Il rilievo diretto e il raddrizzamento piano

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“Il rilievo diretto e il raddrizzamento piano�

Sara Barcella Mirco Cagliani Mattia Panza Nicola Zana


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INDICE Introduzione……………………………………………………………………………………………………………………..5 Il rilievo diretto………………………………………………………………………………………………………………..7 Fotoraddrizzamento……………………………………………………………………………………………………...19 Raddrizzamento geometrico…………………………………………………………………………….……………23 Raddrizzamento analitico……………………………………..……………………………………………………….34 Note sul software Perspective rectifier………………………………………………………………………….57

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INTRODUZIONE Il rilevamento è una delle attività umane più antiche e, per molti versi, anche delle più naturali; tuttavia anche il rilevamento, come ogni altra attività umana, ha bisogno di un metodo se vuole evitare di rimanere nel campo dell’approssimazione. Il rilevamento, in quanto operazione di conoscenza, è volto a cogliere l’intima essenza dell’architettura, a indagare tutti i suoi aspetti: da quelli dimensionali a quelli geometrici, da quelli relativi allo stato di conservazione a quelli relativi alle tecniche costruttive e ai materiali impiegati. Dal nostro punto di vista rilevare significa conoscere in profondità una determinata opera ma questo tipo di conoscenza può essere raggiunta solo se il rilevamento è condotto seguendo una rigorosa metodologia. E’ infatti necessario confinare gli errori entro i limiti della naturale incertezza, da predeterminare in relazione al metodo di rilevamento impiegato. Ci sono varie tecniche di rilevamento:  Diretto: ( bindella )  Indirettoo strumentale: ( Rilievo topografico e fotogrammetria )  Automatico: ( Laser Scanning )

Il nostro gruppo di lavoro ha approfondito il rilievo diretto e la tecnica della fotogrammetria, ovvero una tecnica piuttosto recente che permette di ottenere eccellenti risultati nel rilievo di strutture e oggetti.

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IL RILIEVO DIRETTO Tra le diverse tecniche di rilevamento architettonico, il rilievo diretto è senza dubbio quella più facilmente utilizzabile perché non necessita di strumentazione particolare se non dei tradizionali strumenti di misura facilmente reperibili ed a basso costo. Ciò presuppone comunque una profonda conoscenza sia del metodo operativo che delle tecniche di acquisizione e di restituzione. Viene definito diretto in quanto le misure vengono prese direttamente sull’oggetto da rilevare ed è possibile il confronto diretto tra l’oggetto e un “campione” di dimensione nota. Data la sua versatilità esso viene utilizzato nella maggior parte dei rilievi architettonici ed inoltre è spesso usato a completamento di altri tipi di rilievi come quello topografico o strumentale. Inoltre può essere utilizzato per rilievi di porzioni intere, quali la planimetria o le sezioni di un edificio, oppure per il rilevamento di alcuni dettagli specifici.

Alcuni strumenti del rilievo diretto Gli strumenti che vengono utilizzati più spesso sono: - doppi metri in legno a stecche ripiegabili con sensibilità al millimetro; - doppio metro a nastro d’acciaio arrotolabile - cordelle metriche di lunghezza variabile con sensibilità al centimetro o mezzo centimetro; - distanziometro laser; - filo a piombo per l’individuazione della verticale; - livella -…

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Fasi del rilievo diretto L’iter operativo consiste di due fasi distinte: una detta di campagna, in cui si raccolgono di dati; l’altra, da effettuare in un momento successivo, detta restituzione delle misure. Schematicamente si potrebbe riassumere tutto il processo del rilievo diretto in alcune fasi fondamentali: 1. progetto 2. eidotipi 3. tracciamento della fondamentale orizzontale 4. rilievo delle piante 5. rilievo degli alzati 6. eventuale integrazione con altre tecniche di rilievo 7. restituzione. Indipendentemente dalla metodologia che si vuole utilizzare, la prima fase del rilievo corrisponde all’esecuzione di un PROGETTO in cui si prevede sia l’organizzazione delle operazioni da svolgere, in relazione al prodotto da ottenere, sia la suddivisione dell’oggetto da rilevare in parti. In particolare negli edifici con una notevole complessità dal punto di vista morfologico e distributivo, è necessaria la suddivisione in sottoparti e la contemporanea visione dell’insieme. La regola generale, per il rilievo diretto, ma condivisibile da tutte le forme di rilievo, è di procedere sempre dal generale al particolare. Dal punto di vista pratico, la suddivisione in sottoparti avviene dopo aver visionato tutta la documentazione grafica esistente come planimetrie catastali, vecchi rilievi anche in scale diverse,.. in modo da poter avere un’idea globale dell’edificio. La necessità di suddividere l’edificio da rilevare in parti minori è dovuta a diversi motivi sia di ordine pratico che teorico. Nella pratica è molto difficile con gli strumenti del rilievo diretto rilevare contemporaneamente l’intero edificio; se ad esempio è necessario misurare distanze molte lunghe, si osserva una notevole freccia nella cordella metrica che devia la misura finale. Ma soprattutto, dal punto di vista teorico,lavorando sulle singole parti, per poi riunirle, si evita di commettere errori rilevanti e di accumularli l’uno con l’altro. Si ha quindi un controllo maggiore sulla precisione del proprio rilievo, in quanto si possono commettere solo errori locali (legati quindi ad una singola parte dell’edificio) e non errori che inficiano l’intero rilievo. Nella fase di progetto di ogni rilievo vanno inoltre pensati i prodotti finali da realizzare. La seconda fase dell’operazione di rilievo consiste nella realizzazione degli EIDOTIPI. Con eidotipo si intende un disegno realizzato a mano libera, ma accurato, dell’area o dell’oggetto da rilevare, sul quale poi andranno segnate le misure rilevate. Esso non è però solo un supporto per le misure, può essere considerato un vero e proprio quaderno di appunti sul quale il rilevatore annota anche particolare e dettagli. E per questo motivo che per molti l’eidotipo non ha solo il carattere di documentazione provvisoria e di supporto, ma anzi parte integrante della restituzione grafica del manufatto.

