Interaction Design / un Processo Creativo

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CAP 01 • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO


LUIGI FRETTOLOSO


Ho consegnato questo documento per l’appello d’esame del 17 febbraio 2012 del corso di “Teorie dell’interazione”, tenuto da “Gillian Crampton Smith” con “Philip Tabor” alla facoltà di “Design e Arti”, Università Iuav di Venezia. Per tutte le sequenze di parole che ho copiato da altri fonti, ho: a) riprodotto in corsivo, o messo virgolette di citazione al loro inizio e fine, inoltre b) indicato, per ogni sequenza, il numero della pagina o lo URL del sito web della fonte originale. Per tutte le immagine che ho copiato da altri fonti, ho indicato: a) l’autore e/o proprietario, inoltre b) il numero della pagina o lo URL del sito web della fonte originale. Dichiaro che tutte le altre sequenze e immagini di questo documento sono state scritte o create esclusivamente da me.

Luigi Frettoloso

IUAV / fDA / clasVEM / a.a. 2012\2013 Booklet realizzato per il corso di Interaction Design Theory 1 Docente Gillian Crampton Smith Philip Tabor Progetto grafico e impaginazione Luigi Frettoloso Questo libro è stato composto in Berthold Akzidenz Grotesk su Macintosh, nei pesi Super, Bold, Italic, Regular e Light

L’interno è stato stampato su carta patinata opaca da gr 90 La copertina è stata stampata su cartoncino usomano da gr 350

Rilegatatura a brossura a filo refe Tipografia digitale Clony 1a edizione: Gennaio 2013




INDICE

INTRODUZIONE · [PAG\9]

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L’UTE NTE AL CE NTR O D E L PR OCE S S O CR EATIVO INTERVISTA A QUALCUNO CHE CONOSCI · [PAG\12]

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I L QU OTI D IAN O CI COM U N I CA HUNT AFFORDANCES AND MAPPINGS · [PAG\30]

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D E FI N I R E I L PR OG ETTO D E F I N I R E U N O P PO RTU N ITÀ D I P R O G ETTAZ I O N E · [PAG\18]

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PR OG ETTAR E F OR N E N D O U N B U ON M OD E LLO CON CETUALE MIGLIORARE IL MODELLO CONCETTUALE · [PAG\36]

3

U N I D EA PE R COM U N I CAR E PROGETTA UNA METAFORA PER IL SISTEMA MONETARIO · [PAG\24]

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TRAS F OR MAR E I L PR OCE S S O CR EATIVO I N U N S I STE MA CR EATIVO R AP P R ES E NTA U N S E RVI Z I O VAPO R ETTO · [PAG\42]

CON CLU S I ON I · [PAG\49]

F ONTI · [PAG\53]


CAP 01 • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO


Introduzione

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INTRODUZIONE • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO


Questo lavoro vuole aprire una finestra sulle complesse tematiche legata alla disciplina dell’interaction design. Una disciplina che ha come scopo principale quello di dar vita a metodi per una corretta progettazione, agevolando il rapporto tra utente finale e le cose con cui comunichiamo constantemente. L’interaction design è una disciplina molto ampia, nella quale sono racchiuse numerose aree tematiche, le quali toccano la sfera del linguaggio, dell’informatica, della psicologia, della sociologia, e fondamentalmente quella della comunicazione. Oggigiorno siamo sommersi di strumenti e di cose che voglio comunicare con noi, e le quali vogliono che noi comunichiamo con loro. Per questo, progettare seguendo un giusto metodo o processo creativo rende queste connessioni e la comunicazione molto più semplice e veloce. Suggerire il modo giusto di comunicare, rende l’utente finale consapevole dell’uso corretto. Tutto ciò è alla base di ogni progetto di interaction design. Questo lavoro è stato strutturato concentrando l’attenzione rispetto un macro aspetto dell’interaction design, osservando il metodo, il processo creativo che ha come suo inizio quello di osservare e capire l’universo che circonda l’utente per poi arrivare nelle fasi dove si propongono soluzioni che non siano soltanto innovative a determinati problemi, ma che si basino sul: «Designing The Right Thing,

Designing The Thing Right».1

1. Citazione tratta dalla lezioni frontali tenute da “Gillian Crampton Smith” con “Philip Tabor” nel corso di “Interaction Design Theory 1”.

