Carrello news Sì con te Novembre-dicembre 2013

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Novembre - Dicembre 2013

Pistacchi e anacardi

in tavola per le Feste Il Natale viterbese tra tipicità e piatti fumanti

Tra bianchi e rossi risalendo la Dora Baltea

Assaggi d’Umbria il cuore verde dell’Italia


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CARRELLO NEWS Anno IV • Numero VI Novembre - Dicembre 2013 EDITORE: DM GROUP S.P.A. via Lessolo 19, 10153 Torino DIRETTORE RESPONSABILE: Italo Iuorio COORDINAMENTO REDAZIONALE E PROGETTO GRAFICO: DM GROUP S.P.A. PUBBLICITÀ: Seri System - via Santi, 1/2 - 10042 Nichelino (TO) Tel. 0116897565 STAMPA: Coptip Industrie Grafiche via Gran Bretagna, 50 41122 Modena - Tel. 0593162511 HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Alfonso Bendi, Ilaria Blangetti, Silvia Calcagno, Erica Giraudo, Beppe Malò, Gilberto Manfrin, Andrea Pellegrini, Fabrizio Pepino, Paolo Ragazzo, Adriano Ravera. Autorizzazione del Tribunale di Milano n°26 del 25/1/2010

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TERRITORI E SAPORI

Feste saporite nella Tuscia viterbese

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MANGIARE A COLORI

L’oro fa ricca la tavola

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IN VINO VERITAS

Tra bianchi e rossi risalendo la Dora Baltea

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CONSIGLI PER LA SPESA

Un dolce Natale con le Bontà del Pasticciere

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legumi, che passione

I piselli, protagonisti dei nostri piatti

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frutta in guscio

Pistacchi e anacardi: lo snack è servito


3 Per suggerimenti, commenti e richieste scrivete a Lucia Loffi Randolin: redazione@dmgroup.it

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cOnSIgLI PER LA SPESA

Zampone e Cotechino Vale a Capodanno

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FRUTTA IN GUSCIO

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WEEK-END ALL’ITALIANA

L’ESPERTO RISPONDE

Innovazione in vaschetta

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LE RIcETTE

Menù di Natale

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VIVERE EcO

Salviamo la carta

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MONDO BAMBINI

È già pronto per i cibi solidi?

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WEEK-END ALL’ITALIANA

Assaggi d’Umbria, il cuore verde dell’Italia

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TERRITORI E SAPORI

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MANGIARE A COLORI

L’interno di questa rivista è realizzato con materie prime nel rispetto dell’ambiente.

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IN VINO VERITAS

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LEGUMI, CHE PASSIONE



Territori e sapori

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Feste saporite

nella Tuscia viterbese Sulla strada dell’olio di Canino È tra i sentieri che collegano 8 Comuni della Maremma laziale che si snoda la strada dell’olio di Canino (www.stradadelloliodopcanino.it), un singolare itinerario enogastronomico per turisti responsabili a tutela dell’olio ottenuto dalle olive rigorosamente coltivate in questa zona. Stiamo parlando di un prodotto “a 5 stelle” dal sapore deciso e dal retrogusto amaro e piccante che nel 1996 ha ottenuto la Dop da Bruxelles. Esiste anche un’apposita associazione che si occupa di migliorare e incrementare l’offerta turistica, di valorizzare le peculiarità culturali e ambientali della zona e di preservare la coltura dell’ulivo. di PAOLO RAGAZZO

L

a Maremma segna il confine settentrionale di un territorio vasto, caratterizzato da paesaggi mozzafiato, suggestivi borghi medioevali e sapori unici: è la Tuscia viterbese. Qui il felice matrimonio tra la cucina toscana e quella romana ha generato un ricco “parterre gastronomico” che non fatica però a brillare di luce propria grazie ai tanti prodotti tipici.

La qualità dà buoni frutti Non è un caso, infatti, che questa terra possieda una cucina assai variegata. Il Comune di Vallerano, ad esempio, è indissolubilmente legato all’omonima varietà di castagna Dop che viene conservata in grotte di tufo e nei “radicci” (piccoli edifici) sparsi nei boschi. I declivi vulcanici dei monti Cimini sono poi il terreno ideale per le popolari nocciole in particolare per la Tonda Gentile Romana Dop. Ma la tavola s’impreziosisce anche di alcuni prodotti ortofrutticoli di eccellenza come le patate di San Lorenzo Nuovo, tipiche del paesino che si affaccia sul lago di Bolsena e ottime se cucinate al forno o bollite, o le lenticchie di Onano, oggi presidio Slow Food ma coltivate da secoli e apprezzate per la buccia sottilissima e la pasta vellutata che le rende ideali per zuppe e minestre. Utilizzo indicato anche per i fagioli di Sutri, meglio noti come Fagioli Regina, i cui benefici erano già noti ai tempi di Carlo Magno. Da annoverare anche il carciofo romanesco del Lazio Igp, digeribile ed energetico, molto versatile perché si presta a essere consumato crudo, cotto al forno o in olio bollente.


Territori e sapori

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Lago di Bolsena, “miniera del gusto” per gli amanti del pesce La pregevole qualità del pesce pescato nel lago di Bolsena, il grande specchio d’acqua d’origine vulcanica, arricchisce le cucine viterbesi. Tra le tante specie meritano attenzione: l’anguilla, il coregone, i latterini e la tinca. La prima, famosa per una citazione dantesca nella Divina Commedia, rappresenta il pezzo forte della tradizione culinaria del lago. Presente in molte ricette, è ingrediente principe della sbroscia, una zuppa di pesce che la tradizione vuole preparata addirittura con l’acqua del lago. Il coregone, invece, è il pesce più diffuso, tipico delle acque più fredde e profonde; ottimo da gustare non solo in filetti marinati, ma anche condito con salse (tipica quella “alla martana”), alla griglia o fritto. I latterini, infine, sono piccoli pesci di 5 cm che vanno cucinati interi, preferibilmente fritti, mentre la tinca ha carne tenera e saporita ed è utilizzata per insaporire risotti o cotta al forno.

Pecorino o ricotta? Questo è il dilemma E cosa dire poi di quella coppia del gusto formata da pecorino e ricotta? I due formaggi sono un vero e proprio vanto del panorama gastronomico viterbese, tanto da essere impiegati in molti piatti, dai primi (spaghetti cacio e pepe) ai dolci (torta ricotta e pere) senza particolari distinzioni.

Caldi sapori annunciano le Feste Ma è con l’avvicinarsi delle festività natalizie che nelle cucine della Tuscia riemergono i caldi piatti della tradizione, come il “minestrone viterbese” (preparato con patate, carote, cavoli e cipolle), o la zuppa di ceci e castagne, caratteristica del Cenone della Vigilia. Sulla tavola del 25 dicembre non mancano poi primi piatti tipici come le pappardelle con sugo di lepre, di cinghiale o di funghi e secondi piatti a base di agnello (abbacchio alla romana), manzo e maiale, dove non si butta via nulla. È il caso della “Pignattaccia” ottenuta con i tagli meno pregiati delle carni bovine, lasciati a mollo in acqua salata con vino e chiodi di garofano e poi cotti in una “pignatta” (pentola di coccio) con le patate.

Presepi viventi: un “dolce” tour Magiche occasioni per gustare tutte le specialità viterbesi proprio nel periodo natalizio sono i presepi viventi organizzati nei molti borghi storici (Civita di Bagnoregio, Corchiano, Vetralla e molti altri) di cui questa zona è ricca: qui l’atmosfera sacra ben si accompagna a profumi di calde zuppe di legumi e dolci tipici (pangiallo, tozzetti con nocciole e panpepato).

zuppa di ceci e castagne PORTATA

DIFFICOLTÀ

primo

bassa

TEMPO

CALORIE

180 min 771 kcal

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 350 g di castagne secche 350 g di ceci secchi 400 g di polpa di pomodoro pane raffermo 50 g di pancetta 2 cucchiai d’olio d’oliva peperoncino sedano rosmarino aglio

PREPARAZIONE Mettere a bagno i ceci la sera prima in acqua e sale e sbucciare le castagne dopo averle fatte bollire. Cuocere in una pentola i ceci per un’ora. Fare un soffritto con olio, aglio, peperoncino, rosmarino e sedano, poi unire la polpa di pomodoro e la pancetta. Aggiungere le castagne e far cuocere. Schiacciare un pugno di ceci e di castagne e aggiungerli alla zuppa di ceci in cottura. Continuare la cottura fino a che i ceci e le castagne siano teneri. A cottura ultimata versare la zuppa sul pane.




mangiare a colori

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L’oro

fa ricca la tavola Anche la tagliatella è d’oro Farina e uova, un pizzico di sale. Il segreto è tutto nell’abilità delle “sfogline” a impastare, tirare la sfoglia, lavorare di mattarello e forza di braccia. Le tagliatelle sono il vanto di Bologna, il ragù un rito. Qui, il 16 aprile 1972, l’Accademia Italiana della Cucina codifica con atto notarile la larghezza della vera tagliatella: millimetri otto. E consegna ufficialmente alla Camera di commercio, a futura memoria, un prototipo realizzato in oro. Non si fissa lo spessore, tra i sei o gli otto decimi di millimetro. Circa la lunghezza vale la strizzatina d’occhio all’oste: “Conti corti, tagliatelle lunghe”.

di Adriano Ravera

D

ecorazioni, carte e fiocchi dei doni sotto l’albero. A Natale tutto si impreziosisce in bagliori d’oro. Perfino l’umile pane, arricchito di uvetta, cedro e buccia d’arancia candita con trasparenze del sole, diventa panettone, pandolce, panspeziato. Un segno di regalità e di abbondanza, metafora delle monete di cioccolato in veste dorata regalate ai bimbi e delle lenticchie di fine anno. Un colore che rivitalizza la mente e infonde serenità e calda intimità familiare. Spontaneo associarlo ai momenti di festa davanti al fuoco, riuniti alla grande tavola di Natale per il brindisi beneaugurante.