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Il concetto teorico sotteso agli eidotipi è che essi devono rendere “discreto” ciò che è continuo, riproducendo con un numero limitato di segni, il soggetto che rappresentano. Questi segni saranno quelli necessari per rappresentare sinteticamente il soggetto, senza snaturarne l’essenza. Sull’eidotipo va riportato tutto quello che si deve rilevare, possibilmente facendo attenzione alle dimensioni e soprattutto alle proporzioni, e quelle informazioni che il rilevatore ritiene necessarie per la fase successiva di misurazione e poi di restituzione. L’eidotipo utilizza generalmente lo schema delle proiezioni ortogonali. Per cui per il rilievo delle piante, verrà realizzato a mano una sezione orizzontale, mentre per gli alzati si provvederà ad una sezione verticale. Per elementi complessi come modanature o nodi particolarmente complicati si dovranno realizzare eidotipi di dettaglio su cui andranno indicati in modo chiaro i riferimento per inserire l’oggetto nella giusta posizione. Praticamente deve riportare tutte le murature che verranno sezionate, gli elementi che sono in vista, gradini e scale, eventuali cambi di quota, alcune indicazioni di massima sui materiali utilizzati. Sono da evitare i disegni in cui le linee ed i segni siano sovrabbondanti. Allo stesso modo sono da evitare inutili concessioni al gusto pittorico. E’ buon norma indicare su ogni foglio l’indicazione dell’opera, la sua ubicazione rispetto allo schema generale, il numero progressivo del disegno, data del rilievo e nome del rilevatore. La terza fase prevede il TRACCIAMENTO DELLA FONDAMENTALEORIZZONTALE. Con questa operazione si intende la materializzazione di una linea orizzontale, di quota costante, che percorre tutto l’edificio. In questa fase viene messo in luce l’atteggiamento corretto che il rilevatore deve tenere. Infatti non è corretto supporre piani di calpestio orizzontali, muri a piombo o angoli retti tra due pareti se non vi sono delle misure a comprovare tutto ciò oppure altre valide motivazioni. Questa linea rappresenta inoltre il riferimento sul quale prendere tutte le misure.

Tracciamento della fondamentale orizzontale

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Essa può essere tracciata in diversi modi. I vecchi testi di rilievo suggeriscono di utilizzare una livella ad acqua che, per il principio dei vasi comunicanti, ha la superficie dell’acqua allo stesso livello in entrambe le estremità del tubo. Questo sistema è ormai in disuso, ed è stato sostituito dall’utilizzo di un livello laser. Questo strumento,costituito essenzialmente da un puntatore laser rotante, attraverso un sistema di auto livellazione, emette un raggio che, individuando una quota costante, servirà da traccia per l’identificazione di piani orizzontali o verticali. E’ molto importante riportare la linea fondamentale da stanza a stanza, segnando delle tacche, ad esempio sugli elementi comuni a vani adiacenti (p.e. stipite delle porte), in modo di avere ovunque la stessa quota di riferimento. RILIEVO DELLE PIANTE: La pianta (o planimetria) serve a rendere l’immagine dell’oggetto nella sua estensione e nelle sue dimensioni, rispetto ad un piano orizzontale. In rapporto alla posizione di questo piano, su cui si esegue la proiezione dei punti, si possono avere visioni planimetriche diverse. Quando il piano è posto al di sopra degli oggetti si ha una visione zenitale, completa delle superfici di questi; quando il piano è secante, cioè taglia gli oggetti, viene rappresentata anche una parte interna degli oggetti stessi,quella tangente al piano. In questo caso si ha una sezione condotta secondo un piano orizzontale.

Posizione del piano di sezione orizzontale rispetto all’oggetto Per quanto riguarda il rilievo planimetrico gli schemi principali di rilevamento sono per Trilaterazione e per Coordinate Cartesiane. Trilaterazione: La definizione della posizione di un punto nello spazio è nota solo quando sono individuate le sue tre coordinate cartesiane; nel caso della rappresentazione planimetrica, tuttavia, sono sufficienti le due coordinate X e Y, mentre la terza, relativa all’altezza del punto, può essere omessa. Il triangolo è l’unica delle figure geometriche elementari ad essere indeformabile e, pertanto, facilmente rappresentabile sul foglio di disegno utilizzando semplicemente le misure dei tre lati. Questa caratteristiche fa si che questa figura geometrica sia particolarmente comoda nel rilievo anche di forme complesse, in quanto si procede suddividendo l’oggetto da rilevare in triangoli, possibilmente equilateri, di cui andranno misurati tutti i lati.