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L’UTENTE AL CENTRO DEL PROCESSO CREATIVO INTERVISTA A QUALCUNO CHE CONOSCI

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Definire un progetto e iniziare le fasi della progettazione è qualcosa che spaventa sempre i designer. Per iniziare il processo creativo generalmente i progettisti si soffermano sul definire una problematica relativa a cosa non funziona in modo generico o nel particolare cosa non funziona per uno specifico utente; in altri casi i progettisti cercano di focalizzarsi su cosa non sia stato ancora progettato. Cercare di definire un problema è una fase del processo creativo molto importante, la quale può essere affrontata attraverso tipologie di strade diverse. Purtroppo il designer non è una figura «onnisciente e onniveggente»1, e per realizzare un buon progetto ha bisogno di questi supporti. Intervistare gli stakeholder ottenendo informazioni importanti dagli utenti è una di quelle strade che il designer può scegliere ai fini di individuare una giusta tematica e quindi di realizzare un buon progetto. Questa è una attività in grado di fornire al progettista numerosi input, ma cosa più importante, si riesce ad evidenziare al designer differenti punti di vista che magari lui non aveva considerato. Questa diventa anche l’opportunità di relazionarsi con gli utenti i quali sono i nostri utilizzatori finali. Attraverso queste interviste il designer non apprende soltanto quelle che sono le problematiche rispetto alle esigenze degli stakeholders, ma spesso può essere un interessante momento in cui i ruoli si invertono e l’utente suggerisce delle probabili soluzioni. Questo perché «Gli utenti lo sanno meglio»2, conoscono quali sono i loro bisogni reali, o preferenze. Partendo da questi presupposti e da questi input si possono utilizzare differenti approcci al design. Uno di questi è quello di porre: “L’utente al centro del processo creativo”. E’ una tipologia di approccio molto difficile da affrontare da parte del progettista, in quanto il designer in questo contesto ha lo scopo di tradurre gli obiettivi e bisogni altrui, quindi dell’utente. Sta poi sempre al designer scoprire nello specifico cosa è importante, quali siano le scelte giuste per poi definire ed evolvere il progetto nel migliore dei modi. Tutto ciò tenendo sempre presente la figura dell’utente, e cercando di tenere lontani tutti gli elementi intrinseci della per1. D. Saffer, Design dell’interazione, Pearson Education, Milano 2007, p. 26. 2. D. Saffer, op. cit., p. 31,

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sonalità del singolo progettista chiamato in causa, come “Esperienza e Pregiudizi”, che posso entrare in conflitto con la fase della progettazione. Un fattore molto importante da considerare nella struttura di questa fase del processo creativo è che affidarsi prevalentemente sulle intuizioni che emergono delle interviste agli stakeholrder, potrebbe indirizzarci su una cattiva strada o farci realizzare progetti troppo mirati. Questo perché molto spesso le autovalutazioni che vengono determinate dagli utenti non sono sempre lo specchio di una loro reale esigenza. Molto spesso anche nella esaminazione di aspetti della “Psicologia Cognitiva” o della stessa “Psicologia”, dove si chiede all’ esaminato una valutazione di determinati aspetti, è emerso che talvolta ci sono fattori esterni che possono influenzare i nostri ragionamenti e quindi le nostre valutazioni. Questo è un chiaro esempio dove le grandi competenze del designer devono emergere per fare una propria interpretazione della intervista, non solo di quello di cui si è detto, ma anche di quelli che sono stati i modi ed gli atteggiamenti del o degli intervistati.


Qui sopra ho riportato la sintesi di un profilo di un possibile “utente”, che è maturata dopo il colloqui, di persona, con la suddetta persona. Questo è un esemprio dei primi passi che il designer deve compire al fine di inziare a definire una “opportunità” di progetto.

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Quando l’intervista o le interviste vengono fatte di persona si riescono a determinare informazioni importanti. Soltanto attraverso un colloquio dal vivo si è in grado di notare particolari importanti dell’utente. Si può notare se una persona è a suo agio dando la possibilità di entrare più profondamente nell’intervista. Si può passare da semplici domando di rito a domande che riescono ad evidenziare il nocciolo della questione. Non solo attraverso alcuni comportamenti dell’ intervistato possiamo percepepire le sue emozioni rispetto determinati contesti.

