Rivista Wink

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Numero 1 Trimestrale â‚Ź 5,00

Eventi Interviste Fashion Auto D'epoca Beauty Pin Up

Tattoo Shops




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Editoriale

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Natural Born Luvi

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Psycobilly, very Psycho!

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Dennis

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A.N.G.E.L.O.

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Tura Satana

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Johanna Ost

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Riae & SuicideGirls

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Miss Glow

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Vintage Blog

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Da.Li.La

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GUM

55

Cinema and Fashion

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Kustom Boys

66

Get Rythm

72

Let’s go, Leah

75

Tattoo Convention

78

Choose your Tattoo

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Shopping Donna

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Shopping Uomo

83

Vodoo Deluxe

90

Favola

96

Cadillac Eldorado

98

Lovely Ragtop

102

Crazy Driver Diner & Milwaukee

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Lost America

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It’s Pin Up, Baby!

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All about Rouge

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Save the Dates





Questa

rivista è stata realizzata da:

Silvia Cipolla Cristina Scotti

Con

la collaborazione di:

Alessandra e Dalila Cavallaro Eugenia Tartarelli Luca Vivaldi

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Wink è un piccolo progetto editoriale nato da una passione comune, quella per gli anni ’50 e per tutto il mondo che sta loro intorno. E’ una rivista che va incontro alle richieste di un pubblico molto vasto che esiste da sempre, i rockabillies in tutte le loro sfumature. In queste pagine ci saranno articoli dedicati a spettacoli, eventi, raduni, serate, locali e molto altro ancora di tutto questo mondo che noi in poche pagine vogliamo raccontare. Le interviste sono state realizzate in giro per l’Italia, ricercando quelle che secondo noi sono alcune tra le moltissime persone significative in questa subcultura. Gli articoli trasportano il lettore attraverso viaggi in serate a tema, locali dove il tempo sembra essersi fermato e raduni di auto d’epoca dove il bello è per tutti il comune denominatore. Dare spazio alla seduzione e al gioco, questo è uno dei messaggi che attraverso le pagine della rivista rivivono in un rimando continuo tra passato e presente. Il divertimento, uno degli elementi caratteristici del decennio storico degli anni ’50 che la cultura rockabilly si porta dietro ancora oggi, è una delle chiavi di lettura di questa rivista e uno dei sentimenti che ci ha accompagnato durante la sua realizzazione. Abbiamo deciso di adottare per le nostre firme due “nomi da pin up” Miss Kris e Miss Sylvie proprio per giocare ancora una volta in questo mondo di seduzione e leggerezza in un tempo in cui il loro vero significando è andato perso.

Sylvie e Kris

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In un piovoso pomeriggio di Marzo ci dirigiamo a casa di Ludovica Di Zenzo, una vera rockabilly milanese. Per arrivare a casa sua abbiamo fatto tre rampe di scale, finendo in un appartamento in costruzione. Alla fine ce l’ abbiamo fatta!

Ciao Ludovica il tuo to. Parlaci di te.

mondo ci affascina mol-

Sono nata a Milano 25 anni fa e sono cresciuta in una famiglia dove l’arte,il cinema,la musica e il teatro erano il pane quotidiano. Già da piccola mia mamma mi faceva vedere film di Audrey Hepburn, di Grace Kelly e di Marilyn Monroe . Mia mamma ha una vera e propria mania per il vintage ed essendo sua figlia non potevo che venire fuori così! Fin da piccola la mia famiglia mi ha trasmesso una forte cultura, soprattutto per la musica tanto che ho fatto lezioni di piano per ben 15 anni e mio padre mi ha fatto sentire musica anni ’50 praticamente da sempre. La televisione in casa mia non esiste da circa 10 anni, vivo informandomi sui siti, sui quotidiani e quindi anche questa cosa mi ha permesso di sviluppare un modo di rapportarmi all’informazione molto diverso dagli altri.

Ti

sentivi diversa dai tuoi coetanei?

Si, ma questo era motivo di orgoglio. Non mi sono mai trovata con le persone della mia età che giocavano solo con Barbie e Ken e passavano interi pomeriggi davanti alla tv. Le mie bambole indossavano vestiti realizzati da mia mamma o da me con tanto di borsettina, saddles shoes e acconciature retrò. La let-

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tura è sempre stata una parte integrante della mia formazione, soprattutto perché mi ha permesso di sviluppare una grande fantasia.

Come

è nata la tua passione per questo tipo di lifestyle?

Questo tipo di passione è nata prat ica mente dal l’adolescenza. Sicuramente una forte influenza è stata data dal cinema. Il cinema è fantasia, possibilità di creare nuovi mondi e i film degli anni ’50 ricreavano un “mondo perfetto” che a me piaceva tanto. Lo stile è stata la prima cosa che ho notato nelle varie dive protagoniste delle pellicole, da “Cenerentola a Parigi” a “ Dirty Dancing”. Gonne a ruota, ballerine, acconciature particolari, make up sempre impeccabile sono le caratteristiche che più mi hanno ispirata a creare il mio look odierno.

Vivi

ogni giorno seguendo la tua passione?

Si. Indosso sempre abiti che riprendono lo stile di cui stiamo parlando, anche se in occasioni più serie lo rendo un attimino più sobrio.

Sappiamo

che hai anche disegnato e creato degli abiti di ispirazione vintage insieme a tua mamma. Parlaci di questo progetto.

Mia mamma ha sempre avuto un grande talento per il cucito tanto che anni fa si è anche iscritta a un corso di costumista presso il teatro La Scala di Milano. Fin da piccola molti dei miei vestiti erano cuciti da lei. Nel corso degli ultimi anni io e mia mamma abbiamo recuperato vecchie stoffe ( tende, tovaglie, tessuti per arredamento, pizzi ecc ) per creare vestiti dal sapore retrò. Questo tipo


di moda sta spopolando anche se non tutto quello che ci dicono essere vintage lo è veramente : tutto è vintage! Sbagliato, moltissimi capi sono semplicemente rivisitazioni di abiti dell’epoca così come quelli che creiamo io e mia mamma. Capi semplici da poter indossare in più occasioni tutti i giorni. Vestiti a pois, corsetti di vari tessuti, gonne a ruota o a vita alta, cappellini ispirati a quel tipo di stile.

Secondo

te questo tipo di look convince il pubblico italiano? Cosa ne pensi della diffusione di questo stile in questi ultimi anni?

Si, in Italia questo tipo di look convince ma più come una moda come tante altre che come stile di vita. Moltissime persone pensano di diventare anni ’50 solamente indossando un giacchino a pois o per quanto riguarda l’uomo un paio di jeans con il risvolto un po’ più alto. Questo è quello che il mercato della moda vuole far credere ma dietro un look veramente studiato e sentito ci sono ricerche di anni e anni. Il burlesque ha sicuramente sdoganato questo tipo di moda, soprattutto tra gli uomini che pensano di andare a vedere un qualsiasi spogliarello senza capirne realmente la portata storica e ludica che c è alle spalle. Tantissime ragazze pensano di essere pin up da burlesque indossando biancheria intima di un certo tipo e creandosi un personaggio sui social network. Per fortuna non tutti sono così: ci sono persone che ci credono veramente, che spendono tempo e ore di ricerche per la loro passione e portano avanti questo tipo di look in ogni occasione della loro vita. A Milano ci sono alcune serate tipo quella del Salon Parisienne organizzata dall’Agenzia di Burlesque Voodoo De Luxe che ripropone spettacoli di un certo livello sia come musica che come qualità delle performance delle pin up.

che tutto ormai è diventato di moda e quindi sta alla persona rendere unico il suo modo di vestirsi. Anche la mania di farsi tatuaggi old school sta spopolando; ci si deve chiedere se le persone che si fanno tatuare una rondine, una pin up, delle rose sappiano in realtà il loro significato oppure lo fanno così per riempirsi il corpo senza parlare del cosiddetto “new old school” che mi fa venire odio solo a pensarci.

Segui

dei blog su questo stile che possono aiutarti nella ricerca di abiti, musica, serate? In quali negozi acquisti? A quali serate vai?

Seguo vari blog americani che parlano di Rockabilly, ma non ne ho uno in particolare. Seguo quello del negozio Vivienne of Holloway. Acquisto molto on line soprattutto su E-Bay anche se non sempre azzecco le taglie! Per quanto riguarda i negozi, a Milano vado da Hangover Records perché conosco il proprietario e c è un ottimo rapporto qualità – prezzo, poi non disdegno H&M, Zara mentre per l’intimo cerco qualcosa di più particolare e vado da SEX SADE in Via Felice Casati. Per quanto riguarda i locali e le serate, non ho un posto preferito. Vado al Milwakee di Varedo, a serate garage organizzate dai miei amici e alle poche serate anni ’50 organizzate dai circoli Arci.

Alla fine di questa intervista Ludovica ci ha offerto caffè e sigaretta e ci ha fatto visitare la sua casa, un mix tra arte e improvvisazione. Il tempo dell’intervista è durato nemmeno un’ora, tutto il resto del pomeriggio l’abbiamo passato a parlare e a conoscerci meglio!

Nella moda to. Cosa ne

tutto tende ad essere mescolapensi del fatto che persone con stili differenti abbiano adottato parti del tuo stile?

Moltissime persone hanno “imparato” a vestirsi come me. Io non giudico assolutamente, ognuno è libero di scegliere il proprio stile sentendosi bene con se stesso. Detto questo è ovvio che preferisco persone che ci credono veramente piuttosto che “pin up per un giorno”. Si deve anche dire

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Rockabilly Rules Ecco un rockabilly vero. Anni Cinquanta, Cadillac, capelli pompadour, jeans levi’s 501 e tanto rock’n’roll! Un sostenitore accanito di quella che è e DEVE rimanere una nicchia per pochi eletti che non se la tirano e che vogliono divertirsi bevendo due birre e sentendo della buona musica.

Raccontaci chi sei.

di te.

Presentazione

Come

e quando è nata la tua passione per questo genere musicale? Parlaci delle serate dove metti i dischi.

generale di

Sono Marco, ho 25 anni e sono uno studente lavoratore. Mi piace frequentare serate di musica dal vivo nella speranza che sia sempre possibile una condivisione delle personalità di chi le frequenta, dove ognuno si può sentire accomunato da uno spirito libero dalle mode, quindi senza essere etichettati superficialmente (come spesso accade) per quello che si ascolta, per come ci si veste e per le proprie idee. Ho un mondo ideale nella mia testa che qualche volta si avvera in maniera casuale, e non credo nemmeno che sia una grande utopia pensare che delle persone con gli stessi interessi comuni pos-

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sano trovarsi in sintonia in una serata di musica rock e condividere lo stesso spirito selvaggio, lo stesso rifiuto degli stereotipi e allo stesso tempo sentirsi a proprio agio.

La mia passione per il Rockabilly è stata un evoluzione della mia passione per lo Psychobilly. Quando avevo 18 anni era un genere di nicchia non ancora riesumato dal suo passato glorioso degli anni 80. Lo psychobilly mi sembrava la giusta direzione nel mio percorso di ascolto musicale; fino a quel momento ascoltavo solo punk e punk hardcore e avevo bisogno di qualcosa di più stimolante, di più elaborato e ritmato . Come dice la parola stessa, lo psychobilly si ispira al rockabilly su una base punk e garage, ma sostanzialmente le due realtà spesso si fondono (anche grazie al fenomeno parallelo di fine anni ’80 del neo-rockabilly degli Stray Cats) e quindi da lì è stato un attimo esplorare anche il rockabilly e interessarmi a questo genere che è rudimentale anche per il punk e per lo psycho naturalmente, oltre che per l’intera storia del rock. C ‘è da dire che la scena rockabilly è molto autoreferenziale e specialistica, ci sono dei raduni e delle serate anche difficili da raggiungere, ma sempre frequentate dai pochi affezionati, che alla lunga sono sempre gli stessi. Ovviamente c’è da considerare che il rockabilly è un genere non per tutti, ed è anche vero che c è tanta gente che invece è convinta di poter vivere questa sottocultura semplicemente adeguandosi ai clichè che sono nella testa del-


la maggior parte delle persone. Non è sufficiente un ciuffo o una camicia vintage per immergersi in questa realtà così come non è sufficiente una frangetta o una scarpetta anni 50. Il vintage negli ultimi anni ha preso il sopravvento e questo culto del collezionismo di oggetti del passato ha portato a una grande superficialità, mettendo in secondo piano ciò che è la ricerca musicale e l’ascolto e mistificandone i valori. Per questo motivo ho deciso di dire la mia, ho deciso che nonostante non sia un musicista e non sappia suonare uno strumento qualcosa va fatto. E così ho deciso di impegnarmi come dj a mettere dischi nei locali che me lo permettono. Quello che metto è qualcosa che non è niente di nuovo ma neanche qualcosa di banale, anzi credo che almeno a Milano sono l’unico o uno dei pochissimi a selezionare la musica con questo criterio: unire le varie epoche del rock’ n’ roll senza promuovere il trash fine a se stesso e la casualità dei brani. Nei miei dj set il filo logico c’è ed è il rumore, il fuzz, il lo-fi, l’urlo, la voce graffiante e la velocità, e questo indipendentemente dai generi del rock ‘n ‘roll e dalle epoche; dal garage allo psychobilly, dal rockabilly wild al punk e al surf, senza rinunciare a qualche cover che può far ballare. Rifiuto il purismo di genere che porta solo a una chiusura verso microcosmi di artisti che hanno poco da dire, allo stesso tempo sono perennemente alla ricerca di musicisti dimenticati che ritengo necessario riesumare per dare un tono più «nichilista» alla musica vintage che comunemente viene concepita come qualcosa di melodico, di nostalgico e di staccato dalla realtà in cui viviamo

Cosa

ne pensi del fatto che il “rockabilly” e altre sottoculture simili si sono sviluppate

a Milano e in Italia cosi velocemente negli ultimi tempi?

Penso che in Italia il rockabilly abbia vissuto un grande vuoto dagli anni 90 fino al 2002 circa e che a riportare in auge il genere sia stato da una parte il ritorno alle attività musicali dei «quarantenni» che nell’89 vissero il periodo clou del neo-rockabilly (culminato a Milano con il concerto degli Stray Cats al Rolling Stone di Milano) e d’altra parte dal nascere di un evento di grande portata come il Summer Jamboree di Senigallia, uno dei più grandi festival in Europa. Non è neanche da trascurare che tutti quelli che, come me, erano adolescenti 10 anni fa inizialmente non contemplavano minimamente il rockabilly, tanto forte era la realtà punk o metal tra le sottoculture, quindi sono anche convinto che il rockabilly sia stata una scoperta intrigante in un momento storico in cui c è poco interesse. Per tanti il rockabilly è stato un fenomeno di evasione, per altri un diversivo per fare gli scemi, per altri ancora uno stile di vita azzeccato. Consideriamo poi anche le realtà che stanno intorno al rockabilly come il collezionismo di auto e moto e il fenomeno burlesque (che a mio parere è la trasposizione in chiave sottoculturale della mania di rincorsa al successo e alla visibilità che possiamo ritrovare anche nei talent show televisivi). Infine in un epoca di transizione e di incertezza come la nostra, a cavallo di un secolo che non si sa ancora in che direzione andrà, si è sviluppata anche un inconsapevole nostalgia del benessere e della spensieratezza che era possibile godere nei decenni centrali del ‘900, quando era il modello consumistico statunitense a creare sogni e speranze.

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Contemporaneamente anche lo psychobilly ha vissuto una rinascita, io personalmente ho fondato quasi 10 anni fa una community (www.sinnerland. it) con un forum che ha permesso a decine di psycho italiani, anche distanti tra loro, di conoscersi e di fondare nuove band e di creare quindi una rete di contatti (ormai quasi completamente soppiantati dal fenomeno Facebook) che nonostante tutto sono ancora in essere. Ultimamente devo dire che in Italia c è una realtà di promoters senza scrupoli che hanno impedito il realizzarsi di grandi concerti psychobilly di livello internazionale e quindi si è costretti a fare km per vedere un concerto.

