Rivista paTAPum

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UN MONDO SOLARE LE RAGIONI PER DIRE NO ALLA TAP

di Angelo Raffaele Consoli (*) Quando mi arrivò il primo invito a firmare contro la TAP, non ero sicuro di aver capito bene. Per un attimo venni assalito dal dubbio che mi stessero invitando a firmare contro la compagnia di bandiera del Portogallo che era l’unica TAP che conoscevo. Poi leggendo meglio vidi in realtà che TAP stava per “Trans Adriatic Pipeline”, e ebbi un istintivo moto di ammirazione per chi aveva concepito l’acronimo estremamente evocativo: TAP in inglese significa “rubinetto” il che si associa naturalmente a un gasdotto. Ma l’ammirazione si fermò qui. Perché immediatamente mi resi conto che si trattava di un progetto dal potenziale devastante per il nostro territorio, quindi c’era poco da ammirare. Allora decisi di attivarmi per impedire questo scempio e accettai con entusiasmo l’invito degli organizzatori di PaTAPum a partecipare alla loro iniziativa del 18 agosto, in vista della quale mi sembra giusto portare un contributo maggiormente ragionato e argomentato di quanto non potrò fare durante la manifestazione. Ecco il perché di queste riflessioni. Sia chiaro che la mia avversione a questo ennesimo gasdotto non è per partito preso.

Infatti non sono contrario al gas, che rimane a mio avviso l’unico combustibile fossile ammissibile in una fase di transizione verso una economia solare, tanto è vero che in tutti i piani “Territorio Zero” il gas viene identificato, come un ottimo carburante sostitutivo sia per i mezzi di trasporto pubblici, che per le centrali a oli combustibili o a carbone. Ma procediamo con ordine. Gas, carbone, petrolio e uranio sono le fonti fossili e fissili della seconda rivoluzione industriale. Chi segue il mio lavoro sa che si tratta di fonti che appartengono a uno scenario economico ormai superato e in crisi. Ed è altrettanto noto che l’energia basata su queste fonti fossili ha prodotto non solo devastazioni del territorio, dell’ambiente, del clima e della salute umana, (entropia fisica) ma anche una economia estremamente centralizzata e verticistica e una società diseguale in cui la ricchezza si è concentrata in poche mani a discapito della stragrande maggioranza della popolazione mondiale (entropia sociale) perché si tratta di fonti energetiche il cui sfruttamento presuppone una altissima intensità di capitali e un ancor più elevato standard di profitti.


La crisi di questo mondo fossile, può rappresentare l’occasione di affermazione di un mondo solare, con una società di eguali che utilizzano la radiazione diretta del sole per alimentare le proprie attività economiche ed umane, e dunque l’occasione di un grande processo globale di redistribuzione della ricchezza sul pianeta. Un grande riequilibrio non solo ambientale e climatico ma anche socio economico. Una strategia sancita dall’Unione Europea che ha abbracciato l’idea di favorire la transizione verso una “TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE” (WD 216 05/07/2007) in cui tutti i cittadini diventino consumatori produttori di energia e in cui i grandi gruppi energetici perdano il loro potere di condizionamento economico politico mediatico e si limitino a offrire servizi energetici basati sull’integrazione fra tecnologie solari. Fare profitti sulla pelle della gente, sulla devastazione dei territori, sull’inquinamento di aria ed acqua che sono di tutti non è bello. E il fatto che abbiamo costruito una civiltà industriale su questi metodi non legittima a continuare a farlo, sia per ragioni di giustizia umana e sociale, che per ragioni di efficienza complessiva del sistema.

Infatti, il sistema economico basato sui fossili, con tutta la sua intensità di capitali e la conseguente eccessiva importanza conferita alle grandi banche d’affari e ai grandi centri della finanza speculativa mondiale, è entrato definitivamente in crisi. Non funziona più, come tutti i sistemi complessi basati su risorse non infinite quando si avvicina il momento del loro definitivo esaurimento. Che sia ben chiaro che la crisi del modello energetico economico industriale basato sui fossili, se portata alle estreme conseguenze, non comporta la fine del pianeta, ma la fine della razza umana sul pianeta. La nostra estinzione. Rifkin lo denunciava già trent’anni fa nel libro ENTROPIA. E da due decenni i migliori climatologi del mondo riuniti nell'IPCC stanno tirando il campanello d’allarme: qui è in gioco la nostra sopravvivenza. Ma il destino non è segnato. Si possono ancora cambiare i modelli energetici ed economici, introducendo, in alternativa al paradigma fossile, quello solare.