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D E FI N I R E I L PR OG ETTO D E F I N I R E U N O P PO RTU N ITÀ D I P R O G ETTAZ I O N E

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Attraverso le interviste agli stakeholder abbiamo capito quali siano le priorità e bisogni dell’utente. Una volta che è stata definita la problematica da risolvere, o per meglio dire opportunità, e quindi l’ora di passare ad una altra fase per far si che il processo creativo si evolva. I designers posseggono nelle loro mani un grande potere. Attraverso le loro scelte, essi sono in grado di influenzare non solo gli stakeholders diretti, ma in modo indiretto anche l’intero scenario che li circonda. In questa fase del processo creativo il designer analizza affondo, rispetto le diverse angolature, l’opportunità in cerca di informazioni rilevanti. Il suo scopo è quello di ottenere:

«una profonda conoscenza del problema che si sta affrontado».1 Il semplice porsi dei quesiti sul come, o sul cosa, ma anche sul dove e il perché aiutano i progettisti a dar vita a soluzioni di design coerenti con le priorità e bisogni degli utenti. Attraverso questi semplici spunti l’interaction designer non solo riesce a costruirsi un piccolo scenario dove collocare il progetto, ma crea anche dei vincoli su cui modellare la soluzione rispetto all’opportunità. Questo aiuta a creare una finestra che fornisce una panoramica rispetto al contesto del progetto, cercando di collocare l’esperienza all’interno di un panorama di utilizzo. Ciò permette di evidenziare quella che è la struttura, o anche mappa, del progetto facendo emergere quali siano le “problematiche”, i funzionamenti o i punti di forza da sfruttare. Molto spesso i vincoli non sono ben visti dagli interaction designer, ma sopratutto dai designer in generale, questo perché pensano che essi vincolino la loro creatività. Io invece penso che essi siano molto importanti per il processo creativo perché ci aiutano a focalizzare la nostra attenzione rispetto 1. D. Saffer, Design dell’interazione, Pearson Education, Milano, 2007, p. 29. 2. Ibidem.

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determinati aspetti. Spesso i designers superando i vincoli ideano:

«soluzioni brillanti che posso essere realizzate solo spezzando un vincolo e poi sostenendo appassionatamente».2 l’evidenziare questi semplici aspetti del progetto permette ai designers di modellare il progetto rispetto al contesto, agli utenti e a tutto ciò che indirettamente interagisce con il progetto.


Questo è uno schema concettuale di come, secondo me, il “processo creativo” inizia a muovere i suoi primi passi. Come visto in precedenza si intervistano gli “stakeholders” definendo così un’opportunità su cui elaborare un progetto. In questa fase si cerca di definire la struttura del progetto, magari aiutandoci

attraverso una serie di semplici quesiti. Dopo aver creato un scenario, elaborato dei vincoli, si può dare inizio alla creazione dell’”idea”.

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Cosa? \ Perché? \ Chi? \ Come? \ Dove? Queste semplici domando posso aiutarci a definire quelli che sono gli aspetti di una determinanta “opportunità”. Cio ci permette di evidenziare eventuali problematiche, vincoli, portando alla luce i complessi ingranaggi dell’idea.

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Non solo essi sono in grado di mettere in moto, dandoci l’opportunità di generare, una serie concatenata di risposte e di altre domande.


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U N I D EA DA COM U N I CAR E PROGETTA UNA METAFORA PER IL SISTEMA MONETARIO

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Una volta compresa e analizzata quale sia l’idea e modellata la sua soluzione rispetto ai vincoli, siamo ora nella fase del processo creativo in cui si cercano possibili soluzioni esplicative. In questa fase, i progettisti tentano di tradurre la complessità delle precedenti fasi creative del processo in soluzioni esplicative di tipo grafico. In questo contesto, il designer cerca di capire e trovare quelli che sono i requisiti di potenzialità del progetto, cercando di creare soluzioni che siano sia innovative (soluzioni che si riferiscono al contesto delle soluzioni grafiche), sia in grado di far evolvere il progetto. Di solito, la maggior parte dei designers cercano sempre di seguire strade che li portano a ragionamenti complessi, e di conseguenza tutto questo si ripercuote anche nelle visualizzazioni grafiche. Purtroppo questo capita perché i progettisti si fanno influenzare troppo dalle loro personalità e dalla loro passione, perdendo di vista quelli che sono i principi fondamentali di come, sopratutto nel campo dell’intercation design, una idea dovrebbe comunicare.

«Semplicità significa sottrarre l’ovvio e aggiungere il significato».1 Invece, affidarsi alla semplicità, è un aspetto del processo creativo che molto spesso viene sempre sottovalutato. Questo permette di dare vita a soluzioni esplicative più intuitive, le quali possono essere interpretate molto più facilmente. In questo contesto, utilizzare la metafora risulta molto utile al processo creativo in quanto permette di proporre soluzioni, che posso essere anche un punto di partenza per le soluzioni grafiche del progetto, attraverso la trasposizione della quotidianità e di ciò che ci sembra più familiare all’interno del processo creativo. L’utilizzo del concetto della metafora ha avuto ampio sviluppo nel settore dell’informatica. Infatti nella breve storia dell’ interaction design, possiamo notare molte soluzioni, le quali si sono affidate a rappresentare soluzioni complesse sotto forma di azioni intuitive da associare al quotidiano. 1. J. Maeda, Le leggi della semplicità, Bruno Mondadori, Milano, 2006, p. 121.

