Portfolio Luca Silvestrin 2012 - 2016

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LUCA SILVESTRIN A COLLECTION OF CREATIVE WORKS 2012 | 2016


“Luca Silvestrin. A collection of creative works� 2012 - 2016 | Portfolio di Architettura con studi e progetti


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“Rich Aired Serra. Dehor Ristorante Mescola, Civitanova Marche” 2016 | Progetto di design e allestimento in collaborazione con Arch. Davide Tecchio e Arch. Ruben Baiocco

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“Abitare Temporaneo. Nuove forme di recupero degli spazi” 2016 | Tesi di Laurea Magistrale in collaborazione con Dott. in Arch. Davide Tecchio

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“Riqualificazione edificio Direzione Generale - Ospedale di Padova” 2015 | Laboratorio di recupero sostenibile dell’esistente

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“HUB Gorizia. Una nuova porta per la città” 2014 | Progettazione Architettonica e Urbana

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“Progetto per il recupero di forte E. Cosenz e la rivalorizzazione dei luoghi” 2014 | Disegno per la sostenibilità

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“Centro Studi sul Montello. Presa n°5” 2013 | Progettazione Architettonica e Urbana

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“La nuova porta della Laguna Nord. Passo Campalto” 2012 | Workshop W.A.V.E. 2012 with Prof. Arch. Mauro Bertagnin

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Contatti


“Rich Aired Serra. Dehor Ristorante Mescola, Civitanova Marche� 2016 | Progetto di design e allestimento in collaborazione con Arch. Davide Tecchio e prof. Arch. Ruben Baiocco

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MESCOLA

Fotopiano di inquadramento e localizzazione del Ristorante Mescola a Civitanova Marche.



A lato dettagli costruttivi e viste assonometriche degli oggetti di design. Sopra pianta del progetto di dehor.


Il plateatico, o dehor, si dispone in una porzione di via della conchiglia. Le sue dimensioni corrispondono a 10 metri di lunghezza in direzione della suddetta via e a 2,30 metri di profondità a partire dalla fronte a filo strada del ristorante Mescola. Il dehor si sviluppa pertanto lungo le fronti contigue e allineate sul fronte strada dell’edificio del Ristorante Mescola e quello adiacente e ora in disuso all’angolo di via della Conchiglia e vicolo Marte. Elementi a terra Il plateattico del ristorante Mescola si compone dei seguenti elementi : - due elementi removibili su ruote che fungono da elementi di delimitazione, separazione e messa in sicurezza degli utenti (sia della strada che del plateatico), della lunghezza di 180 cm e della larghezza di 50 cm, posti lungo i lati minori del perimetro rettangolare del plateattico, con funzione di quinta rispetto alla percezione dello stesso. Gli elementi sono costituiti da una struttura interamente metallica e posso ospitare porzioni di vegetazione decorativa (vedere descrizione tecnica del dispositivo Urban Garden... a seguito della medesima relazione). Tali elementi posso accogliere supporti per l’illuminazione in favore di una loro maggiore visibilità notturna da parte degli utenti della strada (traffico veicolare a motore, seppur limitato, di biciclette e pedonale, intensificato nei mesi primaverili e estivi); per tipo e modalità di illuminazione portata delle strutture suddette si rimanda alla descrizione tecnica del dispositivo Urban Garden...). - sei elementi di sostegno della copertura in calcestruzzo e profilati in ferro a croce. Si sviluppano a due a due per un’altezza di 2,40 – 2,60 – e 3 metri circa. Il blocchetto in calcestruzzo ha le seguenti dimensioni: attacco a terra di 20 cm per 35 cm e 55 cm di altezza (per le caratteristiche tecniche si veda parte della relazione tecnica dedicata alla copertura). Il peso complessivo di ogni singolo elemento è di 120 circa, di cui 92, 4 chilogrammi del blocchetto in calcestruzzo più circa 20 chilogrammi per i profilati in ferro (ben superiore ai 70 chilogrammi richiesti per la stabilità della copertura removibile).

Vista con foto-inserimento dei soli oggetti di design Richard Serra, senza applicazione dei sistemi di tendaggio.

Gli elementi di sostegno della copertura sono removibili anch’essi e svolgono la funzione di delimitare lo spazio di utilizzo del dehor e individuano alcune direzioni di accesso ad esso dalla strada. Nella loro funzione di delimitazione essi partecipano alla messa in sicurezza dello spazio del plateatico dall’intrusione inaspettata di auto e altri veicoli, senza intralciare però la libera circolazione sulla stessa. Possono inoltre essere usati da supporto per eventuali dispositivi illuminanti aumentando la loro visibilità notturna e il confort visivo degli utenti del plateattico. - tavoli e sedie removibili. Tavoli di 180 per 80 centimetri (per una simulazione della disposizione si veda la planimetria 1:100 a seguire) Elementi di copertura - la copertura si estende all’intera superficie del dehor. Si compone di tre teli (le cui dimensioni sono rispettivamente di 4, 80 metri per 2,20 circa , per il maggiore, e di 2,30 per 2, 20 metri, per i due minori) ancorati, da una parte, alla fronti dell’edificio del ristorante Mescola e di quello adiacente in disuso già ricordato e, dall’altra, dai succitati elementi di sostegno. Gli agganci delle tende agli edifici sono disposti ad altezze differenti: 3,20 metri la tenda maggiore di 4 metri di larghezza, 2,60 e 2,40 le due tende minori di 3 metri di larghezza. La composizione complessiva della copertura risulta come una sequenza di 3 teli leggermente sfalsati l’un l’altro. I teli sono irrobustiti e controventati da cuciture rinforzate e da asticelle passanti. Funzionalità e accessibilità Il plateatico mantiene inalterata la funzionalità carrabile attuale della via della conchiglia. Può costituire un elemento di interesse poiché induce a limitare l’uso improprio della via Conchiglia per la sosta veicolare irregolare; rafforza inoltre la funzione e la percezione di strada a traffico limitato ad ora non sempre rispettata, valorizzandone le caratteristiche di spazio pubblico pedonale e ciclabile.

Vista con foto-inserimento degli oggetti di design Richard Serra e dei tavolini, con applicazione di una prima ipotesi di sistema di schermatura dal sole.

Nella pagina accanto, vista con foto-inserimento dei soli oggetti di design Richard Serra, e applicazione dei sistemi di tendaggio: una visualizzazione generale del possibile risultato finale del dehor per il Ristorante Mescola.



“Abitare Temporaneo. Nuove forme di recupero degli spazi� 2016 | Tesi di Laurea Magistrale in collaborazione con Dott. in Arch. Davide Tecchio

