Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza

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STORIA DI UNA LUMACA CHE SCOPRI' L'IMPORTANZA DELLA LENTEZZA


“Io difendo il ritmo umano: il tempo preciso, né più né meno, che serve per fare le cose per bene. Per pensare, per riflettere, per non dimenticare chi siamo.” L. Sepúlveda

Dedichiamo la favola di Luis Sepúlveda ai piccoli alunni della scuola dell' infanzia dell' I.C. Mascali.



In un prato, dove rigogliose crescevano le alte piante del calicanto e i piccoli fiori gialli del dente di leone,

viveva

felice una colonia di lumache. Convinte che quello fosse il posto migliore del mondo, chiamavano il prato Paese del Dente di Leone. Fra di loro si chiamavano semplicemente “lumaca” e questo a volte creava un po' di confusione. “Lumaca, lumaca, voglio dirti una cosa!” e tutte si giravano “Ehi lumaca, è a me che vuoi dire una cosa?” “No ti sbagli, non è a te che voglio dire una cosa!”.



Le lumache sapevano di essere lente, perciò preferivano stare tutte vicine, protette dalle foglie, svolgendo con lentezza quelle che gli uomini chiamavano "abitudini". Ma c’era tra di loro una lumaca che faceva tante domande. Voleva conoscere il motivo della sua lentezza e voleva scoprire come mai le lumache non avessero un nome. Allora, tutti i giorni andava in giro per il prato facendo la stessa domanda: “Perché siamo lente? Perché non abbiamo un nome?”



Ma le lumache più vecchie non le davano ascolto e la zittivano dicendole

di non andare in giro a fare troppe

domande altrimenti sarebbe stata cacciata dal Paese del Dente di Leone. La piccola lumaca però non si rassegnò e annunciò a tutti che sarebbe partita: non avrebbe fatto ritorno fino a quando non avesse trovato le risposte che cercava e un nome tutto suo. Un giorno la lumaca sentì due lumache più anziane che parlavano di un gufo che viveva su un faggio molto alto; questo gufo sapeva molte cose.



La lumaca, allora, decise di andare dal gufo. “Gufo, gufo svegliati, voglio sapere perché sono così lenta” sussurrò la lumaca. Il gufo aprì i suoi enormi occhi rotondi e la osservò attentamente. “Sei lenta perché hai sulle spalle un gran peso” rispose il gufo. Tu sei una giovane lumaca e tutto quello che hai visto e che hai provato, è dentro di te e ti pesa e poiché sei così piccola, quel peso ti rende lenta. “E a cosa mi serve

essere così lenta?” chiese la

lumaca. “A questo non ho una risposta, dovrai trovarla da sola” e il gufo chiuse gli occhi tornando a dormire.



La piccola lumaca si allontanò, ma stanca per il tanto camminare decise di fermarsi su un grande sasso e riposare. Ma con grande sorpresa la pietra si mosse cominciando a parlare: “Ma chi è? Chi mi è salito sopra?” disse

una

tartaruga.

“Sono

una

lumaca,

ti

posso

accompagnare?" sussurrò la lumaca. “Dimmi prima cosa cerchi” le rispose la tartaruga. La lumaca le spiegò che voleva conoscere il motivo della sua lentezza e perché lei non poteva avere un nome tutto suo. Allora la tartaruga decise di chiamarla “Ribelle”, perché questo è il nome che gli umani danno a quelli che fanno troppe domande.



La tartaruga camminando lentamente giunse a una distesa verde

che

terminava

con

una

lunga

striscia

nera.

Arrampicata sul suo dorso, la lumaca allungò il più possibile il collo per guardare meglio. Quello che vide ai due lati della striscia scura le fece venire i brividi: tante macchine correvano veloci, mentre un grosso mostro sputava fumo e copriva il prato di terra scura. “Non capisco cosa provo, ma quello che vedo non mi piace”, disse Ribelle. La tartaruga le spiegò che quello che provava era paura. Decise allora di tornare dalle sue sorelle lumache per avvisarle del pericolo.



Mentre pian piano proseguiva, si sentì felice, perché grazie alla sua lentezza aveva incontrato la tartaruga e ricevuto

un

nome.

Lungo

il

percorso

incontrò

delle

formiche in fila e le avvisò del pericolo che correvano rimanendo

sul

prato.

Poi,

grazie

alla

sua

lentezza,

incontrò altri animali e li avvisò di stare attenti alla striscia nera di asfalto che gli umani chiamavano strada.



Tornò nel paese del Dente di Leone per convincere le altre lumache a lasciare quel posto, perché di lì a poco sarebbero arrivate quelle mostruose macchine e avrebbero distrutto ogni cosa. Fece salire alcune di loro sulle foglie del calicanto così che potessero vedere il pericolo. Ma le lumache più anziane non le diedero ascolto e preferirono crogiolarsi

nelle

loro

abitudini.

Solo

poche

lumache

decisero di seguirla, con la speranza che Ribelle le avrebbe portate nel nuovo "Paese del Dente di Leone".



Le lumache lentamente arrivarono alla lunga striscia nera, la loro paura fu grande. Videro sfrecciare le macchine che si lasciavano alle spalle grigie nuvole di fumo. Aspettarono la notte e attraversarono la strada per raggiungere un rifugio. Entrarono dentro una caverna fredda e circolare, che in realtà non era altro che un vecchio tubo di lamiera. Un gufo si posò all’entrata della caverna. Ribelle lo riconobbe, era il vecchio caro gufo. “Lumaca non temere, vi aiuterò ad uscire da qui”disse.



Il gufo le mostrò un pezzo di tronco d’albero e le lumache vi salirono sopra, poi lo afferrò con i suoi forti artigli e spiccò il volo. Giunse fino ad un boschetto e depositò il suo carico ai piedi di un albero di castagne. “Avanzate senza fretta, in fondo troverete un prato” disse loro. Le lumache lo ringraziarono per l’aiuto e proseguirono lente verso la distesa verde.



Finalmente arrivarono su un prato, dove cresceva una grande varietà di erbe selvatiche; le lumache mangiarono lentamente, molto lentamente, fino a sentirsi sazie. Arrivò l’inverno e con lui la pioggia e la neve, ma le lumache se ne stettero al calduccio dentro il tronco di un albero. Quando uscirono dal letargo le piante erano alte e piene di fiori. “Hai mantenuto la promessa, Ribelle, ci hai portate nel nuovo Paese del Dente di Leone!” disse una lumaca. “No ti sbagli, ho imparato l’importanza della lentezza e ho imparato anche che il Paese del Dente di Leone, a forza di desiderarlo, era dentro di noi”.



Adattamento dal testo originale di Luis SepĂşlveda.Disegni tratti dal libro "Le favole di Luis SepĂşlveda da colorare"-Ugo Guanda Editore

Le maestre della scuola dell' infanzia dell'I.C. Mascali. 6 Aprile 2020


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