Games machine, the anno 24 n 278 (2011 11)(sprea editori)(it)

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Da 22 anni al vostro servizio

Novembre ‘11

In caso di mancato recapito inviare al CMP di Roserio per la restituzione al mittente

VIDEOGIOCHI PER PC

278

a canestro!

NBA

2K12

Il LOCKOUT non ferma 2K Sports! pole position!

F1 2011

Codemasters esce dai box e sfida il campionissimo Vettel!

spareggio salvezza!

PES 2012 Konami contro FIFA 12:

l’ora della verità! apocalittico!

id Software sconvolge (nel bene e nel male) gli amanti degli sparatutto in prima persona! DOSSIER Una storia per giocare: un appassionante articolo per conoscere sempre più a fondo il mondo PC!

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editoriale

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un lancio non propriamente perfetto

N

beta pubblica di Battlefield 3. Le robe dei matti). È arrivata anche on è un gran periodo per i “day one” nel mondo PC. Giusto lo id Software, che ha pubblicato una patch capace di mettere tutto scorso mese, Techland aveva pubblicato sugli scaffali virtuali a posto e che portava in seno anche la possibilità, inizialmente non di Steam una versione “rotta” (o non definitiva, se preferite) prevista grazie alla capacità di RAGE di auto adattarsi alla macchina di Dead Island, facendo andare su tutte le furie l’utenza, su cui gira, di interagire direttamente con i parametri grafici. impossibilitata a giocare immediatamente e senza troppi patemi con l’affettazombie polacco. Probabilmente più di una persona Tutto nella norma, insomma. E in soli quattro giorni (dai, 96 ore avrà pensato che era logico che succedesse, che si stava parlando di di attesa non sono niente se paragonate all’importante periodo di uno sviluppatore non abituato alla pressione dell’hype folle generato gestazione di questo titolo, no?). A ogni modo, è solo da una sapiente campagna composta da trailer in quel momento che RAGE ha potuto mostrare che spettacolari e informazioni centellinate con qualcosa, nel lancio uno dei paradigmi resi celebri dopo l’uscita di DooM cura. 3, ovvero che id sa fare i motori ma non i giochi, è di RAGE, è andato da dimenticare. Tutta colpa dell’inesperienza, insomma. storto. e moltissima oramai Già, perché RAGE è “meno” motore e molto più gente si è trovata a “gioco”, come vi racconterà Claudio tra una Se questo corrispondesse al vero e fosse l’unica spiegazione immaginabile per giocare con texture manciata di pagine. No, non pensiate che ci stiamo rimangiando quanto detto in occasione della giustificare quanto accaduto, il 7 ottobre, assenti o caricate GamesCom: non è nemmeno un prodotto innovativo, data di lancio di RAGE per i paesi diversi dal anzi è ancorato a vecchi canaloni, e prova a Nord America, nessuno avrebbe avuto di che in ritardo, crash convincerti del contrario più per contratto che per lamentarsi. In fin dei conti, né id né Zenimax che riportavano vera convinzione. Eppure, quei grossi canaloni, e possono essere considerate come le ultime quello che succede al loro interno, hanno un fascino al desktop senza arrivate nel nostro settore. che va ben al di là dell’illuminazione dinamica, delle Qualcosa, invece, è andato storto. passare dal via e megatexture e di tutto quello che era la vecchia id. E una tonnellata di gente si è trovata, dopo un un framerate che Un utente del nostro forum di TGM Online diceva che download da più di 20 GB nel caso di acquisto in DD, con texture assenti o caricate in ritardo, definire ballerino è “un’analisi deve andare oltre al mero divertimento che si prova video giocando”. Certo, e ne siamo crash che riportavano al desktop senza passare un eufemismo convinti anche noi. Tuttavia, è bene non dimenticarsi dal via, framerate che definire ballerino è un qual è lo scopo di un videogioco: divertire. E mentre eufemismo e un sacco di altre cosucce carine, ascolto per l’ennesima volta Appetite for Destruction, mi viene da da tastiera infilata nello schermo e cavo del mouse impiegato per pensare che RAGE, in questo, è un vero maestro. impiccare la prima action figure che capita a tiro. Bentornata, id Software. Anche se sei diversa da come noi ti ricordavamo. In altre parole, il Day One di RAGE è stato tutto fuorché tranquillo. Potremmo definirlo in molti modi, da “zoppicante” a “Epic Fail Buona lettura, dell’anno”, passando per un più concreto “semplicemente disastroso”. Davide “ToSo” Tosini A oggi, ancora, non si sa chi sia il vero responsabile di tutto questo. iltoso sprea.it Carmack, che non è proprio uno sprovveduto e non può e non deve essere nominato invano, tanto è importante per i nostri PC, sostiene che le specifiche sui driver Open GL ricevute dagli ingegneri di ATi si siano rivelate differenti da quelle utilizzate nei driver resi pubblici. E non è stato smentito da nessuno. Dal mio punto di vista, e sono certo di non essere il solo a pensarla così, credo che all’utente finale, al videogiocatore vero, interessi poco e Tosini Nome:David sapere a chi è toccato il bastoncino corto nella corsa all’attribuzione delle colpe. Dopo aver sborsato monete sonanti, l’ultima cosa :ToSo importante è capire chi sia il maggiordomo dell’omicidio (che si sa, è soprannome sempre il colpevole): si vuole giocare, e basta.

identikit

La situazione, nei giorni successivi al lancio, è fortunatamente rientrata. I primi a provare a risolvere la questione sono stati gli stessi giocatori, pubblicando massicce dosi di file di configurazione custom creati ad hoc, poi è arrivato un fix per i driver ATi (che costringeva a una scelta divertente i possessori di alcune schede: o RAGE o la

icolari: segni part

77 r.com/ToSo www.twitte 77 So To : AG GamerT

Novembre 2011 TGM

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Sommario novembre 278

Pagina

46 Tropico 4 Pagina

54 Red Orchestra 2 Heroes of Stalingrad Pagina

58

Driver: San Francisco Pagina

62 NBA 2K12 Pagina

71 WRC 2 Pagina

100 Time Machine Reloaded 4

TGM Novembre 2011

Pagina

32

RAGE Pagina

38 Warhammer 40.000 Space Marine


Sommario

CONTENUTI DI QUESTO MESE Pagina

64 Hard Reset

111 Adso! 113 Backstage 12 Beta Machine 106 Bovabyte ConsoleMania Corner 104 3 Editoriale 112 Euforia Paradossa 6 GamesVillage.it 92 Hardware 85 IndieZone 10 Massive News 102 Replay 4 Sommario 98 TecnoTGM TGM Classic 82 108 TGM Mail 100 Time Machine Reloaded 20 TMB’s Intro Voci di corridoio 8

HARDWARE

Pagina

50 F1 2011

DOSSIER 14

Una Storia per Giocare

PREVIEW

28 Men of War: Vietnam 24 Need for Speed The Run 26 Of Orcs and Men 22 Syndicate

REVIEW

74 After The War 67 Call of Juarez - The Cartel 58 Driver: San Francisco 50 F1 2011 64 Hard Reset 62 NBA 2K12 Pro Evolution Soccer 42 2012 32 RAGE 54 Red Orchestra 2 - HoS Rock of Ages 78 77 The Baconing Trackmania 2: Canyon 68 46 Tropico 4 38 Warhammer 40.000 Space Marine 61 Wasteland Angel WRC 2 71

Pagina

92 Pagina

42 Pro Evolution Soccer 2012 Novembre 2011 TGM

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games Village A cura di Claudio “keiser” Todeschini (keiser@gamesvillage.it) e Davide “ToSo” Tosini (iltoso@sprea.it)

WWW.gamesvillage.it

I centri commerciali cominciano ormai ad allestire gli addobbi natalizi con due mesi di anticipo. Secondo voi, l’industria dei videogiochi può fare diversamente?

F

QRCODE

inita ormai l’estate, nonostante un lungo, imprevisto ma piacevole strascico che ci ha regalato uno dei mesi di settembre più caldi che si ricordi, arriva l’autunno e con lui, come tutti gli anni, comincia anche l’assalto dei blockbuster che ci terranno occupati per i prossimi mesi. Se i negozi e i centri commerciali cominciano a esporre ghirlande e festoni già da fine ottobre, i publisher videoludici iniziano ancor prima! Non fatevi trarre in inganno: siamo già nel “delirio” pre-natalizio, con l’arrivo di titoloni a getto continuo: lo vedete sulle pagine di questo numero di TGM, così come lo vedrete nel prossimo, ma appare evidente soprattutto sfogliando quelle virtuali di www.Gamesvillage.it, dove le recensioni si affastellano una dopo l’altra, e ce n’è davvero per tutti i gusti: gli immarcescibili PES 2012 e FIFA 12 per gli appassionati del fùbal, Forza Motorsport 4 per i feticisti dell’automobile, RAGE per chi cerca un’esperienza single player davvero ben costruita e divertente, Dark Souls per chi invece è alla ricerca di schiaffi in faccia a getto continuo, Batman: Arkham City che non c’è neanche bisogno di raccontarvi che gioco è... Che poi io dico, ma i publisher non lo sanno che c’è la crisi? Cosa continuano a far uscire tutti questi giochi belli, che uno poi è costretto ad attingere dal “fondo università per i figli”, e non sono cose “cool”... Aridatece un po’ di gaboni, almeno ogni tanto, così il nostro portafoglio prende fiato! Anche perché di roba tosta in arrivo nei prossimi mesi ce ne sarà davvero tanta, dai colossi Battlefield 3 e Modern Warfare 3 passando per L.A. Noire: The Complete Edition, Need for Speed: The Run, Kingdoms of Amalur: Reckoning, Assassin’s Creed Revelations, e senza sconfinare nel tardo 2012, altrimenti non ne usciamo più... Tutte primizie che attendiamo con ansia, e di cui ci siamo occupati su www.Gamesvillage.it in una serie di anteprime e preview che non possono assolutamente essere perse!

Guarda lo speciale sulle finte di FIFA 12 di www. GamesVillage.it! Scopri come fare a pagina 103!

Il mese che si è appena concluso, comunque, è stato particolarmente ricco di speciali e approfondimenti che vi consigliamo di andare a ripescare qualora vi fossero sfuggiti: alcuni sono più “tradizionali”, per quanto non meno interessanti, a partire dalla storia della saga di Ace Combat di Namco, di cui è appena uscito l’ultimo capitolo, e che è

 Gamesvillage.it è sempre “tanta roba”, come direbbe il ToSo, ma in questo periodo più che mai!

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TGM Novembre 2011

 Volete scoprire i segreti di Marina Bay, l’affascinante circuito in notturna di Singapore? Sintonizzatevi su Gamesvillage.it!

iniziata – pensate un po’ – nel 1995 sulla primissima PlayStation! Ancora, l’analisi al microscopio a cura del nostro TMB di Resident Evil 4 e Code Veronica X, riproposti da Capcom in alta definizione, così come quei due capolavori artistici assoluti che sono ICO & Shadow of the Colossus, partoriti dalla mente geniale di Fumito Ueda, anch’essi sottoposti al “trattamento HD”. Ci sono poi un paio di (video)speciali piuttosto atipici, e che sarebbe un vero peccato lasciarsi scappare: il primo spiega come affrontare nel migliore dei modi il tracciato di Marina Bay, a Singapore, a bordo di una Formu Se invece volete familiarizzare con le più la 1 di F1 2011, l’ottimo gioco di spettacolari mosse di FIFA 12, non perdetevi corse di Codemasters ambientato il nostro videospeciale con le “skill moves”! nel circus delle corse a ruote scoperte. Piccolo aneddoto: il folle Paripet, in astinenza dura da cazzeggio, si è messo di buzzo buono un pomeriggio e, piuttosto che lavorare, si è cimentato in una trentina di tentativi, fino a quando non è riuscito a battere (virtualmente) il tempo ufficiale (vero) del

 Quando i videogiochi incontrano la realtà...


pes 2012 - konami - halifax

RAGE - id software - bethesda

Ecco i giochi che verranno messi in palio questo mese sul forum di TgmOnline. Partecipare è semplicissimo: per saperne di più non vi resta che andare sul forum ed entrare nell’area chiamata “L’arena del Gioco Fedeltà”.

NBA 2K12 - 2k games - cidiverte

GIOCO FEDELTà

GamesVillage

ALTRO CHE MOURINHO…

S

e pensate che per trovare un allenatore vincente si debba per forza di cose andare fino in Portogallo passando da Madrid, siete fuori strada. Già, perché il nostro Stefano “Pyrus” Bini ha dimostrato di saperne davvero a pacchi di panchine, aggiudicandosi la scorsa edizione del FantaTGM, una nostrana edizione del fantacalcio che vive sul forum di TGM grazie all’impegno di gente come Gogeta Ssj, a cui vanno i nostri più sentiti ringraziamenti. Ma, tornando a bomba, quando un giorno sentirete parlare di Pyrus perché avrà vinto i Mondiali del Duemilasettordici con la squadra di Busto Garolfo, saprete che noi ve lo avevamo già detto che ne capiva del pallone! Bravo Stefano!

World, il Rainbow, il Double Touch Exit, il Bergkamp Flick e tante altre skill move non avranno più segreti! Imparate come farle, e stupite i vostri amici!

 E dei giochi di calcio? Eh? Vogliamo parlarne? Perché nessuno fa più un bel Sensible Soccer come si deve? Nostalgia canaglia!

tracciato. A quando il primo ingaggio? Il secondo videospeciale che vi vogliamo segnalare questo mese riguarda invece le “skill moves” di FIFA 12, roba che di solito si lascia agli appassionati senza altro da fare nella vita che imparare come eseguire pallonetti, finte, passaggi e giocate spettacolari, e che adesso diventano alla portata di tutti grazie al tutorial filmato che trovate su www.Gamesvillage.it! L’Elastico Chop, il Double Around the

Non possiamo infine non segnalare un paio di speciali davvero sfiziosi, ma così sfiziosi che li abbiamo persino suddivisi in due puntate l’uno: il primo si intitola “Dai videogame alla realtà”, e si occupa di approfondire, prendendo spunto dall’ultimo Deus Ex: Human Revolution, i legami tra la vita di tutti i giorni e quello che invece vediamo rappresentato come futuro nei videogame, ma che in qualche modo potrebbe trovare presto applicazione anche nel mondo reale, dalle armi ai robot, passando per i cyborg e gli innesti più o meno evidenti nel corpo umano, per arrivare alle leggi della robotica di Asimov. Una vera chicca per appassionati di fantascienza e utopie future. Il secondo speciale, invece, decisamente più “leggero”, ripercorre la storia dei giochi di calcio prima che il mercato finisse con l’essere dominato dai due colossi di Electronic Arts e Konami, quando ancora c’era spazio per altre proposte e altri nomi: la storia ha inizio con Pelé’s Soccer per Atari 2600, prosegue imperterrita con World Cup Soccer e International Soccer per Commodore 64, seguito dal ben più riuscito Emlyn Hughes International Soccer, continua con lo spassoso Microprose Soccer, per poi passare alla generazione a 16 bit e i suoi Kick Off e Sensible Soccer, Player Manager e Goal!, ecc. ecc. Chicche, per gli appassionati di pallone retroludico! E per questo mese è tutto, ci si becca online!

 L’avreste mai detto che Pelè ha fatto da testimonial per un gioco di calcio che lo vedeva protagonista? Sapevatelo, su Gamesvillage.it! Novembre 2011 TGM

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Voci di Corridoio A cura di: Claudio “Keiser” Todeschini (keiser@sprea.it)

Basta CSI, è il turno di NCIS

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l publisher francese, dopo aver momentaneamente parcheggiato gli spin-off videoludici dei diversi CSI, si concentra su un’altra serie televisiva “scientifica” di successo, NCIS, giunta alla sua nona stagione, e che si espanderà su PC e console a partire dal prossimo 27 ottobre. Come da tradizione per questo genere di prodotti, l’avventura ci permetterà di interpretare i protagonisti del serial (doppiati dagli attori stessi), aiutandoli a risolvere quattro casi nuovi di pacca scritti dagli sceneggiatori originali: collegati tra di loro, i diversi crimini ci porteranno dai casinò di Atlantic City ai lussuosi alberghi di Dubai, in un intreccio fatto di omicidi, spionaggio e terrorismo. Dovremo esaminare le scene del crimine, eseguire analisi di laboratorio, autopsie, interrogare sospetti tramite una serie di minigame più o meno complessi, a cui dovremo aggiungere un pizzico di intuito per smascherare i colpevoli e portare a galla la verità.

Paradox sviluppa il “suo” remake di Syndicate

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entre Electronic Arts e Starbreeze lavorano al nuovo Syndicate (di cui vi parliamo in un’anteprima su questo stesso numero), Paradox Interactive ha deciso di dare un senso diverso alla parola “remake”, concentrandosi più sul concept originale che non sul semplice nome, e per questo ha cominciato a sviluppare Cartel, strategico nel quale l’obiettivo del giocatore è condurre alla vittoria la propria fazione, sconfiggendo le altre mega-corporazioni (cartelli). Per vincere la “guerra” si dovranno portare a termine numerose missioni, strutturate in due parti: quella preparatoria, in cui organizzare le risorse, scegliere gli uomini migliori, sviluppare le strategie più adatte per raggiungere l’obiettivo in maniera efficiente e cose del genere. La seconda parte è invece sul campo, dove la squadra di soldati d’elite e agenti speciali viene controllata in stile RTS. La tipologia di missioni può spaziare dalla semplice ricognizione al sabotaggio di strutture nemiche, passando per il recupero di materiale o assassinii di qualche elemento chiave delle corporazioni avversarie. Lo sviluppo di Cartel è solo agli inizi, e al momento le informazioni si fermano più o meno qui: speriamo di poterne tornare a parlare quanto prima.

Crytek svilupperà Homefront 2

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onostante la tiepida accoglienza della critica, Homefront di THQ ha avuto un successo commerciale non indifferente, convincendo il publisher americano a svilupparne un seguito. A occuparsene non sarà Kaos Studios, che ha lavorato al primo capitolo, perché ha chiuso i battenti lo scorso giugno; con una mossa che ha colto di sorpresa più o meno tutti quanti, il testimone è passato nelle esperte mani di Crytek. Non è ancora chiaro quale divisione, sussidiaria, studio interno della software house tedesca gestirà fisicamente il progetto,

ma la voce più accreditata è quella di Crytek UK, ex Free Radical, assorbita un paio di anni fa. Al momento, come potete intuire da soli, del nuovo gioco non si sa praticamente nulla; vi risparmio le dichiarazioni fintamente entusiastiche dei vari CEO e presidenti di turno, che non dicono nulla di realmente interessante; l’unico dato di rilievo è la prevista uscita nell’anno fiscale 2014, ossia tra aprile 2013 e marzo dell’anno successivo. Potremmo trovarci di fronte a uno dei primissimi annunci di un titolo “next-next-gen”...

star conflict si farà...

T

utto si può dire dei giochi esclusivamente online, ma non che non stiano diventando “belli” a vedersi. Poi per carità, magari sono schifezze immani da giocare, ma i passi avanti in termini tecnologici sono evidenti. L’ultimo esempio in tal senso viene da Star Conflict (star-conflict.com), simulazione spaziale massivamente online sviluppata da Star Gem e pubblicata da Gaijin Entertainment, prevista per l’inizio del prossimo anno. Il gioco ci mette nei panni di un pilota d’elite impegnato in una lotta interplanetaria per la conquista della galassia, lacerata dal conflitto tra l’impero stellare e i gruppi mercenari ribelli (uhm… dove l’ho già sentita, questa?). Star Conflict ha inizio con la scoperta del settore 1337, ancora terra di nessuno, dove si trovano i resti di una antica civiltà di Precursori, misteriosamente sparita a seguito di una non meglio definita “anomalia” che ha spazzato via ogni forma di vita in quella regione (uhm… un’altra sensazione di deja-vu!). In questo turbinio di banalità sci-fi avremo modo di controllare navi spaziali da combattimento, formare alleanze strategiche con altri giocatori, migliorare le nostre skill di piloti, combattere contro le fazioni ostili ed esplorare la galassia alla ricerca dei segreti dei Precursori.

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TGM Novembre 2011

Un gioco sull’Inquisizione spagnola?

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li sviluppatori degli ultimi due capitoli della serie Black Mirror pubblicheranno all’inizio del prossimo anno The Lost Chronicles of Zerzura, uno dei titoli più brutti e impronunciabili degli ultimi tempi. Questa nuova avventura grafica è ambientata nel 1514, in piena epoca di Inquisizione Spagnola, e ci farà impersonare il giovane inventore Feodor, che insieme a suo fratello Ramon sta costruendo una macchina volante nella sua bottega di Barcellona. Stranamente, però, poco prima di ultimare i lavori sulla incredibile invenzione, Ramon viene rapito dall’Inquisizione. A Feodor non rimane che mettersi sulle tracce del fratello, che lo porteranno in giro per il mondo, tra culture e città diverse, tra cui la mitica Zerzura, leggendaria oasi perduta nel deserto libico, sempre accompagnato dall’ombra oscura e minacciosa dell’istituzione ecclesiastica. Titolo a parte, il gioco si preannuncia intrigante per il protagonista, un inventore, che dovrà usare le sue abilità per risolvere i numerosi enigmi che l’attendono, ma soprattutto per la peculiare ambientazione, quella di un mondo che sta lentamente uscendo dal medioevo per affacciarsi nell’epoca moderna.


Voci di corridoio

Annunciato Global Ops: Commando Libya

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volte i videogiochi, come nel caso di WARCO, cercano di raccontare il mondo di oggi, anche nei suoi aspetti meno piacevoli, e lo fanno con un occhio nuovo, diverso. Magari non ci riescono, ma perlomeno ci provano. Poi ci sono i giochi che fanno dell’attualità un espediente come un altro per giustificare l’ennesimo titolo militare. È il caso di Global Ops: Commando Libya, pubblicato da Kalypso Media, shooter in terza persona la cui trama ruota attorno alla vendita di un ordigno nucleare scomparso nel Circolo Polare Artico alla fine degli Anni Sessanta, in piena guerra fredda, a un “noto dittatore libico”, che al momento – guarda caso – non si riesce a rintracciare. Campagna single player che si sviluppa per nove missioni, armi realistiche, un sacco di mappe ambientate ai quattro angoli del globo, dalla Groenlandia al Nord Africa, grafica mossa dall’Unreal Engine 3, e ovviamente un po’ di livelli multiplayer per dieci giocatori. La guerra di Libia si trasferirà sui nostri PC all’inizio del prossimo anno.

Giornalismo embedded

videoludico

Nello spazio nessuno può sentirvi giocare

T

A

almente strano e fuori dagli schermi, questo WARCO potrebbe finanche rivelarsi interessante. Sviluppato dalla indipendente Defiant Development, si tratta di uno shooter in prima persona che ci mette nei panni di un giornalista embedded (ossia di quelli annessi alle unità militari) impegnato sui fronti più caldi del pianeta, in particolare Africa e Medio Oriente. Laddove i soldati sono armati di AK-47 e granate, il protagonista avrà con sé solo un giubbotto antiproiettile, una videocamera e un’insaziabile fame di notizie, che lo porterà a riprendere cruente scene di combattimento, i drammi della popolazione civile che si trova nel mezzo del conflitto, tra storie di ordinario eroismo e l’impossibile orrore della guerra. Un approccio davvero insolito per uno “sparatutto” bellico, quasi uno strumento di addestramento per i reporter dal fronte, dove raccogliere immagini e storie sul campo, per poi montarli e dar vita a pezzi in grado di scuotere le coscienze sopite del mondo. WARCO, giunto allo stadio di prototipo giocabile, ha già avuto diversi riconoscimenti nella scena indie per il gameplay, la sceneggiatura e lo stile narrativo; al momento la software house australiana sta cercando un publisher che abbia voglia di rischiare in un simile progetto e di portarlo sui mercati di tutto il mondo. Maggiori informazioni alla pagina defiantdev.com/warco.

ncora combattimenti spaziali, questa volta a cura di Dreamatrix Publishing, che annuncia Space Force Constellations, uno strategico a turni con elementi d’azione nel quale l’obiettivo del giocatore è conquistare, una dopo l’altra, le roccaforti nemiche e arrivare al dominio assoluto del cosmo. Robetta da niente, insomma. Fedele ai canoni del genere SFC ci permetterà di esplorare mondi lontani, scoprire risorse preziose da raccogliere e nuove forme di vita da colonizzare, ampliare il nostro esercito con unità sempre più potenti, arricchite delle ultime scoperte in ambito tecnologico. Gli upgrade potranno essere sbloccati con i punti esperienza conquistati durante le battaglie, con la raccolta di cristalli sparsi per la galassia e con i “punti vita”, assegnati nella sezione di gestione di nuove civiltà. Ad aggiungere un po’ di varietà al gameplay pensano gli scontri con le navi madri aliene, gestiti come un gioco di carte collezionabili a turni. Ancora nessuna notizia sul multiplayer, ma in un prodotto come questo sarebbe più che altro strano se non ci fosse.

Seppie digitali in arrivo! il “fisico” The Swindle

L

a software house indipendente francese The Game Bakers sta ultimando lo sviluppo di Squids, titolo per PC, iOS, Android e Mac in arrivo alla fine dell’anno. Dietro la grafica cartoon e la generica atmosfera ultra-cute si nasconde un puzzle game che miscela elementi arcade alla Angry Birds, un po’ di strategia a turni in perfetto stile Worms e, già che ci siamo, qualche spruzzata di RPG. In Squids controlleremo un piccolo esercito di seppioline che dovrà proteggere il proprio regno acquatico da una misteriosa quanto sinistra minaccia, una fetida macchia scura che si espande ogni giorno di più e trasforma tutti gli animali con cui viene in contatto in pericolosi mostri. Ogni seppia del nostro peculiare team possiede una serie di abilità e skill uniche, combo e mosse speciali, che dovranno essere migliorate e utilizzate al meglio per riportare la pace e la serenità nel mondo blu.

I

l bello di mesi come questo, pieni di recensioni di grossi titoli, è che di notizie “importanti” e di grossi annunci ce n’è pochini, il che ci consente di dare un po’ più di spazio alle realtà indipendenti come Size Five Games, che ha annunciato il platform steampunk The Swindle. Caratterizzato da un uso intenso della fisica realistica come elemento di gameplay, in The Swindle dovremo infiltrarci in diversi rifugi e caveau, violare un po’ di computer per rubare denaro e poi scappare senza essere catturati; il bottino potrà poi essere speso per migliorare l’equipaggiamento, accedendo a nuove aree con tesori ancora più ricchi. La scelta degli upgrade determinerà anche lo stile di gioco, a seconda che si prediligano strumenti per missioni stealth o armi in grado di distruggere ogni cosa. Il gioco uscirà per PC e probabilmente anche su Xbox 360. Quando? Bella domanda: grazie per avercela posta! Novembre 2011 TGM

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massivenews

A cura di Paolo Davide “Mascalzone” Lumia (masca@sprea.it)

Le più succose anticipazioni sul mondo in continua evoluzione dei MMOG: tutto quello che fa mass-notizia si trova qui!

B

entornati su queste pagine per un nuovo appuntamento con le novità dedicate al mondo dei giochi persistenti. Cominciamo subito con le ultime sul titolo più atteso, Star Wars: The Old Republic. Vi avevo anticipato che la data decisa per la (ignobile, se permettete) chiusura di Star Wars Galaxies era un ottimo indizio. Ed infatti SW:TOR aprirà i battenti il 22 dicembre, sette giorni dopo che il suo massivo predecessore sarà passato alla storia, non prima di aver regalato a tutti la possibilità di svolazzare per Tatooine, Naboo e compagnia a bordo della propria nave grazie al volo atmosferico. Qualcosa che probabilmente non vedremo mai più in un MMO, ma pazienza. Tornando al titolo BioWare, i prezzi dell’abbonamento saranno allineati con quelli della concorrenza, con 13 euro di canone mensile più i soliti sconti per tre e sei mesi. In questi giorni sta per partire il testing europeo, perciò aspettatevi una beta machine dedicata sul prossimo numero. Passando ad altro, è appena stata pubblicata la nuova espansione di Lord of the Rings Online. [LotRO] Rise of Isengard alzerà l’asticella del level cap con un sacco di nuove, epiche avventure completamente gratuite. Fuggite, sciocchi!

[SW:TOR] Dal 22 dicembre scenderanno in campo Impero Sith e Repubblica. Voi per chi farete il tifo?

Con Rise of Isengard, Turbine ha allargato la sua magnifica riproduzione della Terra di Mezzo a Isengard (ovviamente), il Dunland e la Breccia di Rohan: una montagna di nuove quest per dieci ulteriori livelli di progressione e tutto ciò che ne deriva, compreso un nuovo raid dungeon da ben 24 giocatori che terrà impegnati a lungo in termini di end game. Dal punto di vista della storia, invece, i player vivranno il passaggio sotto l’ombra di Sauron di Saruman il Bianco, con il relativo mutare delle terre attorno alla torre di Orthanc da boschi rigogliosi a fucina per le armate dell’Oscuro Signore. La situazione comincia

insomma a farsi decisamente incandescente, anche se prima di arrivare a Barad-dûr dovremo probabilmente attendere un altro lustro. Comunque il gioco si è dato una bella rinfrescata attraverso l’aggiornamento di numerosissimi aspetti, dalle istanze al crafting, sino al monster play. Restando in casa Turbine, vi segnalo anche l’update 11 di Dungeons & Dragons Online, Secrets of the Artificiers, che ha portato moltissime novità: una classe inedita, l’Artificier per l’appunto, un quest hub dedicato, un nuovo adventure pack e un’espansione di tutto il crafting. Non male per un titolo dato per morto un paio d’anni fa. Chi ha cessato di esistere per davvero è invece Faxion Online, titolo F2P uscito non più tardi di questa primavera che va a fare il pari con Blacklight: Tango Down tra i fallimenti di Ignition Games. In tema di uscite recenti va poi menzionato The Savage Coast of Turan, prima espansione per la nuova versione freemium di Age of Conan. Si tratta di un pacchetto di avventure legate al più recente film di Conan il barbaro e, come per quest’ultimo, se ne poteva anche fare a meno visto che si paga a parte. Più invitante, almeno [AoC] Il MMORPG del Cimmero, dopo il passaggio a free to play, si è arricchito con una nuova espansione basata sul recente, e non indimenticabile, film. A pagamento...

[DDO] La nuova classe Artificier (che non si traduce artificiere, ma artefice!) in tutto il suo alchemico splendore con occhialini d’ordinanza e balestra.

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TGM Novembre 2011


FragZone [BP] In attesa di Elite IV, in uscita nel 2025, lo space shooter di Gamigo è un ottimo modo per tenersi occupati fraggando a gravità zero!

[WoH] Tutti i delusi di WAR potranno presto dilettarsi gratuitamente con un altro gioco, Wrath of Heroes. Queste sì che son soddisfazioni...

per gli appassionati, è invece il nuovo Episode 2 di Black Prophecy, l’action shooter massivo di Gamigo rimasto un po’ in sordina ma che offre battaglie spaziali di prim’ordine a cominciare da quelle PvP: sino a 200 piloti possono infatti sfidarsi nella nuova zona di guerra dedicata, con notevoli migliorie praticamente per tutti i comparti di un gioco che meriterebbe maggior considerazione. Concluso il capitolo relativo alle nuove uscite in ambito MMORPG, passiamo ai MOBA (Massively Online Battle Arena), genere che sta vivendo un vero boom sopratutto grazie al grande seguito ottenuto da League of Legends. E proprio il titolo Riot Games si è appena rinnovato con l’espansione Dominion, che introduce l’omonima modalità di gioco tramite la mappa inedita Summoner’s Rift, che prevede diversi punti di controllo da conquistare e difendere. Notevoli le chicche presenti, con lo spawn di torrette e orde di minion pronti ad attaccare i nemici che cercheranno di prendere possesso di una postazione, oltre a buff speciali, un nuovo sistema di obiettivi dinamico, molti nuovi item per gli eroi e un sistema di punteggi che terrà traccia di tutto ciò che faremo. Mentre il principale rivale di LoL, Heroes of Newerth, passa al modello F2P, il prossimo campione d’incassi Dota 2 ha appena iniziato la sua fase di closed beta, seppur Valve al momento la tenga ancora riservata a pochi fortunati. Segnalo quindi l’uscita di Rise of Immortals, nuovo action RTS F2P di Petroglyph che però non sembra avere i numeri per sfondare. Ma non è finita, perché anche BioWare Mythic si appresta a dire la sua con Warhammer Online: Wrath of Heroes, che a quanto dichiarato riprenderà scenari e ambientazione di Age of Reckoning, MMORPG ormai bistrattato persino dai suoi sviluppatori, per farne un MOBA di assoluto richiamo sfruttando la medesima licenza. Staremo a vedere se riuscirà nell’intento. Concludo con l’altro settore in inarrestabile espansione, quello dei freemium, che sta inghiottendo sempre più ex MMO a pagamento.

[LoL] Con Dominion, il MOBA più giocaGli ultimi della serie to di sempre si arrichisce di una nuova sono City of Heroes, per modalità di gioco: il “cattura la chela”! cui è stata ufficialmente lanciata la versione Freedom come vi avevo annunciato qualche mese fa, e il rivale DC Universe Online, titolo decisamente più recente dato che è uscito solo all’inizio dell’anno. Anche il più recente MMO SOE si affida dunque all’abbonamento facoltativo e non obbligatorio con le tre ormai usuali differenti modalità di accesso: completamente gratuita, Premium per ha acquistato il gioco o farà acquisti nell’item shop PC, creando nuovi sottogeneri (browser games, e Legendary per chi invece continuerà a pagare social games, MMOFPS, MMORTS, MOBA e via il canone. Entrambi i rivali di Champions Online dicendo) che si allargano sempre più, mandando ne hanno dunque seguito le orme, ma Cryptic in confusione chi non lo segue regolarmente. Ed non è rimasta a guardare annuciando il prossimo è proprio per questo che esiste questa rubrica! passaggio al free to play anche per l’altro suo Scherzi a parte, mentre i publisher tradizionali GdR di massa, Star Trek Online, che tra l’altro scoprono che la persistenza dell’accesso a si è recentemente rinnovato con un sistema di internet è la definitiva, o quasi, panacea contro combattimento completamente rinnovato ora la pirateria, con tanto di servizi (o disservizi...) molto più simile a quello dei MMOFPS (altro annessi alla Call of Duty Elite, i publisher settore in grande espansione). di MMO restano un paio di passi avanti Quello del multigiocatore di massa è quindi un decretando l’oblio commerciale del “modello genere in continua mutazione, che segue un WoW”, rimasto inesorabilmente legato al titolo proprio corso, differente dal resto del mercato Blizzard e ormai in declino.

IL MMORPG DEL MESE: PATH OF EXILE Proseguendo il discorso appena concluso, il prossimo sottogenere a conoscere un’esplosione di titoli sarà sicuramente quello degli hack‘n’slash online. Certamente, in gran parte, grazie a Diablo III, ma senza dimenticare Torchlight II di Runic Games. E tra i contendenti c’è anche questo ambizioso titolo dei neozelandesi di Grinding Gear Games, al momento in closed beta. Grafica curata tanto quanto nel prossimo capolavoro Blizzard e, come in quest’ultimo, diverse modalità di gioco differenti. Qui però c’è la promessa di un comparto PvP più sviluppato, con tanto di morte permanente del nostro personaggio nel livello di difficoltà hardcore! Oltre alle classiche arene, qui generate casualmente, si potrà partecipare anche a battaglie campali tra gilde, con fino a 200 PG su schermo. Questo titolo, insomma, ha decisamente un che di ambizioso e interessante, e a giudicare dalla qualità vista in ciò che si muove su schermo c’è da sperare che ne esca un must have per tutti gli appassionati, anche perché sarà gratuito. Per saperne di più e iscrivervi alla beta l’indirizzo è www.pathofexile.com!

[STO] Cosa hanno in comune Star Trek Online, DooM e CounterStrike? La modalità di combattimento! Provare per credere, ma prima aspettate sia passato F2P.

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A cura di Paolo Davide “Mascalzone” Lumia masca@sprea.it

Betamachine DIABLO III

All’alba del nuovo anno Blizzard farà tornare i giocatori nell’oscuro mondo di Sanctuary. Ma, diabolicamente, noi ci siamo già!

F

inalmente! È proprio il caso di dirlo, dopo i quasi tre anni trascorsi dall’annuncio del terzo capitolo all’avvio di questa closed beta. Ma si sa: ai lunghi tempi di sviluppo, la software house californiana fa sempre corrispondere un’eccelsa qualità sin dal day one, se non persino prima. Già in questa prima fase di testing pubblico, infatti, il gioco ci è parso bell’e pronto, tanto che potrebbe uscire in qualsiasi momento (anche se sappiamo già che si parla di 2012). Questo almeno considerando i pochi livelli che abbiamo potuto affrontare con barbaro e cacciatore di demoni, visto che la beta consente di arrivare solo sino al tredicesimo. Ma dal punto di vista della realizzazione tecnica ci sentiamo già di dare luce verde, e del resto i dubbi a proposito erano veramente pochi. Il lavoro di design e la cura di ogni minima sfumatura sono di un livello tale che pure il più critico dei fan difficilmente troverà qualcosa

da ridire. L’immersività negli oscuri sotterranei che contraddistinguono il gioco andrà insomma oltre le aspettative, coadiuvata da un dettaglio grafico (pur ancora senza antialiasing) e una qualità delle animazioni a dir poco fenomenale. A questa contribuiscono anche i dialoghi doppiati di molti personaggi: insomma, il senso di terrore opprimente che avvolge il mondo di Sanctuary è reso ancor meglio che in Diablo II. Volendo trovare un difetto a tutti i costi, più che la mancanza della terza dimensione, il sottoscritto avrebbe desiderato la possibilità di poter zoomare così da riuscire ad apprezzare meglio certi dettagli. La beta ci ha consentito di affrontare esclusivamente la modalità campagna e non la “Versus”, cioè le arene. Queste sono dunque totalmente separate, già dalla schermata di login, anche se è probabile che si possa accedere al PvP in qualsiasi momento senza dover sloggare. Uso questi termini MMORPGistici perché caratteristica di Diablo III, come del resto di StarCraft II, che non ha mancato di suscitare un discreto vespaio di polemiche, è il fatto che bisognerà essere permanentemente

connessi a Battle.net e quindi a internet per giocare, con tanto di launcher in tutto e per tutto simile a quello di WoW. Peculiarità unica è invece l’auction house, che consente ai giocatori di vendere o acquistare praticamente qualsiasi oggetto, che inoltre comprenderà le micro-transazioni con soldi reali una volta che il titolo verrà lanciato. Immagino vogliate conoscere le prime sensazioni a “caldo”: ebbene in questa nuova incarnazione il gioco non pare aver perso la sua impostazione prettamente action, fondata su quel gameplay duro e puro che ha decretato il grande successo della serie: frotte di mob da far secchi a più non posso a corredo di boss epici. Ciò che subito si nota, però, è l’inedita dinamicità degli scontri, conferita sia dal semplice dipanarsi della trama sia, soprattutto, dal modo in cui le varie abilità vanno utilizzate, cliccando sui nemici con rapidità, tempismo e tattica per dar vita ad autentici massacri a catena, con tanto di bonus di punti esperienza. Per ottenere il massimo occorre impratichirsi con il nuovo skill system, che consente di modificare la propria build in ogni istante: se nelle prime fasi non c’è molto da pensare visto il numero limitato di slot a disposizione, ai livelli più avanzati ci sarà parecchio da fare per gli hardcore player che esigeranno la perfezione in ogni situazione, senza poi contare la decisiva influenza delle rune. In buona sostanza, i presupposti per l’ennesimo successo senza epoca paiono esserci tutti!