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La città di Treviso con la sua storia e il suo assetto socio-urbanistico, fatto di numerosi edifici produttivi oggi inutilizzati, segno del cambiamento delle dinamiche sociali ed economiche, ben si presta alle pratiche dell’abitare temporaneo. L’abitare temporaneo necessita di una progettazione che sia anch’essa temporanea, la quale sappia adattarsi a specifici luoghi, spazi e tempi concreti. Non esiste tuttavia una tipologia di luogo privilegiato in cui l’abitare temporaneo possa essere attivato in modo semplice e con la sicurezza dei risultati, esistono invece molteplici ambienti, più o meno complessi, che possono essere adattati per ospitarlo. Più complesso invece è determinare quali siano gli spazi reali e le popolazioni tutte che possono trarre un vantaggio grazie all’abitare temporaneo applicato a luoghi inconsueti. La mappatura dell’abbandono utilizzata attualmente in diverse città italiane fornisce spesso un ampio catalogo di residui edilizi sul territorio. Spesso però non dà informazioni riguardo all’effettiva attitudine di ciascuno spazio ad essere riutilizzato attraverso pratiche temporanee, ne individua i potenziali soggetti interessati, ne le tempistiche di riuso. Diventa quindi fondamentale affidarsi a figure “professionali” che si occupano specificamente del riuso temporaneo di spazi abbandonati, i quali conoscono già le realtà locali e sono poi in grado di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per avviare la ri-valorizzazione temporanea su quei luoghi con il più ampio potenziale. In ogni caso, la condizione essenziale per una ottimale applicazione dell’abitare temporaneo è lo studio e la conoscenza dei luoghi, ai fini di comprendere le reali necessità della collettività che li vive, o in senso più ampio, della città stessa. L’abitare temporaneo è un esperimento dal grande valore culturale, sociale ed economico, avente l’obiettivo di potersi adattare ad ogni luogo che necessiti di essere recuperato. Al fine di dimostrarne le potenzialità, è stato preso in esame un caso studio dalle molteplici complessità: Treviso, e nello specifico la zona della stazione ferroviaria. Treviso è una città da visitare in ogni stagione dell’anno per assaporarne ogni angolo, scoprire scorci unici, respirare la tranquilla vita cittadina. Cuore della città e luogo di incontro dei trevigiani è piazza dei Signori con il suo Palazzo dei Trecento e la Loggia Dei Cavalieri. Due fiumi s’insinuano tra le vie cittadine, il Sile e il Cagnan, donando un fascino unico al centro storico racchiuso dalle antichissime mura. Una città da scoprire prediligendo la mobilità lenta pedonale o ciclabile che seguendo i corsi d’acqua permette di cogliere ogni singola peculiarità, fino a giungere nei caratteristici locali affacciati sulle piazze cittadine che permettono di assaporare le prelibatezze della terra trevigiana. Un quadro storico e turistico quello trevigiano che, in questa città di circa ottantamila abitanti, affianca una realtà artistica e culturale molto radicata, con numerose associazioni che si sono nel tempo amalgamate al tessuto cittadino. Quest’immagine di città attenta alla conoscenza, al sapere e al patrimonio culturale, si affianca alla concezione di Nordest produttivo e imprenditoriale. Di fatto, in pochissimi anni, da zona a economia prevalentemente di tipo agricolo, è diventata uno dei poli trainanti dell’economia italiana, in particolare nei settori meccanico, metalmeccanico, tessile, alimentare e dell’abbigliamento. Purtroppo questo prospetto di città forte, sia culturalmente che economicamente, si è incrinato negli ultimi anni per effetto dei trend economici mondiali. La crisi che ha investito l’Italia e l’Europa non ha risparmiato la città di Treviso: immobili pubblici vuoti e inutilizzati, spazi senza destinazione, edifici privati in abbandono. Sono numerosi gli stabili industriali, militari, commerciali, civili, ex chiese, uffici, palazzi, ad essere in attesa di un riutilizzo, di una destinazione finale o temporanea che li sappia rigenerare e riqualificare restituendoli alla città. Tra i casi urbani più in vista che riguardano l’abbandono di parti di città, vi è l’area della stazione ferroviaria di Treviso. In questo spazio residuale sono presenti numerosi edifici dismessi, abbandonati all’incuria e al vagabondaggio. Nell’insieme costituiscono articolati


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Vista assonometrica Stazione ferroviaria di Treviso.


elementi di tessuto urbano che, guidati dalla logica economica dello sfruttamento, sono stati dimenticati. Gli spazi aperti, gli involucri edilizi, talvolta carichi di storia e memoria, rimangono in attesa di una destinazione d’uso o della definitiva demolizione. I progetti speculativi di espansione per l’area della stazione si accavallano nel tempo, ma non hanno mai trovato la forza necessaria per essere attuati. I masterplan futuristici presenti, a forte carattere economico, mancano di quello spirito rigeneratore necessario alla città, e per questo motivo rimangono in attesa di “tempi migliori”. Oggi i grandi investimenti e le massimizzazioni volumetriche non trovano applicazione, è però possibile ipotizzare un recupero alternativo, a basso impatto economico e condiviso dalla collettività. L’abitare temporaneo si pone pertanto nel tempo di mezzo tra le vecchie funzioni dell’area della stazione e la futura e definitiva destinazione d’uso. L’obiettivo è l’applicazione dell’abitare temporaneo a Treviso per il recupero e la rivalorizzazione dell’area della stazione dei treni. Rilanciare l’area della Stazione ferroviaria di Treviso per recuperare uno spazio divenuto marginale, ma dal grande valore logistico e storico. L’Abitare temporaneo si inserisce in un ambito dal forte carattere urbanistico e sociale. Le potenzialità dell’area della Stazione ferroviaria di Treviso sono molteplici e strettamente legate al tessuto urbano e alle preesistenze della città. Gli edifici abbandonati e gli spazi esterni, la cui superficie risulta notevole, sono una risorsa che ben si presta ad essere valorizzata nell’ambito dell’abitare temporaneo. I grandi edifici con carattere storico, le strutture ancora in grado di ospitare funzioni e gli spazi di grande interesse a ridosso della città, favoriscono il recupero temporaneo in attesa dell’individuazione e realizzazione della definitiva vocazione per le aree della Stazione FS. In questo ambito di rivalorizzazione, l’abitare temporaneo può essere applicato nelle sue molteplici forme e contenuti: dall’abitare temporaneo per il recupero degli spazi aperti, al box in the box per gli edifici, fino all’emergenziale e al recupero culturale. Tutte queste forme di abitare possono essere liberamente applicate ed aggiornate in relazione alle necessità della città e dei suoi abitanti. Non vi sono limiti di spazio o di inoperatività: tutte le aree e gli edifici sono fruibili in diversi modi ma sempre secondo quelle che sono le logiche temporanee. Eventi, manifestazioni, sport collettivi, atelier, start-up, co-working, alloggi temporanei, cultural living officine urbane e sociali, sono solo alcune delle funzioni che possono essere ospitate all’interno del complesso sistema di volumetrie che la Stazione centrale di Treviso offre. La vicinanza con il centro storico della città e il carattere di mobilità e interscambio dell’area, garantiscono una forte presenza numerica di individui e, per questo motivo, un sempre crescente numero di interessi collegati al recupero temporaneo e alla rivalorizzazione di questi luoghi. Non solo un’economia fragile che può essere aiutata ed incentivata a nascere e a sostenersi ma anche un’economia “sociale” che sappia trarre dai luoghi e dagli spazi collettivi per la cittadinanza delle nuove forme di accrescimento collettivo e culturale. In una città come quella di Treviso, dal forte radicamento associativo, l’arte e la cultura la fanno da padrone ma, nonostante questo, anche le attività commerciali sono molto diffuse e di vitale importanza. Il recupero fornito dall’Abitare temporaneo, rende possibile la creazione di nuove economie e spazi di lavoro: un bando alla creatività può essere lo spunto per l’avvio di spazi di co-working o molteplici start-up. Il fulcro della mobilità rappresentato dalla Stazione ferroviaria FS ha quindi modo di integrare nuove visioni, in un’ottica di servizi più ampia e più variegata. Abitare temporaneo per rilanciare una parte di città che altrimenti rimarrebbe in attesa di un rilancio per anni a venire.


Masterplan di progetto degli spazi interni agli edifici con individuate le possibili funzioni che possono essere insediate, in relazione allo stato degli edifici stessi e alle esigenze della collettivitĂ .


