BIOCHIMICA 4 FUN

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MEDICINA e CHIRURGIA ORBASSANO “SAN LUIGI GONZAGA”

NUOVO ORDINAMENTO

CORSO DI BIOCHIMICA Biochimica Metabolica Prof. Arese Marco


METABOLISMO:

somma di tutte le trasformazioni chimiche che avvengono all’interno di una cellula o di un organismo, attraverso serie di reazioni catalizzate da enzimi definite vie metaboliche e caratterizzate da metaboliti intermedi (piccole molecole biologiche quali zuccheri, nucleotidi e lipidi). La specificità delle reazioni è fornita dalla componente enzimatica mentre la direzione termodinamica è garantita dall’accoppiamento di più reazioni con una variazione totale di energia libera negativa (La variazione complessiva di energia libera di una serie di reazioni chimiche accoppiate è uguale alla somma dei cambiamenti dei singoli passi) o ENERGIA LIBERA: energia ottenuta dall’ambiente (degradazione ossidativa/luce solare) necessaria per poter compiere lavoro, regolare i flussi ionici e molecolari attivi attraverso la membrana o CATABOLISMO: parte del metabolismo dedicato alla conversione delle molecole delle sostanze nutrienti nei precursori delle molecole caratterizzanti la cellula stessa o ANABOLISMO: Polimerizzazione da precursori semplici delle macromolecole cellulari complesse (carboidrati, amminoacidi, acidi nucleici e lipidi) o FUNZIONI ENZIMATICHE: Sintetizza e degrada le biomolecole funzionali per il metabolismo cellulare Il metabolismo si compone di una fase degradativa, CATABOLISMO, ed una di sintesi, ANABOLISMO o CATABOLISMO: fase degradativa del metabolismo in cui le macromolecole complesse della dieta vengono convertite in prodotti finali più semplici; le vie cataboliche sono solitamente convergenti e rilasciano energia libera, conservata in parte in ATP, trasportatori di elettroni in forma ridotta (da NAD+, NADP+, FAD a NADH, NADPH, FADH2) ed in parte dispersa sotto forma di calore. o ANABOLISMO: fase di biosintesi delle macromolecole complesse utilizzate dalla cellula a partire dai precursori semplici ottenuti dal catabolismo; le vie anaboliche sono solitamente divergenti e necessitano di energia libera per avvenire, sfruttando il potenziale di trasferimento dell’ATP o il potere riducente dei trasportatori di elettroni ridotti (NADH, NADPH, FADH2) Percorsi che possono essere sia anabolici che catabolici sono detti ANFIBOLICI La sintesi e la degradazione di uno stesso composto sono mutualmente esclusive all’interno di una stessa cellula e vengono separate in diversi modi o ENZIMI CHIAVE: sono enzimi non comuni alle distinte vie che vengono controllati a monte del processo metabolico. Gli enzimi forniscono la specificità della reazione. o DIREZIONE TERMODINAMICA: esiste almeno una reazione irreversibile e termodinamicamente favorita in modo da attribuire un verso alla reazione biochimica (reazione committed) o COMPARTIMENTI CELLULARI: vie cataboliche e anaboliche vengono separate fra loro (almeno in parte) sfruttando i diversi compartimenti cellulari La regolazione di una singola via metabolica viene effettuata mediante tecniche diverse o DISPONIBILITA’ SUBSTRATO: la velocità di reazione mediata da enzima dipende dalla concentrazione del substrato (per valori inferiori alla Km) o REGOLAZIONE ALLOSTERICA: molecole prodotte a termine della via metabolica vanno ad inibire gli enzimi a monte in modo che non resti attivata quando non è necessario (tipo feed-back negativo) o CONTROLLO NEURO-ORMONALE: negli organismi complessi molecole esterne segnalano alla cellula quale direzione metabolica prendere tramite trasduzione del segnale o espressione di determinati geni ed enzimi (regolazione trascrizionale). La biochimica cellulare sfrutta principalmente reazioni chimiche o SCISSIONE OMOLITICA/ETEROLITICA: rottura di un doppio legame con formazione di un radicale (omolitica) o formazione di una specie intermedia instabile (carbocationi, forme ioniche) o REAZIONI NUCLEOFILE/ELETTROFILE: reazioni promosse dalla tendenza di specie diverse di attaccare substrati ricchi o poveri di elettroni. L’ATP è la moneta energetica cellulare e racchiude in sé una parte dell’energia rilasciata dall’ossidazione dei prodotti alimentari; l’idrolisi dell’ATP produce un rilascio importante di energia libera (-12Kcal/mol) e sposta l’equilibrio della reazione accoppiata di un fattore 10 . La molecola contiene due legami fosfoanidridici nella sua unità trifosfato (b,y).


L’alto potenziale di trasferimento del fosfato dell’ATP viene spiegato in tre punti o STABILIZZAZIONE PER RISONANZA: il fosfato libero viene stabilizzato per risonanza o STABILIZZAZIONE ELETTROSTATICA: il fosfato libero risente meno della repulsione elettrostatica fra cariche negative rispetto alla forma trifosfato o STABILIZZAZIONE PER IDRATAZIONE: l’acqua si lega preferenzialmente all ADP e Pi piuttosto che hai legami fosfoanidridici dell’ATP Inoltre l’ATP occupa una posizione intermedia sulla scala dei trasportatori di fosfato, potendo ricevere gruppi fosfato da enzimi chinasi con un potenziale di trasferimento maggiore, quali o FOSFOENOLPIRUVATO: sfrutta l’alto potenziale di trasferimento del fosfato per trasportare elettroni o CREATINA FOSFATO: dona un gruppo fosfato all’ADP o 1,3- BIFOSFOGLICERATO: accoppiano l’ossidazione del proprio carbonio (1 o 3) al trasferimento di un gruppo fosfato all’ATP L’ATP è il meccanismo fondamentale di scambio dell’energia nei sistemi viventi e la sua idrolisi permette di generare lavoro, trasporti attivi, biosintesi ed amplificazione dei segnali di membrana, mentre l’ossidazione delle molecole carburante (o la fotosintesi) sono richieste per generare nuova ATP. La quantità intracellulare è limitata (solo 100g) ma il turnover è molto elevato, nonostante la concentrazione intracellulare sia sufficiente a sostenere l’attività muscolare per appena un secondo (devono intervenire meccanismi di sostegno: creatina fosfato, metabolismo anaerobico ed aerobico).

L’ENERGIA LIBERA DI OSSIDAZIONE varia in funzione della sostanza ossidata, risultando maggiore nelle molecole con atomi di carbonio massimamente ridotto (metano / idrocarburi) e crescendo progressivamente sino alla forma massimamente ossidata quale la CO2 o SCALA OSSIDATIVA: alcano  alcolo  aldeide/chetone  acido carbossilico  CO2 Applicando tale scala notiamo come i grassi siano energeticamente più ricchi degli zuccheri. L’ossidazione delle molecole combustibile ed il conseguente trasporto di elettroni verso l’accettore finale permettono di accoppiare l’ossidazione alla sintesi di ATP, attraverso intermedi fosforilati e gradienti protonici. MOTIVI RICORRENTI PATHWAYS METABOLICHE: sono metaboliti comuni a molte reazioni e sono vettori attivati che trasportano particolari gruppi/elettroni nell’economia del metabolismo: o ATP: trasportatore attivato di gruppi fosfato; composizione: Adenina + Ribosio + trifosfato o

NICOTINAMIDE ADENINE DINUCLEOTIDE: NAD+ (forma ossidata)  NADH (forma ridotta): accetta

due elettroni ed uno ione idrogeno, è un trasportatore di elettroni attivati per l’ossidazione del combustibile. Possiede il sito reattivo a livello dell’anello della nicotinammide. Struttura: Adenina + Ribosio + difosfato + Nicotinamide o FLAVINA ADENINA DINUCLEOTIDE: FAD (forma ossidata)  FADH2 (forma ridotta): accetta due elettroni e due ioni idrogeno, è un trasportatore di elettroni attivati per l’ossidazione del combustibile. Possiede il sito reattivo a livello dell’anello isoallossazinico della riboflavina. Struttura: Adenina + Ribosio + difosfato + riboflavina o NICOTINAMIDE ADENINE DINUCLEOTIDE FOSFATO: NADP+  NADPH, è un vettore di elettroni attivati per le biosintesi riduttive dei gruppi chetonici (R-CO-CH2-R) a gruppi metilici (R-CH2-CH2-R), raggiunte attraverso la donazione di 4 elettroni e 4 protoni. o COENZIMA A: trasportatore attivato di gruppi 2C (acetili) attraverso la formazione di un legame ad alto potenziale di trasferimento quale il tioestere; analogamente all’ATP il CoA trasporta gruppi attivati, quali acile (acil-CoA) o acetile (acetil-CoA); la struttura adenina + ribosio fosfato + difosfato legato alla vitamina B5 ed all’unità B-Mercapto-Etanolamine con il suo gruppo reattivo SH REAZIONI BIOCHIMICHE: La maggior parte sono riconducibili ad una delle seguenti categorie: o OSSIDORIDUZIONI: alcano ↔ alcol ↔ aldeide/chetone ↔ ac. carbossilico ↔ anidride carbonica. Le reazioni biochimiche energetiche principali comprendono un progressivo trasferimento di elettroni dalle molecole combustibile ad un accettore finale elettronegativo (ossigeno) attraverso redox consecutive e sfruttando trasportatori di elettroni, in un processo altamente esorgonico che fornisca l’energia necessaria alla sintesi di ATP DEIDROGENAZIONE OSSIDAZIONE

DEIDROGENASI OSSIDASI (OSSIGENASI)

Trasferimento 2 , Formazione legame C=O


o

REAZIONI CHE ROMPONO/FORMANO LEGAMI CARBONIO-CARBONIO: assumono particolare

importanza i gruppi carbonilici (C=O) in quanto possiedono un carbonio positivo, in grado di rendere molto più acido il carbonio in alfa, stabilizzandolo per risonanza; in tal modo questo tende a diventare un nucleofilo ed attaccare altri carboni carbossilici di gruppi analoghi. Analogamente può rendere il carbonio in alfa un buon carbocatione sempre grazie alle forme di risonanza. CONDENSAZIONE ALDOLICA ALDOLASI Legame C(alfa) – C (carbonilico) fra due gruppi carbonilici CONDENSAZIONE DI CLAISEN CITRATO SINTASI DECARBOSSILAZIONE ACETOACETATO DECARBOSSILASI Rimozione di un CO2 da chetoacido o

RIARRANGIAMENTI INTERNI, ISOMERIZZAZIONI ED ELIMINAZIONI: i riarrangiamenti interni

permettono di ridistribuire gli elettroni attraverso redox di gruppi successivi (esempio Ox C1  Rd C2) portando all’isomerizzazione, allo spostamento oppure all’isomerizzazione cis-trans di doppi legami. L’eliminazione riguarda la disidratazione di una molecola di acqua con formazione di un legame C=C. ISOMERIZZAZIONE ISOMERASI DISIDRATAZIONE ENOLASI Da alcol  acqua o TRASFERIMENTO DI GRUPPI: trasferimento di gruppi funzionali da una molecola ad un’altra FOSFORILAZIONE FOSFOCHINASI Aggiunta gruppo fosfato da ATP ACETILAZIONE ACETILASI Aggiunta gruppo acetila da acetil CoA o REAZIONI DI IDROLISI: rompono un legame aggiungendo acqua, come nel caso delle peptidasi IDROLISI IDROLASI (peptidasi) Rottura legame peptidico o

ADDIZIONI DI GRUPPI FUNZIONALI: si tratta di addizioni ai doppi legami per formare legami singoli e

viceversa, sono catalizzati dalla liasi. ADDIZIONE LIASI Diversi pathways cellulari hanno reazioni comuni, in particolare il motivo ossidazione-idratazione-ossidazione 1. OSSIDAZIONE 1: ossidazione da parte di FAD con formazione di un doppio legame C=C 2. ADDIZIONE AL DOPPIO LEGAME: trattasi di addizione di acqua al doppio legame con formazione di un gruppo ossidrile 3. OSSIDAZIONE 2: ossidazione da parte di NAD+ del gruppo ossidrilico e formazione di un gruppo carbonilico Riassumendo il motivetto è R-CH2-CH2-R  R-CH=CH-R  R-COH-CH2-R  R-CO-CH2-R


GLICOLISI GLUCOSIO: principale molecola energetica del metabolismo umano e di molte altre specie; i motivi alla base sono DISPONIBILITA’: monosaccaride formato in condizioni prebiotiche e quindi disponibile per i primi organismi STABILITA’: la posizione dei gruppi idrossili sono tutti su piani equatoriali garantendo una relativa stabilità energetica. STORIA GLICOLISI: si compone di due scoperte fondamentali, che trasformano il metabolismo in reazioni chimiche indipendenti dalla presenza di cellule vive o parti di esse. o 1897 – estratti di cellule di lievito fermentano il saccarosio ad etanolo  fermentazione non legata alla presenza di cellule vive. o 1940 – viene chiarito il percorso metabolico della fermentazione lattica o o

GLICOLISI: Sequenza di reazioni chimiche che portano alla metabolizzazione di una molecola di glucosio a due molecole di piruvato con un guadagno netto di 2 molecole di ATP; è un percorso metabolico tutto sommato poco efficiente (rendimento -21kCal/mole) ma molto utilizzato, in quanto non necessita della presenza di ossigeno e permette la sopravvivenza in molte condizioni ambientali avverse. il destino del piruvato varia notevolmente a seconda delle condizioni ambientali in cui la cellula si trova o FERMENTAZIONE ALCOLICA ANEROBICA: viene trasformato in aldeide e successivamente in etanolo o FERMENTAZIONE LATTICA ANAEROBICA: viene ridotto ad acido lattico o OSSIDAZIONE FOSFORILATIVA AEROBICA: viene ossidato completamente a CO2 ed H2O con notevole produzione di ATP Il controllo è in funzione dello stato energetico cellulare e della fornitura di blocchi costituenti per le reazioni di sintesi, si esplica attraverso il controllo allosterico/covalente/trascrizionale di enzimi specifici della glicolisi.

FASE GLICOLISI

MOLECOLA PARTENZA

FASE 1 (Irreversibile) FASE 2 FASE 3 (Irreversibile) FASE 4

Glucosio Glucosio 6P Fruttosio 6P Fruttosio 1,6 BP

MOLECOLA ARRIVO

ENZIMA

Glucosio 6P Esochinasi Fruttosio 6P FosfoGlucoIsomerasi Fruttosio 1,6 BP Fosfofruttochinasi (PFK) Di-idrossiAcetone P (DHAP) Aldolasi Gliceraldeide 3P (GAP) FASE 5 DHAP GAP Trioso Fosfato isomerasi FASE 6 GAP 1,3 BPglicerato (1,3 BPG) GAPDH e NAD+ FASE 7 1,3 BPG 3 fosfoglicerato Fosfoglicerato chinasi FASE 8 3 fosfoglicerato 2 fosfoglicerato Fosfoglicerato mutasi FASE 9 2 fosfoglicerato Fosfoenolpiruvato (PEP) Enolasi FASE 10 (Irreversibile) PEP Piruvato Piruvato kinasi Nelle fasi 1 e 3 vengono spese 2 molecole di ATP mentre nelle fasi 7 e 10 vengono estratte due molecole di ATP per molecola di 3C, per un totale di 4 molecole per molecola di glucosio; inoltre una molecola di NAD+ viene ridotta a NADH nella fase 6 e dovrà esser successivamente ossidata affinchè la glicolisi possa procedere senza saturasi.

ENZIMA – ESOCHINASI catalizza il trasferimento verso una serie di zuccheri esosi tra i quali anche il glucosio e mannosio; necessita di magnesio o cationi bivalenti per funzionare e risulta formata da due lobi costitutivamente separati fra loro, che si avvicinano e ruotano di 12 gradi nel momento in cui il glucosio viene ad inserirsi all’interno  la rotazione avvolge la molecola lasciando fuori solo l’ossidrile del C6 con aggiunta del gruppo PO3--. Viene inibita da un aumento della concentrazione plasmatica di glucosio 6P tramite feedback negativo, in quanto la cellula non necessita di ulteriore glucosio per il suo metabolismo e questo deve restare nel sangue.

ENZIMA – GLUCOCHINASI enzima epatico con attività analoga all’esochinasi, affinità 50 volte inferiore rispetto al citato enzima ma assenza dell’inibizione da accumulo di Glu 6P; viene utilizzato per fornire glu-6P per la sintesi di glicogeno e per la formazione


degli acidi grassi quando il glucosio ematico è abbondante, mentre la sua scarsa affinità permette al cervello ed ai muscoli di rifornirsi di glucosio quando la sua concentrazione ematica è bassa.

ENZIMA – FOSFOGLUCOISOMERASI Enzima che catalizza l’apertura della forma ciclica di glucosio 6P, l’isomerizzazione a fruttosio 6P e la successiva formazione dei legami ciclici per il nuovo esoso.

ENZIMA – FOSFOFRUTTOCHINASI [PFK] Enzima allosterico che imposta il ritmo della glicolisi e svolge un ruolo centrale nel processo di integrazione di gran parte del metabolismo cellulare; è l’enzima chiave nel controllo della glicolisi in quanto catalizza la prima reazione irreversibile del percorso metabolico (le esochinasi fanno parte di più vie) e viene regolato in funzione delle necessità energetiche cellulari, della quantità di precursori della fosforilazione ossidativa e della concentrazione di acidi organici derivati da condizione di anaerofilia. o CONTROLLO ENERGETICO: in una cellula vi è un gradiente di concentrazione del tipo [ATP] > [ADP] > [AMP] pertanto piccole modifiche della concentrazione di ATP, indicanti lo stato energetico cellulare, vengono notevolmente amplificate nella trasformazione a nucleotidi adenilati successivi, provocando significative variazioni della contrazione relativa di AMP, che diventa per tanto un ottimo parametro di controllo delle richieste cellulari. Inoltre va aggiunto che in caso di sofferenza energetica l’enzima AC intracellulare promuove la formazione di ATP da due molecole di ADP, con conseguente aumento di AMP NUCLEOTIDE ADENILATO VARIAZIONE EFFETTO SULLA GLICOLISI ATP ↑ Inibisce allostericamente PFK ADP ↑ Attiva allostericamente PFK Entrambi i nucleotidi vanno ad agire modificando l’affinità di legame per il fruttosio 6P, legando regioni chiamate “siti regolativi”, diverse e distanti dai siti catalitici dell’enzima. o CONTROLLO ANAEROBICO: l’accumulo di acido lattico all’interno della cellula inibisce l’attività dell’enzima sfruttando l’abbassamento del pH intracellulare e riducendo il ritmo della glicolisi (forma di protezione). o CONTROLLO AEROBICO: l’accumulo di precursori del ciclo di Crebs, quale il citrato, riducono l’attività dell’enzima in quanto le necessità cellulari sono ampiamente soddisfatte. METABOLITA VARIAZIONE EFFETTO SULLA GLICOLISI LATTATO ↑ Inibisce allostericamente PFK CITRATO ↑ Inibisce allostericamente PFK o CONTROLLO FRUTTOSIO 2,6 BP: questa molecola è un potente attivatore della PFK e viene prodotto dall’enzima PFK2 quanto aumenta la concentrazione intracellulare di Fruttosio 6P (di conseguenza deriva da un’aumentata concentrazione di glucosio nel sangue) stimolando la glicolisi ed il metabolismo del glucosio. ⎯⎯

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ENZIMA – FOSFOFRUTTOCHINASI 2 E’ un enzima intracellulare composto da due domini separati, presente in 5 isoforme leggermente diverse fra loro, dove l’isoforma L predomina nel fegato e l’isoforma M predomina nei muscoli. o DOMINIO CHINASICO [PFK2]: catalizza la formazione di Fruttosio 2,6 BP promuovendo l’attività dell’enzima PFK e il percorso glicolitico; siccome il fruttosio 6P, punto di partenza, aumenta all’aumentare del glucosio ematico, l’enzima aumenta la sua attività in presenza di iperglicemia ed insulina sanguigna, con aumentato metabolismo del glucosio e stimolazione feedforward della glicolisi. La funzione chinasica è bloccata da PKA. o DOMINIO FOSFATASICO [FBPase2]: dominio attivato dalla presenza di un gruppo fosfato su residuo di serina, trasportato dalla PKA in seguito a segnalazione cAMP mediata di ipoglicemia ematica e presenza di glucagone (attivazione via trasduttiva di membrana con GPCR 7TM e Gas), che riduce le concentrazioni di Fruttosio 2,6 BP rallentando di fatto l’attività della PFK e la velocità della glicolisi quando il metabolismo del glucosio deve restare basso. CONDIZIONE VIA TRASDUTTIVA EFFETTO SULLA GLICOLISI IPERGLICEMIA + INSULINA Inibizione di PKA ↑ - x Attivazione PFK2 IPOGLICEMIA + GLUCAGONE Attivazione di PKA ↓ - x Attivazione di FBPase2


ENZIMA – ALDOLASI catalizza una condensazione aldolica con formazione di GAP e DHAP

ENZIMA – TRIOSO FOSFATO ISOMERASI Il DHAP deve essere isomerizzato a GAP affinchè possa continuare la glicolisi (all’equilibrio il 96% è DHAP); la reazione è rapida e reversibile in condizioni cellulari, ma la continua trasformazione del GAP in 1,3 BPF sposta l’equilibrio verso la trasformazione del DHAP in GAP.

ENZIMA – GAP DEIDROGENASI E’ un enzima che catalizza una reazione chimica costituita da due fasi o OSSIDAZIONE AD ACIDO CARBOSSILICO: la gliceraldeide viene ossidata a glicerato attraverso l’intervento di un NAD+ ossidato; la reazione è termodinamicamente favorevole. o AGGIUNTA GRUPPO FOSFATO: l’aggiunta di un orto fosfato è una reazione termodinamicamente sfavorevole ma viene accoppiata alla precedente. L’acido carbossilico prodotto dall’ossidazione, come ogni acido carbossilico che si rispetti, ha alti potenziali di trasferimento per i suoi gruppi fosfato.

ENZIMA – FOSFOGLICERATO CHINASI Enzima che catalizza il trasferimento di un gruppo fosfato ad alto potenziale di trasferimento da un 1,3 BPG ad una molecola di ADP e ripaga il debito energetico contratto durante le fasi 1 e 3 della glicolisi.

ENZIMA – FOSFOGLICERATO MUTASI Enzima che catalizza il trasferimento di un gruppo fosforico da un carbonio all’altro all’interno della stessa molecola; ciononostante nel caso della fosfoglicerato mutasi la reazione non è un semplice trasferimento ma necessita di una certa quantità di 2,3 BPG catalitica affinchè la reazione possa avvenire: sostanzialmente l’enzima arriva, attacca il suo PO3—al carbonio 2 e si prende il fosfato del carbonio 3.

ENZIMA – ENOLASI Enzima che catalizza la trasformazione a fosfoenolpiruvato attraverso una disidratazione mirata ad elevare notevolmente il potenziale di trasferimento del gruppo fosfato, con liberazione di energia libera ben maggiore rispetto al singolo alcolo. Tale spiegazione va ricercata o FORMA ENOLICA: il fosfato in posizione 2 blocca la molecola nella conformazione enolica o STABILITA’ PRODOTTI: il piruvato è una forma chetonica ben più stabile della forma enolica di partenza, pertanto la reazione è trainata dalla trasformazione in prodotti.

ENZIMA – PIRUVATO CHINASI Catalizza il trasferimento di un fosfato ad alto potenziale di trasferimento ad una molecola di ADP con conseguente trasformazione di PEP a piruvato, grazie alla direzione termodinamicamente favorevole promossa dai prodotti (maggiore stabilità). Le molecole qui ricavate sono puro profitto energetico. Questa è la seconda reazione di controllo della glicolisi: o CONTROLLO A MONTE: la prima trasformazione irreversibile mediata da PFK attiva la piruvato kinasi attraverso il suo prodotto di reazione (Fru 1,6 BP) in modo da mantenere il flusso in uscita constante al flusso in entrata o CONTROLLO A VALLE: inibizione da ATP (carica energetica) e da ALANINA derivata da piruvato (blocchi costitutivi per sintesi aa presenti). METABOLITA VARIAZIONI EFFETTO ENZIMA FRUTTOSIO 1,6 BP ↑ Attivazione Piruvato K ATP ↑ Inibizione Piruvato K ALANINA ↑ Inibizione Piruvato K Inoltre vi è il controllo inibitorio tramite fosforilazione nelle forme epatiche L (ma non M) da parte di PKA, quando è presente in circolo glucagone ed il metabolismo del glucosio deve essere ridotto INIBITORI GLICOLISI: ATP, PKA (glucagone),citrato/alanina/lattato – ATTIVATORI: glucosio, AMP, fruttosio 2,6 BP


TRASPORTATORI GLUT sono carrier specifici per i monosaccaridi, con preferenza tipicamente per il glucosio [4-8mM] (eccezione GLUT 5), dalla disposizione e caratteristiche diverse. o o

o

o

GLUT 1, GLUT 3: sono carrier ubiquitari, con Km=1 mM che trasportano in modo costitutivo glucosio all’interno delle cellule a velocità costante. GLUT 2: sono carrier specifici localizzati nelle cellule beta delle isole di Langherans e sugli epatociti, con Km=15-20 mM che trasportano in modo massivo glucosio ematico quando la glicemia cresce in modo importante; a livello pancreatico sono coinvolti nel determinare i livelli di secrezione di insulina, mentre a livello epatico servono prettamente a ridurre la glicemia prima che causi problemi importanti. GLUT 4: sono carrier specifici del tessuto muscolare e del tessuto adiposo, con Km=5 mM che trasportano glucosio all’interno delle cellule sotto la regolazione dell’insulina ematica, che ne promuove la trascrizione genica GLUT 5: trasportatore intestinale (tenue) del fruttosio

Le cellule neoplastiche sono in grado di riprodursi e sostenere l’ipossia metabolica durante il processo di angiogenesi grazie all’ottimizzazione della glicolisi e dell’assorbimento di glucosio indotto dal fattore HIF 1 (fattore indotto dall’ipossia) che promuove la trascrizione genica di enzimi glicolitici, GLUT e VEGF

METABOLISMO FRUTTOSIO Il fruttosio può entrare nella glicolisi attraverso due strade, a seconda che venga fosforilato su C1 o C6 o FEGATO E MUSCOLI: il fruttosio non viene fosforilato dall’esochinasi per una significativa inibizione che predilige la fosforilazione del glucosio, pertanto deve intervenire uno specifico enzima ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯

+

⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ o

TESSUTO ADIPOSO: l’esochinasi predilige il glucosio di un fattore 20x ma non vi sono significate inibizioni che impediscano all’enzima di fosforilare il fruttosio su C6 trasportandolo all’interno del percorso glicolitico; ciò rende il tessuto adiposo particolarmente sensibile alla presenza di fruttosio ematico.

METABOLISMO GALATTOSIO Il galattosio è una molecola altamente tossica se non viene convertita in glucosio e determina Galattosemia in quei soggetti che per una mutazione ereditaria sono privi dell’enzima transferasi (vedi dopo), con il sopraggiungere in età perinatale di sintomatologia clinica invalidante (danni mentali, sintomi gastroenterici, epatomegalia) accompagnati da prognosi povera. La conversione del Gal a Glu ha un percorso metabolico ciclico caratterizzato dall’intermedio metabolico UDP-Glucosio rigenerato continuamente. ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ +

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+

L’intermedio UDP – Glucosio viene rigenerato attraverso l’epimerizzazione della molecola di UDP – Gal −

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La molecola di glucosio ottenuta viene trasformata a glucosio 6P ed entra nel percorso glicolitico ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ L’assenza dell’enzima Gal 1P UDP transferasi provoca l’accumulo tossico di galattosio menzionato in precedenza.


GLUCONEOGENESI Via metabolica che sintetizza una molecola di glucosio a partire da precursori non saccaridi quando le riserve di questo non sono sufficienti a soddisfare le esigenze metaboliche dell’organismo e soprattutto di organi/tessuti il cui metabolismo dipende essenzialmente o quasi dal glucosio (cervello, globuli rossi). Il processo avviene in prevalenza nel fegato ed in parte ridotta nei reni, nel cervello, nel muscolo scheletrico/cardiaco, in modo tale da mantenere una glicemia costante nel tempo. o FABBISOGNO GIORNALIERO CORPOREO: 160g (120g diretti al cervello) o SCORTE DISPONIBILI DIRETTAMENTE: 20g (liquidi) e 190g (glicogeno) E’ evidente come le scorte corporee possano soddisfare le esigenze metaboliche per un giorno e poco più; in assenza di dieta adeguata il glucosio viene sintetizzato da precursori non saccaridi. o LATTATO: composto inerte da un punto di vista metabolico, deve essere riconvertito in piruvato affinchè possa essere utilizzabile; la conversione è da parte dell’enzima LATTATO DEIDROGENASI o AMMINOACIDI: vengono trasformati in piruvato od ossalacetato o GLICEROLO: deriva dall’idrolisi dei trigliceridi ed entra nella glicolisi sotto forma di DHAP, previa: ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯

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Gli enzimi caratterizzanti la Gluconeogenesi sono preposti ad annullare il lavoro compiuto dagli enzimi caratterizzanti la glicolisi, mediante reazione inversa ma non reversibile (ossia entrambi le classi di enzimi caratterizzanti catalizzano una reazione irreversibile e per tanto la direzionalità del percorso metabolico oscilla in funzione delle condizioni ambientali).