MoDALITà: Closed Beta STATUS: Attiva SITO: www.diablo3.com USCITA: Q1 2012

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DOSSIER

A cura di: Mario Baccigalupi

UNA STORIA PER GIOCARE

Anche lasciando nani baffuti e ricci blu alle console giapponesi, tutto il gaming ha la sua bella dose di originalità nel concepire i soggetti di un’esperienza interattiva. In mezzo a un oceano di stereotipi, s’intende.

“G

iochiamo ai pirati spaziali?”, chiedeva Mario ai suoi amici, trent’anni fa, pensando a tutti gli alieni e le astronavi che la sua fantasia avrebbe potuto ricreare, in giardino, al posto di alberi e siepi. Già allora c’erano i videogiochi, naturalmente, ma non potevano ancora competere con i balocchi di plastica e metallo, e nemmeno con la mente dei piccoli giocatori: per vivere un’esperienza fantastica in prima persona l’unico modo era di immaginarsela, di fronte a sé, magari armati di una pistolina con luci intermittenti; allo stesso modo, soldatini,

robot e bambolotti vari erano gli alfieri delle avventure in terza persona, bisognosi di slanci immaginifici per le loro interazioni e, soprattutto, per le fittizie vicende che li avrebbero riguardati. Tra i giocatori in erba degli anni ‘80 c’erano anche gli sceneggiatori di videogame dei decenni a venire, chiaramente, pronti a riversare le proprie fantasie e la propria cultura mediatica nelle storie interattive. Quindi non prendetevela troppo se incontrate in un plot videoludico l’ennesimo marine dello spazio, un barbaro simil-Conan o un mech in odor di Gundam, perché queste erano tra le suggestioni più diffuse

Lo stile di Metroid si è mantenuto lungo i decenni, ampliandosi in termini narrativi e adattandosi alle nuove frontiere tecniche.

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Ognuno può tirare fuori i propri ricordi, circa la bizzarria di scenari, personaggi e situazioni proposte da un videogioco nelle scorse generazioni, e comunque non hanno impedito la nascita, già nell’epoca d’oro delle sale giochi, di soggetti estremamente originali e quasi “astratti” rispetto a quanto proposto da altri medium visivi come il cinema e la televisione. E il paragone iniziale, con la fantasia di un bambino, è assolutamente ap-

propriato: un videogioco, per quanto possa basarsi su budget più o meno elevati, può elaborare contenuti narrativi che hanno limiti solo in relazione alle capacità personali, nello stimolare quel poco di schizofrenia che è in noi (e i più piccoli possiedono in misura maggiore, senza rischio di essere rinchiusi) e servirsene nella

Anche l’artwork dell’immagine d’apertura si riferisce ad Another World. Questo, invece, è uno screen del leggendario gioco di Eric Chahi.


Dossier Ecco, lo sapevo che avrei fatto meglio a rimanere a casa a giocare ai videogame...

definizione di un mondo immaginario; in due dimensioni, come in un disegno infantile, oppure attraverso ambientazioni tridimensionali in diretto confronto con i canoni del reale, comunque libere e immaginifiche alla stregua di un sogno a occhi aperti. Per gli esempi relativi ai primi decenni di storia videoludica, naturalmente, ognuno può tirare fuori i propri ricordi circa la bizzarria di scenari, personaggi e situazioni proposte da un videogioco: a me, di primo acchito, viene in mente lo strano viaggio onirico sul suolo del pianeta rosso (già citato nel relativo dossier), nel bradburiano Martian Dream di Origin Systems, oppure il senso di piacevole straniamento avuto nel giocare ad Another World di Eric Chahi, che pure non chiarisce fino in fondo le spire della trama sci-fi ma spande atmosfera a piene mani; senza dimenticare tutte le amenità giocate nel decennio precedente, tra palle mangia palline, pinguini colorati e idraulici contrapposti a King Kong. In questi ultimi casi, l’idea visiva e il soggetto coincidono perfettamente, come nella quasi totalità dei coin-op, L’universo di BioShock contempla anche una scena come questa, tenera e inquietante in un sol colpo.

e provengono da una tradizione artistica, quella orientale, che da sempre si nutre di immagini iconiche (non a caso la scrittura è fondata su ideogrammi) ed elementi culturali molto diversi dai nostri. Anche per questo, le saghe videoludiche provenienti dal Giappone sono spesso indicate come le più originali, in termini narrativi, cosa moderatamente vera ma non solo per questioni di merito: al di là della maggiore astrattezza dell’approccio agli aspetti artistici, universi tra loro distantissimi come quelli di Metroid, Devil May Cry e Resident Evil rispondono a una fusione di influenze occidentali e suggestioni nipponiche capaci di generare, a loro volta, qualcosa di originale e pulsante, quasi in forma spontanea (come è successo con il cinema d’azione e d’orrore). Peraltro, mettendoci alla ricerca di fulminanti idee narrative troviamo titoli provenienti da paesi con un’industria videoludica quasi inesistente, come il Cile, oppure sviluppati da gruppi di americani che si sono rivelati più giapponesi dei giapponesi. Ed è un complimento, naturalmente.

E se Chell fosse una principessa e GLaDOS un demone? Beh, la risposta la dovreste conoscere...

Portal non sarebbe Portal, se non avesse GLaDOS, Aperture Science e la sua indeterminata atmosfera fantascientifica IL SOGGETTO VIDEOLUDICO (E NON PARLO DEL NIKAZZI) Non è molto frequente trovare la parola “soggetto”, per descrivere l’ispirazione narrativa di un titolo videoludico, anche perché con i termini “trama” e “storia” ci si può riferire contemporaneamente all’idea centrale e alla sceneggiatura, pur se in forma più generica. E nella maggior parte dei casi si tratta di una scelta appropriata, perché i videogiochi sono tra le forme espressive più complesse mai esistite, e sarebbe difficile (e forse inappropriato) usare con precisione i nomi e le definizioni di ogni

componente formale di un’esperienza interattiva, in termini di narrazione, tecnologie e approccio artistico, sia sul piano visivo sia su quello sonoro. Questo articolo, tuttavia, parla proprio di questo, del soggetto di un videogioco, ovvero di ambientazioni, personaggi ed eventi visti con un taglio generale, capaci però di far presa sull’immaginario dei giocatori se uniti a un gameplay altrettanto valido. E, per cominciare, non c’è esempio migliore di un arcifamoso titolo del 2007, in cui la peculiarità del soggetto può essere esaltata perché, paradossalmente, lo schema di gioco

Quando i mattoncini LEGO emulano qualcosa, anche a cura di un appassionato, vuol dire che l’oggetto dell’imitazione è arrivato al top.

L’Animus, ovvero la tecnologia fittizia alla base delle vicende di Assassin’s Creed. Inutile aggiungere che la useremo ancora per un bel pezzo...

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The Void è un’affascinante esperienza ludica, anche se sa essere ostica come pochi videogame della storia.

Zeno Clash è stata una delle migliori sorprese degli ultimi anni. Tuttavia, si è trattato di un rischio produttivo non da poco, per l’indipendente ACE-Team.

ha invece un antecedente importantissimo: Portal non sarebbe Portal, se non avesse GLaDOS, Aperture Science e la sua indeterminata atmosfera fantascientifica (che c’è al di fuori dei laboratori? Devastazione nucleare? Il dominio delle macchine? Una società “normale” ma ignara?), mentre sul fronte del gameplay le dinamiche sono dichiaratamente derivate dal titolo indie Narbacular Drop, con la sua ambientazione fantasy in stile vagamente nipponico. Portal, d’altronde, anche sul piano narrativo ha saputo far sue suggestioni esterne, come quelle per l’estetica fredda e il surrealismo kafkiano di The Cube, film canadese ormai assunto al culto cinematografico (di genere, ma va bene anche così); una delle idee centrali del gioco di Valve Software, però, riguarda il capovolgimento delle cupe atmosfere della pellicola di Vincenzo Natali, portate su un registro umoristico oggi annoverato fra le migliori e più divertenti partiture di un videogioco. D’altronde, abbiamo già nominato una delle parole magiche di questo dossier: Valve. La frase che segue, in questo senso, potrebbe diventare un proverbio: se fai un ottimo FPS, oliato per rispondere alla perfezione ai canoni che tu stesso hai creato, sei id Software; se fai un eccellente FPS, innovativo e geniale nella narrazione e nel soggetto, sei Valve Software.

Volete mettere un gioco d’azione dove uno scienziato-nerd si confronta con portali multidimensionali, militari e zombie? La situazione intorno a Freeman è un tributo alla pazza cinematografia fanta-orrorifica di serie B, ma la sola presenza del personaggio costituisce un omaggio a chi i videogame li divora, fino a farli diventare parte di sé. Certo, noi non siamo fisici nucleari assunti in una base segreta, ma Freeman è una proiezione così forte dell’uomo comune, con tendenza all’anonimato “intellettuale”, che la sua faccia è diventata una delle icone più importanti, per il mondo dei videogame, oltretutto senza nemmeno apparire nel gioco. Il soggetto è già sulla copertina (per la precisione, del secondo capitolo), ed è geniale: un trasandato mister nessuno in un’avveniristica tuta anti-radiazioni, con occhiali inadatti anche a una partita di pallone, figuriamoci a una battaglia contro gli alieni. Va da solo il fatto che Half-Life, il sequel e gli Episodi sono grandi videogiochi anche e soprattutto in virtù del loro gameplay, per la miscela di feature già viste e per il vertice di innovazione raggiunto con l’introduzione del primo strumento per usare la fisica in modo attivo, nell’economia di un titolo d’azione, dal secondo capitolo in poi (mi riferisco alla gravity gun). Tuttavia, in questi

e altri videogame il soggetto è altresì responsabile di una buona fetta del successo, a dimostrazione delle potenzialità narrative dei moderni generi videoludici: BioShock è un altro titolo destinato a venir più volte imitato, in epoca recente, ma sotto il profilo della giocabilità può essere addirittura considerato “derivativo”, rispetto a progetti a cui gli stessi membri di Irrational Games hanno partecipato. L’ambientazione e le condizioni di partenza, però, sono l’esempio da seguire se si vogliono mescolare alla perfezione storia ed elementi giocabili di un action adventure, con un approccio che può rivelarsi solo “cosmetico” se gli sviluppatori non possiedono le giuste capacità, oppure può raggiungere, con le appropriate skill creative, nuove vette di “realismo fantastico”. Oppure c’è un caso come quello di Assassin’s Creed, dove il background scenico giustifica di fatto un’intera serie, da spendere a cavallo per le varie epoche: il personaggio di Desmond è il protagonista dei primi capitoli e lo sarà (proba-

Abbiamo già avuto modo di sottolineare la natura quasi “lynchiana” del soggetto di LIMBO, fondata sull’uso di un’atmosfera straniante, opprimente ed evocativa

A suo modo, anche l’eccentrico Rock of Ages ha una storia da raccontare, attraversata da una robusta vena di umorismo.

La trama di Bastion è stata definita in corso d’opera, “gemmando” insieme a tutti gli altri elementi del gioco.

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bilmente) di tutti i seguiti a venire, ma allo stesso tempo non rimarrà mai esattamente se stesso, grazie alla trovata dell’Animus (semplice, in fin dei conti) e al carisma associato ad Altair, a Ezio e a tutti i protagonisti che seguiranno. Ed è interessante notare che un presupposto simile, fondato su una realtà illusoria e simulata, nel mondo del cinema ha consentito ai fratelli Wachowski di partorire un film di culto con una produzione a basso budget (relativamente al cinema americano: per noi The Matrix sarebbe stato un vero colossal); al contrario, la saga di Assassin’s Creed è tra le produzioni videoludiche più costose di sempre – il secondo episodio è al dodicesimo posto, ma complessivamente siamo ai vertici – con piani di palazzi pieni zeppi di grafici impegnati a ricreare città come Acri, Firenze, Venezia e Roma, incedendo in diverse libertà creative ma senza intaccare l’incredibile attenzione al dettaglio della saga (un esempio su tutti può essere la facciata di Santa Maria del Fiore, ancora


Dossier Nei giochi votati esclusivamente al multiplayer competitivo, come Shattered Horizon, il soggetto e lo schema di gioco combaciano perfettamente.

L’essere aracniforme di LIMBO è più ripugnante di tanti suoi parenti, nei titoli di fantascienza e d’orrore. Qualcosa vorrà pur dire...

incompleta nel Rinascimento e rappresentata di conseguenza nel gioco). Dopo quest’abbuffata di ricche produzioni, però, ci spostiamo dall’altra parte del mondo produttivo, tra le “nemesi” dei tripla A, dove tutto nasce ancora dal cervello e ben poco dai muscoli, metaforicamente parlando.

TRAME IN LIBERTÀ Anche guardando al panorama indipendente, possiamo rimanere per un momento sui videogame d’azione maggiormente elaborati, sotto il profilo tecnico, per poi muoverci su opere dotate di un approccio minimale sugli aspetti narrativi e, talvolta, anche sul gameplay. I titoli che ci permettono di parlare ancora di action adventure, nonostante l’ambito produttivamente meno ricco, sono Zeno Clash e The Void, sviluppati rispettivamente dai cileni di ACE-Team e dalla software house russa di Ice-Pick Lodge: nel primo caso abbiamo un peculiare scenario “fantasy-anarchy-punk”, che si mischia ai combattimenti a mani nude fino a ottenere un risultato assolutamente originale, con rimandi metaforici all’esistenza umana e riferimenti visivi di grande spessore (Bosch innanzitutto); in The Void, invece, l’intento di Ice-Pick Lodge è stato di far perdere tutti i principali riferimenti al giocatore, sia a livello ludico sia sotto il profilo narrativo, per avvolgerlo in una storia dalla valenza esclusivamente

simbolica, in odor di raffinato erotismo (peraltro, senza mostrare alcuna nudità). Detto questo, torniamo subito da ACE-Team, giusto perché questo mese abbiamo piacevolmente ritrovato il talento dei ragazzi capitanati dai fratelli Bordeu, con Rock of Ages, a ideale conferma dell’interesse suscitato dalla chiacchierata di qualche numero fa. Lo spunto narrativo, anche in questo particolare tower defence , ha dato modo al gruppo di mettere in mostra la propria preparazione sul piano artistico e culturale, con una libertà espressiva ancora maggiore: un’enorme palla di pietra attraversa i secoli e le battaglie, illustrando una rilettura satirica della storia europea attraverso gli elementi del gameplay, che allo stesso tempo sono modelli e “ritagli” bidimensionali tratti da opere d’arte. Con una certa frequenza, però, nei giochi indie abbiamo trovato un taglio narrativo rivolto a ricerche più intimistiche, che passano per i canoni di generi videoludici precisi ma cercano un dialogo con il giocatore sul piano emozionale, in modo particolarmente profondo. LIMBO fa parte di queste opere, naturalmente, e abbiamo già avuto modo di sottolineare la natura quasi “lynchiana” del soggetto creato da Arnt Jensen, fondato sull’uso di un’atmosfera allo stesso tempo straniante, opprimente ed evocativa, più che sulla concretezza degli elementi narrati. Personalmente, però,

Bloody Good Time è inferiore al precedente titolo di Outerlight, The Ship. Tuttavia, lo stile del team è sempre riconoscibile e personale.

“Astronauti che combattono nello spazio” può riassumere lo stringato soggetto di un multiplayer competitivo come Shattered Horizon ho apprezzato maggiormente l’esordio di Supergiants Games con Bastion, anch’esso recensito sullo scorso numero, semplicemente perché il gioco non sente l’esigenza di “astrarsi” troppo rispetto alle storie che siamo abituati a vivere nei videogiochi, ma contemporaneamente ricopre elementi visivi e concettuali di un velo di simbolismo mai greve, per veicolare un racconto di perdizione e rinascita.

VERSO GLI ESTREMI L’interesse per le trame degli giochi indipendenti non si esaurisce certo con i titoli citati poco sopra (baciati da grande successo, negli ultimi due casi), e anzi invito ognuno di voi a esplorare il vero oceano di proposte che questo ambito produttivo propone, magari con le indicazioni della nostra IndieZone. Prima di chiudere, invece, vogliamo sottolineare come soggetto e gameplay possano formalmente coincidere, anche in un settore ludico diverso dagli arcade game citati a inizio articolo: nella fattispecie, nei giochi multiplayer esclusivamente competitivi accade proprio questo, dal momento che non ci sono altri sviluppi narrativi slegati dalle feature giocabili. “Astronauti che combattono nel-

lo spazio” può riassumere lo stringato soggetto di un gioco come Shattered Horizon, peraltro magnifico, centrando ciò che l’utente si appresta a giocare, senza eccezioni; definizioni simili possono accompagnare tanti altri giochi, magari senza scomodare i pezzi da novanta, contestualizzati sfruttando elementi celebri o astrusi, a seconda dei casi (“pistoleri Vs. pistoleri”, ad esempio, come in Lead & Gold, ma anche “attori di belle promesse VS attori di belle promesse”, come nel bizzarro Bloody Good Time). E anche in casi simili, naturalmente, se non hai la capacità di reggere lo schema di gioco e l’impianto tecnico puoi anche tirare fuori le idee più strampalate, come i dinosauri nazisti di Dino D-Day, che il risultato non potrà che essere negativo. Proprio per questo, per ultimo abbiamo tenuto un esempio che dimostra la capacità del gameplay di portare tutto su un altro piano, compresa la componente narrativa: se qualcuno mi avesse parlato di una crime story anni ‘50, sviluppata su base free-roam, tutto avrei pensato tranne che la stessa mi avrebbe riportato sulla strada delle avventure grafiche a sfondo investigativo. Invece, alla fine, L.A. Noire ha fatto la scelta più naturale del mondo. Lead and Gold ha provato a portare il Selvaggio West in un gameplay unicamente multiplayer, sulla scia di Red Dead Redemption.

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Tmb’s Intro A cura di: Mirko “TMB” Marangon (tmb@sprea.it)

LISTA DELLA SPESA

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1 1 2 1 3 1 4 1 5 1 6 1 7 1 8 1 9 1 10 20

Batman: Arkham City

L’attesissimo nuovo capitolo del Cavaliere Oscuro.

Mass Effect 3

Si chiude con il botto la trilogia del Comandante Shepard.

BioShock Infinite

Rapture è un lontano ricordo, ora si vola fra i cieli di Columbia!

Diablo III

Il ritorno di un gioco che ha inventato un genere.

Battlefield 3

DICE lancia ufficialmente il guanto di sfida a Call of Duty!

Call of Duty: Modern Warfare 3

Si rinnova l’appuntamento annuale con lo sparatutto più venduto di sempre.

The Elder Scrolls V: Skyrim

Oblivion ha settato dei nuovi standard negli RPG. Skyrim li vuole superare.

Aliens: Colonial Marines

La stagione di caccia (allo xenomorpho) si sta per riaprire...

Far Cry 3

Nuovamente su un’isola in mezzo ai tropici circondati da pazzi furibondi!

Hitman Absolution

L’Agente 47 ha ancora qualche conto in sospeso...

TGM Novembre 2011

Le avventure di Tintin

20/10/2011

Ubisoft

Jane’s Advanced Strike Fighters

21/10/2011

Deep Silver

Stronghold 3

21/10/2011

Deep Silver

NCIS

27/10/2011 Ubisoft

Il Signore degli Anelli: La Guerra del Nord

04/11/2011

Warner Bros.

Call of Duty: Modern Warfare 3

08/11/2011

Activision

Batman: Arkham City

10/11/2011

Warner Bros.

The Elder Scrolls V: Skyrim

11/11/2011

Bethesda

Jurassic Park

15/11/2011

Telltale Games

Saints Row: The Third

15/11/2011

THQ

Anno 2070

17/11/2011

Ubisoft

LEGO: Harry Potter 2

18/11/2011

Warner Bros.

Need for Speed: The Run

18/11/2011

Electronic Arts

Assassin’s Creed: Revelations

02/12/2011

Ubisoft

Collapse: Devastated World

Q4 2011

UTV Ignition

Gamma World: Alpha Mutation

Q4 2011

Atari

Ghost Recon Online

Q4 2011

Ubisoft

Iron Front – Liberation 1944

Q4 2011

Deep Silver

Neverwinter

Q4 2011

Atari

Payday: The Heist

Q4 2011

Sony

Resident Evil: Operation Raccoon City

Q4 2011

Capcom

Tera

Q4 2011

Atari

Torchlight 2

Q4 2011

Runic Games

X Rebirth

Q4 2011

Deep Silver

Inversion

10/02/2012

Namco Bandai

Kingdoms of Amalur: Reckoning

10/02/2012

Electronic Arts

The Darkness II

10/02/2012

2K Games

TGM

TOP

TITLE

Abbiamo preso in considerazione solamente i titoli recensiti dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema di valutazione. Non stupitevi, quindi, se trovate prodotti particolarmente datati

1 - PORTAL 2 1 - GTA: SAN ANDREAS 3 - HALF-LIFE 2 3 - BIOSHOCK 2 5 - STARCRAFT II 5 - COD4: MODERN WARFARE 5 - EMPIRE: TOTAL WAR 8 - THE WITCHER 2 8 - COMPANY OF HEROES 8 - DEUS EX: HUMAN REVOLUTION 8 - BATTLEFIELD - BAD COMPANY 2 8 - EVERQUEST 2: ECHOES OF FAYDWER 8 - FAR CRY 2 8 - BIOSHOCK 8 - DRAGON AGE: ORIGINS

TGM 273 TGM 197 TGM 190 TGM 257 TGM 264 TGM 228 TGM 246 TGM 273 TGM 213 TGM 276 TGM 258 TGM 217 TGM 241 TGM 226 TGM 254

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TMB’s Intro

È AUTUNNO (ALLA BUON ORA), CADONO I VIDEOGIOCHI

O

h, quasi non ci speravo più. Che arrivasse la stagione che ormai tutti i videogiocatori conoscono come “Fall”, quella parolina inglese che non di rado appare di fianco alle ipotetiche date di uscita dei titoli più attesi di tutto l’anno. Certo, ogni tanto le software house ci fanno degli scherzi divertentissimi e all’ultimo momento decidono che è meglio spostare il tutto al Q1 2012 (altra sigletta niente male...), così ci si ritrova a marzo con 200 titoli in uscita. Poi il ToSo sbrocca, io non dormo per due settimane filate per giocare a tutto, e a voi tocca chiedere un finanziamento in banca (che di questi tempi è proprio raccomandabile). Tranquilli ragazzi, quest’anno infatti ci rovineremo molto prima, perché fra Assassin’s Creed Revelations, Modern Warfare 3, Battlefield 3, Batman: Arkham City e manco mi ricordo cos’altro, c’è da uscire di testa da qua a Natale. Intanto però, giusto per iniziare a scaldare CPU e GPU dei nostri PC, abbiamo sviscerato il nuovo FPS/Gioco di guida/Faccio-finta-di-essere-un-sandbox-game di id Software, quel RAGE che tanto si è fatto attendere, fra i mille dubbi degli “scottati” da DooM 3. Tranquilli, il Keiser ci ha perso gli occhi fra le megatexture dei texani, e ha prodotto una recensione che più completa ed esaustiva di così si muore, assicurandoci che questa volta c’è un bel po’ di carnazza in mezzo al fumo volumetrico. Tanto che c’era, lo abbiamo anche spedito in una località segreta a vedere cosa stanno combinando i ragazzi di Starbreeze, all’opera su un reboot assai discusso, quello di Syndicate. Io stesso non sono

proprio entusiasta della svolta FPS, avendo adorato alla follia la versione dei Bullfrog per Amiga, ma i tempi sono cambiati e tutto sommato non sembra quell’operazione commerciale paventata da più parti. Passando ad altra roba grossa, è inevitabile dedicare un paio di righe alla recensione di Pro Evolution Soccer 2012 del Kikko. Ecco, lo abbiamo fatto, passiamo oltre. Del resto, voglio dire, ci sono fior fiore di articoli ben più interessanti (ve l’ho mai detto che il calcio è il mio sport preferito? No, eh? Chiedetevi come mai), tipo la review di Driver: San Francisco, scritta con tanto ammmore proprio dal sottoscritto, oppure le istruzioni per cambiare le pile della sveglia, tanto per dire. Ecco, magari dovremo consigliare questa pratica al pestifero Nikazzi, che con una flemma degna di Jeffrey Lebowski ha prodotto due KG e mezzo di caratteri per Tropico 4, WRC 2 e quello strano errore di programmazione noto come Call of Juarez: The Cartel. Meglio è andata al Baccigalupi, la cui foto su Facebook sprigiona saggezza e sapere, mica come la mia che sembro un vecchio ubriacone. Marietto non solo ha messo giù uno speciale davvero interessante e ricco di spunti, ma ha trovato anche il tempo di giocare e giudicare Warhammer 40K: Space Marine, Red Orchestra 2, nonché il bizzarro Rock of Ages e l’outsider Hard Reset. Insomma, tanta, tantissima roba e il bello deve ancora arrivare! E no, non è Honto, care amiche dall’ormone facile... Twitter: @ToSo77 Mirko “TMB” Marangon tmb@sprea.it

COSA ABBIAMO FATTO TUTTO IL TEMPO?

Twitter: @ToSo77 Twitter: @tmb666

Davide “ToSo” Tosini Twitter: @ToSo77 Per il Tosini questo è il periodo più bello dell’anno. Twitter: @ToSo77 Primo, arriva il fresco e quindi può smettere di tenere il condizionatore a -15, secondo, esce FIFA e qualsiasi altro affare digitale diventa inutile. Ormai vive di cose frugali... Twitter: @ToSo77 Twitter: @tmb666 Twitter: @tmb666

Twitter: @ToSo77 MIRKO “TMB” MARANGON Twitter: @tmb666

Ho passato le mie ultime giornate ad ammazzare mutanti Twitter: @PamelaPatty nel mondo post-apocalittico di RAGE. Avessi avuto Macete al mio fianco lo avrei già finito, però non mi lamento, anche perché il Twitter: @ToSo77 Windstick è una figata! Twitter: @tmb666

Twitter: @PamelaPatty

Twitter: @thegamesmachine

Ivan “Kikko” Conte

Claudio “Keiser” Todeschini

Questo mese non posso ricoprire di svariati epiteti il figuro in questione, anche perché in quanto ad acciacchi e malanni vari Twitter: @tmb666 non sono stato da meno. Nel frattempo ha quasi rischiato il divorzio per aver preteso di finire il Twitter: @PamelaPatty Batman: Arkham City in un weekend.

Ormai il Claudione è di casa da queste parti e lo si vede Twitter: @tmb666 sempre più spesso in ufficio, dove inscena siparietti Twitter: @PamelaPatty spassosissimi con il Conte, nel tentativo di grabbare Twitter: @thegamesmachine delle foto decenti di questo o quel videogioco. Twitter: @keiserxol

Twitter: @PamelaPatty

Nicolò`“Honto” Digiuni Twitter: @PamelaPatty

Twitter: @PamelaPatty Massimo “NKZ” Nichini Twitter: @thegamesmachine

Twitter: Appena la temperatura è scesa sotto i 25 gradi, il@thegamesmachine grafico sportivo/ Twitter: @thegamesmachine palestrato/finto-muscoloso si è ammalato come l’ultimo degli Ivan Conte. In compenso sostiene che il brasato con la polenta sia il rimedio ideale a tutti i mali di stagione...

Era qualche tempo che il Nik non faceva uscire di senno il Twitter: @keiserxol quest’ultimo ToSo e vi assicuro che è un vero spasso sentire Twitter: @ilcinese perdere le staffe al telefono. Certo, è pur vero che al capibara di Lambrate è toccato recensire The Cartel, roba da martirio proprio... Twitter: @thegamesmachine

Twitter: @thegamesmachine

Roberto “Il

Twitter: @keiserxol Cinese” Turrini Twitter: @keiserxol

Come tutte le nuove leve di TGM, anche il Turrini vanta un nickname alquanto fantasioso (eeeeh), sulle cui origini vige un segreto così orribile da far impazzire chiunque@keiserxol Twitter: dovesse apprendere la verità. Twitter: @ilcinese Twitter: @ilcinese

Legenda

Twitter: @ilcinese

Ecco a voi, brevemente riassunte, le poche informazioni necessarie alla piena Il Best Buy Twitter: @IIvariety comprensione del metodo da noi utilizzato del giudizio dei giochi recensiti. Twitter: @IIvariety indica invece quel prodotto del quale TGM Twitter: @IIvariety si sente di raccomandare Twitter: @ToSo77 Twitter: @ToSo77 l’acquisto ai propri lettori. da 80 a 84 da 85 a 89 da 90 a 94 da 95 a 100 Twitter: @ToSo77

Twitter: @keiserxol Twitter: @ilcinese

Mario Baccigalupi Twitter: @IIvariety

Essendo Mario dotato di un bizzarro indirizzo email, ci siamo giustamente chiesti “ma che diavolo vuol dire Second Variety?”. È bastato però incrociare il suo sguardo severo Twitter: @keiserxol e autoritario per farci pentire amaramente di aver posto@ilcinese Twitter: tale quesito.

Twitter: @IIvariety Twitter: @ToSo77

’eroe @ilcinese lTwitter: Twitter: @IIvariety Twitter: @ToSo77

Twitter: @IIvariety Twitter: @ToSo77

de l m e s e Twitter: @ToSo77 Novembre 2011 TGM

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SVILUPPATORE: Starbreeze Studios - PUBLISHER: Electronic Arts DISTRIBUTORE: Electronic Arts - SITO: www.syndicate.ea.com

A CURA DI: Claudio “keiser” Todeschini keiser@sprea.it

Il bello dei videogame vecchi è che possono sempre essere “adattati” e riutilizzati per qualcosa di nuovo. Che col vecchio c’entra pochino, ma pazienza.

D

i un possibile remake di Syndicate si vociferava da un sacco di tempo, probabilmente dal giorno dopo l’uscita di Syndicate Wars nel 1996, più per esprimere un desiderio che altro. Le voci hanno cominciato a farsi veramente insistenti solo nel 2008, quando Electronic Arts ha annunciato un accordo con Starbreeze Studios (che ha sviluppato l’ottima se-

Commento Spacciato per tributo a un capolavoro del passato, il nuovo Syndicate nasce come operazione commerciale, su questo non ci piove. Ciò non toglie che l’universo cyberpunk del gioco Bullfrog continui a esercitare un forte fascino, che quella di impersonare uno dei quattro Agenti sia certamente una bella idea, e soprattutto che Starbreeze ha un pedigree di tutto rispetto. Insomma, nonostante il passo falso iniziale, ci sono tutte le premesse per un prodotto davvero interessante. Da tenere d’occhio.

rie di The Chronicles of Riddick e il cupo The Darkness) per tre nuovi titoli, tra cui un misterioso Project RedLime, che si disse sarebbe stato basato su una vecchia proprietà intellettuale di EA da rilanciare. Potete immaginare il turbinio di voci, ipotesi, speculazioni e illazioni che ha cominciato a circolare a seguito di questa notizia. Alla fine del 2009 sono trapelati, non si sa bene come, alcuni artwork relativi a Syndicate, e persino una pagina della sua sceneggiatura. Ormai è fatta, si diceva: le voci stanno per diventare una certezza! Fino a marzo dell’anno successivo, quando Starbreeze comunica che uno dei suoi tre progetti è stato cancellato. Silenzio generale. Panico diffuso. Il crollo di un’illusione. Poi, qualche settimana più tardi, la precisazione che il gioco cancellato era un action basato sulla proprietà intellettuale di Jason Bourne (l’ex agente della CIA protagonista dei romanzi di Ludlum prima e Van Lustbader dopo,

Tutto è digitale, tutto è connesso, le persone possiedono un impianto neurale con cui accedere alle informazioni e ottenere ciò di cui hanno bisogno e annessa trilogia cinematografica con Matt Damon). Grande sospiro di sollievo, ritorno alla speranza. Ancora un po’ di conferme, qualche smentita, un paio di tweet birichini subito cancellati, la software house che registra alcuni marchi relativi a Syndicate e altra roba del catalogo Bullfrog (giusto per fare un po’ di confusione, o perché ci sono altri progetti in ballo?), fino al tanto – troppo – atteso annuncio ufficiale del “reboot” della serie, previsto per il prossimo febbraio, su PC e console.

DOVE SAREMO RIMASTI? Nel 2069 la società cosiddetta “civilizzata” non è più controllata dai

Il ritorno di una serie storica L’uso degli impianti neurali apre a diverse possibilità di gioco Del gameplay vero e proprio sappiamo ancora poco Il gioco originale viene completamente snaturato

Giudizio Nonostante il progresso tecnologico, pettine e rasoio non sembrano appartenere alla dotazione d’uso comune dell’uomo del futuro.

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TGM Novembre 2011

governi, ma da mega-corporazioni che hanno rivoluzionato il modo in cui la gente interagisce con il mondo esterno. Tutto è digitale, tutto è connesso, comprese le persone, che possiedono un impianto neurale con il quale possono accedere alle informazioni, fare acquisti, e ottenere tutto ciò di cui hanno bisogno da parte della propria corporazione, dalla casa al posto di lavoro. In cambio, la compagnia di fatto controlla e dispone della vita dei singoli individui. In questo universo così cupo e amorale, il business è ovunque, e i mercati vengono contesi con ogni mezzo possibile, dalla corruzione all’omicidio, nella totale indifferenza e complicità dei governi, senza che nessuno osi mettere in discussione questo sistema. Syndicate ci mette nei panni di Miles Kilo, l’ultimo e più evoluto agente della mega-corporazione Eurocorp, che insieme a Cayman Global e Aspari lotta per il possesso del mercato americano; la sua missione sarà quella di eliminare, a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo, tutti gli avversari delle altre compagnie. Né più, né meno. Oltre alle armi più tradizionali, Kilo potrà contare sul chip neurale DART6, che opportunamente poten-


Preview ULTRAVIOLENZA CYBERPUNK Sviluppato dalla Bullfrog di Peter Molyneux dei tempi d’oro, Syndicate è uno strategico con visuale isometrica che mette i giocatori al comando di una squadra di quattro cyborg incaricati dalla loro mega-corporazione di eliminare tutte le altre e “difentare patrone ti monto” uccidendo e manipolando le menti dei nemici. Gli Agenti possono essere potenziati con impianti neurali e arti bionici, sono in grado di lavare il cervello di civili e forze dell’ordine, uccidere chiunque e distruggere qualsiasi cosa. Oltre all’ambientazione cyberpunk, il gioco non si faceva problemi a eccedere con la violenza: chi veniva investito dal fuoco sparato dai lanciafiamme degli Agenti scappava via urlante avvolto in un manto di lingue rosse e arancioni, fino ad accasciarsi a terra, ridotto a macabro tizzone fumante. Forte, eh?

MORGAN & SYNDICATE: UN BINOMIO VINCENTE? La storia del nuovo Syndicate sarà curata da Richard Morgan, autore inglese che nel mondo dei videogame ha debuttato lo scorso anno occupandosi della trama di Crysis 2, che di certo tutto era fuorché memorabile. In passato Morgan ha pubblicato diversi romanzi, tra cui Altered Carbon (premiato con il Philip K. Dick Award), miscela di cyberpunk e hard-boiled, con protagonista l’antieroe Takeshi Kovacs che tornerà in altri due libri; ha scritto alcune graphic novel per Marvel e nel 2008 ha iniziato una nuova trilogia fantasy, A Land Fit for Heroes, di cui sono già usciti due capitoli. A renderci ottimisti circa questo suo nuovo impegno c’è il fatto che l’universo di Syndicate rientra maggiormente nelle sue “corde”, trattando temi a lui più congeniali: cyberpunk, universi distopici, una società controllata da un’élite senza scrupoli... It’s a match!!

Chissà se sarà possibile svolazzare per le vie della città a bordo di queste fichissime moto volanti!

Il chip neurale DART6 consentirà di accedere alle menti dei propri avversari e dei civili, come il Persuadertron dell’originale Syndicate ziato (leggasi: il sistema di leveling del gioco) permetterà di vedere attraverso i muri, di controllare il flusso del tempo (il ralenti!) e di interfacciarsi direttamente con il Dataverse, l’internet del futuro. Il chip neurale consentirà inoltre di accedere alle menti dei propri avversari e dei civili: per chi ha giocato l’originale di Bullfrog, stiamo parlando dell’adorato Persuadertron, uno dei suoi elementi chiave. Nel buonismo imperante dei nostri giorni, ci risulta difficile immaginare uno scenario nel quale il giocatore potrà usare il Persuadertron per convincere una trentina di civili a massacrare normali agenti di polizia, o dirgli di recarsi nei pressi di una chiesa e farsi saltare in aria con una bomba atomica nascosta in una valigetta. Tutte cose che vent’anni fa Graficamente di tutto rispetto, il gioco non sarà mosso dall’Unreal Engine, ma da tecnologia proprietaria Starbreeze.

andavano bene (insomma, i codazzi di polemiche ci furono anche allora, più che altro per l’uso delle droghe per potenziare gli Agenti), e che oggi fatichiamo a vedere in un videogame che non voglia rischiare gli strali di qualche benpensante. Starbreeze ha inoltre vagamente accennato a un sistema di potenziamento e upgrade di arsenale, corazza ed equipaggiamento, lasciando prefigurare alcuni elementi da RPG che non stonerebbero affatto, oppure una versione attualizzata del meccanismo di ricerca e sviluppo del gioco originale. Per finire, Syndicate avrà una campagna cooperativa per quattro persone, distinta da quella principale, composta da nove missioni “ispirate” al gioco originale. Come questo si concretizzerà, però, resta tutto da vedere.

MA NON È LO STESSO GIOCO! La cosa che colpisce immediatamente di questo nuovo Syndicate è il cambio drastico di genere: gettato alle ortiche lo strategico tattico che tanto aveva divertito per la sua profondità e per le sadiche possibilità che offriva al giocatore, Starbreeze ha optato per un più tradizionale approccio con visuale in prima persona. La cosa ha ovviamente scatenato parecchie polemiche, prontamente dismesse dal game director Neil McEwan, che ha liquidato la cosa dicendo che “fin dall’inizio l’idea era quella di spostare il punto di vista all’interno della testa di un Agente, diventare uno di loro, vivere quell’esperienza da vicino”. Gli sviluppatori di Starbreeze si dicono grandi appassionati del titolo originale, a cui renderanno omaggio in ogni modo possibile, costruendo un mondo brutale e violento come quello visto eoni

fa, cupo e senza speranza, cercando di catturare lo spirito di ciò che significa essere un Agente. Ritroveremo armi, ambienti, situazioni familiari, il Persuadertron e le sue infinite possibilità. Anche perché, aggiunge McEwan, “la formula del vecchio Syndicate ha fatto il suo tempo. Non voglio che la gente smetta di giocare i vecchi titoli, ma è tempo di guardare avanti”. Che, detta così, non è proprio una frase bellissima. Oltretutto smentita dai successi di giochi come StarCraft 2. Forse, e dico solo forse, un po’ più di onestà non avrebbe guastato, e ammettere che la scelta – perfettamente legittima, ovviamente – è di natura esclusivamente commerciale non avrebbe scandalizzato nessuno. Insomma, sarebbe stato più corretto dire: “ragazzi, sapete che c’è? Che gli strategici sono bellissimi, ma gli FPS vendono mille volte di più”.

