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L’AVVENTURA E I RICORDI di Ticci e Verger Un viaggio nel mondo di Aquila della Notte ideato da Giovanni Battista Verger, narrato in immagini da Giovanni Ticci, raccontato da Moreno Burattini e dalle poesie di Mario Parodi. Testo critico di Italo Marucci. 81 illustrazioni inedite, di cui 14 a colori.

Disponibile in edizione a tiratura numerata di sole 500 copie cartonate: esemplari da 1 a 99 contenenti una grafica a colori inedita firmata da Ticci prezzo al pubblico: € 99 esemplari da 101 a 500 prezzo al pubblico: € 75 Disponibile inoltre l’edizione ordinaria in brossura figurata con alette prezzo al pubblico: € 49


Ricordo quell’autunno lontano Giovanni Battista Verger

I

l volume che avete fra le mani non è un libro qualsiasi. Nessun libro, in realtà, lo è. Tutti hanno un qualcosa che li rende speciali, anche soltanto agli occhi del suo autore. Ma queste pagine, finalmente date alle stampe, sono davvero particolari e rappresentano la coronazione di un sogno rincorso per oltre trent’anni. Ricordo quell’autunno lontano. Era la fine di un luminoso ottobre del 1982 quando per la prima volta incontrai a Siena Giovanni Ticci, un disegnatore che fino a quel momento avevo ammirato soltanto sulle pagine di Tex, e che sarebbe diventato poi, col tempo, uno dei miei migliori amici. Come già mi era successo di fare con altri suoi colleghi, a cominciare da Aurelio Galleppini che per prima aveva dato corpo, coi suoi pennelli, alla figura di Aquila della Notte su un albetto a striscia uscito in edicola nel 1948, la mia intenzione era di chiedere anche a Giovanni di prestarmi un po’ del suo indiscutibile talento per assecondare la mia passione per il West, realizzando un disegno “su commissione”. Se avete sfogliato anche solo uno dei precedenti volumi che ho dedicato a Tex nel corso di oltre vent’anni, già sapete qual è il mio modo di collezionare tavole originali del ranger creato da Giovanni Luigi Bonelli (un autore, il creatore di Tex che, come il figlio Sergio, ho avuto modo di frequentare a lungo). Stimolato fin da ragazzo dalle avvincenti avventure del leggendario capo bianco dei Navajos, scrivo dettagliate descrizioni di ciò che vorrei veder illustrato in un cartoncino, e chiedo al disegnatore di realizzare quello che ho immaginato. In questo modo, mese dopo mese, anno dopo anno, ho messo insieme una raccolta di straordinarie prove d’artista che, piano piano, ho finito per mettere a disposizione di tutti attraverso i volumi da me ideati. Bene, anche da Ticci ho ricevuto negli anni decine e decine di disegni, tutti realizzati dietro mie precise indicazioni, spesso 9


accompagnate da appassionati scambi di idee. Ricordo come fosse ieri le ore e ore a parlare con Giovanni di questo o di quel dettaglio che poteva conferire alla tavola maggiore fascino e splendore. Col tempo quelle tavole hanno finito di riempire anche questo volume: un libro un po’ particolare, ricco sì di azione, ma dove sogno e malinconia si mescolano e si confondono. Pur non prive infatti della classica mitologia western (risse furibonde, attacchi indiani e duelli all’ultimo sangue), le tavole dell’artista senese indugiano piacevolmente, con immagini ora cupe e inquietanti, ora luminose e serene, su un universo duro e romantico dove ogni gesto, ogni espressione, ogni pur minimo movimento, serba sempre in sé il sapore inebriante dell’Avventura. Sono infatti fermamente convinto che, anche da un narrare prevalentemente avventuroso, possano scaturire momenti di magnificenza condivisi, tali da suscitare il palpito autentico dell’emozione. Io mi sono impegnato al massimo perché ciò accadesse, e spero di esserci, almeno qualche volta, riuscito. Tuttavia ognuno potrà lasciarsi coinvolgere a seconda del proprio modo di sentire. E’ noto infatti che ogni libro ha sempre due autori: chi lo scrive e chi lo legge. Chi legge reinterpreta in base alla propria sensibilità.