ENZIMA – PIRUVATO CARBOSSILASI catalizza la trasformazione del piruvato ad oxaloacetato e richiede l’intervento della vitamina Biotina e dell’Acetil CoA perché questo possa verificarsi + + 2+ 2 ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ + + +2 La reazione di carbossilazione avviene in tre fasi: 1. CARBOSSIFOSFATO: attivazione della CO2 a carbossifosfato mediante l’utilizzo di una molecola di ATP 2+ → + 2. INTERMEDIO CARBOSSIBIOTINA – ENZIMA: necessita perché possa avvenire del legame enzima – Acetil CoA (attivatore allosterico); la reazione comporta l’aggiunta su N1 della CO2 attivata; la biotina è collegata all’enzima da una lunga catena flessibile che le permette di ruotare su se stessa posizionandosi sui siti attivi delle molecole donatrici/bersaglio 3. OXALOACETATO: formazione di oxaloacetato per aggiunta di CO2 attivata sul carbonio 3 La seconda fase caratteristica della gluconeogenesi

ENZIMA – FOSFOENOLPIRUVATO CHINASI Viene rimosso il gruppo CO2 aggiunto in precedenza e viene utilizzata una molecola di GTP per ottenere PEP; a differenza della glicolisi, dove la presenza del P bloccava la forma enolica e trainava la reazione, nella reazione descritta è la decarbossilazione a guidare la reazione chimica endorgonica.

ENZIMA – FRUTTOSIO 1,6 BIFOSFATASI Enzima che catalizza la rimozione del fosfato al gruppo 1 e che costituisce un buon punto di controllo della gluconeogenesi essendo attivata da aumenti di ATP, citrato e glucagone, mentre viene inibita da aumenti di AMP ed insulina.

ENZIMA – GLUCOSIO 6 FOSFATASI Enzima molto specifico presente solo in sede di gluconeogenesi che permette la formazione di glucosio puro; normalmente il processo termina con la formazione di Glu 6P ed il suo utilizzo metabolico in modo che non possa oltrepassare la membrana; la conversione epatica avviene all’interno del RE in quanto l’enzima è sulla membrana.


La gluconeogenesi non è l’inverso della glicolisi in quanto non tutti gli enzimi sono in comune e le formule stechiometriche sono ben diverse o BILANCIO ENERGETICO: la glicolisi produce due molecole di ATP per molecola di glucosio come guadagno netto per la cellula ed un bilancio termodinamicamente favorito; la gluconeogenesi richiede l’intervento di 6 gruppi fosfato ad alto potenziale di trasferimento affinché un processo sfavorito da un punto di vista termodinamico possa avvenire Se entrambe le vie fossero attivate contemporaneamente il saldo energetico cellulare sarebbe in negativo (-4 ATP per molecola di glucosio) pertanto il controllo di specifici enzimi fa si che le due vie non vengano a sovrapporsi: la velocità di glicolisi è prevalentemente determinata dal bilancio energetico cellulare, mentre il tasso di gluconeogenesi è in funzione dell’accumulo di precursori metabolici e lattato. o CONTROLLO PFK / FRU 1,6 BIFOSFATASI: il controllo è a carico di FATTORE AMP ATP / CITRATO FRUTTOSIO 2,6 BP

FOSFOFRUTTOCHINASI Attivatore Inibitore Attivatore

FRUTTOSIO 1,6 BIFOSFATASI Inibitore Attivatore Inibitore

La glicolisi è promossa tutte le volte in cui manca ATP o substrati per il metabolismo cellulare ed il ciclo di Crebs mentre la gluconeogenesi è promossa in condizioni di abbondanza di ATP e di substrati cellulari; sicuramente una condizione di carenza energetica non promuove un processo con bilancio energetico negativo, così come non lo promuove una riduzione degli intermedi biosintetici cellulari.  DIGIUNO: la glicemia scende  produzione di Glucagone  Inibizione PFK2 ed attivazione fosfatasi  diminuzione Fruttosio 1,6 BP  inibizione glicolisi (blocco PFK) e promozione gluconeogenesi (Fruttosio 1,6 bifosfatasi) affinchè si produca glucosio per sostenere il metabolismo cerebrale.  POST-PASTO: la glicemia sale  produzione Insulina  Attivazione PFK2 ed inibizione fosfatasi  Aumento Fru 1,6BP e glucosio 6P intracellulare  promozione glicolisi ed inibizione gluconeogenesi (c’è già tanto glucosio è inutile produrne altro) o CONTROLLO PIRUVATO CHINASI / PIRUVATO CARBOSSILASI: il controllo è in funzione di FATTORE ADP ATP / ALANINA FRUTTOSIO 1,6 BP ACETIL-COA

PIRUVATO CHINASI Nd (presumibilmente attivatore) Inibitore Attivatore Nd (presumibilmente inibitore)

PIRUVATO CARBOSSILASI Inibitore Nd (presumibilmente attivatore) Nd (presumibilmente inibitore) Attivatore

Uno stato energetico elevato reprime la glicolisi mentre un’abbondanza di precursori dell’ATP inibisce la gluconeogenesi. A livello ormonale troviamo che il glucagone e l’insulina vadano ad agire con modifiche trascrizionali  INSULINA: promuove l’espressione di PFK, PFK2 e piruvato chinasi (enzimi chiave della glicolisi)  GLUCAGONE: promuove l’espressione di PEP carbossichinasi e Fruttosio 1,6 Bifosfatasi, agando a livello del promotore x il primo enzima. CICLI DI SUBSTRATO: sono reazioni cicliche di fosforilazione e de fosforilazione dello stesso substrato al fine di amplificare i segnali metabolici e produrre calore (aumento e riduzione del 20% rispettivi enzimi -> modifica del 300% del substrato a favore dell’enzima promosso). Un esempio è costituito dal ciclo Fruttosio 1,6 fosfato ↔ Fruttosio 6 fosfato, che in alcuni insetti serve per la produzione di calore. CICLO DEL LATTATO: il lattato è una sorta di stop metabolico, una molecola prodotta esclusivamente per rigenerare il NADH in seguito a riduzione della concentrazione di ossigeno intracellulare durante sforzi prolungati; serve per prendere tempo e mantenere la glicolisi attiva, spostando parte del lavoro in sede successiva. Il rapporto citoplasmatico NADH/NAD+ esprime bene lo stato metabolico cellulare in quando un rapporto alto identifica una cellula in affanno dove probabilmente il lattato è abbondante e fuoriesce nel torrente ematico, andando a fungere da substrato metabolico per altri organi (vedi cuore), mentre un rapporto tendenzialmente basso identifica una cellula con buone riserve energetiche dove la riconversione del lattato è in opera e questo favorisce un rientro di questo dal torrente ematico e la sua successiva metabolizzazione.


CICLO DEI PENTOSI FOSFATI La necessità da parte della cellula di disporre di cofattori ridotti per le sintesi riduttive (NADPH è richiesto per sintesi acidi grassi, colesterolo, neurotrasmettitori, nucleotidi e nei processi di disintossicazione quali riduzione del glutatione ossidato e citocromo P450 ossigenasi) è stata associata al rifornimento di zuccheri pentosi, che vengono utilizzati nella sintesi di una gran varietà di molecole (sintesi di RNA, DNA, ATP, NADH, FAD, CoA), in un unico processo detto ciclo del pentosio fosfato, alternativo alla glicolisi. Si compone di due fasi successive o FASE OSSIDATIVA: deputata alla formazione di 2 molecole di NADPH ed alla conversione ossidativa di una molecola di glucosio 6P ad una molecola di Ribosio 5P. La fase ossidativa prevede la seguenti reazioni concatenate 1. ENZIMA – GLUCOSIO 6P DEIDROGENASI: riduce il glucosio a lattone (estere ciclico) formando il 6P Gluconodelta – lattone, per ossidazione del gruppo idrossilico al C1; enzima chiave nel controllo del ciclo, necessita per funzionare del coenzima NADP+ e viene inibito da concentrazioni elevate di NADPH (in tal modo viene prodotto NADPH solo al bisogno, ossia quando NADP aumenta per utilizzo delle scorte bioriduttive) 2. ENZIMA – LATTONASI: il lattone viene idrolizzato a formare l’idrossi acido 6P gluconato. 3. ENZIMA – 6P GLUCONATO DEIDROGENASI: decarbossilazione ossidativa del C1 e C3 a formare uno zucchero chetoso a 5C quale L-5P-Ribulosio 4. ENZIMA – FOSFOPENTOSI ISOMERASI: trasforma 5P Ribulosio in 5P Ribosio (la funzione aldeidica passa su C1, mentre il gruppo idrossilico su C2) per il suo utilizzo successivo. 5. ENZIMA – FOSFOPENTOSI EPIMERASI: trasforma il 5P ribulosio in 5P Xilulosio, punto di partenza per la seconda fase del ciclo. La seconda fase del ciclo utilizza Xilulosio come donatore di unità carboniose e Ribosio per formare in tappe successive zuccheri a 6 e 3 atomi di carbonio. o FASE NON OSSIDATIVA: comporta l’interconversione di zuccheri da 5C a 6C, passando attraverso intermedi a 3,4,7C, collegando di fatto la via dei pentosi fosfato alla glicolisi/gluconeogenesi. La fase non ossidativa si compone delle seguenti reazioni concatenate 1. ENZIMA – TRANSCHETONASI: catalizza la reazione fra Ribosio 5P e Xilulosio 5P a formare Septulosio 7P e GAP 2. ENZIMA – TRANSALDOLASI: catalizza la reazione fra Septulosio 7P e GAP a formare Fruttosio 6P e Eritrosio 4P 3. ENZIMA – TRANSCHETONASI: catalizza la reazione fra Eritrosio 4P ed una nuova molecola di Xilulosio 5P a formare Fruttosio 6P e GAP la stechiometria della reazione prevede in sintesi +

↔ ↔

+ +

CONTROLLO CICLO DEI PENTOSI FOSFATO CONTROLLO FASE OSSIDATIVA: La velocità di questa via metabolica è principalmente controllata dalla concentrazione citoplasmatica di NADP+ citosolica in quanto coenzima necessario per la prima reazione di deidrogenazione, sostanzialmente irreversibile. Siccome nel citoplasma abbondano le scorte di NADPH impegnate nelle sintesi riduttive, il rapporto NADPH/NADP+ sarà alto, in contrasto con il basso rapporto NADH/NAD+ necessario per i processi degradativi ossidativi del citoplasma, e l’enzima Glu 6P deidrogenasi rimarrà sostanzialmente inattivo (anche per la competizione negativa del NADPH al sito di legame del NADP+) fino a quando le riserve non verranno impegnate nelle biosintesi aumentando la concentrazione di NADP+ libere nel citosol, attivando per tanto l’enzima; appare quindi ovvio che il NADPH venga prodotto solo al momento del suo bisogno.


CONTROLLO FASE NON OSSIDATIVA: è sostanzialmente controllata in base alla disponibilità del substrato; se mancano zuccheri a 5C per la sintesi degli acidi nucleici in cellule in rapido sviluppo, gli intermedi a 6 e 3C della glicolisi verranno convertiti in 5C, mentre succederà l’opposto in caso di accumulo di ribosio dalla via dei pentosi fosfato. o ESEMPIO CONTROLLO – NECESSITA’ DI RIBOSIO FOSFATO In una cellula in rapida divisione e sviluppo la sintesi degli acidi nucleici richiede grandi quantità di precursori glucidici a 5C, per tanto gli intermedi GAP e Fruttosio 6P vengono convertiti a ritroso fino a Ribosio 5P o ESEMPIO CONTROLLO – NECESSITA’ DI RIBOSIO FOSFATO E NADPH La via dei pentosi fosfato fornisce entrambi i prodotti o ESEMPIO CONTROLLO – NECESSITA’ DI NADPH Nelle cellule dove si sintetizzano acidi grassi, colesterolo o suoi derivati (Fegato, Grasso, Surreni, Gonadi) e nelle cellule sottoposte a stress ossidativo per contatto diretto con O2 (cornea, cristallino ed eritrociti) servono grandi quantità di NADPH e si ottengono processando molecole di glucosio 6P nella via dei pentosi fosfati per consegnarli come intermedi della gluconeogenesi e riformare il glucosio di partenza. o ESEMPIO CONTROLLO – NECESSITA’ DI NADPH ED ATP La via dei pentosi fosfato produce NADPH e consegna gli zuccheri a 3 e 6C alla glicolisi che li processa fino alla completa ossidazione a CO2 ed H2O generando grazie alla fosforilazione ossidativa una gran quantità di ATP.

GLUTATIONE Glutatione è un tripeptide formato da glutammato, cisteina e glicina che contenendo un gruppo sulfidrilico libero nella sua forma ridotta è necessario per combattere lo stress ossidativo nelle cellule animali, specialmente nelle cellule prive di altri mezzi di protezione come gli eritrociti (privi di mitocondri). Svolge un ruolo fondamentale nella disintossicazione reagendo con il perossido di idrogeno e perossidi organici prodotti dal metabolismo. o GSH – FORMA RIDOTTA: combatte lo stress ossidativo, funge da tampone sulfidrile che mantiene i residui di cisteina delle proteine (emoglobina in primis) nello stato ridotto o GSSG – FORMA OSSIDATA: viene rigenerata dall’enzima Glutatione reduttasi e dal coenzima NADPH; gli elettroni dal NADPH vengono trasferiti al FAD presente sulla reduttasi e successivamente a due residui di cisteina presente sulla superficie dell’enzima per poi andare a ridurre la forma ossidata del glutatione. +

+

+

Il glutatione viene utilizzato per rigenerare l’enzima responsabile della riduzione dei perossidi organici, il GLUTATIONE PEROSSIDASI, che possiede un centro di selenio che reagendo con il substrato nocivo si ossida da senolato ad acido selenico; una molecola di GSH reagisce con questo a formare un addotto selenosulfide che viene ridotto da una seconda molecola di GHS che si ossidato a GSSG. Un decifit di Glucosio 6P deidrogenasi riduce notevolmente il rapporto NADPH/NADP+ e conseguentemente abbassa anche il rapporto GSH/GSSG, aumentando in modo importante la vulnerabilità agli stress ossidativi del soggetto, soprattutto a livello eritrocitico dove i perossidi formati non vengono eliminati dall’azione del glutatione e possono danneggiare la struttura delle membrane ed i gruppi sulfidrilici dell’emoglobina (Corpi di Heinz) causando emolisi. o ANEMIA EMOLITICA FARMACO INDOTTA: la carenza ereditaria di questo enzima provoca nei soggetti trattati con PRIMACHINA, farmaco antimalarico che indice stress ossidativo all’agente patogeno, un’importante anemia emolitica che conduce a morte se non trattata in tempo. o VANTAGGIO SELETTIVO ALLA MALARIA: i parassiti della malaria necessitano di GSH e prodotti dalla via dei pentosi fosfato per la crescita ottimale.


METABOLISMO DEL GLICOGENO Polisaccaride costituito da unità di glucosio unite in modo covalente fra loro da legami 1,4 alfa glicosidici con ramificazioni ogni 8-12 residui tramite legami 1,6 alfa glicosidici; fornisce meno energia rispetto agli acidi grassi in quanto possiede atomi di carbonio meno ridotti, ma va a costituire fino al 10% del peso del fegato e fino all’1-2% della massa muscolare. La sua degradazione controllata durante i periodi di digiuno permette di mantenere una glicemia costante e il corretto rifornimento di quegli organi che basano il loro metabolismo sul glucosio ematico. o FEGATO: granuli di glicogeno, fino al 10% della massa, la sintesi e la degradazione sono regolati per mantenere l’omeostasi del glucosio nel sangue. o MUSCOLO: riserva a breve termine per sostenere il metabolismo durante lo sforzo. DEGRADAZIONE DEL GLICOGENO Il processo di degradazione avviene in 3 fasi successive 1. ENZIMA – FOSFORILASI: catalizza una particolare reazione detta “fosforo lisi” dove un gruppo orto fosfato inorganico taglia e sostituisce un legame 1,4 glicosidico di un’estremità non riducente, accorciando la catena di glicogeno e liberando una molecola di glucosio 1P. Importante sottolineare che in tal modo il glucosio è già fosforilato e non può uscire dalla cellula. Nonostante l’equilibrio della reazione sia vicino ad 1, la reazione procede verso la rottura del legame in quanto il rapporto Pi/Glu 1P è molto a favore dell’ortofosfato. 2. ENZIMA – FOSFOGLUCOMUTASI: analogo alla fosfoglicerato mutasi glicolitica e ritrovato nel metabolismo del galattosio, l’enzima partecipa alla reazione andando a spostare il gruppo fosfato dal C1 al C6, formando glucosio 6P. Il residuo impegnato dell’enzima è di serina 3. ENZIMA – TRANSFERASI + 1,6 ALFA GLICOSILASI: doppia attività enzimatica presente su un’unica catena polipeptidica bi funzionale che si occupa delle ramificazione 1,6 non scindibili dalla fosforilasi; questa si ferma 4 residui prima del legame 1,6 e l’attività trasferasica sposta i 3 residui a monte della ramificazione a livello di un’estremità riducente (accessibile alla fosforilasi), mentre l’attività glicositica idrolizza il legame alfa1,6 producendo Glucosio che deve essere fosforilato a glucosio 6P dall’esochinasi (spesa energetica). Inoltre il fegato contiene un quarto enzima, deputato alla liberazione del glucosio nel sangue, già incontrato al termine della gluconeogenesi 4. ENZIMA – GLUCOSIO 6P FOSFATASI: enzima idrolitico che rimuove il gruppo 6P dal Glu 6P in modo che questo possa essere introdotto in circolo per mantenere l’omeostasi della glicemia; l’enzima è presente a livello del lato luminare del RE ed una coppia di trasportatori media il passaggio dei prodotti verso il citoplasma. ENZIMA – GLICOGENO FOSFORILASI o STRUTTURA: omodimero, ciascuno dei quali contiene un coenzima Piridossal-Fosfato (PLP) che funge da catalizzatore acido base promuovendo l’attacco dell’ortofosfato inorganico al legame glicosidico da scindere. Il sito di legame del glucosio si trova a 30 A dal sito catalitico ma è collegato a questo attraverso una fessura idrofobica in modo che l’enzima possa processare 4-5 residui di glucosio senza doversi mai staccare. o REAZIONE: la reazione di fosforo lisi è particolare in quanto deve risparmiare l’ATP che verrebbe speso in successione ad una scissione idrolitica, per tanto l’acqua deve restare esclusa dal sito attivo; un attacco diretto del fosfato al C1 del residuo da scindere cambierebbe la configurazione del carbonio da alfa (legame sotto il piano dell’anello) a beta, per tanto si rende necessaria la formazione di un carbocatione che si viene a formare nel seguente modo


o

1. L’ortofosfato dona un protone all’ossigeno del legame glicosidico che si scinde lasciando il C1 del residuo da staccare carico positivamente 2. L’ortofosfato sottrae un protone al PLP in modo da favorire l’attacco al carbocatione 3. L’ortofosfato si lega al C1 in posizione alfa e viene restituito il protone al PLP ISOFORME E CONTROLLO: esistono due forme di enzima, una a livello del fegato ed una a livello dei muscoli, con una regolazione diversa in quanto i due organi sono preposti a funzioni diverse (il fegato deve pensare a tutto il corpo e non usa glucosio come prima fonte di carburante). 1. FOSFORILASI MUSCOLARE: esiste in duplice isoforma, A e B; l’isoforma A è normalmente nella sua forma attiva (stato R) e non viene regolata per controllo allosterico, quanto più trascrizionale, venendo espressa nello sforzo e non a riposo. L’isoforma B è normalmente inattiva (stato T) ma espressa a riposo, attivata da aumenti di AMP ed inattivata da aumenti di ATP e glucosio. 2. FOSFORILASI EPATICA: esiste in duplice isoforma, A e B; l’isoforma A è soggetta alla transizione T-R e viene regolata in funzione della glicemia (iperglicemia inibisce, ipoglicemia attiva), non essendo il fegato soggetto a grandi cambiamenti della carica energetica interna (non dipende dal glucosio quanto dagli acidi grassi).

ENZIMA – GLICOGENO FOSFORILASI CHINASI o STRUTTURA: tetramero composto da una sub unità catalitica (gamma) e da tre sub unità regolatorie, alfa (soggetta a fosforilazione pre-inibitoria), beta (soggetta a fosforilazione) e sigma (calmodulina). o REAZIONE: punto di controllo della glicogeno fosforilasi, integra i segnali trasduttivi ormonali al controllo della sintesi e degradazione del glicogeno; viene attivata da fosforilazione PKA mediata sulla sub unità beta e da aumenti di calcio percepiti dalla sub unità sigma. Inoltre un gruppo fosfato viene aggiunto dalla PKA alla sub unità alfa e questo aiuta la fosfatasi specifica a rimuovere il fosfato dalla sub unità beta, disattivando l’enzima. o ISOFORME E CONTROLLO: viene attivata in seguito a stimoli trasduttivi operati dagli ormoni Adrenalina e Glucagone, principalmente a livello dei muscoli e del fegato rispettivamente. 1. ADRENALINA: attiva sia la via del cAMP (recettori beta adrenergici) sia la via del IP3 (recettori alfa adrenergici), portando alla massima attivazione (PKA + calcio) della fosforilasi chinasI; agisce principalmente a livello muscolare e contribuisce a livello epatico con gli alfa 2. GLUCAGONE: rilasciato quando la glicemia è bassa attiva la PKA attraverso la via del cAMP ed in sinergia all’adrenalina ottiene il massimo effetto sulla mobilitazione del glicogeno. ENZIMA – PROTEINA FOSFATASI 1 (PP1) Enzima preposto all’inibizione della glicogeno fosforilasi chinasi, tramite rimozione del gruppo fosfato presente sulla sub unità beta dell’enzima; svolge un ruolo opposto alla PKA e lavora meglio quando il suo substrato è fosforilato sulla sub unità alfa. SINTESI DEL GLICOGENO Il processo di sintesi del glicogeno avviene in tre tappe, sfruttando UDP glucosio come donatore di residui di glucosio attivati, a partire da un primer che funge da innesco per i successivi enzimi e prende il nome di GLICOGENINA, una proteina composta da due sub unità identiche, ciascuna delle quali recante un oligosaccaride, formate dalla successiva aggiunta di otto residui di glucosio da parte di ciascuna catena di glicogenina al proprio partner (processo di autoglicosilazione); il residuo riducente di ciascuna catena è covalentemente unito al gruppo fenolico di una tirosina specifica delle due sub unità.


1. ENZIMA – UDP GLUCOSIO PIROFOSFORILASI: catalizza la formazione di UDP glucosio a partire da Glucosio 1P e Uridina tri-fosfato, grazie alla successiva idrolisi irreversibile del gruppo PP liberato dalla reazione, che trascina una reazione altrimenti facilmente reversibile 2. ENZIMA – GLICOGENO SINTETASI: catalizza l’aggiunta di nove residui di glucosio da UDP glucosio alla catena nascente di glicogeno attraverso la formazione di un legame alfa 1,4 glicosidico fra il gruppo ossidrilico del C4 ed il C1 del residuo glucosidico. L’enzima può procedere solo se la catena da allungare possiede almeno 4 residuo di glucosio, fatto che rende necessario l’intervento del primer Glicogenina per la sintesi da novo di catene di glicogeno. o REGOLAZIONE: la fosforilazione da parte della PKA sposta l’equilibrio verso lo stato T (forma B) normalmente inattiva, che necessita di alte concentrazioni GLu6P per funzionare. 3. ENZIMA – ENZIMA RAMIFICANTE: catalizza la formazione di legami alfa 1,6 glicosidici trasferendo una catena di residui da una posizione centrale ad una più periferica sfruttando il proprio residuo di Aspartato interno in grado di legare transitoriamente i residui glucosidici e poi donarli al residuo coinvolto nella ramificazione. L’enzima è piuttosto selettivo nelle catene da traslocare in quanto queste devono essere di circa 7 residui su una catena lunga almeno 11 e vengono aggiunte ad una catena ad una distanza di almeno 4 residui da una precedente ramificazione. L’importanza delle ramificazione è enorme in quanto permette una migliore idratazione della molecola, aumentandone la solubilità nel citosol ed aumenta i siti d’interazione per gli enzimi degradativi/anabolici. RUOLO DI PKA E PP1 I due enzima cellulari rappresentano i punti di modulazione ed integrazione fra attività di sintesi e degradative nel metabolismo del glicogeno. o PROTEIN KINASI A – PKA: tramite fosforilazione attiva la Glicogeno Fosforilasi Chinasi ed inibisce la Glicogeno Sintetasi, promuovendo la degradazione del glicogeno e riducendone la sintesi; viene attivata da Glucagone ed Adrenalina o PROTEIN FOSFATASI 1 – PP1: rimuove i gruppi fosfati aggiunti dalla PKA, attivando la sintesi e riducendo la degradazione; possiede una sub unità detta RGI che è sotto il controllo dell’insulina tramite fosforilazione, che aumenta l’affinità della fosfatasi per i suoi substrati e per il glicogeno. RENDIMENTO ENERGETICO GLICOGENO La resa energetica dell’immagazzinamento del glucosio in glicogeno è del 97% con una spesa di una molecola di ATP per ciascun residuo aggiunto alla catena di glucosio pre-esistente (spesa nel rigenerare UTP da UDP dopo aggiunta residuo di glucosio); questa percentuale viene ricavata considerando che dalla successiva degradazione a glucosio 1P, il 90% dei residui viene liberato senza ulteriori spese energetiche grazie alla fosforo lisi, mentre solo un 10% necessita di una fosforilazione a glucosio 6P (deriva dalle ramificazioni); in conclusione se consideriamo che una molecola di Glucosio 6P fornisce ben 31 molecole di ATP e ne impiega poco più di una per il suo immagazzinamento è facile comprendere l’efficienza del procedimento di stoccaggio.