Esclusa anche la partecipazione al progetto di Peter Molyneux, che pure ne sarebbe stato contento. E non solo lui.

Novembre 2011 TGM

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SVILUPPATORE: EA Black Box - PUBLISHER: Electronic Arts - DISTRIBUTORE: USCITA: 18 novembre - SITO: www.needforspeed.com/it_IT/therun

A CURA DI: FBI

Electronic Arts

NEED FOR SPEED:

THE RUN Il volante di Need for Speed torna nelle mani di Black Box, dopo la felicissima parentesi di Slightly Mad Studios e Criterion. Il nuovo capitolo punta tutto sullo spettacolo, sulla velocità smodata e su una potente alleanza forgiata nel gelo della Svezia...

L’

eredità di Shift e Hot Pursuit, gli ultimi eccellenti capitoli di Need for Speed, non è per niente facile da raccogliere. Due dei migliori NFS di sempre, segnale di una EA in forma smagliante, sono usciti in rapida sequenza, lasciando tempo agli studi di Black Box di lavo-

Commento Nonostante la bellezza del motore Frostbite, questo Need for Speed non sembra all’altezza degli ultimi episodi della serie, con un sistema di gioco semplice e lineare, che punta tutto sulla scena e sullo spettacolo. È bello da vedere, certo, ma bisogna capire se riuscirà a divertire per tutta la durata della campagna principale. Può una trama da film d’azione sostenere un intero gioco di guida? Per il momento i fasti di Shift e Hot Pursuit sembrano su un altro pianeta.

Modello di guida divertente La potenza del Frostbite Momenti spettacolari Potenziale abuso degli script Tanti quick time event Gameplay poco dinamico

Giudizio

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TGM Novembre 2011

rare con calma su questo The Run, in arrivo a novembre. È un progetto ambizioso, importante, al quale è affidato il difficile compito di dimostrare il talento e l’abilità di questi programmatori, per il momento noti come “quelli che fanno i Need for Speed così così”. D’altro canto, dopo il mediocre filotto di Carbon, Prostreet e Undercover, un po’ di scetticismo è doveroso. Eppure, questa volta, Black Box ha un’arma segreta, un’alleanza tecnologica stretta con i vichinghi di DICE. Avete presente il Frostbite 2, il motore che muove le meraviglie di Battlefield 3, con il suo livello di dettaglio pazzesco e la sua fisica di nuova generazione? Ecco, Need for Speed: The Run sarà il primo gioco di guida a sfruttarlo, nonché il primo gioco esterno a DICE a utilizzarlo in un genere diverso dagli sparatutto in soggettiva. Ma prima di passare ai dettagli tecnici, sbrighiamo le formalità della trama (sì, c’è una trama!).

STOPDAPRESS Il nostro protagonista, un tale Jack, deve una fraccata di soldi alle persone sbagliate, e se non recupera una discreta somma in poco tempo finirà con le scarpe di cemento a dare la pappa ai pesci. Come è ovvio che sia, la sua unica possibilità è partecipare a una gara illegale ad

Jack si troverà costretto a scendere dall’auto, scappando a piedi come in una classica sequenza d’azione hollywoodiana alto rischio, che parte da San Francisco e attraversa l’America fino a New York. L’altra possibilità era un mutuo a tasso variabile, ma Jack non è mica pazzo. La formula, quindi, è la stessa di sempre: auto da sogno, alta velocità e inseguimenti. Tappa dopo tappa, ci spareremo un vero e proprio “Coast to Coast”, cercando via via di scalare la classifica e ottenere il primo posto. Sì, perché secondo le simpatiche regole della competizio-

ne, solo la medaglia d’oro si porterà a casa il ricco bottino. Jack, dunque, non può permettersi incertezze ed errori: deve vincere, punto e basta, e nel frattempo non deve nemmeno farsi beccare dalla polizia (che tende a non apprezzare le corse clandestine) e dai suoi creditori malavitosi. Questa fuga offre spunto a una novità assoluta per la serie di Need for Speed. Tra una gara e l’altra, di tanto in tanto, Jack si troverà costretto a

Il modello di guida è molto azzeccato. È un po’ meno pazzo di quello di Hot Pursuit, ma decisamente più amichevole di Shift.


Preview AMICI DI AUTOLOG Need for Speed: The Run, come ormai tutti i nuovi episodi della serie, supporta Autolog, la piattaforma online dedicata alle corse di EA. Connettendovi potrete tenere traccia dei vostri progressi, confrontarli con quelli dei vostri amici, sfidarli a battere i vostri tempi e vedere i loro screenshot e i video che hanno pubblicato. È come Facebook, ma vi taggheranno su una Lamborghini, e non a quella festa imbarazzante dove avete bevuto troppi Cuba.

Il motore Frostbite, preso in prestito da DICE, è una gioia per gli occhi, specie su PC.

The Run punta più sullo spettacolo che non sulla dinamicità del gameplay Ecco una bella slavina che rischia di bloccare una galleria. Gli eventi saranno anche scriptati, ma fanno la loro scena.

scendere dall’auto, scappando a piedi come in una classica sequenza d’azione hollywoodiana. Corse, pugni, sparatorie, salti vertiginosi... insomma, quello che ci si aspetta da un film a caso di Bruce Willis. Sebbene non ci sia ancora capitata l’occasione di provarli in prima persona, i livelli appiedati sono estremamente semplici, a livello di gameplay. Non muoveremo liberamente Jack, come in un GTA a caso, ma ci limiteremo a premere con tempismo i tasti che appaiono su schermo, come nel più classico dei Quick Time Event. Black Box ha specificato che ci saranno varie sfumature di successo e fallimento, che secondo i piani renderanno l’esperienza più godibile, mitigando la sensazione di trovarsi

alle prese con una banale cutscene interattiva. Ciò nonostante, è difficile non essere un po’ critici davanti alla promessa di tante sequenze in QTE, da sempre un simbolo della pigrizia dei game designer. A parte tutto, però, il risultato è molto scenografico, e tutto sommato in accordo con la filosofia di questo The Run, che punta a regalare un’esperienza all’insegna dell’azione, senza tregua, un po’ come un Call of Duty su quattro ruote. Questo stile si riflette anche nell’uso del Frostbite, il motore grafico di DICE, in grado di renderizzare esplosioni e crolli realistici, con un’eccellente fisica che controlla i detriti. Al nostro passaggio, durante le sezioni di guida, assisteremo a ogni sorta di disastro: massi che

cadono sulla pista, esplosioni che gettano ostacoli sul percorso, e addirittura valanghe e slavine. Tutte queste catastrofi influenzano la struttura del tracciato, creando blocchi da evitare o più semplicemente alterando la maneggevolezza della vettura. Ancora una volta, come in Call of Duty, si tratta di eventi scriptati, studiati per verificarsi sempre nello stesso momento al nostro passaggio. Parlando di giocabilità vera e propria, le uniche scelte lasciate al giocatore sono le varie scorciatoie disseminate per i percorsi, alle quali spesso si accompagnano catastrofi ancora più difficili da evitare. In qualunque momento, in caso di incidenti o errori, è possibile riavvolgere il tempo, senza penalità: nonostante si parli di un “rewind”, però, The Run si limita a fermare l’azione e a ricaricare il checkpoint precedente. È proprio riavvolgendo più volte che abbiamo notato come ogni singolo elemento dei livelli sembri studiato a tavolino, traffico incluso: dobbiamo ancora

verificarlo con una versione definitiva, ma abbiamo avuto l’impressione che persino le macchine che arrivano contromano seguano uno schema ben preciso, uguale partita dopo partita. Quel che è certo è che The Run punta più sullo spettacolo che non sulla dinamicità del gameplay, e che i risultati, in questa direzione, sembrano più che soddisfacenti. L’altra variabile è il Frostbite, la cui potenza potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. È un motore spettacolare, e specialmente su PC può raggiungere un livello di qualità impressionante, ma va anche saputo usare. La speranza è che Black Box riesca a garantire una buona fluidità, anche perché non c’è niente di peggio di un gioco di corse che non riesce a comunicare una buona sensazione di velocità. Ci sono tanti punti di domanda, su questo The Run, ma anche tante potenzialità che potrebbero spazzare via i dubbi e lo scetticismo. Ne riparliamo il mese prossimo!

Tra polizia e creditori, il nostro Jack non avrà un secondo di tregua.

Quick Time Event appiedati in un gioco di corse? Ebbene sì! Novembre 2011 TGM

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A CURA DI: Mario Baccigalupi Secondvariety@sprea.it

SVILUPPATORE: Cyanide Studio, Spiders - PUBLISHER: Focus Home Interactive DISTRIBUTORE: Steam - USCITA: Autunno 2011 - SITO: www.cyanide-studio.com/games/of-orcs-and-men/

Chissà che cosa penserebbe Steinbeck, se oggi vedesse il titolo di un suo libro parafrasato per un videogame. Secondo me ne sarebbe contento, perché era un uomo di rara intelligenza.

Of Orcs and Men

P

roprio in questo numero, con il relativo dossier, abbiamo affrontato il tema delle idee narrative di un videogioco, sottolineando quanto le stesse possano contribuire a renderlo grande o anonimo, a

Commento L’avventura in coppia di Of Orcs and Men promette bene. E il tandem non è solo fra i due eroi della storia, un orco e un goblin, ma anche tra due software house francesi decise a emergere, con un’esperienza che ribalta la prospettiva di una canonica vicenda fantasy: lungi dal voler essere lo Shrek del videoludo, il gioco sfrutta un linguaggio maturo per descrivere la riscossa dei “mostri” sui perfidi esseri umani, decisi a perpetrare un vero e proprio genocidio. Già discreto sul piano tecnico, nonostante si sia ancora a metà dell’opera, Of Orcs and Men sembra voler seguire i giusti modelli anche sul piano del gameplay, rivolgendo l’attenzione alle soluzioni dei migliori action RPG sulla piazza. Incrociamo le (verdi) dita .

Trama desueta ed evocativa. Sotto il profilo tecnico sembra promettente. Molte promesse sono ancora da verificare.

Giudizio

26

TGM Novembre 2011

seconda dei casi. Un soggetto interessante, nella fattispecie, può anche essere contenuto nel titolo stesso di una produzione, per quanto tutto il resto debba essere verificato: è proprio il caso di “Of Orcs and Men”, che in qualche modo fa subito intuire la diversa prospettiva da cui si vuole guardare a una classica storia fantasy, pur senza cambiarne i connotati generali. La parola “Orchi” viene prima, per inquadrare la particolare attenzione su una razza della fiction fantasy che, nella maggior parte dei casi, è stata utilizzata come villain o al massimo come possibile scelta, nei giochi di ruolo che contemplano una decisione fra classi (e hanno l’ardore di inserire personaggi Hey, dici a me?

Of Orcs and Men capovolge il punto di vista della fantasy più generica, mettendo i “mostri” nel ruolo di eroi perseguitati altrove considerati come i “cattivi”). E poi c’è il taglio dato alle parole, che riporta alla mente suggestioni di stampo letterario: in particolare, è stato riadattato il titolo di un famoso romanzo di John Steinbeck, Uomini e Topi (“Of Mice and Men”, nell’originale), con cui il gioco condivide la compresenza di due protagonisti e la volontà di approfondire uno scenario ampio e opprimente, attraverso le singole vicende personali. Tuttavia, chi ha letto il libro non deve certo a-

spettarsi invettive e amare analisi sulle trame della società, dedicate nell’opera alle contraddizione del dopoguerra U.S.A., anche se può ben sperare in un’ambientazione più interessante e sfaccettata rispetto alla media del genere, in cui viene capovolto il punto di vista della fantasy più generica: Orchi e Goblin stanno soccombendo nella guerra contro l’impero degli Uomini, al punto da essere ormai oppressi e schiavizzati dagli stessi esseri umani, che nel frattempo hanno deciso di porre fine definitivamente al conflitto “etnico”, mettendo in atto uno sterminio su vasta scala. Fra poco torneremo su questi aspetti, ma prima spendiamo volentieri qualche parola sui 2 team francesi impegnati su Of Orcs and Men, che abbiamo incontrato a più riprese nei nostri articoli: in una certa misura la confidenza con Cyanide Studio e Spiders mi coinvolge personalmente, dal momento che a suo tempo ho realizzato preview e recensione di Blood Bowl, a opera dei primi, e in un paio di occasioni mi è capitato di intervistare l’altro gruppo, responsabile di interessanti produzioni come il fantascientifico Mars (ancora in sviluppo) e Fairy: Legend


Preview Ci sono tante cose da mettere a posto, in queste terre.

Il Goblin potrà spuntare dalle ombre e uccidere i nemici, in perfetto stile steath. Lo sguardo dell’Orco è rude, ma non certo intelligente. La testa pensante della coppia, di fatto, è il Goblin.

Quanto visto fin qui mette in risalto la forte maturità della trama

of Avalon. Dunque ho potuto verificare da una parte la capacità di gestire in modo appropriato regole similRPG, design e impianto tecnico, per la trasposizione del noto gioco da tavolo di Games Workshop, e dall’altra l’intraprendenza nel ricercare ambientazioni e personaggi piuttosto desueti, nel placido mare delle storie fantastiche per i videogame.

FERMATE GLI UMANI! In realtà, fatta salva la professionalità dei team, rispetto a quanto detto poco sopra i ruoli di sviluppo vanno in un’altra direzione, nel senso che Cyanide si sta occupando della parte inerente storia e gameplay, mentre i ragazzi di Spiders stanno lavorando sull’engine proprietario, per renderlo il più possibile aderente alle esigenze del gioco. Se l’unione fa la forza, però, i protagonisti di Of Orcs and Men hanno la possibilità di cavarsela al meglio: da una parte c’è un orco, possente e esperto di armi contundenti, dall’altra un piccolo goblin abile nelle parole e nell’intrufolarsi

dietro le linee nemiche. Naturalmente, una simile dicotomia porta a pensare a qualcosa di moderatamente scontato, nella relazione fra gli eroi e il mondo esterno, al di là della peculiare scelta dei personaggi. Questo è in parte vero per le abilità di combattimento, come vedremo fra poco, mentre sul fronte della storia possiamo confidare in un quadro più sfaccettato: in particolare, quanto visto fin qui di Of Orcs and Men (in sviluppo da meno di un anno, ma già tecnicamente solido) mette in risalto la forte maturità del plot, che entra a fondo nella tematica del genocidio e affida ai protagonisti crude considerazioni sulla loro difficile realtà, al punto da poter scomodare il paragone con il tono e lo stile di un pezzo da novanta come The Witcher (inteso come saga). Le analogie nei confronti dei giochi di CD Projekt Red, poi, continuano con il sistema di combattimento in tempo reale, che permette di rallentare l’azione e scegliere, nel frattempo, abilità e armi da usare in battaglia. Oppure, abbiamo trovaIl sistema di gioco prevede che si possa passare tra i personaggi anche durante i dialoghi, come parte integrante del gameplay.

to somiglianze nella (solo dichiarata, al momento) volontà di inserire snodi narrativi di varia importanza, legati alle abilità dialettiche dei personaggi, anche se non è ancora chiaro l’effettivo peso di tali scelte, magari nel portare la trama verso finali alternativi. L’idea che ci siamo fatti è quella di un action RPG un po’ meno profondo rispetto ai giochi tratti dai romanzi di Sapkowski, che comunque non vuol farsi mancare nulla: classi e statistiche saranno a disposizione del giocatore, così come l’inventario e un albero delle skill particolarmente importante nell’economia del gameplay, visto che i poteri potranno essere riversati nel menù di selezione rapida. Di base, però, gli eroi partono da abilità addirittura “intuitive”, se i due vengono quadrati dalla testa ai piedi, con una specie di furia berserker da una parte, ovviamente a disposizione dell’orco, e una sorta di invisibilità temporanea dall’altra, per permettere fin da subito al goblin azioni di infiltrazione e spionaggio.

DELLE MODALITÀ E DELLA GRAFICA Nonostante la presenza di due personaggi, e la necessità di risolvere le situazioni utilizzandoli entrambi, Of Orcs and Men non contemplerà alcuna modalità cooperativa, per concentrarsi invece sullo storymo-

de in singolo nel modo più profondo possibile. Questo per non distorcere la caratterizzazione delle abilità e la fruizione della storia, in termini di dialoghi e interazione con gli NPC: magari la decisione può apparire “demodè”, ma non si può nemmeno negare che l’inserimento del co-op possa snaturare un impianto di ruolo dalla natura classica, oppure ostacolare il processo di immersione dei singoli giocatori (com’è avvenuto nell’ultimo capitolo di Dungeon Siege, ad esempio, gradevole ma per ragioni che prescindono la struttura di ruolo). Sul fronte dell’impianto visivo, infine, le immagini qui intorno parlano chiaro, così come le animazioni che abbiamo potuto osservare: Of Orcs and Men è un titolo ancora giovane in termini di sviluppo, ma già presenta una notevole padronanza nel controllo delle feature tecniche, con modelli piuttosto definiti e una efficace caratterizzazione di personaggi ed equipaggiamento. In questo caso, inoltre, la classicità della rappresentazione è da salutare positivamente, senza riserve, perché aiuta a mettere in risalto il contrasto narrativo, nella riscossa di progenie altrove bistrattate, con analogie ben in evidenza sul piano scenico. Per sapere come se l’è cavata questa coppia di singolari protagonisti, però, tocca aspettare l’autunno del 2012.

Già allo stato attuale, a circa un anno dalla data di pubblicazione, l’impianto visivo si fa guardare con piacevolezza. Novembre 2011 TGM

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SVILUPPATORE: 1C company - PUBLISHER: 1C company DISTRIBUTORE: FX Interactive - USCITA: Imminente - SITO: www.menofwargame.com/games/vietnam

A CURA DI: Mario Baccigalupi Secondvariety@sprea.it

MEN OF WAR:

VIETNAM Un Vietcong non ha nostalgia di casa: è troppo impegnato a proteggerla.

L

a pregiata serie Men of War si arricchisce di una nuova ambientazione, peraltro sfruttata pochissimo nei videogame strategici: la “Sporca Guerra” del Vietnam (non che le altre siano pulite, eh) ha vissuto momenti di gloria inten-

Commento Il nuovo esponente di MoW, oltre a essere uno dei pochi RTS sulla guerra in Vietnam, cerca di caratterizzarsi ancora di più mettendo in risalto la campagna dell’esercito nord-vietnamita, disponibile fin da subito e fondata sulle gesta di una squadra di russi e Vietcong. Naturalmente, lo stesso numero di missioni si conta anche dall’altra parte, alla guida di un manipolo di americani dei reparti speciali; il gameplay, peraltro, in entrambi i casi sfrutta piuttosto bene la complessa gestione RTS tipica di Men of War, mettendola a disposizione di piccole squadre a zonzo fra giungle e risaie. Le IA ci hanno dato qualche pensiero, non sempre positivo, ma aspettiamo la recensione per il giudizio definitivo.

Il gameplay di MoW si muove bene anche nella giungla. Campagna su entrambi i fronti, con focus sui Vietcong. Qualche sbavatura tecnica.

Giudizio

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si negli sparatutto in soggettiva, e pure qualche sprazzo di gradevolezza negli action in terza persona, ma nell’ambito degli RTS è stata invece snobbata alla grande, con piccole eccezioni che annoverano il modesto Platoon del 2002 (come adattamento del film, però, esiste anche un buon action tattico del 1988) e l’interessante titolo di cui ci apprestiamo a parlare, ormai in dirittura d’arrivo anche in lingua italiana, nella release di FX Interactive. In questo caso, abbiamo a che fare con un vero e proprio spin-off, che va ad aggiungersi alle offerte di una serie capace ormai di coprire tutti i gusti e le tendenze, a patto di essere veri appassionati di strategia in tempo reale: solo qualche mese fa, il prode Nikazzi ha recensito il notevolissimo Men of War: Assault Squad, che ha portato la saga verso le vette più alte in termini di modalità multigiocatore, con un co-op e un comparto competitivo ottimamente bilanciati, così come ha saputo raffinare ulteriormente le opzioni di macro/ micro-gestione delle unità, vero fiore all’occhiello di MoW. Proprio per questo, il nuovo arrivato, in realtà sviluppato parallelamente, soffre un poco nel confronto con il capitolo più recente, davvero difficile da eguagliare, anche se ha dalla sua una caratterizzazione scenica piuttosto originale, come vedremo, e quindi una base solida su cui costruire un appagante storymode per il singo-

Senza fronzoli non necessari, a parte un rapido briefing e un video di contestualizzazione storica, siamo messi nei panni di una squadra dell’esercito nord-vietnamita lo e il comparto cooperativo. Detto questo, dopo alcune sessioni spese sul codice preview, possiamo entrare nel dettaglio nelle caratteristiche di gioco, riportando i nostri soldati nei sentieri di una giungla particolarmente insidiosa, soprattutto se li perdiamo di vista...

NON SIAMO MICA GLI AMERICANI (CIT.) La campagna dalla parte degli U.S.A., condita con personaggi e situazioni assai note nell’immaginario collettivo, non è disponibile fin da

subito. Prima ci sono da completare le 5 lunghe missioni che vedono protagonisti soldati nord-vietnamiti e specialisti (“consulenti”, per così dire) dell’Armata Rossa, con una scelta che sottolinea fieramente, senza troppe remore “politiche”, la provenienza geografica della produzione, sviluppata da uno studio interno di 1C Company: senza fronzoli non necessari, a parte un rapido briefing e un video di contestualizzazione storica, siamo dunque messi nei panni di 4 elementi di una squadra di fuoco, impegnati nel tentativo di ricongiunI ripari sono una componente fondamentale del gioco. Un uomo allo scoperto dura meno di una zanzara al polo nord.


Preview Una squadrone di Huey è un vantaggio troppo importante per gli Yankees. Meglio distruggerlo prima che gli elicotteri decollino.

gersi all’esercito nord vietnamita, dopo essere rimasti tagliati fuori dall’offensiva di americani e milizie del sud. In questo senso, la struttura delle due campagne si assomiglia per alcuni aspetti, ad esempio per il fatto di iniziare con un gruppo ristretto di fanti, ben caratterizzati sul piano scenico, ma si sviluppa in diverso modo nei motivi fondanti dell’azione e negli obiettivi da perseguire. Da una parte, quella degli U.S.A., ci sono le azioni di una squadra addestrata per compiti ad alto rischio, volontariamente asserragliata dietro le linee nemiche, mentre dall’altra l’isolamento dal resto delle forze è una condizione forzata, con annessa necessità di reperire mezzi ed equipaggiamento per tornare a casa. Un viaggio pericoloso, dove il compito di recuperare un veicolo può farsi più complicato via via che si procede, tra avamposti e cecchini, fino a dover retrocedere ancora più in profondità lungo le linee nemiche, alla ricerca di rifornimenti. Ciò non significa che non troverete missioni con rinforzi e uso esteso di veicoli, da una parte e dall’altra; l’identità di MoW:Vietnam, però, si rivolge in modo particolare alle situazioni al limite, spese tra nugoli di avversari e pattugliamenti di elicotteri, in cui viene in aiuto la sfaccettata impostazione strategica della serie, salvandoci la vita a più riprese. È necessario ricordare, infatti, la vera pletora di opzioni a dispoMen of War è una saga molto prestante sotto il profilo tecnico. MoW:Vietnam non fa eccezione, a parte qualche piccola sbavatura.

sizione del giocatore, ereditata dai predecessori e particolarmente utile alla gestione di un piccolo manipolo: in territorio nemico, per di più tra scorci di lussureggiante vegetazione, spicca la possibilità di prendere il controllo di un singolo fante, con i tasti direzionali, magari per eliminare sentinelle con il silenziatore, rubare uno specifico oggetto e poi tornare nella giungla, a ricongiungersi con la squadra. La stessa cosa, in termini di utilità in battaglia, si può dire dell’inventario in stile RPG, che mostra l’equipaggiamento dei nostri soldati e dei caduti in azione, alleati e nemici, per rifornirsi oppure trovare sul campo qualche gingillo alternativo (come i fumogeni, per capirci). L’azione, inoltre, può essere rallentata per impartire ordini con relativa calma, operazione fondamentale a fronte di un gameplay senza sconti: anche al livello di difficoltà normale, il modello dei danni è pseudo realistico, in termini di colpi necessari ad abbattere le unità (anche se i medikit, nello stile di un attempato FPS, non sono

Entrambe le campagne ci vedono al comando di piccoli gruppi di uomini, progressivamente spalleggiati da alleati e veicoli.

In territorio nemico, per di più tra scorci di lussureggiante vegetazione, spicca la possibilità di prendere il controllo di un singolo fante con i tasti direzionali poi così verosimili), mentre i nemici attaccano costantemente in superiorità numerica, pronti a dare l’allarme e annientare qualunque fante non si sia messo in posizione di copertura. Tra le altre cose, i ripari a prova di proiettile (anche i mezzi possono servire allo scopo; attenzione, però, perché dopo qualche raffica saltano in aria) sono in numero minore rispetto a un generico titolo sulla WWII, ed è necessario affidarsi a veloci assalti in campo aperto per poi tornare in mezzo ai cespugli, il più lontano possibile dalle truppe avversarie, in modo coerente alle caratteristiche del conflitto in Indocina. In alcune partite abbiamo trovato qualche indecisione delle IA, che ci ha permesso di uscire dalle situazioni con meno danni del solito, in modo non troppo sportivo; tra i difetti mettiamo anche la gestione della visuale a bordo mappa, che impedisce di sfruttare a fondo i vantaggi tattici derivati dal controllo diretto di un membro della squadra (la schermata si blocca, e comandare il soldato sul filo di un muro

invisibile non è cosa semplice). Tuttavia, non si tratta di difetti così gravi o intensi da inficiare le caratteristiche positive di MoW:V, soprattutto se siete tra i fan di questa complessa serie di RTS.

ALBERI E FUOCO Rispetto alla media di MoW, abbiamo rilevato qualche piccola incertezza anche sul comparto grafico. Niente di grave, sia chiaro, ci troviamo di fronte a una resa visiva notevole per il genere specifico, ma la vegetazione si dimostra ancora una volta un tallone d’Achille per gli strategici in tempo reale: in MoW ce n’è molta, chiaramente, e vederla con un generoso livello di zoom ne fa risaltare la contenuta complessità poligonale; sarebbe bastato un minimo di dissolvenza, per gli elementi vegetali più vicini alla visuale, per migliorare la resa estetica e, perché no, ridurre la difficoltà del gioco in alcune circostanze, quando alberi e arbusti coprono le unità. Per il resto abbiamo texture, modelli ed effetti ai soliti livelli, quindi efficaci e ben definiti, con particolare riferimento alla resa dei fumi volumetrici, ottima oltre che dannatamente utile ai fini del gameplay. Controllando direttamente un fante, mi prodigo a sparare su un cadavere per mostrarvi l’effetto che fa.

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CPU: Dual Core (Quad Core) RAM: 2 GB (4 GB) Scheda Video: nVidia GeForce 8800/ATi Radeon HD 4200 (nVidia GeForce 9800 GTX/ATi Radeon HD 5550) Spazio su HD: 25 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: id Software PUBLISHER: Bethesda Softworks DISTRIBUTORE: Bethesda Softworks MULTIPLAYER: Internet LOCALIZZAZIONE: Completa PREZZO INDICATIVO: € 49.99

www.rage.com

Abbiamo aspettato anni, sopportato delusioni e pressapochismo. Finalmente id Software torna a ciò che sa fare meglio: uno sparatutto (lineare) in prima persona come Dio comanda.

C

oi tempi che corrono, trovare un gioco veramente bello, di quelli che ti diverti come un pazzo dall’inizio alla fine, è veramente un’impresa ardua. Trovarne uno che, a due settimane di distanza dall’ultima volta che hai visto i titoli di coda, ti vien voglia di rigiocarlo tutto, è ancora più raro. Con RAGE è successo. Nonostante le premesse non fossero delle più esaltanti, a partire dall’ambientazione post-atomica ultra-abusata.

“WELCOME TO THE FUTURE” Nel 2029 un asteroide grande quanto Manhattan, chiamato Aphophis (dal Dio egizio del Caos), si abbatte sulla Terra con una potenza pari a 1000 megatoni. Per tentare di scongiurare la fine dell’umanità, qualche anno prima i governi danno il via al progetto “Arca”, un migliaio di installazioni sotterranee contenenti campioni genetici, secoli di conoscenza ma, soprattutto, uomini e donne destina-

Oltre a essere ben legate alla trama, le missioni secondarie servono spesso a sbloccare nuove abilità, perk e altri oggetti utili ti a ricostruire la civiltà una volta che il pianeta sarà tornato abitabile. Il protagonista si risveglia 106 anni dopo il disastro, del tutto impreparato a ciò che lo attende: i suoi compagni sull’Arca sono morti, e il mondo è

precipitato nel caos e nell’anarchia. I sopravvissuti hanno trovato riparo in piccoli insediamenti dove si vive alla giornata; tutt’attorno solo terre desolate, senza legge e senza padrone, popolate da ogni sorta di predoni e

Scordatevi pure la pessima collocazione dei checkpoint, e andate di Quicksave/Quickload senza patemi.

I loro abitanti ne parlano sempre come se fossero enormi, ma le “città” sono in realtà poco più grandi di un condominio.

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Review Campagna principale e una mezza dozzina di missioni secondarie mi hanno portato via quindici ore di tempo. Mica male.

I dardi esplosivi sono delle vere carogne, perché come gli ami da pesca rimangono incastrati nelle carni dei malcapitati che vengono colpiti, e dopo pochi istanti esplodono mutanti. Durante la rocambolesca fuga dall’Arca incontriamo il capoccia del primo insediamento in cui troveremo rifugio, Dan Hagar: sarà lui a spiegarci che i sopravvissuti come noi sono ambitissimi da chiunque riesca a metterci le mani sopra, vivi o morti, così da poterli vendere all’Autorità, una sorta di governo paramilitare intenzionato a prendere il controllo del mondo intero; a fronteggiarlo esiste naturalmente una Resistenza, di cui naturalmente entreremo presto a far parte, e nella quale naturalmente giocheremo un ruolo sempre più determinante. State sbadigliando? Vi capisco: la trama è sicuramente uno degli elementi meno riusciti di RAGE. Non pessima, direi invece godibile, ma trita e ritrita, prevedibile e non particolarmente avvincente.

OGNI VIAGGIO COMINCIA CON IL PRIMO PASSO Le missioni vengono assegnate dagli abitanti delle cittadine delle Wasteland, e prevedono quasi sempre di spostarsi in auto nelle terre desolate, raggiungere un punto sulla mappa e proseguire a piedi per addentrarsi nella zona “calda”. Scontri a fuoco, recupero/distruzione di oggetti, ritorno a casa. Le quest primarie vengono tipicamente Non preoccupatevi, i nemici non sono tutti così grossi! Non sempre, perlomeno!

affibbiate dai boss del posto (sindaco, sceriffo e similari), mentre quelle secondarie arrivano dagli altri NPC, dal semplice passante che chiede aiuto per cercare una pianta medicinale al pony express della zona che ha eternamente bisogno di una mano. Le side quest sono sempre ben connesse alla trama: al termine di una missione primaria in cui dobbiamo attivare un ponte radio, per esempio, incontriamo un po’ di mutanti da far fuori prima di raggiungere l’obiettivo; al nostro ritorno un NPC ci chiederà di lanciare alcuni razzi di segnalazione, perché la presenza di quei mostri non era prevista e occorre avvertire gli altri villaggi. Piccoli dettagli che servono a calarsi maggiormente nella storia. L’altro elemento per cui è importante non trascurare le quest secondarie è che in molti casi servono a sbloccare nuove abilità, perk e altri oggetti utili. È possibile avere più missioni attive contemporaneamente, e scegliere di volta in volta quella che si intende portare a termine. Immagino quel che vi starete chiedendo: fino a questo momento vi ho parlato di un titolo che non sembra aver nulla di eccezionale, eppure la recensione che state leggendo è lunga sei pagine, il voto supera il 90, ed è persino il gioco di copertina di

AH, MA C’È ANCHE IL MULTIPLAYER? Una domanda strana, pensando che il deathmatch l’ha praticamente inventato id Software, e che di multiplayer in RAGE ce n’è davvero pochino. Esiste una modalità cooperativa per due, strutturata in nove missioni extra chiamate “Leggende delle Wasteland”, dove si rivivono eventi narrati da alcuni NPC nel corso del gioco in solitaria. Le mappe sono le stesse, un po’ più piccole, e la cooperazione è molto limitata; più che altro, sono di più i nemici. Il multiplayer competitivo si limita al combat racing su veicoli, con diverse modalità: si va dal classico tutti contro tutti alla corsa ai checkpoint, a squadre o da soli. I combattimenti sono divertenti, grazie al buon modello di guida e al bilanciamento di armi e power-up; niente per cui strapparsi i capelli dall’entusiasmo, ma un diversivo buono per un paio di serate tra amici.

questo mese. E quindi? Quindi occorre ricordare che il vero cuore di uno sparatutto in soggettiva è il combattimento, non la trama o il modo in cui ci vengono assegnate le “cose da fare”, e che i suoi elementi chiave sono le armi, i nemici (e relativa AI) e il design dei livelli.

“COSA VI SERVE?” “ARMI. TANTE ARMI.” L’arsenale a disposizione del protagonista non è di quelli particolarmente sofisticati: pistoletta, shotgun, un paio di mitragliatrici, un lanciarazzi, la balestra e l’immancabile BFG, talmente potente che è una fortuna poterci mettere le mani sopra solo prima dell’ultima missione. Dove RAGE fa la differenza rispetto agli altri FPS è la presenza di diverse tipologie di proiettili, dagli effetti diversi a seconda di come si usano e dei nemici contro cui vengono utilizzati. Non è una novità in assoluto, ma è realizzata in maniera impeccabile. Non mi posso dilungare per intere pagine a parlare solo di questo, anche se di cose da dire ce ne sarebbero davvero tante, per cui mi limito a citare la balestra: l’arma perfetta per le incursioni stealth e le uccisioni silenziose, può disporre di quattro diversi tipi di munizioni. I dardi normali, in acciaio, penetrano la carne dei nemici facendogli parecchio male. I dardi elettrici lanciano scariche di corrente nei corpi, e in molti casi si rivelano fatali al primo colpo; possono

servire a indebolire gli scudi dei soldati dell’Autorità e a mandare in corto circuito pannelli elettrici; ancora, se diversi nemici si trovano con i piedi a mollo in una pozza, possono essere sparati direttamente nell’acqua per fulminarli tutti sul colpo. I dardi esplosivi sono delle vere carogne, perché come gli ami da pesca rimangono incastrati nelle carni dei malcapitati che vengono colpiti, e dopo pochi istanti esplodono. Per finire, i dardi mentali permettono di prendere il controllo del nemico colpito per qualche secondo, prima che esploda in una fontana di sangue e brandelli di carne, dandovi così il tempo di condurlo nelle vicinanze dei suoi compagni. E tutto questo solo per la balestra!

GIOCHIAMO CON LE COSTRUZIONI! Un altro elemento fondamentale nei combattimenti (e non solo) è il crafting: gli oggetti raccolti in giro per i livelli sono gli “ingredienti” con cui realizzare curativi, torrette difensive, fedeli sentinelle “ragno”, macchinine radiocomandate esplosive, proiettili esplosivi, granate di vario tipo, wingstick e spaccaserrature, utili per accedere a stanze contenenti ulteriore bottino. Devo ammettere di non essere mai stato un grande fan del crafting, e di essermi dovuto sforzare un po’, soprattutto all’inizio, per ricordarmi di costruire oggetti di varia utilità. I “gadget” sono molti: a volte irrinunciabili (penso ai curativi, o

Nonostante una storia non memorabile, sarà impossibile non affezionarsi ad alcuni personaggi, come il vecchio Kvasir e i suoi ricordi del mondo passato.

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CARTOLINE DAL y a del realit

ntat e senza sh TV mo non fermarci per untia pu da abbatter in Mutant Ba, no va an te ut m po n su endere utanti ario Caro di ldi da sp mpre! M n credi? sacco di so olento di se show più vi o in fibrillazione e un on affare per tutti, no bu lic n bb U mento. pietà, pu equipaggia munizioni ed

Offerte di lavoro

Lo so, uno in vacanza deve pensare a rilassarsi! Ma che male c’è ad accettare qualche offerta di lavoro ogni tanto? Per arrotondare, e per aiutare qualcuno in difficoltà... Dai, non mi tenere il broncio!

Caro diario, da si annoia prop queste parti la gente rio! Meno mal ci sono gioc hi come ques e che ti in cui si puntano un po ’ dadi e si vede di spicci, si tirano i se i nemici ai angoli del ta quattro bello fuori l’ologram ne riescono a far ma al centro .

di no, specialmente carte non si dice mai A una bella partita a è complicata: ci da cen fac la qui lo, ma se ci sono soldi in bal le mosse... Un no rna alte si di difesa, sono carte di attacco, si gioca ero e com to mi hanno spiega vero casino! Quando i una mano? est dar mi che è non distratto: caro diario,

Caro diario, un’of ferta dai miei am ici baristi: uccid predoni in giro pe ere i r le terre desolat e, così da render strade più sicur e. I loro clienti so e le no aumentati, e hanno pagato un loro mi tot per ogni macc hina distrutta!

itato di o le Wasteland mi è cap Spostandomi attravers riti di prezioso teo me di ta pes tem e imbattermi in qualch uenza. uno dopo l’altro in seq feltrite, da raccogliere si! sas i con ma ckpoint, Come una gara a che 34

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LE WASTELAND

g in r p s ll e W a re a f a Cos o t r o m i e s N O N quando onati proprio essere affezi Nelle Wasteland devono Tranquillo Weekend Un in me Co . ai vecchi film er ha scommesso di sap di Paura, questo tizio o... tem e, ion rag va ave .E suonare meglio di me

i, carissimo! Tra corse Qui non ci si annoia ma cui ci si gioca la in e contro il tempo, sfid oint (anche con i razzi), ckp che a e gar , ina macch piste nelle Wasteland! ho passato ore sulle

Il gioc

hino di Aliens! Diario, ma te la ricordi la scena con Bishop e Hicks? Questo simpatico autoctono mi ha sfidato a fare lo stesso, e per di piĂš puntando dei soldi! Ma ci puoi credere?

Questi texani so no proprio birichini ! In giro abbiamo trovato di tutto : mu di DooM, la bobb g lehead del marine del gioco, foto di Tim Willits quan do ancora aveva i capelli... Nascos ti da qualche parte ci sono anche micr olivelli di Wolfens tein 3D, DooM e del primo Quake!

tante è! Chi non salta un mu sono un sacco di nelle terre desolate ci

Caro diario, sapevi che ndo salti assurdi con da distruggere compie ! droni sospesi in aria, ti mi danno un premio tut co o che se li bec la macchina? Scommett

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IL PARERE DEL TMB

Nelle inquadrature da lontano il Tech 5 fa la sua porca figura, niente da dire.