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«Alan Kay had always talked about the desktop metaphor and he came up with the idea of overlapping windows, from a metaphor of papers on a desktop. “You can have a lot more papers on a desk if they overlap each other, and you can see the corner of one, pull it out and put it on top».2 Un esempio di come rendere facile le dimostrazioni grafiche è il desktop del computer che nasce dalla metafora della scrivania, un concetto che tuttora, dopo constanti sviluppi, sopravvive ancora. Anche nel mia, seppur breve, esperienza con l’interaction design, ho capito che in questa fase del processo creativo, ci siamo affidati all’utilizzo della metafora per creare soluzioni che ci permettessero di creare visualizzazioni grafiche, che richiamavano elementi del contesto quotidiano, come punto di partenza per poi realizzare le soluzioni grafiche finali. Intatti io penso che la metafora sia una base di partenza fondamentale da cui far partire il processo creativo, in quanto permette di costruire una soluzione esplicativa basata su di una semplice struttura. Come per il desktop, bisogna evolvere da quel concetto della metafora, al fine di non creare modelli concettuali erronei rispetto a quelli fisici, smaterializzandola per dare vita a soluzioni

2. B. Moggridge, Designing Interactions, MIT Press, Cambridge MA, 2006, p. 22.


Locandina Corso di Pittura Creativa\ Istituto Gestalt Bologna

Questa immagine vuole enfatizzare il concetto della metafora applicata agli aspetti percettivi.

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Quando per un breve periodo ho studiato nella facoltà di “Economia Aziendale”, il professore di Economia, per introdurci al concetto dei movimenti dei flussi monetari , usò la metafora del corpo umano. Nello specifico quella del sistema “cardiorespiratorio”. Nell’esempio del concetto di metafora come metodologia

CAP 03 • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO

per affrontare l’inizio della creazioni di “soluzioni esplicative” ho utilizzato il mio sistema finanziario. Il concetto è molto semplice: l’ossigeno corrisponde al bonifico che mio padre ogni mesi deposita sul mio conto in banca, che in questo caso corrisponde ai polmoni, in quanto


è dove si deposita l’ossigeno e viene scambiato con l’anidride carbonica. Gli zuccheri, che si trovano nel sangue, sono i lavori saltuari. Il cuore sono io. Il cuore nel corpo umano non ha solo il compito di pompare il sangue, ma deve in alcuni casi distribuire maggiore flusso di sangue in determinati organi se richiesto. Il cervello e i reni sono due tipologie di organi che che hanno bisogno di un flusso costante di sangue altrimenti senza di esso la nostra vita può cessare. Di conseguenza il cervello corrisponde al mio affitto e i reni all’abbonamento del mio cellulare. Se mancassi un pagamento potrei incorrere in sanzioni.

Lo stomaco corrisponde alle spese fisse, il fegato alle bollette ed in fine l’intestino alle spese variabili. Le uscite economiche corrispondono alla anidride carbonica. Come già detto ho pensato a questa tipologia di sistema, perché il cuore, quando un organo ha bisogno di un flusso di sangue maggiore, lo dirige maggiormente dove ce bisogno. Lo stesso avviene anche per il mio sistema finanziario. Quando una uscita economica ne ha bisogno concentro le mie risorse finanziarie rispetto quella determinata spesa.

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I L QU OTI D IAN O CI COM U N I CA H U NT AF FO R DAN C ES AN D MAP P I N G S

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Ci troviamo adesso nella parte del processo creativo dove le soluzioni esplicative devo prendere aspetti concreti. Non solo il designer dovrà modellare gli aspetti grafici in modo tale che siano in grado di sfruttare a pieno le proprietà intrinseche del progetto, al fine di comunicare i suggerimenti nella maniera più giusta. E’ molto delicata questa parte del processo creativo, soprattutto quando stiamo progettando gli aspetti grafici della comunicazione, dove si cerca di fornire il progetto di “indicazioni su come interagire” attraverso proprietà che saranno intrinseche o esplicite di un determinato progetto. Se il designer riesce in questo intento, ciò permette di far fare al processo creativo un grande passo avanti rispetto la giusta direzione di progettazione da seguire. Queste proprietà, che sono state spesso menzionate sopra, consistono nelle «“affordance” e nel “mapping”».1 Per quanto riguarda l’affordance, sono proprietà fortemente legati agli aspetti visivi, i quali sono proprio loro che dovrebbero essere in grado di comunicare all’utente, in modo esplicito, il suo funzionamento. Il mapping, nonostante anche esso sia connesso fortemente ai caratteri di visibilità, si basa prevalentemente sulla relazione spaziale, anche logico/logistica, che vi è tra i comandi, le loro funzioni e il risultato che ne deriva. Quindi:

L’ affordance” e il “mapping sono più o meno presenti negli oggetti che ci circondano e che, ogni giorno, sono in costante comunicazione con noi. Sono proprio queste proprietà che ci permettono di fare un uso corretto dell’oggetto o del progetto con cui interagiamo. Quindi possiamo ben comprenderne l’importanza che queste proprietà assumono all’interno del processo creativo. Nella fase della progettazione, quindi all’interno dei questa particolare fase de processo creativo a mio avviso richiedono molta attenzione. Infatti:

«una profonda conoscenza del problema che si sta affrontato».4 La cosa importante è la visibilità. Il designer lo deve tener bene presente, al di là degli aspetti che si tengono maggiormente presente in ambedue le proprietà. La visibilità, a mio avviso, viene intesa come immediatezza d’informazioni e immediatezza di ritorno delle informazioni. Perché la visibilità legata alla semplicità e all’immediatezza permette non solo di far capire i funzionamenti di un progetto più velocemente , ma trasmettono anche una facilità nell’imparare i funzionamenti che “non si dimenticano più”.

«La conocscenza rende tutto più semplice».5

«quando le cose sono visibili, le cose tendono ad essere più facili da usare. Inoltre, dev’esserci una stretta, naturale, fra il comando e la sua funzione: una corrispondenza naturale».2 Su queste proprietà non influiscono solo la visibilità che essi hanno, ma anche una serie di vincoli culturali, che il progettista nelle fasi del processo creativo deve tener ben presente. Se il progettista ha fatto un buon uso di queste proprietà, basterà

«guardare per sapere che cosa si deve fare senza bisogno di figure, etichette o istruzioni».3 1. L’ “affordance” suggeriscono il funzionamento delle cose attraverso degli inviti reali che possono essere di natura fisica o grafica; Il “mapping” suggerisce la relazione fra due cose, come fra i comandi e il loro azionamento e i risultati che ne derivano nel mondo esterno. 2. Donald A. Norman, La caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti quotidiani. Giunti Editore, Firenze, 2009, p. 47. 3. Ibidem.

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4. Donald A. Norman, op. cit., p. 28. 5. J. Maeda, Le leggi della semplicità, Bruno Mondadori, Milano, 2006, p. 53.


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3/ 1/ Il classico temperamatite suggerisce facilmente il suo funzionamento. Ha un foro a tronco di cono che ci invita a inserire le matite o pastelli, e a ruotare. 2/ Questa chiusura è molto chiara. Grazie a questo elemento posto sopra la fettuccia riceviamo l’idea di un elemento estranea che può essere ruotato. Basta ruotare e la chiusura si apre. 3/ La penna è molto eloquace, l’unico elemento che è mobile, rispetto al resto, è il bottone superiore.

6/ 4/ Che cos’è? È un temperamatite dove si è badato solo all’estetica, ma come si tempera? 5/ Questa chiusura è un po’ ingannevole, ma prova di ladro. C’è quell’elemento centrale che dopo essere stato ruotato invita ad essere premuto, ma non è così che si apre. 6/ La prima cose che ci viene in mente di fare per aprire la penna è quella di cliccare sulla parte superiore, questo perché siamo abituati. Ma non si apre così, va ruotata.

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1/ Questo telecomando della Apple Tv o del Mac è semplice, progettato bene, e organizzato bene. “John Maeda”, nel “Le Leggi della Semplicità”, descrive un sistema fratello quello del “I-pod”. Questo telecomando è di una semplicità pura. Siamo portati ad “Alzare e Abbassare” il volume con su e giù. Per “Cambiare” i canali con “Destra e Sinistra”.

4/ In questo telecomando c’è confusione. É molto difficile trovare quello che ci serve. Come dice “John Maeda”, nel “Le Leggi della Semplicità”: “SHE”: SHRINK (rimpicciolisci), HIDE (nascondi), EMBODY (incorpora).

2/ Il “joystick”, soprattutto questo modello vintage, ha una comprensione molto chiara. Abbiamo una manovella che invita ad essere impugnata e mossa. Invece i due tasti con colori differenti, in modo chiaro, trasmettono le loro differenti funzioni.