Sopra, assonometria Vision ex Poste con sistema di infrastrutturazione. La rappresentazione grafica permette di formulare una visione futura sui possibili usi temporanei posti in essere all’interno delle ex Poste. Gli spazi e i locali di medie e piccole dimensioni permettono un utilizzo legato a funzioni che richiedono spazi più contenuti. In questo modo le attività che meglio si prestano ad essere inserite, sono quelle relative ad alloggi temporanei e funzioni collettive, o sociali, di portata contenuta. In questo modo all’interno dell’edificio ex Poste, viene a costituirsi un modello che richiama quello formalizzato nelle esperienze di co-housing in cui le funzioni collettive vengono utilizzate dagli abitanti interni in cambio di un pagamento in moneta o sotto forma di scambio con altri servizi. L’abitare temporaneo in questo caso si fonde con le logiche del co-housing in una nuova ricerca.

Nella pagina a lato, assonometria esplosa in scala dell’edificio ex poste. Si individuano le nuove funzioni ospitate all’interno in relazione ai soggetti gestori. L’edificio Ex Poste ferroviarie, situato a fianco della Stazione di Treviso centrale, grazie alla sua dotazione impiantistica e al suo stato di conservazione, si ritiene idoneo ad ospitare funzioni legate all’abitare temporaneo inteso come abitazione per soggetti in momentanea difficoltà ad accedere al tradizionale mercato degli alloggi. La gestione degli spazi e l’analisi delle richieste per gli stessi è affidata dal Comune di Treviso all’associazione popolare ARCI Treviso. Tale organizzazione è composta da persone che hanno liberamente scelto di impegnarsi per promuovere emancipazione attraverso l’autorganizzazione e la partecipazione, per favorire l’azione collettiva dei cittadini nell’interesse generale. Per il caso dell’edificio Ex Poste vi è la necessità che l’associazione sia composta da soggetti “stabili” e circoscritti che assicurino linee guida generali, oltre che da tutti i soggetti usufruttuari degli spazi messi a disposizione dall’abitare temporaneo, al fine di poter gestire in prima persona i servizi presenti. Il modello organizzativo prevede una gestione condivisa e collettiva degli spazi e dei locali, che permetta di creare interazione sociale e facilitare la vita quotidiana, seguendo in parte un modello simile al co-housing o ai condomini sociali. Il carattere “sociale” e di ospitalità che questa forma di abitare consente, permette di aprire molti dei suoi servizi all’intera città, contribuendo cosi a generare un flusso economico che apporta nuovi fondi all’interno del sistema collettivo Abitare temporaneo.




Il recupero degli ex-magazzini ferroviari, a vocazione prevalentemente culturale e aperti alla città, prevede come gestore una società di secondo livello che riunisca le associazioni già presenti sul territorio, ciascuna con le proprie peculiarità, come avviene per la “Casa del Quartiere San Salvario” a Torino. Gli spazi degli ex-magazzini ferroviari a fianco della Stazione di Treviso centrale, grazie alle loro dimensioni e alla loro pianta libera, offrono importanti possibilità di riutilizzo anche condiviso. Il proprietario dell’immobile, FS Sistemi urbani, in ottemperanza al proprio programma di cessione gratuita degli spazi non più funzionali, può cedere in uso gratuito gli stessi ai fini socio culturali. Il modello gestionale proposto è la gestione attraverso un’associazione di secondo livello denominata: Agenzia per lo sviluppo locale di Treviso. L’Agenzia per lo sviluppo locale di Treviso è una organizzazione non-profit che ha come obiettivo il miglioramento della qualità della vita nei suoi aspetti sociali, economici, ambientali e culturali della città di Treviso. L’Agenzia è una associazione di secondo livello composta da circa venti associazioni ed enti di varia natura (associazioni di promozione sociale, associazioni culturali, enti religiosi, comitati di cittadini, etc.) che operano nel territorio; si fonda sull’eterogeneità dei partecipanti dei quali valorizza le esperienze e i saperi, con l’obiettivo condiviso di una riqualificazione della città basata sulla sostenibilità sociale ed economica. Questa associazione, coadiuvata da altri attori come il Comune di Treviso e la Fondazione Vodafone che si occupa di supportare progetti a scopo sociale, enti no profit, ha la possibilità di recuperare gli spazi degli ex magazzini e renderli accessibili. Negli ex magazzini ferroviari è possibile inserire un laboratorio per la progettazione e la realizzazione di attività sociali e culturali che coinvolga associazioni, cittadini, operatori artistici e culturali; è uno spazio aperto e multiculturale, luogo d’incrocio, d’incontro e di scambio di attività e persone. Inoltre si prevede la presenza di una caffetteria, una ciclofficina, un ufficio co-working, una banca del tempo, una sala riunioni, sportelli informativi e spazi di ascolto; si possono frequentare laboratori artistici, corsi di danza, di discipline orientali, di musica e canto, di lingua e informatica; si possono organizzare feste di compleanno, conferenze, spettacoli; si possono proporre attività da progettare e realizzare anche con gli altri. È perciò un luogo di progettazione condivisa e di elaborazione di idee che promuove e organizza azioni per la valorizzazione delle risorse sociali e culturali del territorio. L’abitare temporaneo è in grado di fornire le infrastrutture necessarie per l’attivazione degli spazi, come impianti, servizi igienici e quant’altro sia necessario. Gli spazi sono da considerarsi estremamente flessibili in modo tale da favorire lo sviluppo di quelle attività che risulteranno preponderanti e con un maggiore interesse per la cittadinanza via via che il progetto si evolve.

A lato, assonometria Vision Magazzini. La rappresentazione grafica permette di formulare una visione futura sui possibili usi temporanei posti in essere all’interno degli ex magazzini ferroviari e nelle aree aperte direttamente adiacenti ad essi. Le persone che popolano gli spazi, cosi come le funzioni insediabili, sono le più varie. Si passa dall’installazione di strutture temporanee estremamente flessibili, all’applicazione di semplici partizioni che possano suddividere gli spazi secondo le esigenze dei gruppi accolti. All’interno degli edifici sono presenti alcune di quelle strutture ricavate dai casi studio temporanei: la Light house e il Paper partition system 4. Gli orti urbani, i campi da basket, gli atelier, gli spazi di co-working, gli spazi ricreativi e l’officina urbana, rappresentano alcune delle funzioni più esplicative e costitutive dell’Abitare temporaneo.


In alto, vision dell’interno degli ex magazzini e delle aree esterne adiacenti. L’Abitare temporaneo necessita di una realizzazione in più parti, a seconda delle esigenze e delle richieste da parte degli utilizzatori e della collettività: una sorta di timeline con pacchetti di funzioni temporanee attivate per step. Il recupero dell’area della Stazione ferroviaria di Treviso può essere effettuato in più fasi. Questo permette di verificare il reale funzionamento ed utilizzo degli interventi di abitare temporaneo anche in relazione alla sostenibilità economica dell’intervento. Ciascun edificio riutilizzato, viene recuperato assieme allo spazio esterno circostante in modo da avere una relazione di continuità tre i due. I vari step non hanno un periodo temporale nettamente identificabile, in quanto variano a seconda dell’effettiva domanda e disponibilità economica a finanziare le attività e il recupero degli spazi e dei manufatti. La determinazione della sequenza logica del recupero, è fatta sulla base della facilità al riutilizzo: la presenza dei servizi infrastrutturali minimi e lo stato manutentivo buono, sono una condizione necessaria all’avvio del progetto di Abitare temporaneo. Gli step successivi sono in funzione al successo o meno del recupero temporaneo dei primi manufatti.