Che Carmack fosse un genio dei motori grafici non vi era dubbio, ma che fosse in grado anche di attaccarci un buon gioco era decisamente meno scontato. Il sospetto di ritrovarsi di fronte a un altro DooM 3 era molto diffuso fra gli addetti ai lavori e io stesso ho approcciato RAGE con un certo scetticismo. È stato quindi piuttosto sorprendente ritrovarmi davanti a un gioco decisamente ben costruito, tanto bello da vedere quanto da giocare. I ragazzi di id Software sono stati molto bravi a travestire un FPS non proprio innovativo, conferendogli un aspetto da pseudo sandbox game, molto pilotato, ma sicuramente meno banale delle previsioni. Almeno questa volta, i tempi di sviluppo assai dilatati hanno portato a qualcosa di buono... Mirko “TMB” Marangon

Impossibile non notare alcuni tratti caratteristici dei giochi id Software: strutture contaminate di materiale organico, cadaveri con le mosche, disegni satanici sparsi qua e là...

proccio più aggressivo; Cervelloni e Autorità, che conoscono bene le armi da fuoco, si “accorgono” quando il giocatore attiva il mirino e spesso compiono delle finte per rendere più frustrante prendere la mira. Il risultato di tutto questo è la difficoltà di prevedere a priori come andrà uno scontro, perché le tattiche, le mosse, le strategie di ogni fazione e di ogni singolo avversario sono davvero numerose e cambiano in continuazione.

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL LEVEL DESIGN alle granate a impulsi necessarie per aprire alcune porte), in altre occasioni aggiungono ulteriore varietà alle strategie di gioco possibili. I wingstick, per esempio, sono silenziosi boomerang a tre lame: oltre a colpire senza allertare tutti i nemici nel giro di cinque isolati, se ben lanciati mozzano la testa al malcapitato.

UN OTTIMO NEMICO NON sarà MAI UN PESSIMO AMICO Nel corso della partita avremo modo di fare la conoscenza di numerosi clan e fazioni, tutti molto ben caratterizzati, dal look allo stile di combattimento. I mutanti prediligono gli scontri ravvicinati con mazze e pugnali, anche se di quando in quando non disdegnano di lanciarci addosso clave e bastoni; i soldati dell’Autorità combattono come i COG di Gears of War, sempre al riparo dietro qualche copertura o scudo, con armi automatiche o granate, e come tali vanno affrontati; i Cervelloni sono amanti

della tecnologia, quindi delle armi da fuoco, a cui affiancano anche potenti lanciafiamme; gli sciacalli sono bestioni che vivono in villaggi sospesi, si muovono lungo funi e carrucole, usano archi con frecce incendiarie, armi automatiche e tirano cartoni di una violenza inaudita. Poi ci sono i Fantasmi, i Sudari, i Bruciati... Davvero, la varietà non manca. Colpisce fin da subito la quantità di animazioni di ciascun nemico, in grado di reagire diversamente a seconda delle situazioni: c’è chi salta per schivare i colpi, chi si accuccia, chi spara alla cieca sporgendo il braccio da dietro una copertura, chi zoppica se ferito, chi spara gli ultimi colpi prima di tirare le cuoia e cose del genere. Andando avanti nel gioco si capisce che tanta varietà non è solamente estetica: gran parte dei nemici “umani” tende a ripiegare quando comincia a prenderle di santa ragione, mentre i mutanti e i meno civilizzati mantengono un ap-

La sindrome di Halo è scongiurata: quattro le armi a “scelta rapida”, ma dall’inventario è possibile comunque equipaggiarle tutte.

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Sgomberiamo subito il campo da ogni equivoco: le mappe sono lineari, ma più lineari che non si può. Enormi “canaloni” con muri invisibili davanti a ostacoli alti venti centimetri. E non c’è alcuna interazione con gli oggetti, tranne le due o tre porte che possono essere aperte e qualche interruttore sparso qua e là. Scordatevi di prendere a calci sedie, rovesciare monitor, distruggere casse o armadi, mingere nei WC della stazione o sparare alle lampadine per fare buio. RAGE non è questo genere di gioco. Certo stupisce, nel 2011, ritrovarsi dentro mappe fatte di cemento armato ricoperto da texture, ma è così. Tuttavia, la struttura dei livelli è talmente curata che questo aspetto finisce nel dimenticatoio in men che non si dica. La Città Morta, in cui sono ambientate

un paio di missioni principali, alterna in maniera superlativa spiazzi molto ampi dove arrivano nemici da tutte le parti, tra cui un paio di enormi mutanti dotati di mortaio, a spazi angusti in appartamenti stretti, piccoli, poco illuminati, con pavimenti pericolosamente storti e pareti crollate, dove ogni angolo nasconde un’insidia. Altre mappe, e la mente corre agli Sciacalli e ai loro nascondigli, offrono una struttura verticale molto ispirata, che regala situazioni inedite in cui ripensare attentamente – ancora una volta! – le tattiche di combattimento migliori. Ogni livello è ben studiato e concepito, in ogni stanza trova spazio uno scontro, una sorpresa, un’imboscata; ci si può trovare allo scoperto dopo aver ucciso tutti i nemici di una zona, e non fare in tempo a tirare il fiato perché ci si accorge troppo tardi di non aver guardato proprio da quell’unica parte da cui ne arrivano altri. E mentre stai morendo ti rendi conto che non è un caso, ma che il livello è fatto in modo che a te, da quella parte, non venga mai in mente di guardare. Alla linearità delle mappe si aggiungono gli espedienti e i cliché noti e arcinoti da anni, come le porte che si chiudono per poi non riaprirsi più, i mostri che sbucano dal soffitto solo dopo aver raccolto l’oggetto che stavi cercando... La sindrome del mostro dentro l’armadio, che tanto in DooM 3 aveva

Ho massacrato centinaia di mutanti, danzando al ritmo dello strafe circolare e con un ghigno di soddisfazione sul volto Uhm... vediamo un po’... Due mutanti arrabbiati, un fucile carico di pallettoni... Che fare, che fare...


Review “LA VELOCITÀ È UNA QUESTIONE DI SOLDI. PIÙ NE SPENDI, PIÙ VAI FORTE”

Da id Software ci saremmo aspettati un titolo tecnicamente ineccepibile, ma più “freddo” sul fronte del gameplay e del divertimento. È accaduto l’esatto contrario. ammorbato i giocatori, ritorna qui sfruttata come si deve, grazie a un level design che la rende persino divertente.

“UNA STRATEGIA SENZA TATTICHE È IL CAMMINO PIÙ LENTO VERSO LA VITTORIA” Tutti questi elementi si fondono in una riuscita alchimia che dà origine a un gameplay incredibilmente ricco, come id Software non proponeva da tanto, troppo tempo. Strategico, perché occorre pianificare le proprie mosse sulla base delle armi (e relative munizioni) a nostra disposizione; profondo e complesso, perché ci sono tantissimi elementi di cui tenere conto e che interagiscono tra loro in maniera ogni volta diversa. Mi sono trovato ad affrontare una intera missione armato unicamente di balestra, solo per provare a giocare il più possibile stealth, accucciandomi ovunque fosse possibile, esplorando ogni anfratto alla ricerca di una testa da colpire, usando il calcio dell’arma contro quelli che non riuscivo a prendere da lontano, alternando dardi esplosivi a quelli normali, e mi sono divertito come un pazzo. In un’altra occasione, memore dei fasti dei primi due DooM, ho comperato centinaia di pallettoni prima di imbar-

carmi in una missione ambientata in una stazione ferroviaria abbandonata e ho massacrato per quasi un’ora intera centinaia di mutanti a suon di colpi di shotgun in faccia, danzando al ritmo dello strafe circolare e con un costante ghigno di soddisfazione sul volto. In molte occasioni mi sono ritrovato a caricare una stanza o una mappa che avevo appena finito spinto dal solo desiderio di voler affrontare meglio uno scontro, senza sprecare munizioni che magari mi sarebbero servite dopo, o solo per farlo con più classe. Non c’è stato un solo momento, giocando a RAGE, in cui mi sono trovato a pensare “ok, bella questa missione, eh, però speriamo che finisca presto, così andiamo avanti e vediamo quel che succede”. Onestà per onestà, ci sono anche state molte occasioni in cui, forte del fatto che il gioco supporta i quicksave e non costringe ai checkpoint come tendono a fare sempre più spesso gli FPS, ho salvato prima di girare una porta, sono entrato a pistole spianate pensando “magari mi va bene e me la cavo, altrimenti ricarico e gioco meglio”. È un modo di giocare che qualcuno definisce puerile, ma di cui sentivo una grande mancanza. Ed è, comunque la si voglia vedere, un altro modo possibile per affrontare RAGE.

IL LANCIO DI RAGE Non si giudica un libro dalla copertina e non ci si deve far influenzare dalle prime impressioni, ma è indubbio che il lancio di RAGE sia stato drammatico per molti. Forse non uno su due, ma poco di manca... ogni forum è stato letteralmente preso d’assalto da video e screen di gente a cui il gioco non parte, si vede male e cose così. Sono immediatamente fioccati topic con suggerimenti su come sistemare questo e aggiustare quello, su come attivare opzioni grafiche “nascoste” prima dell’ultima patch, hotfix per le schede video ATi (le più colpite), e via discorrendo. Non ne abbiamo parlato in sede di review per il semplice motivo che abbiamo recensito il gioco a Londra, negli studi di Bethesda, dove ci sono stati messi a disposizione diversi PC “chiusi”, sui quali RAGE girava ovviamente alla perfezione, con schede ATi e NVIDIA. Conoscendo il mercato videoludico, per quando leggerete queste pagine id avrà senz’altro rilasciato una patch che vi permette di gustarvi il gioco così come abbiamo fatto noi, meritandosi realmente il voto di questa recensione. Alla software house texana, comunque, il premio EPIC FAIL del mese (dell’anno?) per la figuraccia rimediata, soprattutto perché da Carmack e soci non ce la saremmo mai aspettata.

Giudizio

Le sezioni di guida sono ben fatte, divertenti, e arricchiscono in maniera sostanziale il gioco.

MEGATEXTURE SÌ, MA NON TROPPO L’ultima cosa di cui vi parlo, anche in ordine di importanza, è l’id Tech 5, il nuovo motore grafico di id Software che debutta proprio con RAGE, che vedremo sicuramente in DooM 4 e nei prossimi progetti di Bethesda. La principale novità dell’engine sta nel virtual texturing (evoluzione delle megatexture già viste in Enemy Territory di Splash Damage), ossia la possibilità di applicare enormi “disegni” (da 128mila pixel al quadrato) sui poligoni che costituiscono il mondo di gioco, invece di usarne tanti più piccoli. L’impatto è notevole, sui modelli di auto e personaggi ma soprattutto nei paesaggi all’aperto, la collocazione ideale per questa tecnica: palazzi, vie, ma soprattutto montagne e strade sono davvero belli a vedersi, privi di texture ripetute che smascherano la finzione. Avvicinandosi a qualsiasi oggetto, che si tratti di una parete rocciosa o di un mobile, si nota però che i poligoni non sono poi così tanti, e i particolari risultano poco definiti e molto sgranati. Va comunque riconosciuto al motore di girare a meraviglia anche su PC “normali”. Diciamo che da una software house “impallinata” come id, con un genio della programmazione come Carmack al timone, ci saremmo aspettati un titolo tecnicamente ineccepibile, ma più “freddo” sul fronte

del gameplay e del divertimento. È accaduto l’esatto contrario. Perdonate il francesismo: ma che figata. Claudio “keiser” Todeschini keiser@sprea.it

Commento Con RAGE, id Software non ha inventato niente: ha preso lo stato dell’arte degli shooter moderni, ha rispolverato alcuni suoi paradigmi, e ha fuso tutto quanto in maniera superlativa, bilanciando alla perfezione armi, intelligenza artificiale e level design, dando vita a situazioni di gioco che permettono l’applicazione di una enorme varietà di tattiche e strategie di combattimento. Il risultato è un FPS mai monotono, dal ritmo elevatissimo, robusto, avvincente e, più di tutto, maledettamente divertente dall’inizio alla fine.

Gameplay estremamente profondo Grande varietà di situazioni di gioco Assoluta mancanza di monotonia Storia non particolarmente originale Tecnicamente inferiore alle aspettative

92

VOTO

Nonostante l’abusato genere post-atomico, le ambientazioni delle missioni sono piuttosto varie.

Pur non essendo la più importante, la componente “racing” di RAGE gioca un ruolo piuttosto fondamentale: è a bordo di scassati ATV che ci si sposta in lungo e in largo nelle Wasteland tra una missione e l’altra, e nel corso di questi spostamenti non è infrequente imbattersi in gruppi di predoni a bordo dei loro veicoli, con cui ingaggiare qualche scontro “al volo”. Ancora, all’interno delle città sono presenti personaggi che organizzano gare di diversa natura (tutte piuttosto facilotte, invero), da semplici corse contro il tempo a sfide a suon di razzi montati sui tetti delle macchine; vincendo si conquista reputazione ma soprattutto denaro, fondamentale per fare scorta di armi, ma anche per riparare e potenziare il proprio veicolo (corazza, ordigni offensivi vari, livree et similia). A parte il primissimo e assai “legnoso” modello di buggy, il modello di guida è estremamente arcade ma molto “responsivo”, con il giusto dosaggio di drift e tenuta di strada, sospensioni morbide e buona risposta dei controlli; il combattimento è aiutato da un generoso sistema di mira automatica, ma come nel gioco in single player le munizioni sono sempre una risorsa preziosa, e non vanno sprecate a cuor leggero.

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CPU: Dual Core 2.0 GHz (Quad Core) RAM: 1 GB (2 GB) Scheda Video: ATI Radeon HD 3850/nVidia GeForce 8800 GT (ATI Radeon HD 5750/nVidia GTX260) Spazio su HD: 20 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Relic Enterteinment PUBLISHER: THQ DISTRIBUTORE: Steam/Halifax MULTIPLAYER: Internet LOCALIZZAZIONE: Completa PREZZO INDICATIVO: € 49.99

www.spacemarine.com/it

WARHAMMER 40.000:

SPACE MARINE

Uno sciame di Valkyrie plana sulle distese sbuffanti del Mondo Forgia, pronto a riversare il suo carico di onore e tecnologia militare. Gli Ultramarine sono arrivati.

A

bbiamo dovuto aspettare molto prima che Warhammer 40.000 si fregiasse, in ambito videoludico, di un action degno di questo nome. Al di là della variazione al genere ludico originale, ci sembrava comunque una mancanza notevole, anche solo come tributo a una saga strategica capace di far gemmare, nel corso dei suoi quasi 25 anni di storia, imitazioni destinate a diventare a loro volta celebri, magari proprio in riferimento ai marine dello spazio.

Sappiamo tutti che StarCraft è nato da una costola del gioco di Games Workshop, e non bisogna nemmeno dimenticare che i paragoni tra Gears of War e W40K:Space Marine, per una presunta operazione di clonatura, non possono che riguardare esclusivamente gli aspetti del gameplay (e oltretutto in misura molto ridotta, quasi inesistente, come vedremo), visto che l’estetica e persino l’armamento di Marcus Fenix e compagni sembrano ispirati a Warhammer

Gli scudi autorigeneranti, nel caso di Space Marine, si consumano molto rapidamente, mentre la salute va ricaricata a suon di finishing move.

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Lo sviluppo di un action degno di questo nome era un gesto dovuto, anche solo per omaggiare la lunga storia di w40k 40.000, con una sorta di “Sporca Guerra dello spazio” a sostituire l’aura meta-religiosa dell’Imperium of Men. C’è da dire che, dopo il passo falso dello sparatutto W40K:Fire Warrior, ben 8 anni fa, non ci voleva molto ad accaparrarsi lo scettro di Le sezioni alternative, in una postazione fissa o sul dorso di una nave, sono spettacolari ma piuttosto rare.

miglior action-shooter della serie, ma la scelta di affidare lo sviluppo a Relic Entertainment, responsabile delle ottime trasposizioni RTS, si è rivelata vincente e appropriata: l’aderenza all’universo di riferimento passa dagli elementi più scontati ma arriva fin


Review Potevano gli Orki essere lasciati soli soletti, come unici nemici degli Space Marine? Certo che no!

Gli scenari prevedono anche sezioni nel deserto, intorno alle gigantesche industrie del Mondo Forgia. Per la varietà scenica, però, si poteva fare di meglio.

nel dettaglio, e soprattutto rispetta lo spirito della saga, in primis nel modo di pensare e agire di un appartenente al Capitolo (una compagine di poco superiore ai mille uomini) degli Ultramarine. Ciò non vuole dire che il gioco sia perfetto, e anzi abbiamo dovuto rilevare una certa mancanza di varietà nello storymode, per il gameplay e soprattutto per il design degli scenari, che non ci ha comunque impedito di apprezzare ciò che di buono è stato fatto in questo ambito; un po’ a sorpresa, visto il lungo silenzio sul comparto multigiocatore durante lo sviluppo, a risollevare le sorti di un single player epico ma diligente sono intervenute le modalità competitive online, in cui Relic ha riversato al meglio tutte le conoscenze accumulate lungo gli RTS marchiati W40K (sette in tutto, contando anche le espansioni stand alone). Detto questo, per prima cosa caliamoci nei panni di Titus, capitano degli Ultramarine, che tiene molto al suo onore e potrebbe prendersela a male se non diciamo subito che anche la sua storia, alla fine, vale la pena di essere giocata.

Ogni “unità” ha grossomodo il ruolo che abbiamo visto negli strategici, magari in seconda fila per proteggere gli assalti all’obiettivo pratico dell’azione, volto a impedire la conquista di un enorme Battle Titan: ambientare un gioco di Warhammer in un Mondo Forgia, per di più durante un’invasione di Orki, è senz’altro una scelta rivolta al minor rischio possibile, a maggior ragione se guardiamo al gameplay, che non sfrutta nel single player alcun tipo di potenziamento e si adagia su canoni d’azione addirittura universali. Pure in questo caso deve aver influito l’esempio commercialmente negativo di W40k:FF, con il suo focus su una fazione meno conosciuta (ai pro-

fani del gioco, s’intende) come i Tau, e d’altronde non si può nemmeno affermare che i risultati di W40K:SM siano negativi: anche dai dialoghi, fra Titus e le varie cariche dell’Imperium of Men, appare chiara la volontà di descrivere, nel dettaglio, le motivazioni e la fede dietro alle azioni di uno Space Marine, insieme ad altri elementi narrativi e funzionali di W40K, contenuti nella storia e nello schema di gioco. Tra le fila degli Orki, ad esempio, ogni “unità” ha grossomodo il ruolo che abbiamo visto negli strategici, magari in seconda fila per proteggere gli

assalti (come gli Sciamani), mentre nelle parole di un personaggio centrale, come quello dell’Inquisitore Drogan, troviamo riferimenti a “ricerche” avviate nelle enormi strutture industriali del Mondo Forgia, con un linguaggio ispirato agli RTS. E poi c’è la centralità data al Warp (conosciuto anche come Immaterium: la terminologia del gioco è piuttosto corretta, rispetto alle edizioni italiane del board game), una sorta di energia antimateria annessa a una dimensione alternativa, che rappresenta il vero elemento naturale delle Forze del Caos: il capitano Titus, per qualche ragione, è immune all’ener-

DIFENDETE QUEL TITAN La trama e il soggetto di Warhammer 40.000: Space Marine sono giocati tutti in difesa. E non ci riferiamo solo

Il Warboss degli Orki sa essere valoroso. È un peccato doverlo ammazzare.

Animazioni e design delle armature (classiche, ma con stile) sono quanto di meglio il gioco offre in termini visivi.

Vorreste guidarlo, eh, un bel Battle-Titan... e invece nisba.

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IL PARERE DI NEOSQUALL Nonostante non sia il gioco dell’anno, Warhammer 40.000: Space Marine rappresenta sostanzialmente la realizzazione del sogno nascosto degli hobbisti veterani del gioco da tavolo e del sottoscritto, poco meno di un apprendista nell’arte della pittura di miniature. L’avventura del Capitano Titus è la risposta alle richieste di noi appassionati di poter vivere dal vivo l’azione e i brutali scontri, finora solo immaginati fra dadi, righelli e sagome d’impatto, oppure muovendo armate digitali negli strategici della serie Dawn of War. Ogni fendente di spada a catena, ogni colpo di requiem, ogni cranio d’Orko sfasciato mi hanno fatto pensare “Ne voglio ancora!”, facendomi dimenticare l’intrinseca monotonia di un simile gameplay, che potrebbe annoiare quelli che non si lasceranno prendere dalla storia. Per quanto riguarda il multiplayer, questo soffre di una penuria di modalità di gioco e mappe (e anche di razze, direbbe qualcun altro), ma in compenso include un editor che permette di personalizzare non solo l’aspetto del proprio guerriero, ma anche di sceglierne i colori e l’equipaggiamento. Insomma un tripudio di possibilità che non manca di far felici sia gli hobbisti veterani che i novizi come il sottoscritto. Carlo “NeoSquall” Cicalese

gia distruttiva del Warp, e per questo è sospettato di avere rapporti con la nemesi oscura dell’Imperium. In effetti, anche se l’adesione dell’eroe ai propri valori è totale (come quella di un fanatico religioso, in linea con l’ispirazione tecno-medievale), una regia occulta sembra muovere le azioni degli Space Marine e del Warboss degli Orki, fino a rivelarsi in tutta la sua pericolosità: se volete capire di chi si tratta, basta che pensiate alle fazioni implementate nel multiplayer...

UNO SPACE MARINE PER MILLE ORKI Un motto dell’Imperium suona proprio così, come il titolo qui sopra, e il gameplay di Space Marine fa in modo di ricordarcelo in continuazione. Fino all’incontro con l’esercito del Caos, nelle fasi avanzate, possiamo affettare e disintegrare in continuazione nugoli di nemici, intervallati o supportati da Ork-Warrior e da altre unità speciali (e da alcuni boss, naturalmente), grazie alla proverbiale superiorità di uno Space Marine: per il massacro possiamo scegliere fra varie versioni del fucile Bolter (o Requiem) e fra altre armi estrapolate dal contesto originale, come MeltaGun (a corto raggio, volatilizza con il calore) e diversi gingilli al plasma, da inserire in un massimo di 3 slot; in qualsiasi istante, però, Titus può imbracciare un’arma bianca ed esi-

birsi in mosse devastanti e semplici combo, brandendo modelli altrettanto fedeli alla serie, come Chainsword o Battle-Axe, con limitazioni ad hoc per il devastante Martello del Tuono (se viene raccolto, è possibile usare solo la pistola). E, come dicevamo, i paragoni con Gears of War lasciano davvero il tempo che trovano: se non bastassero le forti contaminazioni con le dinamiche slasher, con spade e affini, Space Marine rifiuta del tutto le logiche degli sparatutto “cover-based”, e anzi obbliga il giocatore a buttarsi sempre nell’arena, costi quel che costi, senza alcuna opzione per agganciarsi automaticamente ai nascondigli. In particolare, l’energia vitale non si ricarica automaticamente, e le finishing move sono l’unico modo per rimetterci in sesto, mozzando e squartando i nemici fino a sfogarsi, finalmente, in alcuni secondi di Furia selvaggia.

Nel multiplayer, l’Heavy Bolter può essere piazzato in posizione fissa, e il suo uso migliorato con i perk, per diventare ancora più devastante.

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Spaccare la testa a un avversario è ancora più appagante se veniamo premiati con una bella armatura nuova.

Al di là delle ottime possibilità di personalizzazione, il multiplayer di Warhammer 40.000: Space Marine è abbastanza veloce e assuefante da attirare gente che ci sa davvero fare, con mouse e tastiera CAOS VS. IMPERIUM OF MEN Per la gestione delle caratteristiche descritte fin qui, a cui aggiungiamo la sporadica presenza di jet-pack e di un’armatura speciale, il single player si attiene a un modello piuttosto rigido, con nuove armi e item di gioco introdotti in punti precisi, senza alcuna possibilità di far progredire l’equipaggiamento in modo autonomo. Una volta provato il comparto multigiocatore, però, si può aver l’impressione di aver giocato a un tutorial “sceneggiato”, tanto è grande la differenza di approccio alle feature: le armi, relative alle classi specifiche di Marine Devastatore, Tattico e Assaltatore (l’ultimo è l’unico dotato di jet-pack), van-

no sbloccate macinando punti e crescendo di livello, mentre l’unico potenziamento presente nello storymode viene affiancato da decine di perk, a disposizione di tipologie di soldato davvero ben bilanciate. Come spesso accade nei giochi fondati su rank e upgrade, però, i neofiti sono vera carne da macello, e in questo caso possono ricevere umiliazioni ancora più pesanti, con spallate, spade in mezzo al cranio e disintegrazioni al plasma: anche per questo, Relic ha inserito un modello di respawn che vorremmo vedere più spesso nelle modalità competitive più spensierate, che consente di copiare al volo la classe dell’avversario, per una sola volta, e così di provare armi


Review MINIATURE OBSESSION Alla buona impostazione del multiplayer di Warhammer 40.000 si affianca la perfetta riproduzione digitale della “febbre da miniatura”, la stessa che ha tolto il sonno a tanti appassionati del boardgame: qui, però, non dobbiamo prendere in mano acrilici e pennelli, bensì dedicarci al gioco online con costanza e dedizione, per sbloccare una gran quantità di variopinte armature, ispirate fedelmente ai Capitoli di Warhammer 40K. Come in un gioco di corse automobilistiche, inoltre, possiamo scegliere separatamente la verniciatura, i singoli pezzi e gli stemmi di battaglia, con una gamma di opportunità talmente vasta da rendere il nostro soldato assolutamente unico, a meno di aver scelto una delle corazze predefinite.

Le armi nuove sono presenti in stazioni ben definite, mentre ricariche e gingilli alternativi sono sparsi per la mappa, in modo molto canonico.

In diversi passaggi, gli sviluppatori sono stati abili nel suggerire lo svolgimento di scontri su scala più vasta.

Warhammer 40.0000: Space Marine è dedicato a tutti gli amanti della saga, in particolare a quelli che non disdegnano quattro salti in mezzo alla battaglia, una volta tanto, nella visuale di un eroe inarrestabile

Siamo tutti molto orgogliosi della nostra armatura personalizzata e lucente, non so se nella foto si nota.

que a rientrare nella proposta ludica del titolo, impegnando l’utente in una vera orgia di “personalizzazione”. Stiamo parlando della possibilità di caratterizzare nel dettaglio le armature, aggiungendo particolari che permettono alle partite online, tra le altre cose, di risultare più belle a vedersi, se confrontate con il single player. In realtà non cambia nulla, naturalmente, nell’uso sapiente ma moderato delle feature grafiche a disposizione del Phoenix, engine basato sul motore di Darksiders, ma la selezione delle ambientazioni (5 mappe, al momento, per modalità equiparabili a Deathmatch e dominio) e, ancor più, il variopinto spettacolo dei fanti spaziali, rendono il quadro persino più piacevole ai sensi. Per il design grafico di lunghe parti dello storymode, infine, ci permettia-

mo un ulteriore distinguo: bene per le arene dei combattimenti principali, alcune delle quali abbastanza vaste da dare l’idea di una vera guerra in svolgimento, mentre non c’è piaciuta molto la rappresentazione generale del Mondo Forgia, fin troppo fedele alla controparte strategica anche nel “taglio” dei modelli poligonali. In particolare, per fare un esempio conclusivo, personalmente ho sempre immaginato un Titan da Battaglia con un aspetto molto più articolato, una volta osservato da vicino, pur senza stravolgere i tratti di una macchina da guerra senza troppi fronzoli. Tuttavia, non c’è ragione alcuna di non consigliare Warhammer 40.0000: Space Marine a tutti gli amanti della saga, in particolare a quelli che non disdegnano quattro salti in mezzo alla

battaglia, una volta tanto, nella visuale di un eroe inarrestabile. A maggior ragione se si considera l’imminenza del DLC gratuito Exterminatus, incentrato sul co-op e sulla sopravvivenza contro orde di nemici, previsto entro il mese di ottobre. Mario Baccigalupi Secondvariety@sprea.it

Commento Pollice alto per Relic Entertainment e la sua prima incursione negli actiongame, in un universo che la SH ha già esplorato nel dettaglio con la serie di RTS. Con qualche distinguo, però: a volte, anche nei videogame, la soddisfazione arriva dalle feature sulle quali avevi riposto meno aspettative, ed è proprio quello che è successo con il multiplayer di Warhammer 40.000: Space Marine, che sovrasta per qualità il comparto a giocatore singolo. In realtà, anche lo storymode non fa mancare robuste soddisfazioni, ma le partite competitive e la personalizzazione presente nelle modalità online offrono senz’altro di più, alimentando decine di ore di sano divertimento. Per lo stesso motivo, il voto qui sotto va interpretato quasi come una media fra le due offerte ludiche di Space Marine.

Tono epico. Multiplayer foriero di grande divertimento. Affettare Orki rilassa i nervi. Ma in single player è un po’ sottotono. Impianto grafico solo discreto.

83

VOTO

e perk avanzati anche alla prima partita. Tanto i giocatori più niubbi non si salvano lo stesso, giusto perché il gameplay è abbastanza veloce e assuefante da attirare gente che ci sa davvero fare, con mouse e tastiera (in questo senso, chi usa il pad ha perso in partenza)... Una nota moderatamente stonata, che non sta comunque impedendo un notevole successo del comparto online in queste prime settimane di vita, va ricercata nella presenza di lag su alcuni server e nella possibilità di servirsi di exploit per accrescere artificialmente (e senza troppo onore) il rank e i potenziamenti. Per il resto, in un approfondimento di queste pagine vi spieghiamo un’altra notevole caratteristica del multigiocatore di Space Marine, che ha una funzione estetica ma riesce comun-

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CPU: Pentium IV 2,4 GHz (Core2 Duo 2,0 GHz) RAM: 1 GB (2 GB) Scheda Video: NVIDIA GeForce 6600/ATi Radeon X1300 (NVIDIA GeForce 7900/ATi Radeon HD 2400) Spazio su HD: 8 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Konami PUBLISHER: Konami DISTRIBUTORE: Halifax MULTIPLAYER: Internet LOCALIZZAZIONE: completa PREZZO INDICATIVO:

€ 39,90

www.konami-pes2012.com

PES 2012

“Datemi il pallone, non parlate, poi correte ad abbracciarmi...” (Il Fantasista – Enrico Ruggeri)

é

un po’ Cirillo e un po’ Baggio (Roberto... non confondiamo il sacro col profano) questo PES 2012, che gli amici più intimi hanno ancora la voglia - o l’ardire - di chiamare con quello che è diventato ormai il suo solo sottotitolo,

ovvero Pro Evolution Soccer. Giusto un anno fa, proprio sulle pagine della rivista che tenete tra le mani, raccontavo di come si percepisse la voglia di modificare radicalmente uno scheletro di gioco che, come un vecchio elefante,

Il piccolo Giovinco prova ad andare di fisico su Montolivo.

stava incamminandosi lentamente verso la cosa ultima della vita. L’edizione 2011 aveva dentro un grido di dolore e di speranza assieme: una tensione a un nuovo corso, tarpata dalla necessità di uscire in tempi ristretti e – probabilmente – anche dal fatto che la nave capitanata da mister Seabass non aveva ancora avvistato terra. Le rivoluzioni si fanno in un giorno, ma è col tempo che la goccia scava anche la roccia più dura. Eccomi quindi qui, a raccontarvi di come una certa parte delle teorie inespresse dello scorso anno sia diventata pratica. Dall’ipotesi si giunge finalmente alla tesi, e il primo a esserne

contento sono proprio io, fan un po’ disilluso di vecchissima data: parola di Giovane Marmotta!

VECCHIO SCARPONE, QUANTO TEMPO È PASSATO... Sì, mancano ancora un certo quantitativo di licenze, tra squadre, giocatori e stadi. E sì, le modalità sono bene o male sempre quelle, impreziosite dalla presenza della Champions League e di una Master League che aggiunge un po’ più di colore alle fasi extra-match. Solite cose, trite e ritrite, ma che no, non fanno il gioco! Non questa volta. PES 2012 gioca le sue carte vincenti proprio sul terreno verde, ed

Una certa parte delle teorie inespresse dello scorso anno sono diventate pratica Le animazioni non saranno lo stato dell’arte, ma fanno il loro sporco mestiere.

Un anticipo di testa in mezzo a due difensori rocciosi della Roma: non sarà gol.

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Review SCENDE LA PIOGGIA, MA CHE FA...

A Bonucci devono aver mostrato come giocava Montero nella Juve, questo è evidente.

Fisica della palla. PES 2012 fa un passo avanti anche in questa direzione, anche se c’è ancora qualche problemino che deve essere risolto. In particolare, non ho particolarmente apprezzato quello che tendo a definire come “effetto pozza”, già presente in PES 2011. Durante l’incedere dei giocatori palla al piede, il modello fisico ha un po’ la tendenza a smorzare la rotolata, come se l’inerzia della sfera sia in qualche modo “stoppata” dalla presenza di una pozza d’acqua sul campo che ne rallenti eccessivamente il movimento. Questo effetto, tuttavia, sparisce quando si scatta in velocità, così come in tutte le altre occasioni. Sebbene si tratti di un difetto mitigato rispetto a PES 2011, un po’ di fastidio durante le partite lo provoca ancora. Konami: prendi nota e correggi, grazie.

Il piede mancino di Ozil è felpato, ma la barriera della nostra Nazionale è troppo alta perché il risultato si ottenga con facilità.

Gestire la squadra con la lavagna tattica è sempre di una comodità disarmante.

è evidente come i ritocchi estetici e di struttura saranno messi in cantiere solo quando ci sarà tempo di pensarci seriamente. Tutto il lavoro è stato svolto a livello di intelligenza artificiale e sistema di controllo, ovvero proprio dove ce n’era bisogno. Il cesello di Seabass si è abbattuto con estrema violenza sul marmo del gameplay: il risultato è un titolo molto diverso dall’edizione

dello scorso anno, e tuttavia estremamente differente anche da quello che offre il suo diretto concorrente, FIFA 12. Cominciamo a parlare di intelligenza artificiale. Scordatevi tutto quello che avete visto in precedenza negli ultimi episodi della serie, perché le routine che si occupano di muovere venti dei ventidue atleti sul campo non sono più il frutto di un

Le routine che si occupano di muovere venti dei ventidue atleti sul campo non sono più frutto di un prodotto preconfezionato Il nuovo sistema di illuminazione è in grado di regalare scorci notevoli.

prodotto preconfezionato, ma sono in grado di interpretare quasi sempre al meglio le diverse situazioni. Ecco quindi che, in caso di difesa a quattro, un terzino si sovrappone alle mezzala di competenza, mentre il compagno opposto si ferma a dare manforte alla coppia di centrali; o anche, un raddoppio viene portato solo se non pregiudica la marcatura di qualche altro avversario nei paraggi, anziché essere effettuato a prescindere. Due semplici esempi, che descrivono movimenti innati per chi gioca a pallone ad alti livelli, ma che nella serie di Konami non si sono mai visti, se non come conseguenza di qualche tattica richiamata all’occorrenza dal giocatore. In PES 2012, tutti gli spazi vengono occupati in modo organico dalla CPU, e anzi, sotto il profilo

della fase difensiva, perfino troppo bene. Giocando ad alti livelli di difficoltà (o contro un avversario umano di pari livello) trovare uno sbocco al goal attraverso un’azione manovrata può essere davvero un problema, vista la certosina capacità di chiusura dei corridoi di passaggio di fronte a una difesa schierata. Non è un caso che qualche riga fa io abbia scritto di venti calciatori ben condotti dall’intelligenza artificiale, e ne abbia lasciati fuori due. Ovviamente sto parlando dei portieri, il cui comportamento schizofrenico è da sempre uno dei talloni d’Achille della serie, e che in PES 2012 raggiunge vette inesplorate di ebetismo. Sui cross, ad esempio, gli estremi difensori tendono spesso a restare sulla linea di porta, o a posizionarsi troppo sul primo palo, lasciando all’avversario opposto la comoda conclusione a rete di testa. E che dire, poi, di quando si fanno passare sotto le ascelle anche tiri tutt’altro che irresistibili? O ancora, come non biasimarli quando rinviano di piede un pallone da prendere comodamente con le mani, calciandolo contro un compagno vicino e causando un clamoroso autogoal? La situazione portieri in PES 2012 è tutt’altro che rosea, e anzi, mi spingo a dire che è la peggiore tra quelle viste negli ultimi episodi della serie. Il team di sviluppo, evidentemente conscio del problema, ha annunciato già l’uscita di un patch, che dovrebbe (e sottolineo dovrebbe) se non risolvere la cosa, almeno mitigarla. Tuttavia, al momento in cui scrivo, l’unica pezza pubblicata non sembra aver smosso Novembre 2011 TGM

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FIFA 12 vs PES 2012

Abbiati anticipa in uscita Thiago Silva: uno dei tanti esempi di come l’intelligenza artificiale dei portieri non sia proprio lo stato dell’arte.

Siccome il pretesto per “trollare” non lo si nega a nessuno, eccovi l’occasione giusta per scannarvi in un confronto diretto tra i due titoli di calcio più celebri del pianeta, nonché praticamente gli unici, almeno tra i prodotti “tripla A”. Il “vincente” di ogni categoria può essere visto subito: basta controllare che sia “acceso” il logo!

MOTORE GRAFICO Sebbene quello di FIFA 12 sia più bello a vedersi, il calcio di Konami ha il pregio di non creare mai problemi e di essere estremamente più leggero e performante.

REPLAY L’Impact Engine di mamma EA è fenomenale da spulciare, ma gli scorci regalati da alcuni stadi di PES 2012 (soprattutto nelle partite pomeridiane) sono impareggiabili. Un punto a testa.

I volti dei giocatori sono discretamente realizzati, anche se alcuni atleti non sono più facilmente riconoscibili come un tempo.

ONLINE Partita vinta in partenza da EA, grazie alle numerose modalità disponibili e allo strepitoso EA Football Club, che aggiunge una componente “social” di tutto rispetto.

TELECRONACA Il due Caressa/Bergomi è talmente imbruttito che la telecronaca di FIFA 12 sarebbe migliore anche se ci mettessimo lì io e il ToSo con un imbuto in bocca. Marchegiani e Pardo, invece, fanno il loro.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE Ottima quella dei giocatori di entrambi i titoli, anche se declinata in modo differente. Il premio va a FIFA, a causa della bruttura comportamentale dei portieri di PES 2012.

CONTROLLAMI TUTTO! LICENZE FIFA vince a mani basse sulla quantità, nonostante la Champions League (esclusiva, come l’Europa League, di PES 2012) sia una competizione ricca di fascino.

