Chiarino Cimurri, basta il nome Chiarino Cimurri. Basta il nome. A qualcuno potrebbero sembrare due parole qualsiasi, ma non lo sono. Non lo sono prima di tutto perché era quasi impossibile non imbattersi nel suo sorriso, senza incrociarlo almeno una volta per le strade di Reggio, in mezzo alla gente che amava e che aveva imparato ad amarlo. Non lo sono perché anche chi non lo conosceva, o magari non si interessava di sport, difficilmente non rimaneva contagiato dalla sua inesauribile energia. In lui c’era l’essenza stessa dello sport. Quello sport vero che va sempre più scomparendo. Lui, semplice e speciale allo stesso tempo, sapeva come far battere il cuore. Quel cuore che lo ha tradito troppo presto, per un colpo basso del destino, ma che continua a pulsare nel ricordo di ognuno di noi. Ecco perché, guardando attraverso i suoi occhi in uno dei tanti scatti che lo ritraevano, si carpisce ancora la forza per guardare avanti con ottimismo ed entusiasmo. Ecco perché forse, Chiarino Cimurri, più che un nome e un cognome era un messaggio. Un messaggio da custodire gelosamente, condividere e trasmettere anche a chi non ha mai avuto la fortuna di conoscerlo. Di più, Chiarino era un simbolo, per lo sport e per la sua amata città. A noi, uomini di sport e non solo, il compito di non spegnere quel fuoco fatto di impegno e infinita passione. Perché, si sa, da solo un simbolo è privo di significato, ma con un bel numero di persone alle spalle può far cambiare il mondo. Luca Marani
Una vita per la sua città Tennis, basket e calcio ma soprattutto l’orgoglio di sentirsi reggiano, di poter dedicare la sua vita alla sua città. Chiarino Cimurri era tutto questo e ancora di più. Era difficile, per non dire impossibile, rimanere insensibili al suo entusiasmo di autentico uomo di sport. LA FAMIGLIA. Nato a Reggio Emilia il 3 settembre 1938, sposato con Giuliana e padre di una figlia, Veronica, Chiarino ha sempre brillato di luce propria, alimentando quel fuoco di passione ricevuto dal padre Giannetto, il famoso massaggiatore di Fausto Coppi, senza rimanerne all’ombra. Imprenditore nel settore della moda con la catena di negozi “Cimurri Sport” di Reggio, era titolare assieme alla moglie dell’azienda di abbigliamento sportivo “In Sport” con sede a Piacenza. Ma lo sport, nel senso più ampio del termine, è sempre stato il suo mondo e la sua vera passione. Tanto da spingerlo continuamente verso nuove sfide, avventure e momenti da ricordare (una serie di scatti più o meno celebri si può trovare sul sito www.cimurri.it, curato dal fratello Giorgio). «Dacci una mano» era il suo motto, che faceva trasparire la capacità di farti sentire sempre partecipe del suo progetto. Per lo sport reggiano Chiarino aveva dato l’anima, diventando per basket e calcio una sorta di salvatore della patria. IL TENNIS. Eppure, sino al 1995, Chiarino Cimurri era stato l’uomo del tennis. Prima come responsabile del Settore tecnico maschile e accompagnatore della squadra di Coppa Davis, poi come Consigliere Nazionale della Federazione Italiana. Ruoli e sfide come sempre di primo piano. Fino a quel momento erano state poche le apparizioni nel basket, grazie al suo amico Piero Montecchi che lo invitava alle partite e lui vestiva i panni di tifoso della Pallacanestro Reggiana. Ma nessuno avrebbe mai pensato che quella sarebbe diventata una delle sue grandi passioni.