Se l’uva passa diventa… dorata Per la sua provenienza è anche conosciuta come uvetta sultanina. Tra le più note quella di Corinto, di Malaga, di Smirne. Acini di un bel colore biondo dorato, senza semi, di qualità superiore. È molto usata in pasticceria a differenza della varietà scura, meno zuccherina, più adatta alle preparazioni salate tipiche della cucina di Sicilia e Campania, dal pesce spada alla sarde a beccaficu. Ma anche il Nord non scherza: zucchine ripiene con amaretti e uvetta sultanina (Lombardia), sarde in saor (Veneto), stoccafisso in agrodolce (Liguria). Un alimento energetico e disintossicante, ottimo come dolcificante. Come tutti i prodotti di raccolta naturale, l’uva passa va sempre lavata prima dell’utilizzo e fatta ammorbidire lasciandola riposare mezz’ora in acqua tiepida. Un piccolo


Mangiare a CoLori

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CIBI DI STAGIONE

novemBre dicemBre VERDURA

Broccolo, Cavolo, Cardo, Cavolfiore, Cime di rapa, Rapa, Patata, Porro, Zucca, Cipolla, Aglio, Sedano rapa, Topinambur FRUTTA

Mela, Pera, Kiwi, Melagrana, Cachi, Arancia, Mandarino, Pompelmo, Cedro, Limone, Frutta in guscio (noce, nocciola, mandorla, pistacchio)

segreto da pasticciere: perché gli acini non finiscano nel fondo delle torte, metterli con poca farina in un barattolo e scuotere, poi eliminare la farina in eccesso.

La curcuma, “zafferano delle Indie” Di gran moda come pianta d’appartamento, un’altezza massima di circa un metro e foglie lanceolate, la curcuma spicca per i vistosi fiori violacei disposti a spiga. Ma il suo segreto è nei rizomi, gialli e carnosi, che in Asia vengono bolliti e fatti essiccare in forno, triturati, utilizzati come colorante e come spezia alimentare tra le meno costose. Per questo è anche conosciuta come “zafferano delle Indie” anche se l’analogia è solo nel colore: sapore e profumi sono decisamente diversi. Molto utilizzata in Medio Oriente e nell’Africa del nord, dove colora cous-cous e piatti a base di riso, pesce e frutti di mare, per la sua versatilità può trovare impiego anche in alcune ricette della tradizione mediterranea, dai soufflé al formaggio ai piatti di verdure saltate, dalle carni bianche alla paella. Da usare facendo attenzione a non macchiarsi le mani e sempre in modiche quantità perché, leggermente piccante e amarognola nel retrogusto, può annullare gli altri sapori.

La coppia vincenTe: riso e zaFFerano Talmente prezioso che un tempo pesavano lo zafferano con il bilancino da farmacista. “Oro rosso” nella nomea popolare. Il migliore è quello in pistilli, puro e di costo più elevato, ma altrettanto valide in cucina le comuni bustine in polvere. I fiori, di un bel colore violaceo, si raccolgono in novembre. Un lavoro certosino, completamente manuale: ogni grammo richiede almeno duecento fiori. La terra d’origine è l’Asia Minore, ma in Italia attecchì subito nelle regioni centrali e meridionali dando origine a un fiorente mercato. In Sicilia un paese ne porta addirittura il nome, Zafferana Etnea. Nel Medioevo veniva usato come moneta di scambio: nel 1228 il Comune di San Giminiano, in Toscana, pagò i debiti contratti parte in denaro e parte in zafferano. I milanesi ne approfittarono per crearvi una leggenda: il risotto allo zafferano. Pare che durante la costruzione delle vetrate del Duomo, nel 1574, un maestro vetraio avesse fatto cadere inavvertitamente la preziosa polvere rossa, utilizzata per ravvivare il colore giallo, nella pentola del risotto che stava preparando creando le basi della ricetta. Un inizio in sordina che ha conquistato i buongustai di tutto il mondo.


Bella da vedere, squisita in tavola. Forma regolare, ovoidale, di colore uniforme con leggere striature ramate, la cipolla dorata offre un utilizzo variegato. Ogni regione vanta una sua varietà: cipolla dorata di Castelnuovo Scrivia, di Parma, di Bologna. A Banari, in provincia di Sassari, ogni anno è la regina di un’apposita sagra. Saporita, ma meno pungente della bianca, si presta a soffritti e cotture in forno. Nelle valli piemontesi le cipolle si fanno ripiene, con farcia di riso, salsiccia e carne tritata. Di lunga conservabilità non necessitano di frigorifero, basta un luogo fresco e asciutto. Per affettarle senza lacrimare immergerle prima in acqua per qualche istante o lasciarle in freezer, chiuse in un sacchetto, per una decina di minuti.

Sapori esotici con il mango Difficile definire il sapore di questo frutto esotico, sempre più presente sulla tavola delle feste, oggi coltivato in via sperimentale anche in Sicilia e Calabria. Ricorda l’ananas, l’albicocca, la pesca, con una nota speziata nel retrogusto. A perfetta maturazione presenta un’elegante colorazione sfumata tra il verde, il giallo e il rossastro, i colori del Natale. Per questo è utilizzato anche come decoro: bastano pochi frutti, con qualche rametto di agrifoglio, per farne un centrotavola scenografico. È invitante, profumato, ricco di polpa gialla, morbida e succosa. Si può consumare fresco, in macedonia, o come guarnizione di dolci, gelati, frullati. Non mancano utilizzi in cucina legati alla tradizione orientale: riso al mango, insalata di gamberi e mango, chutney, un sorta di mostarda aromatizzata con aceto, zucchero e curcuma. Nell’acquisto scegliere frutti molto profumati, senza ammaccature, dalla buccia soda ma cedevole a una leggera pressione delle dita. Per sbucciarli è semplice: si incidono con solchi longitudinali e si tira delicatamente la pelle. Si conservano a temperatura ambiente, fuori del frigorifero.

Per Natale largo allo sfarzo Una tavola di Natale, ricca, sontuosa. Addirittura d’oro. Il sogno di re Mida che si materializza nelle cucine di corte, da sempre simbolo di potenza e di prestigio. Le cronache raccontano che nel 1360 Galeazzo Visconti, signore di Milano, per le nozze della figlia Violante con Lionello d’Inghilterra offre un banchetto sfarzoso. Decine di “servizi”, a base di lepri, lucci, quaglie, trote, pernici, anatre e storioni, tutti ricoperti da sottili lamine d’oro. Un luccichio che si riverbera negli specchi dei saloni. Uno stimolo per i cuochi rinnovato nei secoli. Uno sfizio realizzabile anche oggi a costi relativamente contenuti, quel “tocco” di raffinatezza in più, da master chef, per personalizzare la tavola di festa. A dare il la il celebre risotto di Gualtiero Marchesi, il Maestro della cucina italiana, una felice rilettura della ricetta classica con al centro di ogni piatto, aggiunto all’ultimo momento, un quadrato di foglia d’oro. Per chi ha meno abilità conviene puntare sul decoro di un dolce. In commercio l’oro alimentare a 23 carati è disponibile anche in polvere, fiocchi e briciole, le più comode. Assolutamente commestibile, non altera il sapore di cibi. L’importante è non toccarlo con le dita, ma servirsi di un paio di pinzette: l’umidità presente sulla pelle lo farebbe aderire rendendolo inutilizzabile. Si acquista nei negozi di alta gastronomia o direttamente on-line dalle ditte produttrici.

mangiare a colori

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Le mille varietà della cipolla


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mangiare a colori

finocchi allo zafferano PORTATA

DIFFICOLTÀ

TEMPO

CALORIE

contorno

bassa

40 min

87 kcal

INGREDIENTI PER 6 PERSONE 3 finocchi un mestolo di brodo vegetale zafferano in pistilli una foglia d’alloro olio d’oliva sale

PREPARAZIONE Ammollare due pizzichi di pistilli

di zafferano nel brodo tiepido. Pulire i finocchi eliminando le foglie esterne più dure, lavarli e dividerli in spicchi. In un tegame scaldare qualche cucchiaio d’olio d’oliva con la foglia di alloro e rosolarvi leggermente i finocchi da entrambi i lati. Salare, bagnare con il brodo allo zafferano e cuocere coperchiato a calore moderato per circa 30 minuti rigirando ogni tanto gli spicchi perché prendano colore in modo uniforme.

rosette di cipolle dorate e speck PORTATA

DIFFICOLTÀ

antipasto

bassa

TEMPO

CALORIE

30 min 270 kcal

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 4 cipolle dorate 100 g di speck 80 g di formaggio caprino 20 g di pistacchi sgusciati olio d’oliva sale e pepe

PREPARAZIONE Sbucciare le cipolle, tagliarle trasversalmente a metà e cuocerle a vapore. Lasciarle raffreddare, svuotarle all’interno eliminando il cuore centrale e salare leggermente. Tritare la parte tolta e farla appassire in qualche cucchiaio d’olio d’oliva; salare, pepare e mescolare con i pistacchi finemente tritati dopo averne messo da parte un cucchiaio per la decorazione. Avvolgere intorno a ogni cipolla una fetta di speck e riempirle con un cucchiaino di soffritto e una fettina di formaggio caprino. Deporle in una teglia precedentemente unta d’olio e farle gratinare in forno a 180° per 10 minuti. Cospargere con i rimanenti pistacchi tritati.

Torta cioccolato, pere e scaglie d’oro PORTATA

DIFFICOLTÀ

dessert

media

TEMPO

CALORIE

65 min 530 kcal

INGREDIENTI PER 8 PERSONE 700 g di pere 200 g di farina di frumento 100 g di burro 100 g di zucchero 50 g di cacao amaro 70 g di mandorle sbucciate 200 g di cioccolato fondente 4 uova un dl di Moscato d’Asti un dl di latte mezza bustina di lievito vanigliato granella d’oro alimentare 23 carati

PREPARAZIONE Sbucciare le pere, dividerle in quarti e cuocerle nel vino per 15 minuti. Lavorare il burro con lo zucchero e i tuorli d’uovo; aggiungere il cacao, le mandorle tritate, il latte, la farina, il lievito e gli albumi montati a neve.

Versare metà dell’impasto in una teglia imburrata e infarinata; sistemare sopra le pere e coprire con il rimanente impasto. Cuocere in forno a 180° per 40 minuti. Sciogliere a bagnomaria il cioccolato a pezzetti con qualche cucchiaio d’acqua e versarlo sulla torta coprendola interamente. Lasciare solidificare poi cospargere la superficie con granella d’oro.




in vino veriTas

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Tra bianchi e rossi risalendo la dora Baltea La regola è “indietro non si torna” Una delle situazioni più adatte per apprezzare un vino è quella della convivialità. L’errore frequente è quello di non seguire un percorso di degustazione. Dove la regola è “indietro non si torna”. Quindi mai servire un vino, seppur ottimo, dopo un vino superiore per gradazione, struttura e complessità. Un altro problema è quello dei condimenti: aceto e limone – specialmente questo – sono in grado di mettere in crisi il rosso più invecchiato e muscolare. Anche i condimenti piccanti possono creare lo stesso problema. Infine attenzione ai carciofi e al cioccolato fondente che sono due abbinamenti molto insidiosi.

