Certe Notti

Page 1

Certe Notti di Simone Bertolero



In una notte come questa... In una notte come questa, non chiederei a Dio di indicarmi la strada. In una notte come questa, non chiederei a Dio di dirmi se ci ha preso tutti per il culo. In una notte come questa, non chiederei a Dio di farmi cagare oro al posto del solito. In una notte come questa, non chiederei a Dio di ridarmi i morti e anche Jim. In una notte come questa, non chiederei a Dio di pubblicare miei libri. In una notte come questa chiederei soltanto che Dio non si occupasse piĂš di noi, mentre sogno sangue dolce che so io, e poi mi sveglio in fretta, perchĂŠ qui si ha tutti una gran voglia di ballare.


Vive qui in giro un poeta che parla di shampoo e vecchi olmi sulla strada. Chiamalo per nome, e lui forse si avvicinerà. Soltanto devi saperlo aspettare, perché trovarlo è facile, ma la prima volta non sai mai chi ha voluto farti vedere lui. A volte nemmeno lo sa che qualcuno si è sbattuto tanto per arrivargli a un passo, e quanti ne ha persi, quello non vuole saperlo. E’ convinto che sia un qualche cosa che fa male, ricordare. Lo crede un uomo, questo e quel che sente un uomo che cammina sui pezzi di vetro, e cammina, vola alto, e non riesce a non guardare giù. Si fa male da solo, quasi come i bambini, come quello che non sa più cosa fare e inizia a strapparsi via un capello per volta, mentre sfila un dito dal buco della corrente, e poi rotola giù dalle scale. Corre lui, corre veloce e sale sui muri. Quando ha visto il suo muro, lo attacca, ne prende possesso, lo schiaccia e si butta verso terra, cercando in quell’attimo di vuoto in sospensione di tenere in pugno la chiave che lo farà ritornare a un soffio dal suolo. Troppo facile dirgli: che ne sai di un bambino che ti amava?. .


Non e’ roba per lui, non gliene frega un santo cazzo di quelle parole al buio, lui vuole il piacere, lui vuole cedere alle tentazioni, lui vuole il mondo e non lo sa. Da quando la vecchia villa dei suoi e’ rimasta soltanto più una parte di lui, e ormai inaccessibile, lui vaga per i boschi di collina con in mano una chitarra che non c’è e la sua lattina di birra, vuota casomai. Se si sente solo, ti stordisce con un flash, e poi ti parla dentro la sua fotografia. E sono posti belli, quelli Iì. Non vedo valori positivi e negativi più forti, più veri di quei colori sfumati delle sue fotografie. Fotografa, foto al mondo e foto ai passeri, foto false e falsi abbracci, ma non si ricorda più come si stava quando era piccolo e la parola “amore” la usava ancora, e la sentiva sulla pelle. E lui e incazzato quando ha smesso di giocare con i corpi nudi delle donne. Gli dà fastidio, come quando piccolino si faceva le seghe e si pentiva. Dietro le immagini restano le ombre, e la notte i bambini hanno paura di loro, e hanno ragione, perché l’ombra è il lato oscuro che ti segue, che ti aspetta e poi ti fotte. Quando la tua ombra ti assorbe, tu in quel momento hai finito il gioco, “game over” sta scritto lì davanti. Il poeta la sua la tiene sotto il mantello, il suo, quello lungo di pelle nera, quello con il taglio dietro le spalle. Non se l’è tolto mai da quel giorno di ottobre, e quella è stata anche la sua ultima fotografia. “II cavaliere nella tempesta ti guarda, e lui mangia parole e vende fumo, se ti fermi e’ solo perché vuoi essere perduta. Vieni con me, questa è la mia fottuta tesa mano, e lì solo per te, vedi? La vedi? Vedi questa cazzo di mano tesa e sospesa, la vedi che e ancora h per te? Lo vedi come prova a schivare chi Ia vuole tenere? Cazzo, cosi la lasci cadere, così va giù... Così e’ ancora la melodia del coccodrillo, è di nuovo quello strano pianto che non volevi, ma che poi ti e’ rimasto solo più lui”. E questi, in quella notte di ottobre erano i suoi pensieri, mentre le accarezzava la pelle più chiara tesa sul fianco dell’inguine, e voleva gridarglieli in faccia, ma non poteva, perché lì con loro c’era un altro corpo, un ‘altra donna che cercava di tenergli la mano. Fumavano molto e la notte scivolava oltre la collina, fra il vino rosso e gli occhi blu del nuovo giorno di quel suo ultimo e privato ottobre.


Questa mattina mi sono svegliato tardi, e avevo la testa messa strana, come se quelle pulsazioni che spingevano sulle tempie volessero spazzarmela via. Mi sono considerato una persona fortunata quando ho potuto sedermi sul cesso, cosi, appena sveglio, a rovesciare nel laghetto in fondo alla tazza tutto quello che non ero riuscito a vomitare questa notte. Fra Ie altre cose, dovrei preoccuparmi di dare un’occhiata alla macchina; sempre questa notte ho girato con lei, prima a destra, poi a sinistra, poi ancora Un giro completo su se stessa, e un altro più violento all’uscita di quella cazzo di curva. E stato tutto molto veloce, cosi ho potuto tornare a casa in fretta. il mio Maggiolino blu adesso è qui, accanto alla finestra che dà sul cortile. Sono tranquillo, la mia collina mi ha salvato ancora una volta il culo. E anche io adesso sono qui accanto alla finestra, dall’altra parte però, affondato nella mia capsula di sopravvivenza dalle note fulminanti della “Pathetique” del grande Tchaikovsky. Ed è un flash così bello, restarsene qui, intontito a scrivere, che adesso mi concederò qualche boccata di


fumo, sempre accanto alla finestra da dove scrivo. Io sono il mio gruppo. La vita che faccio io serve solo a far suonare il mio gruppo rock. Dico questo, perché dovevo essere un cantante di un gruppo fottuto, che suonava rock ‘n’ roll. Sono successe un casino di cose, e anche troppo in fretta. Non ce 1’ho fatta davvero ad avere un mio gruppo. Da questo punto di vista sono quasi un fallito. il “quasi” sta lì giusto perché ancora non è finita la benzina, comunque la fuori è pieno di luci che vengono dalla città. Ancora non lo so se questa notte ci vado o no, là fuori. Non lo so.

Jack è venuto a sbattersi sulle mie gambe. Jack è il mio cane, è un microbo positivo di circa due mesi, e sembra incerto se collassare ora, o aspettare ancora un attimino, giusto per vedere se non lo caccio prima. Jack ha deciso che non lo cacciavo. ‘Notte Jack, ma fra un attimo ti trasferisco sul divano, e io mi prendo una birra. Qui è proprio il caso di dire che sono volate via tutte le stagioni... E’ passato il tempo, e mi ha fottuto quel che avevo. Non se li fa mai i cazzi suoi il tempo, è soltanto lì per ricordarti che Attila non e morto. Forse Attila aveva più cuore, non lo so. Attila sicuramente fumava, e aveva un cuore, forse.


Tutto quello che scriverò adesso sarà condizionato dalla prossima canzone. Condizionamento da pensieri negativi. Vuol dire sesso, vuol dire crepitio della legna e skizzo di fuoco, poi anche succhiare il nettare di un fiore che sta dritto dietro l’albero della mela. Bugia viziata di un diavolo che caccia gridi e Si masturba. lo il mio l’ho accarezzato, finché non era che nuda roccia, poi l’ho stretto e l’ho guardato, poi gli detto - No, tu vali di più. Noi non diciamo bugie, noi non siamo pallide seghe, noi ci si sveglia e si va fuori...-Lui non s’è preso male, e in un attimo era già sgusciato via morbido. Così io poi ho fumato, ma era solo una pallida sigaretta. II Maggiolino blu a Angie piaceva da impazzire, e voleva bene anche a Jack lei. La prima volta che l’avevo vista era identica a come l’ho ritrovata adesso. Sono passati più di due anni da quella volta, ma lei e’ sempre la stessa, non è cambiata niente, si è solo affezionata a me, e forse lei credeva che poteva bastare per tenermi vicino. Non è importante che le cose sono andate diversamente, quel che contava era lei che mi voleva vicino, e la colpa non è di nessuno, perché anche io non volevo lasciarla dov’era, ma nessuno poteva più continuare il suo gioco davanti a un qualche cosa di inevitabile. lo devo partire adesso, devo andare il più lontano possibile da questo piccolo mondo senza più prati né re, e non era difficile intuire che lei non sarebbe venuta via con me. Io non glielo avevo comunque chiesto mai di seguirmi, forse se ci avesse tenuto un po’ di più ora io non mi sentirei come qualcuno che deve dare l’addio a quel mondo che si era costruito per amare. Io chiedevo soltanto un’immagine e un’idea per non dimenticare chi ero. Chiedevo un po’ d’amore per avere la forza di ritornare a respirare l’aria di queste notti qui a Torino. Angie era piena di limiti, ma quel che sentivo per lei non aveva fottuti confini da rispettare, e doveva andare avanti solo per questo. Ci siamo voluti bene, ma ogni volta che restavamo al buio l’amore che c’era siamo sempre stati costretti a rubarlo.


