ALBERTO ZIVERI
IL POSTRIBOLO
LO SPAZIO, TORINO
PREMESSA di Giuliano Catalli Grazie agli incontri, negli anni passati nello studio di Via del Babuino, con Netta Vespignani e con Giuseppe Bertolami è nata la mia passione verso tutte le espressioni artistiche che includiamo nella definizione di Scuola Romana, passione che mi vede oggi impegnato come collezionista e promotore di questo evento. Tra gli Anni Venti e Quaranta Roma divenne la sede di aggregazione di un gruppo di artisti, pittori e scultori, la maggior parte romani solo di adozione, legati ad una corrente artistica non univoca ma differenziata tra diverse esperienze contemporanee: dal purismo all’espressionismo, dal tonalismo al forte realismo. La produzione di questi artisti si concentra in quel ventennio anche se alcuni di loro hanno operato ancora negli Anni Cinquanta e Sessanta. Non disperdere questa ricchezza artistica è stato subito la prima preoccupazione che ha portato alla nascita nel 1983 dell’Archivio della Scuola Romana e grazie alle donazioni degli stessi artisti o ai loro eredi è stato subito possibile raccogliere in questo contenitore documenti, cataloghi, archivi, lettere, autografi dei protagonisti di questa esperienza artistica, Archivio che oggi è confluito negli Archivi nel Novecento e continua a perseguire l’identico scopo che portò alla sua creazione. Ogni singolo nuovo documento acquisito sull’attività degli aderenti alla Scuola Romana è un valore aggiunto che va tutelato e preservato dall’oblio e che attualmente stanno rimanendo un po’ a margine, senza per questo risultare meno importanti per comprendere in pieno quel fenomeno artistico. 1
GLI ARCHIVI DEL NOVECENTO, LA SCUOLA ROMANA E ALBERTO ZIVERI. PRESENTAZIONE DI UN PROGETTO IN ATTO di Giulia Tulino Gli Archivi del Novecento possono considerarsi una sorta di prosecuzione dell’Archivio della Scuola romana perché nascono con lo scopo di digitalizzare parte del materiale relativo ad alcuni artisti che di quella scuola sono stati protagonisti e, allo stesso tempo, sono in grado di accogliere progetti archivistici e di digitalizzazione inerente artisti che hanno operato in Italia durante tutto il XX secolo. Quindi la loro peculiarità è quella di fornire un sistema di archiviazione e digitalizzazione oltre ad un servizio di archiviazione e autenticazione delle opere degli artisti inclusi nel progetto. Come sappiamo è ormai impossibile studiare, esporre, vendere o acquistare un’opera sprovvista di certificazione di autenticità ed è per questo che negli ultimi vent’anni si sono andate costituendo sempre più fondazioni e associazioni tese alla salvaguardia dell’autenticità e in grado di riconoscere i falsi per poterli escludere dal sistema dell’arte e dal mercato. In questo modo gli Archivi del Novecento potranno diventare un punto di riferimento e un vero e proprio strumento per chi sente la necessità di iniziare a costituire un archivio o chi lo ha già costituito ma fatica a stare dietro alle incombenze che degli addetti ai lavori potrebbero invece portare a termine con più facilità. 2