5/ Con questo “joystick” non è più alquanto semplice da capire come funziona. Ci sono molti più tasti, e non è alquanto facile capire le loro diverse funzioni, se così è.

3/ il classico ventilatore che tutto noi abbiamo posseduto. I suoi funzionamenti sono molto agevoli da comprendere. Ci sono tasti con gradazioni cromatiche differenti, per evidenziare la differenza di velocità. Basta premere uno dei qualsiasi tasti colorati per avviare il ventilatore. Poi basta premere il tasto bianco off per spegnerlo.

6/ In questo ventilatore è al quanto difficile comprendere a quale velocità e settato il ventilatore, non c’è un chiaro riferimento rispetto la velocità inserita.

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PR OG ETTAR E F OR N E N D O U N B U ON M OD E LLO CON CETUALE MIGLIORARE IL MODELLO CONCETTUALE

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Come abbiamo potuto bene vedere nel capito precedente i vincoli e gli inviti ci trasmettono gli indizi rispetto al funzionamento delle cose. Se esse sono strutture in modo ben visibile riescono a fornirci le strette relazioni spaziale fra le azioni possibili e il risultato finale. Certamente ci sono casi in cui dove gli inviti e i vincoli sono nettamente evidenti perché frutto di elementi fisici, come nel caso degli anelli delle forbici che attraverso la loro forma e dimensione suggeriscono chiaramente quale sia il loro scopo ed sono in grado di trasmettere un feedback visivo immediato. Cosa diversa per progetti grafici di interaction design, come per esempio un interfaccia, dove molte delle funzioni non sono fisicamente esplicite ed è l’ immagine del sistema a comunicare il tipo dell’utente. Il modello progettuale corrisponde alla costruzione dell’immagine del sistema che viene sviluppato dal progettista. Questa corrisponde al modello reale dell’utilizzo l’oggetto. Il modello dell’utente è invece il modello mentale che l’utente sviluppa durante l’interpretazione e l’esplorazione del sistema. Se alla base del progetto il designer ha lavorato bene, in questa fase del processo creativo queste due tipologie di modelli concettuali dovrebbe coincidere. Purtroppo molto spesso l’ immagine del sistema pensata dal designer non è molto chiara e non è coerente rispetto il modello concettuale che l’utente si costruisce nella sua mente attraverso la visione e la sua esperienza. Questa mancanza di accuratezza da parte del progettista rispetto a una delle fasi più importanti del processo creativo può essere la causa d’incomprensioni da parte dell’utente, generando così, nella maggior parte dei casi, anche una forte frustrazione. Visto che noi designer progettiamo prevalentemente cose, oggetti che vengono utilizzati da utenti è inconcepibile che situazioni del genere, dove l’utente sia frustrato o non riesca a comprendere i funzionamenti, capitino. Sopratutto quando si parla di progetti di interaction design dove gli oggetti si interfacciano con gli utenti comunicando. E’ in questa fase del processo creativo che il designer deve dare il meglio delle sua capacità, perchè è proprio in questa contesto che si determi-

na la buona riuscita del progetto dando vita ad un progetto di “ Good Design”. Ma come il designer riesce in questo intento? In primo luogo, come nel caso di altre fasi del processo creativo, si deve scendere dal piedistallo di supremo progettista per osservare in modo tangibile quali siano le soluzioni più adatte al fine di realizzare un sistema che sfrutti un modello concettuale chiaro e coerente. Quindi ai fini di un buon processo creativo a misura di mente umana bisogna:

«1- fornire un buon modello concettuale; 2 - rendere visibile le cose».1 In secondo luogo le sfide per il designer, in questa sorta di complessità, consiste nella organizzazione nel modo più accurato i processi che hanno una influenza sull’intera esperienza dell’utente. Ma il modo migliore per evitare errori nel processo creativo è andare ad osservare, come abbiamo visto nei capitoli precedenti, quelle che sono le priorità e i bisogni dell’utente. In questo contesto le priorità e bisogni assumono un aspetto diverso. Infatti il designer deve concentrarsi sugli aspetti del processo e delle fasi di come l’utente interagisce con il sistema e, viceversa, come il sistema del progetto comunica, funziona e si muove all’interno del suo processo. Facendo in modo tale che le azioni dell’utente e le azioni del processo, come le due facce della stessa mela, cerchino di coincidere. Certamente questo risultato lo si raggiunge soltanto attraverso l’organizzazione. Perché solo:

«l’organizzazione fa si che un sistema composto da molti elementi appaia costituito da pochi elementi” apparendo tutto molto più semplice».2

1. Donald A. Norman, La caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti quotidiani. Giunti Editore, Firenze, 2009, p. 31. 2. J. Maeda, Le leggi della semplicità, Bruno Mondadori, Milano, 2006, p. 25.