Flashpoint, anno corrente 1995. Siamo costretti a rimanere rinchiusi dietro finestre sbarrate, fuori fa freddo, e lo sciopero degli idraulici ci obbliga a delirare in quell’aria melmosa che arriva dal cesso intasato. Stiamo bollendo pentole piene d’acqua da due giorni per liberare lo scarico. Funziona che l’acqua bollente dovrebbe sciogliere tutto lo schifo nei tubi. Una volta un idraulico era venuto, ma si era scordato di portarsi dietro lo stura cessi. Il vapore ci scalda, e noi siamo troppo stanchi per preoccuparci dell’umidità. Ci ammaleremo, e nessuno qui dentro è sicuro di vedere ancora una volta una donna più viva di queste mille fotografie sui muri. Forse quel cesso maledetto rimarrà incastrato nella merda fino alla fine del Mondo, e nessuno troverà più i nostri corpi abbandonati qui, dove un giorno da quello stesso cesso quella stessa merda marcirà, e i vermi faranno le uova nella moquette, le pulci e le zanzare si impossesseranno della grande pelle di vacca sdraiata per terra, e la piantina di Marijuana sarà soffocata e uccisa dalle piante carnivore di questa immensa palude dimenticata anche da noi. Dal diario di un viaggio di un vecchio marinaio che non ha più rivisto il mare: Ci costringono... Noi dobbiamo rimanere qui, a morire nella merda, perché la fuori non c ‘è nessuno che gli frega più di noi. Ci hanno abbandonato qui solo perché sapevano che il cesso era pieno di merda e gli idraulici avrebbero fatto sciopero. Quei bastardi là fuori la passeranno liscia, noi siamo in gabbia, e non li possiamo sbranare, ma forse il nostro dio Si incazzerà con loro un giorno di novembre e banchi di nebbia. C’è altra acqua da rovesciare nello scarico. spero di avere più fortuna questa volta. Generazione di fenomeni, questa qua, ma nel secolo ventesimo l’acqua fritta è migliore di tutte le schifezze chimiche stura portafogli buone solo per annaffiare il prato del vicino. Una volta all’alba skizzavo sul ponte e respiravo l’aria a fior d’acqua. Adesso le cose sono cambiate, e non e’ più così. Non credo ancora di sapere se sarò felice qui, ma so di volere ancora una donna prima della fuga. Torino non c e’ più. La nebbia e la neve me l’hanno nascosta, e io mi chiedo se poi se la porteranno via la mia città. E’ un pomeriggio da eclissi totale, da chiudersi in casa, cercare i Pink Floyd e fare un po’ quel che ti va. lo in giorni cosi a volte provo a cercare un filo che leghi insieme tutte le pagine che scrivo, e ogni volta è come ritrovarsi davanti a una vita che un senso ce 1’ha, ma che è difficile da trovare. Non ho più una ragazza e gli amici che avevo si sono tutti fermati a metà strada. Credo che tutti abbiano trovato un posto dove stare e


adesso vogliono rimanere a vivere li. Tutto facile, tutto che va bene cosi. La vita come uno schema a tappe obbligate, e gli amici che ti corrono a fianco come in una partita di pallone. Se sei fortunato non ti tolgono dal campo, se ce la fai arrivi anche ai tempi supplementari. Io con loro ho giocato la mia partita più lunga, la partita più vera, e più importante, ma ora che siamo qui, ora che siamo ai calci di rigore io lì vedo tirarsi indietro, lì vedo andar via, e mi vedo restare qui a difendere una porta troppo grande per un uomo solo. E se un avversario ora mi chiede cosa voglio fare, io gli dico vaffanculo, tira il tuo rigore che se lo paro forse qualcuno poi ritorna e sono cazzi tuoi. Sono queste notti qui, sono loro che lasciano che l’aria ti sommerga di saliva, e che ti strappano subito e ti sbattono già più lontano. Sono le notti dell’incoscienza, di quella sottile vena di follia che solo al buio senti sibilare. Ero dannatamente preso male, perché non ritrovavo più il mio accendino, poi come un flash, mi è riapparso davanti agli occhi l’uccellino che avevo steso nel pomeriggio. Chissà che cazzo vuol dire investire e rispedire al mittente un innocente uccellino. Forse era un avvertimento, spero solo che non porti sfiga, non per altro, solo che questo è un momento che avrei bisogno di un po’ di fortuna, magari porta fortuna. Qualsiasi cosa volesse dirmi qualcuno con quell’uccellino, credo non lo scoprirò mai, comunque stavo bene io sul quel terrazzo lassù, insieme a due ragazze coi tacchi alti; potevano scivolare sulle tegole, ma ci siamo abbracciati, poi abbiamo giocato anche, e le ho dato un bacio innocente, e questo è strano, perché erano anni che non sentivo quel sapore in bocca, quello li che sapeva di buono. Non per finta, era un bacio vero, valeva uguale, come se fosse stato dato con la lingua. E c’era uno strano cartone animato, e c ‘era una canzone che non ricordo come fa... Brindo a queste notti, dico grazie, e lo dico dedicandole un goccio d’hashish, un breve sorso, e un sorriso. Neanche le bestie si fondono cosi... Non so se sentirmi una merda o un grande eroe. Vago, per forza adesso devo andare a farmi un viaggio da qualche parte. Accadimenti e fatti strani attorno a questa mia privata capsula di sopravvivenza. Jack è il mio piccolo cane. Jack adesso sta facendo un sogno, e qualche volta piange un po’ ma io non lo sveglio, perché ho paura di spezzargli gli equilibri che lo tengono sospeso, in viaggio.


Tu che sai, questa pagina la dedico a te. Un brindisi chery, a un attimo che sai e che è stato bello, perché non sai se più ritornare. Sono parole, ma non senti come ti lasciano la saliva sulla pelle? Sono nell’aria queste mie parole, e questa notte l’aria era piena di saliva, come sai... Spegnetemi la luce. Si, così, più piano va bene. Adesso un grappolo d’uva, portatemelo! II fumo lo metto io, voi dovete solo preoccuparvi che lei arrivi in tempo. Niente scherzi questa volta. Questa volta voglio solo che sia la mia favola e basta. Solo per noi, solo per due corpi al buio, e per quell’estasi che non ho mai capito come fa. Un giorno di novembre mi dice nebbia sulla sera, e qualcuno è triste laggiù. E tempo di sbattersi anche ai piani alti. Questa cazzo di testa è buona solo più per farla esplodere. Boom! Mille pezzetti schifosi di cranio, tutti spiaccicati in giro, e qualcuno che li raccoglierà. II problema è che tutti hanno una storia da raccontare, e quando tocca a loro te la lucidano davanti. La sanno a memoria gli stronzi. Il cervello che va in pasta e skizza fuori, quello è il mio, che è pieno di mille storie, e si fa un culo della madonna per ricordarsele tutte, ma poi si stanca anche lui, va in pasta e skizza fuori. Poeta dei cazzi suoi, poeta che non dimentichi mai, poeta stronzo e bambino spaventato. Si e’ perso nel grande Super Market degli orrori, e non sa chi sono i buoni. C’è qualcuno che scende e va a raccogliere il piccolo? C’è uno stronzo di uno che Si sbatte e viene giù? C’è l’arcobaleno in cielo? Ci sarà ancora domani? E questa notte, dove lo mettete l’arcobaleno? E’ cosi importante questo cazzo di arcobaleno? Non vedete che c’è giù qualcuno che ha paura? Perché l’arcobaleno non lo mettete in culo e venite a vedere come sta lui? Lui tanto non lo può vedere lo stesso il vostro stupido arcobaleno incanta passeri. Lui è fottuto là in mezzo. L’avete lasciato solo, per far brillare dietro la Luna un arcobaleno. Vi siete presi tutti i colon del Mondo per dipingere questa notte di nebbia, ma gli avete preso anche suoi. E’ rimasto al buio. Coraggio, piccolo, tira fuori i coglioni e sbattiglieli in faccia.


E così sia. Mi sono fatto una sega. Ora sto fumando. Fuori c ‘è sempre la nebbia sulla sera. E bello, no? Tutto questo è rilassante, come un buon Old English Tea preso al tramonto sui placidi canali dell’Amstel. My own private Coffee Shop, questa è casa mia! E qui che si sta bene sempre, e la melodia del coccodrillo si fa sentire meno del solito. Ti graffio le mani, stai attento. E credimi tu, io ti voglio bene.

Ameranno il mio culo, Dio se l’ameranno...

C’è ancora qualcuno che si preoccupa per me, e mi lascia essere libero di volare, perché lui ha i piedi di piombo e mi tiene a terra, e lui lo sa che un giorno volerà nella mia scia. Così vado via, così mi lascio alle spalle tutto il tempo che perdo e passa. I minuti, le storie, forse domani non mi scorderai, ma solo tu, solo tu angelo grande che sei caduto per salvare me.


Quando una finestra si apre su mille orizzonti, il cuore si ferma, perché non sa dove cazzo deve andare. Sono verde, sono al verde e incazzato nero, e comunque ti aspetto a te lassù, ti aspetto con questo enorme palo di carne, e tu sai come funziona, no? ‘Fanculo. Cosa c’è di più fertile per l’incazzatura, di una vocina vocina che ti dice che lei alla cena che le hai preparato ‘stasera proprio non ci viene più, perché mamma non vuole. E tutto quel buon fumo che avevo messo già da parte solo per noi? Cosi io per l’unica mia fottuta colpa, che è quella di essere stato cagato nel secolo ventesimo e sbagliato, adesso dovrò skizzarmi nelle vene un tartufo da sette grammi e altri sei e sei di hashish, da solo. Merda, merda, non ci credo, sono pieno di merda e ho il cesso ancora intasato. Ma quando cazzo si decide a venire lo stura cessi? E cosi difficile venire fin quassù a farmi cagare? Mi lavo a casa di amici e cago in un sacchetto di plastica, e io sono stressato. Non mi rilassa nemmeno molto il lavoro, perchè so che qualcuno potrebbe vedere il mio privato Coffee Shop in modo meno artistico del mio.