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Fissato il primo lato, di misura nota, detto anche base,per rilevare la posizione nello spazio di un altro punto sarĂ necessario semplicemente misurarne la distanza dai vertici della base (vengono dette anche coordinate bipolari perchĂŠ per individuare un singolo punto bastano le distanze da due poli).

schema della trilaterazione teorico. Dato un segmento noto di lunghezza nota AB, si misurano i segmenti A1 B1 A2 B2 e si costruiscono attraverso archi di cerchio le posizioni dei punti 1 e 2.

metodo della trilaterazione applicato in fase di campagna e di restituzione

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Nella pratica operativa si fissa una base, quindi si misura la distanza tra due punti, e poi si misurano tutte le distanze di ogni punto da rilevare dai due punti assunti come riferimento. Se le pareti del vano da rilevare non presentano spanciature o irregolarità, si può procedere considerando le pareti come i lati dei triangoli e quindi di ogni stanza verranno rilevate tutte le misure delle pareti e le due diagonali. Misurando infatti entrambe le diagonali ci sarà una misura sovrabbondante che permetterà di eseguire una eventuale verifica. Il metodo della trilaterazione viene utilizzato nei casi più diversi, ricordando però che con questa tecnica si individua la posizione di punti singolari coincidente con i vertici dei triangoli rispetto ad un piano.

errori nella trilaterazione La tecnica della trilaterazione è applicabile anche per individuare profili verticali (o volte), a condizione che i triangoli di cui si misurano i lati appartengano a piani verticali. Infine può essere utilizzata per ricavare indirettamente, cioè a partire da misure lineari, l’ampiezza dell’angolo formato da due piani contigui. Coordinate cartesiane: Questo schema di misurazione parte dalla conoscenza del sistema di coordinate cartesiane, sistema in cui l’asse delle ordinate e delle ascisse sono ortogonali tra loro. Questo metodo consiste nel fissare una retta (ascissa), detta base,possibilmente parallela ad uno dei lati. Su questa retta, considerata come asse delle ascisse, si proiettano perpendicolarmente tutti i punti da rilevare, ottenendo i corrispondenti punti proiettati. Per effettuare la proiezione dei punti sulla base, è necessario accertarsi che essa avvenga perpendicolarmente; pertanto la retta proiettante e la base devono formare un angolo retto. La perpendicolarità può essere assicurata semplicemente incrociando la cordella metrica, che funge da ascissa di riferimento, con un metro rigido e valutandone l’ortogonalità. Si andranno a leggere quindi le misure sulla cordella metrica che fornirà la X e sul metro rigido che fornirà la Y.

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Schema per coordinate cartesiane. Metodo delle misure progressive (in alto) o parziali (in basso) La tecnica delle coordinate cartesiane è in genere utilizzata nei rilievi planimetrici non troppo estesi, ma di configurazione complessa. Unione delle parti: Descritti i due principali schemi del rilievo diretto e alcune occasioni in cui applicarli, resta il problema di collegare tra loro le parti rilevate singolarmente in dettaglio (i diversi ambienti di un edificio, i diversi piani, i diversi isolati,..) seguendo un procedimento che eviti il propagarsi dell’errore di un singolo tratto a tutto il rilievo. Questo modo di procedere viene detto inquadramento del rilievo, e consiste nella determinazione, particolarmente accurata della posizione di alcuni punti (detti caposaldi) in relazione ad un sistema di riferimento generale, a cui eventualmente connettere i necessari sistemi locali. I rilievi dimensionali delle singole parti saranno via via agganciati ai caposaldi e riferiti ai sistemi di assi o alle singole direzioni. Per condurre con particolare precisione le operazioni preliminari di inquadramento è opportuno far ricorso a metodi e a strumentazioni topografiche. Qualora ciò non fosse praticabile, o non fossero richieste particolari precisioni, è possibile procedere anche con il metodo diretto. La tecnica più utilizzata è la trilaterazione, ma bisogna porre attenzione perché si corre il rischio di trasportare l’incertezza amplificandone gli effetti negativi. Per ridurre al minimo gli errori è buona norma fissare delle rette basi o allineamenti ai quali riferire le singole misure dell’oggetto. La determinazione dei singoli punti dell’edificio viene desunta dalle trilaterazione appoggiate sull’allineamento preventivamente realizzato, senza che siano tra di loro concatenate.

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Per rilevare ad esempio il profilo esterno dell’edificio, la prima operazione consiste nel tracciare una base la cui direzione sia ovviamente relazionata all’andamento dell’edificio stesso. Successivamente si procede rilevando le distanze da ognuno degli estremi delle basi di tutti i punti necessari per descrivere il perimetro dell’edificio.

Inquadramento mediante una rete di trilaterazioni esterne Qualora si debbano mettere in relazione le diverse parti dell’oggetto rilevato, o tra loro i diversi oggetti, è necessario predisporre più allineamenti, opportunamente individuati e relazionati gli uni agli altri , ai quali riferire tutte le misurazioni successive, qualunque sia la tecnica utilizzata. Nel caso del rilievo diretto, per evitare di incorrere in notevoli errori, è necessario realizzare il minor numero di allineamenti, magari con una disposizione tale da formare una maglia chiusa. Gli allineamenti infatti sono spesso fonte di errore perché non è così facile tendere uno spago o la cordella metrica. La disposizione ottimale è rappresentata da allineamenti consecutivi a due a due ortogonali.

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Ipotizzando sempre di non misurando angoli, operazione difficile nel rilievo diretto, sarà necessario bloccare ogni allineamento sul precedente e sul successivo attraverso coppie di trilaterazione, con i lati il più possibile ampi. RILIEVO DEGLI ALZATI: Il termine sezione indica la rappresentazione grafica degli oggetti secondo un piano verticale, secante gli oggetti, in modo tale da mostrare la parte interna. La definizione è analoga a quella data in planimetria, dato che l’unica differenza è data dalla disposizione del piano secante. I prospetti sono invece proiezioni di superfici verticali (alzati) condotti secondo piani a queste paralleli.