Nella pagina accanto, vista dello spazio per eventi inserito nelle ex-officine. L’area della stazione ferroviaria di Treviso, nonostante sia il fulcro di servizi e opportunità per la società, è uno spazio ricco di edifici in stato di abbandono e degrado. Collocata a sud della città, riveste un importante ruolo nel sistema della mobilità e dei trasporti territoriali. L’ambito urbano nel quale si inserisce la ferrovia, svolge un ruolo strategico per la relazione degli scambi tra le diverse modalità di spostamento e, in generale, per l’accessibilità al centro storico della città formando un importante nodo per la stessa. In esso sono infatti collocati, oltre alla stazione centrale, le autostazioni del trasporto pubblico locale ed extraurbano e una vasta area dedicata a parcheggio pubblico. La presenza di spazi sottosviluppati e abbandonati a se stessi, rende gli immobili e le aree aperte qui site particolarmente appetibili per il tema dell’Abitare temporaneo. I numerosi edifici che interessano l’area della Stazione dei treni sono di molteplici caratteristiche: dal manufatto industriale più recente e costruito con tecniche moderne, a quello più riccamente denso di storia e, per tanto, riconducibile all’archeologia industriale. Unica nota che accomuna queste architetture con funzioni passate diverse è l’attesa di un riutilizzo: questi corpi fabbrica rimangono vuoti in attesa di un piano su vasta scala che sappia riutilizzarli sotto l’ottica di un investimento dal grande costo finanziario, o in alternativa, la demolizione per far posto a strutture contemporanee in un’ottica di massimizzazione dei volumi per ottenere il più alto beneficio economico possibile.



A causa della crisi in atto e dell’ormai accresciuta sensibilità della popolazione ai temi della conservazione e rivalorizzazione storica dei manufatti del passato, gli edifici rimangono in attesa di un sapiente e utile riutilizzo. In quest’ottica si apre la strada per un riutilizzo temporaneo delle aree e degli involucri della stazione ferroviaria. Gli edifici, dal forte carattere storico, sono anche di dimensioni notevoli e al loro interno hanno la capacità di poter ospitare le più innumerevoli funzioni. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di ex magazzini utilizzati in passato dalle Ferrovie dello Stato come depositi per i materiali, per lo stoccaggio di merci e per la pulizia e manutenzione dei mezzi di locomozione e delle carrozze passeggeri. Oggi questi magazzini, case cantoniere, uffici e rimesse, sono prevalentemente abbandonati o utilizzati in maniera sporadica dallo stesso gruppo RFI. Ad incrementare lo stato di degrado, nel quale versa l’intera zona, c’è anche un vasto parcheggio a pagamento per automobili di fronte alla stazione, che si estende in direzione ovest. Inutilizzato e sovradimensionato rappresenta appieno quella che è la situazione complessiva anche degli spazi esterni: abbandono. L’abitare temporaneo si inserisce in maniera naturale nel tentativo di recupero di questi spazi, sia all’interno degli edifici, sia negli spazi aperti all’esterno. Le potenzialità, cosi come i tipi di riusi, sono infinite. Si passa da un riutilizzo per fini culturali ed artistici ad una rivalorizzazione degli involucri edilizi per ospitare alloggi temporanei. Gli spazi aperti possono essere la sede per la creazione e localizzazione di importanti eventi collettivi, sociali, artistici e ricreativi per tutte le fasce d’età. La possibilità di collocare installazioni, più o meno temporanee, dà la possibilità di utilizzare gli spazi in maniera alternativa e innovativa restituendoli alla città. L’area della stazione ferroviaria si candida in questo modo a sede temporanea di un riutilizzo in attesa di una funzione definitiva e duratura nel tempo. Una rivalorizzazione temporanea in attesa della vocazione finale. Immaginare l’Abitare temporaneo applicato a Treviso, richiede necessariamente una visione degli spazi e degli ambienti, una sorta di proiezione futuribile su quello che sarà il riutilizzo dell’area della Stazione ferroviaria. Il progetto di Abitare temporaneo si pone, nell’area della Stazione ferroviaria di Treviso, come una possibile soluzione all’abbandono di edifici che possono ancora avere una significativa valenza per la cittadinanza. Gli spazi e gli ambienti che si formano assumono caratteri fortemente culturali ed artistici che delineano uno stile compositivo di amalgamazione di più parti: soggetti ed elementi diversi entrano in relazione tra loro creando nuove connessioni e nuovi spunti abitativi. Non solo eventi, arte e cultura organizzati da associazioni e dalla pubblica amministrazione ma sono i cittadini stessi che chiedono gli spazi e cercano di utilizzarli e valorizzarli apportando le proprie esperienze. Un insieme di conoscenze che danno forma al progetto e lo consolidano nel tempo e nel tessuto urbano, in una prospettiva di innovazione sociale e culturale che vuole arrivare a definire economie più semplici e funzionali basate sul riuso temporaneo degli spazi. Uno spazio abbandonato torna in questo modo a risorgere e a ad arricchirsi nuovamente di usi e di vita nell’attesa della futura e definitiva destinazione d’uso. L’Abitare temporaneo a Treviso si pone proprio questo obiettivo: porsi nel tempo di mezzo che intercorre tra il passato utilizzo ferroviario e la vocazione definitiva propensa ad un prossimo e futuro masterplan commerciale. Il lasso temporale che intercorre tra questi due momenti è il frutto di una vocazione temporanea ma anche di una forte richiesta da parte della collettività di nuovi spazi di vita.



“Riqualificazione edificio Direzione Generale - Ospedale di Padova” 2015 | Laboratorio di recupero sostenibile dell’esistente

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Edificio di progetto - Ex Uffici e direzione Nuovo Parco delle Mura Canale San Massimo Via dell’Ospedale - Via San Massimo Ospedale Giustinianeo Mura Cinquecentesche

Fotopiano con localizzazione dell’Ospedale di Padova e inserimento del masterplan di progetto.


Planivolumetrico di progetto.


Planimetria attacco a terra dell’edificio di progetto.


Pianta del Piano Primo con visualizzazione degli alloggi residenziali.


Concept accessibilità all’area di progetto

Concept permeabilità visiva sull’area.

Concept delle destinazioni d’uso.

Concept dei distributivi interni.


Il progetto si interroga sul significato e sul rapporto che hanno instaurato gli edifici storici con la necessità di riqualificazione e ri-ammodernamento che ha coinvolto il tessuto urbano storico della città di Padova. L’area progetto si colloca all’interno della zona ospedaliera universitaria di Padova e più specificatamente interviene sugli edifici che si occupano dell’amministrazione dell’Azienda Ospedaliera, affacciati su via S. Massimo. Attualmente l’area è interessata dalla presenza di una cortina edilizia parallela all’andamento di via S. Massimo e due corpi che si innestano perpendicolarmente. La struttura dell’edificato è stata rifatta in epoca più recente, vista la presenza di pilastri posizionati con passo regolare, mantenendo inalterata la facciata storica fronte strada. L’accesso all’area è permesso tramite via S. Massimo, che risulta a senso unico percorribile da est verso ovest. Lungo il lato sud è presente una strada di percorrenza interna, posizionata lungo il corso del canale S. Massimo, interrato negli anni ’50 del ‘900. Il progetto intende dare nuova vita ai palazzi storici prima descritti, trasformandoli in edifici residenziali, con spazi commerciali al piano terra. L’impianto dell’area viene regolarizzato, mantenendo un fronte costruito lungo la strada storica e intervenendo con volumi disposti perpendicolarmente a formare due corti interne distinte, ma unite dalla trama della pavimentazione e dal fatto che a dividerle ci sia un edificio vetrato di un solo piano. La struttura portante viene razionalizzata in modo che i pilatri risultino concordi alle campate disegnate dagli archi del porticato della facciata storica. Un ulteriore porticato viene aperto lungo i lati che si affacciano sulla corte interna, in modo da incrementare la percorribilità del piano terra. L’accessibilità all’area è garantita da percorsi pedonali che si sviluppano lungo il perimetro dell’edificio e mettono in relazione gli spazi pubblici con la piazza interna. I percorsi carrabili si estendono nel piano interrato garantendo la disponibilità di parcheggi ai quali si accede tramite una rampa. La zona residenziale si estende al primo e al secondo piano e risulta appetibile per diverse tipologie di abitanti, vista la presenza di appartamenti di diverse grandezze. L’attuale strada di percorrenza interna sul lato sud viene eliminata per lasciare spazio al canale S. Massimo che sarà riaperto. A tal proposito si ipotizza un parco che si sviluppa al di là del fiume percorrendo gli spazi verdi vicini alle mura cinquecentesche. La testa dell’edificio che guarda al fiume e al parco è stata trattata come un volume a se stante essendo completamente vetrata, quasi a significare il proprio protendersi verso il parco e il fiume vicini.