IL BASKET. E dire che il suo ingresso aveva coinciso col momento più buio della storia. Era il giugno 1995. Ancora ci si leccava le ferite per una bruciante retrocessione in A2 quando la Coopsette, che deteneva la quota di maggioranza della Pallacanestro Reggiana, decise di uscirne. Il futuro era nebuloso. Per interessamento del sindaco Antonella Spaggiari furono coinvolti nell’operazione di salvataggio tanti imprenditori e sportivi reggiani. Nella cordata c’era, ovviamente, anche Cimurri. Per due stagioni Chiarino visse l’avventura quasi defilato, poi quando la squadra salì in serie A1, il suo nuovo impegno di vice presidente coincise con l’arrivo dell’uomo che lui, più di tutti, volle a Reggio: Dado Lombardi. Ben presto era diventato l’anima di una società che visse tutta la stagione sul filo di lana, ma che faceva vedere di avere qualcosa dentro. Quel qualcosa scattò nei play off, dove Reggio eliminò due grandi del basket italiano, Milano e Treviso, mettendo poi paura alla Fortitudo Bologna nella semifinale scudetto. Con il basket era scoccata definitivamente la scintilla, che lo spinse a prendersi via via più responsabilità sino alla stagione 1999-2000, quando assunse la carica di presidente succedendo a Elio Monducci. Annata disgraziata, vista la retrocessione, ma l’anno dopo Chiarino ripartì alla carica per risalire subito in A1, prima della beffa in finale contro Livorno all’ultimo secondo. Due mazzate dure da digerire, che accentuarono la spinta verso l’addio alla società, poi passata nelle mani di Stefano Landi. Il suo tempo con la Bipop era finito, ma non quello con il basket. LA LEGADUE. Via dalla Pallacanestro Reggiana e subito presidente del secondo campionato professionistico italiano, nel giugno del 2001. Una creatura nata dalla separazione della vecchia Lega che un tempo univa A1 e A2, da lanciare come prodotto nuovo. E Chiarino lo fece alla sua maniera, con il solito, grande entusiasmo, accettando rischi e scommesse. Come quella di trasmettere il basket alla domenica alle 12. Una scelta coraggiosa, perché lui era così: pronto alle sfide. Un anno di presidenza di Legadue (che nel 2006 ha pensato bene di ricordarlo intitolando col suo nome il premio al miglior giocatore delle Final Four), poi la chiamata della Reggiana Calcio. LA REGGIANA. Per spiegare questo passaggio si possono usare le parole dell’ex sindaco di Reggio Antonella Spaggiari: «Cimurri è un uomo di sport e quando gli dai una maglia, la indossa e scende in campo». Così Chiarino aveva fatto quando il primo cittadino gli chiese di correre in aiuto della Reggiana. Il suo carisma, le tante amicizie e una grande passione lo spinsero ad affermare: «Il calcio è il mio primo amore». Uno dei tanti. Era iniziato ufficialmente il dopo Franco Dal Cin. Il suo spessore di dirigente sportivo fu subito messo a dura prova nel luglio del 2002, quando la Reggiana stava per sparire dalla faccia del calcio. Cimurri chiamò a raccolta gli amici e col consueto ottimismo riuscì a compiere il miracolo, ridando slancio a una società sul punto del tracollo. Tracollo che è poi avvenuto, nell’estate del 2005, quando lui ormai se n’era già andato. Solo un caso, forse. Una coincidenza, probabilmente. Ma questa è davvero tutta un’altra storia. LA TRICOLORE. Come un’altra storia, decisamente più bella, è quella che ha portato alla nascita della Tricolore Reggiana e del Torneo Città di Reggio intitolato proprio alla memoria di Chiarino. Fu lo stesso Cimurri a tenere a battesimo la nuova Scuola Calcio di via Martiri di Cervarolo, nel 2003. E pensare che tutto era iniziato in una cena tra amici: «Davanti a un buon piatto Chiarino aveva promesso di accompagnarci nella creazione e nello sviluppo della società – ricorda commosso il presidente Giorgio Benevelli – e per questo non volle assolutamente mancare a quella cerimonia». Una bella favola, quella della Tricolore, fatta di passione, giovani e numeri in costante aumento. Una favola semplice, ma speciale. Proprio come era Chiarino.