Come raccomanda l’Europa, e come sta facendo la Germania che ha preso la decisione irreversibile di uscire dal nucleare entro il 2023 e di andare comunque verso una complessiva decarbonizzazione in una data che si colloca intorno alla metà del secolo. Secondo alcuni si tratta di un programma eccessivamente ambizioso che non sarà realizzato, in quanto le fonti solari sarebbero insufficienti a permettere la necessaria massa critica per portare avanti una economia moderna. “Facciamo pure eolico e fotovoltaico,” è l’argomento di costoro, “ma sappiamo in partenza che copriremo sempre solo una parte dei bisogni di una società moderna e che quando poi è necessario mandare avanti una industria pesante e una economia sviluppata, bisogna essere realistici e far ricorso alla densità produttiva del petrolio, del nucleare e degli altri fossili”. Ebbene nulla di più sbagliato. E’ vero invece che non c’è niente di più realistico del sole. Che si levi al mattino è la nostra unica certezza. Che ci sia petrolio per altri cento anni o meno non lo sappiamo. Per non parlare di ossimori quali “nucleare sicuro” o “carbone pulito”. I fossili non sono “realistici”. Sono solo la fonte energetica che permette di mantenere in vita un modello economico ad alta intensità di capitali e di profitti a vantaggio di pochi, un modello che, come abbiamo visto, non è affatto più efficiente e più affidabile di un modello basato sulle fonti solari.

Infatti il sole irradia la terra con una quantità di energia superiore di quindicimila volte a quella che noi consumiamo ogni giorno. Quello che i fossili e le energie convenzionali hanno in più dell’energia solare, è una tecnologia più sviluppata (e più inquinante) perché la ricerca ha privilegiato da sempre le fonti ad alto impatto ambientale. Preso atto di questo la Germania ha cominciato a sviluppare le tecnologie energetiche rinnovabili e a investire massicciamente nella ricerca solare, (tanto che il Fraunhofer Institute di Friburgo è la punta di diamante della ricerca rinnovabile mondiale) anche se loro il sole non ce l’hanno. Il loro ragionamento è molto semplice: sviluppiamo le energie solari e poi le vendiamo noi ai paesi che il sole ce l’hanno ma che, improvvidamente, continuano a concentrarsi solo sui fossili (come purtroppo l’Italia). Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la Germania ha creato in pochi anni oltre 500.000 posti nelle tecnologie energetiche della Terza Rivoluzione Industriale e ha “sbancato” il conto energia italiano. E non abbiamo ancora visto niente. Specialmente se stupidamente, continueremo a pensare al nostro paese come l’hub del gas europeo, piuttosto che come la punta di diamante dell’energia solare nel mediterraneo.


E qui veniamo alla TAP. In una prospettiva di Terza Rivoluzione Industriale, abbandonato il ciclo energetico fossile per quello solare, gli impianti energetici vanno pianificati secondo un accurato bilancio energetico che parte dai bisogni del territorio, per poi pianificare, in ordine di priorità: 1) gli interventi di efficienza energetica, 2) gli interventi relativi all’energia rinnovabile distribuita (cioè integrata nel tessuto economico del territorio e nelle costruzioni locali), 3) gli impianti rinnovabili cosiddetti “industriali” (ossia su larga scala e su territorio non agricoli), 4) e infine gli impianti da fonti fossili, come tecnologie atte a coprire la transizione verso uno scenario completamente post-carbon. Fra gli impianti da fonti fossili, qualora se ne appalesi la necessità, la priorità va data al gas, che è di gran lunga l’idrocarburo meno emissivo. Tutto questo schema astratto va poi calato nella realtà di un determinato territorio, prendiamo l’Italia (e il Salento). Ed è qui che si dimostra la totale inutilità (oltre che dannosità) della TAP. Infatti in Italia siamo in una situazione di overcapacity elettrica. In altre parole, in Italia abbiamo troppa elettricità. Cerchiamo di capire meglio che sta succedendo: in Italia abbiamo centrali termoelettriche per 78mila MW di potenza installata a cui dobbiamo aggiungere almeno 45mila MW da rinnovabili.