L

a possibilità di trovare ottimi vini locali non è certo il pensiero principale di chi pensa la Valle d’Aosta come un paradiso di piste innevate, di sentieri che si arrampicano nel più antico dei parchi naturalistici italiani o vuole visitare i castelli arroccati a difesa delle vallate principali della piccola regione alpina. Chi, invece, sale in valle per praticare lo sport della forchetta o per abbinare una lunga camminata ad una sosta al ristorante, potrebbe restare sorpreso dalla carta dei vini prodotti localmente e soddisfatto per la sua scelta.

Il Donnas Doc, vino prezioso Per scoprire i vini della Vallè si può risalire il corso della Dora Baltea. La prima tappa sarà a Donnas dove, su terrazzamenti, viene coltivato il Picotendro, questo il nome del vitigno con cui in zona viene identificato il Nebbiolo, da cui si ottiene il “fratello montano del Barolo”: il Donnas Doc. È un vino prezioso che la tradizione locale accredita di virtù afrodisiache. In questo senso potrebbe essere fratello d’alta quota anche del Pelaverga di Verduno (Cn). Il colore è rosso rubino scarico con riflessi granata più o meno intensi a seconda delle annate e del periodo di invecchiamento. Di profumo fine, con l’invecchiamento acquisisce complesse sfumature che ricordano le spezie, il cioccolato e la nocciola tostata. Ha gusto secco e armonico con fondo ingentilito da una persistente nota tannica.

Tra Nebbioli e bianchi delicati di BEPPE MALÒ

Ancora qualche chilometro e si tocca il tetto altimetrico del Nebbiolo dove il vitigno produce un vino a denominazione locale: l’arnad Montjovet che ha


in vino veriTas

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DIMMI COSA BEVI, TI DIRÒ COSA MANGI... L’arnad Montjovet ha un abbinamento praticamente perfetto con il celebre lardo di Arnad, suo “degno compagno”, oltre alle carni di capretto e di maiale. È poi ottimo con i formaggi stagionati, soprattutto le tome di latte vaccino o miste, purché generosamente stagionate. Il Petite arvine, conterraneo ma da bacca bianca, si accompagna bene con antipasti, leggeri spuntini e carni bianche. Si abbina perfettamente, grazie alla sua sapidità, con molti piatti di pesce anche di mare. Lo Chambave Moscato secco e aromatico si presta ad essere bevuto fuori pasto, come aperitivo, anche se trova buon abbinamento con crostacei e formaggi di media stagionatura. Il passito è indicato per la preparazione dello zabaione e può essere associato con buoni risultati anche con la pasticceria secca. Rimanendo in zona la Malvasia di Nus è un vino di larga duttilità negli abbinamenti: dagli antipasti, ai primi, alle carni bianche. Ottimo come vino da chiacchiera e da dolci sec-

chi nella versione passita. Il Donnas, fratello montanaro del Nebbiolo, ne ricalca in gran parte gli abbinamenti: camoscio e selvaggina da pelo sono gli abbinamenti migliori. Il Blanc de Morgex è adatto come aperitivo, ben si sposa con antipasti delicati e con la trota di montagna. Ottimo da gustare con la pizza. Va servito molto fresco. L’enfer d’arvier, infine, è ottimo con le carni rosse, gli arrosti e la selvaggina, ben si abbina con zuppe tipiche e formaggi locali.

sapore asciutto, caratterizzato da sensazioni di cuoio e di spezie. Il “supérieur”, ottenuto da vigneti a limitata resa per ettaro localizzati nel cuore della zona, si differenzia per una gradazione minima naturale più elevata e per un periodo di invecchiamento più lungo. Arnad è zona di produzione dell’ottimo Petite arvine, un bianco delicato, fine e fruttato che acquista eleganza con l’affinamento in bottiglia. Riesce a conservare una buona freschezza grazie all’acidità sostenuta che gli deriva dal vitigno. La tappa successiva sarà a Chambave e Nus, zona vocata per ottimi Moscati bianchi, per un’interessante produzione di Malvasia e per microproduzioni da vitigni autoctoni come il Vien de Nus, il Cornalin e il Fumin, antiche rarità dell’enologia locale recentemente riscoperte e valorizzate, grazie anche all’affinamento in legno e alla successiva maturazione in bottiglia.

Profumi di vigneto in vista del Monte Bianco Salendo ancora, superata Aosta, Aymaville, Introd e S. Pierre si arriva agli 800 metri di Arvier, patria del vitigno autoctono Petit Rouge da cui si ottiene il famoso enfer d’arvier. Vino intenso, di sapore corposo, è stato uno dei primi vini valdostani ad ottenere la Doc. I vigneti da cui trae origine sono coltivati in un anfiteatro naturale caratterizzato da un forte irraggiamento solare, da cui deriva l’appellativo di “inferno”. L’ultima tappa del percorso sarà a quota 1.200 metri dove, in vista del Monte Bianco, cresce ancora il Prièblanc da cui si ottiene il Blanc de Morgex et de La Salle. Ricavato con uve ottenute dai vigneti più alti d’Europa raccolte a giusta maturazione, è un vino che vuole essere bevuto giovane. Ha profumo fine e delicato, fruttato con sentore di erbe di montagna e di fieno appena tagliato e gusto secco, molto delicato, con note fruttate valorizzate da una buona freschezza.

CarBONaDe aLLa VaLDOStaNa porTaTa

DiFFiCoLTÀ

unico

media

TeMpo

CaLorie

75 min 400 kcal

INGREDIENTI PER 6 PERSONE 1 kg di polpa di manzo farina bianca una cipolla ½ l di vino rosso Donnas o Enfer d’Ervier 50 g di burro sale pepe spezie (peperoncino, timo, da 3 a 5 chiodi di garofano)

PREPARAZIONE Tagliare la polpa di manzo in 6 fette e infarinare leggermente. Affettare la cipolla e lasciarla imbiondire nel burro a fiamma dolce. Quando la cipolla sarà ammorbidita, aggiungere le fette di manzo infarinate, facendole rosolare a fiamma vivace. Condire con sale, pepe e le varie spezie. Versare il vino rosso e lasciar cuocere per circa 45 minuti riportando la fiamma al minimo. A metà cottura aggiustare eventualmente di sale e pepe. Per accompagnare la carbonade, la tradizione valdostana suggerisce polenta o cipolle stufate.



ConsigLi per La spesa

PIÙ PREZIOSI SE INCARTATI A MANO La linea Le Bontà del Pasticciere comprende anche il panettone classico e quello senza canditi incartati a mano con cura e attenzione, dalla pasta ancor più ricca di uova e di burro, in accattivanti confezioni: arancione e fiocco d’oro per il classico, rosso vivace e fiocco in tinta per quello senza canditi. Hanno tutto il sapore, e il colore, del Natale, da gustare anche con una crema al mascarpone o una salsa allo zabaione, con una mousse di cioccolato o una crema di pistacchi. Un tocco di squisitezza e di eleganza sulla tavola delle feste, ma anche un regalo esclusivo e di grande effetto.

un doLce naTaLe con Le BonTÀ deL pasTicciere panettone e pandoro non possono mancare nel menù della tradizione, con o senza canditi il primo, ammantato di un bianco velo di zucchero il secondo.

fiducia a nord come a sud, fatti a regola d’arte, con materie prime di qualità e seguendo la particolare tecnica di lavorazione e di lievitazione che li caratterizza fin dalle lontane origini.

Regione che vai, dolce che trovi: una regola che vale in particolare per i periodi di festa, e Natale è ormai alle porte. Ma per quanto vari e differenti siano i dolci che caratterizzano la tavola natalizia, senz’altro due fra tutti hanno raggiunto una diffusione nazionale e non solo. Panettone e pandoro, con la loro fragranza, le loro specificità, il loro sapore ineguagliabile hanno conquistato il palato degli italiani e sempre più sono apprezzati anche oltreconfine. Per questo, nonostante l’uno sia tipico di Milano e l’altro abbia origini a Verona, potrai trovare Pandoro e Panettone a marchio Le Bontà del Pasticciere nel tuo supermercato di

Caratteristiche in tavola Il panettone e il pandoro Le Bontà del Pasticciere sono preparati come da tradizione da un’azienda di lunghissima esperienza. A partire dalla scelta degli ingredienti, attentamente selezionati e controllati, per garantire qualità elevata e sicura bontà: farina di frumento, burro, zucchero, scorze d’arancia, uva sultanina, lievito naturale, tuorli di uova fresche per il ricco panettone; burro, zucchero, tuorli di uova fresche e lievito naturale per il più semplice e raffinato pandoro. La lavorazione accurata e il rispetto dei lunghi tempi di lievitazione, come impone la ricetta originaria, ne garan-

tiscono la fragranza e la morbidezza, esaltandone il profumo e il sapore delicato e inconfondibile. La semplicità degli ingredienti utilizzati, inoltre, fa sì che il loro contenuto calorico per cento grammi sia di poco superiore a quello del pane comune e la lievitazione naturale che li caratterizza li rende facilmente digeribili. Ovviamente se consumati con moderazione.

Occasioni di consumo Sugli scaffali del tuo supermercato di fiducia puoi trovare confezioni di Panettone tradizionale, Panettone senza canditi e Pandoro Le Bontà del Pasticciere nelle classiche scatole di un bel rosso natalizio. Per gustarli al meglio, prima di servirli è bene tenerli per qualche ora in ambiente caldo o vicino a una fonte di calore: si esalterà così la sofficità e la fragranza della loro pasta. Se Natale è l’occasione di consumo per eccellenza, non è detto che non si possa assaporare una fetta di pandoro o di panettone, magari tostata, anche prima o dopo il periodo di feste canonico, a fine pasto o a colazione la mattina, oppure a metà pomeriggio per merenda: come diceva un vecchio slogan, è sempre l’ora, in questo caso, del panettone (o del pandoro)!