Conosci

delle realtà all’estero?

Parlane

All’estero la realtà è ovviamente più agevolata dalla minore burocrazia che regola le attività musicali e dalla creatività che viene premiata dal pubblico partecipante. Vedo all’estero una maggiore disinvoltura nell’affrontare le serate, una maggiore espressività delle persone anche sotto al palco e soprattutto un grosso rispetto nei confronti della musica. Addirittura mi è capitato di andare a un festival psychobilly a Parigi organizzato dalla mia ex ragazza. Ho avuto quindi modo di vedere come funzionava il backstage. Ognuno svolgeva il suo piccolo compito senza fiatare, tutto per una grande causa: la riuscita del festival. Inutile dire che uno scenario del genere in Italia è inimmaginabile. Una realtà con cui sono entrato fortemente in contatto è quella svizzera, sia per la vicinanza di Milano col confine, che per la lingua italiana che è diffusamente parlata. Quindi mi son creato delle amicizie solide con gli psycho del canton ticino, e mi ha sempre colpito la loro partecipazione ai concerti, non si respira quell’aurea di provincialismo che si respira al di qua del confine, per loro è sufficente un pò di corrente elettrica, un paracarro come palco in un campo di pannocchie, delle casse di birra, e in 40 persone son già tutti contenti ed entusiasti di passare così una serata tirata su dal nulla. Fondamentalmente in Italia vogliamo stare seduti al caldo e berci un cocktail, siamo un popolo poltrone da «bar sport» o da salottino country club, ci piace deprimerci e chiacchierare dei cazzi nostri con la musica in sottofondo. Perchè non mettere da parte pensieri e preoccupazioni e ballare? Difficilmente qualcuno si alza in piedi e si mette a saltare dappertutto a ritmo di musica, a Milano chiamerebbero l’ambulanza, all’estero invece capiscono che ti stai divertendo e ottieni pure il supporto degli altri che si trovano con te nel locale in quel momento. Per non parlare poi dei festival....

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A

quali raduni e festival vai?

Dal 2003 ogni primavera passo 5 giorni di mare e psychobilly al festival di Pineda De Mar (vicino a Barcellona) ed è una realtà con molte sfaccettature che però accoglie band più o meno psychobilly da tutta Europa e anche dal mondo. E’ una full immersion nel genere con dj set in ogni momento della giornata e devo dire che da questi dj set ho tratto molte ispirazioni. Ci sono un sacco di bancarelle dove acquistare cd e gadgets e l’atmosfera è delle migliori, anche in spiaggia dove il clima è molto frizzante e la birra fresca. Mi è capitato poi di andare molto spesso anche al festival rockabilly di casa nostra che è il Summer Jamboree di Senigallia nelle Marche, un’ occasione particolare per fare una vacanza, perchè è possibile incontrare vecchie conoscenze in giro per le piazze del paese e sul lungomare. Il festival prende tutto il centro urbano e in ogni angolo si incontrano situazioni differenti: palchi, sottopalchi, bancarelle e auto americane. Bisogna dire che i primi anni era un evento totalmente gratuito, ultimamente è diventato un appuntamento che ha un richiamo eccessivo, che attrae più il popolo della movida rivierasca più che i veri e propri rockabilly, che pian piano stanno cominciando a disertare un festival che si sta allontanando sempre più dall’ interesse degli appassionati. E’ diventato un grande party di ferragosto ormai, nonostante arrivino anche band di grosso calibro. In Svizzera mi è capitato di assistere all’Hangar Rockin che si tiene ogni luglio per 3 giorni nella Valle Simmenthal, un evento incentrato sui motori d’epoca, anche se i concerti rockabilly sono molto interessanti e il pubblico è incontenibile.

Dove

acquisti?

Quali

blog/siti segui?

I miei acquisti? Dove capita, ci sono un paio di negozi di Milano che voglio segnalare e sono Hangover e il Crabby Brothers in zona Ticinese, molto bello anche perché ha del materiale più street. Su internet mi informo ormai principalmente da Facebook ma voglio segnalare il mio personale forum psychobilly che è www.sinnerland.it, oltre al gruppo Facebook omonimo.

Come avete visto Marco Boney è un tipo tosto. Guai a toccargli il rockabilly, potrebbe spaccarti una bottiglia di birra in testa!



The Wildest Rocker in Milan In zona Colonne di San Lorenzo a Milano, c è un piccolo bar che si chiama Bar Cuore. Io che sono di Milano, lo conosco praticamente da sempre. Ci sono andata varie volte soprattutto negli scorsi anni e da sempre la persona che mi aveva colpita di più era stato il barista, in puro stile anni ’50. Oggi, che ne ho occasione per questa rivista, sono andata a fargli un po’ di domande! Speriamo mi risponda bene.

Ciao Dennis! Presentazione e introduzione del personaggio. Beh una presentazione mi sembra eccessiva ma ecco qui: mi chiamo Dennis Acquaviva sono nato il 23/02/1971 a Milano, però sono cresciuto a Rozzano. Sono un BARMANAGER cioè un personaggio con la conoscenza assoluta nel campo della ristorazione con divertimento o definita H.O.R.E.C.A. E’ da 25 anni che lavoro con il pubblico ed è da quando ho 17 anni che lavoro di notte. L’ambiente bar lo conosco come le mie tasche, dalla cucina al bancone Dennis sa fare tutto. Le cose che amo fare di più sono: fare drink e cucinare in vecchio stile ma molto rivisitato.

Benissimo, direi che come presentazione anche se all’inizio eri titubante sei riuscito perfettamente a farti conoscere in pochissime parole. Da quanti anni segui questo lifestyle? Ecco qui una domanda alquanto buffa… ( ride ) e io sono parecchio agitata e spero non mi risponda male! Io non seguo un lifestyle ma sono semplicemente nato così. Mio padre era un Teddy Boy qui a Milano e ascoltando le sue storie io ho deciso di rifarle. .. Comunque all’età di 12 anni andando in via Torino a Milano vidi quelli che all’epoca si definivano ROCK-A-BILLY mi sono piaciuti subito ma far parte del gruppo era molto difficile . Con il tempo, dopo aver conosciuto altre persone ed aver subito un bel po’ di nonnismo, ho iniziato a frequentare la compagnia di via Torino. Tutto questo all’età di 13 anni quindi sono da 27 anni così e non intendo cambiare.

C è qualche Cuore?

tipo di rapporto tra te e il

Bar

Beh, il rapporto che c’è tra me ed il CUORE è di puro lavoro.. come ben sai lo stile del locale non c’ entra nulla con me; il cuore è in pieno stile anni 60/70’ cioè uno stile che negli stati uniti definivano ATOMIC , di fatti l’ex proprietario del CUORE era il proprietario dell’ ATOMIC bar quello di Via Felice Casati. Quindi io essendo uno in puro stile anni 50’ non c’entro nulla.

Parlaci

della tua attività di organizzatore di eventi/serate. Cosa stai facendo per dare vita a questo movimento?

Allora io non faccio proprio il creatore di eventi ma organizzo solo il giovedì al Cuore la serata GET RHYTHM The

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Ecco qui una domanda molto interessante.. Beh la gente vive in un’ignoranza tale che è difficile da dire! Ormai mi sono anche rotto i coglioni di pensare alla gente! Come ben sai al Cuore io ho messo un’immagine di ELVIS ed al suo fianco la mia immagine con la dicitura”IO SONO ELVIS” e sotto alla mia “IO SONO DENNIS” ,questo è stato fatto per specificare che non sono un emulo di nessuno ma solamente me stesso. Ma a quanto pare la gente non lo capisce… Però come sempre il mio mondo affascina e la gente lo recepisce molto bene e molti ne sono attratti ,vedi esempio stupido, quello che succede nei vari network. Cazzo, ora ci sono pin-up ovunque e festival in ogni dove, tutti vogliono vivere come me, ma la differenza è che io vivo tutti i giorni così e gli altri alle volte si travestono per l’occasione per poi sparire nella massa il giorno dopo! Grazie dell’intervista e spero che ti serva a qualcosa!

E’ andata molto bene direi. Dennis è una persona gentile, nonostante l’apparenza e anche quando l’ho incontrato per fargli le foto a casa sua è stato davvero disponibile! Mi piacciono per persone come lui che credono fino in fondo in quello che sono!

Wildest Rockabilly in town per sponsorizzare appunto il mio festival che per l’appunto si chiama GET RHYTHM the Wildest Weekender in Italy che faccio una volta all’anno nel periodo di marzo e che si è appena concluso e che come ben sai, visto che eri presente anche tu, è stato molto divertente! Ecco cosa faccio, ma nella seconda parte della domanda dove mi dici” cosa fai per dar vita al mio movimento”, devo risponderti così: il mio movimento non si è mai fermato dal 1943,è da allora che continuiamo ad andare avanti e indietro. All’estero siamo molti, è solo qui in Italia che non abbiamo spazi.. Ma visto che ora stiamo tornando di moda come negli anni ‘80 spero che ci saranno più possibilità di trovare spazi per noi e per le nostre serate.

Come

pensi venga recepito il tuo stile dalla maggior parte delle persone?

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Chi è che non ha mai sognato di avere una macchina del tempo per fare un viaggio nel passato? Basta fare un giro nel Vintage Palace di Lugo di Romagna che da più di 20 anni ospita capi Vintage selezionati, suddivisi e igienizzati insieme a migliaia di accessori pronti ad essere riutilizzati. Il re del vintage in Italia, così viene chiamato Angelo Caroli (detto, A.N.G.E.L.O) proprietario di questa enorme macchina del tempo. Angelo interessato già dall’ adolescenza al settore moda, è un vero intenditore della storia della moda. La sua passione lo porta da più di 30 anni a girare per il mondo alla ricerca di capi veri e originali che fanno parte della vita di tutti i giorni, della nostra storia; capi militari, civili, da lavoro, per lo sport, abiti da giorno e da sera, non solo di grandi sarti, ma specialmente abiti di uso frequente. Il Vintage Palace si divide in quattro parti. Il piano terra è dedicato all’ abbigliamento uomo, donna e bambino. Al primo piano, invece, si trova la Vintage Room ovvero una sala che accoglie i capi più preziosi e datati per i veri appassionati del vintage inclini al gusto retrò e ricercato. Inoltre l’ ultimo piano viene considerato il vero “museo” del Vintage Palace, dove troviamo vere e proprie raccolte di esperienza e storia. Un vero e proprio repertorio di storia della moda insomma! Per questo motivo i capi del cosiddetto “museo” non sono in vendita, ma vengono utilizzati per ricerche stilistiche, film, realizzazioni video, spettacoli teatrali e televisivi, pubblicità, redazionali di moda e servizi fotografici, quindi messi a disposizione per il solo noleggio. Le vere novità del Vintage Palace però sono nel cortile esterno protetto, dove si trova la nuova area Fripes, una zona outlet, nella quale sono raccolti capi interessanti a metà prezzo; e l’ area Vintage di Domani, uno spazio dedicato a capi e accessori degli ultimi dieci anni. Quest’ ultima area è davvero interessante poiché in esso vi è un magnifico gioco di ricerca stilistica così chi si stanca dell’ ultima IT-

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Bag può lasciarla in negozio, scambiandola con un valido sostituto. Questo scambio permette così ad ogni capo di essere adottato e di rinascere nelle mani del nuovo proprietario. In questo modo si creerà una catena di capi che con il continuo cambiamento di proprietario acquisteranno sempre di più col passare del tempo un valore storico. A.N.G.E.L.O inoltre è visitabile online al www. angelo.it. Nella sezione Shop Online ora potrai ricercare tra più di millecinquecento pezzi Vintage originali osservandone i particolari attraverso il sistema di zoom delle immagini e infine acquistarli direttamente o suggerirli ad amici. Allora sei pronto?Allacciati le cinture e preparati per un emozionante viaggio nel passato!


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E’ stata una tra le più belle cattive del grande schermo. E tra le più creative: iniziò Elvis al bacio e al celebre movimento pelvico. Tura Satana, un’icona proto femminista dal fascino intimidatorio e particolare. Dagli ardenti occhi esotici, incorniciati da capelli corvini, guizzano sguardi di sfida. Il décolleté è tra le sette meraviglie del mondo e le curve iperboliche sono inguainate in una mise da gatta. Suvani Luna Pascual Yamaguchi nasce nel 1938 sull’isola di Hokkaido in Giappone. Suo padre, un attore di film muti, ha origini nippo-filippine, la madre, una contorsionista, è una cheyenne con ascendenze irlandesi e scozzesi. La famiglia si trasferì in America poco prima dell’attacco a Pearl Harbor e, come molte altre famiglie giapponesi, viene internata nel campo di Manzanar in California, dal ’42 al ’45. Suvani,”fiore bianco” in giapponese, viene sostituito con Tura, la traduzione cheyenne. Dopo la guerra gli Yamaguchi vengono trasferiti a Chicago, in brutto quartiere di italiani, polacchi ed ebrei, detto Mafia. La vita è molto dura per una famiglia orientale, Tura è vittima di una gang di ragazze di colore che non sopporta che una “occhi a mandorla” frequenti la loro scuola: viene presa

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a botte ogni volta che va e torna da scuola. Ma il peggio deve ancora venire: pochi giorni prima del suo decimo compleanno, Tura viene stuprata da 5 bastardi che l’avevano accusata di averli provocati. A 9 anni lo stupro cambierà per sempre il suo carattere e la sua vita. Suo padre le impartisce lezioni di karate e di aikido da un famoso maestro delle Hawaii e diventa cintura nera. Ci sono rabbia e inquietudine nel suo animo e il riformatorio non fa altro che acuirli. Tura è ora una che sa farsi rispettare e ha spesso raccontato la sua vendetta “ Da quel momento chiunque abbia tentato di farmi del male si è amaramente pentito. “ A 13 anni sposa con un matrimonio combinato un ragazzo di 17. Ma il matrimonio fallisce: lui vorrebbe che restasse a casa a fare la moglie!Grosso errore! L’unica cosa che si tiene dell’ex marito è il cognome: Satana. Nel frattempo è diventata leader di gang femminile “ Indossavamo giacche da motociclisti, jeans risvoltati e stivali. Avevamo rasoi nascosti dietro al collo e coltelli negli stivali. E portavamo sempre i guanti, perché non si sapeva mai con chi avresti fatto a pugni!” Si chiamavano “Gli Angeli” e pattugliavano il quartiere: nessuna donna o bambina doveva più temere per la sua incolumità. A 14 anni, grazie agli insegnamenti della madre,