Fig. 18: Relazione posizione del piano verticale di sezione – rappresentazione Dopo aver tracciato, come indicato in precedenza, la fondamentale orizzontale il rilievo degli alzati consiste nel riferire le quote dei singoli punti alla quota della linea fondamentale, misurando le distanze verticali da questo, con segno positivo verso l’alto e negativo se verso il basso, secondo la tecnica già vista delle coordinate cartesiane. La verticalità rispetto alla linea fondamentale deve essere assicurata mediante l’uso del filo a piombo. Il problema si complica quando i due punti di cui rilevare il dislivello sono distanti tra loro o vi sono degli ostacoli interposti. Si può procedere con la tecnica detta della costellazione o a gradoni. Questa consiste nel dividere l’intere lunghezza in più tratti orizzontali di cui si misureranno le singole distanze orizzontali e le relative differenze di quota.

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RESTITUZIONE: Questa fase, che è comune a tutti i tipi di rilievi che verranno affrontati, è suddivisa in due fasi ulteriori. Nella prima parte vengono restituite le misure, secondo diverse tecniche, mentre in seguito si procede ad una fase di editino grafico per rendere i disegni corretti anche dal punto di vista formale. Si deve porre attenzione in particolare alla fase di restituzione degli elementi rilevati per trilaterazione. Si procede disegnando la prima linea corrispondente alla segmento utilizzato come base. Per determinare tutti gli altri punti si procederà con archi di cerchio dei raggio pari alle distanze rilevate. Con riferimento alla figura, si disegni il segmento AB pari alla base. Poi si tracci, con centro in A, un cerchio di raggio AC, mentre con centro in B il segmento BC. All’incrocio dei due cerchi verrà fissato il punto C. Allo stesso modo, puntando in C con apertura CD e in A con apertura AD, si fissa il punto D. Abbiamo però visto che nel rilievo è importante avere sempre misure sovrabbondanti per effettuare dei controlli. In questo caso, se abbiamo misurato anche la seconda diagonale,realizziamo un cerchio con centro in B e raggio BD. Se tutte le nostre misure fossero precise il punto D si troverebbe all’incrocio dei tre archi di cerchio. Invece succede praticamente sempre che i tre archi non si incrocino e formino una specie di triangolo,visibile aumentando il fattore di zoom. In questo caso il tecnico restitutore provvederà a porre il punto D nel baricentro P del triangolo formato dai tre archi di cerchio. Questa compensazione pratica corrisponde, dal punto di vista teorico, all’applicazione dei minimi quadrati, ossia si cerca di distribuire l’errore su tutte e tre le misure e fare in modo che esso sia il più piccolo possibile. Il punto notevole che soddisfa queste richieste è appunto il baricentro.

Fig 23: Esempio di restituzione di misure rilevate per trilaterazione. Compensazione empirica riportando il vertice da fissare nel baricentro P del triangolo formato dalle tre distanze osservate

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Considerando lo sviluppo, ormai assodato e diffuso, del calcolatore come strumento principale di disegno, la fase di restituzione verrà affrontata facendo riferimento a programmi di CAD. La logica interna dei software CAD permette di lavorare con layer diversi, in modo di attribuire ad ogni layer (paragonabile ognuno ad un foglio di lucido sovrapponibile) un particolare significato: linee di costruzione, indicazioni generali, ‌. Il disegno finale sarà strutturato in layer in modo da avere alcuni layer legati alla fase di restituzione, in cui saranno contenuti i cerchi per le trilaterazioni,mentre altri layer per gli elementi già restituiti. La strutturazione in layer permette una rapida comprensione del disegno, ed un editing rapito in fase di stampa, scegliendo lo spessore della penna in relazione al colore.

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FOTORADDRIZZAMENTO Introduzione La fotogrammetria è una tecnica di rilievo le cui origini sono antiche almeno quanto l'invenzione della fotografia e la cui teoria è stata sviluppata perfino prima della stessa invenzione della fotografia, come pura geometria proiettiva. La fotogrammetria, sebbene nasca per il rilievo delle architetture, si sviluppa principalmente per il rilevamento del territorio,ed è stata, fino alla fine del secolo scorso, applicata in gran parte come fotogrammetria aerea". "La fotogrammetria rappresenta ormai uno strumento di acquisizione di dati metrici e tematici tra i più affidabili e più immediati, e va estendendo sempre più la sua diffusione e le sue applicazioni. Essa costituisce infatti una procedura di rilevamento, prospezione e documentazione - di rara efficacia - delle realtà territoriali, ambientali, urbane e architettoniche. “ Ed è bene anche sottolineare che: "la tecnica fotogrammetrica non deve né può sostituirsi interamente ai rilievi diretti, ma può offrire solo un supporto geometricamente obbiettivo,imprescindibile ai fini dell'esecuzione del rilievo finale." La fotogrammetria trova fondamento nella volontà di ricostruire in modo rigoroso la corrispondenza geometrica tra immagine e oggetto al momento dell’acquisizione. Questo avviene definendo tra i punti immagine, i centri di presa e i punti oggetto delle stelle di raggi di proiezione nello spazio, secondo il modello geometrico della prospettiva centrale. Nella prassi consolidata si identifica come fotogrammetria dei vicini, quando gli oggetti interessati risultano situati ad una distanza inferiore a 300 m circa, dalla camera da presa fotogrammetrica; e come fotogrammetria dei lontani, quando gli oggetti sono situati a distanze maggiori. Il limite dei 300 m costituisce anche la delimitazione della quota di sicurezza per le riprese da aeromobile. Il processo fotogrammetrico tradizionale è riassumibile in: 1. acquisizione/registrazione delle immagini; 2. orientamento delle immagini e ricostruzione del modello tridimensionale attraverso tecniche stereoscopiche; 3. restituzione, cioè misura dell’oggetto e formalizzazione numerica o grafica delle sue caratteristiche dimensionali.