Legumi, che passione

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I piselli,

protagonisti dei nostri piatti Dal Re Sole a Mendel, una ghiottoneria I piselli raggiunsero il loro apice di diffusione nel Settecento in Francia, tanto che Luigi XIV (il Re Sole) ne era ghiotto e come lui la sua corte. Durante tutto il Medioevo, invece, erano usati come salario per i contadini ed elemosina per i poveri. Fu proprio a partire dai piselli che Mendel iniziò lunghi ed approfonditi studi su ibridazione e trasmissione dei caratteri, formulando successivamente le note leggi della genetica, tuttora accettate e del tutto accreditate dal mondo della scienza.

I

piselli sono i legumi di cui si hanno notizie più antiche. Forse originari dell’Asia, le loro prime tracce risalirebbero addirittura all’ultimo periodo dell’epoca della pietra. Sono stati ritrovati negli scavi di Halicat in Turchia (5500 a.C.), nelle tombe dei Faraoni e nelle rovine di Troia, ed erano anche alimenti familiari nell’antica Roma. Sono largamente coltivati nell’Europa centrale e meridionale, e sono diffusissimi in Italia.

Freschi, surgelati o secchi Oggi i piselli vengono coltivati per il consumo fresco ma anche per l’industria conserviera; sono stati, infatti, tra i primi ortaggi ad essere commercializzati in lattine ermeticamente chiuse, ottimi per il surgelamento. In primavera è possibile trovarli sui banchi del mercato, ancora chiusi nel loro baccello; al supermercato, invece, i piselli vengono generalmente venduti surgelati, inscatolati o secchi. Tra i legumi, sono quelli meno calorici (solamente 70 kcal); quelli freschi devono essere tolti dal baccello e cotti direttamente così come quelli surgelati e in scatola, mentre quelli secchi necessitano di ammollo preventivo e vanno cucinati almeno un’ora. Una volta cotti, i piselli vanno conservati in frigorifero dentro ad un contenitore per 3-4 giorni. In Italia sono maggiormente coltivati in Emilia Romagna, Puglia, Sicilia, Campania e Veneto.

Mangiatutto e da sgranare di Gilberto Manfrin

Ne esistono essenzialmente due tipologie: i piselli mangiatutto detti anche taccole, dei quali si mangia anche il baccello, in quanto i semi rimangono allo


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Legumi, che passione

In abbondanza nei mix di legumi e cereali Al supermercato si trovano sempre di più nel reparto ortofrutta sacchetti di misto legumi e cereali. Alcuni portano il nome di zuppa contadina, altri di zuppa toscana, montanara, mediterranea. Al di là del nome, è possibile trovare combinazioni di cereali, in particolare orzo e farro, con legumi secchi quali fagioli, lenticchie e, ovviamente, i piselli. Un misto bilanciato, ottimo come primo e anche come piatto unico. Per la cottura, prima di aggiungere il misto all’acqua, è possibile fare un soffritto che aumenta il gusto della zuppa. Oppure mettete direttamente tutti gli ingredienti a freddo: prima i legumi, poi l’acqua, l’olio, le erbe aromatiche e qualche spicchio d’aglio. Ne uscirà una zuppa che richiederà almeno 45 minuti di cottura (25 in pentola a pressione) per essere pronta. L’acqua deve sempre bollire piano e con il coperchio leggermente sollevato in modo che esca un po’ di vapore.

vellutata di piselli PORTATA

DIFFICOLTÀ

primo

bassa

TEMPO

CALORIE

40 min 250 kcal

INGREDIENTI PER 2 PERSONE 250 g di piselli 200 g di patate 500 ml di brodo vegetale 1 cipolla bianca piccola 2 cucchiai di olio extravergine di oliva sale pepe nero macinato

stato embrionale (Gigante a fiore viola, Gigante svizzero, Mangiatutto nano) e i piselli da sgranare (piselli tondi, piselli rugosi), destinati ad essere consumati senza baccello. Di norma vengono seminati a pieno campo prima o alla fine dell’inverno. La semina autunnale è tipica delle regioni ad inverno mite mentre quella primaverile è diffusa nei luoghi dove l’inverno è rigido. La raccolta si ha al Nord tra maggio e giugno, al Centro da febbraio a maggio e al Sud da novembre ad aprile.

In cucina la fanno da padroni I piselli, quando sono piccoli e freschissimi, vengono consumati anche crudi; appena scottati sono deliziosi aggiunti alle insalate, oppure possono essere semplicemente cotti in padella con cipolla, prosciutto cotto a dadini e un filo d’olio. Sono ottimi con la panna per condire ravioli e pasta varia, nei timballi, oppure li ricordiamo nella celebre ricetta veneta dei “risi e bisi”, adatta al periodo autunnale - invernale. Si utilizzano per preparare zuppe, minestre, frittate, contorni e per accompagnare il pesce come nella ricetta romanesca delle “seppie coi piselli”.

Nemici del colesterolo Studi recenti hanno dimostrato che il consumo di piselli aiuta a tenere bassi i livelli di colesterolo “cattivo” nel sangue e contribuisce a tenere sotto controllo la glicemia. Non solo: i piselli sono una miniera di acido folico, vitamina indispensabile sia per il corretto sviluppo del feto, sia per prevenire patologie cardiovascolari.

PREPARAZIONE Pelare e tagliare le patate a cubetti. Sgranare i piselli e nel frattempo scaldare il brodo. Tritare e far soffriggere la cipolla in una pentola. Alzare la fiamma, aggiungere le patate, mescolare e lasciar cuocere 2 minuti. Aggiungere un mestolo di brodo, mescolare, coprire e cuocere a fiamma dolce per 5 minuti mescolando di tanto in tanto e aggiungendo altro brodo se il fondo di cottura si asciugasse troppo. Unire i piselli. Lasciar riprendere il bollore, quindi unire tanto brodo vegetale quanto ne servirà a coprire i piselli, un pizzico di sale e lasciare cuocere a fuoco medio, con coperchio, per 15 minuti circa. A cottura ultimata frullare il tutto direttamente nella pentola, fino ad ottenere un composto omogeneo e vellutato. Mettere nei piatti con un filo d’olio e pepe servendo con crostini di pane.



frutta in guscio

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Pistacchi e anacardi: lo snack è servito Frutta secca ottima per spuntini e aperitivi, ma anche per abbellire la casa in vista del Natale di Erica Giraudo

A

rrivano da Paesi lontani dall’Italia: Turchia e Brasile, ma i loro nomi sono diventati famigliari anche sulle tavole italiane. I pistacchi e gli anacardi compaiono dall’aperitivo al dolce (i pistacchi anche nel gelato) e sono un ottimo spuntino a qualsiasi ora della giornata (anche per bambini e sportivi), perché facilmente digeribili. Si possono trovare sia freschi che tostati. Crescono entrambi su piante secolari della famiglia delle Anacardiacee.

Un po’ di storia Il pistacchio (dal greco pistàkion) è originario del bacino Mediterraneo. È un albero coltivato per i semi e si può tranquillamente affermare che è una pianta vecchia quanto il mondo: viene

citata, per la prima volta, nell’Antico Testamento. Può vivere anche 300 anni e arriva a 12 metri di altezza. L’anacardio (dal greco kardia, per la forma a cuore) è una pianta tropicale. Arriva, in genere, sui 6-10 metri, ma ci sono specie che possono raggiungere anche i 40 metri. Come il pistacchio, è coltivato per i semi. La lavorazione e la trasformazione sono lunghe e complesse: dev’essere eliminato un olio, contenuto all’ interno del seme, che lo renderebbe non commestibile e poi il frutto viene sgusciato a mano. Solo il 10% del prodotto grezzo riesce a essere commercializzato.

Buoni sia dolci sia salati In cucina i pistacchi possono essere utilizzati sia nei dolci sia nella prepa-


frutta in guscio

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razione di portate salate (sono ottimi per aromatizzare gli insaccati). Il famoso pistacchio di Bronte Dop (è coltivato in alcune zone della Sicilia, come Catania e Caltanissetta, dove viene chiamato l’ “oro verde” per il suo alto valore commerciale) è uno degli ingredienti base di molte torte, di biscotti e cioccolatini. Ma il piccolo frutto è buonissimo anche nel “cous-cous” o abbinato, ad esempio, alle zucchine, come condimento per tutti i tipi di pasta. La granella di pistacchi è un prelibato guarnimento per arrosti e piatti a base di carne. Dai pistacchi si estrae un olio alimentare utilizzato nelle insalate e per dare un tocco aromatico ai dessert.

Gli anacardi sono consumati prevalentemente tostati e salati, come snack o per accompagnare cocktail e aperitivi. Nella cucina orientale vengono anche abbinati al pollo. Al naturale, non tostati, sono ingredienti di torte alla frutta o al cioccolato e possono essere consumati abbinati a marmellate e al miele. In India, nello Stato di Goa, il fiore dell’anacardio è utilizzato per produrre un liquore chiamato Fenny.

Proprietà a tavola e in cosmesi Sia i pistacchi che gli anacardi contengono proteine, vitamine e sali minerali. I pistacchi sono, recentemente,

sbarcati in cosmesi: l’olio a base di questo frutto idrata e dona luminosità alla pelle spenta. Stimola i processi di rigenerazione della pelle ed è ottimo anche come maschera idratante da applicare sul viso e lasciare in posa qualche decina di minuto. In Italia è poco conosciuto, mentre in Medio Oriente è utilizzato e apprezzato da migliaia di anni. Gli anacardi sono ingredienti di alcune creme per il corpo. Questi frutti hanno un intenso effetto idratante e donano luminosità alla pelle. Sono utilizzati anche nella produzione di stick per idratare parti delicate come le labbra e il contorno occhi. Per maggiori informazioni: www.cure-naturali.it.