è già un’esperta di hula hoop, esegue lo shimmy e si dimena sui fianchi a ritmo vorticoso. Vende sigarette, sigari e cigarilli al Trocadero sul Sunset Strip di Los Angeles e sono già in molti gli uomini che perdono la testa per lei. Tura però molla il Trocadero, le sue atmosfere decadenti e comincia ad esibirsi come ballerina spagnola. Ma di li a poso sveste i panni di gitana e si guadagna di titolo di regina della scena burlesque. E’ una rara attrazione, giovanissima, orientale, alta, con tette da record, e si esibisce nella sua specialità: il tassel twirling. Fa roteare in tutte le direzioni le nappine appese ai copri capezzoli di pailletes. E’ anche un’ eccellente cantante: ha un’estensione di 4 ottave. Chi cerca un approccio con lei, ormai soprannominata Miss Japan Beauty, viene però messo al tappeto. Tura prende a calci ogni corteggiatore. Tranne uno. E’ nel 1954, dopo uno dei suoi show a Biloxi nel Mississipi, che un giovane cantante le si avvicina dandole del lei. Lui si chiama Elvis, ha bellissimi occhi blu e modi garbati da ragazzo del Sud. La relazione è top secret e dura alcuni mesi. Presley è incuriosito da come Tura muove il bacino e le ginocchia. Vorrebbe imparare anche il tassel twirling! Lei gli mostra come far roteare le anche, a baciare con la lingua, e a fare molte altre cose a sfondo sessuale. Elvis è pazzo della sua ballerina e le chiede di sposarlo, con tanto di anello di diamanti da tre carati. Ma lei, che ha intuito il ruolo di “ mamma e amante” che le si prospettava, rifiuta. Vuole restituire l’anello, ma lui le chiede di tenerlo e di non dimenticarlo mai. Il re del rock, che sul palco ormai si esibisce con mosse di shimmy e vibrazioni pelviche, resta così ossessionato dalla sua maestra di baci che impone alla neo moglie Priscilla di copiarne il look il make up, tanto da farla sembrare un clone. Ma Tura Satana è un essere libero e non ha eguali. Basti pensare che a 19 anni resta incinta e continua ad esibirsi fino all’ottavo mese di gravidanza. Nasce così la sua prima figlia, Kalani. Tura posa come modella di nudo per la Hollywood di quegli anni mentendo sulla sua età. Harold Lloyd, famoso attore dell’epoca, le consiglia di lanciarsi nel cinema con il suo viso particolare che fa l’amore con la cinepresa. E’ così che dopo alcuni lavori minori approda in tv alla fine degli anni’50 in film con Dean Martin e altri attori e

registi importanti dell’epoca. Nel 1965, dopo aver letto un’inserzione su Variety, si presenta al provino con il re dei nudi, lo scorbutico regista Russ Meyer, fan delle maggiorate. Tura legge con voce glaciale il copione di Faster, Pussycat! Kill! Kill! e ottiene immediatamente la parte di Varla, capobanda di un agguerrito trio di super donne. Meyer è certo: solo lei potrà dare corpo all’eroina dark del suo film, un mix tra soft core, azione e commedia nera. Il successo della pellicola è enorme e il pubblico maschile impazzisce per la dominatrice pin up dagli occhi a mandorla. Nel ’67 Tura riprende la sua routine d’artista di burlesque, e dopo uno show, il regista Ted V. Mikels la nota e scrive per lei il ruolo della perfida Satana nello sci-fi horror Astro Zombies. Ma dopo le riprese l’attrice resta di nuovo vittima di uomini violenti: un ex amante, che non riesce ad accettare un suo rifiuto,le spara una pallottola nello stomaco. Rischia di morire ma dopo mesi di convalescenza è di nuovo in forma. Smette di recitare e continua, insieme a tanti altri lavori saltuari, a ballare nei locali della California,dove si stabilisce. Nel 1981 sposa un poliziotto in pensione. Un altro incidente, però, mina la sua vita: un pirata della strada la investe spezzandole la schiena. Subisce 17 operazioni, passa tre anni in ospedale e la sua salute è compromessa. Ma Tura torna a camminare e persino a praticare aikido. Negli ultimi anni, vedova, conduce comunque una vita serena ed è amatissima da un tante persone e soprattutto dai suoi fan. Il 4 febbraio 2011 a Reno, in Nevada, un arresto cardiaco se l’è portata via. A breve si potrà leggere la sua autobiografia, ultimata poco prima di morire.

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Johanna Öst è una ragazza svedese di 27 anni. Barbie fin dalla nascita, ha sempre apprezzato uno stile femminile e molto retrò. Vive a Vallentuna in Svezia, insieme alla sua famiglia. Sua mamma è sempre stata molto creativa e sicuramente Johanna ne è stata influenzata. Studia storia all’università e le sue grandi passioni sono : l’arte in tutte le sue forme, soprattutto la pittura del XVIII secolo, i fumetti, i cartoons Disney e la bambole, di queste ha una collezione vastissima che parte da quelle più antiche in porcellana con vestiti interamente realizzati a mano a quelle più moderne, come le Barbie della sua infanzia. Guardando nei suoi molti blog, ci siamo soffermate sulle foto che la ritraggono davanti allo specchio. Il modo di acconciare i capelli, il make up, il suo guardaroba la fanno davvero sembrare una perfetta ragazza d’altri tempi. La cosa che più ci ha colpito di lei è la sua carriera creativa. Si può dire che Johanna dipinga da sempre, non può immaginare la sua vita senza il pennello in mano. Guardando i suoi lavori vengono subito in mente due nomi : Theodor Kittelsen, pittore norvegese famoso per le sue uniche rappresentazioni della natura e delle leggende nordiche e James Jean, un illustratore americano specializzato nel disegno di soggetti allegorici. Johanna però non si rifà totalmente a loro ma ne prende solo alcuni dettagli, la sua ispirazione è spontanea e proviene da tutte le “cose” che vede nel corso delle sue giornate. Per niente modesta, Johanna dice, in un’ intervista che abbiamo trovato in rete che non le interessa che la sua arte piaccia agli altri ma che in primo luogo deve piacere a lei e che non vuole né ora né mai cambiarla o migliorarla in base ai consigli di altri artisti magari più famosi di lei. Bel comportamento del cazzo, tipico degli artisti che credono di essere già arrivati chissà in quale posto. Tutti dicono di non essere interessati a piacere però su quasi ogni blog c è un link per poter comprare le opere, allora in quel caso se piacciono tanto meglio visto che ci guadagnano anche! Quello che a noi interessa è però scoprire il processo creativo di questa giovane artista. Il disegno viene fatto prima in matita e poi ripassato con i colori ad acqua per essere poi terminato con gli

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acrilici e la penna per mettere in risalto tonalità di colore più accese. Siamo andate sul suo blog http://blog.johannaost.com/ e abbiamo guardato parte del suo lavoro. Il più delle volte ci siamo fatte una chiara idea di quello che vuole rappresentare ossia frammenti di storie che ispirino la gente a fantasticare su cosa stanno vedendo. Oltre ai dipinti abbiamo scovato delle piccole bambole realizzate in argilla e dei pony di plastica “truccati e vestiti” dalla stessa Johanna. A dir poco terrificanti per i nostri occhi! Per fortuna questo gusto pessimo viene completamente abbandonato quando guardiamo altre sue foto. Il look di Johanna è impeccabile: abitini di seta, panataloni a vita alta, camicette a quadretti e a pois, ballerine, cappellini e molto altro la rendono una bambola bionda piuttosto sensuale. Nei suoi outfit troviamo un insieme di estetiche diverse, da quella nord europea in stile Bjork fino ad arrivare a quella ottocentesca in stile Scarlett O’hara.

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SuicideGirls è un Sito Web che propone fotografie Softcore e profili testuali di ragazze di stile dark, punk, indie ed alternativo in generale (nonostante si rifacciano spesso anche a stili che richiamano ai modelli di pin-up anni quaranta e cinquanta) note esse stesse come “Suicide Girls”. Il sito funziona anche come una comunità virtuale con profili utenti, gruppi tematici e forum di discussione, e propone inoltre interviste ad importanti personaggi della cultura popolare ed alternativa. E’ facile dire “che fighe le suicide girls” ma la maggior parte delle volte non si sa niente di preciso a riguardo. Il concept ed il sito Suicide Girls furono creati dai soci fondatori della società madre, SG Services Inc., “Sean” (Sean Suhl) e “Missy Suicide” (Selena Mooney) alla fine del 2001, con sede a Portland, Oregon. Nel 2003 il quartier generale del sito si spostò a Hollywood (Los Angeles). Suhl e Mooney dichiararono di aver aperto il sito “semplicemente per vedere delle belle ragazze punk nude.” Mooney ha anche dichiarato che lo scopo del sito è quello di dare alle donne il pieno controllo su come debba essere rappresentata la propria sessualità. A Mooney e Suhl si sono poi aggiunti due altri soci, ovvero Steve Simitzis (amministratore del server, “s5”), e sua moglie Olivia Ball (ex-programmatrice e webmaster del sito, nonché ex-Suicide Girl), che però dal 2006 non appare più tra i componenti dello staff. L’enorme successo di SuicideGirls ha ispirato molti siti di tematiche analoghe. La paternità del termine suicide girl è attribuita a Chuck Palahniuk, autore del romanzo “Fight Club” che ha ispirato l’omonimo film, lo scrittore ha usato questo termine in uno

dei suoi romanzi: “Survivor”. Il termine era stato poi adottato dai creatori del sito per definire ragazze che non possono essere inquadrate in una corrente di pensiero in base al tipo di musica che ascoltano. Mooney conferma questa versione nella Suicide Girls FAQ, dove aggiunge alcuni altri dettagli. Mooney dichiara anche che se avesse avuto idea della popolarità che il sito avrebbe raggiunto, avrebbe pensato al nome dello stesso più di quanto non avesse fatto all’epoca: con la fama, il sito ha infatti ricevuto pesanti critiche per il nome che sembrava potesse rappresentare una sorta di apologia del suicidio. In quanto marchio del sito e dei relativi merchandising ed eventi, la scrittura corretta del termine “SuicideGirls” è senza spazi, in un’unica parola. Le ragazze, invece, vengono generalmente definite “Suicide Girls”. Il sito non fa scouting per ricercare le proprie modelle, ma dichiara di selezionare tra circa 1000 richieste di diventare Suicide Girls inviate da ragazze di tutto il mondo ogni settimana, accettandone generalmente una al giorno. La maggior parte delle ragazze ha un look non convenzionale, basato su capelli colorati e dreadlocks, piercing e/o tatuaggi, anche se non è vera la voce secondo cui si debba neces-

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sariamente essere tatuate per posare per il sito. Di fatto, l’importante resta rappresentare un’immagine alternativa, una bellezza ed un pensiero non convenzionali. Le ragazze sono rappresentate da servizi fotografici professionali o meno, oltre che da blog scritti da esse stesse, spesso aggiornati coi loro pensieri, aneddoti, fotografie, e qualsiasi cosa vogliano aggiungere. I temi dei servizi fotografici sono completamente decisi dalle ragazze stesse (così come la loro frequenza di uscita, seppur mediata dalle esigenze “editoriali” del sito), e rappresentano generalmente un ritratto di bellezza alternativa, un omaggio all’immaginario delle pinup classiche, delle allegorie o delle simbologie che richiamano alla loro cultura, o citazioni dei loro artisti preferiti. Ogni set fotografico comprende del nudo, dal seno alle parti genitali, che fanno del sito anche un portale soft porno. SuicideGirls dichiara che il 43% dei membri paganti del sito sono donne (cosa che sarebbe atipica per un sito erotico ordinario), e che la visione delle foto rappresenti soltanto il 20% del traffico del sito. I membri sono generalmente attivi nell’organizzare incontri ed eventi nella vita reale, e la società SG stessa supporta diversi di questi eventi. Una recente intervista con Suhl rivela che la maggior parte dei profitti del sito deriva dal merchandising, invece che dall’iscrizione a pagamento. Joanna Angel ha definito SuicideGirls come “il McDonald’s dell’alt porn”. SuicideGirls è, negli Stati Uniti, un fenomeno di massa di notevole portata. Nonostante si tratti di un sito vietato ai minori, il reale target di SG -ovvero ragazzi e ragazze dai 15 ai 25 anni- considera le Suicide Girls come veri idoli, quasi fossero rockstar o attrici: questo fatto è peraltro ben testimoniato dalla popolarità che il profilo SG su Myspace ha, specialmente tra i giovanissimi. In Italia il fenomeno è in ascesa (anche grazie ad un nuovo progetto di show autogestito dalle stesse ragazze, seppur supportato dallo Staff SG), nonostante le Suicide Girls italiane vengano

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talvolta confuse con le ragazze di Sickgirls, che hanno raggiunto una certa popolarità a livello televisivo nel corso dell’inverno 2006/2007, grazie a diverse apparizioni in svariati contesti delle reti Mediaset, Rai e satellitari. I due siti hanno poco in comune per quanto riguarda le protagoniste ed il loro atteggiamento, notevole differenza è nel tipo di foto: le Suicide realizzano dei set dichiaratamente alternative porn (porno alternativo) mentre le Sickgirls nascono come pinup moderne, e le loro foto rimangono sul genere soft, sempre e comunque non oltre il topless. Le Suicide Girls italiane sono molto quotate all’interno del sito, anche grazie al lavoro della fotografa ufficiale Albertine: sono più di una trentina (anche se di esse solo poche ricevono di fatto il supporto pieno di Suicidegirls); alcune anche abbastanza note in Italia per le loro attività artistiche (Tying Tiffany e Miss Violetta Beauregarde - alias Aiki), famosa anche per aver pubblicato un videoclip porno amatoriale, per le loro collaborazioni con artisti o musicisti (Nana, protagonista del recente videoclip di Alessandro Raina, ex Giardini di Mirò, nonché di performance nell’ambito della scena Industrial italiana, o Reina e Dalila, protagoniste -con altre- del video dei Club Dogo Incubo Italiano),Maia che è protagonista di due videoclip di J-Ax + Stile) e Turi La tua donna), Shine, protagonista del videoclip di Bassi Maestro Mr.Cocky), Reina e Shenni, protagoniste del videoclip dei Corveleno Ottimo). Molte delle ragazze italiane appaiono nel secondo DVD ufficiale di Suicidegirls, chiamato -appunto- Italian Villa e nel nuovo libro fotografico.


Tra le SuicideGirls che abbiamo visto sui vari siti quella che ci ha colpito di più e che secondo noi rappresenta un tipo di bellezza non convenzionale e molto particolare è Riae. Lei è davvero bellissima, una sensualità misteriosa concentrata in un metro e mezzo di altezza. La incontriamo a Varese dove vive.

Riae,

un nome bellissimo.

Spiegaci

chi sei.

Ciao,sono Riae , sono una Suicide girl e alternative model.

miei amici continuavano a dire che sarei stata perfetta. Ora sono molto felice di essere una Suicide girl perché oltre ad avermi dato una sicurezza che non avrei mai acquisito ( neanche con anni di sedute dalla psicologa) in nessun altro modo, questo lavoro mi ha fatto conoscere in tutto il mondo come alternative model, mi ha dato la possibilità di lavorare con fotografi bravissimi e mi ha fatto conoscere persone che ora sono pezzi importanti della mia vita, tra i quali che il mio fidanzato Skyzzo.

Essere “alternative” è una scelta di

Da

quanto tempo fai parte delle SuicideGirls? Come mai hai deciso di entrare in questo gruppo? Spiega il significato che ha per te.

Faccio parte delle Suicide Girls dal marzo del 2007, ho mandato le foto quasi per gioco perché non ho mai avuto una gran stima di me stessa e non avevo mai posato in vita mia, anzi al contrario mi rifiutavo anche di fare le foto con gli amici pensando che non ce l’avrei mai potuta fare. Decisi di far parte di SG appena venni a conoscenza del sito, sfogliando un giornale. Ai tempi ero già abbastanza tatuata e rappresentavo lo stereotipo della ragazza alternativa, in più molti

vita o un modo per farsi notare?

Ne una ne l’altra. Certo,vengo etichettata come alternativa perché ho i capelli colorati, i tatuaggi e le gonne corte come cinture (mmm… per quelle vengo etichettata in un’altra maniera! ), ma io non mi sento alternativa. Odio le etichette. Io sono così perché mi piace essere cosi, non lo faccio per appartenere ad un gruppo o farmi notare... Amo i colori forti e i disegni sulla pelle. Se poi la gente mi nota, tanto meglio!

Cosa

fai invece nella vita di tutti i giorni?