RESPIRAZIONE CELLULARE Processo metabolico cellulare ossigeno dipendente che porta alla completa ossidazione delle macromolecole costituenti la dieta a CO2 ed H2O, con contemporanea produzione di ATP grazie ad un gradiente protonico generato e mantenuto da una catena di trasporto degli elettroni continuamente rifornita da trasportatori ridotti di elettroni. 1. FASE: ossidazione molecole della dieta a frammenti con 2 atomi di carbonio (Acetil-CoA) 2. FASE: ossidazione completa dei frammenti all’interno del ciclo di Krebs, con trasferimento di elettroni a trasportatori attivati 3. FASE: i cofattori ridotti si ossidano rilasciando gli elettroni trasportati alla catena di trasporto degli elettroni che li consegna in ultima fase all’ossigeno molecolare; durante queste redox si rilascia molta energia che viene utilizzata per produrre ATP mantenendo un gradiente protonico a cavallo della membrana mitocondriale interna (FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA) RESPIRAZIONE CELLULARE = CICLO DI KREBS + FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA

PRODUZIONE DI ACETIL-COENZIMA A REAZIONE: decarbossilazione ossidativa ENZIMA: complesso della PIRUVATO DEIDROGENASI (PHD)  complesso multi enzimatico in cui una serie di intermedi chimici rimangono legati alla superficie di molecole enzimatiche fino a che il substrato non è trasformato nel prodotto finale (incanalamento del substrato).  E1 – PIRUVATO DEIDROGENASI: tetramero alfa2 beta2, contiene la TPP  E2 – DIIDROLIPOIL TRANSACETILASI: costituisce il core dell’enzima formato da 8 trimeri organizzati a formare un cubo vuoto; ciascuna delle tre sub unità formanti l’enzima possiede tre domini principali: dominio N terminale è legato al gruppo prostetico lipoato su residuo di Lys, seguito dal dominio centrale di legame per E1-E3 e dal dominio COOH terminale di trans acetilazione. l legame del lipoato all’estremità della catena laterale di un residuo di Lys di E2 produce un braccio lungo e flessibile che si può spostare da un sito attivo di E1 ai siti attivi di E2 ed E3.  E3 – DIIDROLIPOIL DEIDROGENASI: dimero alfa-beta che contiene il FAD o COENZIMI: tiamina pirofosfato (TPP), FAD, Acido lipoico, NAD+ e CoA. o CINETICA: progressi per incanalamento dei substrati, dove gli intermedi della sequenza a molte tappe non si allontanano mai dal complesso e la concentrazione del substrato di E2 viene mantenuta molto alta; la tappa limitante la velocità della reazione è la catalasi operata da TPP. Le reazioni sono ben cinque 1. DECARBOSSILAZIONE PIRUVATO: il legame con TPP avviene in quanto il carbonio fra N ed S è molto acido e cede facilmente uno ione idrogeno, trasformandosi in un carbanione con affinità per il carbonio carbonilico del piruvato; la rottura del doppio legame C=O permette il legame fra le due specie, a cui segue decarbossilazione del gruppo carbossilico e formazione del Idrossi-Etili-TPP catalizzata da E1. La reazione è stabilizzata dall’anello del TPP che funge da dissipatore di elettroni (il carbonio carbonilico mantiene una carica negativa, ossia non si protona a formare idrossietil TPP). 2. OSSIDAZIONE DEL GRUPPO IDROSSI-ETIL: l’ossidazione avviene in seguito a legame con il gruppo prostatico di E2 (lipoato), seppur la reazione sia catalizzata da E1 (diciamo che il braccio mobile di E2 viene solo a prendersi il gruppo senza che vi sia attività enzimatica di E2); l’ossidazione viene fatta sfruttando il legame S-S che si rompe formando acetil-lipoamide. 3. TRASFERIMENTO GRUPPO ACETILE: il gruppo acetile attivato viene ora trasferito al CoA dall’attività enzimatica di E2, formando un legame tio-estere ad alto potenziale di trasferimento. 4. RIGENERAZIONE LIPOATO: la lipoamide deve essere ossidata affinchè il ciclo possa ricominciare e questa reazione è affidata a E3, che sfrutta il suo coenzima FAD per la suddetta ossidazione, per poi cedere gli elettroni ad una molecola di NAD+ in modo da non venir consumato nella reazione; questo trasferimento di elettroni è possibile in quanto il FAD è combinato con l’enzima E3 ed ha potenziale di trasferimento maggiore. o o


CICLO DEGLI ACIDI TRICARBOSSILICI o CICLO DI KREBS Due atomi di carbonio entrano nel ciclo per molecola di piruvato convertita e due molecole di anidride carbonica escono come esito della massima ossidazione; l’energia prodotta viene incanalata in 4 trasportatori di elettroni per 4 coppie di elettroni e 5 ioni idrogeno, con produzione di una sola molecola di GTP/ATP e consumo di 2 moloecole di acqua (fase 1 e 7). − + + + + + → + + + + +

TAPPA 1 – FORMAZIONE DEL CITRATO (C6) REAZIONE: condensazione aldolica di Claisen fra un tioestere (Acetil-CoA) ed un chetone (Ossalacetato), seguita da una disidratazione. o ENZIMA: citrato sintasi: è un dimero composto da due sub unità (una grande ed una piccola) a cavallo delle quali si trova il sito catalitico della reazione. o COENZIMI: nessuno. o ENERGIA DI REAZIONE: fornita dall’idrolisi del legame tioestere (-32 kJ/mol) o CINETICA DI REAZIONE: si lega per primo l’ossalacetato ed in seguito a conformazioni spaziali da questo indotte si può legare l’acetil-CoA; la reazione prevede l’attacco del carbonio metilico del Acetil-CoA sul carbonio carbonilico dell’ossalacetato, con riduzione del gruppo aldeidico ad ossidrilico e formazione di citrato FASE 1 MOLECOLA/E DI PARTENZA MOLECOLA FINALE Formazione di Citrato (C6) Ossalacetato + Acetil-CoA Citrato ENZIMA COENZIMI ENERGIA DI REAZIONE Citrato Sintasi Nessuno -32 kJ/moli o

TAPPA 2 – FORMAZIONE DELL’ISOCITRATO (C6) REAZIONE: disidratazione seguita da nuova idratazione, processo reversibile, predisposizione alla decarbossilazione successiva. o ENZIMA: aconitasi idratasi: proteina ferro-zolfo non incorporati come parte di un gruppo eme, dove un atomo di ferro risulta essere libero e facilita idratazione e disidratazione. o COENZIMI: nessuno o ENERGIA DI REAZIONE: 13,3 kJ/moli o CINETICA DI REAZIONE: avviene una disidratazione fra C2 e C3 (oppure fra C3 e C4 visto che la molecola è simmetrica) con formazione dell’intermedio cis-aconitato (forma disidratata) e successiva idratazione dello stesso legame, con trasferimento del gruppo idrossilico dal C3 al C2 (C4), dal lato opposto rispetto al gruppo carbossilico di C3 (C3 diventa un carbonio stereo centrico). FASE 2 MOLECOLA/E DI PARTENZA MOLECOLA FINALE Formazione dell’Isocitrato (C6) Citrato Isocitrato ENZIMA COENZIMI ENERGIA DI REAZIONE Aconitasi Idratasi Nessuno + 13,3kJ/moli o

TAPPA 3 – FORMAZIONE DELL’ALFA-CHETOGLUTARATO (C5) REAZIONE: decarbossilazione ossidativa ENZIMA: Isocitrato deidrogenasi COENZIMI: NAD+ ENERGIA DI REAZIONE: nd CINETICA DI REAZIONE: avviene l’ossidazione del gruppo idrossilico a gruppo carbonilico che predispone per la decarbossilazione del gruppo carbossilico legato al C3 e successivi riarrangiamenti. Esce il primo atomo di carbonio accompagnato da un NADH ridotto. FASE 3 MOLECOLA/E DI PARTENZA MOLECOLA FINALE Formazione alfa-chetoglutarato (C5) Isocitrato Alfa-chetoglutarato ENZIMA COENZIMI ENERGIA DI REAZIONE Isocitrato deidrogenasi NAD+ Nd o o o o o


TAPPA 4 – FORMAZIONE SUCCINIL–COENZIMA A REAZIONE: decarbossilazione ossidativa ENZIMA: complesso dell’alfa-chetoglutarato deidrogenasi, formato come per il PHD da tre enzimi (E1,E2,E3) quasi del tutto analoghi per struttura e reazioni chimiche. o COENZIMI: TPP, lipoato, FAD, NAD+, CoA o ENERGIA DI REAZIONE: -33,5kJ/mole racchiusi nel legame tioestere o CINETICA DI REAZIONE: avviene in 3 passaggi, rispettivamente decarbossilazione TPP mediata, ossidazione lipoamide mediata e trasferimento al CoA; la successiva rigenerazione della lipoamide prevede l’intervento di FAD e NAD+ come visto in precedenza con formazione di un NADH ridotto. FASE 4 MOLECOLA/E DI PARTENZA MOLECOLA FINALE Formazione Succinil-CoA Alfa-chetoglutarato Succinil-CoA ENZIMA COENZIMI ENERGIA DI REAZIONE Complesso alfa-chetoglutarato TPP, lipoato, FAD, NAD+, CoA -33,5kJ/mol deidrogenasi o o

TAPPA 5 – FORMAZIONE SUCCINATO REAZIONE: idrolisi con trasferimento dell’energia ad un gruppo fosfato ENZIMA: succinil-CoA sintetasi: possiede un residuo di istidina che funge da intermediario nel passaggio dal Succinil-fosfato al GDP/ADP. o COENZIMI: GDP (ADP) o ENERGIA DI REAZIONE: -2,9 kJ/mole provenienti dai 36kJ/mol del legame tioestere del succinil CoA o CINETICA DI REAZIONE: l’energia racchiusa nel legame tioestere è talmente alta (36 kJ/mol) da permettere la formazione un legame fosfoanidride al alta energia con soli 2,9 kJ/moli di energia libera utilizzata; la reazione procede con lo spiazzamento del CoA da parte di un gruppo fosfato inorganico a formare succinil-fosfato legato all’enzima, il passaggio del gruppo fosfato ad un residuo di Hys enzimatico e la successiva cessione dello stesso ad una molecola di GDP o ADP, con rilascio di succinato. FASE 5 MOLECOLA/E DI PARTENZA MOLECOLA FINALE Formazione del succinato Succinil-CoA Succinato ENZIMA COENZIMI ENERGIA DI REAZIONE Succinil-CoA sintetasi GDP/ADP -2,9 kJ/mol o o

PATHWAY METABOLICA – RIGENERAZIONE DEL SUCCINATO Il percorso metabolico rigenerativo del succinato è un motivo metabolico presente anche nella sintesi e degradazione di acidi grassi ed alcuni amminoacidi; un gruppo metilene (CH2) viene convertito a gruppo carbonile attraverso una prima ossidazione, seguita da una fase di idratazione e da una seconda e definitiva ossidazione, a riformare l’ossalacetato di partenza.

TAPPA 6 – FORMAZIONE FUMARATO REAZIONE: ossidazione ENZIMA: succinato deidrogenasi: negli eucarioti fa parte delle proteine della catena respiratoria presente sulla membrana mitocondriale interna ed il trasportatore di elettroni è associato e non si dissocia. o COENZIMI: FAD (non c’è sufficiente potenziale di riduzione per attivare il NAD+) o ENERGIA DI REAZIONE: 0 kJ/mole o CINETICA DI REAZIONE: gli elettroni fluiscono dal succinato al FAD, riducendolo a FADH2 e successivamente ai centri ferro-zolfo dell’enzima prima di proseguire nella catena di trasporto degli elettroni. Il fumarato presenta configurazione in trans. FASE 6 MOLECOLA/E DI PARTENZA MOLECOLA FINALE Formazione Fumarato Succinato Fumarato ENZIMA COENZIMI ENERGIA DI REAZIONE Succinato deidrogenasi FAD 0 kJ/moli o o


TAPPA 7 – FORMAZIONE MALATO o o o o o

REAZIONE: idratazione ENZIMA: Fumarasi idratasi: enzima stereospecifico per l’aggiunta del gruppo idrossilico solo all’isomero L COENZIMI: nessuno ENERGIA DI REAZIONE: -3,8 kJ/moli CINETICA DI REAZIONE: l’aggiunta al doppio legame è stereospecifica e avviene solo a formare l’isomero L (l’OH si trova a sinistra del C2)

FASE 7 Formazione malato ENZIMA Fumarato Idratasi

MOLECOLA/E DI PARTENZA Fumarato COENZIMI Nessuno

MOLECOLA FINALE Malato ENERGIA DI REAZIONE -3,8 kJ/mole

TAPPA 8 – FORMAZIONE OSSALACETATO o o o o o

REAZIONE: ossidazione gruppo idrossilico ENZIMA: Malato deidrogenasi; la reazione è spostata normalmente verso i reagenti ed accoppiata alla reazione fortemente esorgonica della citrato sintasi mantiene bassa la concentrazione di ossalacetato. COENZIMI: NAD+ ENERGIA DI REAZIONE: nd CINETICA DI REAZIONE: Il gruppo idrossilico sul C2 viene ossidato a gruppo carbonilico in modo da rigenerare l’ossalacetato impiegato nel ciclo precedente.

FASE 8 Formazione Ossalacetato ENZIMA Malato deidrogenasi

MOLECOLA/E DI PARTENZA Malato COENZIMI NAD+

MOLECOLA FINALE Ossalacetato ENERGIA DI REAZIONE Nd

CONTROLLO DEL CICLO DI KREBS Il controllo del ciclo, inteso come controllo della velocità del flusso attraverso il ciclo reattivo, è regolato da tre fattori quali disponibilità di substrato, inibizione da accumulo di prodotti ed inibizione allosterica a feedback negativo su enzimi a monte. La regolazione avviene a livello del passaggio irreversibile fra Piruvato ed Acetil-CoA e le tre principali reazioni esorgoniche del ciclo, catalizzate rispettivamente dalla citrato sintasi, isocitrato deidrogenasi e alfachetoglutarato deidrogenasi. Inoltre anche il controllo operato sull’enzima piruvato carbossilasi è fondamentale. o

PIRUVATO DEIDROGENASI: è il punto di controllo più sviluppato, dove si riscontrano controlli allosterici e covalenti. Il destino dell’Acetil-CoA sintetizzato è rivolto verso il ciclo di Krebs o verso la sintesi dei lipidi, in quanto la reazione inversa non è possibile nei mammiferi.  CONTROLLO ALLOSTERICO: è in funzione del rapporto ATP/AMP, NADH/NAD+ e Acetil-CoA/CoA, che indica il bilancio energetico della cellula e la disponibilità di precursori per il ciclo stesso. Rapporti elevati inibiscono allostericamente l’enzima, mentre rapporti bassi vanno ad aumentarne l’azione.  CONTROLLO COVALENTE: il PHD possiede due proteine regolatorie che quando fosforilate inibiscono l’attività enzimatica, pertanto esiste una chinasi inibitrice ed una fosfatasi attivatoria; la prima è attivata da alti rapporti allosterici e dal glucagone, mentre la seconda opera in solitudine in casi di bassi rapporti allosterici (la chinasi non è attiva) ed è potenziata da aumenti del Calcio mitocondriale (stimolazione simpatica), dall’ADH e dall’insulina.

o

ENZIMI DEL CICLO: specificatamente Citrato sintasi, Isocitrato deidrogenasi e alfa chetoglutarato deidrogenasi, sono attivate da AMP e NAD+, mentre sono inibite dall’accumulo dei propri prodotti e dall’aumentata concentrazione cellulare di ATP


o

PIRUVATO CARBOSSILASI: visto che il ciclo è fonte di precursori delle vie sintetiche e non solo degradative, è forte il rischio che l’ossalacetato (impiegato nella sintesi di amminoacidi) possa esaurirsi ed il ciclo fermarsi di conseguenza; l’enzima catalizza l’aggiunta di una molecola di CO2 attivata al gruppo metilico C3 in modo reversibile, in funzione dell’accumulo di combustibile del ciclo e dello stato energetico cellulare. ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ L’enzima è attivo solo in presenza di Acetil-CoA, che accumulandosi indica la necessità di aumentare l’ossalacetato a disposizione del ciclo di Krebs (ricordiamo che la produzione di Acetil-CoA è in funzione dello stato energetico della cellula e che quindi non dovrebbe accumularsi). In presenza di ATP l’ossalacetato viene indirizzato verso la gluconeogenesi, mentre in assenza viene indirizzato come costituente del ciclo di Krebs; una diminuzione dell’ATP accompagnata ad un aumento del Acetil-CoA indica che il ciclo è fermo o procede a rilento ed il carburante si accumula, di conseguenza l’enzima è attivato.

PATOLOGIA – BERI BERI Patologia a sintomatologia neurologica e cardiovascolare caratterizzata da un deficit di vitamina B1 in seguito ad assenza dalla dieta o per alterazioni del normale metabolismo/quantità richiesta (vedi casi di alcolismo, ipertiroidismo, febbre, gravidanza o allattamento); la sintomatologia può essere spiegata comprendendo il fatto che in assenza di vitamina B1 non può esser sintetizzato TPP che partecipa alle reazioni di decarbossilazione del complesso PDH, alfa chetoglutarato deidrogenasi e delle transchetolasi (trasporto funzioni aldeidiche nella via dei pentosi fosfato), causando il blocco del metabolismo del glucosio in organi, quali il SNC, che funzionano prettamente a glucosio.

PATOLOGIA – AVVELENAMENTO DA MERCURIO/ARSENICO I due elementi si legano con alta affinità ai gruppi sulfidricili di molti coenzimi, fra i quali lipoato, causando il blocco dei sopracitati enzimi del ciclo di Krebs e sintomi analoghi al beri-beri; il trattamento con 2,3 dimercaptopropanolo, un reagente surfidrile che va in competizione per il legame con i metalli, è la terapia consigliata.


FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA Processo successivo al ciclo di Krebs grazie al quale il potenziale riduttivo contenuto nei trasportatori di elettroni provenienti dal ciclo, viene ceduto a tappe successive ad una catena di trasporto presente sulla membrana mitocondriale interna (MMI) ed utilizzato per generare un concomitante potenziale elettrochimico grazie alla compartimentazione di ioni idrogeno nello spazio intermembrana, potenziale che servirà in ultima analisi alla produzione di ATP da parte della stessa MMI. Il processo avviene nei mitocondri e si accompagna alla riduzione dell’ossigeno molecolare in acqua, con un rifornimento di elettroni da parte di NADH e FADH2 indipendente dall’esposizione alla luce solare. o TEORIA CHEMIOSMOTICA: ipotesi formulata nel 1961 che afferma che la trasduzione energetica avvenga attraverso la creazione di gradienti protonici trans membrana. Il compartimento mitocondriale è formato da due membrane biologiche, distinte per composizione e funzione o MEMBRANA MITOCONDRIALE ESTERNA (MME): presenta dei canali detti Porine che fanno passare ioni e molecole di piccola dimensione. o MEMBRANA MITOCONDRIALE INTERNA (MMI): presenta una composizione proteica che impedisce il passaggio a quasi tutte le molecole sprovviste di specifici carrier (ATP, piruvato, citrato) garantendo una divisione netta fra gli intermedi e gli enzimi citosolici da quelli mitocondriali (tutti i processi ossidativi avvengono nella matrice mitocondriale ad eccezione della glicolisi); per comodità si distinguono anche un lato N (negativo = matrice) ed un lato P (positivo = spazio intermembrana). Il ruolo del ciclo dell’acido citrico non è tanto quello di produrre direttamente ATP (1 sola molecola contro le 2 nette della glicolisi), quanto più trasferire elettroni ad alto potenziale verso la via fosforilativa, grazie a trasportatori attivati o NADH: preleva dal substrato due elettroni e due ioni idrogeno, per cedere uno ione idruro (2 elettroni e 1 protone) all’accettore e liberare un protone nella matrice. o FADH2: preleva due elettroni e due protoni dal substrato e li cede all’accettore ed è importante perché può sussistere sia nelle classiche forme ridotte ed ossidate, ma anche nella forma semichinonica, ossia accettando un solo elettrone; viene normalmente utilizzato quando il potenziale di riduzione della reazione catalizzata non è sufficiente a ridurre il NAD+, seppur il suo potenziale di trasferimento sia in funzione dell’enzima a cui è legato (vedi trasferimento da FADH2 a NADH nella rigenerazione del lipoato mediata da E3 nel compl PDH). I trasportatori di elettroni arrivano alla MMI dove trovano la catena di trasporto degli elettroni, formata da proteine per lo più di membrana, contenenti gruppi prostetici in grado di donare o accettare uno o due elettroni. o TRASFERIMENTO DIRETTO: comporta il passaggio in successione di un singolo elettrone da atomi metallici in grado di ridursi ed ossidarsi ciclicamente (Fe+++ -> Fe++) o TRASFERIMENTO ATOMO DI IDROGENO: consiste nel trasferimento di un elettrone alla volta seguito da uno ione idruro, prerogativa delle specie in grado di formare forme semichinoniche o di accettare un solo elettrone per volta (citocromi) o TRASFERIMENTO IONE IDRURO: consiste nel trasferimento di due elettroni ed uno ione idrogeno verso un accettore in grado di catturarli (possono rendersi necessarie più molecole di accettore qualora il limite di trasporto di queste fosse di un singolo elettrone). Abbiamo visto che NADH e FADH2 sono i trasportatori di elettroni fino alla catena di trasporto e che questa è composta da più gruppi o complessi proteici fra loro separati; si rende necessario la presenza di trasportatori di elettroni da e verso i singoli complessi della catena, diretti verso l’accettore finale (ossigeno); questo è garantito da o UBIQUINONE  UBIQUINOLO: chimicamente è un benzochinone con una catena laterale formata da unità isoprenoidi ripetute, normalmente in numero di 10, che può ciclare tra una forma ossidata (ubiquinone Q), una forma semichinonica (Radicale semichinonico QH*) ed una forma ridotta (Ubiquinolo QH2). La sua natura idrofobica gli consente di diffondere la membrana ed ha un ruolo importante nell’accoppiamento fra flusso elettronico e movimento protonico trans membrana. o CITOCROMI: sono proteine contenenti gruppi EME, distinguibili fra loro in funzione degli spettri di assorbimento e raggruppati come citocromo A, B e C; mentre i cit A e B sono strutture fisse di membrana, incorporate nei complessi della catena di trasporto degli elettroni e con un gruppo EME legato in modo non


covalente, il cit C possiede questo gruppo unito tramite legami covalenti a residui di cisteina ed è in grado di spostarsi nella matrice grazie alla sua natura idrofila, fungendo da trasportatore di elettroni al pari di QH2. A differenza di ubiquinone lega un solo elettrone alla volta. I complessi polipetidici formati la catena di trasporto degli elettroni contengono proteine Ferro-Zolfo tramite le quali indirizzano gli elettroni verso il complesso successivo e grazie alla quali estraggono una parte dell’energia contenuta negli elettroni ad alto potenziale di trasferimento. Questa famiglia di proteine di dividono in o PROTEINE FERRO SEMPLICI: sono formate da un singolo atomo di ferro coordinato a 4 residui di cisteina in grado di ciclare tra la forma ossidata (Fe+++) e la forma ridotta (Fe++) accettando un elettrone alla volta o PROTEINA 2Fe-2S: sono formate da due atomi di ferro e due gruppi solforici inorganici coordinati a 4 residui di cisteina o PROTEINA 4Fe-4S: sono formate da quattro atomi di ferro e quattro gruppi solforici coordinati a 4 residui di cisteina Riassumendo i trasportatori, fissi e mobili, che incontrano gli elettroni nel loro transito verso l’accettore finale possiamo scrivere: NADH  QH2  Cit B  Cit C1  Cit C  Cit A+A3  ossigeno Questi trasportatori sono organizzati in complessi macromolecolari intermembrana che possono essere separati fra loro: ognuno di questi complessi rappresenta una frazione della catena di trasporto e ha le capacità di catalizzare il trasferimento degli elettroni attraverso una porzione della catena. Detto questo sono importanti alcune considerazioni: o NB: Fra i complessi che formano la catena vi è un gradiente redox progressivo, ossia le specie a valle hanno una maggior tendenza a ridursi accettando elettroni, fino ad arrivare all’ossigeno molecolare che ha altissima elettronegatività; ciononostante l’ordine di transito non si basa sui potenziali redox standard delle varie specie isolate, in quanto entrano in gioco anche le diverse concentrazioni delle forme ossidate e ridotte all’interno del sistema cellula vivente. o NB: i gruppi prostetici sono distanti fra loro (parliamo sempre di Armstrong) e gli elettroni devono muoversi per spostarsi da uno all’altro; nel vuoto la velocità di propagazione nel vuoto di un elettrone diminuisce con la distanza, tuttavia grazie al particolare ambiente proteico della MMI la velocità diminuisce di un solo fattore 10 ogni 1,7 A percorsi.

COMPLESSO I – NADH-UBIQUINONE DEIDROGENASI o

o o o

STRUTTURA: grosso complesso proteico formato da almeno 42 catene polipeptidi che, con una forma generale ad “L”, dove un braccio si proietta nella matrice ed il secondo è immerso parallelamente alla MMI. GRUPPI PROSTETICI: proteina FMN (ridotta FMNH2), 6 centri Fe-S (sia 2Fe-2S, sia 4Fe-4S), ubiquinone Q (ridotto QH2) REAZIONE: NADH + Q + 5H(n) -> NAD+ + QH2 + 4H(p) CINETICA: vengono accoppiate due reazioni: una reazione esoergonica, dove avviene il trasferimento di uno ione idruro dal NADH al Q e di un protone alla matrice, ed una reazione endoergonica operata dalla pompa protonica del complesso che sposta ben 4 protoni dalla matrice allo spazio intermembrana per coppia di elettroni (2 protoni x 1 elettrone).

COMPLESSO II – SUCCINATO-UBIQUINONE REDUTTASI o

o

STRUTTURA: presenta quattro sub unità e cinque gruppi prostetici  SUBUNITA’ A-B: proteine che si proiettano nella matrice e presentano all’interno una molecola di FAD covalentemente legata, sito di legame per il succinato e tre centri 2Fe-2S.  SUBUNITA’ C-D: proteine di membrana che comprendono all’interno un gruppo eme ed un sito di legame per l’ubiquinone. GRUPPI PROSTETICI: centri 2Fe-2S, gruppo eme, ubiquinone


o o

REAZIONE: FADH2 + Q -> FAD + QH2 CINETICA: il complesso appartiene al gruppo enzimatico del ciclo di Krebs (tappa succinato -> fumarato) e non possiede una pompa protonica per pompare protoni nello spazio intermembrana, per tanto la resa energetica del FADH2 sarà minore (da 2.5 a 1.5 molecole di ATP per FADH2).

COMPLESSO III – CITOCROMO C REDUTTASI o

o o o

STRUTTURA: dimero formato da identici monomeri, ciascuno dei quali formato da almeno 11 subunità, fra le quali è importante ricordare  PROTEINA RIESKE: proteina ferro-zolfo coordinata da residui di cisteina ed istidina, accetta elettroni dal ubiquinolo nel sito Qo  CITOCROMO C1: possiede un gruppo eme e indirizza un elettrone alla volta verso il citocromo C  CITOCROMO B: possiede due gruppi eme, rispettivamente Eme L ed Eme H, che indirizzano un elettrone alla volta verso l’ubiquinone legato nel sito Qi GRUPPI PROSTETICI: Ubiquinolo, Ubiquinone, Proteina Fe-S di Rieske, Cit C1, Cit B (Bl e Bh) e cit C REAZIONE: QH2 + Cit C(ox) + 2H(n) -> Q + Cit C(rd) + 4H(p) CINETICA: il trasferimento di elettroni dall’ubiquinolo al citocromo C prende il nome di CICLO Q: un QH2 legato nel sito Qo cede i suoi due elettroni al complesso, ma questi prendono strade diverse; il primo è indirizzato verso il cit C1 ed infine verso il Cit C, che ridotto, lascia il complesso; il secondo viene indirizzato verso il Cit B, passando dall’eme H e poi L, venendo accettato infine da un Ubiquinone legato nel sito Qi, trasformandolo nel radicale semichinonico QH*; in seguito ad un secondo giro un altro Cit C viene ridotto e il radicale semichinonico si riduce ad ubiquinolo QH2 e si conclude il ciclo Q.  2 molecole di QH2 vengono ossidata a Q  2 molecole di Cit C ossidate vengono ridotte a Cit C (rd)  1 molecola di Q viene ridotta a QH2  4 protoni vengono espulsi per coppia di elettroni (2 protoni x elettrone).

COMPLESSO IV – CITOCROMO C OSSIDASI o

o o o

STRUTTURA: è formata da 3 subunità essenziali  SUBUNITA’ I: sub unità responsabile del trasferimento degli elettroni all’accettore finale, l’ossigeno; è composta da una struttura Fe-Cu, formata da un centro eme A3 e da un centro rame Cu-B, e da un ulteriore gruppo eme A che funge da contatto con la sub unità II  SUBUNITA’ II: sub unità che accetta gli elettroni dal Citocromo C ridotto e li convoglia verso la suB I; è formata da un centro Cu-Cu. GRUPPI PROSTETICI: Centro Cu-Cu, Eme A, centro Fe-Cu (eme A3 + Cu-B) REAZIONE: 4 Cit C (rd) + 8H(n) + O2 -> 4 Cit C(ox) + 4H(p) + 2 H2O CINETICA: l’attività catalitica del complesso è molto delicata in quanto non devono formarsi specie reattive dell’ossigeno, per tanto gli intermedi rimangono ancorati al complesso siano alla produzione di acqua per riduzione di ossigeno molecolare. L’attività del IV complesso prende il nome di CICLO DEL CITOCROMO C 1. I° ELETTRONE: giunge con Cit C ridotto e viene diretto al Cu-B del centro Fe-Cu 2. II° ELETTRONE: giunge con Cit C ridotto e viene diretto al gruppo eme A3 del centro Fe-Cu, riducendo il ferro a Fe++ In seguito ai primi due elettroni (2 molecole di Cit C) l’ossigeno può legarsi alla struttura come perossido, a formare un ponte fra Cu e Fe.


3.

III° ELETTRONE: giunge con Cit C ridotto e viene indirizzato al legame O-O dell’ossigeno molecolare, formando il gruppo Ferril (Fe++++) dal suo passaggio attraverso Eme A3; nel frattempo un protone dalla matrice viene acquisito dalla matrice. 4. IV° ELETTRONE: giunge con Cit C ridotto e va a ridurre il gruppo Ferril +4 a Fe+++; in seguito all’aggiunta di ulteriori 3 protoni dalla matrice vengono a formarsi due molecole di acqua. Abbiamo visto che per rompere il legame O-O servono ben 4 elettroni e 4 protoni, per tanto il trasporto accoppiato di protoni nello spazio intermembrana verrà ridotto di 4 unità, passando dalle classiche 8 (2 protoni x elettrone) a 4 (1 protone x elettrone). La citocromo C ossidasi ha un’altissima efficienza, nel senso che le specie potenzialmente pericolose dell’ossigeno non si formano quasi mai; basti considerare che durante il trasferimento dei primi 2 elettroni potrebbero formarsi o ANIONE SUPEROSSIDO [O2-*]: si forma dal trasferimento di un solo elettrone all’ossigeno molecolare, è straordinariamente reattivo come ogni radicale che si rispetti o PEROSSIDO [O2--]: si forma dal trasferimento di una coppia elettronica all’ossigeno gassoso, è meno reattivo del radicale ma causa danni biologici importanti. Siccome l’efficienza del 100% non esiste e che determinati compartimenti producono apposta specie reattive dell’ossigeno per processi metabolici degradativi/difesa, esistono specifici enzimi per proteggersi da queste specie o SUPEROSSIDO DISMUTASI: catalizza la conversione dell’anione superossido a perossido d’idrogeno; nei mitocondri è presente la MANGANESE SUPEROSSIDO DISMUTASI ∗

+ +

+

+

o CATALASI: converte il perossido d’idrogeno in acqua ed ossigeno molecolare Altre difese contro il danno ossidativo sono o VITAMINA E: antiossidante lipofilo di membrana o VITAMINA C: ac ido ascorbico (vedi vitamine)

COMPLESSO V – ATP SINTETASI Studi termodinamici hanno rilevato che da una mole di coppie elettroniche percorrenti la catena di trasporto degli elettroni si ricavano 200kJ di energia e che soli 50kJ sono necessari per generare una mole di ATP grazie al V° complesso, pertanto possiamo affermare che non sussistano problemi termodinamici all’evento. o MODELLO CHEMIOSMOTICO: la forza protonmotrice, intesa come energia elettrochimica contenuta nella differenza di concentrazione protonica e separazione di carica, porta alla sintesi di ATP quando il flusso protonico si inverte ed i protoni ritornano nella matrice attraverso un canale protonico associato all’ATP sintasi Il complesso V risulta formato da due sub unità distinte o SUBUNITA’ Fo: complesso proteico trans membrana formato da un core idrofobico che costituisce un canale ad anello trans membrana, composto da 9-12 unità C e da una singola unità A, a cui segue una proteina proiettata nella matrice, unità B2, che costituisce parte della colonna esterna, che stabilizza la struttura e blocca la sub unità F1.  PROTEINA A: proteina di membrana la cui struttura non è del tutto compresa, ma risulta chiara la presenza di due semicanali idrofilici, uno per lato, che possono essere impegnati dai protoni e che sono a contatto con singole proteine C; i due canali sono opposti ma consecutivi, nel senso che una proteina C ruotando prende contatto prima con uno e poi con l’altro, seppur gli sbocchi delle aperture siano una nella matrice e l’altra nello spazio intermembrana.  ANELLO C: porzione mobile formata da 9-12 proteine C, ciascuna delle quali risulta formata da due catene alfa con un residuo conservato di Asp 61 sulla seconda catena, che risulta essere neutro


o

quando è a contatto con la membrana, mentre può dissociare quando si trova nei semicanali idrofilici della sub a SUBUNITA’ F1: complesso proteico proiettato nella matrice con attività ATPasica formato da 5 subunità quali 3alfa, 3beta, gamma, epsilon e delta. Il cuore del complesso è rappresentato da un anello esamerico formato da 3 sub alfa e 3 sub beta alternate ed in rapporto interno con la proteina gamma, che si porta in alto a congiungersi con l’anello trans membrana del complesso Fo.  ANELLO AB: le sub unità B hanno attività ATPasica quando il complesso è dissociato dalla sub unità Fo (o quando la carica energetica è talmente alta da superare la forza proton motrice), hanno medesima sequenza amminoacidica, ma diversa conformazione spaziale in funzione del legame con la sub unità gamma interna; le differenze conformazioni si ripercuotono sul dominio per l’ATP/ADP e sull’affinità per questi substrati.  COLONNA ESTERNA: formata dalla proteina B2 e dalla proteina delta, impedisce all’anello A3B3 di ruotare quando la proteina delta ruota sotto la trazione del complesso Fo

PRODUZIONE DI ATP – UTILIZZO DEL GRADIENTE PROTONICO Ricordiamo che l’accoppiamento fra sintesi di ATP e trasferimento di elettroni lungo la catena di trasporto è intimamente accoppiato e che il blocco di uno dei due causa l’arresto anche del secondo o BLOCCO CATENA DI TRASPORTO: il gradiente protonico tende a dissiparsi o BLOCCO SINTESI DI ATP: il gradiente protonico aumenta sino a superare l’energia contenuta negli elettroni della catena di trasporto, pregiudicando la funzionalità delle pompe protoniche e bloccando il trasferimento di nuovi elettroni. Tornando al complesso Fo vediamo come il gradiente protonico sia alla base del meccanismo Binding Exchange per la produzione di nuova ATP; ricordando la struttura della proteina A possiamo immaginare che i due semicanali siano impegnati da protoni sia della matrice, sia dello spazio intermembrana; considerando che la concentrazione di protoni in quest’ultimo è 25 volte quella all’interno della matrice e che la separazione delle cariche aggiunge 2.5mV di potenziale sempre allo spazio intermembrana, è corretto affermare che i protoni proverranno principalmente dallo spazio intermembrana. Quando uno di questi entra nel semicanale va a protonare un residuo di Asp 61 presente in forma ionica all’interno del canale, diventando Acido aspartico neutro, amminoacido che può ora passare nella membrana in quanto non carico; fino alla protonazione i due residui di Asp 61 bloccavano l’anello, in quanto le due proteine C coinvolte non potevano prendere contatto con la membrana idrofobica ma dovevano mantenere il residuo carico all’interno del semicanale acquoso; la protonazione permette quindi all’anello di girare, portando la sub unità C protonata all’interno della membrana e spostando due sub unità C successive a contatto con i semicanali (una di queste era già a contatto con il semicanale rivolto verso la matrice, mentre la seconda era in forma protonata, cioè neutra, per il contatto con la membrana); per tanto la sub unità C rivolta, in seguito alla rotazione, verso la matrice è in forma protonata, cioè neutra, ed a contatto con l’ambiente idrofilico del canale può dissociare un protone ed indirizzarlo verso la matrice secondo il suo gradiente elettrochimico. Vediamo quindi come l’arrivo di un protone dallo spazio intermembrana porti alla rotazione dell’anello C ed alla liberazione di un protone (diverso dal primo) nella matrice; in seguito all’arrivo di ulteriori x protoni (dove x = numero di sub C) il primo protone giunto dallo spazio intermembrana viene rilasciato nella matrice e si conclude un giro completo dell’anello Fo. Menzioniamo inoltre che la sub unità A possiede un residuo conservato di arginina, quindi carico positivamente, che favorisce la dissociazione del protone giunto al canale rivolto verso la matrice.