Protagonisti a Natale Lo sapevate che i pistacchi e gli anacardi non sono solo buoni ma anche belli? E a Natale non possono mancare sulle tavole imbandite e nelle decorazioni “fai da te”. La frutta secca chiude, tradizionalmente, pranzi e cene durante le feste. Ma può anche servire ad abbellire la propria casa. Tra le proposte quella di utilizzare anacardi e pistacchi (rigorosamente in guscio, magari i pistacchi completamente chiusi che spesso finiscono nella spazzatura) per creare portacandele da mettere sulle tavole imbandite o da regalare ad amici e colleghi. Basta prendere un piatto di plastica, mettere al centro una candela e incollare attorno la frutta secca. Oppure possono diventare insolite ghirlande da appendere alla porta di casa o, ancora, decorazioni per gli alberi di Natale. È sufficiente incollarli su supporti di cartoncino o uno all’altro e magari poi dipingerli con colori a tempera. Si tratta di lavoretti facili e senza pericoli, adatti anche ai bambini.

cannelloni al pesto con pistacchi e anacardi PORTATA

primo

DIFFICOLTÀ

media

TEMPO

CALORIE

45 min 1617 kcal

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 8 cannelloni 250 g di carne di maiale tritata 200 g di funghi 1 carota e 1 scalogno olio qb 40 g di burro 250 g di pistacchi 250 g di anacardi una manciata di spinacino (in alternativa vanno bene anche gli spinaci) sale qb 25 g di farina ½ l di latte un pizzico di noce moscata parmigiano grattugiato qb

PREPARAZIONE Tritare carota e scalogno e metterli in padella con olio e carne macinata. Far cuocere a fuoco moderato. Tagliare i funghi e rosolarli in padella con un po’ di olio, poi aggiungerli alla carne. Frullare spinacino (o spinaci), pistacchi e anacardi, aggiungendo un po’ di olio e sale, fino ad ottenere un pesto cremoso. Preparare la besciamella: mettere latte e burro in un pentolino e aggiungere, poco per volta, la farina e, infine, la noce moscata. Cuocere per 5-10 minuti. Riempire i cannelloni con carne e funghi aggiungendo una noce di burro.

Imburrare una pirofila da forno e spalmare uno strato di besciamella e poi uno di pesto, quindi adagiare i cannelloni e ricoprirli di besciamella e pesto con parmigiano grattugiato. Cuocere in forno a 180° per circa 30 minuti.



CONSIGLI PER LA SPESA

SUPERZAMPONE IN FESTA

ZAMPONE E COTECHINO VALE A CAPODANNO Indispensabili in tavola in questa occasione, ma apprezzabili anche durante l’anno per secondi e piatti unici equilibrati e saporiti Come da tradizione, nel menù del cenone di San Silvestro non possono mancare cotechino e/o zampone, due gustose specialità della nostra arte salumiera, create – si dice dall’estro degli abitanti di Mirandola, nei pressi di Modena, all’inizio del 16° secolo, quando la città venne assediata dalle milizie di Papa Giulio II. In quell’occasione, per evitare che i maiali cadessero nelle mani degli invasori, i mirandolesi avrebbero macellato e insaccato le carni macinate nella cotenna, dando così origine al Cotechino, e successivamente nelle zampe, determinando la nascita dello Zampone. Sostanzialmente l’impasto è lo stesso: cotenna e carni di suino

sapientemente selezionate, macinate e aromatizzate con erbe e spezie come pepe, noce moscata, cannella, chiodi di garofano oltre che vino. La differenza sta nell’involucro: il budello del maiale per il cotechino; la zampa anteriore del suino svuotata, pulita e sgrassata per lo zampone.

Facili e veloci da preparare Vale ha selezionato per i suoi clienti Cotechini e Zamponi di Modena contrassegnati dal marchio europeo IGP, Indicazione Geografica Protetta, riconoscimento che attesta il legame dei prodotti con il territorio e il rispetto delle tecniche di lavorazione tradizionali. All’insegna della qualità dunque - come sempre del resto -, dimostrando ancora una volta l’attenzione ai gioielli gastronomici di casa nostra, dal sapore inimitabile. Da proporre non solo durante il momen-

Dal 1989 ogni anno, di solito la prima domenica di dicembre, i Maestri Salumieri Modenesi preparano a Castelnuovo Rangone in provincia di Modena lo zampone più grande del mondo, iscritto nel Guinness dei Primati. Se il primo anno pesava “solo” 224 kg, nel 2012 ha raggiunto il peso ragguardevole di oltre 900 kg, anche se il record per ora è del 2008: 942 kg! L’edizione 2013 di questa sagra popolare si svolgerà l’8 dicembre e all’ora di pranzo proporrà a tutti i visitatori gratuitamente un assaggio del superzampone dell’anno, accompagnato da fagioli, pane e lambrusco. La manifestazione sarà preceduta il sabato 7 dicembre da un evento organizzato a Modena dal Consorzio Zampone Modena Cotechino Modena IGP, per promuovere un consumo “quotidiano” delle due eccellenze gastronomiche, protagoniste di ricette gustose come lo zampone con zabaione al cognac, oppure il cotechino con fusilli e pomodorini. Scaricabili, insieme ad altre, dal sito del Consorzio: www.modenaigp.it to di festa canonico, bensì nell’arco dell’intero anno poiché costituiscono un secondo ricco e completo, che ben si accompagna sia alle lenticchie, indispensabili a Capodanno perché beneauguranti, sia a purè di patate, fagioli in umido, ceci, verdure di vario tipo (ottimi gli spiedini grigliati), mostarda di mele, cren (rafano). Tanto più che sono comodi e facili da preparare: Zampone e Cotechino Vale, infatti, sono precotti e confezionati sottovuoto in pratiche buste di alluminio, che ne mantengono intatte le caratteristiche organolettiche e assicurano la prolungata conservazione. Basta immergere la busta così com’è, ancora sigillata, in una pentola di acqua fredda: si porta a ebollizione e si lascia cuocere 20 minuti circa il cotechino, una mezz’oretta lo zampone. Ed ecco pronto un piatto davvero prelibato!



L’esperto risponde

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Innovazione in vaschetta Salumi e formaggi pronti incontrano il favore dei consumatori, perché sempre freschi e ricchi di sapore. Ma pochi conoscono i vantaggi di questo sistema di confezionamento. Ecco un contributo per saperne di più di Alfonso Bendi Marketing Specialist Agroter

L

’evoluzione delle abitudini di acquisto e di consumo ha visto negli ultimi anni un incremento costante delle vendite di salumi in vaschetta e di formaggi porzionati e confezionati. La tendenza è chiara anche nelle analisi della società di ricerca IRI, che periodicamente monitora l’andamento delle vendite di prodotti nei supermercati italiani: oltre un terzo delle vendite nel 2013 sono attribuite ai salumi e formaggi confezionati a peso fisso (per esempio, proposti in confezioni che contengono sempre 100 grammi di prodotto, differenti da quelle a peso variabile che, viceversa, possono contenere quantità non prestabilite di prodotto). Dal punto di vista del consumatore

finale, i vantaggi reali del prodotto confezionato, rispetto a quello preparato al momento, sono tanti: una maggior durata e una qualità organolettica più costante nel tempo, grazie alla possibilità di confezionare in atmosfera modificata (protettiva); una maggiore comodità nel fare la spesa potendo contare su un’ampia offerta di prodotti già pronti e solo da mettere nel carrello, senza dover aspettare in fila al banco salumeria; un livello prezzi allineato ai prodotti da banco, ma con assortimenti più ricchi e differenziati per tutti i gusti e le abitudini; una maggiore praticità di consumo per gli affettati in vaschetta rispetto a quelli appena tagliati o sottovuoto, poiché le fette -


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L’esperto risponde

anche sottili - rimangono separate tra loro fino al momento in cui si gusta il prodotto; e, non ultimo, si sa in anticipo quanto si spende.

Al banco per gli affettati Eppure, nonostante salumi e formaggi in vaschetta piacciano sempre di più e siano presenti nei supermercati già da parecchi anni, sul sistema utilizzato per confezionarli - il confezionamento in atmosfera protettiva - ci sono tante perplessità da parte dei consumatori. Lo testimoniano anche i risultati di una ricerca condotta su oltre 2.000 acquirenti, intervistati proprio per conoscere la loro opinione sull’offerta di salumi e formaggi, con particolare attenzione a quelli in vaschetta. Nonostante il comportamento di acquisto e i dati di vendita suggeriscano un orientamento verso il prodotto confezionato, dalle interviste risulta evidente una preferenza per i salumi affettati al momento: il 76% del campione afferma di acquistarli generalmente al banco salumeria e tale percentuale sale all’89% se si chiede come preferirebbero acquistarli. Ciò indica come nel vissuto del consumatore, tempo disponibile permettendo, sia il banco servito il posto migliore per avere un buon affettato.

Per i formaggi il discorso è un po’ diverso perché il prodotto in vaschetta, ma soprattutto quello pellicolato, è stato accettato con più favore dal consumatore, diventando un’alternativa di pari valore rispetto a quello del banco, anche perché spesso pellicolato a vista.

I dubbi degli acquirenti Dietro a questi risultati però c’è un malinteso di fondo connesso alla scarsa conoscenza sulle caratteristiche della tecnologia di confezionamento in atmosfera modificata (ATM), o protettiva. Il primo problema è legato al fatto che meno di un terzo degli intervistati sa della reale conservabilità prolungata - anche per diverse settimane - del prodotto in ATM, il che fa pensare a quanti limitino l’acquisto pensando che la confezione sia un semplice imballaggio per agevolare l’acquisto e il trasporto, ma che non si possa fare scorta. Il secondo problema, quello più impattante, è che la metà degli intervistati consapevoli della reale conservabilità dei salumi in vaschetta lega erroneamente la maggiore durata all’aggiunta di conservanti o ad agenti chimici all’interno della confezione, mentre l’altra metà parla di sottovuoto (28%), non sa dare risposta (20%) o cita l’atmosfera protettiva, ma questi ultimi sono solo il 2% del totale.

Il confezionamento in Atmosfera Modificata Vediamo allora di fare un po’ di chiarezza sull’argomento. In che cosa consiste la tecnologia di confezionamento in ATM, utilizzata per i salumi e formaggi in vaschetta? Grazie alla sostituzione dell’aria con una miscela di gas (azoto, ossigeno e anidride carbonica), tale tecnologia permette di aumentare il periodo di conservabilità dei prodotti alimentari, in particolare di quelli deperibili. Durante il periodo di conservabilità, le virtù nutrizionali, l’aspetto e il sapore dell’alimento rimangono inalterati rispetto al pre-confezionamento. Inoltre, le caratteristiche di durabilità del prodotto in atmosfera protettiva continuano anche dopo l’apertura della confezione poiché l’anidride carbonica diminuisce il grado di umidità del prodotto e la conseguente vulnerabilità agli agenti esterni. Si tratta di una tecnologia che può essere applicata a qualunque tipologia di prodotto alimentare, ma che nei freschi esprime al massimo le proprie caratteristiche. È attualmente utilizzata in formaggi, affettati e carne, ma è proprio nei salumi che il vantaggio di avere fette separate dà un valore aggiunto rispetto ai formaggi, prevalentemente venduti in spicchi o in tranci. Dunque, niente conservanti o agenti chimici di varia natura nelle vaschette. Solo la possibilità di conservare il prodotto più a lungo, senza alterarne le proprietà nutrizionali e il sapore.