I miei clienti vengono qui, io gli offro da bere e loro comprano un po’ di fumo. Si sta un po’ insieme a fumare e ci si conosce. Qualche volta trovi anche gli amici, e poi sono bei momenti di evasione innocente collettiva. Davvero non ci riesco a sentirmi in colpa per quello che faccio. lo vendo flash e sorrisi, che cazzo vuoi tu Poliziotto? Mi porterai via un giorno? Un giorno verrai qui, ti prenderai la mia droga e ci porterai via? lo dico di no, io dico che è meglio che mi lasciate stare dove sono, dove non mi trovereste, dove a volte anch’io mi perdo, e dove i confini del bene e del male sono più chiari, tanto chiari che voi comunque non ci vedreste lo stesso un cazzo, perché voi siete poliziotti. Mi piacete solo nei fumetti e anche nei film, a patto che dall’altra parte ci sia la merda, quella vera, non la mia tranquilla ovatta dell’arte. Che palle, un pomeriggio mandato a puttane per l’incazzo terribile del pacco di mezzanotte. Il riscaldamento è basso, ma credo sia più facile girare una canna nuova, che alzarsi e sbattersi per girare una stupida rotella nel senso rosso. Decido anche che un piatto di plastica con dentro due uova, due fette di mozzarella e due di pomodoro, con qualche scheggia di tartufo sopra, mi aiuterà a non pensarci su male. Ho passato un pomeriggio tossico, e oggi i ragazzi che sono venuti erano davvero troppi. Devo parlare con Sam, gli devo dire che adesso il fumo non lo tengo più in casa. è necessario che adesso lui, ogni volta che viene a trovarmi mi deve chiamare prima. Devo dirglielo. Gli devo dire che adesso vendo solo più pezzi da cinquantamila. Non ho assolutamente voglia di rischiare di arrivare adesso al confronto con le giacchette blu. Sembrano precauzioni alla buona, ma credete, non e’ la stessa cosa come se beccassero qualche etto di hashish in casa tua. E difficile spiegare che potrebbero benissimo essere per uso personale. Non ci credono quelli, ma io non avrei problemi a fumargli davanti tre etti in una settimana. Zio Baudelaire ne ha fumati quattro in un giorno solo?! Allora glieli fumo a colazione e vaffanculo. C’è un bel parco di fronte alla mia capsula di sopravvivenza. Faceva parte del vecchio residence abbandonato, e adesso è di qualche tipo pieno di soldi che sta qui di fronte. E’ sicuramente un posto tranquillo. Io ne ho il libero accesso da quando, due settimane fa, ho passato un pomeriggio a scardinare catene e lucchetti che bloccavano la porta d’ingresso. In mezzo al parco c’è una fontana antica che è abbandonata anche lei, e adesso come fondo ha un tappeto di muschio. Ci ho trovato un teschio svuotato di un qualche animale. E’ intrigante. Penso che lo nasconderò là in mezzo, il mio santo fumo. Domani che è giorno cercherò gli imboschi.


E con il cane Jack che mi staccava un orecchio a morsi, è cominciata anche questa giornata di pioggia. Ho una casa che non è casa, e adesso devo anche sbattermi per rendere accessibile al pubblico questa mia privata capsula di sopravvivenza. Fra poco uscirò nell’acqua per raccogliere qualche pezzo di fumo che ho sotterrato nel parco del vicino. L’altra sera qui c’era la Polizia che mi aspettava sotto casa. Meglio non rischiare, fermarsi mai, soltanto così per stare tranquillo. Giornate selvagge, ma che danno piacere, anche se poi, al solito, quel fottuto telefono nero non suona mai. Sempre qui, comunque a scrivere. Vorrei davvero essere altrove, giusto un po’ più in là. Per adesso me ne resto qui, con addosso solo il cardigan di lana nera che Angie si era dimenticata qui. Era l’altra notte, e ne son passate abbastanza. Non so, è una sensazione strana, e anche la situazione non e delle più viste; tutto è come se fosse velato da un qualcosa che ferma anche il tempo. Rimango su questa sedia, e sarà che forse mi preparo qualcosa di forte, da fumare, giusto per quando lei verrà a dirmi nell’etere che il suo cardigan lo posso tenere ancora un po’ io, ché lei questa sera, beh, ecco... proprio non può. Siamo sempre tutti qui, solo è che ora sto fumando, e di Angie il telefono nero non dà notizie da un pezzo. Chissà se non voglia giocare a far finta di essersi scordata che noi due insieme, questa sera si doveva fare una notte flash... Ha gli occhi di una ragazzina dolce... Non è poi cosi difficile credere che anche lei ha addosso la mia stessa voglia di giocare. Comunque io ogni tanto lo guardo, ma lui niente, si nasconde nel suo nero fottuto, e nemmeno le bestemmie da ergastolo all’inferno lo fanno suonare, il porco. E cazzo, dai... Telefona! qui mi finisce anche l’ultima, che tu ancora non hai chiamato. Se lei dopo viene, la porto nella vecchia piscina abbandonata, giù nel parco della villa qui a fianco. I sotterranei, quelli è meglio di no, ma è attraverso la botola che deve assolutamente passare. Io l’ho trovata l’altro giorno che vagavo per questo Residence abbandonato, dove vivo io; ero in giro che esploravo e Ia botola era IA, quasi nascosta da un doppio strato di vernice bianco muffa. Mi sono fatto sponda fra muro e ascensore, poi l’ho aperta e una scala arrugginita e’ rotolata giù. C’erano le soffitte, anche loro abbandonate, e tre passi avanti c’era un oblo’ fatto in plexiglass. Dava sui tetti. E stato un flash mettere gli occhi oltre le tegole, addosso ai grandi boschi della collina e le sue


ville e vigne antiche, un impatto di verde davvero allucinante. Si respirava bene, e poi sono ritornato lassji con gli amici e mio fratello. Ci siamo sdraiati controvento, e Si e’ rimasti a fumare, traballando su quei tetti fino a sera. Volevo portarci anche Angie, questa notte. Ma non mi incazzo con Ici, io in fondo lo so che la colpa e’ stata solo di quel fottuto telefono. E il nero che porta sfiga. Sono stato io a sceglierlo cosi. Brutta storia. ‘Fanculo.

Picchietto qua e là fra questi tasti, e mi sento quasi un giocoliere. Dove sto io adesso il sole sta venendo giù. E’ già sera e siamo da poco svegli, in realtà siamo in coma etilico da ieri notte. lo mi sono tirato nelle vene cinque bicchieri da 20 cl. di alcol etilico. Novantacinque gradi faceva lo stronzo, e Max me l’ha sboccato nel corridoio e sulla macchina, e fuori dal balcone, poi nel cesso e alla fine ha intasato il lavandino. Ho dovuto levare anche le lenzuola buone, perché lui si è compresso lo stomaco quando si è sdraiato supino sul mio letto, così poi gli è uscito il vomito. Per forza che succedono queste cose, e poi mica va sempre bene, mica c’è sempre qualcuno un po’ più dentro di te che ti guida la macchina fino a casa. Questa notte Klos ha chiuso il Flauto Magico per guidare la macchina di Pier fino a qua. Magari si sentiva anche in colpa dopo aver lasciato che ci spingessimo fuori dagli schemi occulti, quelli che ci fottono di giorno, lì nel suo locale. Questi sono giorni di perdizione e di grandi mutamenti. C’è il sangue che cambia, c’è il suo colore che si fa nero, perché adesso siamo tutti incazzati, anche parecchio. Adesso sorprendo tutti e giro una canna nuova. Non sono avvolto più da nessuno. Adesso mi sono perso davvero, e ancora non lo so. Il mondo sta in un poster, e quel poster


è l’immagine soltanto di un vortice elettrico e veloce. lo ci entro dentro spesso, ma all’ultimo giro è come se un qualcosa mi bloccasse. C’è qualcuno che non vuole e non pu6 lasciarmi andare oltre. L’altra notte così ero sveglio e ho acceso le piastre; ho messo sù del latte e ho montato la caffettiera. Non sò perché, ma mi sembrava così naturale immergere alle quattro di mattina panenutella nel caffèlatte... Poi ho fumato accanto alla finestra. Quella volta avrei provato a fottere chi mi teneva bloccato. Prima di entrare ho fumato di nuovo. E’ come se quegli stessi movimenti di quella notte li stessi rifacendo adesso. Avevo puntato la lampadina verso il cuore del poster. Un gesto naturale, come un check-in all’aeroporto. Sopra il poster c’era un grande vassoio dorato, uno di quelli che ti danno in pasticceria quando spendi almeno tre deca di paste varie. Ecco, lui se ne stava là sopra, e in mezzo c’era la fotografia che mi aveva regalato Claudia, quella con il ritratto di lei, mentre ascolta un walkman. E’ una foto in bianco e nero, e lei quasi sorride. Ho sentito il bisogno di fumare ancora, poi ho preso del nastro bi-adesivo e l’ho appiccicato al muro, sotto il grande poster. il tempo di sbattere gli scarafaggi nelle casse delle stereo, e poi ho spento la canna sul bi-adesivo e l’ho lasciata lì. Mi stavo preparando a entrare nel vortice dannato, che il telefono nero si è messo a suonare. Circa le cinque, era Claudia da Milano. Ero stordito da tutti i vapori di quella situazione. Io a lei le volevo bene, l’ho amata come una bestia quella donna. Cazzo, ma era quasi un anno che non la sentivo. Avrei voluto andare da lei e stringerla piano, mentre dentro i muscoli si tendono fino a farti impazzire. “Vieni a prendermi, e andiamo in un posto che vuoi tu? ...” Mi aveva detto lei. Due ore che non mi ricordo e poi sentivo la sua lingua scaldare già la mia. E quella di Claudia era stata da sempre una lingua calda, una di quelle lingue che ti eccitano e intanto consolano. Stavo bene quella mattina presto giù in quella Milano da poco sveglia. Non mi sentivo “a casa”, ma stavo bene uguale. Non avevo dimenticato la strada, così anche quell’ultimo viaggio nel mondo, era finito. Stavo di nuovo dove sono seduto adesso, e Claudia era tornata a quasi sorridere da dentro il vassoio di cartone dorato. Il vortice era chiuso adesso, mentre io, beh io mi sento come uno che ritorna da un viaggio... Sono stanco, vi saluto.


