibilità di riscontro che non sia quella di una forza esplicativa juxta propria principia.

Occorre aggiungere qualche altra osservazione per rendersi conto come possa producentemente avvenire che si componga la liaison astrattivo-materica di cui abbiamo cercato di comprendere l’articolazione in punto teoretico.

Ed a questo punto ci rendiamo subito conto che, per capire, bisogna dirigersi a prendere in esame il ‘gesto’ dell’artista: quello, cioè, con cui il Nostro provvede a trovare il punto di sintesi tra ordinamento del progetto, che nasce logico e formato nelle sue parti secondo un ordine ‘geometrico’, e la carica ‘materica’ che non entra in scena come mera consistenza di ‘materialità’, ma come opportunità di darsi, all’interno della consistenza, appunto, ‘materiale’, di un quid pluris che possa consentire alla ‘materia’ di rendersi percepibile come ‘matericità’ e, quindi, come consistenza ‘oggettiva’ di un addensamento eidetico entro un corpo ‘oggettuale’.

Abbiamo già provveduto, nel corso degli anni, ad analizzare il portato dell’impegno creativo profondamente coerente di questo artista ed osserviamo come la portata magistrale del suo ‘gesto’ sia andata progressivamente rastremando le sensibilità operative, crescendo su se stessa ed affinando una disposizione che conviene senz’altro riconoscere come quella entro cui si comprende bene come la formulazione ‘attuativa’ del gesto abbia saputo indirizzare l’empito ‘dispositivo’, non legandone lo sviluppo alla mera irruenza espressiva, ed andando, piuttosto, a modulare la generosità emotiva entro il controllo avvertito di una disciplina interiore.

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