In questa prima fase, come appena sottolineato, i materiali raccolti riguardano prevalentemente artisti che hanno fatto parte della Scuola romana: oggi considerata tendenza più che scuola, vista la varietà di stili e orientamenti presenti al suo interno, ha avuto una storia estremamente complessa e spesso fraintesa, i cui protagonisti, come scriveva Netta Vespignani nel 2006, risentivano le conseguenze di un pericoloso paradosso ovvero dopo aver subito sulla loro pelle vent’anni di ristrettezze e angherie, di compromessi e censure, si ritrovavano addosso l’etichetta di “artisti del periodo fascista”, una sorta di odore che continuava ad aleggiare intorno alle loro opere anche a distanza di tanti anni. Questa tendenza ad identificare gli artisti attivi in Italia tra le due guerre come compiacenti con il regime fascista è andata via via scemando, per fortuna, grazie al lavoro che, a partire dagli anni Ottanta, venne fatto da alcuni artisti e da alcuni studiosi, proprio attraverso l’ausilio dello strumento “archivio”. Tra quelli che compresero l’importanza di questa operazione c’erano Miriam Mafai, Netta Vespignani, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Antonello Trombadori e Alberto Ziveri che, con l’appoggio di storici dell’arte come Valerio Rivosecchi e Francesca Romana Morelli, avviarono la costituzione dell’Archivio della Scuola romana. Oggi, dopo quasi quarant’anni, grazie a figure come Giuseppe Bertolami e il già citato Valerio Rivosecchi ripartiamo da quelle carte polverose, dalle fotografie ingiallite, dagli scritti autografi su diari e quaderni e dai vecchi ritagli di giornale allo scopo di riordi3
narli, digitalizzarli e renderli consultabili on line attraverso un database di ultima generazione progettato appositamente per Archivi del Novecento. Il progetto si avvale anche della collaborazione dell’Università La Sapienza di Roma attraverso la quale è stato possibile selezionare un certo numero di studenti che stanno partecipando attivamente ad un tirocinio dedicato. La mostra di Alberto Ziveri introdotta dal testo di Livio Bosco è un esempio di quello che gli Archivi del Novecento hanno intenzione di promuovere e sostenere ovvero la collaborazione con i collezionisti, con gli eredi degli artisti, con le gallerie e le istituzioni museali allo scopo di divulgare e promuovere le opere d’arte prodotte dagli artisti integrati nel progetto. Nel caso specifico si ringrazia la collaborazione del collezionista Giuliano Catalli che ha messo a disposizione un nucleo di disegni di Alberto Ziveri estremamente significativo, la serie “Bordello” o il “Postribolo”, al fine di comprendere l’operato di questo artista. Alberto Ziveri (1908-1990) è una delle tante personalità che vanno a costituire la Scuola romana e che inizia il suo apprendistato a Roma, sotto la guida di Sante Bargellini. In linea con le teorie del Ritorno all’ordine gli artisti “entravano a bottega” e “imparavano il mestiere” da chi li aveva preceduti: dal disegno alla tempera, dalla tecnica dell’affresco al mosaico, si puntava a far sì che questi giovani sapessero affrontare ogni tipo di opera, soprattutto in un periodo, quello del Ventennio, in cui le committenze pubbliche erano frequenti e utili a delineare e sostenere le idee del regime fascista. Ma in Ziveri c’era una vera e propria 4
vocazione per il disegno e per la pittura e questo è testimoniato dalla miriade di disegni e dipinti che ci ha lasciato e che oggi ci consentono di studiarne lo stile e le peculiarità estetiche. Dall’animo intenso e tormentato fu sostentato psicologicamente dall’amico Guglielmo Janni, soprattutto agli inizi della carriera. A questo proposito Ziveri scriveva: “Notò in me la vera vocazione per la pittura. Mi indusse a non scoraggiarmi ma a lievitare le angosciose crisi nei momenti di sconforto con l’aiuto della sua cultura umanistica disinteressata”. Era il 1928. Grazie ai materiali d’archivio e, in questo caso, alla generosità di Giuliano Catalli, oggi possiamo ammirare una serie di disegni che di Ziveri rivela tutta la complessità e che Livio Bosco nel suo testo ci illustra in modo puntuale.