A fronte di ciò abbiamo una richiesta per soddisfare la quale sono sufficienti 57mila MW di potenza installata. Eppure si continua a costruire e autorizzare centrali inquinanti. Una prima considerazione: in Italia c’è una assoluta mancanza di pianificazione, un tema su cui la Strategia Energetica Nazionale (SEN) "sorvola" colpevolmente per evitare di svelare che i grandi produttori di energia stanno sbagliando i loro investimenti da vent’anni e continuano a investire in inutili impianti di produzione di energia elettrica da fonti fossili. Dal 2002 a oggi abbiamo visto l’entrata in funzione di nuove centrali a gas e la riconversione di centrali a olio combustibile a carbone, il che ha portato appunto, secondo i dati di Terna, il totale di capacità produttiva di centrali termoelettriche installate a 78mila MW di potenza, (a cui si sono aggiunti i 45mila MW da fonti rinnovabili). Se consideriamo che il record assoluto di richiesta alla rete in Italia è di 56.822 MW, si comprende come l’ultimo dei problemi che ha oggi l’Italia sia quello di aumentare la propria capacità di produrre energia. Ne produciamo più del doppio di quella che il mercato richiede. Alcuni attribuiscono questa overcapacity alla caduta di domanda dovuta alla crisi, per cui passata la crisi ci sarà bisogno di quelle centrali.


Ma innanzitutto va rilevato il fatto che questa crisi non passerà perché è la crisi terminale del modello di sviluppo fossile della seconda rivoluzione industriale, e se ne uscirà solo attraverso un modello tutto nuovo, basato appunto sul paradigma solare. E comunque anche ammesso che ci fosse una timida ripresa, questo riassorbirà solo una percentuale minima della sovraccapacità (diciamo il 20%). Il resto è dovuto alla ingordigia e alla miopia dei grandi gruppi energetici per i quali il vero business non è il mercato dell’energia, ma costruire centrali e impianti (come ad esempio i gasdotti) indipendentemente dalla reale richiesta del mercato e utilità economica. In definitiva l’unico problema che non abbiamo in Italia oggi è quello della scarsità di energia e quindi della necessità di realizzare nuove centrali e nuovi gasdotti per alimentarle. Nonostante ciò ci sono invece, secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico 6 centrali in fase di realizzazione sono per ulteriori 3.543 MW. Poi ce ne sono addirittura ben 38 in corso di autorizzazione tra gas, metano, carbone, per ulteriori 23.990 MW.

E tutto questo mentre il contributo dalle fonti rinnovabili al fabbisogno energetico nazionale diventa sempre più rilevante (anche se l'inadeguatezza delle reti in alcune Regioni, la mancanza di pianificazione di sistemi di accumulo e la mancata previsione di incentivi all’autoconsumo crea problemi nella distribuzione dell’elettricità da fonte rinnovabile, che è per sua natura discontinua). E così progressivamente, quegli impianti da fonti fossili, nati come l'unica soluzione all’approvvigionamento energetico principale del paese, cadono nella marginalità e nell’irrilevanza, tanto che ormai la gran parte si giustificano come impianti che potrebbero servire come “riserva”. Ma oltre che irrilevanti ingombranti e marginali, gli impianti fossili sono anche un costo e una perdita economica netta per chi (scelleratamente) li ha pianificati e finanziati, esponendosi contestualmente con le banche. Ecco che allora, in modo fortemente distorsivo del mercato, nel Decreto Sviluppo del Governo Monti vediamo comparire, sussidi per vecchie centrali a petrolio che verranno presi direttamente dalle bollette delle famiglie (il cosiddetto “Capacity payment”) e che peraltro non passeranno mai il vaglio degli “aiuti di Stato” dell’Anti trust Europeo.


Così, con la scusa di una improbabile emergenza energetica (tanto più improbabile in quanto siamo in una situazione di forte sovra-capacità produttiva, come si diceva prima), si offrono “aiuti” a queste centrali vecchie e inquinanti, spesso posizionate in zone abitate, e si prevedono deroghe alla normativa sulle emissioni in atmosfera o alla qualità dei combustibili” e le centrali “sono esentate dall’attuazione degli autocontrolli previsti nei piani di monitoraggio, con deroga alle prescrizioni nelle autorizzazioni integrate ambientali”, addirittura superando “gli obblighi relativi alla presentazione di piani di dismissione”. In pratica, gli impianti potranno funzionare al di fuori di qualsiasi controllo ambientale, in una situazione di autentico far west normativo, con un guadagno sicuro. Un provvedimento che sembra scritto sotto dettatura delle lobby delle centrali più inquinanti, proprio coloro che deridevano le rinnovabili come energie “leggere” e incapaci di fare massa critica, e che vedono con terrore il fatto che sempre più spesso invece, le fonti rinnovabili in determinati momenti, mandano avanti il Paese (e intere regioni) da sole. Da ultimo a giugno. vedi: http://cetri-tires.org/press/2013/16-giugno-2013-lerinnovabili-coprono-lintero-fabbisogno-energeticoitaliano/?lang=it .