A parte passare ore e ore al pc per ora faccio ben poco. Mi occupo del mio corpo andando a correre ogni mattina per due ore e per il resto sto con i miei amici e gioco con la wii. Diciamo che faccio la nullafacente Da un pò di anni odio lavorare l’inverno. Vado il letargo!

Ricordi

la prima volta che hai posato? Qual’era il tuo stato d’animo?

Non ero affatto intimidita dalla macchina fotografica. Forse perché per me stare

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la “bellezza” conti molto per raggiungere alcuni obiettivi, nel mio caso sia per le foto che per il mio lavoro “estivo”. Anche se la bellezza è soggettiva!

Cosa

rappresentano per te i tatuaggi?

Come si può vedere amo i tatuaggi. Per me sono la forma d’arte più estrema, perché metti a disposizione la tua pelle ad un artista che ti disegnerà una cosa che ti porterai tutta la vita. Nel mio caso non hanno un significato particolare o profondo .Non seguo la moda, penso solo a quello che vorrei portarmi dietro tutta la vita,infatti i miei tatuaggi sono tutti ispirati al mondo dei cartoon,delle illustrazioni e degli animali perché sono le cose che voglio sempre con me e che quando guarderò da vecchia mi metteranno allegria.

La

realtà italiana per quanto riguarda questo ambiente sembra piuttosto limitata. Pensi sia davvero così? All’estero ci sono realtà diverse?

I pregiudizi li hanno in tutto il modo, in Italia siamo un po’ più arretrati rispetto a posti come l’Inghilterra o l’America, ma c’è di peggio. Piano piano le cose stanno cambiando, perché ormai avere i tatuaggi è abbastanza normale, è un fenomeno di massa. Lo stesso vale per il posare nude,ormai molte ragazze posano per hobby, per il piacere di avere delle foto in cui sono diverse dalla quotidianità. Ovviamente c è chi ancora si scandalizza nel vedere le mie foto e quelle di altre Suicide Girl, però è una cosa che viene accettata di più in confronto a qualche anno fa. Peccato ci sia ancora qualcuno che pensa che la bellezza sia solo quella che vediamo sul bancone di Striscia la Notizia o a Miss Italia.

Dove

acquisti solitamente i tuoi abiti? dove prendi ispirazione per il tuo look?

nuda è una cosa naturalissima, nella mia famiglia non ci sono mai stati tabù e non vedo il nudo come una cosa sporca.. Mi sono divertita molto... anche se il fotografo continuava a dirmi dovevo fare una faccia più “zoccolosa”.

Quanto conta la tua bellezza per raggiungere obiettivi importanti nella vita? La mia bellezza poco. Io non mi vedo bella. Particolare sì... dato che sono frutto di un mix tra una sarda e un irlandese. Comunque penso che

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Da

Compro un po’ ovunque, la maggior parte dei miei vestiti viene da Londra, ma anche da Zara e H&M trovo parecchie cose.. Poi se proprio voglio qualche cosa di particolare compro su E-bay, specie per le scarpe. Non ho un look preciso, e quindi non ho una fonte di ispirazione principale, guardo le persone per strada, specie quando giro per le capitali europee ( ma anche Milano non è male) e preso spunto un po’ da tutti!

Riae èuna ragazza che ha risposto con totale sincerità a ogni nostra domanda, dimenticandosi il “politicamente corretto” e la demagogia.


Burlesque from Milan. Nella nostra rivista un movimento come il Burlesque non poteva di certo mancare. Soprattutto in questo ultimo periodo, questo tipo di arte che, attenzione, non significa assolutamente fare uno spogliarello di quelli da topless bar, sta sempre più prendendo piede in tutta Italia. A Milano, tra le tante perfomer, abbiamo deciso di intervistare Glow Swanson, una pin up moderna che ha costruito la sua immagine partendo proprio dal burlesque.

e come sei arrivata a fare spettacoli per l’agenzia Voodoo Deluxe.

Ciao Glow. Già dal nome possiamo capire che ti sei ispirata all’attrice Gloria Swanson. È un tuo modello? Come mai?

Brave,proprio così. Il mio nome d’arte fa riferimento all’attrice del cinema muto Gloria Swanson, una donna bellissima ma anche molto misteriosa, insomma l’idea di donna che ho sempre ammirato e voluto essere. La scelta è nata per caso, nel senso che, dovevo trovare un cognome che si adattasse bene al nome Glow, visto che io in realtà mi chiamo Gloria. Dopo una serie di tentativi, ho pensato che Swanson fosse quello più adatto. Non mi sono ispirata solo a lei, ma anche in altre attrici del panorama cinematografico hollywoodiano.

Spiegaci

la tua professione

Sono una burlesque performer, e la prima cosa che tengo a precisare è questa: il burlesque non deve essere associato allo strip che la maggior parte della gente conosce, ma è un’arte che consiste nello spogliarsi con eleganza, raffinatezza e un pizzico di ironia, senza mai cadere nella volgarità. E’ l’arte della seduzione dove viene messa in risalto la femminilità della donna. Ho iniziato tre anni fa, tramite la Voodoo Deluxe, agenzia conosciuta grazie ad un’amica e artista che già lavorava con loro. Dopo aver creato i miei acts, il mio personaggio e dopo tanto studio e ricerca sia per gli abiti che per le musiche, ho iniziato ad esibirmi sia in Italia che all’estero. Non è stato così semplice, ma con tanto impegno e dedizione ho avuto le mie soddisfazioni. Ora la mia attività di burlesque performer continua come artista indipendente, e questo lo considero un altro passo importante per me stessa.

Ti

senti di appartenere a un ambiente in particolare? Quali serate in Italia secondo te sono interessanti da vedere?

Non mi sento di appartenere a nessun tipo di

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ambiente, diciamo che è normale frequentare determinati luoghi, dove ritrovi un certo tipo di musica e di gente. In Italia ci sono serate davvero interessanti, posso citare alcuni locali dove ho avuto il piacere di esibirmi come il Milwaukee di Varedo, l’Apollo Dancing di Milano, oppure a Roma molto famoso è il Micca Club. L’importante è saper sempre selezionare il tipo di serata, anche perché ora è talmente inflazionato che si rischia di assistere a spettacoli che non hanno nulla a che vedere con il burlesque vero e proprio.

La

passione viene coinvolta in ogni ambito della tua vita?

La passione è la componente fondamentale di tutto ciò che uno fa nella vita, è il motore che ti permette di andare avanti con entusiasmo. Il burlesque è la mia passione ed è così forte che è diventato parte di me stessa,sono sempre alla ricerca di tutto ciò che è legato a questo fantastico mondo.

Quella

che circonda è una società dell’apparire. Pensi che alcune persone si creino dei personaggi solo per quello oppure perché ci credono veramente?

Credo che tanta gente lo faccia per moda o perché è un modo per sentirsi accettati in un gruppo e una società che si basa principalmente sull’apparire. Il mio personaggio è legato al lavoro che faccio, e per me è importante crederci e farlo con serietà,

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ma nella vita quotidiana devo essere me stessa.

Glow ci ha risposto in modo esauriente a tutte le domande. Come burlesque perfomer è molto brava, l’abbiamo vista esibirsi a una serata pochi mesi fa proprio qui a Milano, l’unica nota negativa nel suo modo di fare è la freddezza, tende sempre a stare un po’ distaccata da tutto e questo, forse agli occhi più attenti, si nota anche sul palco.






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Da.Li.La di miss Sylvie & miss Kris foto Mata Hari 44


IN QUESTA PAGINA Top con ciliegie Shorts H&M Fiore nei capelli Tarina Tarantino NELLA PAGINA ACCANTO Vestito di cotone grigio Zara Pill box hat Hungover


Maglietta di ootone a cuori Fiorucci Gonna rossa American Apparel Scarpe di vernice nera Mauro Leone


Abito rosa Black Roses Scarpe di vernice nera Mauro Leone


Vestito Sailor bianco e blu Betty Page Clothing Ballerine rosse Stiu


Camicia gialla Vivien of Holloway Shorts Bershka


Old school hairstyling is back In zona Colonne di San Lorenzo a Milano e precisamente in via Vetere se siete amanti degli anni ’50 e di quel tipo di look dovete assolutamente fare un salto da Gum, un parrucchiere che davvero ha ripreso in modo fedele lo stile degli anni ’50 sia nel design che nel modo di tagliare i capelli. Abbiamo incontrato Stefano Terzuolo, il titolare del salone e gli abbiamo fatto qualche domanda.

Ciao Stefano, raccontaci progetto Gum.

di come è nato il

Con il progetto GUM abbiamo pensato di ricreare uno spazio ispirato agli anni ‘50, partendo dallo stile dell’arredamento all’approccio con la clientela. In quegli anni il “parrucchiere” era un punto di ritrovo e socializzazione dove lo stile e la comunicazione erano alla base per un servizio completo. Sentivamo l’esigenza di riappropriarci di quello che la nostra tradizione italiana ci ha trasmesso nei decenni passati, ossia un atteggiamento sar-

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toriale nei confronti di questa professione. Negli anni passati e soprattutto in Italia il nostro lavoro è sempre stato percepito con superficialità. Ormai i saloni sono diventati delle vere e proprie catene di montaggio, mentre l’obiettivo di GUM non si limita ad un semplice taglio di capelli o colore, ma ad una vera e propria ricerca dello stile, mettendo in primo piano le esigenze del cliente e la propria personalità. Nonostante l’apparenza del barbiere old school il salone si rivolge ad un pubblico sia maschile che femminile fornendo un servizio di alto livello orientato verso uno stile di vita moderno. Il nome Gum deriva dalla famosa brillantina che si usava nell’America degli anni ’50 e da qui l’ispirazione per creare il design vintage del salone. Poltrone da barbiere classiche in pelle, nichel, specchi ispirati ai backstage dei teatri anni ’30, parquet in legno scuro e divano d’epoca.


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Perché vi siete ispirati proprio agli anni ’50? Pensate che in quegli anni ci sia stata una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda lo stile? Perchè pensiamo che in tutta la storia dell’ hairstyling , gli anni ‘50 furono di grande svolta e ricerca di uno stile inimitabile ed unico. Vista la nostra forte passione per quegli anni non potevamo che non fare altrimenti. Tutti i pezzi del nostro salone sono stati creati appositamente per dare al nostro spazio quel sapore di altri tempi, ispirandoci alle vecchie botteghe dei barbieri americani, piuttosto che ai backstage dei teatri delle star hollywoodiane.

Conoscete Hawleywoods Barbershop, biere di Los Angeles?

il bar-

No, non conosciamo Hawleywood Barber’s Shop. Mentre conosciamo diversi barber shops americani fondati negli anni ‘40 a cui ci siamo ispirati per le nostre poltrone importate direttamente dagli States da un’ azienda ancora esistente

che produce ancora oggi questi fantastici pezzi d’arredo vintage.

Che

tipo di clientela avete?

Abbiamo una clientela abbastanza eterogenea che spazia dal giovane musicista amante degli anni ‘50, alla pin up moderna, piuttosto che al cliente semplicemente incuriosito dal nostro stile oppure a chi ci conosce per la nostra professionalità e si affida a noi per ricercare un nuovo look che si addica alla sua personalità.

Gli

anni ’50 sono da sempre visti come gli anni dove il look e i dettagli occupavano una parte importantissima. Pensate che sia davvero così? Seguite anche voi questa tendenza che negli ultimi tempi mescola vintage o rivisitazioni anni ’50 a capi di abbigliamento moderni?

Tutti noi siamo grandi amanti degli anni ‘50. E’ una passione che abbiamo sempre coltivato nel tempo. Ci affascina lo stile molto curato, ricco di dettagli, spiritoso ed elegante che caratterizzava quel periodo. E’ uno stile unico che anche col passare degli anni, secondo noi, non stanca mai e non passa mai di moda. Tutti noi compriamo spesso abiti vintage e li rimescoliamo con capi più attuali, riscoprendo un appeal sempre di tendenza, identificativo di quello che siamo e più ci piace, oltre che collezionare diversi oggetti da barbiere di quegli anni.

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The importance of fashion in ’50 movies!

12 Metri d’amore 12 Metri d’amore è un film del 1954 diretto da Vincente Minnelli ed è l’unica commedia farsesca della sua carriera. Il film ha una trama molto molto semplice, come quasi tutte le commedie di quegli anni. Una giovane coppia di sposi e il loro amore “ostacolato” dall’acquisto di un grosso rimorchio dove poter vivere insieme. La vicenda è raccontata con un lungo flashback. Tacy Bolton (Lucille Ball) e Nicky Collini (Desi Arnaz), appena sposati, dovendosi trasferire in California per motivi di lavoro, decidono di trasformare il lungo viaggio nella loro luna di miele, acquistando una enorme roulotte superaccessoriata che dovrà far loro anche da casa una volta arrivati a destinazione. In verità, la decisione è presa dall’entusiasta Tacy, mentre il più riflessivo Nicky si limita ad assecondare la moglie, sia pure con scarso entusiasmo. La faccenda si rileva subito più complicata del previsto, dato che, per trascinare un simile bestione, è necessario comprare una nuova macchina ed affrontare quindi ulteriori spese. Inoltre la guida è molto difficoltosa: ad esempio, durante una visita ad una zia di Tacy, Nicky sfonda con la roulotte la recinzione del giardino, inimicandosi i parenti dai quali si aspettavano un sostanzioso dono di nozze. Tutto il viaggio è costellato da piccoli e grandi incidenti,

che incidono sull’umore dei novelli sposini. Particolarmente disgraziata risulta l’idea di Tacy di restare dentro la roulotte per cucinare in viaggio, senza tener conto dei sobbalzi della strada. Dopo una faticosa ed esilarante “arrampicata” seguita da una baruffa più forte delle altre, i due sembrano sul punto di separarsi. Però alla fine l’amore e il buon senso hanno la meglio. Il matrimonio ed il rimorchio sono salvi. Questa è la trama, ma a noi poco importa. Il film è importante soprattutto dal punto di vista della moda, sia maschile che femminile. Lucille Ball e Desi Arnaz all’epoca erano davvero marito e moglie e protagonisti di una sitcom televisiva di grande successo I love Lucy, in onda dal 1951 al 1957. Nel film Lucille Ball che incarna la perfetta mogliettina è sempre vestita di tutto punto anche quando le situazioni in roulotte si fanno difficili. Vestitini a ruota con cinturina sottile in vita, capelli pettinati e acconciati alla moda del tempo, make up sempre perfetto e scarpe con la punta di colori pastello. Per la notte Tacy indossa sempre una vestaglia di chiffon. Lucille

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non rinuncia a indossare jeans a vita alta rigorosamente risvoltati, camicia a quadretti e ballerine. Lucille Ball rappresentava negli anni ’50 l’attrice perfetta. Affascinante e spigliata, lontana dall’ideale di “bella e stupida” portato avanti da Marilyn Monroe, questa attrice rosso fuoco era dotata di una verve comica e da una mimica non comuni. Abbigliamento anni ’50 preciso anche per l’attore protagonista di 12 metri d’amore, ossia Desi Arnaz, il marito di Lucille nella vita e di Tacy nel film. Rappresentante della classica bellezza americana dell’epoca, alto e ben piazzato, Nicky fin dalla prima scena del film si presenta come un americano medio con vestito tipico di quegli anni. Durante il viaggio in roulotte Nicky invece indossa jeans ampi con un alto risvolto, stivaletti, camice a quadri e cappello. Durante tutto il film si può vedere benissimo l’estetica degli anni ’50 anche nell’arredamento della roulotte, nella macchina guidata da Nicky, una splendida Cadillac e in un tutti gli altri posti dove Nicky e Tacy si fermano con la loro roulotte, dal camping attrezzato al distributore di benzina. Guardando questo film il salto indietro nel tempo è assicurato.