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IL POSTRIBOLO di Livio Bosco Non abbastanza nobili quanto i baccanali spesso rappresentati nella pittura classica e moderna, che rimandano nella maggiore dei casi alla più alta cifra semantica e onirica alla quale tali luoghi possano assurgere, i postriboli di Alberto Ziveri sono gli eredi decadenti delle storiche lupanare romane, luoghi angusti, oscuri, dove le donne rappresentate lasciano trasparire il peso e il patimento di una vita tutt’altro che semplice e l’atto sessuale è rappresentato più come una tribolazione che come un piacere. La scelta di rappresentare questi luoghi da parte del realista romano, esponente di spicco della corrente della Scuola Romana, va collocata nell’evoluzione stilistica e di linguaggio che caratterizzò il percorso dell’autore tra la fine degli anni Trenta e il corso degli anni Quaranta, crescita che fu fortemente segnata dal suo primo viaggio di respiro europeo, durante il quale ebbe modo di visitare prima la Francia, poi il Belgio e l’Olanda. Lì il pittore si trovò letteralmente travolto sia dall’ambiente parigino dell’epoca sia soprattutto dalla visione dei lavori di artisti quali Delacroix, Goya, Rembrandt e Vermeer. Rientrato a Roma, Z., carico di queste nuove influenze, intuì che, oltre a dover cambiare la propria palette a scapito del tonalismo, che fino a quel momento ne aveva contraddistinto la pittura, avrebbe dovuto ricercare la realtà in soggetti e luoghi diversi da quelli sino al momento
rappresentati, che gli avrebbero così permesso di poter rin6
tracciare finalmente l’essenza nonsense dell’esistenza umana. È possibile rinvenire questa epifania non solo nelle pitture che da allora divennero specchio fedele della società circostante, ma anche nella produzione su carta – oggi proposta in mostra - anticamera di quei traguardi pittorici che da lì a poco riusciranno a commuovere tanto gli artisti quanto la critica per il grado dell’intensità cui era giunto. Se le tele di Ziveri risentirono particolarmente delle influenze dei grandi autori conosciuti e approfonditi durante il suo viaggio, la scelta dei soggetti va fatta risalire alla fascinazione subita dal vivere a Parigi i mercati di Les Halles. Lì Ziveri si accorse che per comprendere e rappresentare l’animo umano nel profondo ciò che doveva osservare era la parte più bassa della società, che senza maschere e con maggiore genuinità esprimeva i drammi e le contraddizioni dell’esistenza terrena, tramite la propria violenza e bruttura, la povertà e la volgarità e soprattutto per via di quel sesso goduto senz' altri più aulici riscatti. E proprio da questa nuova visione nacque la serie di lavori in questa occasione esposti, ossia i postriboli, luoghi di quart’ordine dove Ziveri ritrovò tutte quelle più basse e viscerali caratteristiche, utili a poter raggiungere i propri traguardi nell’intento di rappresentare una realtà analitica e pura, priva di ogni giudizio, soggettività o possesso da parte dell’autore. I disegni oggettivamente hanno minori potenzialità rappresentative rispetto alle pitture, ma il lavoro minuzioso di Z. nell’infondere una carica semantica a ogni soggetto, colpo di china o macchia
di acquerello, conferisce a questi lavori una dignità tale da 7
renderli meritevoli esempi del traguardo rappresentativo raggiunto. Per comprendere meglio ciò che il disegno significasse per Ziveri, bisogna però rivolgere l’attenzione a una delle diverse serate di festa che nell’immediato dopoguerra animarono il palazzo dell’illuminata contessa Pecci Blunt, promotrice già prima della guerra dell’interessantissima realtà che fu la Galleria della Cometa. In occasione della presentazione di una antologica del disegno italiano realizzata dal pittore Orfeo Tamburi, Z., in uno dei diversi dibatti che animavano queste serate, affermò: «Il disegno non sazia, sollecita appetito. Un solo disegno qualche volta ti consola. Il disegno annusa la natura…». Queste parole rivelano la grande capacità di riflessione che Z. riconosceva a tale pratica, e quanto per lui sia stata fondamentale per raggiungere l’idea di rappresentazione del reale che poi, utilizzando le parole di Roberto Longhi, lo porterà a diventare il più realizzato tra i realisti italiani. La cura che dedicava al compimento di questi lavori, pur se di rapida esecuzione, è notevole; la carica di significati impressa nei soggetti e nelle ambientazioni mette in risalto la figura umana, privandola di ogni maschera, riuscendo così a raccontare la storia più profonda dei propri personaggi semplicemente tramite il segno o semplici scelte cromatiche. Per cercare di comprendere meglio questa attitudine dell’autore e condurvi a una più attenta lettura dei lavori in mostra vi porterò alcuni esempi di quanto accennato attraverso le opere in questa occasione espo-