In basso, prospetto del lato sud della nuova risistemazione dell’area e dell’ex edificio dell’amministrazione ospedaliera. Nella pagina a lato, vista dell’intero complesso con focalizzazione sui fronti a sud e collegamento con il nuovo parco urbano previsto nel masterplan generale degli interventi sulle aree oggetto di studio dell’Ospedale di Padova.



“HUB Gorizia. Una nuova porta per la città” 2014 | Progettazione Architettonica e Urbana

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Edifici di progetto Percorso bus Percorso ciclabile Ferrovia Via Restello

Concept urbano con localizzazione dell’area di intervento a Gorizia.


Masterplan di progetto.


Planimetria dell’attacco a terra degli edifici di progetto.

Sezione territoriale sull’area.


Pianta Piano Primo.

Sezione dell’edificio.


Vista passaggi esterni.

Vista verso il tunnel.

Vista a volo d’uccello sull’area oggetto di intervento.


L’HUB Gorizia è un sistema di sviluppo socio-economico che vede come centrale il ruolo e i valori dell’industria turistica. La finalità ultima del sistema è quella di far coincidere territorio e destinazione turistica attraverso lo sviluppo e l’attivo coinvolgimento degli soggetti economici, sociali, politici e dei cittadini attivi nel territorio circostante. La città di Gorizia dovrà essere pensata in chiave turistica con l’intento di renderla il più possibile differenziata, facilmente riconoscibile e il più possibile “unica” rispetto alle città concorrenti. Con il sistema HUB, l’industria turistica diviene un rivoluzionario strumento di creazione di ricchezza, perché non soltanto promuove i classici prodotti turistici, ma inserisce in un circuito turistico anche soggetti lontani da tale industria, creando una cultura dell’ospitalità diffusa. Proprio queste attività industriali, commerciali, istituzionali e sociali, potranno a loro volta proporsi come prodotti turistici, senza rinunciare alle loro funzioni primarie, vedendo aumentare la loro visibilità e arricchendosi di un guadagno aggiuntivo, oltre a quello proveniente dal “core business”. Si viene così a creare un territorio di qualità, che faccia da volano ai soggetti non turistici. La rivoluzione insita nel modello di HUB, oltre a dare un notevole vantaggio economico, ha un progetto politico di fondo: quello di creare un territorio che possa coniugare le esigenze di qualità di vita dei cittadini e accolga, allo stesso tempo, i bisogni, i desideri e i sogni dei visitatori. L’ HUB Gorizia è pensato per essere quindi, il più pratico e funzionale possibile, concentra su di esso i vari flussi di entrata, sia pubblico che privato, e punta ad ottimizzare i tempi e le fasi di primo approccio alla città. Nell’ HUB Gorizia sono presenti tutti i servizi principali per accogliere e informare i visitatori sulle peculiarità e sui luoghi caratteristici della città. Il centro si presenta come un agglomerato di funzioni sia di tipo turistico che commercia- le; sono inoltre presenti dei laboratori dove poter analizzare i punti di forza e le caratteristiche da mettere in luce della città cercando di creare nuovi eventi e situazioni di forte attrazione turistico-commerciale. In questo modo l’HUB diventa una rete di collaborazione giovanile che da forza e impulso alla valorizzazione delle risorse locali e del territorio, luogo di tradizioni e potenziale attrattore di nuovi flussi turistici. Il complesso costituisce un laboratorio di orientamento, conoscenza, approfondimento e sperimentazione di risorse itinerari turistici del territorio che può anche coinvolgere i Comuni limitrofi con i loro nume- rosi giovani. Per poter funzionare l’HUB Gorizia necessita di alcune peculiari caratteristiche quali dei servizi di info point, spazi adibiti all’utilizzo dei tour operator, sistemi di bike sharing. L’HUB viene definito quasi come un terminal raggiungibile tramite il complesso sistema di servizi bus al quale viene destinata tutta l’area del fronte principale; tettoie e passaggi coperti garantiscono il passaggio delle persone e la loro sosta in attesa dei vari sistemi di spostamento. L’intero complesso è pensato come un edificio multipiano con più funzioni; ai piani superiori sono situati gli alloggi per gli studenti, le residenze con superfici diverse in base al numero di occupanti e un bed&breakfast come servizio ausiliario ai viaggiatori. Il piano interrato è costituito da un corposo numero di parcheggi per auto e box privati per fronteggiare alle esigenze sia dei cittadini che dei turisti che vogliano arrivare a visitare Gorizia con il proprio autoveicolo.

Dettaglio costruttivo dell’involucro edilizio.

Le piste ciclabili e i percorsi pedonali sono studiati per garantire itinerari all’interno del centro che possano condurre direttamente a luoghi di interesse. Tutto questo complesso sistema denominato HUB Gorizia garantisce un nuovo marketing management per le destinazioni turistiche, una diversa via di sviluppo del territorio, tra economia, politica e società.


“La più bella porta aperta sull’Italia” cit. Max Clinger


“Progetto per il recupero di forte E. Cosenz e la rivalorizzazione dei luoghi” 2014 | Disegno per la sostenibilità

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Legenda:

6.

Percorsi ciclo-pedonali di progetto Percorsi ciclo-pedonali esistenti Ripristino del fossato Forte Cosenz

Area di sosta panoramica (di progetto)

Area di sosta (di progetto)

Masterplan di progetto dell’area del Bosco di Mestre.


In alto, Planimetria di progetto del parco attrezzato “Playground”.

Sotto, sezioni dell’area Playground.

Sezione AA

Sezione BB

Sezione CC


Pianta area di sosta di progetto.

Sezione AA.

Sezione BB.

Alternative Punti di vista. In alto, ideazione del punto di osservazione ed informazioni per il parco di Mestre; a sinistra, dettaglio costruttivo del punto di vista.


Per consentire una nuova fruizione collettiva a scopo ricreativo e didatticoculturale, il progetto prevede la realizzazione di nuovi percorsi e punti informativi in grado di collegare l’attuale bosco di Mestre a forte E. Cosenz. L’intervento sviluppandosi su un’area da salvaguardare a livello ambientale, richiede accorgimenti atti a preservare i caratteri del luogo attraverso l’utilizzo di materiali che rispettino i punti fondamentali della sostenibilità. I percorsi e le eventuali strutture temporanee sono pensate per diventare un nuovo polo attrattivo per l’area anche attraverso il recupero dei manufatti edilizi già presenti in loco.

Vista all’interno del Bosco di Mestre di un punto di sosta alternativo.