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In base alla forma di rappresentazione del dato, e quindi degli strumenti utilizzati per la restituzione, si distingue tra: - fotogrammetria tradizionale se l’immagine disponibile è su supporto fotografico; - fotogrammetria digitale se l’immagine è registrata in forma digitale. I prodotti che il procedimento fotogrammetrico è in grado di generare sono di due tipi:  prodotti immagine, derivati da immagini originali per trasformazioni geometriche più o meno complesse: o raddrizzamento di immagini o fotopiano: procedimento applicabile solo ad oggetti perfettamente piani o con variazioni altimetriche (profondità) tali da generare errori trascurabili alla scala di rappresentazione scelta; o mosaici: accorpamenti di immagini singole raddrizzate per realizzare una copertura unitaria dell’area di interesse;  prodotti numerici puntuali o vettoriali, in cui la restituzione passa attraverso la determinazione di punti oggetto in un sistema di riferimento tridimensionale: cartografie: o carte topografiche planimetriche corredate con informazioni altimetriche (punti quotati o curve di livello); o disegni architettonici vettoriali in proiezione ortogonale (principalmente in alzato); o profili (rispetto ad un piano orizzontale o verticale di riferimento).

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Raddrizzamento digitale (o fotoraddrizzamento piano): Teoria Si tratta di un caso specifico del raddrizzamento in cui viene imposto il vincolo che l’oggetto da rilevare sia assimilabile ad un piano. Questa condizione si traduce nel porre tutte le coordinate Z dell’oggetto pari a zero, per cui l’operazione di orientamento e restituzione può essere risolta con un solo fotogramma. Le equazioni di col linearità sono:

Si deduce che un solo fotogramma è sufficiente per la ricostruzione di un oggetto piano e che otto parametri indipendenti definiscono la prospettiva di un oggetto piano. Come si vede i parametri, rispetto al caso spaziale, sono ridotti da nove a otto. Il motivo sta nel fatto che esistono, nel caso di oggetto piano, delle relazioni fra i nove parametri originari.

Raddrizzamento di un’immagine Conservando quattro punti noti d’appoggio di cui siano note le coordinate immagine e oggetto si possono determinare gli otto coefficienti e quindi calcolare le Xi, Yi di qualsiasi punto oggetto a partire dai punti immagine xi, yi.

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Raddrizzamento digitale (o fotoraddrizzamento piano): Pratica La “Fotogrammetria” è una metodologia di rilievo che consente di desumere le dimensioni di un oggetto attraverso una o più immagini fotografiche, basandosi sui principi della geometria proiettiva e sulla congruenza fra immagine fotografica e immagine prospettica. La fotogrammetria consiste quindi nel rilevare un oggetto attraverso la fotografia ricavando da essa le informazioni di cui necessito, tra cui dati metrici di un oggetto, come forma e posizione, stato di conservazione, materiali impiegati e tecniche costruttive. Il sensibile miglioramento delle prestazioni dei PC ci permette oggi di ottenere buoni risultati anche con una “normale” macchina fotografica e alcuni software specifici di facile utilizzo, cioè di praticare una fotogrammetria semplificata relativamente a facciate piane raddrizzate in proiezione ortogonale, partendo dalla misurazione di 4 punti scelti. Ci accontenteremo di vedere quali risultati è possibile ottenere con un’attrezzatura minima/comune e in autonomia di lavoro nella fotogrammetria di oggetti assimilabili ad una superficie piana: • facciate / pareti affrescate / pavimentazioni / mosaici • oggetti di piccole dimensioni come quadri, stampe e altri oggetti vari.

Sistema pratico di posizionamento della fotocamera per riprese

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Il foto raddrizzamento può essere effettuato in due modi distinti:  Per via geometrica  Per via analitica Raddrizzamento geometrico Il metodo geometrico consiste nell’individuazione di due rette orizzontali e due rette verticali appartenenti al fotopiano. Sul posto è necessario rilevare due misure ortogonali tra loro per poter stabilire, una volta raddrizzato il fotogramma, il rapporto tra la x e la y. Naturalmente molti fattori influiscono sulla bontà della restituzione, ad esempio la risoluzione dell’immagine di partenza e la precisione nell’individuazione delle direzioni orizzontali e verticali. Nel caso di raddrizzamento geometrico si procede in questo modo: • individuazione di almeno due linee verticali • individuazione di almeno due linee orizzontali • calcolo dei punti di fuga prospettici • eliminazione della trasformazione prospettica dell’immagine, cioè fotoraddrizzamento (per interpolazione dell’immagine digitale) • messa in scala, sulla base di una/alcune misure note.

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Esempio di raddrizzamento geometrico Software utilizzato: Perspective Rectifier 1. Fotografare l’oggetto da rilevare Innanzitutto si procede a fotografare le immagini dividendo la superficie da rilevare in una serie di foto che consentano suddividere l’edificio se troppo grosso. L’inquadramento avviene semplicemente puntando l’obiettivo della macchina fotografica e visualizzando la porzione che si riesce ad inquadrare con uno scatto.

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Insieme alle fotografie per il rilievo diretto è bene misurare anche un particolare come nel nostro caso la finestra, che permetta di essere utilizzato come parametro nell’operazione di raddrizzamento.

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2. Caricare le immagini da raddrizzare: Icona "Importa". Aprire il file desiderato "immagine.jpg".

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3. Definire due assi orizzontali:  

Sul piano da raddrizzare Sugli elementi geometrici della facciata che nella realtà sono orizzontali (qualora tali elementi non siano disponibili posizionare ad esempio due fili orizzontali con l'ausilio di una livella a bolla)

Icona "Asse orizzontale".

Per una maggiore precisione nel tracciamento delle rette orizzontali, in basso a sinistra è presente una finestra dove è possibile visualizzare la foto ingrandita.