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Un’altra delle cose ritoccate in modo deciso è il sistema di controllo. Finalmente, dopo tanta banfa, il cal-

MENU SQUADRA Non c’è niente da fare: la snellezza e le possibilità tattiche offerte dalla lavagna tattica di PES 2012 sono anni luce avanti rispetto agli elefantiaci menu di FIFA. EA, su questo, ha ancora da lavorare parecchio.

cio di Konami ha un “vero” controllo a 360°, anche se non efficace e pulito come quello mostrato da FIFA nelle sue ultime due incarnazioni. Passaggi e lanci si fanno in modo naturale, dosando la potenza e direzionando la levetta analogica sinistra (do chiaramente per scontato che giochiate con un joypad) verso il compagno ricevente. Una delle feature più sbandierate del titolo di EA, ovvero il Tactical Defending, è sorprendentemente presente anche in PES 2012. Tuttavia, le dinamiche che lo regolano sono differenti da quelle di FIFA 12, visto che la normale pressione del tasto di contrasto deve essere accompagnata da quella contestuale di un secondo pulsan-

La situazione portieri in PES 2012 è tutt’altro che rosea, e anzi, è la peggiore tra quelle viste negli ultimi episodi della serie Peppo Rossi è proprio un bel giocatorino: beati i tifosi del Villareal!

SISTEMA DI CONTROLLO Tactical Defending e Precision Dribbling segnano i goal decisivi in favore di EA, ma i passi avanti di PES 2012 in questo senso sono stati notevoli.

di una virgola la situazione. Onestamente, non sono molto ottimista per il futuro, visto che il difetto è reiterato nel tempo e non credo possa essere risolto in pochi giorni di lavoro, quando sono anni che si palesa, versione dopo versione. Ciò detto, se al momento in cui leggete queste righe il problema sarà stato effettivamente risolto, io farò ammenda in ginocchio sulla vasca redazionale di ceci e voi potrete anche considerare un mezzo voto in più a quello che trovate in fondo alla pagella.


Review Durante le rimesse laterali è possibile selezionare un compagno ricevente (Cerci, in questo caso) grazie a un semplice tocco sulla levetta analogica destra.

Tutto il pre-partita ha conservato la spettacolarità televisiva della precedente edizione. Ecco il testimonial del gioco, Cristiano Ronaldo, in tutto il suo arrogante splendore.

L’illuminazione è a tratti davvero eccezionale, tanto che è un vero spasso cercare le inquadrature più spettacolari nei replay

RITOCCO, MA NON TOCCO

te, dedicato proprio al tergiversare in copertura, così che il nostro giocatore non intervenga sull’avversario in possesso di palla. Si tratta di un movimento meno naturale e più meccanico rispetto a quello pensato da David Rutter e soci, ma che riesce comunque ad aggiungere una certa profondità tattica alla fase difensiva. Una modifica importante al sistema di controllo riguarda la levetta analogica destra, che viene finalmente promossa di categoria. In PES 2012 la pressione della levetta destra attiva un parziale controllo a distanza di un secondo giocatore, il quale può essere successivamente Iker Casillas osserva Leo messi calciare comodamente a rete. Anche in PES 2012 il campioncino argentino è il fenomeno che tutti conosciamo.

selezionato tra quelli vicini - sfruttando il medesimo stick - e lanciato in profondità. In questo modo, con un buon tempismo nel lancio (e a patto che il pallone sia tra i piedi di un calciatore dotato della giusta tecnica), si possono effettuare cambi gioco e inserimenti spettacolari, oltre che proficui. Anche in questo caso, l’esercizio è il miglior modo per padroneggiare il nuovo sistema, invero un po’ rognoso da apprendere, ma sfizioso da usare in partita, soprattutto in presenza di spazi larghi e durante i contropiedi. Peraltro, lo stesso principio di selezione di un compagno si può utilizzare, in mo-

Come dicevo all’inizio della recensione, tutti gli sforzi di Konami sono stati profusi nel tentativo di dare discontinuità col passato principalmente in relazione a quanto succede sul terreno verde a livello di gameplay. Non c’è da stupirsi, quindi, se dal punto di vista grafico PES 2012 non evidenzia grandi progressi rispetto al suo predecessore. Le animazioni hanno ancora quel non-so-ché di legnoso, anche se la rigidità è parzialmente soffocata dalla nuova coerenza tattica nei movimenti. A ben vedere, l’unico aspetto che mostra delle migliorie significative è il reparto luci: l’illuminazione è a tratti davvero eccezionale, tanto che è un vero spasso cercare le inquadrature più spettacolari nei replay, specie quando si gioca al pomeriggio, con la

luce che filtra tra le strutture metalliche di stadi come, ad esempio, il meraviglioso nuovo impianto torinese della Juventus. La nota positiva sta nel fatto che PES 2012 ha un motore tutto sommato leggero, che starà anche cominciando a mostrare il fianco al tempo che passa, ma che consente di giocare comodamente anche a coloro che non posseggono un PC assemblato dalla NASA. Per questo giro, visti i passi avanti notevoli nel gameplay, si può anche chiudere un occhio ed essere fiduciosi nel futuro. Seabass, ti perdono... a patto che arrivi in fretta ‘sta benedetta patch per i portieri, s’intende. Ivan “Kikko” Conte (kikko@sprea.it)

Commento La storia ci restituisce un protagonista. PES 2012 è confezionato con i crismi dei migliori episodi della serie, abbandonando definitivamente molte delle incertezze del recente passato e portando a maturazione il percorso iniziato un po’ in malo modo lo scorso anno. Purtroppo, la creazione di Konami inciampa ancora su alcune titubanze clamorose, prima fra tutte la sconcertante intelligenza artificiale dei portieri. Tuttavia, la strada intrapresa è finalmente quella buona... ora tocca agli sviluppatori saperla percorrere senza esitazioni.

Ottima la nuova intelligenza artificiale Sistema di controllo elastico Motore grafico leggero Portieri ebeti Ancora legnoso in certe cose

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VOTO

do più intuitivo, durante le rimesse laterali e, più in generale, nelle situazioni di palla ferma.

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CPU: Single Core 2.4 GHz (Dual Core 2 GHz) RAM: Scheda Video: Una qualsiasi con 256 MB di RAM Spazio su HD: 5 GB Connessione: ADSL

1 GB (2 GB)

SVILUPPATORE: Kalypso Media PUBLISHER: Haemimont Games DISTRIBUTORE: FX Interactive MULTIPLAYER: Assente LOCALIZZAZIONE: Completa PREZZO INDICATIVO: € 19,99

www.worldoftropico.com

La repubblica delle banane torna, per la quarta volta, con i suoi campi da coltivare, le sue spiagge da popolare di turisti e i suoi ribelli sempre pronti a impallinare “El Presidente”…

Tropico 4

S

ono da sempre uno dei maggiori appassionati di city builder in circolazione, o perlomeno sono in circolazione da così tanto tempo che dei city builder ho visto tutto. Ricordo i tempi dei primi Sim City, per dire, e più recentemente le varie evoluzioni di tutti i filoni stori-

co mitologici, per non dimenticare i simula-sindaco ambientati nel presente o addirittura nel futuro. Tra tutte queste tipologie c’è solo un titolo che fin dalla sua prima edizione è sfuggito a una catalogazione così precisa. Esatto, sto parlando proprio di Tropico, di cui stiamo per esami-

nare il quarto capitolo. Il motivo di tanta peculiarità? Innanzitutto l’ambientazione caraibica, vera unicità del gioco di Kalypso, poi la sua com-

ponente sociale e politica: essere il presidente di una nazione come Tropico significa avere a che fare con masse di lavoratori scontenti, or-

Come nel precedente episodio, gestione delle risorse e buona riuscita di un’economia fiorente sono le chiavi per soddisfare la popolazione.

la gestione degli editti, in tropico 4, è differente da quanto visto in passato Bentornati sull’isola di Tropico, o meglio sulle isole di Tropico: in questo quarto capitolo ne incontreremo svariate, tutte ricche di spunti di gioco.

CATASTROFI CATASTROFICHE Una delle novità introdotte da Tropico 4 riguarda gli incidenti ambientali. In questa categoria rientrano i più tradizionali tornado, le colate laviche e anche qualche forma di Tsunami e inondazione. Ci sono però delle speciali catastrofi, che vediamo per la prima volta in un gioco del genere: un esempio di queste particolari evenienze sono gli incidenti delle petroliere al largo dell’isola; questi brutti avvenimenti possono bloccare la raccolta di pesce e rendere poco interessante il vostro paradiso per i villeggianti stranieri.

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Review Le nuove isole sono ricche di elementi naturali e di location di varia natura: possono essere sfruttate in molti modi o semplicemente osservate per piacere personale.

UN PRESIDENTE SU MISURA Il nostro alter ego potrà muoversi per l’isola per visitare le costruzioni, incitare i lavoratori, sedare delle proteste e perfino combattere i ribelli armati. Il presidente, vestito di tutto punto come noi vogliamo che sia (da uno pseudo Fidel Castro a un Elvis allucinato, con tutte le sfumature in mezzo del caso), ha anche a disposizione un set di caratteristiche e difetti dovuti al suo passato. Possiamo essere ricchi figli di papà che hanno studiato all’estero (e quindi mantengono buoni rapporti con USA o Russia), oppure un poco più che alfabetizzato leader della popolazione arrivato al potere con una rivolta. La scelta spetta solo e unicamente a noi.

Un vulcano esplode: le catastrofi ambientali sono una delle novità di Tropico 4.

Le missioni offerte dai vari leader in visita all’isola sono un’introduzione decisamente apprezzabile de di religiosi e intellettuali sempre pronte a contestare o supportare felicemente questa o quella politica sulle nascite, questa o quella costruzione di una nuova chiesa e via di questo passo. Senza dimenticare le forze straniere, dalla vicina America alla Russia, a cui da questo giro

si aggiungono i paesi mediorientali e l’Unione Europea. Con tutto questo politichese di mezzo rimane però lo spazio per la costruzione vera e propria: la nostra ridente isoletta sarà meta di turismo? Sarà il primo esportatore al mondo di pesce e tabacco? Si farà rispettare grazie all’aggres-

La gestione degli edifici e dell’occupazione dei vari abitanti è rimasta invariata rispetto a quanto visto in Tropico 3.

sività del suo leader, sempre pronto a soffocare ogni rivolta con l’ausilio di militari, o per la benevolenza e la felicità della popolazione, libera di votare per un nuovo mandato il salvatore della patria? Eh, già: dite quello che volete, ma ogni volta che esce un nuovo Tropico il vostro beneamato Nikazzi tira fuori il cappello di paglia, si accende un sigaro e inizia a intonare “Estranho Amor”, dalla colonna sonora di un paio di isolette addietro…

FACCE NUOVE E MOLTE VECCHIE CONOSCENZE Lasciamo perdere la nostalgia, che con Tropico 4 tutto da raccontare ha ben poco motivo di esistere. Il perché è subito detto: gli appassionati della serie si troveranno tra le mani un titolo molto simile all’ultimo episodio. Per dirla tutta e senza troppi giri di parole Tropico 4 potrebbe tranquillamente essere considerato Le coltivazioni di grano, zucchero, tabacco e tutte le altre produzioni, possono essere piazzate ovunque, anche se per ognuna esiste un terreno migliore, che ne aumenta la produzione.

Questi punti esclamativi di vario colore rappresentano le side quest che ciclicamente ci vengono offerte da vari esponenti del popolo o da contatti diplomatici.

un’espansione stand alone di Tropico 3. Con quest’ultimo, infatti, il nuovo manageriale di Kalypso condivide diversi aspetti, dalla tipologia stessa di edifici e relative funzioni, al meccanismo della popolazione e delle fazioni in cui i vari abitanti si suddividono per decidere se appoggiare o contestare le scelte politiche del presidente. Tutto l’impianto primario, insomma. A fare un po’ di differenza al riguardo sono elementi che i nuovi giocatori non possono notare, tanto bene sono stati integrati nel gameplay originale. In pratica parliamo di catastrofi naturali di varia natura, sempre pronte a farci cambiare in corsa i piani di sviluppo dell’isola, oppure la presenza di quest secondarie offerte da leader di fazioni, leader politici esteri e, anche questa è una novità, ministri del governo. Queste missioni possono sembrare ingombranti, a prima vista: in realtà, dopo qualche ora di gioco, ci si rende facilmente con-

Il ciclo giorno/notte, benché puramente estetico, permette di osservare l’isola con occhi diversi.

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Militari e ribelli: se la nostra gestione del potere ci rende dei despoti, il supporto della milizia sarà fondamentale. I ribelli potrebbero arrivare a palazzo e ucciderci!

QUALCHE EDIFICIO IN PIÙ Nel corso della recensione abbiamo detto come tipologia e funzionalità degli edifici in Tropico 4 siano rimaste invariate. A ben vedere, ci sono alcune nuove costruzioni con cui possiamo dilettarci, anche se la loro introduzione non modifica in alcun modo i meccanismi di gioco noti. Stiamo parlando di un nuovo modulo abitativo, del mausoleo del presidente (i nazionalisti lo adoreranno), del mercato azionario (permette di migliorare le relazioni con i paesi esteri) e del parco acquatico (una struttura per i villeggianti). Costruzioni non fondamentali, certo. Ma ogni nuova aggiunta, specialmente in un titolo di questo tipo, è sempre ben accetta.

Sul versante sonoro, dobbiamo assolutamente sottolineare la presenza di un ottimo parlato

to che la loro presenza è facoltativa. Strana contraddizione, visto il soggetto del gioco... eppure sì, Tropico 4 lascia moltissima libertà al giocatore.

EDITTI EMANI EBRACCIA… Se il parco strutture e la loro funzione sono rimasti praticamente invariati rispetto al passato (troviamo edifici di abitazione di vario genere, palazzi della pubblica amministrazione e per la gestione delle infrastrutture, scuole e ospedali, chiese e luoghi di divertimento,

strutture turistiche, coltivazioni e allevamenti e qualche decorazione), a cambiare, con l’introduzione del governo e dei ministri, è la gestione degli editti. Questi potenti strumenti permettono al presidente di accaparrarsi il sostegno di una particolare fazione, anche a discapito di altre. Un esempio di editto può essere l’assegnazione di una pensione sociale ad anziani e disoccupati, l’istituzione di un giorno di festa o le campagne per l’alfabetizzazione. Ognuna di queste leggi, ora, dovrà essere pri-

ma sbloccata assumendo un ministro per la relativa area di competenza. Avete capito bene: a conti fatti, l’intero sistema ha aggiunto un livello in più di complessità a quanto visto fino a Tropico 3, dove la disponibilità degli editti era legata esclusivamente al possedere un edificio o meno. Le missioni offerte dai vari leader in visita all’isola, invece, sono decisamente un’introduzione più apprezzabile. Nonostante questo genere di missioni si risolva spesso nel costruire qualcosa o nel produrre una certa quantità di esportazioni, il loro impatto in termini di ricompense consente di espandere ulteriormente l’isola e magari mettere da parte un bel gruzzoletto per i tempi bui.

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Sul piano dell’innovazione, diciamolo tranquillamente, Tropico 4 non introduce niente di particolarmente nuovo. Per fortuna, in Kalypso hanno pensato che, pur senza rivoluzionare il gameplay, era comunque il caso di ampliare a dismisura le opportunità di gioco. Tutto questo si traduce in una quantità di scenari davvero soddisfacente. Parliamo di oltre 20 missioni solo nella campagna principale, senza escludere il sandbox game, i due DLC inclusi nella versione italiana e le missioni generate da altri utenti, liberamente scaricabili all’interno del gioco. Virtualmente, Luoghi come lo zoo o i ristoranti hanno un doppio valore: possono servire da svago per la popolazione e attirare turisti annoiati.

Ai caraibi non splende sempre il sole…

Una petroliera si è incagliata vicino alle coste del nostro paradiso tropicale: scegliere se investire soldi per limitare i danni o lasciare le coste all’abbandono spetta solo al presidente.

ISOLA, DOPO ISOLA, DOPO ISOLA…

Il turismo è una risorsa fondamentale, almeno su quelle isole che dispongono di ampie spiagge e che possono reggere le varie costruzioni e relativa manodopera.


Review Lo sfruttamento delle risorse è una scelta del presidente: un’isola messa troppo sotto torchio manderà su tutte le furie gli ecologisti.

QUATTRO TROPICI? MA NON ERANO DUE? La storia di Tropico inizia nel 2001, quando PopTop Software propone il primo titolo della serie. Gli elementi principali erano già tutti presenti: l’ambientazione caraibica, il ruolo del presidente, importante anche sul piano politico, e la gestione della popolazione, persino a livello di nuclei familiari. Il seguito, Tropico 2, compare sugli schermi dei PC di mezzo mondo due anni dopo. Questo è l’unico titolo della serie ambientato in un periodo storico non moderno: ci troviamo nel XVI secolo, a gestire un’isola che vede tra i suoi abitanti pirati e normali cittadini. Oltre alle ovvie differenze dovute allo scenario, Tropico 2 introduce le elezioni per il presidente. Dobbiamo attendere il 2009 affinché veda la luce Tropico 3, il primo episodio della serie nelle mani di Kalypso Media. E nel 2011... beh, ne avete appena letto la recensione del quarto capitolo, no?

Bilanciare la forza lavoro con le necessità dell’isola è importante: ogni abitante svolge un mestiere alla sua portata e potrebbe essere necessario aspettare che un immigrato arrivi, per portare a termine un compito.

a nessuna mente sana verrebbe mai in mente di colonizzare completamente un’isola…

LA MACCHINA? VAVAVUMA! Tecnicamente parlando c’è ben poco da dire per chi è a conoscenza del precedente Tropico. Tutto, o quasi, pare immutato sia in termini di qualità grafica sia per quanto riguarda la pesantezza della simulazione negli stadi più avanzati, quando, per intenderci, sullo schermo si muovono centinaia di popolani e decine di mezzi a motore. Esattamente come in passato, in queste ultime situazioni le macchine più vicine ai requisiti minimi inizieranno a soffrire, obbligando in alcuni casi il giocatore ad abbassare qualche dettaglio o a passare a una risoluzione inferiore. Sono casi limite, però: generalmente u-

Tutto, o quasi, pare immutato sia in termini di qualità grafica sia per quanto riguarda la pesantezza della simulazione negli stadi più avanzati Ogni abitante di Tropico possiede una scheda che ne riassume ruolo, albero genealogico, capacità, desideri e reclami.

na missione può essere completata senza alcuna necessità di arrivare a questi punti estremi. In condizioni di uso normale, il motore grafico rimane in grado di rappresentare in pieno 3D l’isola, i suoi abitanti e le continue modifiche di luci e ombre dovute al ciclo giorno/notte o di avversità climatiche. Insomma, niente di clamorosamente stupendo dal punto di vista estetico, ma più che sufficiente considerato il tipo di gioco. Sul versante sonoro, invece, dobbiamo assolutamente sottolineare la presenza di un ottimo parlato, composto dalle voci di consiglieri, ministri ed esponenti esteri, sempre pronti a fare battute sull’andamento dell’isola o a richiedere qualche favore. Anche la soundtrack, in puro stile caraibico, contiene musiche che tendono a rendere perfetta l’ambientazione, anche se, rispetto al passato, ci siamo resi conto di una ripetitività piuttosto marcata dei vari pezzi. Non è chiaro se è dovuto al fatto che i brani stessi sono più corti o se dipendede tutto dal fatto che il numero complessivo è inferiore ai precedenti titoli. Forse è solo un’impressione, voi prendetela per quello che è. Sul piano della giocabilità, infine, ci troviamo ancora una volta a dire che poco o niente è cambiato rispetto al passato più prossimo. Questo significa che comunque Tropico 4 rimane facilmente accessibile agli esperti della serie senza precludere nulla ai nuovi arrivati: dopo qualche tutorial esplicativo

tutti sono pronti a buttarsi nella vita di un presidente abbronzato e sempre sorridente…. Massimo “NKZ” Nichini (nkz@sprea.it)

Commento Tropico 4 condivide molti aspetti con il suo predecessore, dal motore grafico alla struttura base del gioco, solo in parte innovata ma non stravolta. Il titolo di Kalypso è consigliato a chiunque apprezzi i city builder in generale, vuoi per la sua peculiare miscela di ironia e argomenti seri, vuoi perché le sfide proposte, contando tutti gli scenari a disposizione, sono praticamente infinite. Tecnicamente Tropico 4 si mostra con un aspetto estetico più che soddisfacente per un gioco del genere, corredato da un sonoro all’altezza e da uno schema di gioco abbordabile, anche per i neofiti. Insomma, un titolo di tutto rispetto, che non avrà innovato molto, ma che rimane uno dei migliori esponenti del suo genere.

20 scenari ufficiali Sistema di gioco collaudato Nella versione Italiana ci sono 2 DLC extra Poche innovazioni

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VOTO

quindi, il numero di situazioni e di ambienti in cui ci troviamo a impersonare “El Presidente” è pressoché illimitato. E lo è anche il nostro ruolo: così come nel passato possiamo essere despoti che controllano le masse attraverso i militari oppure dedicarci a ogni bisogno principale della popolazione, eliminare le libere elezioni o cercare di vincerle in maniera più o meno pulita. Tutto questo avendo a disposizione non soltanto scenari quantitativamente vari (ogni mappa può essere incentrata sullo sfruttamento delle risorse naturali, sul turismo, sull’esportazione di beni lavorati, tanto per citare alcune fonti di guadagno) ma anche qualitativamente interessanti: le mappe di Tropico 4 risultano più complesse e dettagliate di quelle viste nel predecessore e anche più grandi, sebbene

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CPU: Dual Core 2.4 GHz (Dual Core 2.6 GHz) RAM: 2 GB (4 GB) Scheda Video: ATI Radeon X1800/Nvidia GeForce 7800 (ATI o Nvidia con 1 GB RAM) Spazio su HD: 12.5 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Codemasters Birmingham PUBLISHER: Codemasters DISTRIBUTORE: Namco Bandai & Partners MULTIPLAYER: Internet, split screen, LAN LOCALIZZAZIONE: Completa PREZZO INDICATIVO: € 49.90

F1 2011 www.formula1-game.com

Con il Campionato del Mondo 2011 in pieno svolgimento, cosa c’è di meglio per rinfrancarsi dai flop della casa di Maranello che cacciare Alonso, mettersi al volante della sua monoposto e provare davvero a lottare per il titolo?

U

scito piuttosto in fretta rispetto ai tempi di sviluppo a cui siamo abituati oggigiorno, F1 2010 è stato definito dalla stessa Codemasters prima una specie di “esperimento”, e successivamente una “sorpresa”, per quanto era ben riuscito. Non perfetto, ma un ottimo punto di partenza per una serie di cui da troppo tempo i fan della Formula 1 sentivano la mancanza. Il nuovo capitolo introduce una serie di importanti novità: è stato completamente rivisto il modello di guida e della fisica, migliorata l’intelligenza artificiale degli avversari, e compiuti notevoli passi avanti sul fronte grafico, con supporto per le DirectX 11, che garantiscono ai PC più potenti uno spettacolo davvero unico. Sono inoltre state introdotte le più importanti e rilevanti novità del regolamento della nuova stagione 2011, ossia il KERS e il DRS, l’ala

posteriore mobile (ne parliamo in un box), che aggiungono un ulteriore livello strategico alle gare, lasciando al pilota il non facile compito di utilizzarle al meglio.

PROVE LIBERE Anche con impostazioni di difficoltà non da folli F1 2011 rimane un titolo comunque piuttosto impegnativo, di quelli che non regalano nulla al giocatore. Io stesso, abituato ormai da troppo tempo agli arcade, ai titoli caciaroni alla Need for Speed, con Grand Prix 2 di Geoff Crammond ormai cristallizzato in un’epoca dimenticata (perfetto protagonista del TGM Classic di questo mese), ho fatto un po’ di fatica, specialmente all’inizio, a familiarizzare con una vettura che concede poco a chi cerca un’esperienza semplice e immediata. Tenere la macchina in pista, evitare danni/testacoda/inciden-

Il gioco spiega alcune delle novità della stagione 2011, come KERS e DRS, tralasciandone però molte altre.

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Il supporto per le DirectX 11 garantisce ai PC più potenti uno spettacolo davvero unico, specialmente nelle gare sotto la pioggia ti, e poi magari fare anche dei tempi decenti richiede un po’ di sforzo. A meno di volersi rendere ridicoli agli occhi del mondo e attivare tutti gli aiuti, si capisce. Le gomme e il carburante, una volta attivati all’interno della simulazione, incidono realmente anche sull’andamento di una gara, o semplicemente di una sessione di prove libere: il loquace ingegnere di macchina ci avverte quando le gomme sono in temperatura, e se riusciamo a tenere un ritmo costante vediamo i tempi scendere in maniera anche sensibile. Altrettanto determinante si rivela la scelta delle gomme da gara: rischia-

re con un treno di super-soft quando tutti gli altri vanno per le morbide può premiare nelle corse sull’asciutto, specialmente se sono abbastanza corte da non richiedere soste ai box, ma basta una leggera pioggerellina improvvisa e la gara può dirsi conclusa.

QUALIFICHE Poi, dopo pochi giri, cominciano a farsi vedere i primi, evidenti miglioramenti. Capisci che non puoi seguire solo la traiettoria disegnata sull’asfalto, che i tempi in Formula 1 si limano imparando i tracciati a memoria, a prendere bene le curve, a sfruttare i cordoli al

Le chiacchierate con i giornalisti post-gara influenzano le reazioni dei boss della squadra e dei piloti, specialmente il proprio compagno di squadra. Qui parlavamo di sua moglie ^____^


Review Montecarlo rimane sempre il circuito più duro, e non solo per l’engine grafico che deve gestire tutto quanto.

KERS E DRS, OVVERO QUANDO I VIDEOGAME DIVENTANO REALTÀ Il Kinetic Energy Recovery System è la versione reale della “nitro” di tutti i giochi di corse della storia, anche se funziona per pochi secondi a giro. Ottimo per le uscite dalle curve lente, regala un breve incremento di potenza; la batteria che lo alimenta si ricarica recuperando l’energia delle frenate. Attivando il Drag Reduction System, invece, il pilota appiattisce un’ala dell’alettone posteriore, riducendo il carico aerodinamico della vettura e guadagnando velocità di punta nei rettilinei. Vietato in caso di pioggia, può essere usato liberamente in qualifica e solo dal terzo giro di gara, a determinate condizioni. Questi due nuovi dispositivi, introdotti per favorire i sorpassi, aggiungono un ulteriore elemento di strategia nelle gare reali (e virtuali), perché sono risorse tanto utili quanto scarse, e vanno quindi usate al meglio e al momento opportuno.

F1 2011 non ti regala niente, ma stimola a migliorarti, a crescere, a cercare il giusto compromesso tra divertimento e sfida momento giusto, a trovare la corretta traiettoria con cui avvicinarsi a un curvone rapido. La parte più difficile è proprio prendere familiarità con la pista, imparare la posizione di ogni curva, la sua angolazione, la velocità ideale per affrontarla. Ci sono tracciati che conosci a memoria per via dei mille giri che hai fatto in altri giochi, o perché in televisione li hai visti così tante volte che potresti percorrerli a occhi chiusi; però ci sono anche quelli nuovi, come l’India o il Nurburgring, freschi freschi di quest’anno, e che ancora non conosci bene: lì è dove devi impegnarti di più, devi fare un ulteriore sforzo. Ma i risultati arrivano presto, i giri veloci cominciano a entrare, inizi a “scendere sotto il muro” del tempo più lento, e capisci che è un bel gioco, uno che ti premia così. Che non ti regala niente ma che ti stimola a migliorarti, a crescere, a cercare il giusto compromesso tra divertimento e sfida. Non ti costringe a impazzire con i settaggi della vettura, limitandosi a farti scegliere tra “bagnato”, “versatile” e “asciutto” con qualche variazione intermedia, ma chi vuole può agire sui singoli parametri della vettura; non ti obbliga a usare un volante, anche se un pad analogico è comunque meglio della tastiera perché permette di

dosare meglio freni, acceleratore e soprattutto lo sterzo; non ti impone di essere un pilota provetto che sa tenere un’auto da Formula 1 in pista senza fatica, ti lascia vincere se vuoi vincere facile, ma al tempo stesso ti invita ad aumentare un po’ la difficoltà, a provare a ridurre qualche aiuto, magari passando dal controllo di trazione totale a quello parziale, attivando qualche danno alla vettura. F1 2011 fa venir voglia di diventare piloti migliori. Non perfetti, ma migliori.

GIRO DI RICOGNIZIONE Nella modalità single player è possibile affrontare un campionato completo, dall’inizio alla fine, con prove libere, qualificazioni e gara; comprendendo il naturale desiderio di chi ha appena comprato il gioco e vuole emulare le prodezze di Alonso o Vettel, esiste la gara veloce dove lanciarsi su uno qualsiasi dei circuiti del mondiale a bordo della propria monoposto preferita. Le impostazioni prevedono corse di tre giri, al 20% dei giri totali, al 50% o complete. Peccato che tra i tre giri e il 20% ci sia a volte un abisso (penso ai 78 giri di Monaco): una via di mezzo, o meglio ancora la possibilità di decidere il numero di tornate complessive, non ci sarebbe stata male.

Bug da fixare #135: chi ha ricoperto con del nastro adesivo scuro i miei specchietti retrovisori? Così sono totalmente inutili! (DX9)

La gestione dei box è lasciata nelle mani del computer. Meno male, altrimenti chissà che danni!

LE MACCHINE SONO PARTITE! Uno dei “muri” più difficili che ci mette davanti il gioco, soprattutto nel primo campionato che si affronta, è rendersi conto che non si è lì per vincere. O meglio, che le condizioni di vittoria sono diverse da quelle dei tradizionali giochi di corse. L’obiettivo è centrato quando si arriva undicesimi, quindicesimi... Del resto, la Formula 1 è fatta anche di questo, della vita delle scuderie minori, con i gregari, i piloti che da lustri corrono nel circus senza aver magari mai vinto un Gran

Premio. Per chi è abituato a sfrecciare davanti a tutti sotto il traguardo, è un cambio di prospettiva più che altro difficile da accettare. In questo, il gioco ci viene comunque incontro, perché se ci si comporta bene gli obiettivi diventano presto più tosti e appaganti. A dimostrazione che, anche in questi piccoli dettagli, l’attenzione di Codemasters è rivolta tutta al divertimento del giocatore. I puristi cercheranno il massimo del coinvolgimento, con visuale dall’interno dell’abitacolo e HUD completamente disattivato, accompagnati

Il gioco è ricco di aiuti anche visivi: la minimappa, che i piloti non hanno, tinge di colore diverso i tratti di circuito nei quali miglioriamo i tempi o li peggioriamo.

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LA SICUREZZA PRIMA DI TUTTO Ottima la gestione della Safety Car, altra importante novità di questo capitolo, disponibile solo con i danni realistici attivati; quando si verifica un incidente che ne imponga la presenza (o meglio, quando lo provocate voi apposta, diciamo la verità), il gioco prende controllo di quasi tutto, intimando di rispettare il “trenino” che si viene a creare; in caso di incidente durante questa fase, la vettura viene riportata automaticamente sul tracciato; ancora, non è possibile avvicinarsi troppo alla monoposto che ci precede perché scatta il freno automatico. Molto credibile anche il comportamento degli avversari, con quelli davanti che “simulano” le ripartenze, rallentando all’ultima curva curva per poi scattare prima del via.

Questo poveraccio non ha avuto nessun incidente, è solo vittima del lag che colpisce il gioco in rete su PC.

Non mi ha per nulla stupito vedere un Michael Schumacher arrivare “lungo” a una staccata e, pur di fregarmi la posizione, azzardare un contatto tra le ruote anteriori solo dal rombo del motore, e con le uniche indicazioni provenienti dalle luci sul volante (finalmente diverso per ogni vettura). Non c’è un achievement ad hoc come per DiRT 3, che premiava con qualche punto chi affrontava una gara da “dentro” la macchina, ma consiglio a tutti, soprattutto quelli abituati agli arcade con telecamera posteriore, di farsi almeno un weekend di gara in questa modalità. Chissà che non cambino idea...

LOTTA SERRATA PER LE PRIME POSIZIONI Gli avversari controllati dal computer si muovono molto bene, niente da dire; gli sviluppatori di Codemasters millantano che i loro comportamenti sono fedeli alle controparti reali, e su questo non possiamo che fidarci, perché non li conosciamo di persona ma solo da come li vediamo in televisione. Come che sia, mi ha fatto piacere che un Webber in uscita dalla corsia dei box abbia fatto strada alla mia sfigatissima Lotus in lotta per la dodicesima posizione in qualifica, da vero gentleman, come invece non ha per nulla stupito vedere un Michael Schumacher arrivare “lungo” a una staccata (Singapore,

anyone?) e, pur di fregarmi la posizione, azzardare un contatto tra le ruote anteriori. Rimane l’impressione che l’intelligenza artificiale non sia perfettamente calibrata su tutti i circuiti: da un gran premio all’altro, il vantaggio o lo svantaggio rispetto agli altri piloti può cambiare di parecchio; troppo, perché l’intero impianto possa essere definito coerente. Già a difficoltà intermedia, comunque, gli avversari danno parecchio filo da torcere. E anche qui, come in molti altri aspetti, F1 2011 rivela la sua duplice anima, sempre presente nei giochi di Codemasters: quella “casual”, che permette più o meno a chiunque (con un minimo di voglia di impegnarsi) di affrontare un campionato con successo, e quella più “seria” dove occorre andare oltre i settaggi predefiniti per avere qualche chance di vittoria. Oltre alle gare che si svolgono durante il campionato, come in F1 2010 c’è la sfida con il proprio compagno di squadra: se a metà della stagione, in funzione di come ci siamo comportati in pista e con la stampa, la scuderia ci nomina “prima guida”, avremo accesso per primi ai potenziamenti e alle novità tecniche della vettura, e arrivare

Le gare sotto la pioggia sono veramente impegnative: a parte il caos iniziale, cambia nettamente anche il modo di guidare. E la pioggia può cadere con intensità diverse!

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addirittura a dare indicazioni ai tecnici sugli elementi da curare maggiormente nello sviluppo della monoposto. Piuttosto inutile, almeno mentre si è in pista, la voce dell’ingegnere di macchina. Oltre a essere poco ispirato il doppiatore, i consigli che elargisce sono più o meno sempre quelli, a volte incita se si va bene, sprona e rimbrotta se si va male, e non sempre a ragione: magari in un “settore” ci siamo trovati davanti una macchina lenta, o del traffico, e ci viene genericamente detto di spingere di più in quel tratto, quando nella realtà l’ingegnere dovrebbe sapere perfettamente il motivo per cui abbiamo perso tempo. L’unico momento in cui davvero la sua si rivela una voce amica (a parte quando si gioca in “full immersion”, senza HUD) è quando ci avverte che le gomme e i freni sono in temperatura: questo aspet-

to, molto più dello scorso anno, risulta cruciale per la realizzazione dei tempi migliori. Soprattutto nelle qualifiche, che diventano due volte una gara contro il tempo, quello segnato dal cronometro e quello a nostra disposizione prima che la mescola si consumi e le prestazioni calino. Non mancano neppure i flashback, tanto irrealistici quanto indispensabili per la salvaguardia del monitor, del mouse e di ogni oggetto a portata di mano quando si commette un errore che manda a monte una gara. Il numero di “riavvolgimenti” del tempo a nostra disposizione varia con il livello di difficoltà scelto, così da rendere più prudente (com’è giusto che sia) chi cerca una sfida più realistica, regalando invece ai meno sfegatati cinque possibilità di porre rimedio ai propri errori. L’unica perplessità riguarda il

Uno dei primi achievement che si sbloccano, quando si va per prati, ci chiede se non sia il caso di giocare a DiRT 3! Gli obiettivi di un campionato cambiano dinamicamente a seconda di come ci piazziamo nelle gare precedenti.


Review

quantitativo di tempo che è possibile riavvolgere, che in molte occasioni si rivela davvero esiguo, molto più di quanto non capitasse in DiRT 3, per capirci. Basta non avere i riflessi pronti per premere il tasto giusto, o cercare di rimediare all’errore prima di rendersi conto che sia troppo tardi, che il flashback si rende inutile.

MULTIPLAYER Molto più che l’anno passato, il gioco in rete ha un ruolo molto importante e offre diverse possibilità per tutti. C’è la gara “Sprint”, tre giri sull’asciutto con simulazione al minimo e griglia casuale, “Pole Position” che attiva la simulazione di usura pneumatici e gommatura dell’asfalto, e dove vince chi fa il giro più veloce; “Resistenza” attiva anche le condizioni meteo variabili e impone una sosta ai box in una gara al 20% di quella reale; Gran Premio invece si compone di sette giri, una o più soste, ed è ovviamente la modalità più impegnativa. Quando si crea una sessione di gara è possibile personalizzare tutti i parametri, dal numero di giri ai danni attivati alla posizione in griglia delle vetture; va da sé che la modalità più

gettonata è quella con tre giri veloci, livree e schieramento casuale, prestazioni identiche per tutti. Per chi ha un amico che condivide la passione per la Formula 1 esiste il nuovo campionato cooperativo, nel quale si affronta in due l’intera stagione. Bella idea, senza dubbio, ma che richiede un impegno e una costanza davvero invidiabili, al punto che vien da chiedersi quanti riusciranno realmente a portarne a termine uno. Le corse online sono molto più “popolose” rispetto allo scorso anno: il gioco supporta infatti ben sedici corridori umani e otto gestiti dall’intelligenza artificiale, rendendo le gare davvero entusiasmanti. Gli obiettivi, come nel campionato in single player, sono calibrati sul grado di reputazione, sulle skill e sull’auto in nostro possesso, e non si limitano al semplice “arriva primo”. Una novità importante, forse più che nel gioco in solitaria, perché allevia la pressione (e la frustrazione) delle competizioni online, e questo porta anche a giocare in maniera meno brutale. Anche se i “troll” che ti speronano alla prima curva continuano a esserci. Apprezzabile il fatto che il gioco penalizza chi commette

Il motore grafico in versione DirectX 9 mostra una certa discontinuità, alternando elementi molto curati ad altri meno definiti, quasi sgranati od opachi.