Questa notte è successo qualcosa di strano. Siamo tutti d’accordo che ero fuso come una bestia, ma è stato comunque un non so che di speciale. Ho sentito dolce Angie, ieri sera, e lei chiedeva se il suo cardigan di lana nera era rimasto nel mio maggiolino. Era lì, e le ho detto “ciao”, mentre lo lasciavo cadere sul divano. Ho sentito molte altre care persone, ieri sera, ma è stato verso le tre, quando ho tirato fuori il letto dal divano, che mi sono ritrovato quel maglione fra le mani. Lei aveva detto che non era suo, ma aveva comunque il suo profumo, e io l’ho abbracciato, l’ho tenuto fra le braccia, così come per proteggerlo, così, come per non sentirmi solo. E questa mattina ero ancora sul fianco del letto, ancora un po’ piegato su di me, come quando avevo spento l’ultima luce colorata. il maglione ce l’avevo ancora fra le braccia, ed è stato come se lei fosse stata con me per tutta la notte. E tutto questo è molto strano, perché adesso io mi chiedo se davvero non mi sono mosso mai, o se quel profumo mi ha portato chissà dove, prima che il sole mi scaldasse gli occhi attraverso le fessure del mattino. Non lo saprò mai, ma adesso mi sento bene, respiro forte e mi sento vivo, e fra poco lei sarà di nuovo qui. Sarà qui, e io credo che la vedrò con occhi diversi. Le voglio bene davvero a dolce Angie, ma non l’avrei detto mai che per accorgermene dovevo passare un’intera notte abbracciato al suo profumo colorato di nero. Comunque adesso aspetto lei, le offro una birra e poi la stringo un po’, le accarezzo la schiena e le dico del maglione, e che le voglio bene. Lo so che siete strani voi. So anche che Dio non si fa mai cazzi suoi.


Ieri ho ucciso un uccello di collina, e non è giusto. non è bello che quando serve, signor Dio non c’è mai. Oggi ne ho presi due in un negozio, e li volevo liberare, poi il tipo mi ha detto “non si aspetti certo che vengano a mangiarle sulla mano. ..”, e io non so perché mi ha detto ‘sta cosa, anche perché uno dei due piumati mi sta appeso al dito da molto tempo. Volevo liberarli, e lo fard, ma non subito. Adesso che stiamo facendo amicizia li terrò ancora un po’, cosi giusto per sperare che qualche volta anche loro si ricordino di me, e passino da queste parti, ogni tanto, per vedere come mi va. Lascio le mani sospese a mezz’aria, sopra la macchina da scrivere. Chiudo gli occhi, e aspetto soltanto che venga qualcuno e se le porti via. Questa gran de coperta, questa puttana qui, questa bianca davanti a te, questa fottuta è il nascondiglio di tutti noi disperati. Questa troia ha anche detto che il mondo non e’ vero che finisce nel duemila, ha detto che sarà ancora lunga per tutti, ma lei Comunque continuerà a tenerci nascosti... La troia! Io non ci credo molto che resterò ancora qua sotto, e se c ‘è un qualcuno che vuole seguirmi, io sono li che lo aspetto. Questa volta prendo tutti, anche i fantasmi del passato. Il discorso sembra scorra via fluido, solo è che nell’aria della mia capsula c’è qualcosa che non è normale, qualcosa di elettrico che non mi fa sentire tranquillo. Mi lascia in attesa di una qualche scossa che mi colpirà in una qualche parte vicina al mio culo. Non mi va, vorrei sbagliarmi, vorrei forse non pensarci più, ma è un gioco cosi bello che non può assottigliarsi e poi morire. Cara vecchia sigaretta, era tanto tempo che non mi veniva voglia di fumarmi una sigaretta, e adesso fa piacere dopo cento giorni da mille canne. Quasi una svolta, e non ho ancora capito se questa notte rimango da solo. E’ un’immortale melodia, e ce l’ho qui, dietro la testa, e mi sembra di impazzire. Vedo molte immagini adesso. Vedo strani flash del passato, e tutto si mostra come se fosse velato. Ci sono anch’io, sono più giovane, Il più piccolo, sono per strada che corro su un paio di calzini rossi, e sto fuggendo da mio padre. Sfascio una porta blindata, mi riprendo la moto e ritorno a fuggire. Ho un vecchio motorino, lo prendo e fuggo via in Autostrada. Spacco il Pugno sul muro di camera mia e ritorno per strada. Vado a Venezia. A Venezia ritorno con Claudia. Amavo Claudia. La prima volta che abbiamo fatto l’amore, era Natale. Faceva la modella, un giorno di maggio poi le ho detto “ciao”. Aspetto sempre delle telefonate importanti. Finché


c’è qualcosa d’importante che puoi permetterti di aspettare, hai ancora qualcosa da fare nel caro vecchio mondo. Ho preparato caffè dolce, da versare sui ricordi. Meglio buttarlo giù finché è caldo, la mia privata sigaretta non si raffredderà di certo. Riprendo a fumare con rinnovato piacere. Il caffè l’hanno inventato per chi fuma. Qualsiasi cosa che tu possa fumare dopo un caffè, ti sembra più buona. Ha quel sapore in più, quel sapore speciale. Angie, Angie, tanto lo so dove sei. Stai attenta laggiù, che io ti voglio bene. lo e te non ci si perde mai di vista. Mi manchi, tu e quel nostro numero che sai. Notte strana. Notte dei ricordi, notte di quando Giuliana mi ha stretto la mano. Ma era prima, o era già la fine?... Notte di natale 1986, avevo dodici anni. Non ricordo più. Notte di natale 1980, che sfiga, mi hanno preso per il culo per sei anni... Non ci volevo tornare a scuola il giorno dopo che avevo lanciato la mia cartella rossa contro la commissaria d’esame. Chi cazzo la voleva vedere più quella stronza acida che mi giudicava. Avevo otto anni, non mi ricordavo piu cos’era successo il giorno dell’ultimo natale, chi voleva tornarsene a scuola e chiedere “scusa”... Le ho chiesto scusa... “Ma solo perchè me lo ha chiesto mia madre...” Cosi le ho detto alla stronza acida, e poi me ne sono andato al mio posto. Vedo le facce dei miei compagni... E come se fosse, e come se stessero seguendo un Marziano con lo sguardo. Guarda là ! Che tutto quello che hai visto già non c’è più.


Guardare! Guardare le fottute cose da mille angolazioni diverse, infinite ipotesi, ma voi già sicuri di riconoscere quale di quelle mille e quella giusta... Cazzate, solo gli psicopatici possono saperlo, e voi siete là fuori, voi non potete saperlo. Voi avete l’illusione artificiale di saperlo, ma non è vero, voi non sapete mai un cazzo. Noi viviamo invece in un mondo privato, che non è quello là fuori con la “m” maiuscola, ma è quell’immenso spazio dove ci tenete voi, dietro piccole porte della vostra mente. Noi siamo l’anima dell’arte, e quel che ci uccide è vedere voi vivere nel riflesso soltanto di quello che per noi era tutto vero. Non ce l’ho con voi, è che vi voglio bene a tutti, anche agli stronzi, e mi spiace davvero sapere già ora che mai potrò arrivare a tutti quelli che volevo toccare. Mille e mille donne che potevo amare davvero, mille e mille storie che io non potrò mai vedere, lacrime, lacrime di merda che non potrò versare. E non mi va, non mi va giù questa dannata storia. Non si può sbattere un uomo a vivere in un mondo che già da subito gli dice che è troppo piccolo. E’ un omicidio psicologico. E’ come quando prendi un bambino che piange, e gli racconti la storia dei buoni e cattivi, e dove poi sono i buoni a vincere, e quei bambinetti buoni di merda erano solo dei drogati. Drogati da un padre, da una madre e da quella fottuta presa per it cuto che e’ la Santissima Chiesa Cattolica, che finche’ questi sono piccoti e drogati ti usa e se Ii tiene, ma che poi quando questi crescono e qualcuno Si ferma un attimo a vedere quale merda gli stanno skizzando nelle vene, poi a quel punto sono cazzi, perché quello si prende male, tutti si prenderebbero male scoprendo di essere stati traviati dalla vita, e allora ti accorgi che c’è stato qualcuno che ha cercato di fotterti con un depistaggio, ma adesso lo sai e sei incazzato, e da quel giorno inizia la tua camminata solitaria dentro la mente, dentro quel mondo di parole che non c’è, ma che a volte ti consola e tu, tu sei li che piangi. Grazie Lou, grazie per le note calde della tua Heroin, grazie ancora, e io ritorno dalla mia, dalla mia droga. Lo sapete, amo il fumo. E anche le donne. Quelle poi mi fanno sempre un effetto strano. Secondo me, le mie sono state tutte dei viaggi che mi sono fatto in acido. Storie strane, storie impossibili, qualche volta c’entrava anche il Diavolo, ma è passato del tempo, e adesso sono qui, sono in una di queste notti qui, e forse arriverà qualcuno. Non preoccupatevi per me, io cosi sto bene, e poi qui c’è anche fumo. A più tardi sognatori.