Gioventù Bruciata Gioventù Bruciata è un film del 1955 diretto da Nicholas Ray. Nel ruolo del protagonista si trova

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James Dean, nella sua più celebre interpretazione prima della sua morte avvenuta il 30 settembre dello stesso anno in un incidente automobilistico. Il titolo originale del film Rebel Without a Cause, è un riferimento al libro dello psichiatra Robert Lidner : Ribelle senza Causa : analisi di uno psicopatico criminale. La Warner, casa produttrice del film, aveva acquistato i diritti sul libro ma la riduzione cinematografica, alla quale avevano lavorato negli anni diversi sceneggiatori, risultò alla fine completamente diversa dall’argomento del libro. La pellicola narra le vicende di un diciassettenne ribelle sullo sfondo della provincia americana. Jim Stark, questo il nome del protagonista, viene arrestato per ubriachezza molesta. Quando i genitori e la nonna vengono a prelevarlo nella locale stazione di polizia, la storia entra nel vero tema del film: l’incomunicabilità fra due generazioni. Jim tenta di inserirsi nella nuova scuola alla quale si è iscritto, conosce Judy, una ragazza che fa parte di una piccola banda il cui capo riconosciuto è Buzz e fa amicizia con Plato un giovane che mitizza la figura di Jim essendo stato abbandonato dal padre in tenera età. I giovani della banda invitano Jim ad una corsa clandestina di auto rubate. La chicken run si svolge a notte inoltrata su un rettilineo che termina all’orlo di un precipizio: vince chi, lanciato a fol-


le velocità, smonta per ultimo dall’auto in corsa prima di precipitare nel burrone. La sfida che si disputa tra Buzz e Jim termina tragicamente, con Buzz che rimane impigliato nell’abitacolo e non riesce ad evitare la morte. Tra Jim, Judy e Plato si crea un forte legame di amicizia, che li unisce in un vincolo di solidarietà. I tre, inseguiti dai seguaci di Buzz, si rifugiano in una vecchia villa disabitata dove si manifestano i comportamenti privi di senno di Plato che, dopo aver minacciato la polizia e i suoi compagni con una pistola, viene ucciso da una pallottola, fuori dall’osservatorio nel quale si era barricato. Il film parlò ad un’intera generazione di teenager nella prima metà degli anni cinquanta, ma la sua fama non può e non deve limitarsi a ciò. La pellicola, storia di un brusco e doloroso passaggio all’età adulta, è un documento sui riti della generazione post-bellica nella provincia statunitense. Sviluppato sulle tre unità aristoteliche (spazio, tempo, azione), ci presenta i “ribelli senza causa” come lo specchio del nostro disincanto, la cattiva coscienza di una civiltà in declino.

si reca a scuola o fuori con gli amici per le gare di auto clandestine, il suo abbigliamento diventa meno formale e più “ribelle”. Natalie Wood, la protagonista femminile del film, indossa sempre camicette dentro gonne a ruota molto ampie. E’ vestita da brava ragazza, la classica figura femminile di perfetta figlia e brava studentessa che frequenta compagnie sbagliate e si innamora di un “cattivo ragazzo”. James Dean e il suo look hanno influenzato e influenzano ancora intere generazioni di giovani che ne copiano il look.

Quello che a noi interessa analizzare del film, oltre ovviamente al suo impatto nella storia del cinema e alla figura leggendaria di James Dean, è l’aspetto estetico. Questo film rappresenta benissimo il look dei giovani di quell’epoca. James Dean per tutte le due ore di pellicola indossa jeans risvoltati, maglietta bianca stretta e il famoso giubbetto rosso dal taglio moderno. A seconda delle occasioni il protagonista veste in modo diverso, quando lo vediamo in una delle prime scene alla stazione di polizia, indossa camicia bianca e pantalone elegante,proprio come un bravo ragazzo di famiglia americana poi quando

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Kustom Boys di miss Sylvie & miss Kris

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foto Mata Hari


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Nelle pagine precedenti Salopette vintage Camicia H&M Cappello Stetson Occhiali Rayban

IN QUESTA PAGINA Camicia Vans Jeans Levis 501 Scarpe Creepers Occhiali Rayban

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Camicia Converse Cappello Borsalino

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Maglia Social Distorcion Jeans Dickies Scarpe Converse Occhiali Rayban

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PER LUI Maglia Hungover Records Pantaloni Vintage Cintura Zara Man

PER LEI Tutto Vivien of Holloway

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Maglietta Crazy Drive Diner



The International Rockabilly Festival!

“Get Rhythm” cantava Johnny Cash nel 1956, una canzone che parla di ottimismo di “spendere” almeno una parte della tua vita in passioni che ti appagano e ti fanno evadere dalla realtà. Azzecatissimo nome per il più importante weekend dedicato alla Musica e cultura Rockabilly in Italia. Organizzato da due pazzi che fanno di nome Dennis e Mauro, da ben 6 anni il GET RHYTHM raduna nella cornice del Live di Trezzo D’Adda, amanti, cultori, appassionati, e semplici curiosi del mondo Rockabilly. Nato come genere

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musicale che unisce il Rock’n’Roll all’ Hillybilly si è trasformato nel corso dei decenni in un vero e proprio movimento che lega migliaia di persone in tutto il mondo. Ho vissuto personalmente tra la fine degli anni ‘70 ed inizio anni ‘80 il “revival anni ‘50” che ha interessato anche l’Italia per poi consolidarsi in una ristretta cerchia di uomini e donne che ha continuato a “vivere” questa passione e che abbiamo ritrovato durante questi tre giorni. Organizzato molto bene con un accurata scelta della proposta musicale a partire dai DJ fino ai


gruppi che hanno solcato il palco per dare spazio a tutti i “micro generi” che compongono l’ampio ventaglio che racchiude il suono nato negli USA a fine anni cinquanta. Dal Rockabilly classico al Rhythm&Blues al Neo-Rockabilly tutte le sfumature sono state “cibo per le nostre orecchie”. Il lungo weekend si estendeva su tre serate dal 25 al 27 Marzo. La prima più “intima” prevedeva un pre-party all’Amigdala Theatre sempre in quel di Trezzo D’adda , ottimo locale dove si sono dati appuntamento gli organizzatori più tutti gli ospiti per una serata di benvenuto. Il Big Deal era sabato 26 al Live Club, locale molto capiente che, anche quest’anno, si è interamente riempito di gonne a ruota, tubini 3/4, pettinature cotonate, fazzoletti al collo, fiori

tra i capelli, jeans con risvolto, camicie a quadri, ciuffi impomatati (chi poteva...) e cappelli Fedora. La prima impressione appena entrati è stata di una grande passione, vissuta, cercata, creata, da tutti i presenti. Molto Fifties e Americanoriented il nuovo corso di questo modo di vivere al contrario di quello importato in Italia dalla Gran Bretagna a fine anni ‘70 dove prevaleva lo stile Teddy-Boy con Giacche stile epoca Edoardiana pantaloni a sigaretta corti per far vedere i calzini colorati e Crepper dalla suola alta ed influenzato anche dal Punk . Adesso vediamo decisamente uno spostamento sullo stile alla “American Graffiti” fino ad arrivare ad influenze fine anni quaranta nei pantaloni larghi ed a vita alta indossati sia dagli Uomini che dalle Girls. Comunque

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tutte le tendenze eran ben presenti. Passione, dicevo prima, vera, che porta a radunare quasi mille anime sotto lo stesso tetto per gustarsi la musica, fare un giro tra gli stands che espongono dai vestiti in tema, vinili, CD e per ammirare le splendide auto d’epoca presenti nel giardino esterno, radunate con l’aiuto della rivista “Cruisin”. L’atmosfera che si respirava era davvero bella ed eravamo contente di essere presenti. La giornata è iniziata appena dopo l’ora di pranzo ed è durata fino a quasi il sorgere del sole del giorno dopo. Coppie affiatate hanno dato libero sfogo alla loro voglia di ballare

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e tutte le Band che si sono alternate sul Palco sono state applaudite dando prova di un ottimo talento. La terza e conclusiva giornata del festival vedeva come momento principale la premiazione delle auto che hanno presenziato all’evento ed un buon concerto di Neo-Roca kbi l ly. Possiamo dire che più che altro Domenica c’erano gli “irriducibili”, lo zoccolo duro di questo splendido modo di vivere. La premiazione si è svolta sul Palco interno capitanata dal mitico Clivio di “Cruisin” che ha consegnato i premi e distribuito magliette a chi, nonostante le minacciose nubi, a tenuto duro ed è rimasto presente con la propria amata vettura.


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RIGHT HERE IN MY TATTOOED ARMS Modella ma anche aspirante cantante professionista. Supporter calorosa dei migliori Him ( quelli di “Razorblade Romance” ) ma anche persona che, al momento giusto, non si negherà mai il piacere di un buon calice di vino. Dei tatuaggi dice che “arricchiscono la bellezza della mia pelle” e che, col passare degli anni, ne vorrebbe sempre di più. Noi ne vediamo già tanti sul suo corpo, ma vogliamo conoscerla meglio! Ci siamo informate un po’ su di lei, si chiama Leah ed è di New York. Il suo primo tatuaggio l’ha fatto nel lontano 1999, dopo che per anni di implorazioni ai suoi genitori per avere il permesso. Per lei i tatuaggi sono sempre stati importanti e fin da adolescente li trovava carini e al tempo stesso “adulti” come dei segni in grado di rappresentare, attraverso la loro potenza iconografica, la forza interiore. I tatuaggi abbelliscono la sua pelle

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però, come abbiamo letto in più di un’intervista da lei rilasciata, la posizione e i colori dei tattoo sono importanti esattamente come il messaggio che essi posseggono. Nel suo caso l’intero processo di apprendimento di quest’ arte e la relativa conquista di nuovi tatuaggi sono stati esperienze di vita assolutamente speciali. Nella parte bassa della pancia di Leah si nota un big piece che sembra una vera e propria ode a Bacco, dal momento che la ragazza non si tira di certo indietro e ama molto bere vino, soprattutto quello rosso, dicendo che come questa bevanda, più invecchia più si sente migliorare! Sarà! (noi ci crediamo poco). Gli Him sono un’ altra delle sue passioni ( speriamo non gli Him di adesso che sono diventati un gruppo emo, ma questa è solo una nostra opinione! ). Leah ama gli Him dal lontano 2002 quando Ville Valo era il suo cantante preferito e come dice lei “ il più affascinante e scopabile sulla piazza”. Ai tempi di “Razorblade Romance” si fece tatuare un Heartagram nel basso ventre in omaggio alla band. La musica non è solo una passione per Leah ma anche una professione,anche se appena gli inizi. Giusto poche settimane fa ha finito di registrare una canzone composta da lei che si può ascoltare sul suo sito www.leahjung.com . Per lei prendere le note è come fare un massaggio alla sua anima. Non ha ancora una band ma sicuramente la vedremo collaborare con altri musicisti americani. Il suo prossimo impegno sarà quello di girare un videoclip per la sua canzone con lei protagonista ovviamente, così come sarà la cover girl di parecchie riviste di tattoo americane in uscita nei prossimi mesi! Magari diventerà famosa anche in Italia, anche se, di pin up tatuate come lei, forse qua ce ne sono già troppe!


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Come ogni anno uno degli appuntamenti più importanti della tattoo-art europea si ritrova Milano alla metà di febbraio per una tre giorni da non perdere. Un’unione di forze che si trasforma in una grande festa del tatuaggio, vero punto di incontro tra i migliori artisti del mondo che si danno appuntamento per dar vita ad una manifestazione di altissimo livello. Oltre duecento artisti, provenienti da tutto il mondo e in rappresentanza di ogni stile di tatuaggio s’incontrano a Milano per una grande festa della creatività su pelle, in un continuo interscambio di informazioni e energie creative che coinvolge in maniera contagiosa anche il sempre numeroso pubblico presente. Una cornice ideale per valorizzare le grandissime energie artistiche dei tatuatori presenti e per dare la giusta collocazione agli espositori. Un grande show che si rinnova ogni anno e che, anche per questa sedicesima edizione, sa come dare il meglio ai visitatori e agli espositori. Tra gli eventi maggiori della tattoo-art europea, la XVI Milano Tattoo Convention occupa sicuramente un posto d’onore. Milano Tattoo Convention si può definire un crocevia attraverso il quale passano tutti coloro che per varie strade incrociano il tatuaggio. Molti sono coloro che conosco il tatuaggio e che aspettano questi tre giorni di anno in anno per incontrare tatuatori di un calibro fuori dal comune e potere sentire la loro macchinetta ronzare sulla propria pelle. Molti sono i curiosi che arrivano alla convention attratti dal bottage pubblicitario e mediatico che questo evento muove intorno a sé. Molti anche i tatuatori alle prime armi che approfittano

di questo appuntamento per imparare nel modo più antico e tradizionale questo mestiere, ossia guardando, studiando i tatuatori all’opera, osservandoli mentre costruiscono i loro lavori: dalla prima importantissima fase della composizione del disegno, agli outline su pelle, fino al riempimento del colore. Un gioco di aghi che a seconda della mano del tatuatore varia di intensità, di profondità e di tratto, uno spettacolo unico da non perdere che affascina e che dà vita, sotto gli occhi degli spettatori, a figure bellissime che sembrano uscire dalla pelle per diventare esseri o oggetti a sé stanti. Durante i tre giorni dell’evento sono stati organizzati parecchi appuntamenti per intrattenere il pubblico in giro per le sale del Centro Congressi Quark Hotel di via Lampedusa. L’evento che più ha interessato i nostri lettori è stato quello di Miss Pin Up 2011. Anche quest’anno è ritornato l’appuntamento più frizzante della Milano Tattoo Convention: l’elezione della reginetta Miss Pin Up 2011. Un successo decretato nelle due precedenti edizioni che quest’anno ha eletto la terza reginetta di Milano. Le ragazze si sono presentate ad una Giuria e al pubblico della convention scegliendo un proprio look, un breve show e un mood che sia il più in linea possibile con il concetto di pin up, una moda e una passione a cui molte ragazze amanti del tatuaggio si rivolgono. Il concorso è aperto a tutte le ragazze di età compresa tra i 18 e i 30 anni e come scritto nel regolamento, appositamente stilato, comporta la presentazione di una performance in soli tre minuti di tempo.

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Uno spettacolo malizioso e coinvolgente in cui ad essere premiati sono l’attitudine e lo stile delle ragazze che si sentono assolutamente pin up! In palio per la vincitrice anche quest’anno c è stato un viaggio a Londra per due persone con hotel e due ingressi in occasione della London Tattoo Conven-

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tion 2011 che si terrà il 23/24/25 settembre 2011. Ogni anno la Tattoo Convention rappresenta davvero un mercato molto vasto, non ci vanno solo i fanatici del tatuaggio ma anche i curiosi e tante persone che, sentendone parlare o vedendo la pubblicità in giro, decidono di andare a vedere come è. Io non ho tatuaggi, ho sempre pensato di farmene uno, ma mi sento sfigata a dire che ho paura mi faccia male e quindi non ho ancora trovato il coraggio di prendere, andare in un negozio di tattoo, portare loro il mio disegno e prendere l’appuntamento. Sono andata tante volte da Pittan, in Corso di Porta Ticinese a Milano, a farmi fare un preventivo ma poi non ho mai deciso definitivamente. Chissà che dopo le giornate alla trascorse alla Tattoo Convention deciderò di diventare una tatuata anche io!