Il progetto è pensato come la continuazione dei percorsi esistenti, il completamento degli stessi con nuovi tracciati e l’aggiunta di punti di sosta in luoghi chiave all’interno del bosco fino ad arrivare al luogo chiave dell’area che è proprio forte Cosenz. A pochi passi da esso viene introdotto il cosiddetto “playground”, una zona a scopo ricreativo e di attrazione per un pubblico più giovane, ma anche di relax per tutti i fruitori del parco. All’interno del territorio Veneziano, il bosco di Mestre riveste un ruolo molto importante per la sua ampiezza (circa 200 ettari) e per la sua varietà di specie floreali e faunistiche. Per questo motivo, per il progetto di riqualificazione dei luoghi circostanti il forte, è stato realizzato uno studio preliminare sulle essenze arboree esistenti al fine di poter identificare le specie tipiche da dover piantumare. Si è cercato di stilare un elenco il più dettagliato possibile in modo da individuare in maniera semplice ma efficace le alberature più adatte ad affiancare i manufatti che si andranno a collocare lungo i percorsi o nelle aree attrezzate. Il progetto per la rivalorizzazione del forte comprende la realizzazione di una serie di allestimenti lungo i percorsi del parco che sono definiti “punti di sosta” e che cercano di assumere la valenza di centri d’interpretazione dei luoghi.

Vista del punto di osservazioni nel prato.

Le aree di sosta si configurano come landmark territoriali che scandiscono e misurano i percorsi pedonali e ciclabili andando a inserirsi e integrarsi perfettamente al paesaggio nel quale si trovano. Gli allestimenti sono dislocati in punti chiave del parco e ciascuno di questi offre una vista unica su un determinato soggetto. Ogni punto di sosta è attrezzato con una seduta per il riposo dei visitatori, dei portabicicletta integrati nella pavimentazione ed un pannello espositivo che fornisce una serie di informazioni sul luogo e su cosa nel dettaglio si sta osservando da quel particolare punto panoramico. La vista sul paesaggio è determinata dalla serie di pali in legno posti nella parte posteriore della piazzola che determinano l’inquadramento visivo e garantiscono un adeguato riparo dal sole. All’interno del parco mancano degli spazi ricreativi o di divertimento per i più piccoli e per le famiglie e per questo motivo il progetto di recupero delle aree circostanti il forte ha integrato un’area denominata “playground”. Questo spazio è dedicato al relax e allo svolgimento di alcune attività ricreative e trova come punto di supporto la casa matta del forte pensata come luogo di collocazione dei servizi igienici, impiantistici e strategici per la realizzazione di eventi nel parco. Il playground è suddiviso in diversi spazi attrezzati in modo da diversificare l’offerta per gli utenti, vi sono collocati uno skate-park, giochi in legno, area picnic e uno spazio per i giochi di squadra. Tutti i materiali impiegati nella realizzazione dell’impianto sono di facile reperimento e smaltimento (le rampe dello skate-park sono realizzate in legno.

Vista del punto di sosta lungo un percorso ciclabile.

Questo cosiddetto “parco nel parco” va a colmare alcune lacune del bosco di Mestre che non aveva considerato la realizzazione di un luogo di svago che fosse adatto a tutti, in particolare ai più piccoli, ma che allo stesso tempo sapesse integrarsi e rendersi indispensabile come centro di servizi.


Vista a volo d’uccello dell’intera area del Forte E. Cosenz con localizzazione del nuovo “Playground”.


“Centro Studi sul Montello. Presa n°5” 2013 | Progettazione Architettonica e Urbana

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Planivolumetrico generale dell’intera area di progetto sul Montello (Presa n°5).


Planimetria generale dell’attacco a terra e dei collegamenti tra gli edifici di progetto.


Visioni esterne sulle aree di progetto oggetto di studio ed intervento.


Pianta Piano Primo ed. Laboratori.

Pianta Piano Terra ed. Laboratori.

Pianta Piano Interrato ed. Laboratori.


Prospetto Est ed. Laboratori.

Prospetto Ovest ed. Laboratori.

Prospetto Sud ed. Laboratori.

Prospetto Nord ed. Laboratori.

Sezione AA ed. Laboratori.

Sezione BB ed. Laboratori.

Sezione CC ed. Laboratori.


Pianta Piano Primo ed. Polifunzionale.

Pianta Piano Terra ed. Polifunzionale.


Prospetto Est ed. Polifunzionale.

Prospetto Ovest ed. Polifunzionale.

Prospetto Sud ed. Polifunzionale.

Prospetto Nord ed. Polifunzionale.

Sezione AA ed. Polifunzionale.

Sezione BB ed. Polifunzionale.


Visioni interne agli edifici di progetto - Ed. Laboratori, ed. Polifunzionale, ed. Alloggi.


Questa parte del territorio compresa fra Crocetta del Montello e Nervesa della Battaglia è caratterizzata da un’urbanizzazione dispersa di recente realizzazione che ha in buona parte sovrascritto gli ultimi segni riconoscibili sul terreno della Grande Guerra. Con questo progetto si è cercato di recuperare e valorizzare le tracce del tempo e degli elementi caratteristici della guerra, cercando un filo conduttore tra la memoria e il presente. Obiettivo dell’intervento è quindi la rivalutazione del territorio sia dal punto di vista turistico che scientifico, con la realizzazione di un “Centro studi e ricerche per il Piave”, il quale sappia integrarsi nell’ambiente sfruttando gli elementi presenti sul territorio e integrandoli nel proprio sviluppo.

Edificio informazioni contenente: punto informazioni e sala espositiva; Edificio di residenze per alcuni occupanti il centro studi. I quattro edifici si differenziano tra di loro proprio a causa delle funzioni contenute al loro interno, arrivando a sembrare esteticamente diversi.

Il progetto si pone come scopo la creazione di un centro polifunzionale raggruppato, per creare l’atmosfera di un “campus” che sarà composto da quattro edifici, ognuno dei quali racchiude in se specifiche funzioni richieste dal centro studi. I quattro “punti progettuali” individuati sono posti in comunicazione fra loro per mezzo di un percorso continuo che si sviluppa su tutta l’area d’intervento, continuando il suo tracciato anche all’interno degli edifici stessi e diventando così elemento di distribuzione verticale interna. Il percorso inoltre permette di collegare l’intervento progettuale con i punti di interesse paesaggistico individuati sul territorio, come il fiume Piave con le sue viste, le Volpere, le grotte esplorabili e le fortificazioni belliche.

Il complesso è messo in relazione con gli elementi del luogo da spazi aperti e percorsi pavimentati o stabilizzati definiti da bassi muretti in pietra che impartiscono le direzioni sia di camminamento che di vista. Questo sistema di collegamento avvolge l’intera area rapportando gli edifici con il tessuto degli spazi caratteristici del Montello. Il centro studi pensato come campus ha al suo interno tutte le funzioni essenziali e necessarie per lo svolgimento delle attività, lavorative e non, concentrate attorno ad un unico grande centro costituito da uno spazio verde liberamente calpestabile. Il campus è quindi allo stesso tempo un luogo di lavoro, di studio e di vita con una direzione panoramica predominante.