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4. Definire due assi verticali:  

Sul piano da raddrizzare Sugli elementi geometrici della facciata che nella realtĂ sono verticali Icona "Asse verticale".

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5. Definire due misure:   

sul piano da raddrizzare le più lunghe indipendenti (ad esempio una orizzontale e una verticale)

Icona "Misura".

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5. Definire l'area di raddrizzamento (opzionale): Men첫 "Raddrizzamento->Area di raddrizzamento". Selezionare l'area di interesse.

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6. Raddrizzare l'immagine: Icona "Raddrizza".

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7. Esportare l'immagine raddrizzata e messa in scala: Icona "Esporta". Esportare l'immagine raddrizzata e messa in scala in un file formato DXF. Il file DXF riporta in autocad l’immagine in scala 1:1. ATTENZIONE: Se si esporta in formato .tif, .jpg o qualsiasi formato immagine, si deve utilizzare Photoshop per ottenere l’immagine in scala 1:1 attraverso il seguente percorso: Photoshop-Immagine-Dimensione immagine, e nelle dimensioni del documento (larghezza – altezza) si inseriscono i dati ricavati da Perspective Rectifier nella sezione dimensioni reali.

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8. Importare l'immagine raddrizzata e messa in scala in AutoCAD: Completare il rilievo ricalcando l'immagine.

Risultato Finale

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Raddrizzamento analitico Il metodo analitico configura un approccio maggiormente controllabile. Il lavoro di campagna è più lungo e consiste nel costruire una rete di punti sul fotopiano da raddrizzare. Per effettuare tale metodo di fotoraddrizzamento è necessario conoscere 8 punti:  4 punti d’appoggio (punti-oggetto) presi sull’oggetto, con le relative coordinate topografiche  4 punti presi sulla fotografia (punti-immagine), corrispondenti a quelli dell’oggetto. Si procede poi con: • collimazione tra punti-oggetto e punti-immagine • eliminazione della trasformazione prospettica dei punti-immagine, cioè fotoraddrizzamento (per interpolazione dell’immagine digitale) • messa in scala. Per ottenere un risultato di ottima fattura bisogna seguire un processo metodologico rigoroso che tiene conto di tutti i parametri che entrano in gioco. Il processo è caratterizzato da queste fasi: 1. valutare in quanti scatti deve essere diviso l’oggetto da riprendere in base alle possibilità di ripresa fotografica e alla qualità che si vuole ottenere 2. posizionare i segnali/bersagli 3. rilevare i poligoni definiti dai bersagli 4. ricavare le coordinate cartesiane dei bersagli 5. effettuare le riprese fotografiche 6. eliminazione della distorsione prospettica 7. Raddrizzamento Analitico 8. mosaicare le immagini 9. impostare la scala di stampa 10.elaborare l’immagine finale 11.elaborare ulteriormente l’aspetto grafico per avere un buon prodotto finale, rispondente alle necessità di studio/rilievo

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Esempio di raddrizzamento analitico Software utilizzato: Perspective Rectifier 1. Valutare in quanti scatti deve essere diviso l’oggetto da riprendere in base alle possibilità di ripresa fotografica e alla qualità che si vuole ottenere Valutando attentamente quella che è la geometria della superficie che s’intende raddrizzare (muro, facciata, …), l’eventuale presenza di alberi che ostruiscano la visuale e le capacità della macchina fotografica, si valuterà attentamente il numero di scatti da realizzare. Il miglior modo per decidere correttamente è quello di puntare con l’obiettivo della macchina fotografica verso la superficie da rilevare.

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2. Posizionamento dei bersagli Consiste nella disposizione di bersagli sulla superficie da rilevare fotograficamente. I bersagli possono essere semplicemente dei fogli di carta, o dei target quadrati di piccole dimensioni, del tipo illustrato in figura 1;essi devono essere posizionati in modo da formare una linea orizzontale. Per garantire la perfetta orizzontalità si ricorre all’utilizzo di una livella laser o di una bolla da cantiere.

Figura 1. Tipologia di bersagli Nel posizionare i bersagli bisogna fare attenzione a piccole accortezze; ogni fotogramma infatti deve comprendere al suo interno almeno 4 punti contrassegnati dai bersagli o individuabili con precisione (es.: spigoli di finestre);ogni coppia di fotogrammi adiacenti deve avere almeno 2 punti in comune, ovvero sono necessari almeno 6 punti noti per ogni coppia di fotogrammi; i bersagli vanno posti ai margini dell’area inquadrata dalla fotocamera.

Figura 2. Accortezze da prendere nel posizionare i bersagli

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3. Rilevare i poligoni definiti dai bersagli Una volta posizionati i bersagli bisogna munirsi di cordella metrica e si procede alla misurazione della distanza tra i vari bersagli posizionati. In tal modo ponendo il primo bersaglio come origine, cioè assegnandogli arbitrariamente le coordinate (0;0), è possibile ricavare le coordinate degli altri punti (Figura 3).

Figura 3

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4. Ricavare le coordinate cartesiane dei bersagli Misurando le varie distanze fra i vari target si ricavano le coordinate spaziali dei vari punti. È buona cosa avere sempre a disposizione un eidotipo (disegno, schizzo a mano libera) in questa fase per tener traccia della numerazione dei vari target. Inoltre segnare sempre sull’eidotipo la data e il nome di chi ha preso le misurazioni in quanto una volta che si riprenderà il lavoro magari dopo giorni di inattività non sarà facile ricordarsi tutte le operazioni eseguite, soprattutto se il lavoro verrà svolto da diverse persone.