CAP 05 • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO


Questa immagine vuole enfatizzare il concetto espresso, nell’analisi accanto, dei modelli concettuali. Quale esempio se non il rompicapo che ha messo a dura prova le menti di molte generazioni

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Questo schema corrisponde al “modello concettuale del progettista”. Esso dovrebbe rappresentare la serie di azioni e d’interazioni che avvengono tra la macchina e l’utente. Questo è un esempio di un modello concettuale con non coincide con quell dell’utente. Possiamo notare la complessità e come sia articolato in azioni

CAP 05 • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO

non ben organizzate. Nel caso in questione parliamo di una “stufa a pellet”, la quale per essere azionata bisogna operare con pulsanti che non corrispondono alla logica del processo e dei pulsanti in se.


Questo schema è il “modello concettuale del utente”. In questo caso si può notora come nella mete del utente il processo sia più semplificato, ma non è così. Questo è aggravato anche da funzioni nascoste dietro una organizzazione dei pulsati e del processo errata.

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TRAS F OR MAR E I L PR OCE S S O CR EATIVO I N U N S I STE MA CR EATIVO R AP P R ES E NTA U N S E RVI Z I O VAPO R ETTO

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Siamo giunta adesso alla conclusione di tutto il processo creativo. A questo punto, dopo tutto ciò che è stato analizzato fin ora, attraverso questa piccolo finestra che ci ha permesso di affacciarci sul processo creativo , o di cui si è discusso. Adesso tutto ciò deve convergere nella direzione che dia la possibilità di realizzare da una soluzione o idea innovativa un sistema creativo. Con l’ accezione di sistema creativo mi riferisco nel raggruppare tutta quella serie di aggettivi come innovativo, intelligente o utile. Nella maggior parte dei casi il termine creativo può essere molto spesso fuorviante. Come si è potuto vedere la strada sin qui è lunga e tortuosa, ma secondo il mio parere se un progettista deve prefiggersi l’intento di dar vita ad un progetto, come menzionato più volte, che si basi sul:

Certamente un accenno lo si è visto anche all’interno del capitolo 3, ma in quel contesto serviva a creare un incipit al fine di iniziare a modellare un idea. Ma, a mio modesto parere, ho voluta inserite la grafica o l’estetiche alla fine perché, a mio avviso, questa è il momento conclusivo in cui il designer, dopo aver seguito nel modo più serio e scrupoloso la metodologia del processo creativo, amalgama tutto ciò che ha pensato, ricercato, ragionato o ideato e chiude la sua opera. Perché secondo me il designer deve essere un po’ come l’artista Robert Rauschenberg e il processo creativo come la combine-painting.

«Designing The Right Thing, Designing The Thing Right».1 Prima di arrivare a questo punto abbiamo visto come viene definito un problema, o come nasce una soluzione innovativa (almeno così si spera). Abbiamo parlato di come da un idea si cerca di modellare il futuro progetto, o dell’importanza del porre molta attenzione rispetto la semplicità, o di come sia importante rendere visibili gli inviti e i vincoli. Infine si deve organizzare e modellare un modello concettuale al fine di realizzare un’immagine del sistema che sia chiara e coerente. Adesso il processo creativo si è concluso, seguirlo è un compito al quanto arduo, ma capace di rendere molti frutti rispetto alla riuscita del progetto. Fino ora c’è stato un aspetto che non ho molto menzionato. Esso riguarda l’estetica del progetto. Cioè tutti quegli aspetti visivi che sono, secondo me, l’ultimo step che andrà a chiudere il progetto, mettendo così la scritta fine rispetto a tutto il processo creativo. Perché la grafica o l’estetiche, che dir si voglia, è l’atto finale di tutto il processo creativo? 1. Citazione tratta dalla lezioni frontali tenute da “Gillian Crampton Smith” con “Philip Tabor” nel corso di “Interaction Design Theory 1”.

CAP 06 • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO

«Tutti gli objects che ogni giorno accompagnano la vita di milioni di persone diventano parte integrante delle opere e talvolta diventano essi stessi protagonisti assoluti di questi lavori che perdono ogni connotazione artistica (nel senso più tradizionale del termine) per metter esclusivamente in mostra il loro valore fisico quale rappresentazione delle forme più o meno complesse integrate nei paesaggi casalinghi ed umani».2

2. Citazione tratto da: Lois, “BE(A)D. Omaggio a Robert Rauschenberg”, Assolocorale, 2011, http://assolocorale.wordpress.com/2011/01/19/beadomaggio-a-robert-rauschenberg (consultato il 20/12/2012).