Adesso, in questo far west normativo, si inseriscono tre gruppi esteri che, totalmente decontestualizzati dai bisogni energetici del paese (e della regione) vengono a proporre la TAP, un gasdotto che dovrebbe alimentare un sistema elettrico già al collasso per eccesso. Ma siamo pazzi? Abbiamo perso ogni e qualunque capacità di valutare le cose secondo logica? Abbiamo davvero deciso che la pianificazione economica e energetica ce la facciamo fare dai consigli di amministrazione di gruppi energetici governati da alieni con la pupilla a forma di dollaro che venderebbero la loro madre per staccare una cedolare trimestrale del 25% più alta? Abbiamo davvero deciso che l’integrità e la salubrità del nostro territorio, delle nostre coste, la bellezza del nostro mare, la ricchezza delle sue varietà animali e vegetali, devono essere messe in secondo piano rispetto ai calcoli di qualche multinazionale abituata a fare i soldi con i fossili e con la conseguente devastazione dell’ambiente?


Distruggere la vocazione turistica del nostro territorio con i suoi asset enogastronomici, paesaggistici, archeologici, naturalistici e culturali già è stato imperdonabile quando furono fatte le scelte scellerate di Taranto e Brindisi. Ma adesso sarebbe intollerabile. Della TAP non c’è alcun bisogno, comunque la si guardi. Non ne ha bisogno il Salento, non ne ha bisogno la Puglia e non ne ha bisogno l’Italia, che sono in over capacity produttiva di energia, particolarmente di energia da gas. Alcuni dicono che la TAP farebbe parte di una strategia geopolitica alternativa ai grandi gasdotti russi del nord Europa, per cui sarebbe necessaria all’Europa per ragioni geopolitiche. Bene! Mi compiaccio! Allora noi dovremmo devastare San Foca e 60 km di costa salentina per portare il gas agli svizzeri? Apriamo il dibattito su questo con i cittadini e vediamo che ne pensano… E poi apriamo il negoziato con l'Europa su questo. Magari si scopre che in questo caso il punto di approdo del gasdotto potrebbe essere un altro, più a nord. Magari si scopre che anche l’Europa non è che debba davvero continuare a consumare e sprecare gas ai ritmi scellerati attuali, e che forse la risposta sia in un serio programma di efficienza energetica e rinnovabili e non in una mega opera per sfruttare un gas comunque in via di esaurimento e la cui fonte è comunque in territorio sotto una forte influenza russa.

Altri dicono che creeranno 2000 posti di lavoro? Quanto qualificati? E per quanto tempo? E con quali costi economici e ambientali? E poi non dissero così anche per l’Italsider o per la centrale di Cerano? E guardateli adesso questi territori, ridotti a simboli di una crisi entropica senza precedenti, devastazione fisica e morale, disperazione e sofferenza umana. Davvero vogliamo dar loro ancora credito? O, se davvero vogliamo creare lavoro, non possiamo piuttosto partire con serie strategie locali Territorio Zero, che di posti di lavoro ne creano dieci volte di più? Fare energia secondo i dettami della Terza Rivoluzione Industriale creando reti di piccole e medie imprese che offrono servizi energetici integrati ad alto valore aggiunto, solar cooling per gli alberghi, irrigazione fotovoltaica e refrigerazione solare per le aziende agricole, smart grid per uffici e condomini, idrogeno e elettrico per i trasporti e per gli accumuni energetici in rete. … E poi chiudere il ciclo dei prodotti senza rifiuti con campagne locali rifiuti zero, banche del rifiuto, centri di riparazione dei prodotti e mercati dell’usato e del baratto, e accorciare la filiera dei prodotti agricoli imponendo e facilitando l’acquisto di prodotti locali e scoraggiando quelli di filiera lunga (spesso malavitosa) dei mercati generali,


… Ecco la nostra idea di società, una società che rispetta il suo territorio e da ciò genera risorse economiche per tutti, e non, come la TAP che dalla devastazione del territorio, trae profitti per pochi grandi gruppi (e qualche prezzolato locale). Una società Territorio Zero, in cui si pianifica localmente nell’interesse dei cittadini e non dei grandi gruppi energetici. Non mi pare che i nostri amministratori a livello locale e nazionale lo abbiano capito. Mi pare invece che lo abbiano capito benissimo i cittadini come dimostra il moltiplicarsi di iniziative come PaTAPum, e il successo della raccolta di firme contro questo ulteriore monumento all’insensatezza della logica del profitto e dei fossili che qualcuno ha voluto chiamare come la compagnia aerea del Portogallo.

(*) Angelo Raffaele Consoli, European Director the Office of Jeremy Rifkin, Presidente del C.E.T.R.I.-T.I.R.E.S. Third Industrial Revolution European Society, ideatore e coautore del manifesto e libro TERRITORIO ZERO






















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