Giovanni Battista Verger

Ragion per cui il lettore attento, recepita la voglia di spostamento dell’opera da un livello puramente narrativo e spettacolare, a quello interiore ed esteticamente geniale, si sentirà coinvolto, a modo suo, al piacere del racconto. Colgo ora l’occasione per ringraziare Giovanni Ticci per quell’autunno lontano e per aver arricchito le mie sceneggiature di incanto e di malia. Un ringraziamento, ancora, particolarmente sentito, agli amici Moreno Burattini e Mario Parodi. Moreno, come ben sapete, mi accompagna, ormai da anni, nel mio vagabondare nel mondo di Tex. Suoi sono infatti, anche questa volta, i commenti storico - informativi a corredo dei vari disegni, autentico messaggio di cose fatte con cura e passione. Mario ha dato invece al suo intervento un taglio diverso, a lui più congeniale. Lo ha ammantato di una verve poetica che tocca il cuore. Uniamoci ora al ranger per avventurarci con lui su una pista che si snoda tra le colossali cattedrali di pietra della Monument Valley, fra foreste grigie e gelide, deserti infuocati e laghi silenziosi. Soffermiamoci ad ammirare estasiati la luminosità dell’arcobaleno, le albe, i tramonti, il volo di un’aquila. Lasciamoci trasportare dal soffio caldo del vento sulla Città Fantasma. E fermiamoci, perché no? a osservare un Tex pensoso e malinconico in riva al mare. Qui Ticci, forse favorito da spazi ben più ampi, ha potuto dar libero sfogo alla sua più geniale vena creativa, toccando livelli di 8


Aquila della Notte FOTOGRAMMA

Come i rapaci nel cielo sorvolano la polverosa pianura e i dirupi che la dominano, allo stesso modo Tex Willer si guarda attorno scrutando la sua terra. Terra arida, battuta dal vento e bruciata dal sole, ma non per questo inospitale. Almeno, non per lui che la conosce e sa coglierne gli umori. Lui, che sa cavalcarla lungo piste invisibili a chiunque altro. Lui che la ama, e la protegge.

Ci sono fotogrammi impressi nel cuore, la pellicola si ferma nel suo divenire luminoso che ci rende sognatori per sempre. Il fotogramma esalta la muscolarità michelangiolesca, aridità del terreno e perfezione di rocce. Tex è il gigante pronto a partire, winchester sulla spalla, per insaporire spazi infiniti. Dinamite fermo ad attendere gli ordini del cavaliere, il suo fiato amato. Cavaliere e cavallo binomio fulgido sulle piste dell’avventura, ricordi incancellabili.

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Capelli d’argento Anche un saloon e un ristorante possono essere un territorio di caccia, dove l’esperienza aiuta a trovare ciò che si cerca. Dell’ottima birra o del buon whisky, oppure una succulenta cena a base di bistecche e patatine. Ma anche un ladro o un assassino che si è mescolato fra gli avventori. Oppure del riposo, in attesa che, a un segnale convenuto, arrivi il momento di saltare in sella e mettersi in viaggio. E Kit Carson, di esperienza ne ha da vendere.

RUGHE E SAGGEZZA Il ristorante del villaggio è la Timbuctù del West. Incrocio di carovane, di sogni, di avventure sapide di gloria. Ne esce Kit Carson, la pelle bruciata dal sole, le rughe solchi di esperienza, sentieri di ricordi. Ne esce, sazio di bistecche e patatine fritte, la fame si è rintanata fra boccali di birra. Rintana anche la colt, hai catturato un ladro da due soldi. Concediti le volute del sigaro. Ah, il tuo sguardo fiero e sorridente! Il viaggio è ancora lungo.

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Il pard indiano Un uomo di poche parole, Tiger Jack, ma di intensi sguardi. Sguardi che possono dire qualunque cosa, o risultare impenetrabili. Chi non lo conosce, potrebbe pensare che dietro a quegli occhi non batta nessun cuore. Non è così, come ben sanno i suoi amici, quelli che conoscono il dolore che ha segnato il suo passato, e che lui si porta dentro con dignità, perché gli faccia compagnia. E il dolore è un buon maestro, se uno è un bravo allievo.

LA FARETRA DI TIGER JACK Avanzi con leggerezza, infaticabile Tiger Jack, inesauribile cercatore di percorsi per onorare la giustizia. La tua faretra navajo è invece un macigno di dolori, di nodi che ingabbiano la solitudine. Ferisci con lo sguardo al tuo incedere verso orme di amicizia. Ma è una ferita buona, la faticosa ricerca di un dialogo che profumi di profonda umanità.