ste. I lavori che andremo velocemente ad analizzare sono “Il vestito giallo”, “Seduzione di un anziano signore”, “Il postri8
bolo” e “La lotta”. Il primo tra i quattro lavori presi a esempio, “Il vestito giallo”, si presenta tra tutte le opere in mostra come quella dalle scelte cromatiche differenti, meno anguste all’apparenza, ma che proprio tramite tali caratteristiche trasuda e lascia trasparire tutta la mortificazione che era percepibile in tali ambienti; a livello di composizione si tratta di una di quelle attese, lunghe e senza fine, che caratterizzavano i momenti di pausa nei postriboli dell’epoca. A saltare immediatamente all’occhio in questa composizione è la prostituta vestita di giallo, un colore che sin dalla antichità fu considerato come indicatore di vergogna e follia, e utilizzato negli abiti o tramite accessori per indicare le meretrici permettendo in tal maniera di riconoscerle meglio. Approcciandosi adesso con questa chiave di lettura, si noterà come l’azzurro che avvolge e sovrasta tutte le figure della composizione assuma tutta un'altra valenza rispetto alle sensazioni che usualmente proviamo di fronte a questo colore. Ecco: questo è il lavoro di ricerca e attenzione ai dettagli che Z. svolgeva nell’esecuzione nei propri lavori. Una ricercatezza che permette, tramite velocissimi segni di china, di tracciare storie e vicissitudini dei personaggi rappresentati. Un altro esempio è “Seduzione di un anziano signore” una composizione semplicissima, con sole due figure, che nonostante la scarsità di elementi rappresentativi dell’ambiente ci riporta immediatamente con l’immaginazione a quelle bettole di quart’ordine che Ziveri scandagliò a fondo, e questo grazie alla corporalità
della donna, grassa e dal volto imbruttito che riflette in pieno 9
usuale profilo delle donne che si potevano trovare nei postriboli più economici e alla raffigurazione di un anziano calvo ma ben vestito che sembra delineare la figura dell’uomo solo, ormai avanti con gli anni, che soltanto in tali luoghi poteva ancora trovare il calore di una donna. Il tutto è sapientemente avvolto da un fondo marrone, basilare ma efficace, ricreato con la china acquerellata con la quale Z. emulava le ombre di questi vetusti luoghi. Ombre che per l’autore, in questo periodo della propria carriera, rappresentarono l’elemento di maggior importanza, soprattutto nella pittura, per la carica che riuscivano a imprimere alle proprie composizioni. Il terzo esempio è una delle due opere dal titolo “Il postribolo”, quella dalle maggiori sfumature cromatiche, nella quale si ripropone una scena assai comune nelle case di tolleranza del periodo: si tratta infatti del momento di attività di questi spazi con i clienti ammassati in attesa del proprio turno, le prostitute in mostra in attesa di essere scelte, e la scala che portava alle stanze che in questo caso presenta una delle donne che sale per svolgere la propria attività. Questa visione dei postriboli del periodo tardo fascista è altresì raccontata da Federico Fellini nel film Roma del 1972, in cui mette in scena le caratteristiche della città e dei romani in maniera estremamente affine a quelle raccontate nelle proprie opere da Ziveri. L’ultimo lavoro da analizzare è “La lotta” estremamente diverso dai precedenti, poiché quest’opera presenta una caratteristica assai comune nelle com-
posizioni di Z., ovvero la violenza; numerose furono infatti le risse e gli incontri di pugilato rappresentati dall’artista in 10