Ho bisogno di comunicare, ma non viene un cazzo di nessuno. Là fuori non c’è nessuno che si sta sbattendo per venire qui da me. Rischio di prendermi male, rischio i fottuti pericoli degli incubi da presa male, rischio di ritrovarmi da solo in questa notte qui, e i pericoli sono che puoi morire. Muore sempre qualcuno, in ogni storia c’è sempre qualcuno che se ne va. Questa mattina la prima cosa che ho visto è stata la morte. Lei se ne stava lì, nella pozza schifosa che c’è nella vasca da bagno intasata. Per forza è intasata quella troia, io ci lavo le pentole in quella vasca del cazzo. E’ perché la mia cucina sta in un mobile, e io ho sempre così bisogno di spazio, e qui ce n’è poco e me lo devo creare da solo; è per questo che la vasca era intasata l’altra notte, è anche per questo che l’uccellino che avevo comprato per liberare al mattino si è andato a suicidare proprio in quella pozza schifosa. Una scena che non lascia emozioni definite, una scena resa allucinante dal colore del sugo di pomodoro sciolto in merda di vomito, ma lui ti è andato a morire. lo non lo piango, perché non ho fatto tempo ad affezionarmi, ma quell’uccello lo stimo, perché lui era uno con te palle. Quell’uccello era ai margini della libertà, e non lo sapeva, o forse lui era più grande di quel che credevi, o forse lui lo sapeva, e sapeva anche che non sarebbe stato libero lo stesso, libero mai, anche lui drogato da piccolo, anche lui adesso solo una piccola preda spaventata in mezzo a un mondo che non conosceva, e non avrebbe mai voluto vedere. Meglio andar via. “ciao”.


Chi ha fissato i tubi dell’acqua nella mia capsula, era probabilmente uno stronzo. Pian piano la macchia d’acqua sta facendosi strada fra gli strati merdosi della moquette. Sono costretto a scrivere con i piedi alzati da terra e comunque bagnati dall’umidità che si e impregnata negli stivaletti, e tutto questo è reso ancora più insopportabile dall’odore che arriva dal cesso intasato di merda e vomito di chiunque. Tutti quelli che passano di qui con una certa frequenza, prima o poi mi riempiono il cesso con le loro schifezze varie. E’ una specie di ruota, un giro eterno e dannatamente fastidioso. E comunque dovrei già essere contento di essermi riuscito a lavare da Andrea questa mattina, perché la vasca teatro del suicidio dell’uccello, è piena di merde varie anche lei, e la poltiglia non va giu. Adesso mi sono perso davvero, e ancora non lo so. L’uscita del tunnel, facile facile che sia poco distante, e là’ fuori c’è già il mondo piegato in ginocchio dai miei mille acidi innocenti, o forse no. Io sono tranquillo, sono rilassato, e non ci voglio più pensare a queste cose che non vanno. Io sono venuto qui per non pensare più, per non pensarci più. Comunque adesso manca di nuovo una donna. Brivido, brivido, penso che farò qualche cosa di grande. Penso che stia per arrivare davvero lo skizzo di base. Ecco, lo vedo già di lontano. Sta arrivando, gli vado incontro. Io faccio anche fotografie, e vorrei che le possiate vedere una volta. Sono fotografie delta vita. Già la vita, quella lì, quella storia tesa che si spezza, quel gran casino di animali, e io sto partendo di nuovo per un viaggio, e quella vita fottuta che ti frega, che ti vuol sempre fottere o farti fottere, e tu scappi, scappi, corri e corri più forte, ma poi finisce l’inchiostro e tu non puoi più scrivere un cazzo. Ti devi fermare, devi sbatterti per trovare altro inchiostro, in fretta, subito, prima che il viaggio ti abbandoni e vada via, più in fretta, più in fretta o non ce la farai. Non ti lascerò andar via dolce visione, ti strapperò ancora dalla notte, ti verrò a cercare, e lo giuro sul mio nome non ti lascerò mai più.


Sono stato fermato dagli sbirri. Erano le tre di notte e mi hanno fatto cinquantaquattromila di multa, perché io alle tre di notte me ne andavo in giro senza le fottute cinture di sicurezza. Mi hanno chiesto se facevo uso di sostanze stupefacenti e se avevo bevuto... Non so perché, ma mi è venuto bene di dirgli che non facevo uso di sostanze e di alcool. Forse un giorno verranno a prendere anche me, ma piuttosto che mettere la loro divisa, me ne vado in Croazia a fare la guerra. Ero fatto come una bestia, bevuto quanto bastava, e sono riusciti a vedere che guidavo senza cinture... Sempre avuto stima di certi elementi... questo personal lo dedico a loro. Ho sognato macchine veloci, e le lanciavo per le strade a picco sul Mare, su e giù via veloce a prendere ragazze sempre nuove, che mi aspettavano per strada. E non erano puttane, ma solo dei ricordi. A quante di quelle strade ho rinunciato, lo so solo io, ma qui siamo già fuori dal sogno... La giornata fuori sembra di quelle buone. Buona per scrivere, per fumare, per vedere qualche vecchio amico, per fare anche tutte quelle cose che ti portano poi su un letto, a collassare o a fare l’amore. Io la finirei così, davvero farei tanto di quel su e giù, finché ce n’è, finché mi urla che le fa male e non riesce più a respirare. Sceglierei Angie a occhi chiusi, per questa volta è lei sopra tutte. Adesso fumo nel ricordo di tutte quelle frecce di piacere che voi donne avete portato in quel tempo che non ritorna e mi risponde soltanto se chiamo caro vecchio fottuto passato... E’ l’istinto che mi porta a ripetere gli stessi gesti, come in un vecchio rito tribale. Prendo la brava sigaretta, e la apro piano. Poi chiudo tutto, e buon viaggio, vado via.




L’overdose d’hashish è una storia che noi ho mai sentito, ma io questa notte ci sono a un nulla di distanza, potrebbe essere che questa storia esiste, e io sono fottuto. Ho l’immenso dubbio se sfidare le leggi della chimica organica, e girarmi un’ altra canna... Credo che il mio fisico toro regga bene, è la testa che ho paura che mi salti. Se salta sono cazzi... Pezzi di cervello merdoso sul tappeto di pelle di vacca e sopra ii lavandino, magari qualcuno anche sul plaid di lana verde che stava sul letto. Bella storia quel letto. Già qualche ricordo, ma comunque un gran letto di merda. Un fottuto letto trita schiene. Un bastardo vero, che sembrava non facesse altro che darti spinte pelviche negative per tutta la notte. Una merda vera. Sono pieno d’hashish, da sentire che mi sta scoppiando la testa. Cazzo, cazzo, ho paura, mi sta scoppiando davvero questa mia fottuta testa. Pulsa, pulsa come una troia. La sento pulsare e mi si gonfia la faccia. Ho le mandibole tese, adesso. Non e bello, penso che questa sia una dannata cosa che fanno per spaventarmi, e cazzo ci stanno riuscendo. Lasciatemi stare! Cazzo, andate via! Via, via! Fottuti stronzi, andate via di qua, io non vi amo, e non vi conosco, non potete voi stronzi, farmi credere che questa fottuta testa adesso scoppia... Non dovevate. Sono queste le notti del delirio. Sono fuori e lì che arrivano. Vengono senza chiamare, senza farne parola con nessuno. Sono le notti della follia, quelle notti che ti fanno fare le cose che ti fanno impazzire. E’ bellissimo, è il suono di una poesia elettronica. Queste notti qui arriva sempre qualcuno con loro. A volte è una donna. A volte ha i capelli castani e gli occhi blu. Qualche altra volta invece i suoi capelli sono blu, e i suoi occhi castani. Se questa una di quelle notti là, beh io vorrei che si fermasse a parlare un po’ con me, lei a notte. Quante storie può avere da raccontare la notte? La notte là fuori è quella che la sa più lunga di tutti, neanche il giorno ne sa come lei, perché il giorno quando finisce il suo lavoro si addormenta, mentre lei la notte non finisce mai, lei resta dietro a guardare. Mi piacerebbe chiederle di quando il grande capo si sbatteva e lavorava anche lui, mi piacerebbe chiederle se c’era lei quando lui ha iniziato a sbattersi perché io lo so che lei la notte si è creata da sola. lo questa cosa la so, e adesso che ve l’ho detta non è più un segreto. Sono in attesa di sentire un giorno qualcuno che mi dice - Sei un uomo, ormai. Al momento credo di essere ancora un ragazzo, ed è a quelli come me che voglio arrivare. Per arrivare ai ragazzi si passa dalla strada. Solo una voce che corre impazzita per te