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5. Effettuare le riprese fotografiche

Immagini rilievo

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6. Eliminazione della distorsione ottica Prima di eseguire il fotoraddrizzamento delle foto è indispensabile considerare una caratteristica intrinseca della fotografia: la distorsione ottica. A regola, per evitare questo effetto, bisognerebbe scattare una fotografia usando un obiettivo con focale 50 mm, o equivalente, in una fotocamera digitale; tuttavia questo non è sempre possibile e le nostre immagini saranno inevitabilmente più o meno distorte. La distorsione è un difetto che mostra gli oggetti in direzione diversa da quella in cui realmente si trovano, ne esistono di due tipi: a cuscino e a barile, a seconda della curva concava o convessa che può assumere l l'immagine distorta.

Risulta quindi assai dannoso nelle applicazioni fotogrammetriche: esso però, essendo legato a fattori geometrici noti, può essere preventivamente studiato e se ne può spesso tenere conto in sede di restituzione correggendo così i risultati ottenuti. Per svolgere questa operazione si ricorre a particolari software come ad esempio Ptlens. Come si può vedere nell’immagine sottostante sinistra è presente la distorsione, eliminata nella foto di destra.

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7. Raddrizzamento analitico 1. Caricare l'immagine da raddrizzare: Icona "Importa". Aprire il file desiderato "immagine.jpg".

2. Importare le coordinate dei punti rilevati:

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3. Per almeno 4 punti definire la corrispondenza fra punto sull’immagine e coordinate inserite nella tabella: Icona “Punto” In questa fase l’immagine deve essere visualizzata con lo zoom al 100% cosicché il posizionamento fine con le frecce cursore compia spostamenti di un pixel per volta.

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4. Definire l'area di raddrizzamento (opzionale): Men첫 "Raddrizzamento->Area di raddrizzamento". Selezionare l'area di interesse.

5. Raddrizzare l'immagine: Icona "Raddrizza".

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Al termine del fotoraddrizzamento il programma permette di individuare gli scarti residui derivanti dall’operazione di raddrizzamento. 6. Esportare l’immagine raddrizzata messa in scala Icona "Esporta". Esportare l'immagine raddrizzata e messa in scala in un file formato DXF. Il file DXF riporta in autocad l’immagine in scala 1:1. Si noti che esportando l'immagine viene proposto di esportare i punti utilizzati per il raddrizzamento. Selezionando o deselezionando i punti desiderati è possibile aggiungere o togliere punti a quelli proposti, indipendentemente dal fatto che questi giacciano sul piano raddrizzato oppure siano in aggetto o in rientranza rispetto ad esso. Attenzione: Se si esporta in formato .tif, .jpg o qualsiasi formato immagine, si deve utilizzare Photoshop per ottenere l’immagine in scala 1:1 attraverso il seguente percorso: Photoshop-Immagine-Dimensione immagine, e nelle dimensioni del documento (larghezza – altezza) si inseriscono i dati ricavati da Perspective Rectifier nella sezione dimensioni reali.

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8. Mosaicare le immagini L’operazione di mosaicatura delle immagini consiste nel posizionare tutte le immagini raddrizzate in un unico “foglio” di lavoro e incastrarle correttamente, con l’ausilio di un software come Photoshop, eliminando eventualmente le porzioni di fotografia che contengono elementi di disturbo come alberi, che coprono quindi la nostra superficie raddrizzata.

Aprire quindi il programma Photoshop, e dal menu File-Apri, o digitando sulla tastiera CTRL+O, aprire le immaginifoto raddrizzate che in precedenza avevamo salvato come file immagine (.tiff, .jpeg, …).

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9. Impostare la scala di stampa A questo punto è importante sottolineare un aspetto che si presenta quando si va a lavorare con Photoshop per l’operazione di unione (o mosaicatura) delle immagini. Quando esportiamo un file in formato .dxf, apribile con AutoCad, il programma utilizzato (Perspective Rectifier), ci salva il file dell’immagine raddrizzata direttamente in scala 1:1 così come l’abbiamo elaborato. La stessa operazione non viene invece fatta quando si va ad esportare in formato immagine .tiff o .jpg. Sarà quindi necessario correggere opportunamente l’immagine per fare in modo che risulti in scala e quindi possa essere unita alle altre immagini della sequenza. Per questa operazione di “correzione della scala” è necessario compiere le seguenti operazioni: Aperta in Photoshop l’immagine raddrizzata andare nel menù Immagine-Dimensione Immagine

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Si aprirà una finestra indicante le dimensioni dell’immagine in pixel e le dimensioni del documento in unità metriche (nel nostro caso abbiamo impostato le unità su centimetri), la risoluzione in pixel/pollice e nella parte bassa tre icone a spunta, di cui una sola editabile con la scritta ricampiona immagine.

È di fondamentale importanza per una buona riuscita del risultato finale che tale icona (ricampiona immagine) venga usata con molta attenzione. Mantenendo aperto sul Desktop anche il file di Perspective con l’immagine raddrizzata cliccare con il tasto destro sulla barra laterale sinistra del programma ed andare su proprietà immagine.

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Come si può vedere dall’esempio sopra, l’immagine reale che Perspective restituisce ha dimensioni reali di 968,403 x 786, 624 e si trova in scala 1:21,369… . Ovviamente la scala non può essere considerata valida per un formato classico da disegno; questo problema di scala è tipico solo se si esporta il file raddrizzato in formato immagine. Esportandolo in formato .dxf infatti la scala rimane 1:1.

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Quindi si andrà a riportare su un foglio la misura dell’immagine reale raddrizzata in Perspective Rectifier, e successivamente tale valore deve essere immesso nella finestra di Photoshop precedentemente aperto. Quando si riporta nelle dimensioni immagine il valore reale è importante che l’icona ricampiona immagine sia deselezionata. Altrimenti il software andrà a ricampionare i pixel distruggendo delle informazioni importanti.