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le ricette

Menù di Natale a cura della chef Andrea Pellegrini, Associazione Cuochi Torino e Chef del Ristorante Q.B., Rivoli (To)

Aperitivo: Negroni

Antipasti: Boules de pomme Tropicale di gamberi scottati

Primo: Cannelloni al salmone in crema

Secondi: Roll di tacchino farcito Broccolo in soufflè

Contorno: Bruxelles al bacon con castagne

Dolce: Dolce stella

Cannelloni al salmone in crema PORTATA

DIFFICOLTÀ

primo

media

TEMPO

CALORIE

100 min 995 kcal

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 400 g di farina 4 uova 150 g di salmone affumicato 150 g di mascarpone 200 g di parmigiano 1 mazzetto di erba cipollina 50 g di burro 250 g di patate 10 g di prezzemolo fresco sale e pepe

PREPARAZIONE Setacciare e disporre la farina a fontana, formare un incavo nel centro e rompervi dentro le 4 uova una alla volta, aggiungere 1/2 cucchia-

ino di sale e iniziare a mescolare prima le uova con una forchetta, poi anche la farina prendendola man mano dai bordi. Lavorare l’impasto con le mani, nel caso dovesse risultare troppo duro, aggiungere qualche cucchiaio di acqua tiepida, fino a quando non risulterà liscio e compatto. A questo punto avvolgere l’impasto con pellicola trasparente e lasciare riposare per circa 1 ora. Mondare, lavare e strizzare bene il prezzemolo e tritarlo finemente. Sbucciare le patate e cuocerle in abbondante acqua salata, una volta cotte, schiacciarle con lo schiacciapatate, aggiungere un po’ d’acqua di cottura, un filo d’olio, il prezzemolo tritato e mescolare fino ad ottenere una vellutata, quindi aggiustare di sale e pepe.

Tritare grossolanamente il salmone, metterlo in una terrina e mescolarlo con 1 uovo sbattuto, il mascarpone, 150 g di parmigiano e l’erba cipollina finemente tritata. Infarinare il piano di lavoro e stendere la pasta, prima appiattendola con le mani, poi tirandola con il mattarello. Ottenuto lo spessore di circa 0,5 mm, ritagliare dei rettangoli di circa 10x 7 cm. Inserire il composto di salmone su ogni rettangolo di pasta, arrotolarli su se stessi e disporli su una teglia da forno imburrata, cospargere con pezzetti di burro e il restante parmigiano, quindi infornare a 180° per 20 minuti. Servire i cannelloni nella vellutata di patate calda.


Tropicale di gamberi scottati PORTATA

DIFFICOLTÀ

antipasto

facile

TEMPO

CALORIE

45 min 275 kcal

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 16 code di gambero 1 limone 1 mango olio di oliva 2 cucchiai di aceto balsamico 2 cucchiai di zucchero

negroni PORTATA

DIFFICOLTÀ

aperitivo

bassa

TEMPO

CALORIE

10 min 180 kcal

PREPARAZIONE Pulire le code di gambero e metterle a marinare in un a ciotola con dell’olio, la scorza ed il succo di li-

mone per circa 30 minuti. Pulire e pelare il mango, tagliarlo in 4 porzioni uguali, da ogni porzione ricavare delle fettine e disporle come base sui piatti da portata. In un pentolino far ridurre l’aceto balsamico con lo zucchero, lasciar leggermente raffreddare e mescolare con un po’ d’olio d’oliva in modo da ottenere una salsa non troppo liquida. A questo punto scottare le code di gambero in padella per alcuni minuti, quindi disporle nei piatti sopra le fettine di mango e condire con la salsa di aceto balsamico.

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 250 ml di gin 250 ml di Martini rosso 250 ml di bitter rosso 1 arancia ghiaccio

PREPARAZIONE Mettere qualche cubetto di ghiaccio direttamente nei bicchieri e aggiungere in parti uguali il gin, il Martini e il bitter e mescolare. Aggiungere un pezzetto di scorza d’arancia e decorare ogni bicchiere con una fetta d’arancia.

Boules de pomme PORTATA

DIFFICOLTÀ

antipasto

media

TEMPO

CALORIE

60 min 285 kcal

INGREDIENTI PER 6 PERSONE 3 mele 500 g di carne macinata di manzo 1 cipolla grande 100 g di prosciutto cotto (unica fetta spessa) 50 g di uva passa 50 g di pinoli olio di oliva sale e pepe

PREPARAZIONE Tagliare a metà le mele nel senso verticale, eliminare il torsolo e svuo-

larle avendo cura di lasciare circa 1 cm di mela attaccato alla buccia e mettere da parte la polpa. Mettere l’uva passa ad ammollare in acqua tiepida per circa 10 minuti, poi scolare. In una padella soffriggere la cipolla precedentemente tagliata finemente, aggiungere la carne macinata e il prociutto tagliato a pezzettini, salare, pepare, aggiungere i pinoli, l’uva passa e cuocere per 5 minuti. Aggiungere al composto il ricavato dell’interno della mela tagliato a pezzetti, mescolare bene e riempire con cura le mezze mele, quindi disporle su una teglia da forno e far cuocere

per circa 30 minuti a 180°C. Togliere le mele dal forno, disporle su un piatto da portata e servirle tiepide.

le ricette

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le ricette

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Roll di tacchino farcito PORTATA

DIFFICOLTÀ

secondo

media

TEMPO

CALORIE

70 min 483 kcal

INGREDIENTI PER 6 PERSONE 900 g di fesa di tacchino 1 pera 100 g di vitello macinato 150 g di albicocche secche 100 g di mirtilli 150 g di pancetta 100 ml di brandy 50 g di pistacchi qualche foglia di salvia un rametto di rosmarino sale e pepe

PREPARAZIONE Mettere in una ciotola la carne macinata di vitello e unirvi amalgamando bene la pera tagliata a

cubetti, i mirtilli, le albicocche e i pistacchi tritati, il brandy, quindi aggiustare con sale e pepe. Disporre il composto sulla fesa di tacchino (un’unica fetta), arrotolare bene il tutto e coprire con le fette di pancetta, guarnire con la salvia e il rosmarino e legare con uno spago da cucina. Sistemare il rotolo su una pirofila e cuocere a forno ben caldo per 10 minuti a 200°, poi portare la temperatura a 180° e continuare la cottura per altri 40 minuti. A cottura ultimata togliere il rotolo dal forno e avvolgerlo in carta stagnola per mantenerlo caldo, quindi deglassare il fondo di cottura, con il quale condire il rotolo prima di servirlo affettato.

Broccolo in soufflè PORTATA

DIFFICOLTÀ

secondo

media

TEMPO

CALORIE

60 min 305 kcal

INGREDIENTI PER 6 PERSONE 450 g di cime di broccoli 500 g di patate 2 uova 100 g di parmigiano 100 g di emmenthal pangrattato noce moscata olio d’oliva sale e pepe

PREPARAZIONE Pulire i broccoli, salarli e metterli a bollire in una pentola, pelare e tagliare a pezzetti le patate e mettere anch’esse a bollire in una pentola con acqua salata, una volta cotti mettere a sgocciolare per alcuni minuti. Schiacciare i broccoli e le patate con una forchetta, in modo da ottenere una purea grossolana, aggiungere il parmigiano grattugiato, le uova precedentemente sbattute, un pizzico di noce moscata e mescolare aggiustando di sale e pepe. Imburrare 6 pirofile monoporzione e spolverarle con il pangrattato, versare una base di purea, aggiungere l’emmenthal precedentemente tagliato a pezzetti e ricoprire con altra purea, spolverare con pangrattato e versare un filo d’olio prima di infornare per 30 minuti a 180° a forno preriscaldato.


Bruxelles al bacon con castagne PORTATA

DIFFICOLTÀ

contorno

bassa

TEMPO

CALORIE

60 min 775 kcal

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 500 g di cavolini di Bruxelles 100 g di bacon 1 scalogno 1 spicchio d’aglio 250 ml di brodo vegetale 20 castagne 2 cucchiai di zucchero olio di oliva sale e pepe

PREPARAZIONE Lavare le castagne e metterle a cuocere intere (nè sbucciate, nè incise), in una pentola di acqua fredda con un po’ di sale, per circa 30 minuti a fiamma moderata. Lasciare le castagne nell’acqua bollente, pescar-

le una ad una e sbucciarle avendo cura di rimuovere tutta la pellicina marrone. In un pentolino sciogliere lo zucchero con un bicchiere scarso d’acqua, quindi in una padella unire e mescolare a caldo lo sciroppo ottenuto alle castagne e lasciare raffreddare. Pulire i cavoletti tagliando la base del torsolo ed eliminare le prime foglie esterne, quindi farli cuocere al vapore per circa 15 minuti. Tritare lo scalogno e farlo appassire in una padella con un po’ d’olio e lo spicchio d’aglio intero, togliere l’aglio e aggiungere il bacon precedentemente tagliato a piccole strisce e farlo rosolare. A questo punto aggiungere i cavoletti cotti al vapore e bagnare con il brodo per mantenerli umidi.

A cottura ultimata aggiustare di sale e pepe, aggiungere le castagne e servire.

per almeno 2 ore. Togliere le stelline dagli stampi e

spolverare con cacao in polvere prima di servire.

Dolce stella PORTATA

DIFFICOLTÀ

dolce

bassa

TEMPO

CALORIE

150 min 595 kcal

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 250 g di mascarpone 50 g di cioccolato fondente 50 g di cioccolato bianco 100 g di zucchero a velo 4 uova cacao in polvere

PREPARAZIONE Montare 2 tuorli d’uovo con metà zucchero a velo, amalgamarli con metà mascarpone, il cioccolato bianco precedentemente sciolto a bagnomaria e 2 albumi montati a neve ben ferma. Versare il composto in 4 stampi a forma di stella e riporli in frigorifero per circa mezz’ora Ripetere l’operazione con gli stessi ingredienti, ma utilizzando il cioccolato fondente, quindi versare il composto sopra la base di cioccolato bianco e rimettere in frigorifero

le ricette

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vivere eco

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Salviamo la carta Preziosa e insostituibile, è una risorsa da preservare. Con l’aiuto della tecnologia e del buon senso ora è possibile di Ilaria Blangetti

L

a carta: riciclarla e comprarla riciclata. Fortunatamente la cultura del riciclo è già molto presente nelle teste degli italiani: a dirlo sono i dati diffusi dal rapporto 2012 del Comieco (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli imballaggi a base cellulosica). L’Italia si conferma eccellenza europea con oltre 9 imballaggi su 10 recuperati: il Consorzio ha preso in carico, nel 2012, 1,6 milioni di tonnellate di carta e cartone. Il nostro Paese è una rarità anche per la quantità percentuale di imballaggi immessi al consumo che vengono recuperati e riciclati: nel 2012 il tasso di recupero complessivo ha raggiunto il 91,9%. Ma tanto c’è ancora da fare per portare quella percentuale sempre più su!