Questi siti, per non intaccare eccessivamente l’ambiente circostante, sono accessibili tramite un tracciato che scende fino al fiume realizzato in materiali naturali e drenanti al fine di garantire un terreno altamente permeabile. L’intero sistema di percorsi trova il suo punto di partenza in un piccolo edificio che ospita una sala espositiva, utile per illustrare ai visitatori la storia passata con i suoi segni, visibili e non, e il paesaggio che la rampa stessa permette di incontrare lungo l’itinerario. I percorsi sono individuati tramite dei segni materializzati sul terreno, cioè attraverso dei muretti in pietra di modesta altezza che segnano le direzioni e consentono di condurre il visitatore, in modo molto spontaneo, all’interno di ciascun edificio di progetto. Il centro studi e ricerche sul Piave è un complesso di edifici articolato che si sviluppa attorno ad uno spazio verde centrale. Gli edifici assumono quindi una disposizione raggruppata attorno a quest’area verde, che consente la creazione di una sorta di “campus”, in modo tale da relazionarsi tra di loro mantenendo una breve distanza l’uno dall’altro. Nella loro disposizione planimetrica si è tenuto conto della migliore “direzione di vista” che consiste nel ricercare una veduta panoramica suggestiva verso il fiume Piave e verso altri elementi caratteristici del paesaggio. I quattro corpi di fabbrica ideati, assumono dimensioni e forme dettate dalle varie attività e funzioni che sono destinate a svolgersi al loro interno, nonché dal sistema di percorsi che li lega tra di loro creando un unico grande complesso. Le necessità progettuali sono quelle di fornire spazi abitativi e servizi ad un numero di circa 30 persone, presumibilmente studiosi e ricercatori; dei luoghi di lavoro quali laboratori per ricerche dedicate con spazi di supporto (mensa, servizi igienici, sala conferenze e sala proiezioni); degli ambienti di studio con biblioteca e sala lettura; dei luoghi di svago quali piscina, palestra e bar. Inoltre il complesso deve poter accogliere anche le persone che vi giungono per visitare i luoghi della Grande Guerra. Nel dettaglio i quattro edifici di progetto sono riassumibili in: Edificio polifunzionale contenente: ristorante, bar, piscina, palestra, uffici, auditorium, sala proiezioni; Edificio laboratori contenente: biblioteca, sala lettura, laboratori di ricerca e studio;

Nonostante ciò vi sono alcuni elementi di congiunzione che mantengono il progetto unitario: la rete di percorsi che collega sino all’interno di ciascun fabbricato, il sistema costruttivo che consiste in setti portanti orientati in un’unica direzione che riprendono l’idea dei segni sul territorio (in prosecuzione dei percorsi), con i tamponamenti e le vetrate poste trasversalmente ad essi.

Nel dettaglio l’edificio multifunzionale ha altezza massima di n°3 piani (circa 12 metri fuori terra) e risulta scandito da dei setti paralleli che ne individuano i percorsi interni. I laboratori sono invece leggermente più bassi (n°2 piani) ma sono caratterizzati al primo piano da una serie di volumi irregolari con forma e di direzione diversa l’uno dall’altro in modo da garantire un’ illuminazione che varia in base al momento della giornata e alla funzione ospitata. L’edificio residenziale è costituito invece da una semplice serie di corpi vetrati che consentono dagli alloggi una vista completa di tutto il campus e dell’area verde. L’edificio informazioni comprende invece il percorso che porta al letto del fiume e che è costituito da una rampa scavata nella sponda quasi come fosse una sorta di stretta trincea con dei punti di respiro che si aprono all’improvviso creando delle vedute spaziali e panoramiche sul Piave. Tutti gli edifici sono realizzati in calcestruzzo per le parti strutturali, i tamponamenti sono invece in laterizio e le parti strutturali in vetro sono costituite da curtain-wall. Il rivestimento principale delle facciate degli edifici è realizzato ad intonaco bianco; per i muretti sul terreno si è scelto l’utilizzo della pietra naturale. Elemento caratteristico che si distingue per il materiale utilizzato è l’auditorium: rivestito in acciaio corten si innalza pesante e irregolare dominando tutto il campus ad indicare un tempo, una memoria che si sta rovinando e consumando. E’ il tempo della Grande Guerra che si sta perdendo e deteriorando ma che il progetto cerca di conservare e mantenere vivo nella storia dei luoghi.



Sopra, sezione prospettica edificio Polifunzionale.

Sotto, sezione prospettica edificio Laboratori.


“La nuova porta della Laguna Nord. Passo Campalto� 2012 | Workshop W.A.V.E. 2012 with Prof. Arch. Mauro Bertagnin

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Vista a volo d’uccello sull’area di intervento; da Passocampalto verso Venezia.



Vista panoramica con fotoinserimento dei prototipi di torretta di osservazione

Sezione territoriale tipo dell’area barenale con inserimento del progetto.

Planimetria dell’area barenale con inserimento del progetto.


Pianta.

Prospetto Sud.

Sezione AA.

Prospetto Ovest.

Sezione BB.

Prospetto Est. Pianta, prospetti e sezioni della Torretta di Terra.


Passo Campalto è una delle tre vie d’acqua che congiungono la terraferma alla laguna (con Tessera, Canal Salso-punta San Giuliano) ed è l’unico punto della gronda lagunare lungo il quale la città di terraferma ha mantenuto un affaccio sulla laguna. Questo lembo di terra proteso nella laguna è attualmente occupato da impianti tecnologici (antenne radio televisive), da un cantiere per yacht e da una darsena per piccole imbarcazioni. La variante per l’area significativa di Campalto e il PAT (Piano di Assetto del Territorio) promuovono una riqualificazione paesaggistica e ambientale attraverso una riconversione funzionale di questa parte di territorio della gronda lagunare. L’obiettivo è quello di creare una nuova porta d’accesso al “Parco della Laguna Nord” valorizzando la relazione tra terra e acqua permettendo la fruizione di aree oggi attualmente intercluse da impianti tecnologici e attività produttive. Input progettuali Ridisegno della testata d’acqua e degli affacci sulla darsena e verso la laguna; valorizzazione dei percorsi ciclo-pedonali lungo la gronda lagunare che lambiscono l’ambito di intervento. Risultati La valorizzazione paesaggistica e ambientale di questa particolare pendice di terraferma dove il confine tra terra e acqua è l’elemento maggiormente caratterizzante del luogo. Sinergie /proprietà/ soggetto attuatore /dimensioni Sinergie: Parco della Laguna Nord. Proprietà: pubblico/privato. Soggetto attuatore: pubblico/privato. Dimensioni: 103.390 mq. Il parco della laguna nord Con Delibera n. 99 del 8/9 luglio 2003 “Approvazione dell’Istituzione Parco della Laguna e del suo Regolamento”, il Consiglio Comunale di Venezia ha approvato la costituzione dell’Istituzione “Parco della Laguna” il cui scopo è la tutela e la valorizzazione ambientale e socioeconomica della Laguna Nord di Venezia, sulla quale l’Amministrazione Comunale intende istituire un Parco di “interesse locale”, ai sensi della L.R. 40/1984. Compito principale dell’Istituzione “Parco della Laguna” è la valorizzazione ambientale e socioeconomica dell’area della Laguna Nord, attraverso la definizione e la promozione di usi compatibili con la salvaguardia delle valenze naturalistiche, archeologiche, storiche e culturali dei luoghi. Inoltre l’Istituzione ha il compito di definire un piano di utilizzo dei beni di proprietà o nella disponibilità dell’Amministrazione Comunale – collocati nell’area del Parco – e di promuovere attività e servizi che permettano utilizzi economicamente sostenibili dei beni ricevuti in consegna, attivando investimenti privati tesi a favorire l’integrazione con le economie e gli operatori locali, anche al fine di creare nuove opportunità di lavoro. Infine, ma non ultimo, l’Istituzione deve promuovere e diffondere conoscenze ed informazioni relative al territorio della Laguna Nord anche attraverso il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle comunità locali, sia in fase di progettazione che di gestione delle iniziative, al fine di rafforzare consapevolezza, identità e responsabilità delle stesse.

A sinistra, dettaglio costruttivo del palo in cortain con aggancio alla parte visitabile della torretta.