Le gare più affollate sono un tripudio di monoposto che saltellano qua e là come disperate, che spariscono e compaiono due metri più avanti, poi ritornano indietro incidenti riducendo gli XP guadagnati, arrivando addirittura a squalificare i giocatori troppo scorretti. Rispetto allo scorso anno non occorre più attendere nella lobby che finisca una gara prima di buttarsi nella successiva, ma c’è solo un countdown di trenta secondi prima del via. Peccato che il contatore riparta ogni volta che arriva un nuovo giocatore: se vi va male, come è successo a me in alcune occasioni, potete anche dover aspettare sette/otto minuti prima di iniziare una gara che ne dura al massimo quattro. Piuttosto, non mi ha convinto per nulla il netcode: il frame rate del mio PC è precipitato dai 120 fotogrammi con cui si muove il gioco in single player ai 35/40 di una gara online con una decina di persone, con punte di 20/22, che rendono le corse un vero tormento. Sembra essere un problema legato al numero di giocatori, perché nelle gare in tre o quattro il frame ra-

L’ANGOLO DEL TECNICO – SINGAPORE, 25 SETTEMBRE 2011 Circuito di Marina Bay, Singapore, una delle gare più affascinanti del campionato, in notturna. Il quattordicesimo gran premio è cruciale, perché Vettel potrebbe ipotecare fin da oggi il mondiale. Curiosa la griglia di partenza, con le macchine appaiate a due a due come alle scuole elementari: Red Bull, McLaren, Ferrari, Mercedes e Force India. Allo spegnersi dei semafori Alonso scatta come ultimamente solo lui sa fare, rovinando la festa a Vettel che già vedeva la matematica giocare a suo favore. Nel frattempo, qualcuno spieghi a Webber come si ingrana la prima, che magari la prossima volta parte giusto. Alla prima chicane Rosberg decide di tagliare, prendendo dossi e cunette: i meccanici gli dicono che va tutto bene, ma al quinto giro lo vediamo vagare seminando scintille dal retrotreno come Ghost Rider. Di Vettel non si sente più parlare fino

all’arrivo: dopo nove giri ha già dato dieci secondi a Button, dietro di lui, e fa una gara con il suo ritmo da marziano. Al tredicesimo giro Hamilton gioca agli autoscontri con Massa: il ferrarista si ritrova con la posteriore sinistra distrutta e il simpatico inglese con il musetto danneggiato. Altrettanto simpatico il suo ingegnere di macchina, che per consolarlo dopo l’incidente (è 15esimo) gli dice “dai, che magari arriva la safety car!” Al 25esimo giro inizia la fase più difficile, quella che mette a dura prova non i piloti, ma gli spettatori. L’abbiocco comincia a colpire, duro e implacabile. Anche i commentatori latitano, e cedono volentieri spazio a chi vaneggia di fuffaglia tecnica tipo i consumi, la benzina gettata negli scarichi e deliri del genere. Ci risveglia dal torpore Schumacher, che cerca di fare il brillante e nella foga del sorpasso sperona Petrov prendendo il volo (ed esce la Safety Car, per la gioia di Hamilton). Michael, ci hai fatto sognare per tanti anni, davvero, sei il nostro idolo. Mobbasta, però. Il risveglio dura solo pochi secondi, e si torna a ronfare. Il sonno viene nuovamente interrotto a dieci giri dalla fine, quando Kovalainen rischia di speronare Vettel in uscita dai box, ma nulla più. Ordine d’arrivo: Vettel, Button e Webb--ZZZZ.

te risale e si attesta attorno ai 50 fotogrammi. Anche il lag che affligge le altre vetture non è propriamente il massimo: le gare più affollate sono un tripudio di monoposto che saltellano qua e là come disperate, che spariscono e compaiono due metri più avanti, poi ritornano indietro... Voglio sperare che si tratti di difetti di gioventù da curare con una patch, ma che al momento rendono l’esperienza online meno piacevole di quanto potrebbe essere. Claudio “keiser” Todeschini keiser@sprea.it

Commento F1 2011 non è un gioco per tutti, ma tutti possono giocare a F1 2011, a patto di sapere che anche a livello più facile è richiesto un minimo di impegno e concentrazione. Il che è un bene, intendiamoci: la Formula 1 non è uno sport per signorine, e il gioco di Codemasters ce lo ricorda a ogni curva, a ogni sorpasso. Notevoli i passi avanti nella AI degli avversari, ma ancor di più nella guidabilità della macchina e nella grafica, che in versione DirectX 11 dà parecchie lunghezze a quella console, specialmente nelle gare sotto la pioggia, davvero magnifiche. Peccato per i problemi che affliggono il multiplayer, dove invece le altre piattaforme se la cavano molto meglio.

Modello di guida migliorato Introduzione di KERS e DRS Graficamente superbo Multiplayer da sistemare Tempi di caricamento troppo lunghi

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VOTO

Ehi, ma quello sul maxischermo sono io? Ciaoooo!!! SBAAM! CRAAASH!

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CPU: Dual Core 2.3 GHz (Quad Core) RAM: 2 GB (3 GB) Scheda Video: ATI Radeon HD 2900/nVidia GeForce 7800 GTX (ATi Radeon HD 5750/nVidia GTX260) Spazio su HD: 8 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Tripwire Interactive PUBLISHER: Tripwire Interactive DISTRIBUTORE: Steam MULTIPLAYER: Internet LOCALIZZAZIONE: Assente PREZZO INDICATIVO: € 34.99

www.heroesofstalingrad.com

RED ORCHESTRA 2: HEROES OF STALINGRAD Gentile Tripwire, apprezziamo profondamente il tuo nuovo gioco. Davvero, è uno degli shooter militari più belli degli ultimi anni: adesso, però, continua a lavorarci qualche mese e te ne saremo ancora più grati...

P

roprio così. Gli indipendenti di Tripwire Interactive sono riusciti a concretizzare, nel seguito del loro Red Orchestra, un’esperienza ludica di altissimo livello, una delle migliori simulazioni di scontri della Seconda Guerra Mondiale che ci sia in circolazione. Probabilmente solo la saga di Men of War arriva, sul versante della strategia, a un simile livello di qualità e dedizione al dettaglio: Red Orchestra 2: Heroes of Stalingrad, seguendo le orme del predecessore, propone un mirabile connubio di realismo e attenzione alle feature multigiocatore, proprio come gli ultimi esponenti della saga RTS di 1C

Company, concentrandosi su simili suggestioni storiche ma dedicandole, questa volta, agli appassionati di FPS bellici. Detto questo, prima di passare all’analisi delle caratteristiche di gioco e motivare così il nostro profondo apprezzamento, vogliamo toglierci il pensiero di ciò che in RO2:HoS proprio non va, anche per dare la misura di quanto deve essere piacevole, un videogame, per farsi perdonare una simile sfilza di difetti... Di fatto, la prima release non si allontana troppo dalla closed beta, continuata fino a un paio di settimane dalla pubblicazione: sugli errori,

Ogni arma trasportata determina una certa velocità in corsa e una diversa possibilità di rimanere senza fiato, rallentando i movimenti.

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Nemmeno così, con un notevole numero di problemi tecnici, è possibile ignorare l’enorme quantità di pregi che Red Orchestra 2 offre, e che altri shooter bellici ci hanno rifiutato Tripwire è attiva dal primo giorno, con diversi aggiornamenti atti a risolvere, tra le altre cose, problemi di crash del client e issue relative al sonoro e al respawn dei soldati. Permane ancora, però, il bug più vistoso e quasi ilare, nella sua clamorosa manifestazione: in pratica, nel giro di qualche minuto è possibile accumulare uno spropoI carri armati sono facile preda dei reparti anticarro, quando non vengono coperti adeguatamente dalla fanteria.

sitato numero di punti esperienza, in qualsiasi modalità competitiva online, livellando in continuazione e sbloccando in modo improprio una gran quantità di achievement su Steam. Una sorta di incredibile auto-cheating, insomma, che darà molti grattacapi a Tripwire e Valve, nelle prossime settimane, per riportare tutto alla nor-


Review Ecco, se cogli un bossolo in aria in un gioco privo di rallenty, l’immagine ha automaticamente la dignità di essere pubblicata.

L’animazione del fuoco alla cieca, come tutte quelle in prima persona, è molto convincente. Negli scontri fra carri bisogna trovare una buona angolazione di tiro, il più protetta possibile.

Il single player, senza una vera trama, vale in relazione alla bontà delle intelligenze artificiali e della ricostruzione scenica malità. D’altra parte, al day-one non si è presentata all’appello nemmeno la modalità più attesa, ovvero la campagna multiplayer di Stalingrado, che tanto ci aveva ingolosito nell’anteprima di qualche numero fa (e che sarà materia di un corposo aggiornamento gratuito, nel giro di qualche settimana). E questa è una situazione non proprio “allo stato dell’arte”, naturalmente, impossibile da ignorare anche in sede di valutazione finale; nemmeno così, però, con queste e altre magagne, è possibile ignorare l’enorme quantità di pregi che RO2:HoS offre e che altri shooter bellici ci hanno rifiutato, sull’onda dei gusti dominanti.

BARBAROSSA POINT BREAK La campagna in singolo è stata un modo molto piacevole per allettarci ulteriormente, su quello che ci attende nella modalità co-op di prossima pubblicazione. Di fatto anche il single player è un’aggiunta inedita rispetto a quanto visto in RO:Ostfront 41-45, foriera (al livello di difficoltà Battle Hardened, il penultimo disponibile) di una quindicina di ore di robusti combattimenti, pur nell’ambito di uno storymode meno dettagliato

di quanto siamo abituati a vedere: prima di ogni missione veniamo informati dei fatti storici intorno ai vari campi di battaglia e degli obiettivi su cui il nostro manipolo di uomini dovrà puntare, con video ispirati a immagini documentali e alla propaganda totalitarista delle due fazioni sul campo; a parte questo, ci troviamo di fronte a una decina di mappe a obiettivi, rispettose quasi in toto delle regole alla base degli scontri multiplayer (dunque, con respawn di nemici e alleati a tempo), che valgono in relazione alla bontà delle intelligenze artificiali, su cui torneremo, e sulla bellezza delle ambientazioni, alcune delle quali dettagliate fin quasi alla maniacalità. L’ottica puramente militare da cui vengono guardati gli

La visuale di un tank commander ha diverse opzioni, da dentro o da fuori il tettuccio. Come potete notare, la ricerca del dettaglio è assolutamente straordinaria.

eventi, inoltre, ha permesso a Tripwire di introdurre la fazione giocabile della Germania, senza frugare negli eventi più brutali che hanno accompagnato l’Operazione Barbarossa: in particolare, la campagna degli Alleati (che poi è incarnata dall’esercito russo, senza eccezione) è bloccata fino al completamento delle missioni dalla parte dell’Asse, anche per rispettare l’andamento cronologico dei fatti, dall’avanzata apparentemente inarrestabile dei nazisti, fino alle rive del Volga, alla lunga battaglia di Stalingrado, segnata da un elevatissimo tributo di sangue e già esplorata, in ambito videoludico, dalla rappresentazione di livello cinematografico di Call of Duty. A ogni modo, senza altri dettagli narrativi che non siano le esclamazioni dei soldati

sul campo, siamo scagliati nei panni di un elemento di fanteria, inserito in un gruppo di fuoco tra fucilieri, tiratori scelti, supporto, assaltatori e squadra LMG, con il compito di conquistare o difendere depositi, edifici e assembramenti rurali, magari fino a retrocedere per i diversi piani di un palazzo. Nel corso della prima campagna in singolo veniamo sottoposti a diversi tutorial, che di volta in volta ci spiegano le caratteristiche delle armi, il sistema di ordini dello squad leader, le meccaniche alla guida di un carro armato e, infine, le possibilità concesse al comandante. Già questa serie di possibilità dovrebbe darvi la misura del gameplay di RO2:HoS, leggermente meno complesso di quello del primo episodio ma comunque dettagliato all’inverosimile, nel rievocare le dinamiche di uno scontro tra

Le opzioni tattiche in tempo reale non sono bellissime a vedersi. Sono tuttavia funzionali, specie quando è necessario associare una fire squad a un obiettivo.

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Le mitragliatrici pesanti sono soggette a un progressivo surriscaldamento. In certi casi, dunque, è necessario sostituire il cilindro interno alla canna.

I tiri dalla distanza devono tenere presente la forza di gravità sul proiettile e il movimento del bersaglio.

In Red Orchestra 2 ogni giocatore deve essere un po’ “camper”, per sopravvivere. Dunque, nessuno lo è! soldati della WWII: il primo elemento che spicca sono le armi, perfettamente ricostruite per tempi di ricarica e balistica, con parabola discendente dei colpi e perforabilità delle superfici in relazione al calibro del proiettile e alla distanza dello sparo; quando si entra in un carro armato, poi, non si può che rimanere a bocca aperta di fronte a una simulazione che, pur non arrivando alla gestione di singole leve e indicatori, riproduce perfettamente le condizioni di potenza e fragilità di questi mostri corazzati (vedi box). Naturalmente, un simile sfoggio di verosimiglianza non poteva non interessare la salute dei militi, soggetti a problemi di affaticamento a seconda dell’equipaggiamento trasportato (anche armi nemiche, raccolte dal terreno); soprattutto, i soldati possono usufruire di un paio di bendaggi se colpiti a un arto in modo non grave, mentre non hanno alcuna speranza una volta feriti a un organo vitale, se non quella di spendere gli ultimi attimi di vita nel tentativo di coprire i compagni. La salute delle parti anatomiche è indicata alla pressione di un tasto, insieme alle basilari indicazioni tattiche, e la visuale rimane

molto ariosa in tutti gli altri casi, con una piccola mappa ed, eventualmente, l’indicatore di conquista dell’obiettivo; manca inoltre il mirino al centro dello schermo, compensato da modelli di iron sight davvero convincenti ed evoluti, con la possibilità di alzare o abbassare la tacca di mira a seconda della distanza dal nemico. Non ci ha troppo convinto il meccanismo di copertura in prima persona, che funziona bene per ripararsi dai proiettili e per il fuoco alla cieca, ma espone impietosamente al fuoco nella posizione di mira. Piuttosto prestanti, invece, si sono rivelate le IA: a volte, se c’è un’apertura apparentemente sgombra, i soldati si fanno ammazzare troppo facilmente, gettandosi al suo interno, ma per il resto sfruttano molto bene le opportunità offerte dagli scena-

ri, per saltare dalle finestre, coprirsi a vicenda o trovare il luogo idoneo per piazzare la propria MG42/DP 28 (le mitragliatrici pesanti vanno appoggiate, per poter usare l’iron sight). D’altronde sono loro, le routine d’intelligenza artificiale, a reggere gran parte dell’esperienza single player, con 4 livelli di difficoltà capaci di preparare al meglio alle modalità multiplayer competitive, bisognose di prontezza nel servirsi di tutti i comandi, anche i più complessi. Altrimenti, le sessioni online corrono il rischio di essere corte e alquanto umilianti, soprattutto alle prime battute, magari con una manciata di secondi dall’ingresso nella Piazza Rossa (conosciuta anche come Fallen Fighters Square, finale obbligato per la campagna russa) alla morte ingloriosa del proprio fante.

64 SOLDATI PER STALINGRADO Durante gli scontri a singolo giocatore, da una certa missione in poi, è necessario impartire ordini alle IA delle diverse squadre, per attaccare o difendere le location più strategiche, con uno schema di comandi a ventaglio che troviamo, tale e quale, nel ruolo di squad leader delle partite multigiocatore. La stessa cosa si può dire delle feature a disposizione del Commander, diverse e necessariamente meno tecnologiche di quelle adoperate, con maggiore vicinanza agli RTS, da titoli come Battlefield 2 e Natural Selection: sia in singolo sia in multiplayer, sulle mappe sono disposte postazioni radio che devono essere attivate per impartire ordini all’artiglieria, ai mortai o agli aerei di supporto (oppure, unica opzione delle truppe, si possono chiedere rinforzi

Nella modalità Countdown, alla morte del proprio soldato si è disoccupati fino alla fine del turno. Un buon modo per studiarsi le mappe.

Le vittime di granate e colpi di cannone vengono fatte letteralmente a pezzi. Anche l’uso di gib, però, è legato esclusivamente a fattori di realismo.

Secondo me è meglio trovare un’altra uscita. Siete d’accordo?

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Review Bravi, voi che avete il cervello elettronico sperimentate pure il meccanismo di copertura. Io faccio a modo mio, che è meglio.

TANK EXPLOITATION I carri armati di RO2 al momento corrispondono a due modelli, T34 76 e Panzer IV, dettagliati profondamente sotto il profilo visivo e del funzionamento. Sia in singolo sia in multiplayer, per guidare i mezzi vengono forniti equipaggi virtuali di 4 elementi, fra i quali ci si può spostare senza restrizioni, diversamente da quanto è possibile fare con i semplici fanti; nel caso (non troppo remoto) che i compagni artificiali vengano uccisi, possiamo osservare il nostro corpo muoversi fra gli abitacoli rimasti liberi, alle mitragliatrici, al cannone o alla guida, con animazioni e particolari visivi degni della migliore simulazione. Il compromesso in termini di giocabilità è ricercato sul piano scenico in modo intelligente: se ci troviamo impegnati con l’ottica del cannone, ad esempio, sentiremo il soldato impartire ai compagni i comandi direzionali (quelli, insomma, digitati con la tastiera), con un movimento preciso ma leggermente ritardato del veicolo. Le visuali delle singole postazioni sono regolate dalla rotellina del mouse, per le ottiche, eventuali iron sight e per scrutare il campo di battaglia a 360 gradi, fuori dal tettuccio.

Animazioni, uniformi e armamenti sono stati riprodotti con un’altissima aderenza alle movenze e all’estetica dei modelli originali

Anche RO2, come tanti altri colleghi, prevede un sistema di crescita basato su rank, che presenta pochi elementi funzionali ed estetici da sbloccare ma è, in realtà, ben più complesso della media: statistiche numeriche, normalmente associate agli strategici e ai giochi di ruolo, offrono bonus per i respawn e per la conquista più rapida di una posizione, fino al raggiungimento della condizione di “Hero Soldier” (influente sul morale delle truppe, attraverso il parametro “onore”). Il bug descritto in apertura, in questo senso, ha impedito un’approfondita valutazione di queste feature, ma non ha comunque sminuito l’efficacia dell’azione, sotto forma di vere e proprie battaglie campali, nelle modalità di gioco già disponibili e rodate. Territory rappresenta l’opzione classica, immediatamente riconoscibile dai veterani di RD:Ostfront 41-45, e prevede la conquista di postazioni ed edifici dal valore molto meno “astratto”, rispetto all’usuale zona di controllo di un Battlefield a caso. Sempre per marcare le differenze con altri shooter bellici,

I filmati di briefing risultano evocativi e ben fatti, con effigi, documenti e locandine d’epoca.

in Red Orchestra 2 il respawn delle truppe è gestito in modo dinamico, con l’ingresso in campo di un numero di soldati proporzionale agli obiettivi conseguiti e alla bravura dei militi nel rimanere vivi. Non farsi ammazzare troppo rapidamente è fondamentale, per motivi diversi, anche nell’altra modalità online “di peso”, chiamata Countdown (per il resto, c’è un TDM ribattezzato Firefight): in questo caso le due fazioni devono perseguire compiti antitetici, a tempo, e possono essere ripopolate solo al raggiungimento delle mete assegnate. E, nella non troppo remota eventualità di rimanere uccisi dopo un paio di minuti, è bene rimanere alle calcagna di qualche sopravvissuto, studiando gli anfratti delle mappe con l’apposita visuale esplorativa, operazione non trascurabile se si vuole contribuire davvero alla vittoria finale.

I GIBS, QUELLI VERI Anche sotto il profilo tecnico, la bontà del lavoro svolto supera di diverse misure i problemi e le piccole lacune. Animazioni, uniformi e armamenti sono stati riprodotti con aderenza alle movenze e all’estetica dei modelli originali, e lo stesso lavoro documentale gode adesso, rispetto all’ormai attempato primo capitolo, di texture, modelli e sistema di illuminazione in linea con i migliori FPS bellici moderni, oltre che di una campionatura sonora ad alti livelli. Ecco, magari le mappe più grandi presentano zone un po’ meno particolareggiate, e il framerate non è sempre stabile con tutte le opzioni grafiche al massimo (in gran parte per fenomeni di stuttering, antica piaga dell’Unreal Engine 3), ma lo spettacolo rimane sempre a livelli più che buoni, forte di un realismo senza compromessi ricercato anche sotto il profilo visivo. Provate a esplorare le stanze di un edificio, teatro fino a poco prima di fe-

roci combattimenti ravvicinati, dopo uno sconsiderato ordine di bombardamento: troverete busti umani e pezzi di arti nelle aree vicine agli scoppi, cadaveri accatastati poco lontano e soldati vivi ancora per qualche istante, che si trascinano lentamente in un angolo. Insomma, la guerra. Mario Baccigalupi Secondvariety@sprea.it

Commento Se siete dei convinti appassionati di FPS su PC dovete far vostro questo gioco, perché è dedicato a voi. Gli sconti armati messi in piedi da Tripwire sono tra i più realistici che si siano mai visti, nell’ambito degli shooter sulla Seconda Guerra Mondiale, quasi fossimo di fronte a una rilettura “storica” di Operation Flashpoint e ArmA. Ma il paragone non è solo positivo: RO2, insieme ai suoi indiscutibili pregi, si porta dietro le magagne tecniche che spesso accompagnano le complesse simulazioni, come è avvenuto al day-one con qualsiasi gioco targato Bohemia Interactive. Alla data di pubblicazione il codice presenta ancora diverse problematiche, mentre la campagna multiplayer è rimasta una valida promessa, da concretizzare in un aggiornamento post-release. Per questo, possiamo parlare di “capolavoro” in prospettiva, senza concretizzare il concetto nel voto finale.

Grande realismo. Impressionante ricostruzione scenica. Buone IA per il single player. Mappe ben congegnate. Bug come se piovessero, in via di risoluzione. Frustrante per i neofiti.

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VOTO

con respawn aggiuntivi); la meccanica legata al puntamento di cannoni e affini obbliga il comandante-giocatore (uno per parte) ad affacciarsi pericolosamente sul campo di battaglia, per indicare attraverso gli appositi pulsanti il luogo dell’attacco, tornando poi alla radio per l’ordine finale. L’impressione di realismo nell’ambiente online aumenta ulteriormente grazie all’impietosa gestione delle ferite e dei decessi, senza medici di sorta e salute auto-rigenerante. In questo caso, più che mai, è necessaria la precisa gestione del proprio armamento (le classi sono sei, aderenti ai gruppi di fuoco, dal fuciliere al soldato anticarro) e delle opportunità offerte dallo scenario, per arrivare al difficile traguardo di inquadrare il nemico sulla linea di tiro, senza essere presi di mira a nostra volta. Questa pratica non va confusa con il semplice “camperaggio”, perché in RO2 un simile comportamento è da tenere a prescindere, nessun giocatore escluso, se si vuol avere qualche chance di sopravvivenza; il discorso cambia quando l’azione ci porta all’interno di un edificio presidiato, magari in una partita tra 64 giocatori, supportata da corazzati, per venire coinvolti in uno scontro a base di mitragliate alla cieca e baionette sguainate.

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CPU: Single Core 3 GHz (Quad Core 2.66 GHz) RAM: 1 GB (3 GB) Scheda Video: nVidia GeForce 8800 GTS/ATi Radeon 2600 XT (nVidia GeForce GTX 460/ATi Radeon HD 5850) Spazio su HD: 11 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Ubisoft Reflections PUBLISHER: Ubisoft DISTRIBUTORE: Ubisoft MULTIPLAYER: Internet LOCALIZZAZIONE: Completa PREZZO INDICATIVO: € 39,90

http://driver-thegame.ubi.com/driver-san-francisco/it-IT/home/

DRIVER: SAN FRANCISCO Dopo il non proprio brillante Parallel Lines, saranno riusciti i Reflections a riportare Driver ai livelli dei suoi esordi?

N

e è passato di tempo da quando abbiamo giocato al primo, indimenticabile Driver. Del resto, quando si ritorna indietro con la memoria di così tanti anni è facile cadere nella malinconia e nei ricordi di un passato più spensierato e meno disastrato del presente, cosa che vale anche per il mondo dei videogiochi. Quanti capolavori apparsi un decennio e più fa si sono poi rovinati a furia di sequel sempre più improbabili e qualitativamente imbarazzanti? Alcune saghe hanno vissuto periodi nerissimi (fra i tanti, mi sovviene Tomb Raider), e solo con un notevole sforzo d’inventiva e di marketing sono riuscite a risalire la china della mediocrità, in cerca di riscatto. Driver, al suo debutto, nel 1999, sorprese per lo stile davvero unico, la particolare fisicità delle vetture e

soprattutto una giocabilità mai sperimentata prima. Si può dire che sia stato a tutti gli effetti il legittimo antenato di Grand Theft Auto. Nell’esplorazione delle città, in particolare, si possono vedere i semi del futuro capolavoro di Rockstar. Ma per assurdo è stato proprio il voler diventare a tutti i costi come il titolo appena citato il vero problema di Driver: invece di mantenere una sua identità ed espandere quanto di buono c’era nelle meccaniche di gioco, gli sviluppatori si sono incaponiti a inserire armi da fuoco, pessime sezioni a piedi e soprattutto pochi, pochissimi elementi davvero ben amalgamati e funzionali alla trama.

SAN FRANCISCO DAYS Devo ammetterlo, con gli anni il mio innato cinismo è cresciuto esponen-

Per assurdo è stato proprio il voler diventare a tutti i costi come GTA il vero problema di Driver zialmente e, specialmente quando si parla di videogiochi, non di rado mi capita di esprimere giudizi secchi e lapidari. È pacifico, del resto lavoro in mezzo ai “giochini elettronici” da così tanto tempo che difficilmente riesco a entusiasmarmi per una produzione a occhi chiusi, specialmente quando, a furia di sequel mezzi rotti, la fiducia nel brand è andata a farsi benedire da un pezzo. Che poi per me i Reflections sono come dei vecchissimi amici ai quali ho legato ricordi indelebili, dai tempi dell’Amiga con il leggendario Shadow of the Beast, a quelli dalla prima PlayStation con Destruction Derby (e lo stesso Driver). Poi diciamo che ab-

biamo avuto qualche contrasto e non ci siamo parlati per anni. Non avevo quindi una grande fiducia sul possibile esito di questo Driver: San Francisco, anche se le voci di un possibile ritorno alle origini avevano acceso in me un barlume di speranza. Potete quindi intuire quale sorpresa sia stata lo scoprire che sì, questa volta i Reflections hanno fatto centro, lasciandosi definitivamente alle spalle un decennio non esattamente memorabile. Ma andiamo per gradi, anche perché non tutto il lavoro fatto in passato è stato gettato alle ortiche: anzitutto ritroviamo il buon vecchio John Tanner, protagonista della maggior parte

La polizia s’inc... ehm, si arrabbia sul serio in questo gioco e proverà a fermarvi in ogni modo possibile, anche se guidate una splendida Murciélago.

Gli appassionati di “machinima” potranno sbizzarrirsi con la Modalità Regista e creare la scena d’inseguimento dei propri sogni.

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Review L’obiettivo nell’Attività Distruzione consiste nel colpire i bersagli con la vettura, in modo da aumentare il numero di secondi a disposizione.

Dopo qualche capitolo vi sarà concessa una visione quasi globale di San Francisco.

della saga, e soprattutto il suo antagonista, Jericho, un pericolosissimo criminale che eravamo riusciti ad assicurare alla giustizia proprio alla fine di Driv3r. Purtroppo non c’è prigione che possa tenerlo al sicuro e proprio durante un trasporto a bordo di un blindato, riuscirà a evadere: ne seguirà una fuga rocambolesca, al termine della quale il povero Tanner avrà la peggio, travolto da un camion in corsa e ridotto in coma in seguito all’incidente. E qui entra in gioco la trovata geniale degli sceneggiatori: da quel momento in avanti, infatti, vivrete in un una sorta di sogno (e qualche volta incubo) all’interno della mente del poliziotto, che continuerà a combattere Jericho nella sua testa. Questo escamotage ha permesso agli sviluppatori di introdurre una delle meccaniche meglio riuscite di questo titolo, il cosiddetto Shift. In pratica il giocatore può controllare liberamente qualsiasi persona si trovi dietro a un volante: basta infatti premere un tasto per librarsi sopra la mappa di gioco, quasi fosse un’esperienza extracorporea; a quel punto non resta altro da fare se non selezionare una macchina qualsiasi per prenderne il controllo. L’idea è semplicissima, ma estremamente funzionale e riesce a introdurre delle interessanti novità a livello di gameplay, rendendo l’esperienza assai più rapida rispetto al sistema GTA, dove occorre scendere dall’auto prima di prenderne un’altra. Del resto in Driver: San Francisco non ci sono sezioni a piedi: tutta l’azione avviene unicamente a bordo vetture

La Ruf è sufficientemente bassa per infilarsi sotto quel camion e disinnescare la bomba. Routine quotidiana, per il nostro Tanner...

d’ogni genere, e inoltre non si spara neanche un colpo, quindi chi sperava in una rivisitazione in chiave moderna di Chase HQ ci rimarrà maluccio.

A NORD DELLA CITTÀ DEGLI ANGELI Questo capitolo di Driver è fondamentalmente una sorta di Burnout Paradise con una trama dietro, il che non suona affatto male. La struttura è più o meno simile: ci sono infatti tonnellate di missioni principali e secondarie da svolgere, alcune ovviamente legate alla trama, altre accessorie, ma dotate pur sempre di un filo conduttore, e altre ancora completamente slegate, ma utili per accumulare denaro e sbloccare nuove vetture. Se infat-

Missione davvero dura, questa: dobbiamo portare in salvo il blindato trasportandolo con un carroattrezzi, il tutto mentre veniamo speronati da alcuni criminali...

Guidare questi enormi autoarticolati americani non è un’impresa semplice, ma in compenso la loro forza distruttrice è incalcolabile.

Fondamentalmente questo capitolo di Driver è una sorta di Burnout Paradise con una trama dietro ti durante le scorribande con Tanner utilizzeremo quasi sempre la storica (e un filo tamarra) Dodge Challenger R/T, nulla ci vieterà di acquistare nuovi veicoli, da usare nella gare e nelle sfide che mano a mano faranno la loro comparsa sulla mappa di gioco. È interessante notare che, al contrario del titolo firmato Criterion, qui troverete modelli appartenenti a case automobilistiche reali, comprese alcune italiane come FIAT, Lancia e Alfa Romeo (niente Ferrari, tanto per cambiare). Gli esterofili non temano, comunque: non mancano all’appello alcuni fra i più grandi nomi del panorama odierno, fra i quali spiccano Ford,

Crystler, Audi, Jaguar, Lamborghini e anche le Porsche, seppur travestite da Ruf. E se la Murcielago vi sembra un po’ troppo da borghesotti, potrete salire a bordo di alcune supercar da sogno come la McLaren F1 o la Pagani Zonda. Sempre che ve le possiate permettere. Accumulare denaro è fortunatamente un’attività collaterale, dato che ogni azione, anche solo andare contromano o fare una derapata, farà aumentare il vostro conto in banca; lo stesso discorso si applica per ogni gara o sfida portata a termine, ma anche in seguito all’acquisto di nuovi garage, che per giunta generano una rendita costante nel tempo, come direbbe Ennio Doris. Ma perché dannarsi per comprare macchinette nuove quando se ne possono controllare a piacimento? Beh, anzitutto perché riempire il garage di vetture ganassa è sempre molto bello e poi perché in diverse situazioni non vi sarà concesso usa-

Salti come questi non sono rari in Driver e del resto San Francisco è piena di saliscendi. Il problema, però, non è il decollo...

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Anche se non mancano i pedoni sui marciapiedi, non è possibile investirli in alcun modo (altrimenti niente bollino PEGI 12+).

Non mancano sezioni fuoristrada, dove sono le buggy a dettar legge (Lancia Stratos permettendo).

LA MALAVITA ATTACCA... LA POLIZIA RISPONDE! Insomma, potremo stare qua fino a domani a elencare tutte le possibilità offerte da Driver: San Francisco, e questo la dice lunga sul lavoro svolto

No, non è notte e quello non è un fulmine atmosferico. In Driver però succedono cose molto strane, sappiatelo...

Un classico esempio di sequenza video che mixa nello stesso momento scene precalcolate ad altre generate con il motore del gioco.

dai ragazzi di Reflections. Anche la trama non è affatto male, riuscendo con una certa solerzia a miscelare elementi al limite del surreale, con i classici stilemi dei film polizieschi anni ‘70 (pur essendo ambientato ai giorni nostri): certo, ogni tanto gli sceneggiatori si sono fatti prendere la mano, e la storia tende a diventare un filo sincopata, ma il risultato finale è piacevole quanto funzionale allo sviluppo del gioco. Una caratteristica unica di questo Driver è la modalità con la quale viene raccontata l’evolversi della trama: i Reflections infatti hanno adottato una perfetta miscela fatta di sequenze video in CG e parti generate in tempo reale con il motore grafico. Direte voi, “e dove sta la novità?”. La differenza sostanziale è che queste due modalità sono integrate perfettamente nel gioco e utilizzate non di rado contemporaneamente, in modo così fluido e immediato da non crea-

I Reflections hanno adottato una perfetta miscela fatta di sequenze video in CG e parti generate in tempo reale E secondo voi poteva mancare la mitica DeLorean DMC-12? Piccolo consiglio: provate a superare i 141 Km/h...

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re alcuno stacco percepibile. Se non fosse che l’engine gira a 60 frame per secondo e i video a 30, sarebbe una soluzione assolutamente priva di difetti, ma già così è davvero un bel risultato e soprattutto un qualcosa di mai visto prima. Del resto, tecnicamente ci troviamo di fronte a una produzione di buon livello, ancorata, come sottolineato poche righe fa, ai 60 fotogrammi al secondo, ricalcando le prestazioni delle edizioni console. Rispetto a queste ultime i vantaggi più evidenti riguardano la totale assenza di tearing, la risoluzione più alta, un antialias proprietario di qualità superiore e, soprattutto, texture più definite. Il modello di illuminazione di tipo SSAO sembra molto simile a quello adottato su Xbox 360, mentre si riconfermano gli eccellenti tempi di caricamento e la superba gestione della mappa di San Francisco: il fatto che sia possibile spostarsi da un punto all’altro della città praticamente in tempo reale è decisamente notevole. Ovviamente non manca qualche magagna, e bisogna ammettere che in quanto a dettagli GTA gli è superiore: mancano del resto effetti ambientali di qualsiasi genere (troviamo giusto una lieve foschia in qualche missione) e non vi è alcun passaggio fra giorno e notte. In compenso la fluidità è immacolata e la gestione fisica delle vetture, una volta fatta la mano, è in grado di regalare grandi soddisfazioni, benché vi sia sempre una certa tendenza al sovrasterzo, e non solo fra le muscle car americane. Una cosa è certa, non mi divertivo così tanto in un gioco di guida dai tempi di Burnout Paradise, e vi-

sto che i Criterion latitano da un po’, questo Driver: San Francisco è l’unica vera risposta al vuoto lasciato da Paradise City. Mirko “TMB” Marangon tmb@sprea.it

Commento Tanto di cappello ai Reflections per essere riusciti a rimettere in piedi una serie data ormai per spacciata da chiunque. Anche se c’è voluto un bel po’, il risultato finale merita davvero un applauso, e ci sono pochi dubbi sul fatto che questo sia il miglior Driver dai tempi del suo esordio. La quantità e la varietà di missioni e sfide (ce ne sono oltre 200) è tale da catturare qualsiasi appassionato di giochi di guida per almeno una quindicina di ore, estendibili nel caso decidiate di portare a termine ogni gara e/o di cimentarvi nel comparto multiplayer, ricco di competizioni davvero originali. La meccanica dello Shift è ben studiata e permette di evitare i tempi morti di Burnout Paradise, grazie alla possibilità di spostarsi a proprio piacimento sulla mappa di San Francisco. In conclusione, un titolo davvero consigliatissimo, ben presentato e ricco di spunti decisamente piacevoli.

Tonnellate di sfide da portare a termine Trama originale e ben presentata Ottima la trovata dello Shift Molto fluido ma non proprio dettagliato

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VOTO

re lo Shift per vincere (tipo le gare a checkpoint), quindi avere una barca di cavalli sotto il cofano potrà veramente fare la differenza. È interessante notare che le numerose attività collaterali si contraddistinguono per la notevole diversificazione fra di esse: non solo competizioni per il primo e secondo posto, ma anche missioni dove è necessario fermare gli avversari centrandoli contromano, oppure altre dove bisogna sfruttare lo Shift per spostarsi rapidamente da una parte all’altra della città. Per non parlare delle classiche prove che prevedono salti sempre più lunghi, corse in mezzo al traffico e sopra una certa velocità per un tot di secondi, e più in generale circostanze dove le vostre abilità di pilota verranno messe duramente alla prova. Non mancano nemmeno una barra particolare dedicata al turbo e allo speronamento, un’abilità quest’ultima con la quale sarete in grado di “caricarvi” e colpire le vetture avversarie. Questo indicatore, del resto, può essere esteso e potenziato anche lui, acquistando i relativi upgrade nelle sezioni del garage.


CPU: Single Core 2.0 GHz (Single Core 2.0 GHz) RAM: 2 GB (2 GB) Scheda Video: ATi Radeon HD 2600/nVidia GeForce 8600 GTS (ATi Radeon HD 2600/nVidia GeForce 8600 GTS) Spazio su HD: 4 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Octane Games, Meridian4 PUBLISHER: Meridian4 DISTRIBUTORE: Steam MULTIPLAYER: Assente LOCALIZZAZIONE: Assente PREZZO INDICATIVO: € 9.99

www.wastelandangel.com

WASTELAND ANGEL Ok, i disgraziatissimi sopravvissuti sono ancora nelle loro catapecchie, protetti dalle mitragliatrici del nostro bolide. E ora che si fa?

Il fumetto fa il suo onesto lavoro nel tenere insieme stage privi di un vero contenuto narrativo.

sto nucleare sparpagliati nel deserto, per respingere gli assalti di predoni rigorosamente automuniti, peraltro non troppo fantasiosi nell’elaborare le proprie azioni. Una premessa risaputa, naturalmente, che però ci porta in un mondo quanto mai aderente alle ambientazioni di Mad Max, ancora oggi piene di carisma e sfruttate solo superficialmente dai videogame moderni, proprio in riferimento all’uso dei mezzi (RAGE, però, sta per rimediare alla grande). Per quel che mi riguarda, non sarei mai stanco di scorrazzare in un simile contesto alla guida di un veicolo da battaglia: solo, ecco, basta non farmi fare la stessa cosa per l’intera durata del gioco...

IL MIO REGNO PER UNA MACCHINA TRUCCATA Come detto, le prime battute di WA non sono niente male: la nostra macchinina risponde bene ai comandi, ovviamente nell’ottica di un shoot’em up, e le sgommate fra i nemici rilasciano buone dosi di adrenalina, mentre cerchiamo di puntare il muso della macchina – e così le sue mitragliatrici – verso gli avversari che spuntano dai confini della mappa. Lo scopo primario è elementare come tutto il resto del gioco, e coincide con la perenne difesa di comunità asserragliate in mezzo al nulla. Legioni di veicoli arrivano dalle Wasteland per rapire e schiavizzare la popolazione, aspirando gli abitanti

dentro bocche metalliche montate su autocarri e furgoni (l’effetto “risucchio” è ben reso, oltre che volutamente ridanciano): dalla nostra parte abbiamo stazioni per la riparazione del veicolo, da sfruttare tra le varie ondate, insieme all’armamento di base della nostra auto, che durante un match si arricchisce con gli upgrade lasciati a terra dagli avversari uccisi. Sempre sulla scia dei nemici abbattuti troviamo pack di riparazione aggiuntivi e un certo numero di abilità, per sparare mine, bombe radioattive, chiodi e scariche elettriche sulla strada dei cattivoni (sul finale ci sono anche piccoli mech, da una parte e dall’altra) . E questo è quanto, più o meno: al di fuori dello schema appena descritto, che al massimo presenta un maggior numero di insediamenti da difendere, ci sono solo gli scontri con i boss, simili fra loro e basati sulla stazza più che sulla velocità, oltre a livelli bonus in prima persona piuttosto inutili e controproducenti, che finiscono per mettere in mostra l’inadeguatezza tecnica a una visuale ravvicinata: proprio queste missioni evidenziano il tentativo di aggiungere un minimo di varietà sulla base di uno schema di gioco che avrebbe potuto divertire di più, se associato a qualche altro compito (in effetti qualche obiettivo secondario c’è, ma è davvero troppo semplice). Giocando i primi livelli già pregustavo qualche situazione tipica ma sempre gradita, magari alla guida di un enorme camion bardato in territorio nemico, oppure una missione di

scorta a qualche carovana di poveracci. E invece no, solo scaramucce a punteggio e assedi a oltranza, per riempire una manciata di ore del nostro tempo con il minimo sindacale. Mario Baccigalupi Secondvariety@sprea.it

Commento La protagonista di Wasteland Angel riesce a difendere comunità post-atomiche nel deserto, ma nulla può contro un gameplay troppo avaro di contenuti. O, meglio, l’indiegame di Octane Games riesce a divertire alle prime battute, senza però andar oltre uno schema di base che, per quanto divertente, è incapace di alimentare un’intera esperienza ludica, anche nel ridotto contesto di un elementare shoot’em up. La scarsissima varietà di obiettivi è il primo dei problemi, affiancato dalla carenza di scenari e a nemici concettualmente identici tra loro (cambiano l’estetica e la potenza); di contro, il gameplay non è concepito male, e il gioco non è nemmeno orribile a vedersi: è solo piccolo piccolo, così piccolo che se lo perdiamo di vista non si trova più...