L’aiuto delle tecnologie La prima norma per non sprecare la preziosa carta è quella di utilizzarla solo quando risulta davvero necessario: e-mail, biglietti aerei, bollette, estratti conto… ora tutto ciò può viaggiare semplicemente in rete, risparmiando e rispettando l’ambiente. Non sempre, però, questo “cambio” avviene in automatico: informatevi e richiedete, quando possibile, di non inviare più comunicazioni tramite posta. Tutte le volte che risulta possibile, acquistate carta riciclata o prodotti per la casa realizzati con essa, come carta igienica e tovaglioli. Se proprio non amate il tipico colore marroncino della carta riciclata o se la vostra occasione d’uso non è adatta,


vivere eco

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cercate sempre carta certificata, ossia prodotta con materia prima derivante da foreste gestite in maniera sostenibile e da fonti controllate (vedi tabella sotto).

Dove la butto? Non tutta la carta è riciclabile. La prima regola del riutilizzo, però, è semplice: dev’essere asciutta e pulita. Si possono riciclare libri, riviste, giornali, foglietti vari, fotocopie, ma anche scatole per alimenti e imballaggi in cartone (sempre ripiegati per non sprecare spazio). I contenitori per bevande in TetraPak (cartone del latte, succhi di frutta,...) ora vanno

conferiti nel cassonetto per la raccolta differenziata della carta. Non tutti i Comuni, però, si sono ancora adeguati: per conoscere i dettagli della zona in cui abitate potete consultare il sito www.tiriciclo.it/Hpm00.asp. Alcuni rifiuti, invece, richiedono più attenzione: la carta dei cartoni della pizza e quella assorbente devono essere gettate nell’indifferenziato dopo l’uso. Stessa sorte per gli scontrini, o per le carte che sono state trattate con sostanze chimiche o tinture, o ancora per quella che è stata bagnata e per la carta carbone. La carta plastificata e comunque tutta quella carta che è stata “accoppiata” con

altri materiali, non è riciclabile e quindi dev’essere gettata nel rifiuto secco. Lo stesso vale per la carta oleata, ossia quella che normalmente contiene focacce, salumi o formaggi e per quella adesiva.

Pensare al sociale Non gettate mai i libri vecchi, ma donateli a biblioteche o associazioni che si occupano di aiutare famiglie in difficoltà perché diventino un patrimonio di tutti. Se in buono stato, poi,possono essere una bella idea per i regali natalizi. Esistono molti siti che si occupano di scambio di libri usati: tra questi http://it.bookmooch.com.

Addobbati per le Feste Natale e Capodanno si avvicinano e allora spazio alla fantasia con “addobbi eco” per le tavole delle Feste. Con i vecchi giornali e le carte dei regali dell’anno prima, si possono costruire non solo palline per l’albero di Natale o fantasiosi centri tavola (tante idee si possono trovare sul sito www.craftandfun.com) ma anche vere e proprie idee regalo come segnalibri personalizzati, mentre con i vecchi cartoncini divertitevi a realizzare simpatici biglietti d’auguri e chiudipacco (http://coopvagamondi.myblog. it/chiudipacco). Per costruire qualcosa di diverso provate il “quilling” (in italiano filigrana di carta): una tecnica che prevede l’utilizzo delle cosiddette tagliatelle di carta per poi creare, tramite incroci e abbinamenti, simpatiche creazioni. Un consiglio per un effetto più movimentato e ancora più eco, è quello di utilizzare i cartoncini ondulati che in genere si trovano nei pacchetti di crackers. Esistono molti tutorial su internet e per alcuni è diventata una vera e propria arte: www.fantasiedicarta.com propone anche corsi per tutti.

Come andare sul sicuro Le certificazioni della carta servono per garantire il rispetto degli standard ambientali: ecco le più diffuse che si possono trovare anche in Italia. FSC (http://it.fsc.org)

Certificazione internazionale privata

Pasta di carta proveniente da foreste gestite secondo criteri di sostenibilità. Si basa su principi ambientali, sociali ed economici

PEFC (www.pefc.it)

Certificazione internazionale privata (adatta anche in caso di proprietà forestali di piccole dimensioni)

Prodotto proveniente da foreste gestite in maniera sostenibile e da fonti controllate

ECOLABEL (www.ecolabel.eu)

Marchio europeo di qualità ecologica

Identificato da una margherita stilizzata, è uno strumento volontario comunitario che certifica i prodotti compatibili da un punto di vista ambientale

ECF

Identifica un tipo di carta ecologica

Carta prodotta senza uso di cloro elementare per la sbiancatura



MonDo BaMBini

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È già pronto per i cibi solidi? Le linee guida consigliano di non anticipare lo svezzamento prima dei sei mesi, ma alcune mamme iniziano già al quarto mese a dare i cibi solidi... Come stanno veramente le cose? A cura della redazione di

H

ai i bavaglini e il set per la pappa pronti e sei sicura che tuo figlio voglia provare le pappe solide perché si mostra interessato al cibo che mangi tu e sembra che il latte non sia più sufficiente per sfamarlo... però non ha ancora sei mesi. È il caso di fargli assaggiare la crema di riso o il purè di mela, oppure è bene seguire le linee guida ufficiali? L’Organizzazione mondiale della sanità consiglia di aspettare il sesto mese prima di introdurre gli alimenti solidi al bambino e reputa il latte materno un alimento sufficiente per sfamare un bambino fino a quell’età: possiede tutti i nutrienti necessari per la prima fase della sua vita e contiene sostanze in grado di proteggerlo da infezioni e

di favorirne il corretto sviluppo. Devi sapere che il latte materno modifica nel tempo la sua formula adattandosi alle esigenze del bambino.

Iniziare al sesto mese Lo svezzamento troppo anticipato può sottoporre il bimbo a diversi rischi. • Quando l’apparato digerente per l’insufficiente flora batterica, viene a contatto con alimenti diversi dal latte, può indurre all’assorbimento delle molecole del cibo non digerito, attraverso la parete intestinale, ancora permeabile. Una volta immesse nel circolo sanguigno, tali molecole si possono comportare come quelle “pericolose” antigeniche, scatenando la produzione


i Tempi deLLo svezzamenTo Li decide iL neonaTo! E cosa succede, compiuto il sesto mese? La regola che vale per tutti è osservare il proprio bambino e capire quando è il momento di iniziare. L’interesse e l’entusiasmo per il cibo, oltre la fame, si faranno senz’altro sentire! Ricordati anche che il periodo dello svezzamento è un importante passaggio educativo, tramite il quale i genitori aiutano il figlio a formare il suo gusto che l’orienterà da grande nella scelta di alimenti salutari e non è una corsa al traguardo! Non aver troppa fretta!

di anticorpi. Le conseguenze sono intolleranze e allergie. • Alcune sostanze, come le proteine della carne e i minerali delle verdure possono sovraccaricare i reni immaturi del bambino. • Con lo svezzamento precoce rischi di fornire un’alimentazione sbagliata rispetto ai fabbisogni del bambino. L’organismo del bebè è predisposto per essere nutrito con il latte materno, il quale offre un introito energetico, derivante prevalentemente dai grassi, mentre la maggior parte delle calorie delle “pappe” provengono dai carboidrati di verdura, frutta e cereali.

Il momento giusto per partire aspettare la maturazione digestiva... Ovvero la produzione della maggior parte degli enzimi necessari per digerire altre sostanze, oltre quelle contenute nel latte. Per esempio, la maturità sufficiente alla digestione degli amidi contenuti nei cereali “predigeriti”, viene rag-

giunta dall’intestino solo verso i 6 mesi, mentre la digestione autonoma degli amidi avverrà solo verso i 12 mesi. ... quella motoria e neurovegetativa... Per passare dal latte ai cibi solidi il bebè deve saper stare seduto nel seggiolone, in quanto la digestione degli alimenti solidi necessita la distensione dello stomaco. Per accettare cibi proposti con il cucchiaino, il bambino deve avere già estinto il riflesso della spinta della lingua, del quale il bimbo si serve fino al 4°-6° mese per opporsi all’introduzione di cibi solidi in bocca. In presenza di tale riflesso, il rifiuto del cucchiaino può essere confuso dalla mamma con il disgusto verso il cibo! ... e psichica. Il primo vero distacco dalla mamma: il seggiolone non è la stessa cosa dell’abbraccio della mamma e il cucchiaino rigido non è paragonabile al morbido seno materno! Un passaggio brusco e precoce verrebbe vissuto come uno stato di abbandono, sofferenza e frustrazione.

ASSAGGIAMO NUOVI CIBI

Qualunque metodo sceglierai per svezzare tuo figlio, il fattore più importante è farlo mangiare in modo sano e aiutarlo ad avere buone abitudini alimentari che lo accompagneranno durante l’infanzia e oltre. Il segreto per fare in modo che lo svezzamento abbia successo, è far accostare al più presto il bambino ad una varietà di cibi e sapori e lasciare che stia seduto a tavola col resto della famiglia, in modo che possa imitare le tue abitudini alimentari. Ma cos’altro è necessario sapere? - Si parte al momento giusto Una volta che il bambino è capace di stare seduto senza aiuto, ha perso il riflesso di estrusione (che fa sì che i bambini spingano fuori il cucchiaio con la lingua), mostra interesse per il cibo e di avere fame e, al vedere avvicinarsi un cucchiaio, apre la bocca e muove la testa verso il cucchiaio: potete partire! - Pazienza prima di tutto Cerca di non sentirti frustrata se il bimbo rifiuta un determinato cibo. Possono essere necessari anche 10 tentativi per imparare ad apprezzare un alimento, quindi non disperare. Se rifiuta qualcosa, non lo devi forzare. Passa a qual cos’altro e riprova dopo una settimana o più in là. E non mettergli fretta, durante i pasti, perché ha bisogno di esplorare l’aspetto di un cibo, deve toccarlo, manipolarlo e poi assaggiarlo. - Lascialo libero di pasticciare Quando inizi lo svezzamento, è normale che il bimbo si spalmi la pappa sulle guance e anche se sporca tanto, lo devi accettare di buon grado. - Pensa alla sua sicurezza Presta attenzione ai prodotti che usi per preparare le sue pappe. Lava tutta la frutta e le verdure e, se non sono di produzione biologica, sbucciale per togliere le tracce di pesticidi. Fai attenzione alla temperatura dei cibi che servi al piccolo: il piatto troppo caldo potrebbe ustionare il piccolo.