PRODUZIONE DI ATP – MECCANISMO BINDING EXCHANGE Studi hanno dimostrato come sulla superficie dell’enzima (sub unità beta) la reazione ADP + Pi <-> ATP + H2O sia del tutto reversibile, indicando che il legame fosfoanidride gamma (l’ultimo legame fosfato della molecola di ATP) viene scisso e riformato parecchie volte prima che il gruppo fosfato lasci l’enzima quando manca un contributo energetico esterno; risulta quindi chiaro che l’ATP sintasi rende l’ATP stabile quanto i suoi prodotti di dissociazione e che l’energia del gradiente protonico venga utilizzata non nella sintesi di ATP, quanto per il suo rilascio da parte dell’enzima. La rotazione dell’anello Fo prima proposta ha l’effetto di trasferire questa rotazione alla sub unità gamma, la cui diversa interazione con le sub unità beta dell’anello F1 permette di definire un ciclo in cui 3 conformazioni diverse di quest’ultime unità portano al legame, alla sintesi ed al rilascio dell’ATP. o STATO L – LOOSE: conformazione spaziale che intrappola ADP e Pi all’interno dell’enzima o STATO T – TIGHT: conformazione spaziale che permette l’attività catalitica dell’enzima e lo stato di equilibrio fra la forma ATP e la forma ADP + Pi, ma non permette il rilascio dei prodotti. o STATO O – OPEN: conformazione aperta in cui il prodotto ATP può staccarsi dall’enzima; è la fase critica che richiede l’energia del gradiente protonico. Successivamente permette l’ingresso (ma anche l’uscita) di ADP e Pi per un nuovo ciclo reattivo.

Siccome sono 3 le conformazioni da ottenere, il cambio fra una e la successiva avverrà ogni 120° ed in un giro completo avremo la produzione di 3 molecole di ATP; detto questo è implicito che il numero di sub C del complesso Fo determina quanti protoni siano necessari per il completamento di un giro e di conseguenza quanti protoni siano necessari per la sintesi di ATP: un anello Fo di poche unità produrrà molta ATP a basso costo, mentre aumentando il numero di sub unità serviranno più protoni per la produzione delle solite 3 ATP per giro.

SHUTTLE GLICEROLO 3 FOSFATO Particolarmente importante nei muscoli, questa navetta recupera il NADH prodotto dalla glicolisi importando gli elettroni catturati attraverso il glicerolo 3P, composto che può arrivare fino al lato P della MMI ed essere ridotto dalla succinato reduttasi attraverso la consegna degli elettroni al FAD. Nel citosolo l’enzima Glicerolo 3P deidrogenasi catalizza la riduzione del DHAP a glicerolo 3P e successivamente questo viene riossidato a DAPH cedendo i suoi elettroni al FAD; il costo energetico è di una molecola di ATP per coppia elettronica in quanto il FADH2 produce sole 1,5 molecole di ATP contro le 2,5 prodotte dal NADH

SHUTTLE MALATO-ASPARTATO Navetta deputata nel fegato e nel cuore al recupero del NADH citosolico solo in quelle condizioni in cui il rapporto NADH/NAD+ citosolico superi quello mitocondriale, attraverso l’utilizzo di malato ed Aspartato che possiedono trasportatori sulla MMI. Nel citosol l’ossalacetato prodotto dalla piruvato carbossilasi viene ridotto a malato e trasportato nella matrice mitocondriale, dove viene nuovamente ossidato dagli enzimi mitocondriali ad ossalacetato; questo viene transaminato ad aspartato grazie ad una molecola di Glutammato che diventa a-chetoglutarato, potendo essere trasportato nel citosol dove, tramite una reazione di deaminazione, viene ripristinato l’ossalacetato di partenza

ATP-ADP TRASLOCASI la proteina ATN costituisce fino al 15% della composizione proteica della MMI e consuma fino ad un quarto dell’energia prodotta dal trasporto degli elettroni, permettendo il passaggio accoppiato di ATP ed ADP da e verso la matrice mitocondriale. Essendo un antiporto necessita del legame di entrambi i substrati per funzionare ad una velocità significativa e questo permette un’attenta regolazione del trasporto di precursori per la sintesi di ATP.


Va ricordato che essendo l’ATP maggiormente negativa dell’ADP ed essendo il potenziale di membrana positivo, la velocità con la quale l’ATP viene trasportata all’esterno è di 30 volte maggiore rispetto all’entrata dell’ADP; l’atra faccia della medaglia è che l’uscita di una carica negativa va a ridurre il gradiente elettrico di membrana ed ha quindi un costo energetico (stimato appunto ad un 25% del totale.

CONTROLLO FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA Siccome trasporto di elettroni lungo la catena mitocondriale e sintesi di ATP sono accoppiati la regolazione sarà unica ed avrà come fattori quelle molecole richieste dal processo mitocondriale: NADH, O2, ADP e Pi. A livello fisiologico il fattore più importante è l’ADP, in modo che la produzione di ATP avvenga solo quando vi è un effettivo bisogno di energia; questo controllo prende il nome di CONTROLLO RESPIRATORIO, in quanto all’aumentare della concentrazione di ADP aumenta in modo significativo il consumo di ossigeno molecolare da parte dei mitocondri. Tutta una serie di sostanze può portare al blocco della fosforilazione ossidativa andando a bloccare o la catena di trasporto degli elettroni o l’ATP sintetasi, effetto che si ripercuote inevitabilmente sulla controparte funzionante. SOSTANZA ROTENONE AMYTAL ANTIMICINA CIANURO AZIDE MONOSSIDO DI CARBONIO OLIGOMICINA DCCD ATRATTILORIDE BONGRECHICO

SETTORE COLPITO Complesso I Complesso I Complesso III Complesso IV Complesso IV Complesso IV Complesso V Complesso V Trasportatore ATP-ADP Trasportatore ATP-ADP

DESCRIZIONE Blocco passaggio da NADH a Q Blocco passaggio da NADH a Q Blocco Cit B Blocco Eme A3 forma Fe+++ Blocco Eme A3 forma Fe+++ Blocco Eme A3 forma Fe++ Blocco flusso di protoni in Fo Blocco flusso di protoni in Fo Blocco ATN lato citosolico Blocco ATN lato matrice

Un'altra famiglia di composti significativi sono i DISACCOPPIANTI, che non alterano di per sé la funzionalità dei due meccanismi, ma dissipano il gradiente protonico che li congiunge; per tanto la catena di trasporto degli elettroni funzionerà ma non verrà prodotto ATP e l’energia del gradiente protonico verrà dissipata in calore; in questo caso aumenta il metabolismo ed il traffico sulla catena di trasporto e nel frattempo di riducono sempre più le scorte di ATP. Il disaccoppiante più conosciuto è il 2,4 DINITROFENOLO che crea un passaggio attraverso la MMI impegnato dai protoni compartimentalizzati nello spazio intermembrana; disaccoppianti naturali, che entrano in gioco nella produzione di calore e nell’omeostasi del metabolismo, sono rappresentatati dalla TERMOGENINA (UCP1) del tessuto adiposo bruno (stimolazione b adrenergica) e UCP2-3 dei muscoli e del fegato.

PATOLOGIE MITOCONDRIALI Sono patologie complesse a trasmissione prettamente materna e colpiscono i tessuti che maggiormente funzionano grazie al metabolismo mitocondriale, quali sistema nervoso e cuore, aumentano lo stress ossidativo a carico di radicali liberi dell’ossigeno e predispongono, tramite accumulo di mutazioni sul genoma mitocondriale, all’insorgenza di neoplasie e tumori. o NEUROPATIA OTTICA EREDITARIA DI LEBER: patologia a carattere mitocondriale


METABOLISMO ACIDI GRASSI Gli Acidi grassi sono lunghe molecole apolari, prodotte dall’esterificazione di tre molecole di acidi carbossilici a lunga catena con una molecola di glicerolo, le cui catene aciliche sono altamente ridotte e permettono l’estrazione di una maggior quantità di energia dalla loro ossidazione metabolica (2 volte superiore rispetto a glucidi o amminoacidi di pari massa molecolare). o BETA OSSIDAZIONE: processo metabolico a quattro tappe, tramite il quale gli acidi grassi sono convertiti ad Acetil-CoA e degradati nel ciclo di Krebs; rappresenta un’elegante soluzione alla relativa stabilità dei legami C-C tipici delle catene aciliche in questione, sfruttando l’attivazione del gruppo carbossilico tramite legame con CoA e la successiva ossidazione del gruppo acilico a livello del carbonio beta, in un percorso ciclico consecutivo. Il metabolismo degli acidi grassi destina l’Acetil-CoA verso la via degradativa (ciclo di Krebs) o verso la via anabolica (corpi chetonici o sintesi amminoacidi) ma non permette la conversione grasso -> lipide che può avvenire nelle piante, in quanto la decarbossilazione del piruvato operata dal PDH è un passo sostanzialmente irreversibile nelle condizioni cellulari; per tanto, mentre un accumulo di zuccheri può portare ad una conversione e stoccaggio sotto forma di grassi, il processo contrario non può avvenire. Gli acidi grassi sono molto importanti per il metabolismo di cuore, fegato e del muscolo scheletrico a riposo e si rendono disponibili alle esigenze metaboliche attraverso uno dei seguenti modi o DIETA: dalla dieta provengono la maggior parte degli acidi grassi utilizzati a livello metabolico, che vengono assorbiti a livello del tratto digiuno/ileo dell’intestino tenue ed importati nel circolo sanguigno, come successivamente descritto. o STOCCAGGIO LIPIDICO: sotto il controllo ormonale, l’eccedenze di acidi grassi ingeriti con la dieta o previa conversione epatica, possono essere stoccate in particolari cellule, gli adipociti, e mobilitati quando necessari. o CONVERSIONE GLUCIDICA: ad opera epatica avviene la conversione da carboidrati a lipidi Analizziamo come si spostano i grassi all’interno del nostro organismo ASSORBIMENTO, STOCCAGGIO E MOBILITAZIONE DEGLI ACIDI GRASSI L’assorbimento incomincia grazie alla solubilizzazione della bile a livello del duodeno, che tramite i Sali biliari (composti antipatici che si comportano come detergenti biologici) emulsiona i grassi ingeriti dalla dieta e li trasforma in micelle (chimicamente sono sali di acidi grassi, composti da testa polare e da una coda acilica, che si organizzano in strutture sferiche per ridurre l’instabilità termodinamica). 1. Formazione micelle 2. ATTIVITA’ LIPASI: presenti a livello dell’orletto della mucosa intestinale e rilasciate dal pancreas, sono in grado di trasformare i triacilgliceroli in diacilgliceroli, monoacilgliceroli ed infine in glicerolo ed acido grasso 3. DIFFUSIONE MEMBRANA PLASMATICA: così scomposte le catene di acidi grassi possono diffondere lo strato idrofobo della cellula (o venir endocitate come composti parzialm scomposti) 4. RICONVERSIONE CELLULARE: all’interno delle cellule epiteliali della mucosa avviene la riconversione a trigliceridi e l’assemblaggio dei chilomicroni, che si immettono nel circolo linfatico e fuoriescono infine nel circolo sanguigno. 5. CAPTAZIONE TESSUTI: a livello del muscolo scheletrico e del tessuto adiposo una specifica lipasi di membrana, detta LIPOPROTEINA LIPASI, catalizza la conversione a glicerolo ed acidi grassi dei trigliceridi trasportati e permette quindi la loro internalizzazione. 6. UTILIZZO ACIDI GRASSI: il destino di questo assorbimento cambia in funzione del tessuto  MUSCOLO: ossidazione degli acidi grassi per produrre energia  TESSUTO ADIPOSO: esterificazione a trigliceridi e stoccaggio


Ricordiamo inoltre che anche il fegato è in grado di utlizzare i chilomicroni, ma si concentra sulla captazione di carrier scarichi, contenenti solo più lipoproteine e colesterolo, assorbendoli per endocitosi. A livello del fegato avvengono inoltre altre importanti azioni  OSSIDAZIONE: gli acidi grassi vengono ossidati per produrre energia  CONVERSIONE: vengono prodotti corpi chetonici quando non ci sono a disposizione carboidrati e la glicemia è bassa  FORMAZIONE VLDL: carrier per trigliceridi indirizzati verso il tessuto adiposo per stoccaggio. Approfondendo questa funzione di stoccaggio, possiamo descrivere una GOCCIA LIPIDICA come aggregato di trigliceridi interno racchiuso da uno strato di fosfolipi (per problemi termodinamici nell’ambiente acquoso del citoplasma serve una struttura anfipatica); la superficie di queste gocce è rivestita da una proteina specifica detta PERILIPINA, che limita l’accesso alle gocce lipidiche, prevenendo mobilitazioni di acidi grassi quando non necessario. I processi di lipolisi e litogenesi sono soggetti al controllo ormonale ed hanno come punto di controllo proprio il citato enzima perilipina o LIPOLISI: l’accesso da parte di lipasi citoplasmatiche alle riserve lipidiche è permesso dalla fosforilazione della perilipina da parte della PKA (via del cAMP), che consente il trasferimento all’interno della membrana fosfolipidica di LIPASI ORMONE SENSIBILE; il processo di lipolisi, dove riserve lipidiche vengono convertite in acidi grassi e glicerolo ed utilizzate, è scatenato da Adrenalina, Noradrenalina, Glucagone ed ACTH. Gli acidi grassi così prodotti entrano nel circolo ematico, si legano all’albumina (10 molecole per monomero) e vengono indirizzate ai muscoli ed al fegato. L’assenza di insulina provoca CHETOSI DIABETICA per inibizione del blocco alla lipolisi. o LIPOGENESI: la lipolisi viene inibita dall’Insulina, che promuove il processo opposto di deposito di trigliceridi al tessuto adiposo. SHUTTLE CARNITINA Dall’ossidazione di un trigliceride il 95% dell’energia prodotta deriva dalle catene aciliche degli acidi grassi, mentre solo un 5% dall’ossidazione del glicerolo, che viene immesso nella glicolisi come GAP e DHAP. ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯

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Gli acidi grassi con un numero di unità carboniose inferiori o pari a 12 possono entrare nella matrice mitocondriale senza trasportatori, mentre per 13 atomi o più di carbonio la catena si avvale del carrier CARNITINA (N,N,N trimetil – 3 idrossil – 4N – propanoato). o I° FASE – TIOESTERIFICAZIONE: viene attivato il carbonio carbossilico dell’acido grasso, prima attraverso la formazione di un intermedio Acil-Adenilato (legame anidri dico misto fra gruppo carbossilico e fosfato AMP, con liberazione di PP) e successivamente con la formazione di Acil-CoA (legame tra gruppo carbossilico e gruppo tiolico); la reazione, reversibile in condizioni cellulari, è guidata dall’idrolisi del gruppo PP uscente in 2Pi. ENZIMA INTERMEDIO LOCALIZZAZIONE Acil-CoA sintetasi Acil-Adenilato Membrana mitocondriale esterna II° FASE – TRANSESTERIFICAZIONE: il gruppo acil viene trasferito dal CoA alla carnitina grazie alla sua attività catalitica, formando un legame anidri dico fra il gruppo carbossilico dell’acido grasso e il gruppo carbossilico della carnitina ENZIMA INTERMEDIO LOCALIZZAZIONE Carnitina Acil-transferasi I nd MMI lato p o


III° FASE – TIOESTERIFICAZIONE: il gruppo acil viene nuovamente ceduto al CoA presente all’interno della matrice mitocondriale grazie all’alto potenziale di trasferimento del gruppo acilico acquisito con il legame alla carnitina (la natura di questo va ricercata nella diversa solvatazione della carnitina rispetto a specie chimiche analoghe). ENZIMA INTERMEDIO LOCALIZZAZIONE Carnitina Acetil-transferasi II Nd MMI lato n o

Un’importante funzione del carrier carnitina è quella di mantenere separati i CoA citosolici da quelli mitocondriali in quanto i due compartimenti sono predisposti a funzioni diverse: mentre nel citosol i CoA vengono utilizzati per la sintesi di Acidi grassi e lipidi di membrana, i CoA mitocondriali vengono principalmente utilizzati nelle degradazioni ossidative del Ciclo di Krebs. Il carrier carnitina è la tappa limitante la velocità della beta ossidazione.

BETA OSSIDAZIONE ACIDI GRASSI La beta ossidazione è un processo in quattro tappe che avviene all’interno della matrice mitocondriale ed ha una pathway metabolica del tutto simile a quella incontrata nella rigenerazione del succinato, con il motivetto ossidazione-idratazione-ossidazione, alla quale si aggiunge la rimozione finale del gruppo acetilCoA, reazione analoga ad un’idrolisi. Persino i potenziali di riduzione (prima FAD e poi NAD+ sono rispettati) FASE I – OSSIDAZIONE a TRANS-Δ2-ENOIL-CoA o o o o

REAZIONE: ossidazione ENZIMA: Acil-CoA deidrogenasi (Very Long CAD: 12-18C; Medium CAD: 4-14C; Short CAD: 4-8C) COENZIMI: FAD (non è possibile ridurre il NAD+) CINETICA DI REAZIONE: gli elettroni vengono ceduti al complesso II della catena di trasporto degli elettroni; la molecola ottenuta presenta conformazione trans.

FASE 1 Ossidazione ENZIMA Acil-CoA deidrogenasi

MOLECOLA/E DI PARTENZA Acil-CoA COENZIMI FAD

MOLECOLA FINALE Trans-Δ2-enoil-CoA ENERGIA DI REAZIONE nd

FASE II – IDRATAZIONE a L-3-IDROSSI-ACIL-CoA REAZIONE: idratazione stereospecifica ENZIMA: Enoil-CoA idratasi COENZIMI: nessuno CINETICA DI REAZIONE: aggiunta di una molecola di acqua in modo stereospecifico (x capirci in configurazione trans a formare l’isomero L) FASE 2 MOLECOLA/E DI PARTENZA MOLECOLA FINALE Idratazione Trans-Δ2-Enoil-CoA L-3-Idrossi-Acil-CoA ENZIMA COENZIMI ENERGIA DI REAZIONE Enoil-CoA Idratasi Nessuno Nd o o o o

FASE III – OSSIDAZIONE a BETA-CHETOACIL-CoA REAZIONE: ossidazione ENZIMA: Beta-Idrossi-Acil-CoA Deidrogenasi COENZIMI: NAD+ CINETICA DI REAZIONE: viene ridotto il gruppo idrossilico in posizione beta (C3) a formare un chetoacido pronto per essere attaccato dal gruppo SH di una nuova molecola di CoA. FASE 3 MOLECOLA/E DI PARTENZA MOLECOLA FINALE Ossidazione L-3-Idrossi-Acil-CoA Beta-Chetoacil-CoA ENZIMA COENZIMI ENERGIA DI REAZIONE Beta-Idrossi-Acil-CoA deidrogenasi NAD+ Nd o o o o


FASE IV – RIMOZIONE ACETIL-COA REAZIONE: tiolisi ENZIMA: Acil-CoA acetiltransferasi COENZIMI: CoA CINETICA DI REAZIONE: La relativa stabilità dei legami C-C è stata indebolita nei tre passaggi precedenti, con il risultato che ora il carbonio in alfa è compreso fra due carboni carbonilici; il carbonio beta è un buon elettrofilo, tanto che viene attaccato dal gruppo SH di una nuova molecola di CoA, e la forte acidità del carbonio in alfa stabilizza l’uscita del acetil-CoA uscente. La catena acilica si ritrova perciò nuovamente nella sua forma Acil-CoA ma accorciata di due atomi di carbonio. FASE 4 MOLECOLA/E DI PARTENZA MOLECOLA FINALE Tiolisi L-beta-chetoacil-CoA Acil-CoA + Acetil-CoA ENZIMA COENZIMI ENERGIA DI REAZIONE Acil-CoA Acetil-transferasi CoA Nd o o o o

La beta ossidazione degli acidi carbossilici con una catena superiore ai 12 atomi di carbonio, gli stessi che utilizzano la carnitina come shuttle per la MMI, vengono processati da un unico enzima chiamato PROTEINA TRIFUNZIONALE (TFP), permettendo in tal modo l’incanalamento dei substrati, mentre catena aciliche più piccole vengono processate da singoli enzimi della matrice. La TFP è formata da 4 subunità alfa, due delle quali con attività catalitica enoil idratasi, e due con attività catalitica b-idrossi-acil-CoA deidrogenasi, e quattro unità beta, tutte con attività tiolasica. Il rendimento della beta ossidazione è il seguente PARAMENTRO PRODUZIONE B-OSSIDAZIONE DESCRIZIONE ELETTRONI 4 1 NADH, 1 FADH2 PROTONI 4 3 trasportati, 1 matrice ACETIL-COA 1 Per singolo giro ATOMI DI CARBONIO -2 Per singolo giro RENDIMENTO ENERGETICO PALMITOIL – C16 SOLA BETA OSSIDAZIONE 28 ATP COMPLETA OSSIDAZIONE 108 ATP SALDO ENERGETICO FINALE 106 ATP (l’equivalente di 2 molecole di ATP servono per produrre acil-CoA dall’acido grasso considerato)

BETA OSSIDAZIONE ACIDI GRASSI – PROBLEMI PARTICOLARI Quanto descritto rispecchia perfettamente il destino degradativo di un acido grasso completamente saturo e con un numero di atomi di carbonio pari, ma la realtà è brutta e cattiva e per tanto i casi si ampliano. PROBLEMA 1 – ACIDI GRASSI INSATURI/POLINSATURI Il dramma degli acidi grassi insaturi è lampante quando sentiamo parlare di Oleato (C18, cis-Δ9), che possiede un’insaturazione nella giusta posizione ma in configurazione cis, dunque resistente all’idratazione enzimatica della Beta-ossidazione, o quando incontriamo il Linoleato (C18, cis-Δ9, cis-Δ12), che oltre a presentare la stessa configurazione cis, possiede anche un’insaturazione in una posizione scorretta (ossia non tra il Calfa ed il Cbeta). Per tanto servono enzimi che intervengano quando necessario per riportare la normalità quando si presentano situazioni non gestibili dalla beta ossidazione o OLEATO (C18, Cis-Δ9): tutto bene fino a quando, rimosse le prime tre unità di acetil-CoA, il doppio legame che ci ritroviamo di fronte ha configurazione cis e non può essere attaccato dall’enoil-CoA idratasi perché l’enzima è stereospecifico per ottenere il prodotto L-3-idrossiacil-CoA. Per tanto interviene un ISOMERASI (nello specifico Δ3,Δ2 enoil-CoA isomerasi) e ripristina la giusta configurazione del doppio legame. Analogo è il discorso per PALMITOLEATO (C16, Cis-Δ9) o LINOLEATO (C18, Cis-Δ9,Cis-Δ12): si ripropone il problema di una corretta configurazione sia in posizione 9 che in posizione 12; per quanto riguarda la posizione 9 abbiamo visto come l’isomerasi


superi questo problema, mentre più complessa è la situazione al C12: l’intervento dell’isomerasi produrrebbe una prodotto che non è substrato della beta ossidazione, in quanto l’insaturazione è nel posto sbagliato (è in posizione pari), perciò prima interviene una REDUTTASI (nel caso 2,4 dienoil-CoA-Reduttasi) e solo successivamente l’isomerasi. Riassumendo per i doppi legami in posizione PARI (problemi in configurazione) intervengono le isomerasi, mentre doppi legami in posizione DISPARI (problemi di posizione) sono prima trattati dalle reduttasi e successivamente dalle isomerasi. PROBLEMA 2 – ACIDI GRASSI CON NUMERO DI ATOMI DI CARBONIO DISPARI Il substrato finale della beta ossidazione è un acido carbossilico a tre atomi di carbonio, il propinil-CoA, che non può essere ulteriormente scisso dagli enzimi ossidativi trattati, per tanto va in contro a tre reazioni insolite per trasformarlo in Succinil-CoA, intermedio del ciclo di Krebs. Il motivo metabolico schematizzato è costituito da carbossilazione in alfa, isomerizzazione e riarrangiamento a formare succinil-CoA. o FASE 1- PROPIONIL-CoA CARBOSSILASI La reazione prevede la carbossilazione biotina dipendente del carbonio alfa del propionil-CoA a formare il D-metil-malonil-CoA, a spese di una molecola di ATP (serve per attivare la CO2) o FASE 2 – METIL-MALONIL-CoA ISOMERASI La reazione prevede l’isomerizzazione della forma D nella forma L, affinchè possa avvenire il riarrangiamento che porta alla formazione dell’intermedio del ciclo di Krebs; la forma L possiede il gruppo COCoA sul lato sinistro della molecola di propionato o FASE 3 – METIL-MALONIL-CoA MUTASI La reazione prevede il riarrangiamento della molecola con il trasporto del gruppo COCoA dal lato sinistro della molecola al carbonio C3, per formare succinil-CoA. NB: l’enzima per operare richiede la VITAMINA B12 o COBALEMINA, che nei mammiferi catalizza anche la formazione della metionina dalla metilazione dell’omocisteina per la generazione di coenzimi destinati alla sintesi di purine e timine. APPROFONDIMENTO – OSSIDAZIONE PEROSSISOMI La beta ossidazione è svolta anche dai perossisomi, seppur questa funzione si limiti ad accorciare le catene aciliche fino a substrati di 8C, dopo i quali si interrompe a favore dei mitocondri. L’ossidazione nei perossisomi differisce da quella mitocondriale esclusivamente nell’ossidazione iniziale, dove l’enzima Acil-CoA deidrogenasi cede gli elettroni catturati all’ossigeno, trasformandolo in perossido d’idrogeno (cessione di 2 elettroni); questo viene poi scisso in acqua ed ossigeno dalla catalasi e le restanti reazioni procedono come descritto. o SINDROME DI ZELLEWGER: dovuta alla mancanza di perossisomi funzionanti (funzionalità enzimatica compromessa), si esplica con danni ai reni ed al fegato e morte entro i 6 anni di vita.