strade può arrivare ai ragazzi. Ieri ho visto un manifesto, ma non ricordo cosa c’era disegnato. E inutile, io potrei girare per tutta la notte, che tanto lei non c’è da nessuna parte. Regolare, si continua a camminare ai margini della società, sfiorandone i confini e succhiando i liquidi delle mie notti. L’ho aspettata troppo tempo questa volta. Avrei dovuto essere più duro con lei, ma finisce sempre che in qualche modo riesce a non farsi mandare a stendere, e via da capo. Secondo me, quando viene, non mi sembrerà un momento esaltante. Peccato, io adesso ho una nebbia da affettare. Cambio direzione, e ritorno a sfiorare i margini. Sta arrivando Pier con le mie pizze. Grand’uomo Pier, mi porta il nutrimento a casa. Forse più tardi vado in discoteca con lui. Lo farei per noia, mica per altro. Non mi rimane più motto tempo da passare qui nella mia capsula affondata nella collina. Farò un brindisi di addio a questa mia Torino privata, e quello sarà un bel momento. Ad Angie voglio bene, ma prima di andarmene da qui vorrei ancora una breve storia di sesso sfrenato e profano. Non lo so, ci tenevo che fosse con lei. Per lei, anche se non era una storia breve andava bene lo stesso. Per lei, il treno della notte e via a impazzire da qualche parte insieme, magari giù da me. Forse non vado in treno da lei, ci vado in Bugatti e lei è più felice. Voglio vedere fino a dove mi può fottere il cervello una ragazzina dai capelli bruni e intoccabili come i suoi. Pier è arrivato con le pizze, e io non ho ancora preparato il regalo che gli avevo promesso. La genialità sta chiusa in un fazzoletto di seta, e la sensualità l’accompagna. Sono le figlie del proibito e del silenzio. Di notte le senti, le vedi, ma non le puoi toccare. Ti spogliano nudo e ti graffiano te palle, ma tu puoi solo vederle e sentirle. Toccarle non puoi. Non le puoi toccare quelle due innocenti puttane che ti vogliono bene. Conosco bene come si muovono. So quanto vogliono e quello che valgono, e ho bisogno di loro, sempre. Genialità sensuale, e tu sensualità geniale, ascoltate, e questa notte venitemi a prendere. Io qui così non c’entro più un cazzo. Stiamo perdendo il contatto, e voi dovete soltanto ricordare, e ricordare. Ricordate con rabbia, ricordate il mio fucile piazzato contro i vostri seni sinistri, e ricordate che se spara questa volta è per morire.


Ho sete. Voglio bere. Datemi quel liquido. Ho freddo. Ho bisogno di quel liquido caldo. Datemelo! Datemi adesso quel cazzo di liquido da bere, sbattetelo su questo tavolo a lasciare che coli sotto la mia lingua. L’hashish adesso non basta più, e ormai e troppo tempo che non mi faccio più della mia dose di liquido. Guardate cosa scrivo, guardate come cazzo vivo. O vi sputate in faccia da soli, o mi date la mia dose fottuta. L’ultima volta che ho fatto l’amore ero in una capsula sull’Amstel. Non potevo. Cazzo! Non me lo potevo bere il mio liquido lì. Si sa la roba che gira da quelle parti. Ma adesso ho sete davvero e qualcuna deve venire a portarmi quella dannata dose di figa. E stata qui una ragazza bionda dell’agenzia immobiliare che mi ha affittato questa capsula. Era venuta per vedere in che condizioni era la “casa”, perché l’altro giorno ho dato disdetta per il contratto di affitto e loro adesso devono trovare qualcuno al posto mio. La ragazza bionda aveva il compito di valutare i danni. Al telefono quelli dell’agenzia mi avevano detto che loro avrebbero avuto bisogno di far vedere la “casa” almeno tre volte a settimana. Ne converrete tutti che e una straordinaria rottura di cazzo avere gente anonima che ti gira in casa mentre tu ci sei, ma la ragazza bionda ha forse avuto paura di farla vedere a qualcun altro nell’assetto “maudit” che le avevo regalato io. Meglio così; è meglio avere addosso la minaccia di dovere pagare danni che non pagherò mai, piuttosto che vedermi girare intorno facce di cazzo stralunate che non vedono l’ora di tornare a casa per dire - Voi non potete neanche immaginare cosa ho visto io... Comunque alla ragazza bionda faceva abbastanza schifo quando l’ha visto la prima volta. Per lei deve essere stato un impatto allucinante trovarsi di fronte al tetto sfatto, ai piatti ammassati metà nel lavabo della cucina e il resto netta vasca in bagno, e poi tutte te mie foto, la foto di quello che si gira uno spino, quella dell’altro che si lancia dal cielo e sotto c’è il mare, e poi quella di lei che si scioglie una pepita d’hashish sul fianco dell’inguine nudo. E c’erano anche i poster e i miei quadri che l’hanno colpita, ma lei parlava di danni atta moquette, danni al tavolo di legno, danni in bagno e danni ai passeri... Lei era carina e mi piaceva che fosse lì con me. Lei mi stava dando del disadattato sociale quando io le ho preso il polso in una mano e le ho spiegato che non era così. Dopo è stata un’altra storia. Lei ha promesso che non avrebbe portato nessuno


a rompermi i coglioni, ma io avrei dovuto poi invitare lei. La chiamerò e sarà di sera, sarà di notte e di quando fuori è buio, e i fottuti danni di un fottuto disadattato sociale non si possono vedere. Ho messo su MTV a volume zero. Il cane Jack si sta rassegnando all’idea di non potere uscire fuori nel suo piccolo parco. Adesso piange, ma non lo lascio più uscire, perché questa mattina ha tentato per la seconda volta di farsi una passeggiata in solitaria per le strade della collina. Spero che si prenda bene con video e poi vada a collassare da qualche parte. E’ andata male, e adesso sono tutto gelato dai due gradi di dicembre. Basta che stai fuori dieci minuti a sorvegliare un cane che subito ti geli come un mandarino. Glieli ho dovuti concedere dieci minuti d’aria al piccolo Jack, ma adesso lui non dovrebbe comportarsi così, non dovrebbe mettersi a piangere di nuovo, non me li deve più rompere i coglioni adesso. I video non gli dicono un cazzo, forse la musica di 105 Classic fra poco sarà migliore. Jack si addormenterà e io mi prenderò più male di come sono preso ora, e non credo avrò più voglia di scrivere. A Torino fa sempre freddo a dicembre. Ogni dicembre è sempre più freddo, e ogni dicembre io sono sempre in un posto diverso. Ora sono a Torino, fuori è dicembre e le mie mani sono ritornate fredde. Bob di “Drugstore” diceva che quando hai le mani calde devi lanciare e lanciare i dadi, ma quando le hai fredde devi sempre rallentare un po’, magari finalmente ti fermi e ti scopi la donna che c’è lì di fianco. Io non me ne sono mai accorto di com’erano le mie mani quando facevo qualcosa di valido, forse le mie mani sono sempre state uguali e a volte sembravano calde e altre volte fredde, e credo sia cosi, perché ci sono state troppe situazioni che sono andate a puttane solo per il fatto che io credevo di averle calde e invece no, erano fredde per lei che le avevo gelato la schiena. E quando tocchi la schiena di una che non sa con la mano fredda non vai più da nessuna parte.


In questi mesi di grande freddo io e Alex ci siamo staccati parecchio. Alex, io a lui gli voglio bene solo è che abbiamo perso un po’ il contatto. Lui adesso si scopa l’ultima ragazza che si era affezionata a me, e non sono mai belle situazioni, un po’ ci si stacca per forza d’inerzia, e il resto lo dimentichi in fretta dentro nuove dimensioni appena appena parallele. Le ultime cose che ho sentito in giro non sono buone. Ha iniziato con la coca, e io ce l’ho con lui, ma non per la coca, solo è che non mi ha detto un cazzo e questo non mi va giù. E’ strano Alex, ma io gli voglio bene uguale, anche perché lo so che sono pochi quelli che riescono a volergliene cosi. Tutti avrebbero bisogno di un amico come me, tutti gli Alex della terra, e quando gli altri mi dicono che non posso, che non ha senso considerarlo ancora un amico, io li guardo e mi dico che la loro è solo invidia e non hanno capito un cazzo mai. OK, sono rimasto solo, ma adesso viene qualcuno per me? OK, ho finito anche il fumo, ma adesso mandate qualcuno per, per favore? OK, non ve ne fotte un santo cazzo che o adesso sono qui solo e senza fumo, ma almeno un secondo me lo potevate


dedicare. Solo un secondo per sentirvi un secondo meno stronzi, solo quello bastava .Ho nutrito l’anima in queste ultime cinque settimane, ma poi l’ho distrutta, l’ho affogata in mezzo chilo d’hashish in cinque settimane, e non so se ce l’ho più un’anima adesso. lo non so più un cazzo, io tutte queste cose da sapere non le ricordo più. E se non è così io non lo posso sapere lo stesso, perché qui non è mai venuto nessuno a cercarmi. La gente di qui c’è passata soltanto, ma a cercare di me quel qualcuno speciale non è venuto mai. Avrei bisogno di una sigaretta diversa da quelle classiche, una tipo quella di quel giorno nel mio prato, o di quella sul Ferrari con Claudia a Monte Carlo, o più semplicemente quella insieme a chi c’era. Ora che sono solo potrei raccontare qualche storia, ma perché sempre a questa macchina da scrivere del cazzo? Non posso farlo con lei, adesso che vi prego, e che vi supplico, e adesso che ho dentro un ricordo che mi fa male al cuore, e me lo scioglie su due parole in una canzone che sta passando alla radio. E’ per questo! E’ per questo che siete cosi dannatamente stronzi voi là in alto. OK, prima o poi ci guarderemo anche negli occhi, e quando è state in guardia che forse non avrò voglia di parlare più con voi. Una volta quando ero più giovane ci stavo molto più male se in una notte come questa rimanevo solo. Una volta avevo una bottiglia di whisky qua di fianco, e una volta era diverso perché non li vedevo nemmeno con la fantasia tutti questi blocchi di fumo che mi sono passati fra le mani, ma ora sono stanco, stanco dei viaggi obbligati per averne sempre un pezzo per me e per i miei amici. Una volta li chiamavo clienti, poi i clienti li ho abbandonati e ho tenuto solo gli amici. Sono amici miei e io dovrei avere sempre dietro qualcosa anche per loro, ma sono stanco davvero e non la voglio più tutta questa nebbia d’hashish davanti agli occhi. Fuori sta per nevicare, forse nevica già e credo che sia un bello spettacolo da vedere. Non voglio dire che tornerò a bere per dimenticare di essere stato un drogato, è solo che vorrei starci male come una volta. Vorrei trovarmi ancora mentre guardo qualcuno e gli dico che, che io mi... Beh che ci sono io in un posto con quel qualcuno e lo guardo e gli dico che, che io... Non riesco neanche più a scriverlo quello che volevo dire... Non lo ricordo più, non è più in questa stanza. E’ andato via leggero come uno che passava di qui e non ho fatto tempo a dirgli che io mi ci stavo affezionando.