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Cappello Christian Dior

Camicia Vintage Allure Pantaloni H&M

Scarpe Vivienne Westwood for Melissa

Fiore per capelli Tarina Tarantino

Vestito Vivien of Holloway

Pochette Chanel

Scarpe Bordello

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Occhiali Rayban Clubmaster

Camicia Vans

Jeans Levis 501

Scarpe Creepers

Cappello Stetson

Camicia American Outfiters Jeans Dickies

Scarpe Church’s

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The most important Burlesque Agency in Italy. Considerata l’agenzia di burlesque più importante in Italia, Voodoo De Luxe ha in esclusiva le migliori e più richieste performer internazionali! Dispone di un cast altamente qualificato con le migliori artiste di fama nazionale ed internazionale per l’entertainment di eventi pubblici, privati o studiati ad hoc in base alle location: cene aziendali, convention, serate di gala, sfilate di moda, etc... Sono a dispodizione per servizi fotografici, comparizioni teatrali, televisive e cinematografiche. L’agenzia, inoltre, organizza work-shop con le migliori insegnanti di Burlesque offrendo a tutti la possibilità di avvicinarsi in modo professionale a tale arte. Voodoo De Luxe ad oggi ha collaborato con importanti marchi di moda, case discografiche, agenzie di eventi, alberghi prestigiosi e l’hanno resa leader in un settore ad oggi di grande interesse e richiamo. Il Burlesque è uno spettacolo inebriante che sprigiona un’innata classe ed eleganza, un cocktail tra sensualità, ironia e un’inconfondibile “luxury style”. Vede i suoi primi albori nell’Inghilterra Vittoriana e nella Francia del vaudeville, ma si tra-

sforma presto in un vero e proprio spettacolo dove la Donna è l’indiscussa protagonista. Dalla seconda metà dell’800 questa forma d’arte percorre gran parte della storia teatrale anglo-americana, ed è soprattutto negli Stati Uniti che numerose soubrette suscitano un interesse incalzante, sfoggiando abiti sempre più succinti. Col passare del tempo gli spettacoli si fondono con nuove forme di danza e d’espressione, tra cui il charleston, lo shimmy shake, il belly dance, il Bump’n grind; come da tradizione tutto è rigorosamente accompagnato da un sarcasmo arguto e sagace. Per citare qualche artista più rappresentativa: Josephine Baker, Mae West, Gipsy Rose Lee, Ann Corio, Sally Rand e Dixie Evans. Negli anni ’90 nasce una cultura “vintage” che riscopre usanze e costumi passati, preparando così il rifiorire del “Neo Burlesque”. Presto il fenomeno ripercorre l’oceano per tornare in modo plateale in Europa dove, per la gioia del nostro pubblico, finalmente anche l’Italia si vede protagonista. La Voodoo De Luxe è la prima agenzia ad aver portato il primo vero “Burlesque concept “ in Italia, ad oggi dispone delle artiste più famose e rappresentative del panorama nazionale ed internazionale. Nasce ufficialmente nel novembre 2007 dalla professionalità e l’esperienza di Virgil Riccomi e Ivan Losi, che dal 1993 organizzano e promuovono serate con dj set e live band fino ad arrivare al burlesque show. L’Agenzia offre spettacoli classici ed eleganti, ma tra i più innovativi del momento, non a caso ha già collaborato per importanti aziende come: Roberto Cavalli, Mastercard, Borsalino, Miss Sixty, Warner Bros,

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All Music, Universal Music Group, Diadora, Undersexy by Maglieria Ragno e Mtv Italia Srl. Gli spettacoli della Voodoo De Luxe sono un vero e proprio viaggio nel tempo che prende vita dalla continua ricerca storica e dalla cura riservata ad ogni piccolo particolare, riportando il Burlesque al suo primo ruolo… quello di puro intrattenimento! La cosa più bella e interessante all’interno di un’agenzia di Burlesque sono sicuramente le artiste internazionali che ne fanno parte. Ragazze particolari, uniche nei loro spettacoli che rievocano atmosfere retrò. La loro bellezza non è quella dei classici canoni “italiani”, quella bellezza volgare, eccessiva e per niente personale che vediamo in tv ogni giorno ma una bellezza, anche se a volte imperfetta, autentica al 100%. Tante sono le artiste che si alternano sul palcoscenico della Voodoo De Luxe durante i vari spettacoli organizzati al Salon Parisienne, un piccolo locale in zona Navigli a Milano. Vogliamo fare un focus su ognuna di loro, così da poterle conoscere meglio. Leyla Rose : Arriva dal Regno Unito Leyla Rose, una delle più note artiste nel panorama del Burlesque. La sua pelle da marshmallow, un’innata grazia felina, un incantevole sguardo travolgente e un perfetto stile retrò l’hanno condotta ad esibirsi nei più famosi club europei. Leyla evoca l’eleganza classica di una star di Hollywood nella sua piena Golden Age pur esibendosi in acts piccanti ed energici, che catturano l’intero pubblico con piccolissime movenze delicate tra ritmi affannati di rock ‘n’ roll. Un suo giusto gusto per il macabro e un knock out “shimmy shake” la rendono unica. Anche Millie Dollar arriva dal Regno Unito, è un’artista di fama internazionale, crea spettacoli unici che prendono vita dai suoi numerosi viaggi e dall’arte classica del Burlesque. I suoi spettacoli sono spesso un omaggio a Sally Rand e oggi si lancia anche verso il raunchier in stile Las Vegas con un mix di sapori rock and roll. Con un intri-

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gante sorriso e un accattivante occhiolino Mille saprà intrattenere e stuzzicare il suo pubblico in modo unico. Vicky Butterfly arriva dal Regno Unito è un’artista internazionale e i suoi spettacoli sono unici e si contraddistinguono per la sua immagine eccentrica e aristocratica che spesso è incorniciata da magiche farfalle che volano dai suoi vestiti che, come lei, aleggiano sul palco. Lo spirito originale del Burlesque e del Veudeville attraversano la sua bellezza mozzafiato e la sua versatilità professionale che prende vita nel balletto, nell’arte circense e nelle recitazione. Il suo stile oltre ad un innovativo richiamo all’epoca d’oro hollywoodiana si rifà all’epoca vittoriana, il tutto unito da un senso del l’u mor i smo incredibilmente malizioso. Missy Macabre è una giovane performer londinese di grandissimo talento, che si distingue per dar vita a show incredibili in cui amalgama diversi generi di spettacoli tra cui classic Burlesque, fachirismo e cabaret. I suoi acts la vedono spesso incantare il pubblico dormendo su pericolosi letti di chiodi, sputando fuoco all’improvviso o addirittura immergendosi nelle vasche piene di vetri rotti.Un’inconfondibile bellezza ed una grande carica erotica uniti ad divertente umorismo rendono Missy un’artista decisamente unica. Keda Breeze è un’icona del mondo Burlesque britannico e non solo, grazie ad acts esplosivi in cui inserisce perfomance d’arte, momenti di cabaret e giochi incredibili con il fuoco. Non solo esegue anche la danza del ventre tribale, una danza ipnotica che fonde la danza del ventre con movenze hip hop. Keda inizia la sua carriera del burlesque nel 2002 dopo aver frequentato la scuola circense e di teatro e ad oggi ha emozionato il pubblico di Londra, Berlino, New York e Milano, si è esibita in gran parte delle emittenti televisive più importanti del mondo e ha condiviso il palcoscenico più volte con la regina del Burlesque, Dita Von Teese. Il The


Guardian l’ha definita “Una leggenda dei burlesque circles”. Roxy Velvet è una grande performer di fama i nter naziona le specializzata sopratutto in show aerials e cabaret circus. Arriva da una formazione teatrale per acquisire nel tempo grande maestria e padronanza del palcoscenico grazie ad una com bi nazione di eccezionale abilità, equilibrio e un incredibile fascino seduttivo. Non solo, Roxy sa incantare il suo pubblico con una vasta gamma di costumi e accessori di scena davvero favolosi e maestosi, come ad esempio Birdcage, una gabbia costruita su misura con una piattaforma integrata. La gabbia inserita sotto ai suoi meravigliosi abiti di scintillante qualità sartoriale creano un’incantevole e nostalgica interpretazione del circo in chiave burlesque. Miss Velvet si è esibita in tutto il mondo USA, Marocco, Russia, Italia Francia, Svizzera, Grecia, Turchia, Spagna e ora sarà in tournee in tutta l’Inghilterra con lo spettacolo di cabaret Circus Murder già apparso al Jacksons Lane Theatre! E’ apparsa in importanti trasmissioni televisive e sui più importanti quotidiani e magazine del mondo. Julietta La Doll: la Berlinese Julietta approda nel mondo del Burlesque nel 2007 ottenendo un

grande successo grazie alla sua incantevole bravura e bellezza, messa in risalto da una chioma biondo platino e da uno sguardo da vera bambola. Julietta La Doll è davvero una performer eclettica capace di trasformarsi in una dolce Lolita o in una femme fatale capace di stregare chiunque con una magica atmosfera da sogno..primaverile. Julietta ha firmato l’entertainment del Casinò di Parigi insieme alla Diva del Burlesque Dita Von Teese. Tara La Luna è una Pin Up model professionista, nonchè Burlesquer di grande talento e successo, proveniente da Berlino. Nei suoi show utilizza elementi di cabaret tradizionali e li unisce a momenti sensuali, che ne sottolineano il carattere. I suoi spettacoli hanno avuto riconoscimenti in Germania, Italia, Svizzera. Sherry Trifle: arriva dall’Inghilterra, la saporita e fantasiosa Sherry, che approda al Burlesque con incredibile entusiasmo, lo stesso entusiasmo che mette nel realizzare ogni suo colorato act. La sua pluriennale esperienza la annovera come affermata danseuse, che riscontra sempre ottime recensioni mediatiche e di pubblico. Ha girato tutto il Regno Unito e l’Europa dove si è esibita con i più grandi nomi del settore, mostrandosi con grande classe e professionalità. In ogni show racconta sempre emozionanti storie dei suoi innumerevoli viaggi, intrise da un sex appeal che lascia tutti senza fiato, ma con un dolce sapore di ciliegia in bocca. Eden Berlin: arriva dall’eclettica e artistica Berlino, la meravigliosa modella e burlesquer Eden , testimonial di importanti aziende di intimo internazionali, incanta da sempre il suo pubblico grazie ad uno charme incredibilmente chic retrò. Una femminilità unica l’hanno portata ad apparire sulle più importanti riviste di moda del mondo e a dar vita a personaggi intrisi da grande seduzione,

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spesso messa in risalto da uno sguardo intrigante e da un innato fascino travolgente. Billie Rae : un’incantevole pelle color avorio e capelli rossi fanno di Billie Rae una bellezza davvero elegante e singolare. Billie arriva dal Regno Unito ed è una delle promesse del Burlesque grazie al suo talento nel ballo e ad un portamento particolarmente aggraziato e composto tipico delle Starlet bohemien e delle vamps degli anni ‘20. Spesso i suoi act vedono Miss Rae dar vita a danze con il fuoco ricostruendo con charme l’atmosfera delle fumerie d’oppio fumoso o dei bordelli lussuosi del periodo edonistico. La sua arte fonde le movenze dei circhi e del teatro macabro con la danza classica e tratti di erotismo. Magnifici costumi, inoltre, rendono Billie l’indiscussa protagonista di perfomance all’avanguardia e di spettacolare magnificenza. Annette Kellow : Annette arriva dal Regno Unito e il suo nome è sinonimo di Diva, una vera diva Hollywoodiana rivive nelle sue affascinanti e inimitabili movenze. Il suo incredibile fascino ha fatto il giro del mondo dall’Europa all’America, passando per l’India dove ha interpretato il ruolo di una attrice di Burlesque nel fil Bollywood-India, a breve nelle sale cinematografiche. Nel 2008 è stata Miss Galapagos Burlesque New York, e ha vinto il Best Uk al London Burlesque Festival. Mama Ulita : il numero di ragazze tedesche si fa sempre più consistente nella scena del burlesque mondiale e anche alla Voodoo de Luxe che vanta nel suo cast Miss Mama Ulita. Mama è una performer che riesce a mischiare con grande maestria eleganza, ironia e un sensuale tease, riuscendo a conquistare in più occasioni il pubblico milanese anche grazie ad un act in cui si esibisce con l’hula hop in modo veramente pazzo! Il suo stile è molto originale, è una donna bellissima il cui style chic retrò non può passare inosservato: labbra rosso fuoco, capelli nero corvino, e bellissime gambe lunghe colpiranno tutti voi! Janet Fischietto : possiamo definirla una vera e propria opera d’arte del Burlesque made in Italy. Bella, a modo suo dannata,ma anche creativa con un sapore decisamente vintage. I suoi personaggi sono tutti ispirati a rievocare le atmosfere del circo e più precisamente dei side-shows di quell’epoca. Eccola infatti trasformarsi in una donna serpente mozzafiato, o in un’irresistibile domatrice di leoni, e chi rifiuterebbe mai una sigaretta dalla più bella sigarettaia del mondo del burlesque? Missy Malone : britannica. Missy, è conosciuta in tutta Europa ma anche oltre oceano.. Le sue performance sono tutte di alto livello. Con la sua grinta è riuscita a fondere il sapore e le movenze

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delle pin-up americane degli anni 50 con l’essenza del rock’n’roll. Nel corso della sua carriera ha sviluppato una vasta gamma di spettacoli davvero ricercati ed originali. Ecco alcuni esempi: se desiderate ammirare una trampoliera, una ballerina di fan dance avvolta in mantelli di velluto neri o un infermiera pirata, Missy è quello che fa per voi. The Bee’s Knees : arrivano da Londra le coinvolgenti ballerine Bee’s Knees, insieme dal 2004 per interpretare i balli tipici degli anni ‘20 in chiave moderna. Sono una coppia davvero strabiliante di una bravura e vivacità mai vista prima, che propongono in ogni loro spettacolo, senza dimenticare una fantastica miscela di divertimento che da sempre conquista il loro pubblico. La loro grande esperienza ha consentito loro di esportare lo Variety dall’Inghilterra in tutto il mondo, infatti, ripropongono i classici dello swing e del mitico charleston unendo ritmo e performer di cabaret. Lady Flo : Lady Flo è una storica specialista dell’immagine e dei costumi della Donna del ‘900.