PRODUZIONE DI CORPI CHETONICI La produzione ed esportazione di corpi chetonici da parte del fegato è un modo per continuare la beta ossidazione degli acidi grassi anche quando questi non possono venir ossidati a livello del ciclo di Krebs, solitamente per l’assenza di alcuni precursori del ciclo, quali l’ossalacetato. La causa più frequente si verifica quando, in condizioni di digiuno o di diabete, l’ipoglicemia spinge la gluconeogenesi a funzionare ai massimi regimi, riducendo la concentrazione di ossalacetato a disposizione per il ciclo di Krebs e limitando quindi l’ossidazione del Acetil-CoA prodotto dalla beta ossidazione; quanto detto permette di comprendere l’affermazione “i grassi bruciano sulla fiamma dei carboidrati” in quanto in assenza di carboidrati il ciclo dell’acido citrico funziona a rilento, per reindirizzamento dell’ossalacetato verso la gluconeogenesi. In condizione di assenza di carboidrati quindi il fegato continuerà la beta ossidazione degli acidi grassi che, trasformati in corpi chetonici, andranno a soddisfare le esigenze metaboliche degli organi extraepatici che possono adattare il loro metabolismo da glucosio a corpi chetonici (muscoli, cuore, corteccia renale ed in seconda sede anche il cervello). o FASE 1 – TIOLASI Catalizza la condensazione fra due molecole di Acetil-CoA in una reazione del tutto identica ma opposta alla fase IV della beta ossidazione, seppur termodinamicamente sfavorita (viene accoppiata al passaggio successivo), a formare ACETO-ACETIL-CoA o FASE 2 – HMG-CoA SINTASI La condensazione di un’ulteriore molecola di Acetil-CoA alla funzione carbonilica del gruppo acetico, seguita dalla sua successiva idratazione, porta alla formazione di HMG (B-Idrossil-B-MetilGlutaril-CoA); la reazione è termodinamicamente favorita in quanto avviene l’idrolisi di un legame tioestere. o FASE 3 – ENZIMA DI TAGLIO HMG La molecola perde il primo gruppo acetil-CoA e la funzione carbonilica ridotta viene nuovamente ripristinata, a formare ACETO-ACETATO. Da questa serie di tre reazioni possiamo apprezzare a pieno la “bellezza” della chimica, che per rimuovere il CoA da una condensazione (fase 1: aceto-acetil-CoA) ha utilizzato altre due reazioni (fase 3: aceto-acetato) appositamente per regalarci il piacere di un intermedio di fase 2 dal nome apprezzabile. Il destino dell’aceto-acetato è in funzione del rapporto NADH/NAD+ all’interno della cellula: o FASE 4 – D-BETA-IDROSSI-BUTIRRATO DEIDROGENASI Un alto rapporto NADH/NAD+ porta alla formazione di questo idrossiacido, D-B-IDROSSIBUTIRRATO per riduzione NADH dipendente della funzione carbonilica del chetoacido aceto-acetato; la velocità di formazione è in funzione dello stato energetico citato. Da notare il fatto che sia l’acetoacetato, sia il beta-idrossi-butirrato, sono stati incontrati durante la beta ossidazione come beta-chetoacil-CoA e beta-Idrossi-Acil-CoA rispettivamente; le differenze importanti da sottolineare sono innanzitutto il legame con CoA e inoltre la configurazione L della beta ossidazione rispetto alla configurazione D della conversione in corpi chetonici. METABOLIZZAZIONE DEI CORPI CHETONICI Alcuni organi come cuore e corteccia renale preferiscono i corpi chetonici al glucosio, mentre altri come i cervello possono adattarsi a questi quando il loro principale metabolita manca. La conversione prevede: −

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Il passaggio ad aceto-acetil-CoA viene effettuato dall’enzima B-Chetoacil-CoA-transferasi utilizzando il succinil-CoA del ciclo di Krebs, mentre l’ultimo passaggio nuovamente dalla tiolasi.


BIOSINTESI ACIDI GRASSI Come per le altre vie biosintetiche, le sequenze reattive che portano alla sintesi di un acido grasso a partire da costituenti semplici, necessitano ATP come fonte di energia (reazioni endoergoniche) e di NADPH come fonte riducente. La sintesi dei lipidi non è il percorso inverso alle reazioni degradative (seppur il motivetto metabolico sia lo stesso invertito) in quanto ci sono importanti differenze:  Si svolge nel citosol e non nella matrice  Utilizza APC e non CoA come base di attacco degli intermedi biochimici  Malonil-CoA è il donatore di atomi di carbonio  Viene utilizzato il NADPH e non il NADH  L’allungamento si arresta a C16 (palmitato) Inoltre gli stessi problemi individuati nella degradazione degli acidi grassi si ripresentano (doppi legami, numero di atomi di carbonio dispari).

FORMAZIONE MALONIL-CoA o o o o

REAZIONE: carbossilazione irreversibile ENZIMA: Acetil-CoA carbossilasi COENZIMI: Biotina CINETICA: classica carbossilazione con attivazione della CO2 (carbossi fosfato, carbossi biotina) in un processo irreversibile in condizioni cellulari; importante sottolineare che questa carbossilazione su C3 serve a guidare le reazioni successive in quanto incanala l’energia dell’idrolisi del legame ATP in un gruppo CO2 facilmente decarbossilabile.

COMPLESSO ACIDO GRASSO SINTASI STRUTTURA: catena polipeptidica di grandi dimensioni organizzata in due catene identiche (dimero) da 260kDa, ciascuna delle quali è costituita da 3 domini catalitici o DOMINIO 1: enzima di condensazione (Beta-ChetoAcil-ACP-Sintetasi) ed enzimi di trasferimento (AcetilCoA-ACP-Transacetilasi e Malonil-CoA-ACP-transacetilasi) o DOMINIO 2: enzimi di riduzione (Beta-ChetoAcil-ACP-Reduttasi e Enoil-ACP-reduttasi) e disidratazione (Beta-IndrossiAcil-ACP-Deidratasi) e proteina ACP o DOMINIO 3: enzimi di rilascio del prodotto C16 (Tioesterasi) Gli intermedi della reazione di sintesi rimangono legati covalentemente a gruppi SH del complesso o RESIDUO SH1: residuo di cisteina sull’enzima di condensazione (Beta-ChetoAcil-ACP-sintetasi) del dominio 1. Contiene l’acetil-CoA prima e successivamente la catena acilica in allungamento. o RESIDUO SH2: fosfopanteteina legata ad un residuo laterale di Ser dell’ACP del dominio 2. Contiene il Malonil-CoA attivato per l’allungamento della catena acilica e il substrato durante l’attività enzimatica, che al termine sarà riportato sul residuo SH1. Il dominio 2 contiene la proteina ACP (Acil Carrier Protein), un grosso gruppo prostetico a singola catena polipeptidica, che serve per trasportare gli intermedi di reazione da un sito catalitico al successivo, come succede in ogni buon complesso enzimatico dove vige la regola dell’incanalamento del substrato (vedi lipoato nel complesso piruvato deidrogenasi).

PREPARAZIONE FASE DI ALLUNGAMENTO I gruppi tiolici dell’enzima devono essere caricati con i gruppi acilici corretti, pertanto o ACETIL-CoA-ACP-TRANSACETILASI: trasporta il gruppo acetilico dall’Acetil-CoA al gruppo SH del residuo di cisteina della sub unità B-ChetoAcil-ACP-Sintetasi in una reazione aspecifica (si consideri che il giro successivo non sarà più acetil-CoA ma una catena acilica allungata). o MALONIL-CoA-ACP-TRANSACETILASI: trasporta il gruppo malonilico attivato dal Malonil-CoA al residuo SH della fosfopanteteina della proteina ACP in una reazione molto specifica (anche il giro successivo verrà trasportato questo gruppo). Possiamo anticipare che la risoluzione del problema legato alla produzione di acidi carbossilici con numero di atomi di carbonio dispari viene stupidamente risolto utilizzando proprionil-CoA e non Acetil-CoA come innesco.


CICLO DI ALLUNGAMENTO ACIDO GRASSI Abbiamo precedentemente detto che la biosintesi degli acidi grassi non è il percorso inverso della loro degradazione, in quanto cambiano enzimi, compartimenti e modalità, ma a scopo puramente didattico possiamo far osservare come il famoso motivo metabolico composto da Ossidazione->Idratazione->Ossidazione->Scissione/Rigenerazione incontrato in diverse circostanze (rigenerazione succinato, beta ossidazione) venga mantenuto ma percorso al contrario: Condensazione -> Riduzione -> Disidratazione -> Riduzione Inoltre, sempre a scopo didattico, è utile notare che i primi due passaggi ottengono i due principali corpi chetonici studiati legati alla proteina ACP. FASE 1 – CONDENSAZIONE ad ACETO-ACETIL-ACP o o o o

REAZIONE: condensazione a Beta-Chetoacido ENZIMA: Beta-ChetoAcil-CoA Sintetasi COENZIMI: nessuno CINETICA DI REAZIONE: la reazione è spinta dalla decarbossilazione del malonil-ACP a formare aceto-acetilACP; si noti la similarità con la reazione di tiolisi nella produzione di corpi chetonici (Aceto-Acetil-CoA) che viene accoppiata ad una reazione esorgonica (idrolisi legame tioestere fase successiva) e con l’ultima fase della beta ossidazione, dove la scissione del B-ChetoAcido produceva due molecole di Acetil-CoA.

FASE 1 Decarbossilazione + Condensazione ENZIMA Β-ChetoAcil-ACP Sintetasi

MOLECOLA/E DI PARTENZA Acetil-ACP + Malonil-ACP COENZIMI Nessuno

MOLECOLA FINALE Aceto-Acetil-ACP ENERGIA DI REAZIONE Nd

FASE 2 – RIDUZIONE a D-β-IDROSSI-BUTIRRIL-ACP o o o o

REAZIONE: riduzione a Beta-IdrossiAcido ENZIMA: Beta-ChetoAcil-ACP reduttasi COENZIMI: NADPH CINETICA DI REAZIONE:La riduzione è stereospecifica, a formare un beta-idrossiAcido già incontrato sia nella conversione dell’aceto-acetato a D-Beta-Idrossi-Butirrato, sia nella fase degradativa della Beta-ossidazione, con l’idratazione del trans-Δ2-Enoli-CoA a L-B-IdrossiAcil-CoA; possiamo notare come nella via degradativa la stessa molecola abbia configurazione L mentre nella via biosintetica (compresi i corpi chetonici) abbia configurazione D.

FASE 2 Riduzione stereospecifica ENZIMA Β-ChetoAcil-ACP Reduttasi

MOLECOLA/E DI PARTENZA Aceto-Acetil-ACP COENZIMI NADPH

MOLECOLA FINALE D-β-Idrossi-Butirril-ACP ENERGIA DI REAZIONE Nd

FASE 3 – DISIDRATAZIONE a TRANS-Δ2-BUTENIL-ACP o o o o

REAZIONE: disidratazione a formare insaturazione fra C2-C3 ENZIMA: Beta-IdrossiAcil-ACP deidratasi COENZIMI: nessuno CINETICA DI REAZIONE: viene rimossa una molecola di H2O dal legame C2-C3 per formare un’insaturazione con configurazione trans (la stessa dell’intermedio trans-Δ2-enoil-CoA della beta ossidazione)

FASE 3 Disidratazione ENZIMA B-IdrossiAcil-ACP deidratasi

MOLECOLA/E DI PARTENZA D-β-Idrossi-Butirril-ACP COENZIMI Nessuno

MOLECOLA FINALE Trans-Δ2-Butenil-ACP ENERGIA DI REAZIONE Nd


FASE – STAURAZIONE a BUTARRIL-ACP o o o o

REAZIONE: Saturazione (riduzione) del doppio legame C2=C3 ENZIMA: Enoil-ACP reduttasi COENZIMI: NADPH CINETICA DI REAZIONE: il doppio legame viene saturato in modo da riottenere una catena acilica satura e il ciclo di allungamento si è concluso (sono state aggiunte all’innesco due atomi di carbonio).

FASE 4 Riduzione ENZIMA Enoil-ACP reduttasi

MOLECOLA/E DI PARTENZA Trans-Δ2-Butenil-ACP COENZIMI NADPH

MOLECOLA FINALE Butirril-ACP ENERGIA DI REAZIONE Nd

Terminato il ciclo la molecola di Butirrato (legata all’ACP a formare Butirril-ACP) viene trasferita nuovamente al gruppo SH del residuo di Cisteina della sub unità B-ChetoAcil-ACP Sintasi affinchè possa iniziare una nuova fase di allungamento; allo stesso modo una nuova molecola di Malonil-CoA viene trasferita all’ACP.

RESA ENERGETICA Per produrre palmitato C16 servono 7 cicli di allungamento per un totale di 7 molecola di Malonil-CoA +

+

+

+

+

+

La produzione di malonilCoA richiede una spesa energetica +

+

+

+

Per tanto sono necessarie 8 molecole di Acetil-CoA per produrre una molecola di acido grasso C16; riassumendo +

+

+

+

+

SHUTTLE CITRATO L’acetil-CoA necessario alla sintesi degli acidi grassi deriva dal metabolismo del glucosio e degli amminoacidi, in quanto lipolisi e litogenesi sono mutualmente complementari (non c’è una se è attiva l’altra); per tanto l’Acetil-CoA dovrà essere trasportato dalla matrice mitocondriale al compartimento citoplasmatico prima di essere utilizzato, in quanto vige la separazione dei compartimenti tra reazioni anaboliche e cataboliche. o SHUTTLE CITRATO: l’Acetil-CoA reagisce con ossalacetato per formare citrato, molecola che possiede un suo trasportatore sulla MMI e quindi può giungere nel citosol dove viene idrolizzato, a spese dell’ATP, nei due composti di partenza dalla citrato liasi; l’ossalacetato rientra nel mitocondrio come piruvato: prima viene ridotto a malato da una malato deidrogenasi citoplasmatica ed in seguito viene decarbossilato ossidativamente a piruvato, formando nel contempo NADPH e CO2. Il piruvato rientrato nei mitocondri viene trasformato in ossalacetato dalla piruvato carbossilasi mitocondriale.

CONTROLLO LIPOGENESI A livello generico possiamo affermare che la lipogenesi sia attivata dall’insulina e bloccata dall’adrenalina e glucagone, ciò nonostante entrano in gioco livelli di regolazione allosterica, covalente ed adattativa molto complessi. Il principale enzima sotto controllo è l’Acetil-CoA carbossilasi, che promuove la produzione di malonil-CoA o CONTROLLO ALLOSTERICO: il controllo allosterico è a carico di citrato (attivatore) e palmitato (inibitore) in quanto questi substrati controllano la polimerizzazione dell’enzima in filamenti attivi o meno: il citrato favorisce la polimerizzazione mentre il palmitato ne favorisce la depolimerizzazione, insieme al blocco dello shuttle del citrato e della via dei pentosi fosfato (blocco Glu6P Dh). o CONTROLLO COVALENTE: il controllo fosforilativo avviene da parte di una chinasi inibitoria (AMPK), che inibisce l’enzima quando lo stato energetico cellulare è scarso (rapporto ATP/AMP basso) e da parte di una fosfatasi attivatoria (FOSFATASI 2A) che rimuove il blocco all’enzima. Il controllo della chinasi e della fosfatasi è su base ormonale, in quanto adrenalina e glucagone, attivando la PKA, attivano anche AMPK ed inibiscono la fosfatasi 2°, bloccando di fatto la lipogenesi (si attiva la lipolisi -> perilipina A)


Il controllo della lipogensi non si limita al controllo sull’enzima Acetil-CoA carbossilasi ma una serie di substrati ha la capacità di direzionare il processo o CONTROLLO CITRATO: attiva lipogenesi, in quanto segnala abbondanza di acetil-CoA, e blocca la glicolisi, segnalando uno stato energetico elevato. o CONTROLLO PALMITATO: inattiva la lipogenesi per blocco a feed-back o

CONTROLLO MALONIL-CoA: inibisce la carnitina Acil-transferasi I quando la carica energetica è elevata bloccando la beta ossidazione

o

CONTROLLO NADH/NAD+: un alto rapporto NADH/NAD+ mitocondriale blocca la beta ossidazione

(fase3) a segnalare un alto livello energetico, favorendo la lipogenesi. o CONTROLLO ACETIL-CoA: inibisce per feed-back negativo la tiolisi della beta ossidazione. SUBSTRATO ENZIMA CONTROLLATO BETA OSSIDAZIONE LIPOGENESI CITRATO ↑ Acetil-CoA carbossilasi ↓ (indire o) ↑ PALMITATO ↓ Acetil-CoA carbossilasi ↑ (indire o) ↓ MALONIL-CoA ↓ Carnitina AcilTransferasi I ↓ ↑ NADH ↓ βIdrossiAcil-CoA Dh ↓ ↑ (indiretto) ACETIL-CoA ↓ Tiolasi ↓ ↑ (indiretto) Inoltre vi è un ultimo tipo di controllo, definito CONTROLLO ADATTATIVO, che risponde a variazione dei substrati dalla dieta modulando nel tempo le concentrazioni degli enzimi lipogenici in modo da adattare le esigenze metaboliche alle condizioni offerte dall’ambiente.

PROBLEMA BIOSINTESI – ALLUNGAMENTO CATENE DA 16C L’allungamento del Palmitato, prodotto principale della biosintesi degli acidi grassi, è operato da enzimi del REL, lato citosolico, tramite condensazione di unità bi carboniose provenienti dal gruppo malonil-CoA in seguito a sua decarbossilazione.

PROBLEMA BIOSINTESI – INSATURAZIONE CATENE L’insaturazione è operata nuovamente dal REL utilizzando un complesso di tre enzimi di membrana che raccolgono elettroni provenienti da unità riducenti, NADPH o NADH, e dall’acido grasso da desaturare e li cedono all’ossigeno molecolare; in altre parole, due elettroni arrivano dal NADH e due elettroni arrivano dal legame C-C interessato, al fine di poter trasformare una molecola di O2 in due molecole di H2O (ricordarsi che servono 4 elettroni per molecola di O2, onde evitare formazione di radicali dell’ossigeno). o ENZIMA 1 – NADH-CITROCROMO B5 REDUTTASI: raccoglie i primi 2 elettroni dal NADH e li dirotta verso i restanti enzimi dalla catena, utilizza un suo gruppo prostetico FAD o ENZIMA 2- CITROCROMO B5: utilizza il suo atomo di ferro per accettare e destinare elettroni all’ultimo complesso o ENZIMA 3 – DESATURASI: raccoglie elettroni sia dalla catena a monte sia dall’acido grasso da desaturare e li cede all’ossigeno molecolare. Il risultato è la formazione del doppio legame nella posizione voluta. +

+

+

+

L’oleato (C18:01) cis-Δ9 è il punto di partenza per la sintesi di molti altri grassi insaturi, che si ottengono per allungamento o per ulteriore insaturazione; focalizziamo l’attenzione sul fatto che non esistono enzimi cellulari che possano aggiungere doppi legami oltre la posizione 9, per tanto alcuni acidi grassi polinsaturi devono essere assunti con la dieta e sono definiti essenziali. ACIDO PALMITICO -> C16:00 ACIDO PALMITOLEICO -> C16:01 cis Δ9 ACIDO STEARICO -> C18:00 ACIDO OLEICO -> C18:01 cis Δ9 LINOLEATO -> C18:02 cis Δ9,Δ12 [ACIDO GRASSO ESSENZIALE] LINOLENATO -> C18:03 cis Δ9,Δ12,Δ15 [ACIDO GRASSO ESSENZIALE]


LIPIDI DI MEMBRANA La sintesi di fosfolipidi, sfingolipidi, colesterolo è derivati è trattata in questa sezione

SINTESI TRIGLICERIDI E FOSFOLIPIDI Sia i trigliceridi sia i fosfolipidi hanno come comune precursore il FOSFATIDATO, chimicamente descritto come Diacil-Glicerolo 3P (per gli amici DAG-3P) SINTESI FOSFATIDATO o SPECIE CHIMICA: Diacil-Glicerolo 3P (normalmente sul C1: acido grasso saturo; C2: acido grasso insaturo) o PRECURSORE: DHAP o GLICEROLO o COMPARTIMENTO: REL lato citoplasmatico e MME lato citoplasmatico SINTESI – partendo da DHAP: comporta la riduzione a glicerolo 3P e la successiva acilazione su C1 e C2 1. GLICEROLO FOSFATO DH: catalizza la riduzione da DHAP a glicerolo 3P, utilizza NADH o NADPH 2. GLICEROLO FOSFATO TRANSACILASI: catalizza il trasferimento del gruppo acilico da due molecole di Acil-CoA alle funzione idrossiliche su C1 e C2. Si forma l’intermedio monoacil-glicerolo 3P, per gli amici LISOFOSFATIDATO, dopo l’aggiunta di un primo gruppo acilico. SINTESI – partendo da GLICEROLO: una piccola parte del GAP-3P si forma da glicerolo per intervento di una chinasi 1. GLICEROLO CHINASI: catalizza l’aggiunta in posizione 1 o 3 di un gruppo fosfato dall’ATP. SINTESI TRIGLICERIDI o SPECIE CHIMICA: tri-acil-glicerolo o PRECURSORE: fosfatidato o COMPARTIMENTO: REL fegato, complesso enzimatico TRIACILGLICEROLO SINTASI SINTESI: il complesso enzimatico racchiude due attività catalitiche 1. DAG-3P FOSFATASI: rimozione del fosfato in posizione C3 a formare DAG 2. DAG-3P ACILTRANSFERASI: trasferimento del terzo gruppo acilico dal Acil-CoA al DAG SINTESI FOSFOLIPIDI o SPECIE CHIMICA: Diacil-glicerolo 3P con aggiunta di un alcolo al fosfato. o PRECURSORE: fosfatidato o COMPARTIMENTO: REL SINTESI: per la sintesi occorrono un diacilgliceride (fosfatidato) ed un alcolo (serina, colina, etanolammina, inositolo), ed uno dei due composti di partenza deve essere in forma attivata; sia per quanto riguarda l’attivazione del fosfatidato, sia per l’attivazione degli alcoli, viene utilizzata la CITIDINA TRIFOSFATO, con la precisazione che l’attivazione di quest’ultimi necessita di una preventiva fosforilazione a fosforil-alcolo. o ATTIVAZIONE FOSFATIDATO: CTP reagisce con fosfatidato per generare CDP-DAG e PP; l’idrolisi del pirofosfato a 2Pi traina la reazione altrimenti reversibile. CDP-DAG reagisce con l’alcolo formando il fosfolipide in questione e liberando CMP, che utilizza due molecole di ATP per essere rigenerata + − o

+

+ +

ATTIVAZIONE ALCOLO: la fosforilazione del gruppo idrossilico di un alcolo porta alla formazione di fosforil-Alcolo che può reagire con CTP per formare CDP-Alcolo; questo reagisce con il fosfatidato per formare il fosfolipide e CMP +

+


SINTESI FOSFORIL-SERINA La sintesi prevede la reazione fra fosfatidato attivato e l’amminoacido serina −

+

+

SINTESI FOSFORIL-ETANOLAMINA La sintesi prevede la fosforilazione dell’etanolammina a Fosforil-Etanolamina e la sua successiva attivazione a CDP-Etanolammina; l’alcool attivato può attaccare il fosfatidato e formare il fosfolipide + −

+

I batteri inoltre sono in grado di decarbossilazione la fosfatidil-serina a formare fosfatidil-etanolamina. SINTESI FOSFORIL-COLINA La sintesi prevede una via extraepatica (dominante) ed una via epatica o VIA EXTRAEPATICA: la colina ingerita con la dieta viene attivata (fosforilazione e CTP) e trasferita su fosfatidato → → − o

VIA EPATICA: il fegato possiede un particolare tipo di enzimi, detti FOSFATIDILETANOLAMINA METIL TRANSFERASI che catalizza l’aggiunta dei tre gruppi metilici all’azoto terminale della fosfatidiletanolamina. +

Anche i batteri sono in grado di catalizzare quest’ultima serie di reazioni. In tal modo l’organismo si tutela dalle situazioni in cui la colina non viene ingerita con la dieta. o SINDROME DA DISTRESS-RESPIRATORIO: errore nella via biosintetica del surfattante polmonare, la dipalmitoil-fosfatidilcolina SINTESI FOSFATIDIL-INOSITOLO La sintesi prevede l’attivazione del fosfatidato a CDP-DAG e l’attacco dell’inositolo a formare il fosfolipide; in seguito specifiche chinasi sono in grado di fosforilare l’inositolo, formando ad esempio PtdIns 4,5 BP, un lipide coinvolto nella trasduzione del segnale in seguito all’attivazione della via PLC (che forma Ins 1,4,5 P3 e DAG) − + → − + → ,

+

( , ) ( , , )

L’inositolo 1,4,5 trifosfato viene anche indicato come IP3 e media l’attivazione della PKC in cooperazione con il DAG. NB: mentre per la maggior parte dei fosfolipidi le catene aciliche sono variabili, per quanto riguarda i fosfatidil-inositolo la configurazione classica è costituita da acido stearico su C1 ed acido arachidonico su C2


SINTESI FOSFOLIPIDI ETEREI I lipidi incontrati in precedenza avevano come precursore il FOSFATIDATO, mentre per quanto riguarda l’ultima classe di fosfolipidi, quelli con funzioni eteree, il precursore è l’intermedio della glicolisi DHAP o SPECIE CHIMICA: fosfolipidi con unità eterea a lunga catena in sostituzione della catena acilica C1 o PRECURSORE: DHAP SINTESI: la sintesi prevede prima la sostituzione di una catena acilica in C1 con un alcolo a lunga catena, attraverso la formazione di un ponte ossigeno (funzione eterea); successivamente la funzione carbonilica in C2 viene ridotta ed acilata; infine vi è la classica reazione di attivazione e reazione con un alcolo per formare gli analoghi eterei dei fosfolipidi incontrati sin ora. 1. INTERMEDIO 1 ALCHIL-DHAP: il DHAP viene acilato in C1 a formare l’intermedio 1-Acil-DHAP, successivamente il gruppo acilico viene scambiato con un alcolo a lunga catena che reagisce per formare l’intermedio 1-Alchil-DHAP 2. RIDUZIONE FUNZIONE CHETONICA: Il C2 viene ridotto a gruppo idrossile e successivamente acilato, per formare 1Alchil-2Acil-Glicerolo 3P 3. REAZIONE CON ALCOLO ATTIVATO: analoga ai fosfolipidi incontrati in precedenza, prevede l’aggiunta di un alcolo al fosfato in C3 L’analogo etereo alla fosfatidil-Colina è il PAF (Fattore di attivazione piastrinico) o SPECIE CHIMICA: 1 Alchil-2Acetil-Fosfatidil-Colina o FUNZIONE BIOLOGICA: induce l’aggregazione piastrinica, la contrazione della muscolatura liscia dei vasi e l’attivazione delle cellule del sistema immunitario; è un’importante mediatore dello shock anafilattico e funziona tramite recettore 7TM (GPCR). La solubilità in ambiente acquoso è aumentata dalla presenza di un gruppo acetil sul C2 SINTESI PLASMALOGENI o SPECIE CHIMICA: fosfolipidi eterei con un’insaturazione Cα-Cβ sul gruppo 1-Alchil o PRECURSORE: Fosfolipidi eterei o COMPARTIMENTO: REL, proteine di membrana quali Citocromo B5 e Desaturasi SINTESI: la sintesi ricorda la formazione di doppi legami sulle catene sintetizzate di acidi grassi, in quanto sfrutta NADPH ed O2, nonché il Cit B5. L’analogo della fosfatidil-Colina è la FOSFATIDAL-COLINA.


SINTESI SFINGOLIPIDI Gli sfingolipidi sono lipidi di membrana di tutte le cellule umane ma si concentrano maggiormente nel SNC; si basano sul precursore sfingosina, che viene trasformata in ceramide ed infine sostituita a sfingomielina, cerebro side o ganglioside, le tre classi principali di sfingolipidi. SINTESI SFINGOSINA o PRECURSORI: Palmitoil-CoA [C16:00] e Serina La sintesi prevede tre reazioni consecutive 1. DECARBOSSILAZIONE SERINA: la serina decarbossilata può attaccare tramite il suo carbonio alfa il carbonio carbonilico dell’acido grasso, spiazzando il CoA e formando un intermedio. 2. RIDUZIONE A DI-IDRO-SFINGOSINA: la funzione carbonilica dell’acido grasso viene ridotta a gruppo idrossile, formando la diidrosfingosina; la reazione è NADPH dipendente. 3. INSATURAZIONE A SFINGOSINA: avviene l’ossidazione FAD dipendente del legame C(α)-C(β) della catena acilica della diidrosfingosina a formare la sfingosina; la reazione necessita di PLP come coenzima. La sfingosina è il punto di partenza per la sintesi dei successivi lipidi SINTESI CERAMIDE o PRECURSORI: sfingosina La sintesi prevede l’acilazione della sfingosina a livello del suo gruppo amminico, per formare ceramide SINTESI SFINGOMIELINA o PRECURSORI: ceramide o SOSTITUENTE: fosforil-colina sull’OH terminale della cerebro side SINTESI CEREBROSIDE o PRECURSORI: ceramide e glucosio/galattosio o SOSTITUENTI: glucosio o galattosio attivati (UDP-glucosio e UDP-Galattosio) sull’OH terminale della ceramide; gli zuccheri vengono legati tramite l’OH del carbonio 4 SINTESI GANGLIOSIDE o SPECIE CHIMICA: sfingolipide derivato dalla ceramide con aggiunta di una catena oligosaccarica acida attraverso un residuo ponte di glucosio. o PRECURSORI: ceramide e acidi sialici o SOSTITUENTI: catena oligosaccarica unita all’OH terminale della ceramide attraverso un residuo ponte di glucosio e contenente almeno uno zucchero acido appartenente alla famiglia degli acidi sialici (ACIDO N-ACETILNEURAMINICO o ACIDO N-GLICOLILNEURAMINICO); questi sono sintetizzati a partire da PEP e N-AcetilMannosamina 6P. I gangliosidi sono sintetizzati dall’aggiunta passo passo di un residuo glucidico dopo l’altro e la struttura risultate è in funzione della specificità delle glicosiltransferasi. o MALATTIA DI TAY-SACHS: errore nella degradazione dei gangliosidi per assenza dell’enzima B-NAcetilEsoaminidasi che comporta l’accumulo di N-AcetilGalattosamina nei lisosomi, portando a cecità e ritardo mentale, con sopravvivenza inferiore ai 3 anni.