Non è colpa del sistema, non è vero niente che anche questa volta è lui il solo fottuto colpevole. Non è vero. Io in una notte così non me la sento di prendermela con qualcuno in generale, e non ce l’ho nemmeno con Angie. Non me ne frega un cazzo di sapere di chi è la colpa, non è importante il bacio che ho dato a quella ragazza dai capelli chiari, non esiste più un cazzo di importante come sapere che lei sta bene ora, e non è più con me. Dentro comunque ho qualche cosa da chiedere anch’io al caro sistema. Gli devo chiedere dov’è che vorrebbe lui quelli come me. Sapere se ci vuole all’inferno o dentro di lui. Sapere se è così fastidioso per lui che noi siamo ancora in giro. Ancora liberi. Lui a quelli come noi non dà retta. Non gliene fotte un santo cazzo, ma io gli ho risposto lo stesso. Solo è che non so ancora dove andare. Certe notti potresti sentire la voglia che hai di sfasciare il tuo pezzo di mondo. Quelle notti lì è meglio che vai fuori, o prima o poi ti porteranno loro. Vai tu, e meglio. Forse ci sarà


qualcuno che parlava di me, e tu ricorderai. Certe notti mi accorgerò che non ci sei più, certe altre chiuderò gli occhi per vederti al posto di chi non sei. In quelle notti, se senti di me fermati un istante e fai finta che ci siamo ancora. E rimani lì, restami vicino, io ti prenderò un’altra volta per mano e fumeremo insieme, canteremo se vuoi. Con questa storia che è stata come inseguire la notte, così io vado via di qui. Non venderò più droga, nessuno verrà ancora in questo angolo della collina a comprare flash e sorrisi. Ho mille foto da togliere dai muri. Sono sopravvissuto a questi due mesi, e ho solo voglia di andar via da tutto quello che sono stati. Sono costretto a tornare là fuori. Devo andare o non ci sarà più nessuno ad aspettarmi. Poi ho bisogno di imparare di nuovo come si fa ad amare la vita. Voglio vedere se è meglio della droga, e comunque adesso sto tenendo in mano uno spinello e lui mi sembra il mio migliore amico. Scrivere a macchina, come se suonassi un pianoforte. Parole e note che si mischiano, si scambiano la saliva e ritornano a riempire l’aria insieme. Non ho voglia di scrivere niente. Voglio una donna adesso, nient’altro da fare né da pensare, solo fottere e fare l’amore. Ma io lo so di come è bello quando in quei momenti ci sei dentro sul serio, e il mondo fuori gira, ma a noi non frega un santo cazzo. Solo è che lì ci stai poco, e ogni volta fai appena tempo a venire che lo spettacolo è già finito. Mi chiedo quando questi momenti poi non ci sono mai, qual è la differenza se lei non c’è stata e basta, o se lei quel giorno l’hai persa e morirai senza essere riuscito a portartela dentro quella volta e per sempre. Ritm ‘n’ blues sulle note travestite da parole mascherate di nebbia.


Rock ‘n’ roll e prima o poi la chiamo io, e solo perché Torino verso il quattro di dicembre affogava nella nebbia. Uscirei di qui o per comprare tabacco e cartine o per andare a prendere una donna. Torno qui poi, comunque vada e ovunque io vada, prima o poi si torna tutti qui, che comunque stiamo bene noi, stiamo bene lì e non è vero niente che i ritorni fanno male. Ritornare è come ricordare, cambia il viaggio ma è uguale lo stesso, solo è che lì blocchi la mente e ti attacchi alla vita col corpo soltanto. Il romanticismo non c’entra una sega. Quei bravi ragazzi avevano solo gli occhi uguali ai nostri, ma gli occhi soltanto, perché già quello che gli passava attraverso era dannatamente diverso. Come loro comunque adesso vorrei qui un’irraggiungibile figa, e questa forse può sembrare skizzofrenia, o più semplicemente poesia. Special thanks: Mick Jagger, Rolling Stones. Guest star “Like a rolling stone”, Bob Dylan. E cosi nella musica anche questa ultima canna se ne vola via, e io, beh io sono quello li che scrive e fa tutte quelle cose li, ma non chiedermi ti prego come mi sento adesso. Non chiederlo adesso, perché potresti sentirmi dire “come una pietra che rotola giù, ma poi non è nemmeno così... Il cane Jack sta saltando sul divano, e anche questa immagine si allontana e non ne resta che un flash. Non ci ferma più nessuno. Ora io e questa cara macchina, noi insieme lo mettiamo violentemente in culo al caro vecchio mondo. Lui è la società, quella li con la “s” maiuscola, poi e anche la grande muraglia di tutte le fottute mentalità che provano a non farci mai passare attraverso, ed è ancora quel gran pezzo di terra che tutti possono scavare e piantarci qualcosa dentro. E un giorno lo farò anch’io... Anch’io quel giorno uscirò fuori dalla mia capsula di sopravvivenza e scaverò un buco in terra, e fuori pioverà secco e un lampo squarcerà il cielo, così, d’improvviso e in un attimo, e io potrò gridare, gridare forte, mentre glielo infilo dentro, e poi ancora, sempre più forte, fino alla fine, finché riuscirò a venirgli dentro per poterlo sentire, e ancora giù, più dentro, per poi arrivare al suo cuore e sentirlo pulsare, e chiudere gli occhi per vedere nel buio che è lui adesso che grida. Ho un fratello piccolo che gli voglio bene. Mi piacerebbe che diventasse un grande cantante, ma comunque so che è come me, e qualche cosa di speciale la farà anche lui. E’ il più piccolo, è il più incazzato di tutti. Quando avrà vinto le sue paure di


bambino sarà pronto anche lui ad affrontare questo caro vecchio mondo. Il porco è anche suo, gli voglio bene. E mangio ancora pane e fumo. Non chiedetemi più che tempo c’era dalle mie parti. Alla radio c’è Alessia che dedica a suo fratello una canzone di Madonna. Questo fratello sta partendo per la naja. Parto anch’io fra poco, ma non vado a naja e neanche ci vado dietro le note di una canzone di Madonna. Quando parto io qualcuno chiamerà la radio e chiederà per me le parole di Heroin. Spero sia così, spero che qualcuno faccia come Alessia e pensi che c’è un fratello che va via. Ricordatevi di questo vostro fratello che se ne andava sempre e dove andava non lo sapeva mai. lo ho molti rimpianti, ma voi non siete ancora colpevoli come me, e siete voi quelli che dovete restare e potete ancora tornare indietro. Siete voi che siete lì. Davide mi ha riportato il libro su Jim che gli avevo dato l’altra settimana. Adesso sta qui di fianco alla macchina da scrivere, e mi è venuta voglia di leggere due righe e guardare qualche immagine, così per caricarmi. E Jim è uno che in un modo o nell’altro ti carica sempre. Ti carica come una bestia se solo lo sai capire. Perché a volte siamo strani noi, a volte la gente ci dice di bere di meno e noi li portiamo fuori e li ubriachiamo. Forse l’ho poi trovata la mia voce. Eh, questa è una mattina nuova, c’è fuori l’aria di montagna che mi piace, e poi è sempre una mattina after piega etilica da ultimo stadio. Mi viene da sorridere se penso a tutto quello che mi sta tirando dietro il mio fegato. Non deve aver gradito l’innafiata di Bacardi. Mezzo litro gliene ho tirato addosso, e mezzo litro di rum non va d’accordo con un fegato devastato come il mio. Ho sfasciato la casa ieri notte, perché è brutto collassare in ginocchio di giorno e riprendersi dal coma quando fuori è già buio. I miei amici e mio fratello sono stati qui ieri, ma non ricordo più quasi niente, solo che loro mi hanno portato via le chiavi della macchina, e questo lo ricordo bene, perché avevo finito le sigarette e io stavo di merda. Ho rovesciato questa cazzo di camera, fino a quando non ho trovato abbastanza tabacco per girare un po’ di fumo, per sentirmi più tranquillo. lo nascondo sempre qualche pezzo di sigaretta in giro, perché lo so che ci sono quei momenti di merda da impazzire, e sempre lì ti mancano le sigarette. Sfasciare la casa è una cosa che aiuta a scaricare l’energia negativa liberata dall’alcool, e poi alla fine qualcosa la trovi sempre, e se non è buona da fumare puoi sempre distruggerla.