questo periodo, e pure in alcuni amplessi come in questo caso troviamo similitudini nella rappresentazione dei soggetti. Queste lotte nell’immaginario dell’artista assumono un duplice significato: se da un lato raccontano la brutalità di alcuni comportamenti umani, dall’altro simboleggiano il tumulto interiore che visse durante la comprensione dei più profondi aspetti dell’animo umano. Delineati questi quattro esempi, una piena lettura dei lavori in questa occasione esposti dovrebbe risultare alla portata di tutti. Inoltre, a stuzzicare la curiosità del fruitore ci sarà un ulteriore lavoro, ovvero il disegno dal titolo “Mr Picasso”, tra tutti l’unico che presenta in alto a sinistra il titolo segnato di pugno dall’autore. Ma la mancanza di prove storiche concrete di un incontro a Roma o a Parigi tra Ziveri e Picasso, che a Roma fu sicuramente nel 1917 e nel 1949, ci porta a evitare qualsiasi speculazione su quest’opera, che comunque appare estremamente interessante per i quesiti che lascia irrisolti sulla propria origine. In conclusione, la speranza è che questo evento, che illustra solo alcune sfumature del lavoro di rappresentazione del reale portato avanti dall’autore, stimoli la curiosità nel voler conoscere in maniera più approfondita questo grandissimo artista italiano, un realista che per motivi puramente commerciali è stato suo malgrado troppo facilmente relegato nel dimenticatoio, ma che per i traguardi raggiunti non ha nulla da invidiare a una figura ben più nota in ambito di realismo pittorico quale l’americano Edward Hopper. 11
OPERE
Attesa Inchiostro acquerellato su carta, 20 x 29 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 14
Postribolo Inchiostro acquerellato su carta, 8,5 x 12,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 15
Attesa Inchiostro acquerellato su carta, 9 x 12,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 16
Il postribolo Inchiostro acquerellato su carta, 14 x 23 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 17
Il vestito giallo Inchiostro acquerellato su carta, 23 x 32 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 18
Seduzione Inchiostro acquerellato su carta, 12,5 x 8,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 19
Amplesso sulla sedia Inchiostro su carta, 23 x 13 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 20
Seduzione di un anziano signore Inchiostro acquerellato su carta, 21 x 12,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 21
Mr Picasso Inchiostro su carta, 32 x 24 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 22
Amplesso sulla sedia Inchiostro su carta, 23,5 x 13,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 23
Nudo femminile Inchiostro acquerellato su carta, 23 x 14 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 24
Sulla sedia Inchiostro acquerellato su carta, 23,5 x 13,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 25
La corte Inchiostro su carta, 23,5 x 13,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 26
La modella Inchiostro su carta, 23 x 14 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 27
Sulla sedia Inchiostro acquerellato su carta, 28 x 20 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 28
La rabbia Inchiostro acquerellato su carta, 21 x 13 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 29
Lotta Inchiostro su carta, 23 x 14 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 30
La lotta Inchiostro acquerellato su carta, 12,5 x 17,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 31
Nudo svelato Inchiostro acquerellato su carta, 12,5 x 21 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 32
La fuga Inchiostro acquerellato su carta, 13,5 x 23,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 33
Litigio Inchiostro e acquerello su carta, 14 x 23 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 34
Diavolerie Inchiostro su carta, 23 x 13,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 35
I corteggiatori Inchiostro acquerellato su carta, 13 x 24 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 36
Risveglio Inchiostro acquerellato su carta, 21 x 26,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 37
La caduta Inchiostro e acquerello su carta, 13 x 21 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 38
Fuga Inchiostro su carta, 9 x 12,5 cm Prov. Collezione Netta Vespignani, Roma; Collezione privata, Europa. 39
ALBERTO ZIVERI IL POSTRIBOLO 3 - 14 NOVEMBRE 2021 LO SPAZIO
SI RINGRAZIANO
Via Rossini, 23 Torino
Giuseppe Bertolami Paola Cardano Daniele Catalli Fiorenzo Catalli Rossella De Pace Eleonora Diana Ludovica Gioffrè Bedulio Salvador Barrezueda Solorzano
PRODUZIONE Giuliano Catalli
MOSTRA A CURA DI Livio Bosco
ALLESTIMENTO Art Rarities srl
FOTOGRAFIE Art Rarities srl
In memoria di Netta Vespignani
TESTI
SPONSOR MOSTRA
Livio Bosco Giuliano Catalli Giulia Tulino