SINTESI COLESTEROLO Lipide steroideo di membrana che ne regola la fluidità, preservando dal congelamento alle basse temperature ed impedendo l’eccessiva mobilità alle alte temperature. La sintesi avviene in tre fasi, ciascuna delle quali divisa in ulteriori 3 (o 4) passaggi. FASE 1 – SINTESI ISOPENTENIL-PIROFOSFATO La fase 1 prevede l’insieme di tre passaggi che portano alla sintesi di isopentenil-PP a partire da tre molecole di acetil-CoA o HMG-CoA SINTASI: catalizza la condensazione di una molecola di Aetil-CoA ad una molecola di Aceto-Acetil-CoA formando HGM-CoA, molecola già incontrata nei mitocondri nella produzione dei corpi chetonico (subisce perdita di acetil-CoA per dare aceto-acetato). o HMG-CoA REDUTTASI: catalizza in una reazione irreversibile la formazione di MEVALONATO tramite riduzione NADPH dipendete della funzione carbonil-CoA a gruppo metil-idrossil. o FORMAZIONE ISOPENTENIL-PP: vengono aggiunti due gruppi P al gruppo idrossilico appena creato ed uno all’OH centrale, che esce insieme alla funzione carbossilica per creare un’insaturazione fra il carbonio alfa ed il carbonio beta. Concludendo nell’ultimo passaggio vengono utilizzate tre molecole di ATP, la decarbossilazione riguarda la funzione carbossilica del mevalonato e la fosforilazione la funzione idrossilica terminale. FASE 2 – SINTESI SQUALENE La seconda fase comprende quattro passaggi che portano alla sintesi di squalene (C30) per condensazione di unità isoprenica C5, costituite da isopentenil-PP o ISOMERIZZAZIONE A DIMETIL-ALLIL-PP [C5]: viene spostata l’insaturazione tra C2 e C3 della molecola di isopentenil-PP, condizione necessaria per la futura condensazione. o CONDENSAZIONE A GERANIL-PP [C10]: la fuoriuscita del gruppo pirofosfato dalla molecola di dimetilallil-CoA determina la comparsa di un carbocatione a livello dell’insaturazione, fattore predisponente all’attacco da parte del doppio legame di isopentenil-PP e successivo riarrangiamento a geranil-PP; a livello didattico si può pensare alla condensazione di due molecole di dimetilallil-PP in quanto la configurazione dei doppi legami a prodotto ultimato è tipica di questa molecola piuttosto che di isopentenil-PP o CONDENSAZIONE A FARNESIL-PP [C15]: analogamente a quanto succede in precedenza una terza molecola di isopentenil-PP attacca il geranil-PP per formare farnesil-PP o CONDENSAZIONE CODA-CODA A SQUALENE [C30]: due code PP di due molecole di farnesil-PP reagiscono e si condensano a formare squalene, rilasciando due PP che verranno idrolizzati a 4Pi FASE 3 – SINTESI COLESTEROLO L’ultima fase nella sintesi del colesterolo è la più concertata in quanto si formano intermedi instabili che tendono a ciclizzare in modo ben preciso. o ATTIVAZIONE AD EPOSSIDO-SQUALENE [C30]: si sfrutta l’insaturazione C2-C3 di una molecola di squalene per coordinare un atomo di ossigeno, previa riduzione NADPH dipendente. o FORMAZIONE LANOSTEROLO [C30]: è la fase più concitata in cui l’enzima protona l’epossido squalene formando un carbocatione che autonomamente ciclizza riorganizzandosi a lanosterolo o RIORGANIZZAZIONE A COLESTEROLO [C27]: in una serie di 19 reazioni vengono eliminati 3 gruppi metilici, un doppio legame e viene spostata un’insaturazione in C5-C6. Gli anelli vengono definiti A,B,C e D, i sostituenti al di sopra del piano hanno configurazione beta, quelli al di sotto alfa; C18 e C19 sono entrambi beta.


REGOLAZIONE BIOSINTESI DEL COLESTEROLO Il fegato è il principale organo dove viene sintetizzato colesterolo a partire da costituenti semplici, ciò nonostante anche l’intestino tenue produce dosi apprezzabili di colesterolo da novo. La regolazione della biosintesi è molto sensibile ai livelli intracellulari di colesterolo, in quanto deve tener conto dell’assunzione dalla dieta; il sito di controllo principale è a livello della HMG-CoA reduttasi, che catalizza la prima reazione irreversibile del processo CONTROLLO HMG-CoA REDUTTASI o CONTROLLO TRASCRIZIONALE: la trascrizione del gene codificante l’enzima è sotto il controllo del fattore trascrizionale SREBP (Sterol Regulatory Element Binding Protein) che legando la sequenza SRE attiva la trascrizione genica; il fattore di trascrizione è normalmente localizzato in forma inattiva a livello della membrana nucleare esterna o sul REL, in associazione a SCAP (SREB Cleavage Activating Protein), proteina responsabile dell’attivazione (tramite taglio proteolitico del dominio N terminale) quando la concentrazione intracellulare di colesterolo si riduce. o CONTROLLO TRADUZIONALE: la traduzione degli m-RNA codificanti l’enzima viene inibita da metaboliti non steroidei del mevalonato o del colesterolo ingerito con la dieta o CONTROLLO DEGRADATIVO: aumentati livelli di colesterolo inducono degradazione ubiquitina dipendente dei fattori trascrizionali attivi a livello nucleare ed inibizione dell’attivazione proteolitica SCAP mediata a livello del REL; in quest’ultima sede abbiamo un’inibizione mediata dallo stesso colesterolo che lega siti trans membrana regolatori della proteina non ancora clivata. o CONTROLLO FOSFORILATIVO: la fosforilazione inibisce la sintesi di colesterolo ed è attivata da aumenti della concentrazione di AMP (che segnalano un profilo energetico ridotto). Al fine di ridurre il colesterolo ematico (condizione di ipercolesterolemia) si può pensare di limitare l’assorbimento annullando l’azione facilitante dei Sali biliari o bloccare l’enzima chiave della biosintesi cellulare. o COLESTIRAMINA: polimeri di carica positiva che legano i Sali biliari e prevengono l’assorbimento del colesterolo dalla dieta o STATINE: potenti inibitori allosterici dell’ HMG-CoA reduttasi LIPOPROTEINE

CARICO

ORGANO PARTENZA

ORGANO BERSAGLIO

CHILOMICRONI

Trigliceridi dieta

Intestino tenue

Tessuti periferici

CHILOMICRONI SCARICHI

Colesterolo dieta

Intestino tenue

Fegato

VLDL

Trigliceridi endogeni

Fegato

Tessuto adiposo/muscolo

IDL

Colesterolo

VLDL scariche

Fegato

LDL

Colesterolo

Fegato

Tessuti periferici

HDL Colesterolo Tessuti periferici Fegato NB: le IDL sono le VLDL scariche che ritornato al fegato e vengono convertite in LDL


DERIVATI DEL COLESTEROLO I principali derivati del colesterolo sono rappresentati dai Sali biliari, dalla vitamina D e dagli ormoni steroidei, a sottolineare l’importanza che riveste questo lipide di membrana nella fisiologia umana. SALI BILIARI Sono derivati polari del colesterolo e grazie alla loro natura anfipatica sono in grado di agire come detergenti biologici, solubilizzando ed emulsionando i grassi ingeriti con la dieta, aumentando la superficie d’azione delle lipasi intestinali e favorendo l’assorbimento del colesterolo (tantoché l’inibizione porta ad una riduzione della captazione di colesterolo). Sono i primi metaboliti nella degradazione del colesterolo stesso e la loro sintesi richiede la preventiva attivazione a COLIL-CoA e la successiva reazione con GLICINA o TAURINA a formare i Sali GLICOLATO e TAUROCOLATO. (NB: i Sali prodotti perdono l’insaturazione dell’anello B) VITAMINA D La vitamina D o COLECALCIFEROLO viene prodotta in diversi passaggi, che richiedono l’esposizione ai raggi solari e l’idrossilazione da parte dei reni e del fegato affinchè la forma diventi attiva e possa regolare il metabolismo del calcio e del fosforo. o 7 DEIDRO-COLESTEROLO: viene aggiunta un’ulteriore insaturazione a livello del legame C7-C8 o COLECALCIFEROLO: la formazione necessita la scissione UV mediata del legame C9-C10 e la successiva riorganizzazione dell’intermedio instabile a colecalciferolo o vitamina D3 o 1,25 DI-IDROSSI-COLECALCIFEROLO: l’idrossilazione sul C1 e C25 produce 1,25 diidrossicolecalciferolo che è la forma attiva della vitamina D3. ORMONI STEROIDEI La sintesi degli ormoni steroidei è più complessa e prevede la conversione del colesterolo in pregnenolone, un intermedio comune a tutti gli ormoni e la successiva trasformazione in progesterone, precursore dal quale derivano le principali classi di ormoni steroidei. o PREGNENOLONE: intermedio di sintesi dal quale vengono staccate le ultime 6 unità carboniose della catena laterale del colesterolo, utilizzando reazioni di idrossilazione consecutive sugli atomi C20 e C22; la catena staccata viene sostituita da un doppio legame con l’ossigeno e la reazione necessita di 3 unità riducenti NADPH affinchè il processo di idrossilazione da ossigeno molecolare possa avvenire (vedi approfondimento idrossilazione). ,

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,

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PROGESTERONE: la sintesi del progesterone comporta l’ossidazione della funzione idrossilica sul C3 in funzione carbonilica e l’isomerizzazione del legame Δ5 a Δ4. Il progesterone prepara il rivestimento dell’utero per l’impianto dell’ovulo, per il mantenimento della gravidanza e partecipa al ciclo ovarico; viene sintetizzato principalmente a livello del corpo luteo. Dal progesterone le vie divergono ed abbiamo la sintesi di ormoni Glucocorticoidi e Mineralcorticoidi da parte della corteccia surrenale e la sintesi di androgeni ed estrogeni da parte delle gonadi (ed in minima parte dalla corteccia surrenale). o CORTISOLO: principale glucocorticoide derivato dal progesterone per triplice idrossilazione singola a livello di C11, C17 e C21 a carico di enzimi molto specifici. La sintesi è a livello della zona fascicolata della corteccia surrenale e l’azione dell’ormone è quella di attivare la lipolisi, gluconeogenesi e gliconeogenesi, di migliorare la degradazione di acidi grassi e proteine e di inibire la risposta da parte delle cellule del SI. o


ALDOSTERONE: principale mineralcorticoide derivato dall’ossidazione in C18 del CORTICOSTERONE, un precursore derivato dal progesterone per idrossilazione di C11 e C21. La sintesi avviene a livello della zona glomerulosa della corteccia surrenale (regione dove manca l’enzima 17 idrossilasi) e la funzione dell’ormone si esplica principalmente a livello dei tubuli renali distali, dove favorisce l’assorbimento di sodio ed acqua ed aumenta l’escrezione di potassio ed idrogenioni. La sintesi degli ormoni sessuali prevede la riduzione ulteriore del numero di atomi di carbonio attraverso la rimozione completa della catena laterale del progesterone e la sua sostituzione con una funzione carbonilica. o ANDROSTENEDIONE: attraverso una prima idrossilazione sul C17 e possibile eliminare la catena laterale del progesterone, ottenendo il precursore degli ormoni sessuali maschili. Gli androgeni come famiglia di ormoni sono prodotti a livello delle gonadi maschili (ed in minima parte a livello della zona reticolare della corteccia surrenale) e la loro funzione è quella di determinare la comparsa dei caratteri sessuali secondari maschili. Siccome gli ormoni sessuali femminili derivano da quelli maschili per rimozione del C19, l’androstenedione è il precursore anche degli ormoni sessuali femminili. o TESTOSTERONE: comporta la riduzione della funzione carbonilica sul C17 dell’androstenedione a gruppo idrossilico. E’ un ormone che agisce a livello del cervello nel determinare i caratteri sessuali secondari maschili ed a livello dei muscoli, causando ipertrofia (ormone anabolizzante). o DIIDROTESTOSTERONE: deriva dal testosterone per saturazione del doppio legame Δ4. Viene prodotto attraverso l’alfa 5 reduttasi, un enzima presente a livello delle gonadi, della prostata e dei follicoli piliferi e determina sviluppo e differenziazione del fenotipo maschile. I rispettivi derivati femminili sono o ESTRONE: derivato dall’androstenedione per rimozione del C19 o ESTRADIOLO: derivato dal testosterone per rimozione del C19 Gli estrogeni determinano lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari femminili e la sintesi è a livello delle ovaie ed in minima parte a livello della zona reticolare della corteccia corticale. o

EICOSANOIDI L’acido arachidonico (C20) si ottiene dai fosfolipidi, per azione della fosfolipasi A (PLA2) o dai DAG, per azione della DG lipasi; dall’arachidonato derivano le classi dei LEUCOTRIENI e delle PROSTAGLANDINE. o LEUCOTRIENI: derivano dall’acido arachidonico per azione della lipossigenasi e contengono 3 legami coniugati (come dice il nome). o PROSTAGLANDINE: famiglia derivata dall’acido arachidonico per azione di reduttasi ed isomerasi, contengono un anello a 5C; sono suddivise in diverse classi da PG-A a PG-I e sono accompagnate da un indice che indica il numero di doppi legami C=C al di fuori dell’anello. Le prostaglandine stimolano la risposta infiammatoria, regolano il flusso di sangue agli organi, controllano il trasporto di ioni di membrana e modulano la trasmissione sinaptica. L’uso dell’ASPIRINA blocca il sito attiva dell’enzima che catalizza la conversione in PG-H2 o PROSTACICLINE: derivano dalle prostaglandine per intervento di un enzima prostaciclina sintasi o TROMBOSSANO: derivano dalle prostaglandine per intervento di enzima trombossano sintasi.


METABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI Gli amminoacidi sono i mattoni delle proteine e la fonte di azoto di altre molecole importanti da un punto di vista biologico quali nucleotidi, neurotrasmettitori e gruppi prostetici (porfirie); per questo motivo la loro presenza in quantità e qualità deve essere accuratamente controllata, con meccanismi di feedback e regolazione allosterica che garantiscono la presenza di tutti i 20 amminoacidi in quantità sufficienti per le sintesi biologiche umane (ricordiamo che gli amminoacidi essenziali sono ben 9 su 20) PROCESSO DI FISSAZIONE DELL’AZOTO La molecola di azoto (N2) è una molecola inerte e molto resistente agli attacchi chimici, con un’energia di legame di 225kCal/mole; gli esseri umani, come la completa totalità degli animali e piante, non sono in grado di trasformare questa molecola che abbonda nell’aria in un composto organico utilizzabile (ridotto a NH3), per tanto ci si affida ai batteri o BATTERI DIAZOTROPICI (RHIAOBIUM): contribuiscono per il 60% della fissazione totale di azoto o FULMINI E RADIAZIONI: contribuiscono per un 15% del totale o PROCESSI INDUSTRIALI: contribuiscono al 25% utilizzando il processo di Fritz-Haber (catalizzato Fe, 500°C, 300Atm) Da un punto di vista energetico la reazione di riduzione della molecola di azoto non è termodinamicamente sfavorita, ma presuppone intermedi instabili ed è quindi difficile da un punto di vista cinetico. o COMPLESSO DELLA NITROGENASI: complesso batterico costituito da due sub unità che trasferiscono elettroni con alto potere riducente all’azoto molecolare per ridurlo a NH3 con una gran spesa di energia (sotto forma di ATP) necessaria ad avvicinare le due sub unità.  REDUTTASI: fornisce elettroni ad alto potere riducente, provenienti dalla ferredonina ridotta da processi di fotosintesi o di ossidazione.  NITROGENASI: catalizza la riduzione dell’azoto molecolare in NH3; prende il nome di proteina MoFe ed è formata da 6 atomi di ferro, ciascuno dei quali con un legame libero, in modo da poter legare N2; in questo modo le molte interazioni con l’enzima tendono a indebolire il legame della molecola di azoto. Il complesso è molto sensibile all’ossigeno e la proteina LEGHEMOGLOBINA tenta di preservarlo dall’esposizione. +

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METABOLISMO DELLE PROTEINE La degradazione delle proteine inizia a livello digestivo con l’azione di diverse proteasi o PROTEASI GASTRICHE: pepsina (lato NH terminale) o PROTEASI PANCREATICHE: tripsina, chimo tripsina e A-B carbossipeptidasi (lato COOH- terminale) o PROTEASI ENTERICHE: amino peptidasi (lato NH terminale) Gli amminoacidi, a differenza di lipidi e glucidi, non possono essere immagazzinati, ed una loro eccedenza viene normalmente utilizzata come fonte di energia nel metabolismo ossidativo: viene estratto il gruppo amminico e gli scheletri carboniosi vengono convertiti in piruvato, in acetil-CoA, in intermedi del ciclo di Krebs o in Aceto-Acetil-CoA ed indirizzati verso la sintesi di glucosio, lipidi e corpi chetonici o verso la degradazione ossidativa.

OSSIDAZIONE AMMINOACIDI Gli amminoacidi GLUTAMMATO e GLUTAMMINA sono i punti di raccolta principali dei gruppi amminici all’interno della cellula: gli amminoacidi che devono essere degradati cedono il loro gruppo amminico ad alfa-chetoglutarato nel citosol, trasformandolo in glutammato, il quale migra nei mitocondri dove viene deaminato a lo ione ammonio viene accumulato e riciclato nel ciclo dell’urea. −

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Per quanto riguarda la glutammina, questa molecola si forma per ulteriore aggiunta di gruppo amminico al glutammato, ed è il principale carrier dell’azoto dalla periferia al fegato: durante la contrazione muscolare si accumula azoto dalla degradazione delle proteine e l’ammonio formato viene inviato al fegato in modo da non caricare ulteriormente il muscolo da un punto di vista energetico. −

Un altro carrier importante dal muscolo al fegato è l’ALANINA, che si forma per transaminazione del piruvato: specificatamente nel muscolo, uno sforzo intenso porta il tessuto a lavorare in condizione anaerobica con il risultato di un gran accumulo di piruvato e lattato; mentre il lattato attraverso il ciclo di Corie arriva al fegato, il piruvato viene transaminato ad alanina e viene rigenerato nel fegato. VITAMINA B6 – PIRIDOSSAL FOSFATO Il cofattore derivato dalla vitamina B6 è un importante mezzo di trasferimento di gruppi funzionali, nel caso amminici, da e verso amminoacidi a livello del sito attivo delle aminotransferasi, potendo passare dalla sua forma aldeidica (piridossal fosfato) alla sua forma aminata (piridossamina fosfato). Da un punto di vista prettamente chimico la molecola contiene un anello piridinico leggermente basico ed un gruppo fenolico (OH laterale) leggermente acido, tantoché la molecola può passare ad una forma tautomerica stabile dove il gruppo amminico viene protonato dal gruppo fenolico a formare fenolato. Il gruppo aldeidico è la funzione più importante del coenzima in quanto permette la formazione di basi di schiff con gruppi amminici degli amminoacidi bersaglio; anche nella sua forma inattiva (intendendo la conformazione dell’enzima inattivo) si trova legato ad un residuo di lisina dell’enzima stesso. La forma protonata del coenzima permette di stabilizzare gli intermedi catalitici carichi negativamente che si vengono a formare durante il ciclo di transaminazione, agendo come catalizzatore elettrofilo e trasferendo gli elettroni all’azoto carico positivamente dell’anello piridinico. Il PLP non svolge ruoli esclusivamente rivolti alla transaminazione, ma è implicato anche nella racemizzazione (inversioni epimeri), nelle decarbossilazioni e nelle deaminazioni.


REAZIONE DI TRANSDEAMINAZIONE Insieme di due reazioni metaboliche che estraggono il gruppo alfa amminico di un amminoacido e lo rilasciano nella matrice mitocondriale come ione ammonio, avvalendosi del glutammato come accettore/donatore di gruppi amminici. FASE 1 – TRANSAMINAZIONE o REAZIONE: transaminazione o deaminazione netta o ENZIMA: Transaminasi o COENZIMA: PLP o CINETICA: reazione bimolecolare a “ping pong” dove l’amminoacido in questione si lega al sito attivo dell’enzima e dona il proprio gruppo alfa amminico al PLP uscendo come alfa cheto acido, al quale subentra il secondo substrato, ossia un nuovo alfa cheto acido, precisamente alfachetoglutarato, che viene transaminato a glutammato. Le reazioni hanno una costante di equilibrio prossima ad 1 e quindi sono facilmente reversibili. + → + FASE 2 – DEAMINAZIONE OSSIDATIVA o REAZIONE: deaminazione ossidativa o ENZIMA: L-Glutammato Deidrogenasi o COENZIMA: NAD+ o NADP+ o CINETICA: la reazione si svolge nella matrice mitocondriale interna e serve a rigenerare l’alfachetoglutarato dal glutammato, attraverso la riduzione del legame carbonio-azoto mediata da NAD+ o NADP+ ed il successivo spiazzamento di quest’ultimo da parte di una molecola d’acqua a riformare la funzione carbonilica. −

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In questo caso la reazione favorisce la sintesi di glutammato, ma la rimozione dell’ammoniaca sposta l’equilibrio verso la deaminazione. L’enzima è sotto il controllo allosterico di ATP e ADP (analogo con GTP e GDP): un basso livello energetico porta all’attivazione dell’enzima, aumentando il catabolismo proteico e viceversa in caso di buono stato energetico. CICLO DELLA TRANSAMINAZIONE La precedentemente menzionata transaminazione è un ciclo piuttosto complesso, dove il coenzima PLP svolge le principali funzioni di trasportatore di gruppi amminici. 1. PIRIDOSSAL FOSFATO (PLP): il cofattore è nella sua forma dissociata, con il gruppo fenolico deprotonato a fenolato e con il gruppo amminico all’interno dell’anello protonato. 2. ALDIMMINA: la funzione carbonilica lega il gruppo alfa amminico dell’amminoacido formando un legame imminico C=N; nulla nella molecola cambia. 3. INTERMEDIO CHINONOIDE: il carbonio in alfa dell’amminoacido viene deprotonato, a formare un intermedio dove i doppi legami migrano di una posizione a formare un chinone: si forma un doppio legame tra carbonio alfa e gruppo amminico, fra carbonio carbonilico del PLP e l’anello e all’interno di quest’ultimo i due doppi legami si dispongono in modo alternato. La carica positiva dell’azoto piridinico viene persa per compensare la perdita del protone. Viene eliminato esattamente questo protone in quanto è l’unico con un legame perpendicolare rispetto agli orbitali π dell’anello. 4. CHETOIMMINA: il protone sottratto viene recuperato e aggiunto al carbonio carbonilico del PLP, la carica positiva sull’azoto ripristinata. 5. PIRIDOSSALAMINA FOSFATO: l’amminoacido si allontana come alfa cheto acido ed il gruppo alfa amminico rimane legato all’ex funzione carbonilica del coenzima.


AMMONIACA E CICLO DELL’UREA L’ammoniaca è tossica per l’uomo, tantoché aumentati livelli di ammoniaca nel sangue (ammoniemia) portano ad un aumentata pressione intracranica con edema intracranico, vomito, letargia, stato comatoso e coma. Una spiegazione a tali sintomi neurologici può essere ricercata nell’aumentata osmolarità che un eccesso di glutammina (aumetata in caso di iperammoniemia) comporta a livello cellulari e se a questo aggiungiamo l’estrema sensibilità delle cellule neuronali (specialmente astrociti) ai cambiamenti osmotici ecco che abbiamo un quadro d’insieme delle cause e dei sintomi. o SPECIE AMMONIOTELICHE: eliminano l’ammoniaca diluendola nell’ambiente acquoso circostante o SPECIE UROTELICHE: eliminano l’ammoniaca sotto forma di urea (ciclo dell’urea) o SPECIE URICOTELICHE: eliminano l’ammoniaca sotto forma di acido urico Nelle specie uroteliche l’ammoniaca viene convertita in urea nel CICLO DELL’UREA, ciclo che avviene nella matrice mitocondriale. FASE 0 – SINTESI CARBAMOIL-FOSFATO o REAZIONE: trasferimento ione ammonio NH4+ alla CO2 attivata o COMPARTIMENTO: mitocondrio o ENZIMA: Carbamoil Fosfato Sintasi I o COENZIMA: 2 ATP o CINETICA: la CO2 viene attivata a carbossi fosfato e successivamente il fosfato viene spiazzato dall’ingresso dello ione ammonio; una seconda molecola di ATP reagisce a formare carbamoil P. FASE 1 – SINTESI CITRULLINA o REAZIONE: trasferimento gruppo carbamoil ad ornitina o COMPARTIMENTO: mitocondrio o ENZIMA: ornitina carbamoil transferasi o COENZIMA: nessuno o CINETICA: il gruppo fosfato viene tolto e il carbonio carbonilico del gruppo Carbamiol può reagire con il gruppo ξ-amminico dell’ornitina. Da un punto di vista didattico si forma Carbamoil-Ornitina. FASE 2 – SINTESI ARGINOSUCCINATO o REAZIONE: condensazione di Aspartato a citrullina o COMPARTIMENTO: citosol o ENZIMA: Arginosuccinato sintasi o COENZIMA: nessuno o CINETICA: l’aspartato viene prodotto per transaminazione dell’ossalacetato dal glutammato e viene trasportato al citosol, dove può condensarsi tramite il suo gruppo alfa amminico al carbonio carbonilico della citrullina, previa attivazione ad Citrulli-AMP. FASE 3 – SINTESI ARGININA o REAZIONE: lisi del fumarato o COMPARTIMENTO: citosol o ENZIMA: Arginosuccinasi o COENZIMA: nessuno o CINETICA: viene staccata una molecola di fumarato dall’aspartato appena aggiunto, lasciando il gruppo amminico legato al carbonio dell’ex gruppo carbamoil fosfato a formare arginina.


FASE 4 – RIGENERAZIONE ORNITINA o REAZIONE: produzione di urea o COMPARTIMENTO: citosol o ENZIMA: Arginasi o COENZIMA: nessuno o CINETICA: viene rigenerata l’ornitina attraverso la produzione di una molecola di urea. Il prodotto della reazione precedente, i fumarato, collega il ciclo dell’urea con il ciclo di Krebs, seppur ciascun ciclo possa operare indipendentemente dall’altro. Il destino del fumarato è quello di essere trasformato in ossalacetato e successivamente 1. ASPARTATO: transaminazione da glutammato 2. GLUCOSIO: via gluconeogenica 3. CITRATO: ciclo di Krebs 4. PIRUVATO: via gluconeogenica La regolazione del ciclo dell’urea è in funzione del catabolismo degli amminoacidi: una dieta ricca in proteine o un digiuno prolungato portano a metabolizzare una quantità maggiore di amminoacidi con un aumento dell’ammoniaca prodotta; questo evento porta alla sintesi adattativa di una maggior quantità di enzimi coinvolti ne ciclo dell’urea. Vi è anche una regolazione allosterica operata da una molecola principale, l’N-ACETIL-GLUTAMMATO, prodotto da glutammato ed acetil-CoA grazie all’enzima N-acetilglutammato sintasi, che opera il suo controllo sull’enzima carbamoil-P sintasi.

CATABOLISMO AMMINOACIDI Gli scheletri di carbonio degli amminoacidi privati per transdeaminazione del proprio gruppo alfa amminico sono destinati a formare intermedi metabolici che possono essere convertiti in glucosio o corpi chetonici o venir completamente ossidati nel ciclo di Krebs. o AMMINOACIDI GLUCONEOGENICI: Glicina, Alanina, Cisteina, Serina, Treotina, Arginina, Glutammato, Glutammina, Istidina, Prolina, Metionina, Valina, Aspartato, Asparagina. o AMMINOACIDI CHETOGENICI: Leucina e Lisina o AMMINOACIDI GLUCO/CHETOGENICI: Isoleucina, Triptofano, Tirosina, Fenilalanina

ANABOLISMO AMMINOACIDI Gli scheletri di carbonio per la sintesi di nuovi amminoacidi provengono da intermedi della glicolisi, della via dei pentosi fosfato o dal ciclo di Krebs; alcuni amminoacidi sono importanti precursori per la sintesi di altri amminoacidi, quali glutammato, serina e aspartato. Tutte gli amminoacidi (eccezione per glicina) sono chirali e la stereochimica del carbonio alfa è stabilita da una reazione di transaminazione che coinvolge PLP. Precisiamo inoltre che via metabolica e via anabolica non necessariamente coincidono, anzi spesso sono divergenti; un esempio è la leucina, che deriva dal piruvato ma viene convertita esclusivamente in AcetilCoA o Aceto-Acetil-CoA. SINTESI E DEGRADAZIONE GLUTAMMATO o PRECURSORE ANABOLICO: α-ChetoGlutarato o PRODOTTO METABOLICO: α-ChetoGlutarato o ENZIMA CHIAVE: Glutammato deidrogenasi + PLP o AMMINOACIDI CORRELATI: GLUTAMMINA, PROLINA ed ARGININA La sintesi prevede la transaminazione a formare una base di Schifft (C=N) a cui segue la riduzione del doppio legame attrverso NADH o NADPH a formare glutammato; viceversa il processo degradativo (il gruppo imminico viene spiazzato dall’acqua nella fase degradativa, in seguito ad ossidazione del C-N). Dalla protonazione della fase riduttiva viene determinata la forma L o D del glutammato.