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week-end all’italiana

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Spoleto e le colline umbre

Assaggi d’Umbria il cuore verde dell’Italia Libri come zattere nel mare umbro In “Zattere nel mar d’Umbria” (15 euro, edito dal Centro Servizi per il Volontariato di Perugia, in vendita scrivendo a info@intra-umbria.eu), Giuseppe Bearzi racconta la sua missione di salvare i libri destinati al macero raccogliendoli in apposite biblioteche (“zattere”) disseminate nel “mar” d’Umbria. Finora sono stati raccolti 40 mila libri, ordinati in 40 biblioteche tematiche e non sono mancate le sorprese. Come nella biblioteca dedicata alle lingue e letterature del mondo di Bettona, dove c’è l’unico libro in frisone (lingua dei Paesi Bassi) esistente in Italia. Oppure nella biblioteca di libri di storia contemporanea di Allerona, dove sono raccolti rari documenti storici sul Vietnam. di Fabrizio Pepino

C

osì lontana, ma così vicina. Così piccola, eppure così grande. L’unica regione dell’Italia peninsulare a non essere bagnata dal mare, racchiude in sé un intero universo di bellezze artistiche e naturali che non è possibile ammirare in un solo week-end. Il “cuore verde” del nostro Paese non conosce pianure ma solo tante colline e le montagne dell’Appennino, per cui gli spostamenti sono mediamente lunghi, anche se sicuramente molto affascinanti e suggestivi. Pensando ad un soggiorno breve, quindi, immaginiamo un percorso nella parte settentrionale della regione che sia un giusto mix tra cultura e natura, con un tocco di spiritualità. Alcuni assaggi scelti e prelibati che sicuramente vi faranno venire l’appetito di tornare in Umbria per una vacanza più lunga…

La poesia di Assisi nei presepi di San Francesco La più famosa località umbra è legata al nome di Francesco, il Santo patrono d’Italia. Costruita a mezza costa sul monte Subasio, esposta tutta a mezzogiorno, si presenta come una terrazza che si affaccia sulla Valle Umbra. La sua posizione centrale, inoltre, la rende una base logistica funzionale per visitare il resto della regione, anche grazie ai buoni collegamenti viari. I momenti migliori per cogliere tutto il suo fascino sono l’alba ed il tramonto, quando il sole colora di rosa la pietra del monte Subasio con cui sono costruite le case della città. Lasciando l’auto al parcheggio Ponte San Vetturino (aperto anche ai camper), si può entrare in città attraverso una suggestiva passeggiata in mezzo agli ulivi fino a Porta San Francesco, da dove si raggiungono facilmente le due basiliche (inferiore e superiore) famose per i dipinti di Giotto e Cimabue. Durante le feste


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Basilica di San Francesco ad Assisi

di fine anno, “Natale in Assisi” propone presepi in stile francescano praticamente in ogni chiesa, vicolo e angolo della città. Fino all’Epifania, nel palazzo di Monte Frumentario si può visitare la mostra omaggio ad Antonio Canova, il più importante scultore neoclassico, grande cantore della bellezza femminile (Info 075/8138680).

A Gubbio l’albero di Natale più grande del mondo Legata alla vita di San Francesco dall’episodio dell’ammaestramento del lupo, Gubbio è una splendida cittadina che ogni anno nel giorno dell’Immacolata stabilisce il primato dell’albero di Natale più grande del mondo, realizzato su una delle dorsali del monte Igino, sulla cui sommità si trova la basilica di San Ubaldo, raggiungibile con una funivia che parte dal centro abitato. Città verticale, si può visitare facilmente grazie agli ascensori (gratuiti) che portano da piazza San Giovanni a Piazza Grande. Ma Gubbio si fa apprezzare anche a tavola, in quanto il mangiar bene fa parte di una lunga tradizione. Tra i piatti tipici la Crescia sul Panaro, da accompagnare agli affettati locali o con il “friccò” di agnello, anatra, pollo e coniglio. Diffuso e facile da trovare a fine anno il pregiatissimo tartufo (bianco e nero), ma i ristoranti e i locali caratteristici propongono sempre anche le tipiche pietanze eugubine a base di legumi, come i fazzoletti di farro alle noci o la zuppa di lenticchie con crostini dorati al forno.

I pesci e gli uccelli del Parco del Lago Trasimeno Al confine con la Toscana, il Parco Regionale del Trasimeno (Info 075/828059) si presenta come un’oasi di pace e tranquillità, un luogo in cui si può vivere a contatto diretto con la natura ed entrare a far parte di un mondo dove il tempo sembra essersi quasi fermato. L’area protetta, grazie al particolare microclima e ai bassi fondali, è un habitat naturale perfetto per molte specie ittiche e un’importante area di svernamento e di sosta per l’avifauna acquatica. Per gli appassionati di birdwatching, l’inverno è il periodo migliore per osservare germani reali, canapiglie, fischioni e marzaiole nel loro ambiente naturale. Persici, tinche, carpe, lucci e anguille, invece, sono l’ingrediente principale dei piatti tipici della tradizione locale, come il “tegamaccio” (zuppa insaporita da diversi tipi di pesce) e la “regina” (carpa) in porchetta. Ma il vero protagonista del Trasimeno resta il pescatore, che continua imperterrito ad abitare i centri rivieraschi e i piccoli borghi delle isole, solcando le acque del lago con la sua barca e sfalciando ancora a mano i canneti. Una presenza costante e discreta che gli occhi più attenti non mancheranno certo di scovare.

Come muoversi nell’Appennino Nonostante la presenza dell’Appennino, l’Umbria è ben collegata al resto d’Italia grazie alla posizione centrale e alla presenza di molti siti turistici. Dalle isole si arriva volando sull’aeroporto di Perugia (www.airport.umbria.it), mentre in auto si utilizza la FirenzeRoma (A1), l’Adriatica (A14) o la superstrada Cesena-Orte (E45). In treno conviene sfruttare le molte diramazioni della linea Firenze-Roma. Una volta arrivati in zona, di grande utilità sono i servizi Muoversi in Umbria (numero verde 800.51.21.41) o il portale web www.umbriamobilita. it (Info 075/9637001), che forniscono risposte puntuali ad ogni tipo di esigenza. Per scegliere dove dormire e mangiare il portale turistico www.regioneumbria.eu è molto ben strutturato e si può anche scaricare da AppStore (HD UmbriaApp). L’unico limite è che non esiste un numero di telefono regionale degli uffici Iat (Informazioni e accoglienza turistica), per cui bisogna far riferimento ai singoli comprensori turistici.


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Vista panoramica del Lago Trasimeno

Perugia, una regione dentro una città Città d’arte ricca di storia e monumenti, prestigiosa sede universitaria, ma famosa anche per i cioccolatini quasi omonimi, Perugia “sorge improvvisamente su di un’altura” – come scriveva Dickens - delimitata da mura d’epoca etrusco-romana, sulle quali si aprono cinque porte medievali da cui partono, come punte di un’unica stella, i rioni che danno nome ai cinque borghi della città: Porta Sole, Porta Sant’Angelo, Porta Santa Susanna, Porta Eburnea e Porta San Pietro. Non è un caso che la città sia candidata ad essere Capitale europea della Cultura per il 2019. Tra i tanti monumenti e musei che vale la pena di visitare, anche chi andasse di fretta non può non ammirare la splendida Fontana Maggiore, con i bassorilievi dei fratelli Pisano sulle due vasche marmoree. Ma un po’ di tempo lo merita senza dubbio anche il Museo Storico della Perugina, che propone un fantastico viaggio nel mondo del cioccolato con visita finale all’azienda (Info 075/5276796). Per chi preferisce la natura, invece, da fare una passeggiata nel verde parco Città della Domenica, conosciuto anche come Spagnolia, noto soprattutto per le ambientazioni che ripropongono gli scenari fiabeschi. Infine, per visitare la città in modo nuovo e autonomo, da provare “Enjoy Perugia”, innovativo sistema per fornire informazioni ai turisti su monumenti ed eventi attraverso lalettura di un QR Code (www.perugia.qrplaces.it).

la torta al testo farcita PORTATA

DIFFICOLTÀ

unico

bassa

TEMPO

CALORIE

45 min 360 kcal

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 600 g farina “0” 400 ml acqua 1/2 cucchiaino bicarbonato 1/2 cucchiaino sale

PREPARAZIONE

Città di Castello tra storia antica e arte moderna Capitale dell’Alta Valle del Tevere, Città di Castello è forse la più antica città della regione, in quanto le prime palafitte sul lago Tiberino furono costruite dagli Umbri circa tremila anni fa. Ma se la storia della città è ben testimoniata dalle mura, dai reperti e dai molti monumenti e musei aperti al pubblico, merita sicuramente una visita la Collezione Alberto Burri allestita nelle due sedi di palazzo Abizzini e negli ex essiccatoi del tabacco (Info 075/8559848), la raccolta più completa delle opere di uno dei maggiori esponenti dell’arte informale del Novecento italiano, nato proprio a Città di Castello.

Preparare un impasto morbido ed omogeneo di farina, acqua, sale e bicarbonato (no olio, lievito e formaggio). Dopo averlo lasciato riposare per un quarto d’ora, stenderlo con il “rasagnolo” (mattarello) o a mano, fino ad ottenere una sfoglia alta un dito e del diametro del “testo” (o della padella). Arroventare il “testo” (ossia un disco di pietra riscaldato sulle braci del focolare) o preriscaldare la padella, quindi appoggiarvi sopra la sfoglia stesa. Lasciar cuocere per 15 minuti circa, avendo cura di girare l’impasto più volte e di bucherellarlo con una forchetta. Tagliare la torta a spicchi e farcirla a piacere (stracchino e rucola, salsicce, prosciutto e formaggio, etc.)




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