Dopo essersi laureata alla Sorbonne (F), quest’artista “multifaccia” (cantante, ballerina, attrice e stilista) ha scelto di comunicare la sua passione fra l’immagine e lo spettacolo. Neo Retro© è un suo marchio che fa oggi il giro del mondo con eventi riallacciando l’eleganza di un tempo al gusto moderno di questa tendenza. Lady Flo è l’unica presentatrice francese specializzata nello spettacolo di Burlesque, “effeuillage” coreografato celebrando femminilità con ironia e fascino. Dolly Lamour : L’affascinante Dolly è una delle grandi protagoniste della new wave del Burlesque, che vanta nella sua expertise collaborazioni come modella per importanti brand del fashion system. Ma non fatevi trarre in inganno dal suo nome... non è la dolce bambola che sembra! Con la sua bellezza sensuale e accattivante, la camaleontica e trasformista Dolly trascina il pubblico in un turbinio di spettacoli dalle svariate epoche e atmosfere, dalla più raffinata ed elegante alla più noir e pericolosa. Le sue grandi doti recitative e la sua espressività unica la portano a intrattenere il pubblico con innata naturalezza, dai suoi comedy show più divertenti e ironici, quasi cabarettistici, ai suoi acts più artistici e sognanti. Con le sue eccellenti capacità coreografiche sa muovere il suo corpo con estrema eleganza ma sa anche sostenere ritmi incalzanti e audaci. Spettacolarità

mozzafiato anche grazie ai suoi ricercati costumi di scena e le splendide scenografie che le fanno da cornice. Siamo andate parecchi sabati alle serate organizzate dalla Voodoo De Luxe e ci siamo sempre divertite un sacco. Un’ altra cosa che di certo non dimentichi di queste serate è la selezione musicale, ricercatissima e unica, capace di trasportarti in un’epoca passata. I gruppi che si alternano sul palco delle serate sono parecchi, oltre ovviamente alla musica dei vari dj’s! I due djs più importanti delle serate organizzate a Milano sono Ivan e Virgil. Dj Ivan the Pimp ha veramente un’estrema cultura musicale americana, è un vero Dj degli anni ’30 e ’40 che con grande trasporto è capace di suonare per ore e ore lasciando a bocca aperta il suo pubblico! Resident dj alle serate Royal burlesque e Varie-tease, insieme a Virgil De Nice, formano la coppia perfetta per serate a tema, grazie anche ad un look rigorosamente vintage! Ivan è anche socio fondatore di Voodoo Burlesque Agency che segue con grande impegno e ricerca storicoculturale. Dj Virgil DeNice come indica il nome stesso arriva dalla Costa Azzurra, precisamente da Nizza, vive e lavora da anni in Italia, a Milano, dove esercita con grande passione e successo la professione di Dj e organizzatore di serate. A capo della Voodoo Burlesque Agency è il precursore del

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Burlesque a Milano oltre ad essere uno studioso degli anni che vanno dai ’20 ai ’50. Ha avuto modo di esibirsi come dj negli Stati Uniti, in Inghilterra, Germania, Francia , Svizzera etc.. Il suo stile musicale è davvero inimitabile e inconfondibile , anche se la sua specialità è la musica nera afro-americana degli anni ’30 alla metà dei anni 60. Una collezione unica di 45 e 78 giri rendono il repertorio di Virgil un vero e proprio tesoro della musica. Oltre alla musica di questi due preziosi elementi ci sono alcune band che a serate alterne si esibiscono sul palco tra cui i Chicago Stompers, i The Orientals e i The Ballroom Kings. I Chicago Stompers nascono nel 2002 da un’idea di Dario Lavizzari e Davide Mazzoleni e si possono definire la formazione di “hot jazz” più “giovane” d’Italia, che conta ad oggi ben undici elementi, la cui età media è di soli 20 anni. La band è l’unica in Italia ad essere specializzata nel repertorio delle orchestre statunitensi operanti negli anni tra il 1924 e il 1931 circa e propongono un incredibile reportorio che spazia dai titoli più celebri a quelli meno noti della tradizione. I brani vengono eseguiti per mezzo di trascrizioni ed arrangiamenti che riproducono fedelmente le orchestrazioni originali di quell’epoca. Per meglio riuscire in tale intento, si sono resi necessari l’uso di strumenti vintage originali, come ad esempio il rarissimo bock-a-de-bock cymbals e originali microfoni a condensatore sullo stile dei celebri “ribbon” prodotti negli anni ‘20. A dare un tocco unico ai Chicago Stompers sono sicuramente i costumi d’epoca scelti con grande attenzione e ricerca, come ad esempio originali tuxedo, riconducendo così in modo incredibile lo spettatore agli albori del jazz e dello swing! Oltre ad essere un vero e proprio salto nel passato gli spettacoli della band sono davvero divertenti, briosi e ricchi di inaspettati sketch! La band è una dei protagonisti del Royal Burlesque Revue e accompagnano le artiste Cleo Viper, Dolly Lamour, The Bee’s Knees e Janet Fischietto. I The Orientals invece arrivano dalla Francia, assieme all’amico di vecchia data Virgil De Nice hanno ideato, nel lontano 2003, serate in tema Burlesque. Questa band trasmette al meglio il genere di musica presenti nei Burlesque club di Las Vegas negli anni 50. Con un tocco di umorismo esotico e di sonorità orientale “americanizzato “ gli Orientals hanno anche la possibilità di esibirsi insieme a Missy Malone e Leyla Rose per uno show molto divertente. Infine I The Ballroom Kings,nascono nel gennaio del 2009, anche se così giovani si sono già posizionati come una delle realtà più importanti nel panorama europeo tra le band in puro stile anni ’50! La loro musica spazza dal Rhythm & Blues al Boogie Woogie sino ad

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arrivare al più sfrenato Rock’n’Roll, ricreando così quell’incredibile atmosfera delle grandi sale da ballo degli anni ’50, che lo stesso nome Ballrooms richiama. Caratteristica della band è di avere due favolose voci, una maschile di Massimo Rocca e una femminile di Ylenia Mannisi, i due cantanti si dividono in modo coinvolgente il palcoscenico per dar vita ad uno show sensazionale. Gran parte dei componenti della band hanno molti anni di esperienza nel mondo del Jazz, Swing e Rock’n’Roll. I “Re della sala da ballo” hanno partecipato ad eventi di alto livello in gran parte d’ Europa dalla Francia, alla Germania, all’Inghilterra, alla Scandinavia, sino ad arrivare al Varie-Tease Burlesque del Milwaukee. Se dopo questo articolo ancora non siete sazi di Burlesque vi segnaliamo un sito molto interessante, si chiama Burlesque Life, un blog sul mondo burlesque a 360 gradi!



Con Filippo Timi è stato amore a prima vista. L’ho scoperto per caso sfogliando in un noioso pomeriggio di settembre del 2010 una rivista. Mi ha colpito da subito questo suo viso così forte, così espressivo e così fuori dal comune. Una foto e una didascalia non mi bastavano così, sono andata su google e ho cercato un po’ di informazioni su di lui. Da allora ho praticamente letto tutti i suoi libri e visto i suoi film, anche le parti più piccole e insignificanti della sua carriera. Quando ho letto che a partire da fine marzo 2011 sarebbe stato al Teatro Franco Parenti di Milano con il suo nuovo spettacolo, non ho aspettato nemmeno un giorno e ho preso due biglietti in terza fila per me e Francesco, un mio caro amico che ha deciso di accompagnarmi. Ma devo andare in ordine e non distarmi troppo se no finisce che dello spettacolo dico meno di zero. Favola. C’era una volta una bambina e dico c’era perché ora non c è più. ‘Nessuna Favola è mai perfetta come sembra, per quanto imbalsamata tu possa resistere dietro la bugia di un sorriso, la vita, carnosa, brutale, spietata, una notte magica di Natale busserà alla tua porta e nulla sarà mai più come prima…’. Filippo interpreta il ruolo della signora Fairytale, che in inglese significa ‘racconto fiabesco’ ovvero la favola e accanto a lei-lui c’è la signora Emerald, interpretata da Lucia Mascino, bravissima attrice nonché grande amica di Filippo. Sono due giovani donne americane degli anni ‘50, quando tutto sembrava bello, il boom economico aveva regalato

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speranza alle persone e quando le donne che si ispiravano alle dive del cinema come Grace Kelly e Doris Day sembravano vivere in una favola che a volte rappresentava però la loro trappola da cui uscire era davvero difficile. Un po’ Frank Capra, del tipo ‘La vita è una cosa meravigliosa’ e un po’Hitchcock, del tipo ‘L’ombra del dubbio’, rigorosamente in bianco e nero sui nostri piccoli teleschermi o in qualche cinema per sognare o spaventarsi artificialmente oltre mezzo secolo fa, qui le due signore sono dei veri mostri, ben camuffate da brave persone. Ognuna delle due crede di essere la migliore delle mogli, rose in giardino, torta di mele profumata in tavola, unghie laccate e curate ma, al momento di restare in dolce attesa, spunta l’imprevisto. Timi non solo ha scritto la drammaturgia, tratta da un libro omonimo di Stefano Massaron, non solo recita ma anche dirige con cinematografica accuratezza la commedia horror, che si dipana tra innocenza violata, mostri, orchi e sangue. Filippo Timi ha scelto una sfida molto dura col pubblico presentandosi nei panni di una donna seducente, che lo ha costretto a sedute di depilazione con ceretta su tutto il corpo, l’uso dei tacchi alti e di un corsetto che gli cinge la vita per far risaltare il busto, più il make up e la parrucca. Ma non solo: si presenta come un angelo, dall’aspetto


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incantevole, disposto a occuparsi dei bisogno dei più diseredati, in un quartiere periferico e si rivela come un mostro e urla che non bisogna mai fidarsi nè delle apparenze nè delle favole. Quel che ci riserva Filippo tutto è tranne che una storia zuccherosa con happy end. Sotto le gonne svolazzanti della massaia incinta spunterà infatti un’ imprevedibile virilità, e le sue manine fatate si macchieranno di sangue. Mentre la voce suadente di Nat King Cole farà da colonna sonora a una sequenza di colpi di scena, mutazioni di sesso, cagnolini imbalsamati, gemelli terribili, persino sbarchi di alieni... Insomma, nulla dell’ immaginario ai confini della realtà degli anni ‘50 viene risparmiato. Tra le sorprese più interessanti, quella del linguaggio. «Far parlare i miei personaggi come in quell’ epoca mi ha costretto a reinventare

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un modo d’ esprimersi molto diverso. Mai esplicito. Mai una parolaccia. Ogni situazione, anche la più cruda, è sempre velata, repressa, nei termini. Per me è stata la riscoperta di un senso del pudore dimenticato. Certo ipocrita, convenzionale, ma come ogni tabu necessario per poter andare “oltre. La peggiore volgarità oggi imperante, soprattutto in tv, è proprio quella verbale: lo sfregio continuo alla nostra lingua, il suo imbarbarimento, l’ overdose di spropositi e trivialità. Un incessante strepitio per nascondere il nulla. Gli ululati e gli improperi di Sgarbi, un tempo provocatori, ormai rimbalzano inerti, senza più eco. Di dirompente oggi forse ci sarebbe solo il silenzio». O la pacata impassibilità della fiaba. «Un genere crudele, che cela i peggiori orrori dietro una facciata lieta.” Così dice Filippo Timi in varie interviste rilasciate proprio in occasione del debutto dello spettacolo. Una delle cose più belle, a mio parere, sono gli abiti e la scenografia. Ai primi di marzo alla Sala del Grechetto della Biblioteca di Via Senato a Milano, Filippo Timi, insieme agli altri due attori Lucia Mascino e Luca Pignagnoli che nello spettacolo interpreta la parte multipla di tre gemelli, ha spiegato al pubblico ed io c’ero, la nascita e lo sviluppo di tutto il racconto Favola. Per la scenografia sono stati scelti pezzi unici degli anni ’50, dall’albero di Natale ordinato su internet a tutto l’arredamento della stanza dove lo spettacolo si svolge. Una parte a sé meritano gli abiti, disegnati tutti da Miu Miu proprio per lo spettacolo in puro stile anni ’50. Le linee così pulite, gli abiti a ruota, i corsetti e le giarrettiere mi hanno fatta letteralmente impazzire anche se devo ammettere che Filippo in versione uomo è di gran lunga migliore. Favola è uno spettacolo davvero surreale che non può non farci riflettere su quanto le apparenze, allora come oggi, siano parte integrante della nostra vita, siano delle gabbie che ci costringono a vivere in una “favola” dove il lieto fine non è quasi mai previsto. Vedendo lo spettacolo mi sono rimaste in mente alcune battute finali,semplici ma molto vere. Mrs Emerald: Dobbiamo imparare ad essere cat-

tive.

Mrs Fairytale: Come posso mettere al mondo un figlio senza insegnargli ad essere cattivo? Non dico malvagio, ma almeno cattivo quel tanto che basta per pretendere di essere felice. Mrs Emerald: Ho paura, ti prego abbracciami. Mrs Fairytale: Vieni qui, Tesoro mio…


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The Queen of Cadillac Un po’ di storia

Il 1955/’56 fu un periodo di aspra guerra commerciale che coinvolse soprattutto due maggiori produttori americani : la Ford e la General Motors. A quell’epoca ancora tre fabbricanti si contendevano il mercato delle auto di lusso: Lincoln, Cadillac e Packard. Il prestigio della Packard era ancora grande e indiscusso e i suoi piani per il 1956/’57 sembravano promettere una nuova linea di vetture eleganti e tuttavia ancora contraddistinte da qualcosa di classico. L’errore fatale venne dall’unione con la Studebaker. Per qualche motivo Packard, che aveva ottenuto ottimi programmi e solide finanze, non si avvide del crollo della situazione finanziaria del partner, il quale per mantenersi a galla, prosciugò quasi per intero le disponibilità finanziarie del nobile Marchio. Quando Lincoln e Cadillac attaccarono a fondo, con la Continental e la Eldorado Brougham, Packard fu solo in grado di mettere piedi in un modesto restyling delle sue berline ormai datate 1951. Nella lotta a due contendenti, la Cadillac aveva già in parte scoperto le carte con la Eldorado Brougham del 1955, che debuttò al Motorama e fu presentata anche al Salone di Parigi. Questo concept prefigurava una berlina di altissima gamma per il 1956. Elegante e misurata, aveva quattro porte che si aprivano ad armadio, più bassa delle auto di serie, manteneva le proporzioni imponenti nonostante la riduzione della lunghezza. La Eldorado Brougham arrivò appena in tempo per il Salone di Los Angeles, dove fu esposta insieme alla berlina del 1955, sfoggiando una

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maestosa carrozzeria in vetroresina che si rifaceva a un un tipo di auto molto in voga nei tempi in cui i ricchi viaggiavano al coperto in una raffinata cabina chiusa, mentre gli chauffeur li portavano in giro per la città, guidano a cielo aperto contro le intemperie. Come dire le cose non cambiano mai! Quest’auto fu al centro dell’attenzione al Motorama 1956, anno in cui venne totalizzato il record di presenze rispetto ai precedenti otto anni di edizioni. La nuova vettura era un po’ più lunga di quella del ’55: le fiancate più tese e il colore ebano le conferivano un aspetto sontuoso. L’esclusiva Caddy, dopo il periodo delle esposizioni, finì accantonata per essere distrutta dopo qualche anno. Molte voci in più occasioni circolavano affermando però che la Town Car non fu effettivamente distrutta, come avvenne per altre concept car servite nei saloni della General Motors, ma, dopo essere stata “dismessa” nel 1959 giacque in rovina e depredata in molte parti in un parco di demolizione di Detroit. Un sacrilegio! La vettura venne effettivamente trovata all’inizio degli anni

’70, ma ogni tentativo di acquisto fallì fino alla fine degli anni ’80, quando Joe Bortz, il noto cacciatore di esemplari unici riuscì a portarla a casa.


Dopo di lui vi furono ancora un paio di passaggi di proprietà, finché giunse nelle mani di Roy Warshawasky che ne iniziò il restauro dal 1991. La Eldorado Brougham arrivò sul mercato nel 1957 ad un prezzo altissimo. Se si osservano le sue finiture si vede che sono fatte in oro quindi il prezzo così elevato può essere presto spiegato. La Town Car fu realizzata con il comparto passeggeri chiuso e il tetto rivestito di pelle nera, mentre il comparto dell’autista era aperto. In caso di maltempo a quel povero sfigato del conducente toccava appena un telo protettivo in pelle mantenuto in tensione con delle aste metalliche, che erano contenute in una sacca del bagagliaio. Il comparto anteriore dell’autista era in pelle nera mentre quello dei passeggeri in pelle beige con inserti dorati. Le porte di questa macchina incorporavano un innovativo accessorio: sulle maniglie

c’erano dei micro interruttori che permettevano di aprire la porta con minimo sforzo: quando la vettura era in movimento venivano poi disattivati per sicurezza. Questi e molti altri accorgimenti per renderla un’auto estremamente elegante fanno capire il perché si decise di costruire questo tipo di macchina solo per esposizioni. Dopo decenni di esposizione alle intemperie il restauro si presentò difficile e fu necessario rifare l’intera struttura del tetto che era in legno. Venne poi installata la parte meccanica per permettere alla vettura di muoversi nell’ambito di mostre ed esposizioni. Nel mese di marzo la Cadillac è andata all’asta stimata per un prezzo compreso tra i 500 e i 750mila dollari, non avendo raggiunto la soglia minima con offerte di “appena” 450mila dollari la Town Car non è stata aggiudicata e perciò tutti noi abbiamo ancora una chance… !!!