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Questo in alto abbiamo la proposta di un progetto di comunicazione rispetto alla rappresentazione statica delle informazioni riguardante: 1/ il percorso, 2/ il tempo, 3/ i prezzi della Alilaguna Linea Arancio. Questa proposta è un chiaro esempio di quello che può accadere quando non si tiene bene presenta la metodologia del processo creativo determinando un progetto poco comprensibile.

CAP 06 • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO

Nella pagina seguente abbiamo la proposta per la rappresentazione dinamica delle informazioni per Alilaguna Linea Arancio. Possiamo notare già il differente tipo di approccio che è stato adottato. Si è pensato di più alle fasi primarie del progetto, dove si individuano le problematiche per gli utenti. E di ciò se ne fatto il punto di forza della applicazione.


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CON CLU S I ON I

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CONCLUSIONE • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO


Lo scopo di questa breve analisi è stato quello di aprire una breve finestra su quello che io ho chiamato processo creativo. Questo metodo o percorso, secondo il mio parere è alla base di qualsiasi forma di progettazione. Che si stia parlando di un oggetto o quanto meno un progetto di interction design come quella della progettazione di un servizio. Certamente ogni differente progetto cerca di coinvolgere differenti aspetti, i quali molto spesso sono difficili da convogliare o da individuare. I confini sono certamente molto vasti. E’ quindi importante seguire un giusto processo creativo, anche se esso può sembrare una strada forzata. Infatti è compito del designer metabolizzare il metodo e farlo suo, al fine di modificarlo e personalizzarlo. Soltanto operando attraverso un giusto percorso, come nel caso del processo creativo che ho cercato di portare all’attenzione, e cercando di porre l’attenzione rispetto aspetti che sonno maggiormente importanti sono sicuro che che noi designer saremmo in gradi di:

«Designing The Right Thing, Designing The Thing Right».1

1. Citazione tratta dalla lezioni frontali tenute da “Gillian Crampton Smith” con “Philip Tabor” nel corso di “Interaction Design Theory 1”.

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F ONTI

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FONTI • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO


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(Img. n° 4, p. 31): http://www.yankodesign.com/ 2008/06/13/origami-for-superheroes/ (Img. n° 2, p. 32): http://www.clker.com/cliparts/1/2/ K/F/z/i/old-school-joystick-hi.png, http://www. clker.com/cliparts/1/2/ K/ F/z/i/old-schooljoystick-hi.png (Img. n° 3, p. 32) http://4.bp.blogspot.com/v3IBiRAGo3Q/T6mnTKGwukI/AAAAAAAAA2o/ eWrKPBzM0xE/s1600/m1.JPG (Img. n° 4, p. 32) : http://www.dinoxpc.com/public/ images/9028edc5adad190d9d6967f3382c4 46e_logitechharmony300-lg.jpg (Img. n° 5, p. 32) http://static.vintage-video-game.com/ meg_00097_20-1.JPG (Img. n° 6, p. 32) http://www.flickr.com/photos/ 24326175@N08/3869236203/sizes/z/in/photostream/ (Img. p. 37) http://www.flickr.com/photos/sideofmorning/3941315506/sizes/m/in/photostream/

SITOGRAFIA CORÒ, MAURIZIO. Affordance. Murizio Corò, webtailor. 2011, (consultato il 10/01/2013). http://www.webtailor.it/?p=94 LOIS. BE(A)D. Omaggio a Robert Rauschenberg. Assolocorale. 2011, (consultato il 20/12/2012). http://assolocorale.wordpress.com/2011/01/19/ bead-omaggio-a-robert-rauschenberg ALESSANDRA, VERZELLONI. Norman e i Principi Fondamentali di Progettazione. Webaccessibile. 2004, (consultato il 12/01/2013). http:// webaccessibile.org/le-basi/come-comunichiamocon-i-computer/norman-e-i-principi-fondamentalidi-progettazione/

RISORSE IMMAGINI (Img. p. 25): http://gestaltbologna.it/pittura-creativa (Img. n° 3, p. 31): http://www.aslayshop.it/open2b/ var/catalog/images/357/0-6866b1c4-543.jpg

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CAP 01 • INTERACTION DESIGN \ UN PROCESSO CREATIVO | LUIGI FRETTOLOSO


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