Macchine, deserto e apocalisse vanno sempre d’accordo. Di base, l’azione diverte... ... ma è ripetuta in modo ossessivo. Qualche bug di troppo.

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VOTO

I

l sorriso si spegne pian piano, mentre si gioca a Wasteland Angel. Ciò significa, però, che qualche motivo di buona speranza c’è stato, all’inizio dell’esperienza: dopo lo scarso risultato di Apox, altro indy-game ispirato a uno scenario “post-apocalittico motorizzato”, siamo stati felici di ritrovare i medesimi elementi e grossomodo la stessa ambientazione in uno sparatutto arcade, privo delle ambizioni ludiche del titolo di Blue Giant, improntato alla strategia in tempo reale, ma anche maggiormente riuscito nel gestire le caratteristiche di gioco. Senza strafare, però, e anzi ai ragazzi di Octane Games vanno tirate le orecchie per non aver saputo creare maggiore varietà, dilatando a dismisura un gameplay divertente ma parecchio limitato. Anche le semplici premesse narrative, con il taglio di un fumetto underground, avrebbero potuto reggere qualcosa di più corposo, rispetto alla sequela di stage difensivi proposta da Wasteland Angel: la nostra eroina, combattente del medioevo prossimo venturo, si mette a disposizione dei sopravvissuti (beh, non completamente...) all’olocau-

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CPU: Single Core 2.4 GHz (Dual Core 3 GHz) RAM: 1 GB (2 GB) Scheda Video: ATi X1300/nVidia 6600 (nVidia GeForce 7900 GT o ATi equivalente) Spazio su HD: 8.5 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Visual Concepts PUBLISHER: 2K Sports DISTRIBUTORE: CiDiverte MULTIPLAYER: Internet LOCALIZZAZIONE: Sottotitoli PREZZO INDICATIVO: € 29.90

www.2ksports.com/games/nba2k12

NBA 2K12

Lockout NBA o no, Visual Concepts mette i piedi a posto e spara l’ennesima bomba visuale e concettuale che, immancabilmente, fa ciuffo nel canestro. Eh, quando si parla di Grandi Campioni...

S

e non sapete cosa significa fare “ciuffo”, beh, vuol dire che il basket non vi interessa granché, quindi passate pure oltre. Per quanto riguarda il termine anglosassone “lockout” siete invece parzialmente perdonati, e meritate un piccolo e conciso promemoria. Il cosiddetto lockout NBA non è altro che il blocco –ci si augura temporaneo – del campionato americano di pallacanestro dovuto al mancato accordo tra i proprietari delle squadre appartenenti alla National Basketball Association e i rappresentanti dei giocatori sui termini economici del rinnovo del contratto collettivo degli atleti. Senza osare addentrarci in discorsi su chi abbia ragione e chi no, guardiamo alle conseguenze pratiche Il maestro e l’allievo: Bill Russell contro Kevin Garnett. Per tutti gli amanti dei “confronti impossibili”, NBA 2K12 è un sogno che diventa realtà.

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della cosa. E cioè che, nel momento in cui scriviamo, la stagione NBA 2011-2012 è in assoluto stand-by, e che tanti dei suoi più blasonati campioni hanno trovato temporaneamente casa qui da noi, in Europa. Per molti di loro – come i nostri Gallinari a Milano, Bargnani a Siena e, parrebbe, pure lo stesso Kobe Bryant a Bologna – un vero e proprio ritorno alle origini. Questo nella realtà, che dal nostro egoista punto di vista tutto sommato schifo non fa. Nella simulazione di NBA 2K12, però, la mancanza di una lega NBA in carne e ossa a cui fare riferimento, magari attraverso i sempre più popolari aggiornamenti online, un po’ di fastidio oggettivamente lo dà. Non fosse altro che per l’obbligata assenza nel

Fluide ed eleganti come il Magic(o) Johnson (s)corrono le innumerevoli animazioni motion-capture del gioco gioco dei cosiddetti “rookie”, ovvero i giocatori appena usciti dal “draft”, ossia (ehi, ma questa vorrebbe essere una recensione, non una lezione d’inglese... dammit! n.d.r.) i giovanotti al primo anno NBA. Per fortuna – o per premonizione, chissà – gli sviluppatori di Visual Concepts hanno d’altro canto pensato bene di dare seguito all’esperimento dell’anno scorso con Michael Jordan e le sue storiche Sfide, ampliandone il respiro storico. Ecco allora scendere sul parquet di NBA 2K12 quindici “Grandi Cam-

pioni” del passato, vere e proprie leggende NBA che hanno scritto la storia della lega a stelle e strisce, ridefinendone le regole, addirittura ridisegnandone il logo. Jerry West, Wilt Chamberlain, Bill Russell, Oscar Robertson, Magic Johnson, Kareem Abdul-Jabbar, Larry Bird, Julius Erving, Isiah Thomas, Hakeem Olajuwon, Patrick Ewing, Michael Jordan, Scottie Pippen, John Stockton e Karl Malone: bastano questi nomi a far tremare i polsi, figuriamoci i joypad, force feedback o no. Altisonanti nomi che bastano anche

Michael ci fa le linguacce: sarà mica che a ‘sto giro è un po’ scocciato di dover condividere il parquet con altre leggende del passato?


Review

a guidarci nell’analisi di questo nuovo capolavoro sfornato da 2K Games, tanto importante e completa è la loro eredità in termini cestistici. E allora, per una volta, parliamo di loro, invece che dei soliti Kobe e LeBron.

THE GREATEST PLAYERS Jerry West e Wilt Chamberlain, ovvero i grandi Lakers di una volta, la Storia NBA fatta da campioni. Ed è solo uno dei 30 team storici sbloccabili vincendo le rispettive 15 partite, una per ogni leggendario asso. Partite proposte sui nostri display del presente proprio come apparivano sui televisori del passato prossimo (Anni ’80 e ’90: colori sbiaditi, bassa definizione) e di quello remoto (Anni ’60 e ’70: bianco e nero, effetto cinescopio), con le stesse pixellose scritte in sovrimpressione e con gli stessi commenti audio in mono a fa-

MAESTRI LEGGENDARI Oltre all’allenamento classico, NBA 2K12 prevede anche una specialissima modalità Training Camp con degli insegnanti dallo straordinario curriculum. Le lezioni vengono infatti impartite da mentori davvero speciali, veri e propri maestri in specifici gesti tecnici che, con pazienza, vi insegneranno. Lo avrete già capito: parliamo delle stesse leggende cestistiche del passato che danno lustro a questo episodio. Chi meglio di “His Airness” Michael Jordan può insegnarvi il tiro in allontanamento “fade away”? E chi può vantare più esperienza di Hakeem “The Dream” Olajuwon nel creare separazione col difensore sottocanestro? Insomma, anche sul fronte puramente didattico, NBA 2K12 è unico e inimitabile. Proprio come i suoi maestri.

re la cronaca degli stessi gesti tecnici rispettosi degli stessi regolamenti in vigore all’epoca. Insomma, non esattamente la “stessa” solfa proposta a cadenza annuale da meno ambiziose serie sportive, ne converrete. Magic Johnson e Kareem Abdul-Jabbar, ossia i Lakers più recenti, ma egualmente vincenti. Complementare binomio che è la perfetta sintesi del gameplay di questo NBA 2K12: fluidità d’azione, più tecnica individuale. Fluide ed eleganti come il Magic(o) Johnson (s)corrono infatti le innumerevoli animazioni motion capture del gioco, pronte a concatenare inconfondibili gesti tecnici individuali quali l’inarrivabile “gancio-cielo” di Kareem. Abilità del giocatore permettendo, naturalmente. Il che ci porta dritti dritti a John Stockton e Karl Malone, Anzi, a “Stockton to Malone”: per lunghi anni il pick-and-roll più mortifero dell’NBA. Una simbiotica unione di visione di gioco e fisicità, di tattica e muscoli. Un altro binomio esemplificativo delle dinamiche cestistiche proposte da Visual Concepts in questo episodio, capace di coniugare il solito tatticismo (esasperante per molti, seppur completamente configurabile nelle sue varianti regolamentari e d’intelligenza artificiale) a una fisicità tanto più agile quanto consistente, con cui spaccare anche le difese più chiuse. Come? Sia squarciandole con tagli rabbiosi à la Jordan preceduti da finte e contro-finte a stick sinistro e grilletti dorsali armati, sia squassandole dall’interno grazie a un gioco in post più immediato ma non meno completo di quello della scorsa edizione, creando separazione con i difensori come nemmeno il miglior Hakeem Olajuwon. Abilità del giocatore permettendo, nuovamente. Una fisicità che, se unita alle qualità

Bianco e nero, sovrimpressioni d’annata, telecronache di repertorio: un lavoro immane di ricostruzione storica che rende giustizia al glorioso passato NBA.

tecnico-atletiche e di controllo palla di gente come Doctor J (e di giochi come NBA 2K12), può rendere le partite ancora più varie, spettacolari e avvincenti del superbo contorno che le apre, chiude e intercala. Una coreografica cornice fatta di presentazioni mixate e statistiche infinite, palazzetti stipati fedelmente riprodotti e telecronisti preparati rigorosamente anglofoni, belle figliole in attillati costumini e brutte figure in spietati movioloni, in perfetto stile televisivo. Meno televisivamente evidente, invece, è forse il ruolo dell’intelligenza artificiale. Se proprio vogliamo trovare qualcosa ancora passibile di miglioramenti, sul fronte dell’I.A. la serie NBA 2K può fare addirittura meglio di quanto stia già facendo, magari ispirandosi in difesa alla straordinaria reattività di Bill Russell e in attacco all’imprevedibile eclettismo di Oscar Robertson.

MY PLAYER E ASSOCIATION Se invece dell’I.A. non v’interessa poi troppo, sentendovi un Pippen indipendentemente da chi vi si para di fronte, provate un po’ a cimentarvi nella rinnovata modalità Il Mio Giocatore, che con le sue inedite interviste proverà a sondare eventuale riscontri tra la vostra sicumera a parole a le vostre prestazioni sul parquet. Perché anche il “Bad Boy” Isiah Thomas aveva la lingua lunga (e MJ ne sa qualcosa...), ma poi supportava le chiacchiere coi fatti, eh! E Bird? Abbiamo lasciato fuori il mitico Larry Bird?!? Eresia, non sia mai. Approfittiamo quindi per dire che, proprio come le bombe da tre del leggendario Celtic volavano dritte dritte nella retina, così volano leggiadri in Rete i pacchetti di dati della nuova Associazione Online, grazie alla quale andare alla

Se proprio vogliamo trovare qualcosa ancora passibile di miglioramenti, sul fronte dell’I.A. la serie NBA 2K può fare addirittura meglio di quanto stia già facendo

conquista dell’anello di campione NBA insieme ai propri amici contro altri avversari umani. In verità, dobbiamo ancora verificare per benino se, coi server a regime, tali pacchetti voleranno davvero in Rete veloci come i cinguettii di quell’altro Larry (The) Bird, quello di Twitter. D’altra parte questa è l’unica riserva tecnica che, visti i precedenti, ci permettiamo di conservare nei confronti di un gioco che nel corso delle nostre prove ha sempre mantenuto elevati standard grafici a fronte di requisiti tutto sommato modesti. Cosa che rende NBA 2K12 ancora più meritevole d’attenzione da parte vostra. Insomma, “look out for it!” No, non “lockout”... Salvatore “Scud” Scudi scudettato@gmail.com

Commento Unica NBA che rispetta i tempi canonici della stagione, quella simulata da NBA 2K12 compensa l’assenza dei rookie causa lockout con la presenza di quindici leggende del basket americano, contestualizzandola perfettamente nell’alveo di una operazione nostalgia che, per contrasto, esalta gli effetti speciali e i colori ultravivaci della NBA moderna. Quest’ultima è peraltro solidamente presente, con piccoli ma significativi ritocchi alle dinamiche tecnico-atletiche del gioco che lo rendono ancora più fluido, godibile e profondo. In attesa di quella vera, questa è tutta l’NBA che vi serve.

Il ritorno trionfale delle vere leggende NBA Mix perfetto di fisicità, tecnica e tattica Spettacolare “showtime” in stile TV I.A. ancora affinabile, specie in difesa

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VOTO

NBA 2K12 è un All Star (Video)Game che passerà ai posteri in virtù del commovente omaggio che fa alla Storia dell’NBA e ai suoi epici protagonisti.

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CPU: Single Core 2.5 GHz (Quad Core) RAM: 2 GB (3 GB) Scheda Video: ATi Radeon HD 3870/nVidia GeForce 8800 GS (ATi Radeon HD 4870/nVidia GeForce 9800 GT) Spazio su HD: 5 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Flying Wild Hog PUBLISHER: Flying Wild Hog DISTRIBUTORE: Steam MULTIPLAYER: Assente LOCALIZZAZIONE: Assente PREZZO INDICATIVO: € 27.99

HARD RESET www.hardresetgame.com/

Le macchine vogliono prendere il sopravvento, mentre il corpo dell’uomo si atrofizza nel sonno e il suo cervello sogna in digitale. Varrà la pena di combattere per un simile fallimento biologico?

N

egli ultimi mesi, un paio di titoli hanno mostrato (nuovamente, vedi Zeno Clash) quanto la scena indie sia in grado di stupire anche in ambiti diversi, rispetto alle tipologie di videogame che si è soliti associare, con una certa approssimazione, a questo circuito produttivo. Dunque non ci riferiamo, ad esempio, ad action RPG sui generis o a stilosi actionplatform, che pure hanno avuto le loro glorie con l’ottimo esordio di Bastion e la tardiva uscita su PC di Limbo, bensì a videogiochi che, per impostazione e struttura, si confrontano direttamente con i colossi della tripla A, rispettivamente nell’ibridazione FPS-RPG e negli sparatutto duri e puri: il primo titolo in questione è E.Y.E. Divine Cybermancy, di cui lo scorso mese io e Neosquall abbiamo cantato in coro le lodi, mentre il secondo lo trovate recen-

sito in queste pagine, con la sua carica di adrenalina e la volontà di annullare (o quasi) le nostre funzioni cerebrali complesse. In effetti, al di là della comune matrice indipendente, non potremmo trovarci di fronte ad action in soggettiva concettualmente più distanti, dal momento che E.Y.E. punta tutto sulla complessità dello schema di gioco, mentre Hard Reset mette alla prova i riflessi e l’istinto in modo altrettanto “classico”, passando però attraverso colossali scontri in odor di Painkiller. I ragazzi polacchi della neonata Flying Wild Hog, oltretutto, non sono certo gli ultimi arrivati in termini di competenza tecnica e ludica, e anzi provengono da esperienze con serie mitologiche, come Gears of War e The Witcher, oltre che dallo sviluppo del citato FPS di People Can Fly. E la cosa si vede, eccome se si vede.

I ragazzi della neonata Flying Wild Hog non sono certo gli ultimi arrivati in termini di competenza tecnica e ludica, e la cosa si vede eccome RESETTIAMO IL MONDO Per la struttura che Flying Wild Hog ha voluto donare alla sua opera prima, la trama non può che essere un semplice collante, per unire livelli lineari e gli annessi, feroci combattimenti. La chiacchierata con gli sviluppatori, nella preview di un paio di numeri or sono, ci ha però spinto a guardare con attenzione anche a questo aspetto, per rintracciare le linee narrative indicate nell’intervista. In particolare, in merito ai principali elementi del plot, se FWH non ci avesse indicato il romanzo Ubik e gli anime Ghost in The Shell e Megazone 23 avremmo pensato a fonti più scontate e universalmente conosciu-

te, come Terminator e The Matrix, a loro volta ispirate a simili suggestioni: nel corso di una guerra globale provocata dalle rivolta delle macchine, l’umanità ha una delle sue ultime fortezze nella città di Bezoar, dove le persone continuano a farsi schiavizzare dalle corporazioni e usano la tecnologia per sfuggire alla realtà, ora più pesante di un tempo; in particolare, gli esseri umani cercano di riversare la propria mente in una gigantesca rete telematica, ed è proprio questo patrimonio di informazioni ed emotività che ingolosisce l’IA più potente e pericolosa, decisa a evolversi sfruttando le conoscenze dei suoi ex-padroni. Ovviamente,

Nelle aree ristrette, come questa sopraelevata, sfruttare gli elementi distruttibili è ancora più importante, semplicemente per sopravvivere.

Questa tipologia di nemico, proposta in più varianti estetiche, è specializzata nelle cariche a testa bassa.

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Review Tranquillo, non ti farà male. Al massimo, ti propongo come eunuco nel coro dei robot di montagna.

Gli sviluppatori, con una certa frequenza, mettono il giocatore in situazioni off-limit. In questo caso, vi consiglio di munirvi di lanciagranate a energia.

Le due armi predefinite si trasformano in tutti gli altri gingilli, con variazioni estetiche lievi ma efficaci, acquisendo modalità alternative assenti di default a impedire l’invasione di Bezoar veniamo chiamati noi, nei panni di un cinico sbirro del futuro che si trova a fronteggiare, tra un combattimento e l’altro, una verità meno semplice del previsto...

MATTANZA CIBERNETICA Prima di passare al vero motivo d’essere di Hard Reset, concentrato sulla sua ipercinetica proposta di gioco, va detto che le vicende a cui abbiamo fatto riferimento sono narrate esclusivamente in forma di comics, tra un capitolo e l’altro, con uno stile hard-boiled vagamente ispirato a Frank Miller (con la sua declinazione “machista” di tematiche esistenziali). Per come siamo ormai abituati, però, la totale mancanza di NPC e cutscene rende difficile il processo di immedesimazione nella storia e nei personaggi, anche se in certi momenti l’operazione riesce per motivi che nulla hanno a che fare con la trama e i dialoghi: in particolare, gli scontri più furibondi avvolgono il giocatore fino a immergerlo profondamente nell’azione, in mezzo a tubi e rondelle che saltano da tutte le parti, grazie alla prestanza dell’impianto tecnico e alla taratura della sfida, piuttosto impegnativa anche

senza scomodare il livello di difficoltà “Insane”; quest’ultimo si presta particolarmente bene all’extra-mode introdotto come unica aggiunta allo storymode, ovvero a un nuovo giro di giostra con tutte le migliorie acquisite, sbloccabile dopo una partita completa. Quali migliorie? Beh, diciamo che HR, per quanto voglia rispettare un’impalcatura da FPS vecchio stile, non fa mancare un sistema di potenziamento vicino ad altri action shooter moderni, riferito esclusivamente ad armi e strumenti da battaglia (niente invisibilità e passi felpati, insomma): sulle stazioni “olografiche” per gli upgrade, davvero belle e funzionali, torniamo in un box, ma qui vogliamo rimarcare l’intelligenza progettuale di FWH, che è riuscita a proporre gran parte dei gingilli presenti negli FPS sci-fi senza evocare un senso di già visto, con un’idea semplice ma a conti fatti efficace. In pratica, anche in forma estetica, le due armi predefinite si trasformano in tutti gli altri gingilli, se questi sono stati comprati con gli appositi “nanoliti” (presenti nelle ambientazioni o ricavati dall’uccisione dei nemici), magari acquisendo modalità alternative assenti di default.

Il passaggio di treni e di insegne volanti mettono in evidenza l’ottima (e, in questo caso, “variopinta”) illuminazione dinamica.

Perché nella nuvoletta del nostro eroe, il Maggiore Fletcher, appare l’immagine di un altro personaggio? Lo scoprirete solo giocando...

Accanto a questi potenziamenti, che seguono canali di sviluppo separati per le armi da fuoco e per quelle a energia, ce ne sono altri dedicati all’equipaggiamento, in grado di aumentare notevolmente la resistenza e la reattività del nostro eroe. Per il resto, siamo di fronte a un solido esponente degli FPS più fisici e brutali: robot di ogni taglia e dimensione ci vengono scagliati contro, quasi senza pause, mentre ce ne andiamo in giro combattendo e recuperando gli item sul terreno, tra pacchi di munizioni, medikit (a differenza degli scudi, la vitalità non si ricarica da sola) e ricariche per i potenziamenti, con l’aggiunta delle mai dimenticate aree segrete, alcune delle quali davvero difficili da scovare. Allo stesso tempo, mostrando tutta la propria professionalità, lo

sviluppatore è riuscito a far lavorare in sinergia nemici, arsenale e struttura delle mappe, con assalti in aree ristrette e colossali scontri all’aperto, senza veri momenti di noia fino al sopraggiungere dei titoli di coda. Nonostante la presenza di checkpoint abbastanza distanti, nel nostro caso l’esperienza non è andata oltre le dieci ore di gioco, alla modalità “hard” (come detto, ce n’è una più estrema), andando a evidenziare uno dei limiti principali di Hard Reset: il gioco di FWH è un’esperienza compatta, che dona agli appassionati un senso di sfida assente in molti sparatutto moderni, ma non ha altro da offrire al di là di una campagna in singolo relativamente breve, oltretutto dotata di ambientazioni e nemici dalla varietà abbastanza contenuta (e di un finale un po’ troppo sbrigati-

Questa immagine, scattata qualche secondo dopo quella d’apertura, mi sembra un ottimo esempio della cura estetica di Hard Reset.

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Barriere energetiche e fughe di gas possono bloccare temporaneamente un passaggio, ma non danno mai spazio a veri e propri puzzle.

IL PIACERE DELL’INTERFACCIA Gli elementi a carattere funzionale di HR sono ben studiati, per indicare le informazioni fondamentali con completezza e senza fronzoli non necessari. I parametri principali sono contenuti in un piccolo HUD ad anello (scudi, vitalità, munizioni e riserve per gli upgrade), e anche i potenziamenti sono accessibili in modo chiaro e veloce, in linea con un gameplay poco incline al ragionamento: quando il giocatore si avvicina a una stazione di upgrade, davanti a lui si apre un ventaglio di opportunità sotto forma di proiezioni olografiche, per scegliere fra fucili, mitragliatrici e lanciamissili, oppure fra diversi gingilli a energia per bloccare o “friggere” i robot assassini (le armi da sbloccare in tutto sono 10, tutte migliorabili per potenza e modalità di fuoco alternative). Il resto degli upgrade riguarda l’equipaggiamento e consente, tra le altre cose, di ampliare le funzioni dell’HUD e attivare una sorta di berseker in bullet time, con scarsi livelli vitali, oppure di aumentare le qualità degli scudi auto-rigeneranti. La palma della migliore implementazione, però, la vince la Smartgun: a parte la notevole utilità, per colpire i nemici con piccoli dardi energetici a ricerca di calore, quest’arma rende visibili gli avversari dietro a qualsiasi barriera, con un effetto grafico in perfetto stile Total Recall.

Una fitta rete di elementi in stile high-tech è stata sovrapposta a edifici dal gusto classico, ispirati alle architetture storiche di Varsavia vo). In particolare, ci dispiace per la mancanza di un comparto multiplayer che, considerati gli upgrade e lo stile di gioco, avrebbe potuto rinverdire i fasti della modalità competitiva di Painkiller (utilizzata, se ricordate, in diverse manifestazioni di E-sport). Oppure, perché no, avrebbe potuto affiancare Serious Sam 3 con un co-op particolarmente istintivo e selvaggio: le risposte date nella nostra intervista e le ultime dichiarazioni di FWH, però, danno l’impressione che qualcosa stia bollendo in pentola, in termini di aggiunte post-vendita, e chissà che non si tratti proprio di aspetti legati al multigiocatore. Detto questo, non ci siamo divertiti anche così, soli soletti, a imbrattare i muri di Bezoar con le nostra interiora...

HARD SIGHT Senza troppi giri di parole, si può tranquillamente indicare nell’impianto tecnico uno dei principali punti di forza di Hard Reset. Il

motore proprietario Road Hog sa proporre scenari e nemici ben modellati in termini di complessità poligonale, design e texture, conditi da feature grafiche in linea con i migliori action su PC. In particolare, al di là del genere di riferimento, la qualità dell’illuminazione e la gestione degli effetti di post-processing ci hanno ricordato le raffinatezze viste in The Witcher 2 (sul quale, come dicevamo, hanno lavorato alcuni membri di FWH), declinate sullo spettacolo fantascientifico delle armi a energia e delle architetture di stampo cyberpunk. Ma, come insegna Blade Runner, simili modernità spiccano meglio su edifici e strutture storiche di gusto europeo, ed ecco che FWH ha rivestito palazzi ispirati al centro di Varsavia, città natale degli sviluppatori, con una fitta rete di ponti, pubblicità olografiche e altri passaggi dal carattere high-tech, mentre sciami di flyer privati ed e-

La rail-gun è uno degli attrezzi più potenti e avanzati, per il ramo di crescita dedicato alle armi a energia.

normi insegne luminose passano sopra la testa del giocatore. Al buon esito dell’impresa concorre anche un calcolo accurato della fisica, basata su Havok, con una gran quantità di elementi distruttibili da usare contro gli avversari, e una colonna sonora elettronica appropriata, nel suo evidente (e ulteriore) omaggio al capolavoro cinematografico di Ridley Scott. Mario Baccigalupi Secondvariety@sprea.it Il simpaticone nella foto fa gli scherzi con i missili, colpendomi anche dall’alto. Sono andato a dirgliene quattro.

Commento Anche se le immagini possono ingannare, Hard Reset non è un videogioco dalla ricca matrice produttiva. Pur se composto da veterani di progetti ad alto budget, Flying Wild Hog è un studio piccolo e indipendente, che non a caso ha scelto di impegnarsi in una tipologia di FPS capace, in passato, di imporre sul mercato le idee di sviluppatori giovani e intraprendenti, come People Can Fly e Croteam. I principali limiti di HR, che impediscono una resa in linea con i genitori spirituali, vanno ricercati nella contenuta varietà scenica e nell’assenza di qualsiasi modalità multiplayer, a fronte di una campagna in singolo nemmeno troppo longeva. Se però vi piacciono le sfide toste, magari affrontate con tutti gli upgrade a disposizione, un secondo giro a Hard Reset potrebbe regalare ulteriori soddisfazioni, visto che di base il gioco presenta indiscutibili qualità, con un gameplay solido e un invidiabile impatto visivo.

Azione sci-fi senza compromessi. Impianto tecnico di encomiabile livello. Buon sistema di upgrade. Breve e non troppo vario.

VOTO

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66

TGM Novembre 2011


CPU: Dual Core 2 GHz (Dual Core 2.6 GHz) RAM: 1 GB (2 GB) Scheda Video: GeForce 8800 512MB o ATI equivalente (Geforce GTX 260 512MB o ATI equivalente) Spazio su HD: 8 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Techland PUBLISHER: Ubisoft DISTRIBUTORE: Ubisoft MULTIPLAYER: Internet LOCALIZZAZIONE: Sottotitoli PREZZO INDICATIVO:

€ 29,99

callofjuarez.ubi.com

Call Of Juarez - The Cartel C’è un nuovo Far West, secondo Techland. Si chiama guerra della droga. Ora resta da scoprire chi sono il nuovo Tex Willer e il nuovo Jon Wayne… Di certo non i protagonisti di questo The Cartel.

TRE SBIRRI, ZERO MORALE La storia, brevemente, vede tre poliziotti di diverse estrazioni fondersi in una nuova unità per la lotta a Mendoza, un mafioso messicano che, guarda caso, sta arricchendosi a Juarez e ha messo le mani su pa-

recchi traffici anche a Los Angeles. Il gioco, lungo le 20 missioni che compongono la campagna, ci porterà proprio dalla città degli angeli alla cara, vecchia cittadina messicana. Noi possiamo interpretare uno dei tre diversi personaggi ma, a prescindere dalla scelta, quello che cambierà non è la trama del gioco bensì le missioni facoltative, dette “personal agenda”. Queste sono uniche per ogni personaggio e, nel caso si utilizzi la modalità co-op, stabiliscono il solo elemento di novità rispetto a quanto visto in altri FPS. Le missioni della personal agenda, se si gioca con altri esseri umani, ci spingono a cercare oggetti, rubare portafogli, far esplodere automobili. Questo senza però farci vedere dagli altri compagni, che nel caso possono interrompere la nostra missione e segnare dei punti a loro favore per averci sgamato compiere atti non certo lodevoli. Con i

“Ehi, che fine hanno fatto i cavalli”? “Se mancassero solo quelli saremmo ancora fortunati”. Scambio di battute tra giocatori dei vecchi CoJ e di The Cartel.

punti conquistati è possibile sbloccare armi uniche. Sarebbe tutto molto bello se si potesse usufruire di queste missioni anche giocando in solitaria: in questo caso, infatti, i due personaggi non controllati dal giocatore ma dalla IA si rifiutano di seguire le nostre azioni e loro stessi non seguono alcuna missione personale, rovinando di fatto l’intero meccanismo. A parte questo CoJ – The Cartel offre la mediocrità su tutti gli altri fronti: una storia piatta fatta di testimoni da proteggere e strip club da mettere a ferro e fuoco, un gameplay linearissimo, una modesta selezione di armi e poco altro. Una cosa, su tutte abbonda in The Cartel: i difetti. Glitch grafici di ogni genere, da texture mancanti a modelli senza poligoni, animazioni di nemici e compagni piuttosto inquietanti (a volte i compagni scompaiono e ricompaiono direttamente a un altro checkpoint,

La scelta delle armi non è numerosa, e l’uso delle pistole, di varia natura, fortemente caldeggiato dal gameplay.

per dire) e un sistema di guida dei veicoli da giochino flash gratuito. Un discreto buco nell’acqua? Probabile, peccato solo che di mezzo ci sia finito un marchio fino a oggi sinonimo di originalità e di un buon livello realizzativo… Massimo “NKZ” Nichini nkz@sprea.it

Commento Call of Juarez - The Cartel sposta l’attenzione dal vecchio west ai giorni nostri. Sarebbe stato meglio se non si fosse mosso dalla saga dell’Ovest: il risultato di questa nuova ambientazione sono personaggi per nulla carismatici, armati di una serie di preconcetti razzisti e un uso smodato di violenza gratuita. Sul piano tecnico sia la grafica sia l’accompagnamento sonoro segnano una mediocrità in molti casi al limite del consigliabile, per non parlare di un gameplay piatto e lineare come pochi. Si salva solo la longevità, grazie alle 20 missioni. Ma scommetto che saranno in pochi a raggiungere tale traguardo…

Missioni segrete per ogni giocatore… … inutili, se non si gioca in co-op. Problemi grafici evidenti.

50

VOTO

A

lzi la mano chi ancora non ha capito che il terzo capitolo della saga Call of Juarez è ambientato nel presente. Bene, per fortuna pochi, anzi pochissimi. Anche i muri sanno che gli sviluppatori di Techland hanno preso l’unico FPS che un minimo si discostava dagli stereotipi del genere per ricamare sopra l’ennesimo sparatutto basato su combattimenti metropolitani, inseguimenti in auto e poliziotti contro cartelli del crimine organizzato. È una vera perdita per la biodiversità dei videogiochi, nemmeno in parte mitigata da quanto proposto in questo nuovo The Cartel…

Novembre 2011 TGM

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CPU: Single Core 1.5 GHz (Dual core 2.0 GHz) RAM: 1 GB (2 GB) Scheda Video: Intel, ATI o Nvidia con 256 MB RAM e supporto per Pixel Shader 2.0 (ATI o Nvidia con 512 MB RAM) Spazio su HD: 1.5 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Nadeo DISTRIBUTORE: Ubisoft LOCALIZZAZIONE: testi

PUBLISHER: Ubisoft MULTIPLAYER: Internet, LAN, split screen PREZZO INDICATIVO: € 19.99

www.trackmania.com

TRACKMANIA 2:

CANYON

Un gioco che è uno spassoso arcade di corse con piste fuori di testa, che contiene un editor per grandi e piccini, un multiplayer con cui trastullarsi all’infinito e un motore grafico nuovo di pacca? Ehi! Ma dov’è la fregatura?

D

ieci milioni di giocatori nel mondo. E non è World of Warcraft. Non è neppure un MMORPG, ma un “banale” giochino di corse. Banale, messo tra virgolette, perché non si bulla con una grafica uber-definita modello GranTurismo o Forza Motorsport, non gode di nessuna licenza ufficiale né mette a disposizione centinaia di vetture di decine di case automobilistiche diverse, non vanta un modello fisico che tiene conto della pressione delle gomme o della temperatura dell’olio motore, né si picca di ricreare la simulazione di auto per eccellenza. In compenso, il modello di guida è così semplice e così platealmente “arcade” da poter essere controllato meglio con le frecce direzionali che con un volante da 400 euro; chi non ha voglia di grandi sbattimenti può tranquillamente giocare con una mano sulla tastiera e tracannarsi una birra con l’altra. Le piste non sono quelle reali, né cercano di esserlo: al contrario, sono un tripudio di rampe, trampolini, giri della morte, salti ed evoluzioni che si fanno beffe delle leggi fisiche più elementari. E non sono

poche, anzi. L’editor integrato nel gioco permette a tutti, dall’ultimo dei n00b al più sgamato dei map designer, di creare percorsi nuovi e originali, regalando a chi va matto per questo genere di cose un ulteriore elemento di interesse per il gioco, e a tutti gli altri una varietà di tracciati che nessun altro titolo di corse al mondo può vantare. Alla luce di tutto questo, i dieci milioni di giocatori citati all’inizio appaiono una cifra molto meno sconvolgente, non trovate? Quanto appena scritto vale tanto per il primo Trackmania, che ha debuttato nell’ormai lontanissimo 2003, è sempre valso per le varie evoluzioni del gioco e relativi semi-seguiti usciti negli anni, da Sunrise a Nations (gratuito) passando per United e Forever, e vale naturalmente per Trackmania 2: Canyon, il seguito “vero”.

CIAO, SEI NUOVO? La prima cosa che balza all’occhio in TM2 è l’enorme passo avanti compiuto dal punto di vista grafico: pur senza arrivare alle eccellenze di un F1 2011 (ma neanche di uno degli ultimi

Il single player può essere giocato offline, ma se siete connessi alla rete potrete sfidare anche i migliori tempi dei corridori di tutto il mondo.

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TGM Novembre 2011

Need for Speed), Canyon si presenta decisamente bene, con un livello di dettaglio assai superiore ai predecessori, in particolare per quel che riguarda la vettura e gli elementi a bordo pista, ma soprattutto con un sistema di illuminazione davvero curato: perfettamente comprensibile, dopo averlo visto in azione, l’orgoglio con cui ce ne parlava Florent Castelnerac nell’intervista di qualche mese fa. Le gare si possono svolgere in quattro diversi momenti del giorno, dall’alba alla notte, con relativo cambio di luce ambientale, che alterna gallerie buie nelle quali si fatica a vedere la strada a zone dove i raggi del sole sono così forti da abbagliare. Debuttano inoltre i danni per la vettura, che non aggiungono né tolgono alcunché al gameplay, dal momento che sono puramente estetici, ma sottolineano una volta di più l’impegno profuso da Nadeo nel comparto tecni-

co, e rendono gli stunt e le acrobazie aeree ancor più divertenti. Tutto questo ha un prezzo, che si paga in termini di requisiti hardware: il gioco gira senza patema su praticamente ogni PC in grado di far partire Windows (si vedano le indicazioni in apertura di recensione), ma per gustarsi la grafica al massimo del dettaglio e con tutti gli effetti attivati occorre qualcosa di un po’ più potente. Un piccolo consiglio: il framerate è la cosa più importante, in questo gioco. Un fotogramma perso al momento cruciale, prima di una curva o all’imbocco di un salto, può far la differenza tra un tempone e l’amarezza della sconfitta, quindi non abbiate timore a sacrificare qualche cosa in termini di “eye-candy” pur di garantirvi fluidità in ogni condizione. L’altra novità, rispetto ai precedenti giochi della serie, è il modello di guida della vettura: dopo aver dato vita a

Chi non ha voglia di grandi sbattimenti può tranquillamente giocare con una mano sulla tastiera e tracannarsi una birra con l’altra Del tutto inutili, ma sempre spettacolari, le scie che compaiono durante i salti più lunghi.


Review La mole di informazioni a video durante una gara può essere opprimente: in generale sono più o meno tutte utili, ma possono comunque essere nascoste.

DIMMI COSA GUIDI E TI DIRÒ CHI SEI

Breve rassegna di tutte le auto di Trackmania Desert (TM Original) – guida scanzonata e baldanzosa, macchina piuttosto lenta e dalle sospensioni “gangsta”, adatta per le piste più astruse. Per giovinastri scapestrati! VOTO: 8

L’esaltazione che si sprigiona da quella curva presa alla perfezione, con la macchina in sovrasterzo e il muso che accarezza il cordolo interno... sette diversi stili di gioco con annesse ambientazioni nei vari Trackmania usciti in questi anni, Nadeo ha partorito un modello ancora diverso, per certi versi più “fisico”, nel quale si ha l’impressione di un maggior controllo della macchina, dove le reazioni sono più realistiche. O meglio, sono più plausibili: di realistico in Trackmania 2 non c’è proprio nulla! La macchina ha sempre un’accelerazione bruciante e una velocità di punta ridicola, ma basta un tocco ai freni perché cominci a derapare con il posteriore, permettendo di affrontare curve strette senza rallentare troppo, in pieno controsterzo. Non è un caso che la serie Trackmania sia da anni utilizzata nelle competizioni professionali per il suo modello di guida irrealistico ma estremamente preciso, pulito, che risponde perfettamente ai comandi del giocatore dandogli una grande sensazione di controllo, dove i tempi si misurano nell’ordine dei millesimi.