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Lincoln Premiere 1957: una regina di stile Un po’ di storia Se si pensa alle vetture americane di alto rango degli anni ’50, ovvero alle luxury cars dei faboulous fifties, il nome che prima di ogni altro si accende nel cervello è Cadillac. Il motivo di questo indissolubile legame tra la storia dell’automobilismo ed immaginario collettivo, è giustamente motivato dalla capacità dello stilista Harvey Earl e del suo staff di recepire i desideri e i gusti del proprio tempo, trasferendoli in uno dei design più belli ed influenti nella storia dell’auto. Con la Cadillac model year ’48 e le sue celebri code ispirate al bombardiere Lockheed P-38 Lightning, presto imitate da tutta l’industria automobilistica statunitense, si inaugura un periodo stilistico contraddistinto da vetture di grandi dimensioni, sempre più lunghe, più basse e soprattutto sempre più

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cromate. Entro la metà degli anni ’50, ogive, prese d’aria e a volte orpelli di ispirazione aereonautica, guadagnano spazio sulle ampie superfici della carrozzeria, aggiungendo un tocco di modernità per alcuni e sottraendo un po’ di discreta eleganza per altri… Tornando alle auto di lusso è innegabile sostenere che le gloriose Cadillac degli anni ’50 sono le auto preferite dai facoltosi americani del tempo e dai collezionisti di oggi. Nel 1957 un restyling mirato, attento a non snaturare la pulizia formale maturata nel 1956, porta la gamma Lincoln a fare un ulteriore salto verso la modernità, concedendo qualcosa alla moda del


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tempo : arrivano quelle “tail fins” posteriori che nella seconda metà degli anni ’50 appaiono assolutamente irrinunciabili. La curva del padiglione e dei finestrini rimangono immutati rispetto ai modelli precedenti così come inalterati rimangono i principali lamierati della fiancate. Nel frontale la modifica più evidente riguarda i gruppi ottici che da singoli diventano doppi disposti verticalmente essi lambiscono la grande griglia cromata a listelli orizzontali. Le luci di posizione e gli indicatori di direzione, aumentati in lunghezza, sono formati da quattro lenti rettangolari di notevoli proporzioni. Nella vista laterale una semplice barra cromata percorre per tutta la lunghezza della vettura la nervatura impressa nei lamierati. Le pinne sono altrettanto lineari e non mancano di farsi ammirare per la loro imponenza : le lenti dei fanali posteriori di forma triangolare chiudono una coda elegante

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e senza fronzoli. Nella vista posteriore si notano la fascia cromata che riprende il tema della griglia frontale e il paraurti con inserite ai lati le luci di retromarcia. Come da consuetudine per gli anni ’50, le combinazioni cromatiche offerte dalle tabelle colore permettono di ottenere colori esclusivi. La Lincoln Premiere Convertible è verniciata in Saturn Gold con interni Tri-Tone in pelle gialla, bianca e nera. L’effetto scenico è eccezionale. Gli interni oltre che belli sono funzionali : tutti i comandi sono a portata di mano e una volta memorizzate le funzioni dei tanti pulsanti che circondano il driver e suoi ospiti i viaggi diventano ancora più piacevoli. Per il momento questa spettacolare automobile appartiene ad un appassionato collezionista californiano, ma noi teniamo d’occhio la rete e chissà che un giorno potrà essere vostra!


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Miss Kris

Gli appassionati del genere Fifties ormai stanno prendendo sempre più piede e noi che stiamo sempre attenti alle esigenze di questo tipo di clientela, abbiamo deciso di informarci e quindi informare un po’ di più su due dei locali più importanti dove mangiare anni ’50 diventa davvero facilissimo. A pochi passi da Milano ci sono due locali Crazy Driver Diner e Milwaukee dove, quando si entra, pensi di trovarti Elvis come vicino di tavolo! Nel lontano ottobre del 2009 4 bravi ragazzi fondarono il “Crazy Driver Diner” il primo vero fast food and grill restaurant american style a Inverigo, provincia di Como. Ispirandosi ai meravigliosi fifties e agli amanti della cultura hot rod dell’epoca crearono un locale unico nel suo genere. American Cars, Pin up, arredamento esclusivamente Fifties e il Crazy Diner è fatto! Crazy Driver Diner oggi è ben riconoscuto da tutti gli amanti della buona carne e dagli appassionati dell’ epoca,offre menu sia per bambini sia per sbranatori incalliti di

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carne, una vasta scelta di piatti tipici americani e tex mex usando i prodotti migliori che si possono trovare in commercio. Crazy Driver inoltre per far rivivere l’atmosfera di quei famosi anni 50 organizza eventi live, raduni di auto americane d’epoca, feste a tema , feste di compleanno e cene aziendali tutto in puro american style mettendo a disposizione anche un servizio di limousine. Per quanto riguarda il menù nessuno resta insoddisfatto. Si parte con gli antipasti classici americani: anelli di cipolla fritti, alette di pollo, crocchette di pollo e di patate, peperoni ripieni al formaggio e i famosi nachos messicani. I loro hamburger sono fatti con minimo 150g di carne di manzo fino ad arrivare ai maxi con 2400g di carne tutta selezionata, il pane è fresco e insieme non mancano mai montagne di patatine fritte di diversa tipologia. Insomma noi che siamo andate vi assicuriamo che è da non perdere!


La carne rossa è sempre fresca, dalle fiorentine alle costate maxi, filetto, e super spiedoni ben cotti o “grondanti di sangue”! Burrito e fajitas che neanche in Messico fanno così, fino ad arrivare ai dolci che più dolci non si può: cheesecake, brownies, pancake da leccarsi anche le mani! Uno degli eventi più interessanti del locale in questi mesi è stato sicuramente il Secondo Appuntamento con il Crazy Cruisin, il raduno di circa 70 auto americane che hanno invaso il 1 maggio la provincia di Como, ben 18 km coperti interamente da auto d’epoca,uno spettacolo per gli appassionati ma anche solo per i curiosi! Il Milwaukee si trova invece a Varedo dal 1 Ottobre 1998. Ancora più curato del Crazy Driver Diner, a nostro parere, sembra davvero un set cinematografico in cartapesta anche se, quando ti avvicini vedi che è tutto vero e che l’arredamento è stato selezionato e acquistato in varie parti del mondo senza lasciare nulla al caso ma soprattutto per ricreare un’atmosfera quasi irreale. Il Milwaukee 50’s Diner è una perfetta ricostruzione di un diner americano degli anni ‘50, si sviluppa su una superficie di cinquecento metri quadri interamente arredati nei toni pastello dell’epoca, e arricchiti da complementi provenienti direttamente dagli USA, in contrasto con l’acciaio delle rifiniture di tavoli,

bancone e sedie. Per quanto riguarda il menù puoi cenare nell’ambiente tipico dei diners americani seduto al bancone oppure nei vari box sparsi per il locale. Hamburgers, hot dogs, t-bones da 600 gr, chicken wings, baked potatoes, i tipici appetizers americani e tanti altri gustosi piatti. Noi abbiamo scelto di restare leggere questa volta e di concederci solo dei milkshakes, serviti ovviamente negli originali bicchieri americani. Davvero molto molto buoni! Ogni sera viene proposto un evento diverso, corsi di ballo, concerti, serate burlesque e molto altro. Sul sito del locale c è un’intera sezione quasi sempre aggiornata. Questa cura dell’immagine e delle serate è completata dalla musica a tema proposta. Si tratta di dischi suonati da bravi ed esperti DJ, di musicisti di riconosciuto valore internazionale tra cui Ray Gelato, gli Original Comets di Bill Haley, Paul Burlison & Rocky Burnette, Linda Gail Lewis (little sister di Jerry Lee), Robert Gordon,DaveTaylor, Rosie Flores, Marco Di Maggio, Hormonauts, Jive Aces, Extraordinaires. Noi di questi musicisti non ne conosciamo nessuno, però se vi capita di andare da quelle parti, anche se non amate quel tipo di musica ne vale comunque la pena, verrete trascinati in un’atmosfera speciale e difficile da trovare in altre serate! Speriamo di avervi convinto!

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Miss Sylvie

Un viaggio nell’America on the street Se il decennio degli anni ’40 era considerato quello maggiormente interessante dal punto di vista dei cambiamenti stilistici delle vetture americane, gli anni ’50 possono essere definite senza errore quelli che proseguono la “ Golden Age” del settore automobilistico a stele e striscie. Sono gli anni dei teenager, quelli dei primi appuntamenti sulla macchina del papà, magari davanti ai grandi schermi nei drive in della periferia cittadina. Dieci anni vissuti con continui cambiamenti, marcati e attraenti al tempo stesso tanto da creare e soddisfare da soli la domanda di novità avanzata dagli americani, esigenti a tal punto da dirsi insoddisfatti verso il modello passato rispetto a quello rinnovato, anno dopo anno. La parola d’ordine di questo decennio indimenticabile è senza dubbio “innovazione”. Lo aveva capito bene il presidente di GM Alfred P. Sloan, che disse a tutti i dirigenti la seguente frase: “ L’aspetto ha molto a che vedere con le vendite, ne sono certo!”. Le immagini prese qua e la per l’America degli anni ’50 sono inequivocabili e spiegano senza troppi

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giri di parole il periodo meraviglioso dell’industria automobilistica americana. Auto sempre più grandi, sempre più slanciate, sempre più colorate. Il “ Two Tone”, il cosiddetto bicolore prende piede ovunque ed è l’opzione più scelta dai consumatori che vedono un futuro roseo, ottimistico, in pieno boom economico. Le strade diventano a 4, 5, 6 corsie. Il traffico nelle ore di punta nei dintorni delle grandi città è davvero notevole e non ha nulla a che invidiare alle tangenziali nostrane solo che le carrozzerie e le scintillanti cromature rendono il paesaggio metropolitano una sorta di paradiso terrestre dell’auto motive… Innovazioni stilistiche continue insieme a motori dalle prestazioni sempre più vigorose, rendono gli esperimenti dei designer realtà concrete da mettere su strada, come ad esempio l’innovativa Corvette con scocca in fibra di vetro o la particolare Thunderbird con tettuccio rigido amovibile e finestrino posteriore ad oblò, usata per fare promozione al celebre film di Marilyn Monroe del 1955 “Quando la moglie è in vacanza”. Nuovo look e nuova immagine che contagiano anche Chrysler, con il cosiddetto “ look da 100 milioni di dollari”,


visto che a tanto ammontava l’investimento del gruppo per la progettazione di tutti i marchi. Modello di punta era la nuova 300c capace di superare di gran lunga i 200 km orari. Nello stesso periodo evoluzioni epocali contagiarono anche il trasporto commerciale e quello agricolo. I pickup campagnoli ed impolverati iniziano ad assomigliare alle vetture in circolazione, invadendo le città senza più doversi vergognare. Modelli moderni, bicolori e versatili come ad esempio la Ranchero che anticipa di due anni la El Camino della Chevy. Questi due pickup con pianale basso furono i primi veicoli a colmare il divario tra automobili e autocarri, iniziando a far parte del paesaggio metropolitano e non solo di quello agricolo. Un decennio, quello dei mitici Fifities, caratterizzato dagli eccessi, che a noi personalmente piacciono moltissimo. Se la prima parte degli anni ’50 riguarda una veloce evoluzione stilistica che ab-

bandona di fatto le “ bombature” della carrozzeria , retaggio degli anni ’40, la seconda parte lascia spazio alle pinne posteriori che slanciano il più possibile le automobili americane diventate sempre più cromate, sempre più lunghe, sempre più pesanti e dagli splendidi colori pastello. Lo stesso paesaggio urbano cambia in pochi anni : le Interstate sono un toccasana per il turismo interno e gli spostamenti di tutta la famiglia al lago, al mare o davanti alle cascate del Niagara diventano una consuetudine a cui è impossibile sottrarsi. L’auto diventa il modo più comodo e moderno di viaggiare. Le grandi strade costruite o sovvenzionate dal Governo federale misurano tantissimi km così come la rete stradale statunitense. Alla fine degli anni ’50 circola negli States un parco di autoveicoli superiori ai 60 milioni di unità. Questa rimarrà per sempre l’America che piace a noi!

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Nome: Lola Rotten Anni: 25 Professione: Venus in Furs

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Miss Sylvie

Ad altri cosmetici il compito di farci solo belle. Al rossetto chiediamo molto di più: deve rendere le donne uniche e magnetiche. Nessun altro trucco è così carico di valore iconico, evocativo, simbolico. Così adulto e, al tempo stesso, così infantile e ludico. Si può dire che tutto sia partito dagli anni Cinquanta, quando le giovani donne si ispiravano al trucco delle modelle e attrici dell’epoca. Must del make up anni ’50 la linea di eyeliner ascendente, a cui poi fece eccezione quella proposta dal simbolo femminile per eccellenza: Marilyn Monroe. Per lei il truccatore Whirney Snyder elaborò una particolare linea, detta “a pagoda” che le conferiva un’espressione ancora più languida, ulteriormente accentuata dall’applicazione di ciglia artificiali sulla parte esterna. Ma ecco che arriva lui: il protagonista assoluto: il rossetto rosso fuoco, che si sostituisce al rosso più scuro dei precedenti anni ‘30/’40, soprattutto per delle esigenze cinematografiche e fotografiche che imponevano tonalità più chiare e luminose, neces¬sità dunque, dettata dalla celluloide. E’ proprio il cinema a dettare le regole del look, soprattutto con l’avvento di un fenomeno di costume, il “Divismo”, che nasce probabilmente proprio in Italia, per poi diventare fenomeno prettamente americano, in cui l’immagine diventa un’icona altamente simbolica e onnipresente nella vita della gente comune, quindi ammirata e imitata.

spigoloso. Rendendoli invece più appuntiti l’effetto è sofisticato.

- Strutturare

il colore. Dopo aver tracciato il contorno, riempirlo con la matita, per creare una base per il rossetto. Se le labbra sono naturalmente molto increspate usare la matita soprattutto per colorare l’interno delle pieghe.

- Stendere il rouge a pennello. In caso di colore intenso è in teoria indispensabile per una stesura ideale. Ma chi proprio non ha la mano da pittrice, può farne a meno. E puntare su un rossetto ad alta precisione, tipo stilo. - Costumizzare. Terminare, volendo, con un piccolo tocco personale: magari una sfumatura di rossetto appena più chiaro al centro delle labbra, per dare più volume.

Mettere il rossetto rosso però non è facile e non tutte lo sanno fare. Ecco i 5 gesti per metterlo bene: - Non dimenticare il primer. Lo usano relativamente in poche, eppure è la base di un trucco labbra da vere esperte. - Tenersi cara la matita. E’ vero, se il rossetto è nudo e/o glossy e le labbra fresche e ben disegnate, è più facile farne a meno. Ma in caso contrario, delineare la bocca è di grande aiuto, per rimpolparla o correggerne le asimmetrie. Attenzione all’arco di Cupido ( la V del labbro superiore ): arrotondarne i contorni serve a ingentilire un volto

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Mai, mai sottovalutare l’impatto di una bocca incendiaria! Le star insegnano. 1 Dita Von Teese Lipstickmaniaca doc ( le sue foto “sans rouge” si contano su una mano ), ha una spiccata preferenza per le nuance cold red. Perfette per dare risalto al suo immacolato pallore da bruna. 2 Gwen Stefani Insieme alla chioma platino, il rossetto rosso è uno dei suoi marchi di fabbrica. La tonalità più usata? Un deciso true red. 3 Anne Hathaway Si divide equamente tra nuance nude e scarlatte. Ma queste le donano ancora di più dandole un tocco più particolare. 4 Katy Perry La cantante sembra amare il rossetto rosso. Ma non rinuncia a flirtare con i fucsia più candy, così giusti per il suo faccino da bambola.

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