SINTESI E DEGRADAZIONE GLUTAMMINA o PRECURSORE ANABOLICO: glutammato o PRODOTTO METABOLICO: glutammato o ENZIMA CHIAVE: glutammina sintasi, Glutamminasi L’enzima catalizza l’aggiunta di un gruppo fosfato alla funzione carbossilica terminale del glutammato, formando l’intermedio y-GLUTAMMIL-FOSFATO (necessario affinchè si venga a creare sito di legame per NH4), che reagisce con uno ione ammonio a formare glutammina. L’enzima glutamminasi catalizza la rimozione del gruppo NH terminale e la rigenerazione del glutammato. SINTESI E DEGRADAZIONE ASPARTATO o PRECURSORE ANABOLICO: Ossalacetato o PRODOTTO METABOLICO: Ossalacetato, fumarato o ENZIMA CHIAVE: Aspartato transaminasi + PLP o AMMINOACIDI CORRELATI: ASPARAGINA, METIONINA, TREOTINA, ISOLEUCINA e LISINA L’enzima possiede due sub unità identiche formate da un dominio grande, contenente il cofattore PLP e la tasca di inserzione, e un dominio piccolo non meglio descritto. L’enzima utilizza glutammato come donatore di unità amminiche ed anche in questo caso è la protonazione dell’aldimmina esterna a determinare la sintesi della forma L o D. SINTESI E DEGRADAZIONE ALANINA o PRECURSORE ANABOLICO: Piruvato o PRODOTTO METABOLICO: Piruvato o ENZIMA CHIAVE: Alanina aminotrasferasi + PLP La via catabolica e la via anabolica fanno parte del ciclo del glucosio-alanina, che coinvolge i muscoli ed il fegato quando l’attività fisica diventa sostenuta e i muscoli si ritrovano a lavorare in condizione di parziale anaerofilia; in queste condizioni sia il piruvato sia l’ammoniaca aumentano notevolmente e risulta quindi comodo utilizzare un loro combinato per smaltire verso il fegato un’ulteriore spesa energetica (da questo ritorna in seguito glucosio dalla via gluconeogenica). SINTESI E DEGRADAZIONE SERINA o PRECURSORE ANABOLICO: 3P glicerato o PRODOTTO METABOLICO: Piruvato o ENZIMA CHIAVE: Serina deidratasi + PLP (catabolismo), Serina Trans-Idrossi metilasi (anabolismo glicina) o AMMINOACIDI CORRELATI: CISTEINA e GLICINA La biosintesi deriva dal 3P glicerato, che viene ossidato a 3P idrossipiruvato, in quale è soggetto a transaminazione; il prodotto così formato (3 fosfo-serina) possiede il gruppo fosfato legato al C3 che viene idrolizzato e sostituito da un gruppo idrossilico formando la serina; questa funge da precursore per altri amminoacidi e nel caso della glicina viene asportato un gruppo metilene dal tetraidrofolato. La degradazione è interessante perché non necessita di transaminazione: la serina, come la treotina, viene disidrata con la formazione di un doppio legame C2-C3 a formare AMINOACRILATO, che viene deaminato direttamente dall’acqua a formare piruvato. SINTESI E DEGRADAZIONE AMMINOACIDI AROMATICI (Tyr-Phe-Triptofano) o PRECURSORE ANABOLICO: ERITROSIO 4P + PEP o PRODOTTO METABOLICO: Acetil-CoA, Piruvato, Fumarato la biosintesi avviene a partire da composti precursori quali SHIKIMATO e CORISMATO


SINTESI E DEGRADAZIONE CISTEINA o PRECURSORE ANABOLICO: Serina ed Omocisteina o PRODOTTO METABOLICO: Piruvato o ENZIMA CHIAVE: cistationina B-sintasi e cistationasi + PLP la cinetica prevede la formazione dell’intermedio Cistationina (condensazione gruppo tiolico con gruppo ossidrilico) e successiva uscita della cisteina (la serina si tiene i gruppo tiolico) e alfa-chetobutirrato. In caso di blocco della cistationina B sintasi i livelli di omocisteina aumentano di molto e aumenta il rischio di danni aterosclerotici e cardiaci. TRASPORTATORI DI ATOMI DI CARBONIO o TETRAIDROFOLATO: chimicamente è costituito da una pteridina sostituita, da un paraaminobenzoato e da una catena o più residui di glutammato; il composto è assunto attraverso la dieta e serve per trasportare unità carboniose a diversi gradi di ossidazione sfruttando il carbonio 5 e 10 o SAM – S ADENOSIL METIONINA: chimicamente è una molecola di metionina a cui è stato trasferito un gruppo adenosil dall’ATP al proprio atono di zolfo; serve per trasportare gruppi metilici, quindi massimamente ridotti, in quanto aumenta i potenziali di trasferimento a livelli adeguati per la maggior parte delle reazioni biosintetiche (attivazione del gruppo mediata dalla carica positiva sull’atomo di zolfo). In seguito a trasferimento del gruppo metile SAM si trasforma S-AdenosilOmocisteina e successivamente tramite idrolisi ad omocisteina e adenosina. →

La rigenerazione della metionina a partire dall’omocisteina si effettua mediante trans metilazione da parte di N5-Metiltetraidrofolato, in una reazione catalizzata da metionina sintasi + → ⎯ Le due reazioni nel complesso formano il CICLO DEL METILE ATTIVATO TABELLA PROCESSO DEGRADATIVO DESTINO METABOLICO

PIRUVATO

α-CHETOGLUTARATO

SUCCINIL-CoA

AA GLUCONEOGENICI

Glicina Alanina Cisteina Serina Treotina Glutammato Glutammina Arginina Istidina Prolina Valina Treotina Metionina Aspartato

AA. GLUCO/CHETO

Triptofano

Isoleucina

Fenilalanina

FUMARATO Tirosina Aspartato OSSALACETATO Asparagina

AA. CHETOGENICI


DESTINO METABOLICO

AA GLUCONEOGENICI

AA. GLUCO/CHETO

AA. CHETOGENICI

Isoleucina

Leucina

Triptofano Triptofano

Leucina

ACETIL-CoA

ACETO-ACETIL-CoA Isoleucina Tirosina

Lisina

TABELLA PROCESSO ANABOLICO PRFECURSORE METABOLICO

PIRUVATO

OSSALACETATO

AA PRIMARIO DERIVATO

AA. TERZIARI DERIVATO

Alanina Valina Leucina

Aspartato

Α-CHETOGLUTARATO

Glutammato

3P GLICERATO

Serina

PEP + ERITROSIO 4P

AA. SECONDARI DERIVATI

Fenilalanina Triptofano Tirosina Istidina

Asparagina Metionina Lisina Treotina

Isoleucina

Glutammina Prolina Arginina Cisteina Glicina Tirosina

RIBOSIO 5P APPROFONDIMENTO 1 – MONOSSIDO DI AZOTO NO è un messaggero radicalico importante in molti processi di trasduzione del segnale e fu isolato come vasodilatatore shear stress dipendente; si ottiene dall’arginina in una reazione che sfrutta O2 e NADPH o ENZIMA: NO sintetasi (NOS) o PRECURSORI: Arginina o MECCANISMO D’AZIONE: lega una guanilato ciclabile solubile la reazione prevede la formazione di un intermedio di idrossiarginina e successivamente la produzione di NO e citrullina. → − − → +


METABOLISMO NUCLEOTIDI I nucleotidi hanno diverse funzioni all’interno delle cellula umana: o FUNZIONE PROLIFERATIVA: sono alla base degli acidi nucleici e pertanto necessari a processi quali trascrizione e traduzione (farmaci antitumorali bloccano sintesi nucleotidi). o FUNZIONE ENERGETICA: i nucleotidi purinici trifosfati (ATP e GTP) sono coinvolti nei trasferimenti di gruppi fosforici ad alto potenziale in tutte le reazioni metaboliche endoergoniche. o FUNZIONE BIOSINTETICA: derivati di nucleotidi sono molecole importanti nelle reazioni di biosintesi (es: UDP-Glucosio, CDP-Diacilglicerolo) o FUNZIONE TRASDUTTIVA: sono alla base della trasduzione ed amplificazione del segnale. Facciamo chiarezza tra base azotata, nucleoside e nucleotide. o BASE AZOTATA: composto ciclico formato da uno (pirimidina) o due (purina) anelli, contenenti atomi di azoto. o NUCLEOSIDE: insieme di base azotata e zucchero (ribosio) covalentemente uniti attraverso un legame C-N o NUCLEOTIDE: estere fosfato del nucleoside, ossia lo zucchero è fosforilato sul C5. ACIDI RIBONUCLEICI BASE AZOTATA NUCLEOSIDE NUCLEOTIDE Adenina Adenosina Adenilato (AMP) Guanina Guanosina Guanilato (GMP) Uracile Uridina Uridilato (UMP) Citosina Citidina Citidilato (CMP) ACIDI DEOSSIRIBONUCLEICI BASE AZOTATA NUCLEOSIDE NUCLEOTIDE Adenina Deossi-Adenosina Deossi-Adenilato (dAMP) Guanina Deossi-Guanosina Deossi-Guanilato (dGMP) Timina Timidina Timidilato (TMP) Citosina Deossi-Citidina Deossi-Citidilato (dCMP) L’RNA ha preceduto nel corso dell’evoluzione il DNA per tanto tutti i deossi-ribonucleotidi sono sintetizzati dal ribonucleotide corrispondente e la sintesi di Timidilato prevede la metilazione di dUMP come ultimo passaggio. La sintesi dei nucleotidi può avvenire a partire da costituenti semplici (via de novo) o per mezzo di pathways di salvataggio che riciclano basi già precostituite e le riassegnano a zuccheri nuovi. Una sostanziale differenza fra basi pirimidiniche e quelle puriniche riguarda la sintesi de novo: o PIRIMIDINA: la base azotata viene sintetizzata e poi trasferita allo zucchero o PURINA: la base azotata viene sintetizzata in molti passaggi direttamente ancorata all’anello del ribosio. Inoltre una seconda differenza è riscontrabile anche a livello delle pathways di salvataggio, dove il recupero di basi puriniche è particolarmente importante ed energeticamente favorevole per il benessere dell’organismo (evidenza di malattia da blocco del recupero). REAZIONI DI ATTIVAZIONE Una classe di reazioni particolarmente importanti ed utilizzate nel metabolismo dei nucleotidi è l’attivazione di un’unità ossigenata di carbonio attraverso un gruppo fosfato, per poter successivamente utilizzare un sostituente nucleofilo e formare un legame carbonio-sostituente; questa reazione viene utilizzata principalmente nella sostituzione di gruppi amminici a funzioni carboniliche, dove l’intermedio fosfato viene spiazzato dall’ammonio entrante.


BIOSINTESI NUCLEOTIDI PIRIMIDINICI Le basi azotate (Uracile e Citosina) sono sintetizzata ex novo a partire da composti semplici quali bicarbonato, ATP ed ammoniaca (sotto forma di glutammina), assemblati e trasferiti a pentosi attivati (PRPP) per ottenere i nucleotidi menzionati; la sintesi della citosina vede come precursore l’uracile, aminato nell’ultimo passaggio. FASE 1 – PRODUZIONE CARBAMOIL-FOSFATO o REAZIONE: due fosforilazioni ed una sostituzione nucleofila (aminazione su fosfato) o ENZIMA: CarbamoilFosfato Sintasi (CPS) o DESCRIZIONE: il bicarbonato viene fosforilato a formare carbossi-fosfato, questo viene attaccato da un gruppo amminico proveniente dalla catena laterale della glutammina e trasformato in acido carbamico; infine l’acido viene fosforilato nuovamente a formare carbamoil P L’enzima CPS è il prototipo dell’enzima che sfrutta la fosforilazione come fattore predisponente la sostiutizione di un gruppo nucleofilo (nel caso ammoniaca); è formato da tre siti catalitici collegati da un unico canale, in modo da incanalare i substrati ed impedire l’idrolisi di specie instabili. o SITO CATALITICO 1: idrolizza la catena laterale della glutammina per sintetizzare ammoniaca ed indirizzarla all’interno del canale diretta al sito di sostituzione nucleofila. o SITO CATALITICO 2: sito di fosforilazione del bicarbonato e di sostituzione del fosfato con l’ammonio; questo spiazzamento è permesso dall’orientamento che l’enzima induce a livello del substrato carbossi fosfato una volta sintetizzatolo. o SITO CATALITICO 3: l’acido carbamico procede nel passaggio e giunge ad un secondo dominio di fosforilazione, probabilmente derivato dalla duplicazione genica del primo, che fosforila l’idrossile libero della molecola a formare carbamoil-P FASE 2 – SINTESI OROTATO o REAZIONE: doppia condensazione seguita da ossidazione o ENZIMA: Aspartato Trans-Carbamiolasi o COENZIMI: NAD+ o DESCRIZIONE: il gruppo alfa amminico dell’aspartato si lega al carbonio carbonilico del gruppo carbamiol spiazzando il fosfato (intermedio CARBAMIOL-ASPARTATO); nel frattempo il gruppo amminico di quest’ultimo reagisce con la funzione 4-carbossilica dell’aspartato, condensando a legame peptidico (intermedio DIIDRO-OROTATO). Infine avviene un’ossidazione fra il C2 ed il C3 dell’ex molecola di aspartato e si ottiene orotato. FASE 3- SINTESI OROTIDILATO o REAZIONE: aggiunta gruppo 5 FOSFORIBOSIL o ENZIMA: Pirimidina Fosforibosil-transferasi o DESCRIZIONE: enzima che catalizza il trasferimento dello zucchero fosfato alla base preformata, a partire dalla forma attivata di ribosio (PRPP) e potendo contare sull’idrolisi del pirofosfato uscente come traino termodinamico. L’attivazione del ribosio è garantita da una triplice fosforilazione a 5 Fosforibosil Pirofosfato (PRPP) mediata da specifiche chinasi. FASE 4 – SINTESI URIDILATO (UMP) o REAZIONE: decarbossilazione o ENZIMA: Orotidilato decarbossilasi o DESCRIZIONE: viene perso il gruppo carbossilico dell’ex molecola di aspartato a formare UMP.


FASE 5 – CONVERSIONE A URIDINA DI-FOSFATO (UDP) o REAZIONE: fosforilazione o ENZIMA: Nucleoside monofosfato chinasi o DESCRIZIONE: l’enzima è molto specifico e trasferisce un gruppo fosfato dall’ATP al nucleotide monofosfato. + → + FASE 6 – CONVERSIONE A URIDINA TRI-FOSFATO (UTP) o REAZIONE: fosforilazione o ENZIMA: Nucleoside difosfato chinasi o DESCRIZIONE: l’enzima non è specifico e catalizza il trasferimento di un fosfato da un nucleotide trifosfato ad un nucleotide difosfato, senza discriminazione di basi o zuccheri. +

+

FASE 7 – CONVERSIONE A CITIDINA TRI-FOSFATO (CTP) o REAZIONE: fosforilazione seguita da sostituzione nucleofila (ammina su fosfato) o ENZIMA: Citidina sintasi (inventato) o DESCRIZIONE: viene fosforilata la funzione carbonilica dell’anello (non quella compresa tra i due atomi di azoto, l’altra) e successivamente sostituito il fosfato con lo ione ammonio proveniente ancora una volta dalla glutammina.

BIOSINTESI NUCLEOTIDI PURINICI La biosintesi dei nucleotidi derivati da basi puriniche (adenina e guanina) sono importanti sia nella loro fase ex novo, sia e soprattutto nella fase di recupero. La via ex novo necessita di 9 reazioni per arrivare alla sintesi della base direttamente sul ribosio attivato a PRPP; inoltre a livello della settima reazione (presumibilmente), sintesi di INOSITATO, le strade per la produzione di AMP e GMP si dividono, in due reazioni specifiche per ciascuna base. FASE 1 – PRODUZIONE 5 FOSFORIBOSIL-1 AMMINA o REAZIONE: Sostituzione del PP con NH4 o ENZIMA: Glutammina Fosforibosil Aminotransferasi o DESCRIZIONE: reazione committed nella sintesi ex novo delle purine, predispone lo zucchero alle successive fasi di sintesi degli anelli azotati. L’enzima è costituito da due domini collegati dal solito canale, che collega il sito attivo di idrolisi della glutammina al sito di transaminazione del PRPP. FASI 2-7 – SINTESI INOSITATO o REAZIONI: attivazioni tramite fosforilazione di unità carboniose ossigenate e sostituzione con un gruppo nucleofilo entrante Le reazioni servono per produrre l’ultimo intermedio comune a AMP e GMP, ossia inositato. FASE 8.A – SINTESI ADENIL-SUCCINATO o REAZIONE: condensazione di una molecola di aspartato sulla funzione carbonilica dell’anello o ENZIMA: Adenil-Succinato sintetasi o DESCRIZIONE: reazione che serve ad introdurre un nuovo gruppo amminico sull’anello e predispone all’uscita di fumarato Come nel ciclo dell’urea assistiamo all’uscita del fumarato ed al collegamento con il ciclo di Krebs


FASE 9.A – SINTESI ADENILATO (AMP) o REAZIONE: fuoriuscita fumarato l’uscita del fumarato lascia il gruppo amminico sull’anello a formare AMP FASE 8.B – SINTESI XANTILATO o REAZIONE: ossidazione NAD+ dipendente o ENZIMA: Xantilato sintetasi o DESCRIZIONE: viene creata una funzione carbonilica nell’anello a 6 atomi, compresa fra i due gruppi amminici. FASE 9.B – SINTESI GUANILATO (GMP) o REAZIONE: fosforilazione seguita da aminazione su fosfato La funzione carbonilica lascia il posto ad un legame C-N e si forma GMP PERCORSI DI SALVATAGGIO BASI PURINICHE I percorsi di salvataggio per le basi puriniche sono molto importanti in quanto permettono un notevole risparmio energetico all’organismo, come dimostrano le diverse patologie legate a blocchi del metabolismo o ENZIMA – ADENINA FOSFORIBOSIL TRANSTRANSFERASI: recupera adenina e rigenera adenilato + → + o

ENZIMA – IPOXANTINA-GUANIDINA FOSFORIBOSILTRANSFERASI: cattura ipoxantina rigenerando inositato, cattura guanidina rigenerando guanilato + +

→ →

+ +

L’assenza totale di HGPRT causa la SINDROME DI LASCH-NYHAN, caratterizzata da un comportamento autolesionistico dai 2/3 anni di età, con insufficienza mentale e spasticità; la sindrome comporta aumentati livelli di PRPP, aumentata sintesi ex novo e una produzione maggiore di acido urico dal metabolismo delle basi non recuperate.


BIOSINTESI DEOSSIRIBONUCLEOTIDI La biosintesi si basa sulla riduzione del gruppo idrossilico sul C2 del ribosio del ribonucleotide di partenza, sostituito da un atomo di idrogeno grazie al riducente NADPH e a una complessa catalisi radialitica. L’enzima che opera questa sofisticata operazione è la RIBONUCLEOTIDE REDUTTASI o SUBUNITA’ R1: sono due sub unità identiche, ciascuna delle quali contiene il sito attivo formato da tre residui conservati di cisteina e da un residuo di glutammato. o SUBUNITA’ R2: sono due catene polipeptidiche identiche, ciascuna delle quali contiene un radicale tirosina stabile il cui elettrone è de localizzato all’interno del proprio anello aromatico; il radicale è generato attraverso un centro ferro, composto da due atomi di ferro (ferrico+++) uniti ad uno ione ossido (O2). La catalisi è operata in cinque passaggi 1. FASE – FORMAZIONE RADICALE TIOLCISTEINA: la tirosina cattura un protone da uno dei residui di cisteina generando un potente radicale all’interno del sito attivo nel quale è legato il ribonucleotide. 2. FASE – FORMAZIONE RADICALE SUL C3: il residuo di cisteina radicale sottrae un protone al carbonio C3, formando un radicale carbonio e lasciando inalterato l’OH presente. 3. FASE – DISIDRATAZIONE: la presenza del radicale C3 favorisce la fuoriuscita dell’ossidrile sul C2 come molecola di acqua, staccando un idrogenione ad uno dei gruppi tiolici conservati e lasciando il radicale sul C2 4. FASE – COMPLETA RIDUZIONE: per completare la riduzione uno ione idrogeno deve essere trasportato sul C2, che contiene un elettrone spaiato; questo ione viene preso da un secondo residuo di cisteina, che deprotonato forma un ponte disolfuro con il precedente residuo di cisteina. 5. FASE – RIGENERAZIONE SITO ATTIVO: Il carbonio C3 si riprende il proprio protone, trasformando nuovamente il primo residuo di cisteina menzionato in radicale tiolcisteina. Il substrato ridotto può ora lasciare il sito attivo dell’enzima. Il controllo dell’attività enzimatica viene effettuato grazie alla presenza di 2 siti regolatori per ciascuna sub unità R1 che modulano sia l’attività sia la specificità dell’enzima. o CONTROLLO ATTIVITA’: il dATP inibisce l’enzima segnalando che i deossiribonucleotidi sono abbondanti, mentre l’ATP lo promuove, a segnalare l’opposto o CONTROLLO SPECIFICITA’: in linea di massima l’ATP induce la riduzione delle basi pirimidiniche, il GTP la riduzione dell’ATP a dATP e il TTP inibisce la riduzione delle basi pirimidiniche ed accentua la riduzione del GTP GTP -> ATP -> CTP, UTP, TTP -> GTP

BIOSINTESI TIMIDINATO L’uracile è una base azotata che non fa parte degli acidi deossiribonucleici e per tanto la sua forma dUMP viene trasformata in timidina monofosfato (TMP) grazie ad una metilazione. o ENZIMA: TIMIDILATO SINTASI: promuove la metilazione aggiungendo un residuo di cisteina all’anello pirimidinico, in modo che diventi un nucleofilo abbastanza forte da attaccare il donatore di gruppi metilici N5,N10-metil-Tetraidrofolato (non si usa SAM in questo caso). o ENZIMA: DIDROFOLATO REDUTTASI: catalizza la riduzione del tetraidrofolato dopo la donazione del gruppo metilico. Entrambi gli enzimi sono punti di attacco nelle forme neoplastiche da parte di farmaci antitumorali, bloccando di fatto la replicazione cellulare per assenza di TMP nella cellula tumorale. o FLUOROURACILE: viene metabolizzato a fluorodeossiuridilato e blocca in modo irreversibile la timidi lato sintetasi o METOTREZATO: blocca in modo irreversibile l’enzima Diidrofolato reduttasi; bloccando tutte le cellule in divisione causa diversi effetti indesiderati, quali nausea, perdita di capelli e blocco dell’attività mitotica del midollo osseo.

VEDI BIOSINTESI DI NAD+, NADP+, FAD e CoA


BIOSINTESI DI NAD+, FAD e COENZIMA A Le sintesi di NAD, FAD, e CoA hanno un motivo metabolico comune, ossia il trasferimento di un gruppo AMP ad un gruppo fosfato dell’intermedio fosforilato, sfruttando l’idrolisi del PPi come fonte di energia. La biosintesi della nicotinammide adenin dinucleotide si serve di ATP, PRPP e niacina come precursori. o FASE 1 – SINTESI NIACINA RIBONUCLEOTIDE: viene aggiunto lo zucchero fosfato all’azoto della niacina o FASE 2 – SINTESI DEAMINO-NAD+: un gruppo AMP viene trasferito al fosfato del primo nucleotide o FASE 3 – SINTESI NAD+: la funzione carbossilica della niacina viene aminata. La sintesi del NADP+ prevede una fosforilazione successiva alla fase 3 o FASE 4 – SINTESI NADP+: la NAD+ chinasi fosforila l’idrossile in C2 del gruppo AMP trasferito in fase 2 sintetizzando il NAD fosfato (NADP+). La niacina (o vitamina B3) deriva dal triptofano o dall’assunzione nella dieta; una sua mancanza provoca la PELLAGRA, una malattia caratterizzata da dermatite, diarrea e demenza. In alternativa anche un tumore endocrino che consuma grandi quantità di vitamina B3 per produrre serotonina manifesta gli stessi sintomi. La sintesi della Flavina adenin dinucleotide necessita di due molecole di ATP ed una molecola di riboflavina (vitamina B2) e avviene in due fasi o FASE 1 – SINTESI FMN: la riboflavina viene fosforilata a sul C5 a dare 5P riboflavina o FASE 2 – SINTESI FAD: viene trasferito un gruppo AMP al fosfato di FMN

DEGRADAZIONE NUCLEOTIDI La degradazione dei nucleotidi comprende due principali enzimi o NUCLEOTIDASI: idrolizzano i nucleotidi a nucleosidi o NUCLEOSIDASI FOSFORILASI: scindono i nucleosidi a base azotata + Ribosio 1P Il ribosio 1P viene trasformato in ribosio 5P da una specifica mutasi (fosforibomutasi) ed indirizzato alla sintesi del PRPP; le basi possono essere riciclate dai percorsi di salvataggio oppure essere degradate ad urato ed espulse con le urine. DEGRADAZIONE ADENILATO 1. FASE – NUCLEOTIDASI: l’adenilato viene idrolizzato ad adenina e il Pi viene rilasciato 2. FASE – ADENOSINA DEAMINASI: viene deaminato l’anello purinico e sostituito con una funzione carbonilica a formare INOSINA (l’analogo non fosforilato dell’inositato visto nella sintesi) 3. FASE – NUCLEOSIDE FOSFORILASI: viene utilizzato un gruppo fosfato inorganico per liberare il ribosio come ribosio 1P (non viene idrolizzata ATP), formando ipoxantina (la base azotata dell’inositato). 4. FASE – XANTINA OSSIDASI: catalizza due passaggi, entrambi sono ossidazioni rivolte ad atomi di carbonio metilici dell’anello a formare Xantina e successivamente acido urico. Un potente inibitore dell’enzima è l’allupurinolo, utilizzato per curare la gotta. Infine l’acido urico si deprotona a pH fisiologico a formare URATO, raccolto nelle urine ed eliminato dal corpo; un suo accumulo causa la gotta ma livelli fisiologici, a limite della precipitazione, sono importanti in quanto previene in modo eccellente (secondo solo alla vitamina C) lo stress ossidativo.


VITAMINE E COENZIMI Le vitamine sono una classe di molecole organiche, da cui derivano alcuni importanti coenzimi del metabolismo umano (ed animale in generale), che vengono assimilate in piccole quantità attraverso la dieta di animali superiori in quanto incapaci di sintetizzarle de novo (processi metabolici energeticamente sconvenienti); le vitamine necessarie all’uomo sono 12 e si dividono in idrosolubili e liposolubili

VITAMINE IDROSOLUBILI o o o o o

VITAMINA B1 – TIAMINA  coenzima Tiamina Pirofosfato (trasferimento gruppi aldeidici) VITAMINA B2 – RIBOFLAVINA  coenzima Flavin Adenin Dinucleotide (FAD) (reazioni di ossidoriduzione) VITAMINA B3 – NIACINA  coenzima Nicotinamide Adenin Dinucleotide (NAD+) (reazioni di ossidoriduzione) VITAMINA B5 – ACIDO PANTOTENICO  Coenzima-A (trasferimento gruppi acili) VITAMINA B6 – PIRIDOXINA  coenzima Piridoxal-Fosfato (trasferimento gruppi funzionali da e verso gli amminoacidi)

o o o

BIOTINA: gruppo prostetico nelle donazioni di molecole di CO2 attivate ACIDO FOLICO  coenzima Tetraidrofolato (trasferimento unità monocarboniose attivate) ACIDO ASCORBICO: molecola antiossidante necessaria affinchè l’enzima Prolina Idrossilasi possa essere ridotto dalla sua forma Fe+++ alla forma nuovamente attiva Fe++; l’enzima partecipa alla sintesi del collagene, dove 4 IdrossiProlina stabilizza la tripla elica formando legami idrogeno interelica; in sua assenza si manifesta lo scorbuto, dove il collagene è sintetizzato in modo meno stabile.

VITAMINE LIPOSOLUBILI o o

VITAMINA A – RETINOLO: necessario alla visione, alla crescita ed alla riproduzione VITAMINA D2 – CALCIFEROLO: regola il metabolismo del calcio e del fosfato

o

VITAMINA D3 – CALCITRIOLO: regola l’assorbimento di calcio a livello intestinale e renale

o o

VITAMINA E – TOCOFEROLO: antiossidante VITAMINA K1: partecipa alla coagulazione del sangue.


STRATEGIE CATALITICHE le strategie di catalisi adottate dagli enzimi intracellulari sono genericamente raggruppabili come o CATALISI COVALENTE: il sito reattivo all’interno dell’enzima reagisce formando un intermedio di reazione transitorio covalentemente legato alla struttura enzimatica nel corso della catalisi (esempio: proteasi) o CATALISI ACIDO-BASE GENERALE: una molecola diversa da H2O agisce come donatore/accettore di H+ o CATALISI CON IONI METALLICI: gli ioni metallici possono agire come  CATALIZZATORI ELETTROFILI: stabilizzano cariche negative prodotte in corso di catalisi  CATALIZZATORI NUCLEOFILI: aumentano l’acidità di una molecola vicina al nucleofilo generato  MOLTIPLICATORI DI LEGAME: aumentano il numero di legami che il substrato ha con l’enzima o CATALISI PER APPROSIMAZIONE: consiste nell’avvicinare e desolvatizzare substrato ed enzima, favorendo in tal modo la cinetica della reazione. Una tipica strategia di catalisi covalente è rappresentata dalle PROTEASI, enzimi idrolitici specifici per il legame peptidico (C-N) e talvolta per il legame esterico (C-O), che scindono il legame aggiungendo una molecola di acqua. Sono enzimi importanti nella regolazione dell’attività enzimatica e favoriscono una reazione di idrolisi termodinamicamente favorevole ma con una cinetica molto molto lunga (anni).

Ricordiamo che tra il carbonio carbonilico e l’atomo di azoto sussiste per risonanza un doppio legame, il che rende il carbonio carbonilico meno elettrofilo (la carica positiva è localizzata sull’azoto) e quindi meno predisposto ad attacchi nucleofili; il risultato è un legame meno reattivo che necessita di un nucleofilo più potente del singolo alcolo. o PROTEASI: enzimi che possiedono potenti gruppi nucleofili e sono in grado di reagire con il carbonio carbonilico meno reattivo di un gruppo ammidico, scindendolo per idrolisi.