Il territorio Barenale Passo Campalto si offre come la sola superficie barenale facilmente raggiungibile senza l’utilizzo di mezzi nautici; per la loro origine sono largamente caratterizzate da suoli compatti, il che ne rende più semplici la percorribilità e la possibilità di realizzarvi percorsi poco impattanti rendendole particolarmente idonee ad una fruizione pianificata; rappresentano una particolare tipologia di barene, originata su suoli continentali, conservando segni dell’antico ambiente agrario che aggiunge un peculiare valore storico testimoniale ai significati naturali, paesaggistici e funzionali. Anche la persona più distratta, decollando dall’aeroporto Marco Polo, resta affascinata dallo scenario che appare guardando dal finestrino: Un arabesco di canali sinuosi via via ramificati, intersecati tra superfici piane costellate di specchi acquei che raggiungono in lontananza Burano e Torcello per proseguire oltre sfumandosi nella foschia. E le barene sono anche l’elemento che si impone alla vista di chi penetra in barca nei canali della Laguna Nord, in un paesaggio orizzontale e silenzioso che incornicia il passaggio tra le acque e il cielo. Da considerarsi parte del fondale marino soggette a continue immersioni e emersioni. Barena di Campalto di tipo “margine lagunare” Caratterizzata da relativa bassa velocità di erosione. Date le elevate capacità conservative gli interventi in questa area barenale non presentano quel carattere di emergenza che caratterizza altre aree; devono essere semplicemente orientati al mantenimento, al restauro ambientale e, nei punti in cui ciò è necessario, all’isolamento e alle compensazioni nelle aree inquinate o eccessivamente disturbate, senza aggiunte di ulteriori fattori di anomalia. Funzioni delle barene: la protezione delle superfici emerse e delle sponde dei canali; l’orientamento e la dissipazione delle energie delle correnti; la cattura dei sedimenti; la fitodepurazione delle acque; l’interscambio tra aree a diverse salinità, temperature e densità.

Il sito: preesistenze e architettura del luoghi Esiste una precisa struttura ambientale che caratterizza il paesaggio dell’area di intervento che è costituita dal sistema delle barene. Sulla valorizzazione di tale sistema unico in termini ecologico-ambientali dovrebbe riflettere il progetto, prospettando soluzioni diverse di valorizzazione in grado di far emergere, in una prospettiva di minimo impatto volumetrico e di massima integrazione ambientale, l’unicità di tale complesso sistema che costituisce per la sua rarità e raffinatezza il contraltare “naturale” della “creazione artificiale” costituita dall’architettura di Venezia che affaccia sulla gronda lagunare. Le strutture fondamentali che definiscono il luogo sono in primo luogo elementi naturali come le barene e la rete di argini in pietra del porto-canale, gli argini in terra rialzati del canale Osellino e alcuni pontili della darsena che si estende nella laguna. Alcuni semplici edifici tradizionali locali, come la casa in testa al canale, con alcuni modesti capannoni di un piccolo cantiere nautico (in area destinata a Verde urbano attrezzato) unitamente ad alcune vecchie casette, costituiscono l’armatura delle preesistenze costruite che dovranno essere oggetto di una ridefinizione in rapporto alla nuova strutturazione del luogo. Si segnala inoltre la presenza delle grandi antenne Rai (decisamente fuori scala), insediate in area destinata a Verde urbano attrezzato. L’approccio unificante dei diversi progetti previsti nel quadro del workshop è quello di “prendersi cura” molto concretamente del luogo, per riqualificarlo con interventi realmente “fattibili”, di modesta entità e alcuni anche dal carattere temporaneo, con uso di materiali appropriati e sostenibili come legno, terra cruda, ferro e in alcuni casi anche riciclati (cfr. p.e. Rural Studio, Keré, Rick Joy, Piano, etc).

Visioni foto-realistiche della torretta di osservazione con inserimento dello spazio barenale e vista sulla laguna di Venezia.

Il progetto complessivo proposto dal workshop è perciò improntato a una ridefinizione complessiva del luogo attraverso un esteso intervento di modellazione del suolo. In una prospettiva di sostenibilità economica oltre che ambientale tutti gli interventi


previsti sono improntati a un minimalismo programmatico connesso anche alla effettiva praticabilità delle soluzioni progettuali proposte, con speciale riguardo alla emergenza che caratterizza l’attuale situazione economica a livello europeo e locale. Inoltre l’approccio energeticamente consapevole caratterizza l’intero intervento con la ricerca di soluzioni diversificate di risparmio energetico-captazione-produzione di energia, in modo da concorrere in modo palese alla minimizzazione dei costi di gestione dei singoli interventi puntuali–edifici previsti. In tale prospettiva solo in piccola parte andranno previsti movimenti di terra e andranno in gran parte impiegati materiali sostenibili come legno e terra, con eventuali strutture miste acciaio-legno e nuove eventuali pavimentazioni degli spazi aperti in legno o terra stabilizzata. E’ anche ipotizzabile l’impiego di componenti e materiali di scarto provenienti da demolizioni o da down-cycling. Passo Campalto dovrebbe inoltre anche essere riqualificato puntando a costituire un luogo possibilmente accogliente, dove stare ed incontrarsi, per la popolazione del vicino centro urbano di Campalto e per il complesso popolare del Villaggio Laguna, entrambi piuttosto privi di qualità urbane. L’effetto degli interventi dovrebbe inoltre tendere alla riqualificazione del luogo senza stravolgerne la natura con un approccio improntato piuttosto all’understatement che alla sovraesposizione plastica e volumetrico-formale che informa molti interventi contemporanei, quasi come se si intervenisse in un’area archeologica. Inoltre le diverse strutture progettate, anche se minime e puntuali, dovrebbero configurarsi come elementi collegati tra loro, rendendo leggibile una continuità funzionale tra le varie parti del sistema ipotizzato. Tale continuità dovrebbe estendersi dall’edificio al parcheggio di progetto al di là dell’Osellino (tettoie come spalti per occultarlo), attraverso il nuovo ponte pedonale di progetto, che potrebbe raggiungere il porto canale come un apparente movimento continuo del suolo, quindi in parte con una sezione da piazza più che da ponte, per scendere all’angolo di conclusione del porto canale, ad inglobare la casa pre-esistente e lasciandosi scavare dalla corte del centro visitatori del Parco. Inoltre le passerelle e i pontili dei percorsi sopra l’argine dell’Osellino, che entrano nelle barene o che ridefiniscono la darsena, dovrebbero essere appendici e/o lunghi prolungamenti in legno della stessa grande operazione di modellazione del suolo promossa dal progetto. Il progetto di ricucitura tra Forte Bazzera e il paese di Campalto prevede la realizzazione di un percorso ciclo-pedonale sulla sponda del fiume Osellino verso la Laguna. Il tracciato sarà realizzato in terra stabilizzata e lungo il quale si distribuiranno delle aree di sosta attrezzate di piccole dimensioni. Per l’area dell’ex tiro a volo si prevede un riutilizzo come grande area di sosta attrezzata dei servizi essenziali. Sul territorio barenale si prevede la realizzazione di otto elementi puntuali in forma di torrette per l’osservazione della fauna e del paesaggio particolare del luogo. Queste saranno realizzate cercando di causare il minor impatto ambientale e visivo possibile. Alcune di esse saranno raggiungibili via terra dal percorso ciclo-pedonale, tramite passerelle in legno su pali, mentre altre poste al termine delle barene, saranno raggiungibili via mare tramite delle piccole imbarcazioni. Questi elementi puntuali oltre a favorire viste dell’ambiente da posizioni inusuali, si pongono come elementi di scansione e ritmo del territorio barenale da valorizzare.

Foto del plastico di progetto selezionato ed esposto alla biennale di architettura di Venezia del 2012.


LUCA SILVESTRIN A COLLECTION OF CREATIVE WORKS 2012 | 2016

Contatti +39 347 3834728 luca.silvestrin@gmail.com Social & Media https://it.linkedin.com/in/lucasilvestrin http://www.archilovers.com/luca-silvestrin90/ http://facebook.com/luca.silvestrin90 https://www.instagram.com/lucos90/ Pubblicazioni https://issuu.com/lucasilvestrin

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“Nessun settore della vita è tanto esiguo e insignificante da non offrire spazio alle aspirazioni artistiche.” Gustav Klimt


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