Angie a me diceva che non avevamo litigato mai. Angie non potrà più dirlo adesso. E Angie non piangerà, non piangerà più lei adesso. Eh si, troppo vicini stavamo, e prima o poi qualche cosa si deve spezzare sempre, e c’è sempre uno che se ne deve andare. Ho le spalle più forti, e sono pronto per il viaggio che mi aspetta la fuori e ancora una cosa, nemmeno io ho più qualcosa da piangerci su. E’ stato tutto molto bello e anche veloce, in un crescendo degno di Ludovico Van... Mi hai spezzato il cuore, non ti dimenticherò mai. Sono piovuto in una generazione figlia del consumismo estremo e attratta dai fantasmi dei grandi padri del comunismo. Sono nato in questo bordello, e mi sono perso con una certa logica, pressapoco non distante dai margini della società. Anche adesso che scrivo sono qui da queste parti, magari di fianco a te, e sono vivo. Mi chiedo solo dove saremo tutti quanti, quando queste parole avranno trovato un loro spazio fra le stelle. Non lo so, non riesco a vedere più in là della porta che ho chiuso sulla faccia di Angie quando se n’è andata. L’ho lasciata andar via in taxi, le ho messo dei soldi in tasca e le ho detto - tu con me non ci vieni più. Se ci tenevi tu restavi con me adesso- “Non mi vedrai più questo lo sai? Si.. Un taxi per favore. Dov’è qui?” E cosa ne sapevo io di dov’era qui. Lei voleva solo un fottuto nome e numero per comunicare con una stronza centralinista e io che mi ero perso, io che me ne stavo a guardarla a un metro che andava via, io ho gridato il suo nome fottuto, l’ho gridato due volte, e poi non ho più gridato niente, non ho più detto niente, solo quel nome, e quel nome due volte, perché io adesso sto per fare un altro lungo viaggio e la lascerò sola davvero, sola di tutto quello che c’era insieme, ma non le farà male, non così male come quel nome che “ciao” andava via. Ciao a tutti, e “ciao” anche a te, Angie. Non importa chi eri, solo volevo che sapessi che io nel mio letto se posso ci porto le puttane da strada, e a volte, credimi sono meglio di quelle in borghese. E’ solo un crocevia, e un’altra volta è per sempre se lascio sul mondo solo la scia di un getto giallo, se esiste l’essenza che d’estate rinfresca l’ulivo allora io sono quell’uomo dimenticato sotto l’ultimo olmo. Vorrei, ma poi se lei sotto frasche sconosciute mi ha lasciato piangere il rosso di un tramonto, come io posso? Come il vento potrei, ma con nulla e nessuno se chi sfiora il mio destino è una cicala, una stella di campo, un lieve lampo e subito svanisce. Non esiste sesso, non era che gesso lasciato sul muro, ma non sono sicuro. Il vento e il lampo, il tempo e lo shampoo, ma chi sei se ritorno a sognarti? Chi sei se mi lasci morire? E’ solo l’ultimo sole, è solo un grido che muore, e domani


sarà sera, domani è già primavera. Dove sei dolce illusione? Vorrei, ti vorrei ma è solo un sogno. Chi sei? Dove andrò? Forse soltanto sarai il riflesso del giorno, o forse soltanto la cornice di un sogno. Notte ti neghi a occhi colmi di luce, la luna è lontana, piccola ombra senza più voce. Tutto è spento, tutto è dissolto, e ora chi sei? Cosa volevi? E quel che resta è rimpianto, è già domani e torneò a sognare. Dove sei dolce compagna? Dove hai lasciato il mio sguardo? Se ci sei, se ci sarai ti troverai sola fra tempeste e bufere, e forse mai più, forse mai più splendide primavere. Questa è la terra di nessuno, questa è la terra di un bastardo. Non sapeva la vita che cos’era, ha scelto di andar via ma poi là non c ‘era niente. E io sono stanco, lasciatemi fermare un po’. E’ tutto sbagliato! Quello che ci succede è tutto sbagliato! Non è mai come volevamo, non succede mai che nella vita vera un attore esce dallo schermo e ti dice “Questo è il tuo film!”. No, non succede mai. Comunque questo è il mio libro. E’ per voi, è per me, è per lei, è ancora insieme a qualcuno. Arrivederci a tutti! Grazie per esserci stati dentro fino in fondo. Grazie a tutti. Vado via. Vi voglio bene.




Frammenti di qualcosa e musiche del Diavolo. C’era un ragazzo che come me amava i Rolling Stones e fumava Winston morbide. Un giorno non ha più trovato l’accendino colorato di azzurro, e si è fermato a sentire che lei non avrebbe chiamato più. Si accese la sua sigaretta con un accendino nero, quello arancione era scarico anche lui. Forse all’ultimo momento ne aveva trovato uno rosa, così se l’è poi accesa con quello, la sua ultima e dolce brava sigaretta. Eh no, lei non c’era venuta quella sera sulle spiagge di Baia. Lei era andata via da un pezzo, solo che lui aveva perso troppo tempo a cercare un maledetto accendino azzurro che si era perso, e altro tempo per trovarne uno arancione che non funzionava più, e gli ultimi istanti che gli erano rimasti per scegliere alla fine fra il colore nero e quello rosa. Fuori era novembre, e lui aveva scelto. Aveva scelto male, in fottuto ritardo, e anche male lo stronzo. E non gli erano rimasti che i Rolling Stones e le sue Winston morbide. Era una sera triste per quel ragazzo che conoscevo. Lo conoscevo male, non ho mai saputo molte cose su di lui, soltanto che amava i Rolling Stones e fumava Winston morbide, come me. Con lui a volte avevo la sensazione che mi sarei perso in fretta. Era come se lui mi prendesse sempre per mano, e mi guidasse ogni giorno in un labirinto che non c’era, che io non vedevo, ma che lui forse conosceva bene. A volte era facile perdersi e avere paura. Amava gli ‘Stones, e del male te ne parlava soltanto, ma lui lo conosceva lo stesso il male profondo, quello occulto e quello che è vero, e te ne parlava con l’innocenza di un bambino, come se fosse tuo fratello. Era lui, il più spaventato di tutti che non aveva mai paura, perché era questa la sua vera grandezza, era immortale per questo, le Winston morbide erano solo di contorno. E c’era una foto, se ricordo bene, in quella sua camera sotterranea. Era quella nella cornice di argento martellato, e stava lì vicino alla finestra disegnata sul muro. Era il ritratto di una ragazza che non aveva mai amato i Rolling Stones, ma lo stesso lui la teneva lì, vicino a quella finestra che non c’era. L ‘altra sera ho incontrato una ragazza che diceva di averlo amato davvero, e per molto tempo. Non si chiamava come quella della foto accanto al muro, ma il suo viso era dolce uguale, forse più dolce. Il suo nome era un nome di donna, e lei amava gli ‘Stones. Mi ha detto che lui la faceva sentire bene, che lei con lui non aveva paura, e che era un bastardo, perché se n ‘era andato via. lo sono dovuto rimanere a sentire di lei che piangeva, ma poi quel nome di donna si è fatto più vicino, meno freddo e più vicino, e lei ha raccontato di quando un giorno lui le scrisse dei riflessi di Baia, e ce l’avrebbe portata davvero, le aveva promesso. Le aveva scritto una poesia e quella era preziosa, quella era solo per lei. Lui non l’aveva fatto mai, non l’aveva mai scritta una poesia simile solo per una donna, ma quella volta era diverso, e lui non ne aveva mai avuto una copia. Non se la ricordava già più la sera dopo, ma andava bene così, perché era cosi e basta. Diceva di giocare con il fuoco, anche se con te aveva mentito.




Vorrei un acido da mettermi per supposta. Vorrei sbattermelo dentro da dietro, a più di centomila all’ora, e poi skizzare via come un Apollo incazzato. Sulla Luna mi diranno: - Dove te ne vai? - “Viaggio nello spazio, poi ritorno...” - Guarda che ‘stavolta non Si torna più indietro... - “Ne volete anche uno voi?” - Noi però lo si prende dal cavo orale. - “Tanto non ritornate lo stesso Questo e’ un viaggio di sola andata. Non si torna più indietro. Venite con me?” - Sempre per via orale s’intende? - “Mettetelo in culo e non pensateci più.” - Siamo destinati a scoprire nuovi pianeti, nuove stelle e nuovi Dio. Non ci faranno tornare mai indietro…“Ora siete come me, adesso siamo quelli che hanno saltato oltre la cima del muro, abbiamo sfondato le porte, e ci siamo buttati più in là, dietro anche alla notte.” - Come si chiamava il tuo acido? - “Aveva un nome di donna, ma è il nome che serve a chiamare un’intera vita. E’ più comodo, non perdi tempo con tutti i fottuti nomi che ti metti a chiamare come uno scemo fino a che non muori…E voi, avete detto addio ai vostri nomi?” - Siamo solo noi due... E poi c ‘è questo piccolo cane, ma lui sta venendo con noi… “Avete dato l’acido anche a lui?... E come si chiamava il tuo acido, cane?” - Aveva un nome di cagna, ma è il nome che serve a chiamare un’intera vita.-


Certe Notti ... da qualche parte in questo tempo è passato qualcuno con una Nikon sulla spalla. E’ passato in fretta e poi si è perso anche lui. Così non aspettatevi una storia, perchè quelle che ho raccolto sono solo le sue fotografie.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.