CHIMOTRIPSINA Un primo esempio di proteasi è costituito dalla CHIMOTRIPSINA, una proteasi tripeptidica pancreatica secreta in forma inattiva (CHIMOTRIPSINOGENO) e successivamente attivata per taglio proteolitico dalla tripsina con un’alta specificità di taglio per residui carbossi terminali di grossi amminoacidi idrofobi, quali Triptofano, Tirosina, Treotina e Fenilalanina. o SPECIFICITA’: determinata da una serie di tasche sull’enzima che discriminano i residui coinvolti sul legame carbossi terminale da scindere e si dividono in S (S1,S2,S3) o S’ (S’1, S’2,S’3) a seconda che riconoscano residui sul lato amminico (P1, P2, P3) o sul lato carbossilico (P’1, P’2, P’3); la specificità nel caso della chimo tripsina è quasi esclusivamente ricollegabile al lato amminico del legame da scindere. o SITO REATTIVO: prende il nome di TRIADE CATALITICA l’insieme di tre residui amminoacidici formati da Aspartato 102, Istidina 57 e Serina 195 fra loro collegati e caratterizzati dall’estrema reattività del gruppo ossidrilico della serina citata; questa è l’unico residuo di serina a reagire con trattamento di DIPF ed una volta inattivata preclude l’attività enzimatica.  ASPARTATO [102]: orienta l’anello dell’istidina ed accentua la sua tendenza ad accettare elettroni  ISTIDINA [57]: posiziona la catena della serina e polarizza il suo gruppo ossidrile, agendo da accettore di protoni; durante la reazione funge da catalizzatore acido base generico.  SERINA [195]: gruppo reattivo che permette l’idrolisi del legame peptidico attraverso la formazione di uno ione alcossido che costituisce un nucleofilo potentissimo. o CINETICA DI REAZIONE: la reazione prevede l’idrolisi del legame in due passi successivi 1. ACILAZIONE: prevede l’attacco nucleofilo dello ione alcossido con formazione di un intermedio tetraedrico covalente instabile ed il suo successivo collasso ad acil-enzima. 2. DEACILAZIONE: successivo idrolisi dell’acil-enzima per spiazzamento da parte dello ione OHprodotto dall’anello istidinico, con rigenerazione dell’enzima stesso. La seconda fase è limitante per la reazione da un punto di vista cinetico, tantoché analizzando la curva di velocità della reazione si può notare una fase di rallentamento della reazione una volta che tutte le molecole dell’enzima sono legate al proprio substrato, in quanto necessitano tempo per rigenerarsi e riprendere il ciclo


Per l’analisi della cinetica enzimatica viene utilizzato il ACETIL-L-FENILALANINA-P-NITROFENIL-ESTERE, la cui idrolisi (viene scisso il legame esterico C-O) produce l’alcolo p-Nitrofenolo di colore giallo ed apprezzabile con un’analisi strumentale. o

CICLO REATTIVO: condensando in 4 fasi il ciclo reattivo possiamo parlare di 1.

FORMAZIONE PRIMO INTERMEDIO TETRAEDRICO: comprende la polarizzazione del gruppo idrossilico della serina da parte dell’anello istidinico, con formazione ione alcossido che attacca il carbonio carbonilico formando un intermedio tetraedrico (prima era planare) dove una carica negativa è presente a livello dell’ossigeno carbonilico; questa carica viene stabilizzata da molteplici interazioni con gruppi NH presenti su residui enzimatici in prossimità alla tasca di specificità, che prendono il nome di BUCO OSSIANIONICO. 2. COLLASSO INTEMEDIO AD ACIL-ENZIMA: l’intermedio tetraedrico è instabile e collassa rilasciando il gruppo amminico legato alla propria catena R ed al protone ospitato dall’anello imidazolico dell’Hys; ciò porta alla formazione dell’intermedio metabolico Acil-Enzima che ha una propria emivita. 3. FORMAZIONE SECONDO INTERMEDIO TETRAEDRICO: l’anello dell’istidina cattura un protone da una molecola di acqua di solfatazione e lo ione OH- restante va ad attaccare nuovamente il carbonio carbonilico dell’Acil Enzima, formando un nuovo intermedio tetraedrico instabile; notiamo nuovamente che la catalisi dell’anello istidinico è di tipo acido base. 4. RILASCIO PRODOTTI E RIGENERAZIONE: l’intermedio collassa e l’enzima risulta spiazzato: viene rilasciata la funzione carbossilica con la sua catena R ed il gruppo idrossilico della serina si rigenera con la cessione del protone (proveniente dall’acqua) catturato dall’anello dell’istidina. o ANALOGIE ENZIMATICHE: la sequenza amminoacidica della chimo tripsina condivide un’omologia del 40% con la sequenza degli enzimi tripsina e elastasi, una struttura quasi del tutto analoga, triadi catalitiche simili da un punto di vista strutturale ed identiche funzionalmente. A variare è la specificità per il legame amminoacidico da idrolizzare  TRIPSINA: possiede un residuo di aspartato (aspartato 189) al fondo della propria tasca S1, che stabilizza residui carichi positivamente (arginina e lisina), determinando per tanto una specificità di azione verso catene laterali con questi amminoacidi carichi positivamente.  ELASTINA: possiede residui di valina (valina 190 e 216) che occludono parzialmente l’entrata della tasca di legame e determinano una specificità proteolitica verso le catene laterali composte da piccoli amminoacidi (valina,serina) in grado di inserirsi. Altre proteasi utilizzano lo stesso meccanismo d’azione: formare un nucleofilo abbastanza potente da poter attaccare l’atomo di carbonio carbonilico del legame ammidico che non ne vuole sapere di reagire altrimenti. o CISTEINA PROTEASI: un residuo di cisteina attivato dal residuo di istidina si comporta da nucleofilo ed attacca in modo del tutto analogo alla chimo tripsina il legame peptidico del substrato. (Es: Papaina) o ASPARTIL PROTEASI: due residui di aspartato partecipano insieme all’idrolisi del legame peptidico: uno è in forma deprotonata (COO-) ed attiva la molecola di acqua comportandosi come l’anello basico dell’istidina, mentre l’altro residuo è in forma protonata ed agisce polarizzando il legame C=O del substrato in modo da aumentare al massimo la carica positiva sul carbonio carbonilico ed indebolire il carattere di doppio legame C-N che pregiudica l’attacco nucleofilo. (esempi: renina e pepsina). Nel mammifero i due residui di aspartato appartengono ad un unico polipeptide, mentre nel virus dell’HIV sono presenti su due catene separate, ad indicare che la probabile origine dell’enzima era diversa: nel corso dell’evoluzione i due geni codificanti per le singole catene si sono fusi a dare origine ad un unico complesso. o METALLO PROTEASI: uno ione metallico (quasi sempre zinco) attiva una molecola di acqua che funge da nucleofilo per l’idrolisi del legame ammidico. (esempi: termolisina e carbossipeptidasi) Nell’uso clinico si utilizzano inibitori delle peptidasi formati da molecole strutturalmente simili al substrato dell’enzima che una volta legate ne bloccano l’attività o CAPTOPRIL: inibitore selettivo dell’enzima ACE utilizzato per ridurre la pressione negli ipertesi o CRIXIVAN: farmaco antiHIV che blocca le proteasi del virus impedendone la maturazione finale.


PROFILI METABOLICI ORGANI Ciascun organo ha un proprio profilo metabolico e si adatta in modo diverso alle condizioni che l’organismo può presentare

PROFILO METABOLICO CERVELLO COMBUSTIBILE PRIMARIO: glucosio – consumo: 120g/die COMBUSTIBILE SECONDARIO: corpi chetonici – consumo: crescente durante il digiuno prolungato CAPACITA’ DI STOCCAGGIO: assente CONDIZIONE NORMALE: Il cervello consuma 120g al giorno di glucosio, pari al 60% dell’energia necessaria al MBR di un organismo sano; tutta questa richiesta energetica trova una ragione nel fatto il cervello deve mantenere i potenziali di membrana delle cellule nervose e deve produrre quantità ingenti di neurotrasmettitori. Il glucosio entra nelle cellule attraverso i trasportatori Glut 3, che hanno un Km bassa a 1,6mM e sono sempre saturi (livello critico della glicemia è <40mg/dl, livello che si avvicina alla Km del trasportatore); se la glicemia scende al di sotto del Km il cervello introduce meno glucosio di quanto ne necessiti e va in sofferenza ( nel digiuno è importante mantenere la glicemia sopra i 40mg/dl). CONDIZIONE DI DIGIUNO: I corpi chetonici sostituiscono il glucosio durante il digiuno prolungato, partendo da un 30% dell’energia necessaria dopo tre giorni di digiuno fino ad arrivare alla quasi totalità dopo settimane di digiuno (la richiesta di glucosio passa da 120 a 40g/die); in tal modo una minima quantità di glucosio viene utilizzata per sintetizzare ossalacetato e l’acetil-CoA viene prodotto dal metabolismo dei corpi chetonici. o o o

PROFILO METABOLICO MUSCOLI COMBUSTIBILE PRIMARIO: glucosio – consumo: in attività acidi grassi – consumo: a riposo (85%) o COMBUSTIBILE SECONDARIO: corpi chetonici – consumo: crescente durante il digiuno o CAPACITA’ DI STOCCAGGIO: glicogeno – deposito: ¾ del totale corporeo CONDIZIONE NORMALE: un muscolo a riposo tende ad utilizzare acidi grassi come metabolita principale, mentre la degradazione del glicogeno è necessaria quando svolge attività; il grado di attività fisica influenza la scelta del carburante da utilizzare, in funzione delle velocità di produzione di ATP (vedi approfondimento). Un muscolo attivo produce molto più piruvato dalla glicolisi di quanto il ciclo di Krebs sia in grado di metabolizzare, con la conseguente riduzione a lattato; il lattato e l’alanina vengono esportati al fegato per la rigenerazione di glucosio e la produzione di urea. Nel muscolo avviene la deaminazione dei gruppi alfa amminici di amminoacidi ramificati (leucina, isoleucina e valina). Il muscolo è sotto il controllo dell’insulina, che determina l’assorbimento di glucosio ematico ed il suo utilizzo. o

CONDIZIONE DI DIGIUNO: l’assenza di insulina riduce il glucosio importato dal muscolo (a favore di tessuti glucosio dipendenti) ed il tessuto si adatta al metabolismo degli acidi grassi e dei corpi chetonici che arrivano dal fegato. Durante il digiuno prolungato una quantità di proteine viene degradata per produrre, attraverso il metabolismo degli amminoacidi gluconeogenici, intermedi di sintesi del glucosio.

PROFILO METABOLICO MUSCOLO CARDIACO o COMBUSTIBILE PRIMARIO: acidi grassi e corpi chetonici – consumo: li preferisce al glucosio o COMBUSTIBILE SECONDARIO: lattato – consumo: aumenta durante sforzo muscolare o CAPACITA’ DI STOCCAGGIO: assente. Il muscolo cardiaco lavora solo in condizione aerobica, come dimostra l’abbondanza di mitocondri nelle cellule cardiache.

PROFILO METABOLICO TESSUTO ADIPOSO o COMBUSTIBILE PRIMARIO: acidi grassi – consumo: predominante o COMBUSTIBILE SECONDARIO: glucosio, fruttosio – consumo: proporzionale alla glicemia o CAPACITA’ DI STOCCAGGIO: trigliceridi – deposito: 135.000 kCal La funzione principale del tessuto adiposo è quello di immagazzinare acidi grassi sotto forma di trigliceridi; per fare questo necessita di acidi grassi provenienti dalla dieta (chilomicroni) o dal fegato (VLDL) e di glicerolo (prodotto dalla


glicolisi come DHAP). In funzione della glicemia avremo la produzione di trigliceridi (favorita dall’insulina) o la liberazione di acidi grassi (favorita da glucagone) sotto forma di complessi con l’albumina. o CONDIZIONE DI IPERGLICEMIA: l’insulina causa l’ingresso di glucosio nel tessuto adiposo che lo converte in glicerolo per la sintesi dei trigliceridi; l’ingresso degli acidi grassi è causato dall’attivazione insulina dipendete di una lipasi esterna. o CONDIZIONE DI IPOGLICEMIA: il glucagone attiva la lipolisi e i trigliceridi sono metabolizzati ad acidi grassi, diretti ai tessuti periferici, e glicerolo, diretto al fegato per la gluconeogenesi.

PROFILO METABOLICO RENE o COMBUSTIBILE PRIMARIO: glucosio o COMBUSTIBILE SECONDARIO: nd o CAPACITA’ DI STOCCAGGIO: nd Il rene rappresenta lo 0,5% della massa dell’organismo e riceve fino al 10% della gittata cardiaca (e quindi dell’ossigeno) per le sue funzioni emuntorie (soprattutto per il riassorbimento attivo). Durante il periodo di digiuno rappresenta un sito importante di gluconeogenesi e contribuisce al 50% al mantenimento della glicemia.

PROFILO METABOLICO FEGATO COMBUSTIBILE PRIMARIO: alfa-chetoacidi (catabolismo amminoacidi) COMBUSTIBILE SECONDARIO: acidi grassi o CAPACITA’ DI STOCCAGGIO: glicogeno – deposito: ¼ / trigliceridi – deposito: limitato in condizioni fisiologiche CONDIZIONI NORMALI:Il fegato produce enormi quantità di glucosio (gluconeogenesi e demolizione glicogeno) ma non lo utilizza come combustibile (la glicolisi serve solo per generare blocchi di partenza); stesso discorso per quanto riguarda i corpi chetonici, in quanto possiede pochi enzimi per l’attivazione ad acetil-CoA; in tal modo il fegato non consuma i carburanti che produce per il cervello e gli organi periferici. Per il proprio metabolismo sfrutta la degradazione degli amminoacidi in eccesso, metabolizzando gli alfa cheto-acidi derivati dalla loro transaminazione. CONDIZIONI DIGIUNO: la sintesi di trigliceridi è sfavorita e gli acidi grassi riescono a giungere nella matrice mitocondriale dove vengono ossidati tramite beta ossidazione e ciclo di Krebs. Il fegato controlla in modo molto specifico il metabolismo di carboidrati, lipidi ed amminoacidi. o o

METABOLISMO DEI CARBOIDRATI: il fegato mantiene l’omeostasi del glucosio ematico, in modo che la glicemia non scenda mai sotto i 40mg/dl (soglia di sofferenza cerebrale); normalmente rimuove i 2/3 del glucosio circolante e la totalità degli altri monosaccaridi, li converte in glucosio 6P attraverso esochinasi e glucochinasi e li destina ad un percorso metabolico o SINTESI GLICOGENO: subito dopo un pasto il fegato utilizza il glicogeno della dieta e quello prodotto dalla gluconeogenesi per ricostituire le proprie riserve di glicogeno o VIA DEI PENTOSI FOSFATI: utilizza parte del glucosio per assicurarsi ribosio e NADPH o PRODUZIONE ACETIL-CoA: l’eccesso di glucosio 6P viene indirizzato alla biosintesi di acidi grassi e colesterolo Il fegato è il primo organo gluconeogenetico ed utilizza come precursori del glucosio molecole che recupera dal circolo ematico: lattato ed alanina del muscolo, glicerolo del tessuto adiposo ed amminoacidi gluconeogenici della dieta. METABOLISMO DEI LIPIDI: il destino degli acidi grassi all’interno degli epatociti è regolato dal profilo energetico della cellula (ATP, NADH e precursori) e dalla possibilità di questi di raggiungere la matrice mitocondriale o meno; o PROFILO ENERGETICO ELEVATO: Iperglicemia, ATP, NADH e malonil-CoA inibiscono la beta ossidazione mitocondriale, specialmente attraverso il blocco dello shuttle carnita acil-CoA trasferasi (inibizione da malonil-CoA), destinando gli acidi grassi al citosol ed alla biosintesi di trigliceridi, esportati al tessuto adiposo sotto forma di VLDL. o PROFILO ENERGETICO SCARSO: ipoglicemia, AMP, NAD+ favoriscono la beta ossidazione e gli acidi grassi raggiungono la matrice mitocondriale venendo ossidati e producendo energia. METABOLISMO ENERGETICO AMMINOACIDI: il destino degli amminoacidi ingeriti con la dieta è la via biosintetica, a formare AminoAcil-tRNA, e successivamente la via catabolica, producendo alfa chetoacidi che sostengono il fabbisogno energetico del fegato. L’enzima chiave della via anabolica, AMINOACIL-tRNA TRANSFERASI SINTETASI, ha una Km più bassa rispetto agli enzimi catabolici e pertanto gli amminoacidi vengono prima indirizzati alla sintesi di aminoacil-tRNA e solo se in eccesso al catabolismo ossidativo.


ADATTAMENTO DEL METABOLISMO A PERTURBAZIONI DELL’OMEOSTASI Il metabolismo umano è sufficientemente complesso da poter reagire con accuratezza alle condizioni che l’organismo si trova ad affrontare al fine di preservarne la vitalità il più a lungo possibile, anche in assenza di dieta.

CONDIZIONE 1 – ASSUNZIONE DI CIBO Partendo da uno stato basale (organismo non a digiuno) ed assumendo cibo con la dieta (come può essere un pasto serale) abbiamo un aumento del glucosio e degli amminoacidi circolanti nel torrente emetico e dei chilomicroni trasportanti acidi grassi nel torrente linfatico (per poi entrare nel torrente ematico). L’aumento della glicemia è rilevata dalle cellule beta di Langherans a livello pancreatico (GLUT 2) con la secrezione di INSULINA; gli effetti di questo ormone sono diversi o METABOLSIMO CARBOIDRATI: a livello sistemico stimola l’assorbimento del glucosio da parte dei tessuti (in particolare muscoli e tessuto adiposo), mentre a livello epatico blocca la degradazione del glicogeno favorendone invece la sintesi; accentua inoltre la glicolisi a livello epatico e la conseguente produzione di acidi grassi derivati dall’eccesso di glucosio. Lo stesso glucosio ha un controllo allosterico sul proprio metabolismo epatico, stimolando la PFK 2 ed inibendo la fosforilasi A. A livello del tessuto adiposo l’entrata di glucosio nella cellula porta alla produzione di DHAP e da questo di glicerolo, aumentando la lipogenesi per esterificazione con acidi grassi trasportati dai chilomicroni. o METABOLISMO LIPIDICO: attivazione della lipasi insulina sensibile esterna alla cellula, con idrolisi dei tri gliceridi e glicerolo ed acidi grassi, successiva internalizzazione degli acidi grassi ed esterificazione con glicerolo prodotto dalla glicolisi. A livello epatico viene favorita la sintesi di nuovi trigliceridi e l’esterificazione a VLDL, bloccando la beta ossidazione attraverso l’inibizione da NADH e da Malonil-CoA. o METABOLISMO PROTEICO: l’insulina promuove l’entrata di amminoacidi ramificati all’interno del muscolo, dove vengono convogliati alla sintesi proteica, mentre il catabolismo proteico viene ridotto. Riassumendo possiamo dire che l’insulina stimola il deposito dei combustibili e promuove la sintesi proteica.

CONDIZIONE 2 – STATO DI DIGIUNO NON PROLUNGATO Nelle ore che vanno da un pasto al successivo il metabolismo deve adattarsi affinché glicemia e biosintesi siano protette dalla riduzione di apporto di nutrienti, mobilitando eventualmente le riserve energetiche a disposizione e preservando l’apporto di glucosio verso quegli organi e tessuto glucosio dipendenti. Lo stato di digiuno inizia con una riduzione della glicemia e con il conseguente blocco nella secrezione di insulina, a favore della secrezione di glucagone, un secondo ormone pancreatico di natura iperglicemizzante, il cui principale bersaglio è il fegato. o METABOLISMO CARBOIDRATI: viene stimolata la degradazione del glicogeno epatico (attivazione fosforilasi) e inibita la sintesi di glicogeno (inibizione glicogeno sintasi). Siccome la glicemia è bassa e deve essere preservata la prima linea di azione è mobilitare le riserve di glicogeno, finite le quali si passa alla sintesi ex novo di glucosio attraverso le vie glicogenetiche (con inibizione della glicolisi), dove vengono utilizzati precursori quali lattato, alanina, glicerolo ed amminoacidi gluconeogenetici; bisogna però precisare che la conversione di alanina e lattato in glucosio lascia il bilancio energetico in stallo in quanto questi derivano da altrettante molecole di glucosio già utilizzate, quindi non forniscono nuovo glucosio. Per quanto riguarda la sintesi da glicerolo, derivato dal tessuto adiposo, bisogna considerare che è una molecola limitata in quantità e quindi rimangono solo gli amminoacidi, che non potendo essere accumulati, comportano una riduzione in funzione nel momento del loro utilizzo. o METABOLISMO LIPIDICO: a livello del tessuto adiposo la cascata trasduttiva attiva la lipasi ormone sensibile che attiva la lipolisi, producendo acidi grassi e glicerolo; inoltre l’eventuale arrivo di acidi grassi al tessuto non permette la formazione di nuovi trigliceridi per assenza di DHAP dalla glicolisi. A livello epatico viene inibita la sintesi di nuovi trigliceridi (inibizione glicolisi, PDH e acetil-CoA Carbossilasi) e gli acidi grassi sono B-ossidati. o METABOLISMO PROTEICO: aumenta la degradazione di amminoacidi in quanto unici precursori di per la sintesi di nuovo glucosio; la degradazione è preservata fino all’esaurimento del glicogeno. Durante il digiuno precoce i muscoli ed il tessuto adiposo passano al metabolismo lipidico, il fegato si mette in modalità gluconeogenica e vengono rilasciati acidi grassi e glicogeno dalle scorte.


CONDIZIONE 3 – INTRODUZIONE ALIMENTI DOPO DIGIUNO PRECOCE Le premesse sono diverse rispetto alla fase 1, in quanto la glicemia è bassa, le scorte di glicogeno tendenzialmente finite ed il metabolismo shiftato verso il consumo lipidico e predisposto all’utilizzo dei corpi chetonici. In seguito al pasto (come può essere la colazione) il fegato, predisposto alla modalità gluconeogenica, non sottrae il glucosio ematico dal circolo (necessario per i distretti periferici) ma sintetizza le sue scorte consumate di glicogeno; nel frattempo il muscolo può ricostruire le proprie riserve di glicogeno, il tessuto adiposo risintetizzare nuovi trigliceridi ed un eventuale eccedenza di zuccheri viene trasformata in acidi grassi dal fegato.

CONDIZIONE 4 – DIGIUNO PROLUNGATO La condizione di digiuno prolungato è piuttosto complessa, in quanto vengono messi in atto tutti i meccanismi già intravisti nel digiuno precoce al fine di preservare glicemia e funzionalità proteica, passando dal metabolismo glicidico a quello lipidico, dove i corpi chetonici acquistano nel tempo un’importanza relativa sempre maggiore e le esigenze di glucosio (e quindi di degradazione proteica) si riducono con lo shift metabolico. I punti fondamentali da tener a mente sono: 1. GLICEMIA > 40 mg/dl: al di sotto vi è sofferenza cerebrale; il nodo cruciale è rappresentato dall’impossibilità di convertire le riserve lipidiche in glucosio, mentre glicerolo ed amminoacidi gluconeogenici hanno i loro lati negativi (quantità e perdita di funzione). 2. FUNZIONALITA’ PROTEICA: la degradazione di proteine, che non sono accumulabili, causa perdita di funzione enzimatica e massa muscolare, condizioni incongruenti con la sopravvivenza (insufficienza multi organo e impossibilità di muoversi). Il metabolismo riesce ad adattarsi nel tempo, riducendo sempre più le richieste di glucosio dagli organi glucosio dipendenti e sfruttando sempre meglio le riserve lipidiche, a prezzo di un pH aumentato e di un deperimento organico o DIGIUNO – 24 ORE: sostanzialmente rientra nelle misure attuate dal digiuno precoce, con utilizzo scorte di glicogeno (durata media < 1 giorno), passaggio al metabolismo lipidico da parte di muscoli e fegato, attivazione lipolisi ed inibizione lipogenesi, attivazione modalità gluconeogenetiche (fegato e reni) e inibizione glicolisi epatica, rallentamento ciclo di Krebs epatico per concentrazioni ridotte di ossalcetato ed accumulo di Acetil-CoA derivato dalla beta ossidazione; predisposizione alla produzione di corpi chetonici. Vengono metabolizzare le prime proteine (75g/die) per ottenere i precursori della gluconeogenesi e sostenere il metabolismo del cervello che non si è ancora adattato ai corpi chetonici. o DIGIUNO – 3 GIORNI: il ciclo di Krebs epatico è sostanzialmente fermo per assenza di ossalacetato, sfruttato nella gluconeogenesi e l’accumulo di acetil-CoA porta alla produzione di una gran quantità di corpi chetonici, sfruttati dal cervello per il 30% del proprio fabbisogno. La degradazione proteica continua e coinvolge tutte le proteine con turnover elevato (quindi cellule epiteliali intestinali e secrezioni pancreatiche) ed è alla base della produzione del glucosio da parte del fegato. o DIGIUNO – DIVERSE SETTIMANE: i corpi chetonici sono il principale combustibile nel sostentamento del cervello, che riduce le proprie richieste di glucosio dai 120g/die a 40g/die, portando ad una riduzione del catabolismo proteico da 75 a 20 g/die. Il metabolismo è ora del tutto dipendente dalle scorte lipidiche. o DIGIUNO – 1-3 MESI: terminate le scorte lipidiche il metabolismo non può che utilizzare le proteine, perdendo progressivamente funzionalità organica (insufficienza cerebrale, renale, cardiaca), determinando infine coma ipoglicemico e morte per insufficienza multi organo. Mediamente un adulto in buona salute di 70 kg possiede una riserva energetica di 161.000kCal, sufficienti per sopravvivere per 1 -3 mesi a seconda del grado di attività giornaliera; nonostante ciò le riserve di glucidi terminano in meno di 24 ore o poco più.


DIABETE – ALTERAZIONE DEL METABOLISMO E’ una malattia complessa caratterizzata da un anomalo consumo del carburante: il glucosio epatico è sottoutilizzato da parte dei tessuti periferici ed il metabolismo si trova ad affrontare una situazione di digiuno prolungato nonostante la presenza di glucosio. o DIABETE TIPO I – INSULINO DIPENDENTE: assenza di produzione di insulina per distruzione autoimmune delle cellule di Langherans; compare entro i 20 anni e necessita di supplementazione di insulina per la vita. o DIABETE TIPO II – NON INSULINO DIPENDENTE: l’insulina prodotta non è captata dalle cellule in modo più o meno accentuato; si manifesta più tardi nel tempo ed ha basi genetiche. Nel diabete il metabolismo è in modalità digiuno in quanto il glucosio non può essere internizzato nelle cellule o FEGATO: bloccato in modalità gluconeogenetica, con glicolisi e ciclo di Krebs bloccati, accumulo di Acetil-CoA e produzione di corpi chetonici; nel caso del diabete di tipo I si assiste alla sovraproduzione di glucagone. Il glucosio che si accumula nel sangue viene espulso con le urine quando la glicemia supera la capacità di riassorbimento dei tubuli renali; il rischio di acidosi è elevato.

ETANOLO – ALTERAZIONE DEL METABOLISMO L’abuso di etanolo ha conseguenze gravi su tutto il metabolismo corporeo e soprattutto sull’organo deputato alla sua metabolizzazione quale l’etanolo. L’abuso di etanolo porta o Fegato grasso o Morte cellulare localizzata + infiammazione o Cirrosi epatica -> blocco ciclo dell’urea -> iperammoniemia -> morte

I° VIA DI DEGRADAZIONE – OSSIDAZIONE Nel citoplasma assistiamo all’ossidazione dell’etanolo ad acetaldeide, a spese di una molecola di NAD+. + ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ + Acetaldeide migra nei mitocondri dove viene nuovamente ossidato dal NAD+ ad acetato +

⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯

+

+ + ⎯⎯⎯⎯⎯⎯ − + + Possiamo osservare che sia a livello citoplasmatico, sia a livello mitocondriale, parte del NAD+ utilizzato per i normali processi degradativi viene utilizzato nella degradazione dell’etanolo, per tanto il rapporto NADH/NAD+ si alza e questo compromette le attività che richiedono un rapporto favorevole all’ossidazione. o BLOCCO GLUCONEOGENESI: il lattato, prodotto dalla riduzione del piruvato al termine della glicolisi o importato nel fegato dal ciclo di Cori, non può essere ri-ossidato a piruvato e per tanto si accumula portando a IPOGLICEMIA (blocco metabolico) e ACIDOSI (accumulo lattato nel sangue). o BLOCCO BETA OSSIDAZIONE: un rapporto NADH/NAD+ segnala un buono stato energetico all’interno della cellula, bloccando la beta ossidazione e portando alla sintesi di nuovi trigliceridi, che si accumulano all’interno del fegato o BLOCCO CICLO DI KREBS: inibizione delle deidrogenasi del ciclo di Krebs (isocitrato Dh e Alfa chetoglutarato Dh, portando ad un accumulo di acetil-CoA come derivato dell’acetato. L’accumulo di Acetil-CoA provoca aumentate sintesi di corpi chetonici che si sommano al lattato nel produrre acidosi metabolica. o BLOCCO CICLO UREA: subentra alla cirrosi epatica e comporta l’impossibilità di eliminare l’ammoniaca prodotta dal metabolismo degli aa, con conseguente iperammoniemia, coma e morte. Inoltre tutti questi blocchi metabolici comportano un accumulo progressivo di acetaldeide nel citoplasma, dove reagisce con proteine causando danni cellulari importanti e morte cellulare. II° VIA DI DEGRADAZIONE – MEOS – SISTEMA MICROSOMIALE ETANOLO-INDUCIBIE ETANOLO-OSSIDANTE

Il sistema produce acetaldeide ed acetato ma rigenera il NADH grazie all’utilizzo del Cit P450 e dell’ossigeno o DANNO OSSIDATIVO: vengono a crearsi molte più specie radicali dell’ossigeno e le riserve di GSH vengono consumate.



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