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Il vecchio della palude Nessuno conosceva il nome del vecchio che dimorava sulle sponde dell’immensa palude. Soltanto un solitario come lui avrebbe potuto vivere, di caccia e di pesca, in quella baracca sperduta con la sola compagnia degli animali acquatici, della nebbia stagnante, dell’acqua torbida, della gelida umidità, della luce del sole sempre filtrata dalle brume smorte. Tanta solitudine gli aveva segnato il volto di rughe profonde. Ma i suoi occhi brillavano, vivissimi e neri, nel grigio che lo circondava. Tex lo incontrava ogni volta che passava da quelle parti. I due non si erano mai soffermati a parlare ma si salutavano sempre a distanza, come vecchi amici.

LA FRATELLANZA DELLA SOLITUDINE C’è una casa in legno, sacrario della potenza della vita, in questa livida palude, il camino generoso conosce le continue scorie di un calore solitario. Sta arrivando silente verso casa il vecchio cacciatore, folta barba bianca, il cappellaccio senza età, una miniera di ricordi. Scivola il cacciatore con la sua barca ricolma di cianfrusaglie e l’alce per la cena. Il fido cane fiero dell’avventura vigila sul misero bottino. È lo stagno ricco di microscopica vita, alghe, batteri, pulsazioni di un acquitrino fremente nella sua aspra desolazione. Si ferma a cavallo Tex, il ranger curioso di scenari nuovi. I due si salutano da lontano. Non servono parole. È un dialogo fitto di riconoscenza: la misteriosa fratellanza della solitudine. Un altro giorno se ne è andato. La cena serale è preghiera sentita per il mondo che ci ospita.

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Nel Grande Nord Se le montagne del Sud-Ovest sono modellate dall’acqua e dal vento, quelle del Grande Nord le hanno scolpite i ghiacciai. Sono stati loro ad aver scavato le valli che le solcano, ad aver creato i mille laghi che le bagnano, ad aver depositato le grandi pietre tra cui serpeggiano i torrenti e crescono le conifere. E di quel ghiaccio la neve giunge ogni inverno a tramandare il ricordo. Tex, uomo del Sud, ama anche il Nord, perché la Terra gli è madre.

LA STELLA POLARE Ho seguito la stella polare, così fulgida nelle notti invernali, così sorella benigna da non poter tradire. Come sempre la cavalcata è stata lunga, ma ora avanzo lentamente con il vecchio trapper. Per non incrinare la solenne magia regalata dalla regione dei Grandi Laghi, così quieta, serena, generosa di pace. Ecco, non posso chiedere altro, ecco la frontiera estrema dei miei sogni. La neve custodisce ferite e dolci ricordi, l’alce conosce la trasparenza turchina del lago, specchio d’acqua a misura d’uomo, le montagne si compiacciono nel loro silenzio pietrificato dell’appagamento della maestosità, la capanna di tronchi è il corroborante delle fatiche, fagioli, whisky e caldo giaciglio, un’aquila vola in alto per certificare l’immensità del cielo. Sì, questo pare il luogo giusto per consumare un giorno l’ultimo dei miei giorni. Si segue sempre una stella per non smarrirsi nei momenti decisivi della vita.

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Il saluto Il fiero capo dei Dakota solleva la sua lancia in segno di saluto. Sulla testa, indossa il diadema di piume delle grandi occasioni. E l’occasione, infatti, è importante. Deve dare l’addio ad Aquila della Notte, il capo bianco dei Navajo, che ha aiutato la sua gente come se fosse stato uno di loro, dimostrando il coraggio, l’intelligenza e la forza di un grande guerriero e il carisma di un condottiero. Mai, il sakem, avrebbe pensato, un giorno, di tributare un omaggio a un viso pallido. Ma Tex si è guadagnato sul campo il suo rispetto e la sua ammirazione. E lui non lo dimenticherà mai, tramandandone la leggenda nei suoi racconti di quell’incontro.

LA DIVISA DELLE GRANDI OCCASIONI Tex ha donato il suo coraggio alle cause giuste dei Dakota. Semplicemente, certe cose si fanno perché è il cuore che te le detta, perché ciò che conta è ricevere il sorriso di chi si è trovato in difficoltà. Il capo dakota ti saluta con la divisa delle grandi occasioni. Nulla ha più valore di un atto d’amore, testimone il vento caldo dell’amicizia.

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