A questo punto l’immagine è in scala 1:1. Se volessimo ottenere una scala minore come ad esempio 1:10, basterà spostare verso sinistra di un decimale la misura appena inserita. Quindi anziché 957,931 la misura sarà da inserire come 95,79 cm. L’altezza si inserisce automaticamente. Tale procedimento va fatto per ogni immagine che è stata raddrizzare per ottenere una serie di foto tutte raddrizzate e scalate.

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10. Elaborare l’immagine finale Ora le immagini son tutte alla stessa scala di 1:10, ma ognuna ha una risoluzione diversa. La prima immagine ad esempio è a 14 Pixel/pollice, la seconda avrà un valore diverso dalla prima, e così via. Per eseguire il mosaico dobbiamo avere le immagini tutte alla stessa risoluzione. In Photoshop non si possono tenere immagini a diverse risoluzioni. Così quando andremo ad inserire l’immagine 2 nella 1 per eseguire il mosaico l’immagine 2 perderebbe la scala. Quindi per uniformare la risoluzione di tutte le immagini si va su Immagine-Dimensione Immagine e nella finestra Dimensione immagine mettere la spunta all’icona ricampiona immagine.

L’operazione di ricampionatura verrà eseguita su tutte le immagini così da ottenere le immagini con la stessa risoluzione.

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Per poter lavorare sull’immagine inoltre sarà necessario cambiare il livello che viene dato da Photoshop all’immagine, il livello sfondo. Basterà cliccare due volte su livello sfondo e dare Ok alla finestra che ci appare, in modo da avere ora Livello 0, sul quale sarà possibile cancellare i pixel.

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Con lo strumento bacchetta magica selezioniamo l’area nera nella parte superiore ed inferiore dello schermo e cancelliamo.

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Tornando sulla finestra Immagine-Dimensione Immagine clicchiamo nuovamente su ricampiona immagine, e inseriamo al posto del valore visualizzato (300 DPI), il valore 150. L’immagine ora è stata ricampionata, ovvero abbiamo perso dei pixel, ma sono una quantitĂ minima rispetto a quelli che avremmo perso se avessimo utilizzato prima tale icona.

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11. Elaborare ulteriormente l’aspetto grafico per avere un buon prodotto finale, rispondente alle necessità di studio/rilievo L’ultima fase del lavoro consiste nell’unione di tutte le immagini ottenute e nella modifica della luce così che il risultato finale appaia come una foto intera della facciata. Innanzitutto è necessario ampliare la dimensione del quadro per far spazio alle foto che verranno aggiunte nella parte destra della foto 1. Per aumentare la dimensione del quadro basterà andare su Immagine-Dimensione Quadro, nella finestra Ancoraggio selezioniamo la parte di foto che resterà fissa, quindi la “freccetta verso sinistra”; in tal modo abbiamo imposto a Photoshop di ampliare la foto in direzione destra. Inseriamo un valore più elevato nella finestra larghezza per ottenere un ingrandimento del quadro dove applicheremo le foto successive.

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Ora basterà selezionare tutte le immagini ed inserirle nella foto 1. Selezioniamo con il tasto Selezione, poi Ctrl-C nella foto da copiare e Ctrl-V nella foto 1. Otterremo quindi tutte le foto nel riquadro della 1. Ora lavorando sulle luci e l’esposizione delle varie foto otterremo un risultato finale di unione di buona qualità, senza la presenza di piante o di oggetti che ostruiscano la visuale.

Così è come appare in Photoshop

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Risultato Finale

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NOTE SUL SOFTWARE PERSPECTIVE RECTIFIER Raddrizzamento Perspective Rectifier è un programma che consente di effettuare il raddrizzamento di immagini per il rilievo da fotografie digitali o tradizionali. Con il raddrizzamento geometrico, individuando le linee di fuga e specificando due misure, il programma raddrizza e mette in scala la fotografia dell'edificio di cui si vuole effettuare il rilievo. Con il raddrizzamento analitico ( per punti ) bastano alcuni punti di riferimento, che possono essere letti direttamente dallo strumento topografico oppure inseriti manualmente, per raddrizzare e mettere in scala la fotografia. Le immagini raddrizzate e messe in scala possono poi essere inserite nel CAD dove saranno utilizzate come sfondo permettendo di ricopiare le immagini e di effettuare misure. Mosaico Nei casi in cui con una sola fotografia non sia possibile riprendere l’intero edificio da rilevare, l’opzione mosaico permette di combinare fra loro due o più immagini in un unico raddrizzamento. Misure Perspective Rectifier consente di effettuare misure di distanza, perimetro e area direttamente sulle immagini. Semplicità d'uso Perfettamente integrato con Windows, Perspective Rectifier è stato progettato perché il suo utilizzo sia estremamente semplice ed intuitivo, consentendo di ridurre drasticamente i tempi necessari per il rilievo. Strumenti Questo programma opera con fotografie in formato digitale scattate con una qualsiasi macchina fotografica e si integra perfettamente con gli strumenti topografici in quanto i dati forniti da tali strumenti sono utilizzabili senza l’uso di altre applicazioni. Non solo architettura Perspective Rectifire può essere utilizzato non solo per il rilievo architettonico, ma ogni qual volta si renda necessario effettuare rilievi e misure, anche di precisione, da immagini di superfici piane.

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Bibliografia: -

Dispense Tecniche fornite dal Professor A. Cardaci Dispense Tecniche fornite dal Professor Gallina

-

www.rectifiersoft.com

Sitografia:

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