NON CI SIAMO GIÀ VISTI DA QUALCHE PARTE? Per il resto, invece, il gioco è sostanzialmente identico ai precedenti. Il che, da un lato, è ovviamente un bene, perché di arcade di corse altrettanUna gara contro l’avversario più duro e temibile di tutti: se stessi!

to divertenti, assurdi e longevi davvero non ne esistono; dall’altro, qualche cosa in più uno se la aspetta anche, ma su questo torniamo più avanti. Le corse sono sempre gare contro il cronometro, dove gli avversari (anche quelli umani) sono di fatto solo proiezioni a video dei loro tempi, perché nel mondo di Trackmania non esistono collisioni. Una scelta che appare sempre più sensata con il passare degli anni, dal momento che garantisce il massimo del divertimento a tutti senza la noia dei troll da racing game, e permette di correre cercando di dare il massimo senza farsi influenzare da eventi esterni; a conferma di quanto appena scritto, premendo il tasto “O” (la lettera) durante una gara spariscono gli avversari dallo schermo, così da poter correre “in solitaria” anche su server super-affollati. Le corse sono ancora una volta al tempo stesso accessibili e impegnative: alla portata di chiunque, per la semplicità estrema del modello di guida arcade in tutto e per tutto, che permette di prendere confidenza con i controlli senza particolari patemi, con una curva di apprendimento che più lineare non si può; al tempo stesso sono anche impegnative, perché una volta imparato a controllare la macchina, riuscire a fare

Rally (TMO) – Ritmo più blando, macchina decisamente attaccata al suolo ma con una speciosa tendenza alla derapata improvvisa. Per ossessivocompulsivi. VOTO: 6

Snow (TMO) – Più veloce, scivola lungo i tracciati come se avesse gli sci al posto delle ruote. Per questo occorre stare attenti ai fuoripista. Per sportivi estremi. VOTO: 7

Island (TM Sunrise) – Assurdamente veloce, 700 km/h sono solo la velocità di crociera. Sa derapare, ma a patto di andare abbastanza veloci. Per fanatici della velocità. VOTO: 8

Bay (TMS) – La macchina ideale per le acrobazie: veloce, dotata di grande accelerazione e sospensioni assurdamente elastiche. Per aspiranti stuntman. VOTO: 9

Coast (TMS) – La più loffia del gruppo: pesante, lenta e dall’accelerazione nulla, richiede grande concentrazione ma solo perché si guida da schifo. Per masochisti. VOTO: 5

Stadium (TM Nations) – Veloce, con un controllo eccezionale, sa regalare emozioni a chi si prende la briga di amarla e conoscerla a fondo. Per puristi della guida. VOTO: 9

tempi decenti richiede impegno, capire quando e dove derapare, quando controsterzare, che i salti non vanno mai presi alla leggera, che una lieve sbandaUna chicca per puristi: lo split screen anche su PC! Forte!

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Alcune skin delle macchine possono essere comprate pagando un po’ di Planets, la valuta del gioco, ai loro creatori.

IL PARERE DEL ToSo Quanto vi piacerà questo Trackmania 2 dipende unicamente dal vostro curriculum videoludico. Se vi avvicinate per la prima volta alla serie, impazzirete di gioia, letteralmente. Se, invece, avete già corso sulle piste di Nadeo, sarete decisamente più freddi e distaccati, come del resto dimostra la recensione del nostro pilota redazionale. Inutile dirvi che il multiplayer è il vero cuore di questa produzione, ma, nel mio caso, solo quando dall’altra parte c’è qualcuno che conosco, da cui farmi sbertucciare o da prendere in giro a mia volta. E con Claudio, al momento, siamo pari… Davide “ToSo” Tosini

Il netcode, praticamente perfetto, consente partite da duecento persone, con la baraonda che potete facilmente immaginare

Come in TM Forever United, l’editor è disponibile in due versioni: quella “base”, con i blocchi di pista più elementari, a mo’ di assaggio, e quella full-optional con tutti gli elementi usati anche dagli sviluppatori, e caratteristiche avanzate come la possibilità di realizzare brevi intro ai circuiti.

ta o un’incertezza prima del trampolino possono degenerare in uno spettacolare volo contro una parete che vanifica la corsa. Invariata, completamente (e per fortuna), l’euforia quando finalmente riesci a entrare in perfetta sintonia con il gioco e con la macchina, quando la “senti” per davvero, e riesci a controllarla come vuoi. L’esaltazione che si sprigiona da quella curva presa alla perfezione, con la macchina in sovrasterzo e il muso che accarezza il cordolo interno, quella strettoia infilata con la precisione di un cecchino, che se sbagliavi di un centimetro la macchina si accartocciava come una lattina d’aranciata e la gara era persa, è semplicemente impagabile. Non ha davvero eguali.

CHI NON CORRE IN COMPAGNIA... Il single player è composto da sessantacinque gare, suddivise in cinque blocchi di difficoltà crescente, e a cui si accede solo dopo aver conquistato medaglie nelle competizioni precedenti; questa modalità ha due cose buone: serve per impratichirsi con il modello di guida senza far troppe figuracce e contiene solo piste realizzate da Nadeo, quindi di ottima qualità. Il vero cuore di Trackmania 2 sta però nel multiplayer: ci sono centinaia, migliaia di server a cui collegarsi, e ognuno di loro contie-

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TGM Novembre 2011

LESS OF THE SAME Una delle leggi più ferree nel mondo dell’intrattenimento, quando si trat-

ta di sviluppare seguiti, è il famigerato “more of the same”, ossia riproporre le stesse cose del capitolo precedente, solo “un po’ di più”. Nel caso dei giochi di corse in particolare, questo assioma ci assicura che ogni iterazione successiva conterrà più auto, più circuiti, più modalità di gioco, più eventi multiplayer, più di tutto. Fino all’uscita di Trackmania 2, perlomeno. Il confronto, da questo punto di vista, è impietoso: Trackmania United Forever offre sette ambientazioni (con relative macchine e modelli di guida diversi), centinaia di piste ufficiali e svariate modalità single player tra cui platform e puzzle. Canyon, dal canto suo, assicura una sola auto, una ambientazione, il single player “nudo e crudo” con le sole gare a tempo. Che, più o meno, è quel che contiene anche Trackmania Nations, la versione free del gioco con la ambientazione Stadium. Senza arrivare a dire che Canyon è Nations con la grafica più bella, non mi sarebbe dispiaciuto davvero qualcosa in più, sia in termini di ambientazioni sia per quanto riguarda le proposte per il single player. Anche perché, oltre al motore grafico, le due grosse novità di TM2: Canyon sono ManiaPlanet e ManiaScript, ed entrambe sono troppo acerbe per mostrare tutte le loro – pur notevoli – potenzialità: la prima, stando all’azzeccata definizione della stessa Nadeo, è una specie di “sistema operativo” al cui interno gira il gioco, le transazioni per acquistare

Ritorna, pressoché invariato, anche l’editor per pasticciare con la carrozzeria della propria vettura.

skin, pacchetti di piste e quant’altro usando la valuta guadagnata correndo, e il mini-social network tra giocatori con cui scambiarsi link, piste e cose sui generis. ManiaPlanet servirà anche da base per i futuri ShootMania e QuestMania, rispettivamente sparatutto in soggettiva e gioco di ruolo mossi dalla medesima filosofia di Trackmania. ManiaScript, invece, è un vero e proprio linguaggio di programmazione con cui i più arditi e capaci possono realizzare modifiche (anche consistenti) al gioco, dando vita per esempio a nuove modalità. Come potete facilmente immaginare, al momento non è uscito granché. Di sicuro la longevità non rappresenta un problema per questo titolo: il solo editor garantisce piste nuove per anni, figuratevi con tutto il resto! Claudio “keiser” Todeschini keiser@sprea.it

Commento Difficile valutare Trackmania 2 senza tener presente i precedenti titoli della serie, uno dei quali gratuito e con la stessa “quantità” di contenuto offerto da Canyon: interfaccia utente identica, una sola auto e un single player piuttosto risicato. Ciò detto, la nuova fatica di Nadeo (disponibile solo in digitale, non la trovate nei negozi) offre un modello di guida davvero ben riuscito e un multiplayer da urlo, dalla longevità infinita, ma che più di tutto è divertente da impazzire. Attenti al rischio assuefazione: al grido di “l’ultima pista poi stacco”, le ore passano senza accorgersene.

Giocabilità straordinaria Multiplayer infinito Graficamente più che dignitoso Quel che offre il gioco in sé è pochino Potenzialità ancora inespresse Molto, molto simile ai predecessori

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VOTO

UN EDITOR È PER SEMPRE

ne piste tutte diverse, ciascuna con le sue classifiche, su scala regionale, nazionale e mondiale. Il nuovo netcode, praticamente perfetto e senza sbavature (anche perché le informazioni che vengono scambiate si limitano al solo tempo degli avversari, tutto il resto è gestito dal client, e ricordo che non ci sono collisioni tra veicoli), consente partite con un massimo di duecento persone, con la baraonda che potete facilmente immaginare, specialmente nelle fasi iniziali di una gara. La modalità più giocata è quella della corsa al giro più veloce, da realizzare nel tempo concesso prima di passare alla mappa successiva; più divertente, a modesto parere di chi scrive, il tradizionale “Rounds”, dove vince chi taglia per primo il traguardo, perché premia maggiormente la costanza di chi riesce a piazzarsi bene nelle diverse manche, e non un solo giro perfetto. Comoda la navigazione tra i server, suddivisi per area geografica, con filtri e bookmark per quelli più frequentati o meglio strutturati, e la possibilità di connettersi alla partita a cui stanno giocando gli amici. Chi ha provato un qualsiasi Trackmania si troverà perfettamente a suo agio, perché l’interfaccia utente è praticamente identica.


CPU: Dual Core 2 GHz (Dual Core 2.4 GHz) RAM: 1 GB (2 GB) Scheda Video: nVidia GeForce 8800 GT/ATi Radeon HD 3870 Spazio su HD: 5,5 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: Milestone PUBLISHER: Black Bean DISTRIBUTORE: Leader MULTIPLAYER: Internet LOCALIZZAZIONE: Completa PREZZO INDICATIVO: €

39,90

www.wrcthegame.com

WRC 2 FIA World Rally Championship Milestone torna alla carica con l’unico gioco di rally a detenere i diritti del circuito WRC. Tante novità avvicinano questo nuovo titolo ai suoi rivali d’oltremanica…

C

i sono team che con un exploit si guadagnano subito gli onori della cronaca. Altri, invece, preferiscono cogliere ogni occasione per migliorare, aggiungere e perfezionare i propri prodotti in una lunga rincorsa che può durare anche anni. È il caso di Milestone, che dopo aver già dimostrato in altre “motorose” sedi la propria disponibilità a rimettere mano a un lavoro più e più volte al fine di migliorarlo costantemente, torna sui suoi passi anche con il secondo episodio della saga WRC. Il primo World Rally Championship ufficiale FIA, infatti, aveva difetti di varia natura e si poteva considerare come una specie di punto di partenza: un motore fisico in grado di gestire le sollecitazioni della macchina su vari terreni, un motore grafico adatto alla velocità dei vari stage e poco altro. Preso atto che questo di sicuro non può bastare ad affrontaWRC 2 riprende il brand ufficiale della FIA dell’anno scorso, ampliando e correggendo il tiro in molti settori.

re in campo aperto titoli come DiRT di Codemasters, i nostri italianissimi amici di Milestone si sono rimessi subito al lavoro. Il risultato, lo anticipiamo fin da subito, è un netto avanzamento nella direzione giusta, seppure il traguardo finale è ancora un po’ fuori dalla portata, almeno per il momento. Ma andiamo con ordine…

DAL CAMPIONATO DEL MONDO FINO A SCUOLA, E RITORNO Già dalle numerose modalità di gioco presenti in WRC 2 si può capire come l’aria sia cambiata parecchio in casa Milestone. Questa edizione propone, a lato delle classiche gare singole (su una frazione, un rally o un intero campionato), due nuove e inedite modalità. Da un lato c’è la WRC Rally School, una serie di missioni suddivise per grado pensate per insegnare

A lato delle classiche gare singole, questa edizione propone due nuove e inedite modalità ai giocatori i fondamenti della disciplina. Poco più di un tutorial per gli esperti, questi obiettivi hanno di sicuro il merito di farci assaggiare un ampio parco di variabili presenti nelle altre modalità, spaziando dai terreni secchi e argillosi alle lande innevate e mettendoci alla guida di veicoli di varia natura, dai più piccoli mezzi del circuito alle vecchie glorie del passato. Il vero piatto forte dell’intero pacchetto rimane però la Road to the WRC, una modalità carriera ricca di elementi gestionali di alto livello. In questa modalità, il giocatore parte con un piccolo team nelle più basse e regionali periferie del circuito mondiale. A disposizione, solo un veicolo e tanta buona volontà. Con l’avanzare

del gioco e ottenendo dei risultati sarà possibile avere accesso ad altre vetture, a miglioramenti per le auto grazie a un parco ingegneri più capace, a modifiche estetiche del veicolo (verniciature e livree), e a nuovi sponsor, in grado di versare denaro contante nelle casse del team, sempre che si rispettino gli obiettivi secondari che i finanziatori richiedono. Insomma, un vero e proprio manageriale di scuderia rallystica con tanto di livelli di popolarità che sbloccano nuove funzioni e diverse categorie da affrontare. C’è da dire che questa porzione di WRC2, per quanto non rappresenti in alcun aspetto una novità assoluta per i giochi di corse, riesce a centrare lo scopo per cui è stata pensata.

Le diverse superfici su cui è possibile correre comprendono tutti i climi e le diversità del campionato mondiale di rally WRC.

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MULTI VUERRECÌ La modalità multiplayer di WRC 2 si compone delle più tradizionali alternative già disponibili nel primo titolo, tra cui la singola tappa, il singolo rally e il campionato, a cui si affiancano un Time Attack e le corse sui Super Special Stage, le gare di corsa a coppie di auto su circuito. Oltre a questo, di rilevante c’è l’Hot Seat, una modalità che permette di modificare attraverso risultati la propria posizione in una classifica online sempre aggiornata.

Un esempio piuttosto lampante di come la grafica, nel complesso, può essere molto, ma molto, migliorata.

Risalire l’intera gerarchia di classi e campionati fino a ottenere da uno dei team ufficiali di WRC un ingaggio per correre contro le auto ufficiali è sicuramente uno sprono sufficiente per molti giocatori, specialmente più del perfezionismo personale garantito dalle altre modalità single player.

PARCO MACCHINE Sul piano della simulazione, abbiamo già detto che WRC 2 mette in pista parecchio anche in termini di vetture e caratteristiche. L’introduzione più evidente, rispetto allo scorso anno, è legata al cambiamento delle regole FIA per questa categoria. Nel mondo reale, così come in questa simulazione, infatti, dall’anno prossimo saranno introdotte le 1.6 di cilindrata. Queste piccole e veloci vetture (di cui la Citroen DS3 o la nuova Fiesta RS

sono solo un esempio) sono già presenti e pronte a prendere il posto di bolidi ben più pesanti e potenti. In generale, il parco macchine a disposizione si compone di 32 esemplari che spaziano dalle novità appena segnalate ai grandi classici del circuito WRC, senza disdegnare una puntata nelle auto storiche del passato. Un “mischione” di rispetto, quindi, sebbene ci saremmo aspettati ancora più varietà, visto i vari gradi di sfida offerti dalla Road to WRC con una decina

il parco vetture a disposizione si compone di 32 esemplari che spaziano dalle novità ai grandi classici del circuito WRC Tra le varie visuali, non manca quella classica, all’interno dell’abitacolo.

Il rewind permette di tornare indietro nel tempo e ripetere un passaggio in cui abbiamo dimostrato doti non proprio da provetto pilota.

di stagioni da completare. In compenso, quello che non è stato offerto in termini di auto è in parte compensato dalla presenza di tutti i piloti ufficiali del WRC e di tutti team ufficiali.

CHE SIMULARE È BELLO, CHE SIMULARE È DIVERTENTE Dopo esserci spesi in come, dove e su quale mezzo mettere alla prova le nostre abilità di pilota di rally, è giunto il momento di analizzare la simulazione vera e propria. Per prima cosa è giusto segnalare come i vari aiuti disponibili (dalla traiettoria con tanto di frenate visibili di una macchina ghost, alla frenata assistita) siano pensati per ren-

Grazie ai replay è possibile godere dei danni alla macchina, uno dei pochi aspetti che possono essere considerati all’altezza della concorrenza.

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dere accessibile a tutti il modello di guida, consentendo anche a un neofita di ottenere fin da subito risultati soddisfacenti. Disabilitati tutti questi “help” (ma conservando un po’ di rewind, il classico sistema per tornare indietro nel tempo e ripetere una sezione, in modo da evitare un incidente fatale o migliorare la propria performance), ci troviamo ad affrontare il gioco nudo e crudo. E qui, purtroppo, compaiono alcuni dei problemi più evidenti di WRC 2. Se lo scorso anno, con il primo episodio, nonostante l’acerbità del prodotto nessuno si è sognato di contestare il modello di guida, definito quasi all’unisono divertente e veloce al punto

Nella modalità Road to WRC è possibile modificare l’assetto della macchina e migliorarne vari aspetti attraverso la ricerca.


Review L’unica possibilità di vedere in pista un altro veicolo passa per l’attivazione dei ghost. Le tracce sulla strada indicano chiaramente la traiettoria e persino le frenate della macchina fantasma rivale.

I vari tipi di terreno simulati spaziano dall’asfalto alla neve, passando per decine di varianti: ghiaia leggera, pietriccio, sterrato sabbioso…

giusto, questa volta le cose sembrano aver preso una piega differente. Gran parte della colpa ci pare di poterla imputare al nuovo sistema di gestione delle sospensioni: pensato per rendere più realistico il rimbalzo su cunette e dislivelli, in realtà questo nuovo sistema, complice un design delle tappe ricco di bordi, alberi e cespugli in mezzo alla carreggiata, ha finito per trasformare il modello di guida in un’ingovernabile gara di rimbalzi più o meno controllati. La situazione sarebbe anche sopportabile se i tracciati

fossero un po’ più puliti, specialmente in alcune manche, ma la fitta rete di ostacoli proposta in generale si accoppia male con questo nuovo sistema di gestione fisica della macchina. Per il resto, possiamo sicuramente parlare bene della fisica con cui le varie parti delle vetture si rompono e si piegano, e segnalare come il motore abbia mantenuto, se non migliorato, il senso di velocità del primo WRC. Sul piano estetico, invece, torniamo a parlare di problemi e risultati deludenti. Nonostante anche qui si veda la

Nella Road to WRC con la popolarità è possibile sbloccare nuovi disegni e colori per la propria vettura.

Ecco un bell’esempio della fisica delle sospensioni pazzerelle: un piccolo dislivello ha imbarcato la macchina al punto da farle prendere una traiettoria decisamente discutibile.

Il senso di velocità si percepisce anche grazie alle decelerazioni improvvise, come quando si attraversa una pozza d’acqua.

volontà di migliorare l’impianto grafico, ci troviamo obbligati a raccontare di un gioco che, non basandosi su alcun rivale in pista (dopotutto l’unica modalità in cui si corre contro un’altra vettura è il Super Special Stage, ovvero la tradizionale pista incrociata per le gare a due di tanti show) deve incentrare tutta la definizione negli scenari di bordo strada e negli sfondi. Va tuttavia segnalata una certa povertà di texture, e un dettaglio complessivo ben al di sotto dei già citati rivali di categoria. Tirando le somme, potremmo dire che WRC 2 dimostra la volontà di ridurre il gap con gli avversari e l’obiettivo è stato sicuramente centrato, anche se, ancora una

volta, dobbiamo limitarci a parlare di un avvicinamento e non certo di un aggancio vero e proprio. Massimo “NKZ” Nichini (nkz@sprea.it)

Commento WRC 2 è un passo avanti nella giusta direzione. Purtroppo parliamo di un passo avanti avendo un bel distacco da colmare, quindi la cosa può essere vista in due modi: incoraggiante o deludente, a seconda delle prospettive. Io sono più propenso alla prima delle due visioni: Milestone ci ha dimostrato che sa cogliere il meglio dei predecessori, riscrivendo e scartando quanto non funziona. In questa ottica, passi avanti come la sezione manageriale ricca di elementi o la varietà di piste e di stage a disposizione sono bei segnali, così come è chiaro che il sistema delle sospensioni andrà fortemente rivisto. Insomma, segnali incoraggianti per il futuro. Per il presente, c’è un titolo che tutto sommato si guadagna una sua rispettosissima posizione di alternativa, specialmente per gli appassionati del genere.

Modalità carriera Tutti i piloti e le marche ufficiali Sospensioni impazzite Grafica ampiamente migliorabile

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VOTO

Sul piano estetico, non ci troviamo di fronte a un capolavoro

Novembre 2011 TGM

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CPU: Single Core 2 GHz (Single Core 2.4 GHz) RAM: 512 MB Scheda Video: ATI Radeon X1800/nVidia GeForce 6600 GT (ATI Radeon X1800/nVidia GeForce 6600 GT) Spazio su HD: 3 GB Connessione: ADSL

www.fxinteractive.com/it/p321/index.htm

SVILUPPATORE: Creoteam PUBLISHER: Buka Entertainment DISTRIBUTORE: FX Interactive MULTIPLAYER: Assente LOCALIZZAZIONE: Completa PREZZO INDICATIVO: € 19.99

AFTER THE WAR

Armi da fuoco, una spada e 4 poteri. Tanto serve, per ridare speranza alla Terra.

D

evo ripetermi il lavoro che faccio più insistentemente, quando recensisco un videogame. Va bene che i giochi li voglio sempre finire, e questa è una caratteristica che va d’accordo con il ruolo di redattore di una rivista come TGM, ma non è molto proficua l’ossessione di portare a termine l’esperienza al massimo della difficoltà, costi quel che costi, come avviene quasi sempre e com’è successo anche con After The War. Non sono nemmeno eccezionalmente bravo, intendiamoci, e non me ne frega molto degli achievement: è solo una spe-

cie di masochismo che mi ripaga con scariche di pura gioia quando ce la faccio, a fronte di momenti di frustrazione che non so nemmeno come posso sopportare senza distruggere la casa. Capirete bene, però, che questa propensione può risultare controproducente e pericolosa, se unita a una finestra temporale rigida e stabilita, per provare il titolo entro i tempi di pubblicazione. Grazie al cielo, anche questa volta ce l’ho fatta: il gioco degli ucraini di Creoteam è un action vecchio stampo, cosa che da una parte comporta la linearità di trama e ambientazioni, e dall’al-

Le sequenze realizzate con il motore del gioco sono molto spettacolari, e mostrano la buona preparazione tecnica di Creoteam.

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TGM Novembre 2011

Il gioco di Creoteam è un action vecchio stampo, cosa che da una parte comporta la linearità di trama e ambientazioni, e dall’altra coinvolge la notevole durezza del gameplay tra coinvolge, appunto, la notevole durezza del gameplay, che fornisce gli strumenti utili a procedere e nulla più, senza ulteriori aiuti e sconti; non ci sono indicazioni sulla direzione da prendere o sulla soluzione a un semplice enigma ambientale, e non ci sono nemmeno scudi o salute autorigeneranti. I nemici, poi, aspettano

il loro turno solo in caso di finishing move, mentre in tutte le altre occasioni si gettano sul protagonista forti del loro numero, senza alcuno scrupolo artificiale. Un “amarcord” molto appagante, insomma, per chi dei videogiochi d’azione ha sempre apprezzato anche la sfida, se non fosse che a questo punto non so nemmeno

Gli sviluppatori hanno tenuto questi energumeni per le fasi avanzate del gioco. A ogni modo, ne incontreremo parecchi.


Review Gli scontri contro i boss sono piuttosto vari, con Quick Time Event, strategia precise e necessità di destreggiarsi in combattimento.

STORIA DI GUERRA, ALIENI E ONORE Come se non fosse bastato il conflitto atomico, nel 2013 sulla Terra si scatena un misterioso e gigantesco cataclisma, con epicentro a Kiev, che trasforma gran parte dell’Europa in una pericolosa e desolata “Zona”. Dieci anni dopo, dal punto d’inizio del disastro si propaga una nuova e violenta anomalia, più tardi denominata “First Aggression”, con orde di strane creature decise a sterminare qualsiasi forma di vita. Con la velocità con la quale gli abomini si sono diffusi, però, a un certo punto il loro cammino si ferma, probabilmente per l’incapacità dei sanguinari visitatori ad adattarsi alle condizioni del pianeta. Così, città e dintorni vengono ripopolati dagli esseri umani, organizzati in clan capaci di far rispettare l’ordine e la propria supremazia territoriale. Rispetto a questo scenario di partenza, le azioni del gioco sono collocate nel 2049, quando il mondo è scosso da una “Second Aggression”, ancora più violenta e potenzialmente definitiva.

Le combo sfruttano il click sinistro del mouse e i tasti direzionali, da premere nella giusta sequenza.

I poteri delle Chiavi e le combo con la spada si rivelano il fulcro di After The War dirvi quanto duri il gioco alla difficoltà normale, perché le mie quasi venti ore sono assolutamente fuori scala. Senza contare il rischio corso di non superare l’ottimo boss finale, che finalmente ho sconfitto qualche minuto fa. Spero che l’adrenalina ancora in circolo nelle mie terminazioni nervose si senta, almeno un poco, nel testo di questa recensione. Oh sì, vai così. DOPO LA GUERRA, IL COLLASSO Personalmente sono felice che il gioco in questione sia in realtà un titolo di fantascienza ucraino, Collapse: Devastated World, invece del vero sequel di After The War. L’action a scorrimento orizzontale di Dinamic Software, uscito nel 1989, ebbe un buon successo ma non so se oggi qualche produttore avrebbe rischiato grosse cifre nel tentativo di rivitalizzare un marchio comunque minore, oltretutto bisognoso di un gameplay tutto nuovo per rendersi appetibile nel 2011. Creoteam, anche a fronte di una produzione non certo a budget stratosferico, ha invece dedicato alla sua creatura tutta la cura necessaria, sugli aspetti della giocabilità e anche su una trama che, come visto in altri titoli est-europei, si collega alla tradizione della fantascienza più surre-

ale ed esistenzialista, tanto cara a Stanislaw Lem, ai fratelli Strugackij e, perché no, anche al giovane Dmitry Glukhovsky. Non ci sono finali alternativi come in Metro 2033 e S.T.A.L.K.E.R., ma dopo la prima metà del gioco anche After The War incede in sequenze oniriche e ambientazioni piuttosto astratte rispetto alle tematiche nichiliste della sci-fi post nucleare. Con risultati inferiori rispetto ai titoli citati, ma sempre meglio del semplice massacro di alieni, mercenari e mutanti. L’incipit, peraltro, non è lontano da quanto ricordiamo dell’originale After The War (che poi è tale e quale alla premessa di Fallout), con una guerra atomica fra U.S.A. e Cina a portare la distruzione in ogni angolo della Terra. Rodan è un carismatico guerriero, al servizio di uno dei clan che si spartiscono le wastleland intorno a Kiev, a cui viene affidato il compito di cucire le divisioni fra la popolazione, di fronte a una nuova minaccia di apocalittiche dimensioni; nel centro della città, per la seconda volta (maggiori dettagli sul background li trovate in un box), è sorto un portale energetico di origine oscura, da cui fuoriesce una progenie di misteriosi esseri con atteggiamento ben poco amichevole. Il nostro eroe,

Che ci fanno questi due strani personaggi, nell’economia della storia? Beh, non si capisce proprio a fondo, ma ci stanno bene lo stesso.

però, è subito trascinato in un intrigo parallelo, che coinvolge scienziati fuori di testa e lo sfruttamento della potente energia “terra”, prodotta dal portale; in particolare, esistono 4 strani manufatti, chiamati “Chiavi”, alimentati da questa fonte energetica e forieri di poteri particolari (guarda caso, tutti utili in battaglia) a chi ne fa uso. Per recuperarli, e risolvere così il mistero del varco dimensionale, Rodan dovrà farsi largo fino ai vertici del Clan, dal momento che i Lord a capo delle fazioni se ne sono impossessati: dopodiché, potente come un dio e armato fino ai denti, potrà andare incontro al suo ineluttabile destino... È da rimarcare il fatto che la fruizione della storia può avvenire a più livelli: in punti chiave ci sono cutscene atte a dare una visione d’insieme, ma il personaggio ha anche a disposizione un palmare con cui chiamare i personaggi chiave e chiedere ulteriori dettagli sulle vicende. Nello

stesso strumento sono raccolte le informazioni su obiettivi, armi, poteri e combo, con una puntigliosità che ha il sapore di altri tempi. E pensare che, alla fine, After The War è un frenetico gioco d’azione, apparentemente poco incline alle chiacchere...

LA DANZA DELLA SPADA Pur non proponendo elementi nuovi, per un action sci-fi, After The War ha il merito di offrire una discreta varietà lungo lo scorrere dei livelli, tra combattimenti, piccoli enigmi e brevi fasi platform (a volte un po’ frustranti). Il gameplay si fonda sull’uso, grossomodo nella stessa misura, di classiche armi da fuoco e di una spada, inseparabile compagna di Rodan, che permette di esibirsi in pirotecnici movimenti; accanto a nuovi fucili, armi più potenti “usa e getta” e nuove movenze con la lama, inoltre, nel corso dell’esperienza ci vengono fornite le citate Chiavi, brutalmente

Bravo, vedo che puoi fermare il tempo. Fra poco saprò farlo anche io, e non mi farò agguantare come te. Novembre 2011 TGM

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Attenzione a imparare bene le combo più potenti: nei pressi del finale, servono tutte.

Questa immagine può dare l’impressione che in After The War ci siano veicoli. Invece, si riferisce a un piccolo gioco di abilità e tempismo.

A differenza di quanto visto in Warhammer 40.000: Space Marine, armi da fuoco e spada sono gestiti separatamente, alla pressione di un tasto.

Ogni feature funziona, anche sotto il profilo tecnico, ma è anche rispondente a una qualità visiva piuttosto attempata

assimilabili a un’onda d’urto, un potente raggio energetico e alle facoltà di creare un clone da battaglia e fermare il tempo, nella corposa parte finale del gioco. Quattro poteri che, insieme alle armi e alle raffinate combo, vengono introdotti dove sono necessari, minuziosamente scanditi dagli sviluppatori, senza alcuna velleità di potenziamento o crescita RPG. Di contro, Creotem ha posto particolare attenzione nel funzionamento delle singole feature, ben bilanciate ai fini dell’azione: l’elemento più scontato è da ricercare nelle dinamiche shooter, che non poggiano sulla copertura automatica ma offrono un’azione piuttosto canonica, con focus da sopra alla spalla e arsenale aderente a quanto siamo abituati (10 pezzi in tutto, con un paio di ar-

mi a una mano dotate di proiettili infiniti, insieme a fucili e mitragliatori progressivamente più potenti); più interessante, invece, si rivela la gestione della spada, grazie a combo appaganti e non troppo cervellotiche, che offrono al personaggio la possibilità di orientare il colpo in esecuzione, lungo e devastante, per difendersi da gruppi di nemici davvero poco cortesi. I poteri delle Chiavi (con piccoli puzzle a tema) e le movenze del combattimento all’arma bianca, in effetti, si rivelano il fulcro di tutta l’esperienza, fino a trovare un appagante climax nella parte conclusiva, in cui ogni singola nozione di battaglia ha la sua importanza, anche relativamente alle combo. Le IA, dal canto loro, sono “addestrate” per dare del filo da torcere: non manca qualche momento di catatonia, ci

Le fasi platform possono essere frustranti. Almeno, però, si muore in mezzi a piacevoli panorami.

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TGM Novembre 2011

QUALCHE PECCA La realizzazione di ATW è quantomeno onesta, e ciò è vero anche sul versante visivo: modelli, effetti e texture rispondono a standard attempati, ma allo stesso tempo mostrano una certa cura nel design, riproposta nelle interfacce, offrendo una leggerezza d’insieme capace di girare su qualsiasi macchina, a meno che non sia davvero il tempo di cambiarla. Allo stesso tempo, le principali limitazioni di ATW si concentrano proprio nel comparto grafico, andandosi ad aggiungere all’eccessiva linearità dell’impianto di gioco. Ogni feature funziona, ma è anche rispondente a una qualità visiva che i colossi del genere possono frantumare, se proprio si vuole imbastire un confronto. Al di là della contenuta prestanza del sistema di illuminazione e di alcuni effetti, come le esplosioni, il gioco presenta una ridotta interazione con oggetti e scenari, nonostante la distruttibilità di alcune pareti e pilastri; nelle sparatorie contro i mercenari, poi, a volte si ha l’impressione di colpire fantocci insensibili al dolore, come robot, a causa di animazioni troppo esigue (quelle di Rodan sono più che buone, però, specie con la spada sguainata). In termini di tipologie di nemici e ambientazioni, la varietà non è certo ai massimi livelli, e questo mette in risalto la scarsa originalità degli elementi visivi: l’eroe con le treccine e la mascella quadrata l’abbiamo già visto nel remake di

Bionic Commando e, molto prima, in SiN di Ritual Entertaiment, così come non mancano i mostri alien-like (lenti come zombie, però) e i mercenari ispirati a noti anime. La colonna sonora non è male, pur se un po’ ripetitiva, con motivi elettronici intervallati da musica classica da camera, piacevolmente dissonante rispetto agli scenari. Altri elementi a favore di ATW sono la buona traduzione integrale e il costo contenuto per un’esperienza divertente, ovvero i fattori legati alla politica di FX Interactive, che distribuisce in Italia il gioco. Mario Baccigalupi Secondvariety@sprea.it

Commento After The War non può essere paragonato ai migliori action sul mercato, ma ha il pregio di divertire e si dimostra solido, anche a livello di plot, nel proporre la sua bagarre di fantascienza post-apocalittica. Con tante armi e tante combo, nel suo caso, perché il gameplay va nella direzione degli sparatutto e anche degli slasher, con l’aggiunta di 4 poteri al servizio di combattimenti e piccoli enigmi; alle note positive si aggiungono gli scontri con i boss, piuttosto complessi e ben concepiti, e il buon livello della sfida (esclusivamente single player). Non è troppo aggiornato nell’impianto visivo, però, e non è certo un esempio di originalità in termini di game design.

Belle combo, perfettamente calibrate per il PC. Atmosfera convincente. Boss e sfida conclusiva ben concepiti. Tecnicamente vecchio. Troppo lineare.

75

VOTO

mancherebbe, ma in generale i nemici presentano un alto il livello di aggressività, tra abomini multidimensionali, semplici fanti e mercenari armati di spada. Infine, fanno la loro porca figura anche gli scontri contro i boss, caratterizzati da piccoli momenti di Quick Time Event (particolarmente frenetici) e da solide basi di combattimento, con la necessità di padroneggiare al meglio le armi e usare un minimo di materia grigia.


CPU: Single Core 1.7 GHz (Dual Core 2 GHz) RAM: Scheda Video: Una qualsiasi con 256 MB Spazio su HD: 1,5 GB Connessione: ADSL

1 GB (2 GB)

SVILUPPATORE: Hothead Games PUBLISHER: HotHead Games DISTRIBUTORE: Steam MULTIPLAYER: Assente LOCALIZZAZIONE: Assente PREZZO INDICATIVO: € 12,99

www.thebaconing.com

The Baconing Ok che non c’è due senza tre, ma di questo passo arriveremo a cinquanta giochi di DeathSpank prima della fine del mondo. Ricordate, è solo tra pochi mesi, nel 2012…

Ritorna DeathSpank, in un mondo un po’ diverso da quelli frequentati nei precedenti episodi. È l’unica novità, sia chiaro…

anche se nel titolo non c’è scritto, questo è DeathSpank, atto terzo…

DIAB(L)OLICO RITORNO Per chi si fosse perso i passaggi di questa superveloce telenovela, ricordiamo che DeathSpank è da sempre (da sempre… si fa per dire) una saga di action RPG che fa il verso, alla lontana, a Diablo, con un elemento comico piuttosto marcato. Il gameplay non è così complicato: il personaggio principale (dovreste sapere come si chiama, a questo punto) ottiene quest, riduce in polvere centinaia di nemici, ottiene ricompense, livella, acquista nuove armi e abilità e ricomincia, fino all’inevitabile fine. Tutto questo accompagnato da una grafica colorata e particolarmente gradevole. Facile? Facilissimo direi, tanto che, vista l’assoluta mancanza di novità di rilievo tra questo The Baconing e i suoi predecessori, ci si chiede se davvero ha senso un ennesimo seguito senza una traccia scarsa di novità. Ah sì, una piccola novità c’è: a differenza dei suoi due predecessori, The Baconing è ambientato su un pianeta futuristico e abbandona le ambientazioni più

fantasy del passato. Questo di sicuro non basta per chi ha già fagocitato i due DeathSpank, ma tant’è: se proprio non vi siete stufati, allora The Baconing è qui, tutto trepidante di farvi sorridere qualche ora in più. Giusto qualche ora, eh, il tempo che alla Hothead facciano un quarto episodio… Massimo “NKZ” Nichini (nkz@sprea.it)

Commento The Baconing è il terzo capitolo della saga più veloce di tutti i tempi. Con i suoi predecessori condivide sistema di combattimento, levelling, tipo di quest, abilità, stile grafico. Tutto, insomma. Questa uniformità, seppure è una certezza per chi ha apprezzato i primi due episodi, potrebbe risultare stucchevole per chi invece cerca qualcosa di nuovo o si è stufato del meccanismo di base. Preso come gioco a sé, The Baconing è abbastanza gradevole, ma ci chiediamo davvero se avesse senso questo ennesimo seguito.

Un po’ Diablo, un po’ spiritosone. Qualche trovata divertente c’è… … ma è scritto meno bene dei predecessori. C’è davvero qualcuno che ne vuole ancora?

60

VOTO

R

la software house con la quale ha prodotto il suo ultimo successo. Ricordate DeathSpank? Dovreste, visto che il titolo originale e il suo seguito sono usciti meno di un anno fa. Ebbene, dopo l’abbandono di Hothead per altri lidi (si vocifera Come in passato, l’interfaccia permette di per ricongiungersi con altri combattere con i due pulsanti del mouse, di fedeli amici della vecchia usare pozioni e di passare in rassegna diversi LucasArts), gli altri svilupset di armi. Per il resto, è puro Hack & Slash. patori si sono detti “Ok, perché non facciamo un terzo capitolo?”. Qualcuno avrà detto “ma non è un po’ presto?”. Ma deve essere stato incenerito da qualche palla di fuoco o trafitto da una spada di ghiaccio, perché siamo qui proprio a parlare di The Baconing. Sì,

on Gilbert, la mente geniale che ha aiutato i nostri schermi a produrre gioielli come Maniac Mansion, e Monkey Island, non c’è più. O meglio, c’è ancora, solo non lavora più con Hothead Games,

Novembre 2011 TGM

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CPU: Dual Core 1.6 GHz RAM: 1.5 GB Scheda Video: ATI Radeon HD 3650/nVidia GeForce 7800 GTX Spazio su HD: 1.2 GB Connessione: ADSL

SVILUPPATORE: ACE Team PUBLISHER: Atlus DISTRIBUTORE: Steam MULTIPLAYER: Internet LOCALIZZAZIONE: Completa PREZZO INDICATIVO:

€ 7.99

www.atlus.com/rockofages/

ROCK OF AGES

“Ecco il senso della vita: beh, non è niente di speciale... siate gentili con il prossimo, non mangiate i grassi, leggete un buon libro, fate passeggiate e cercate di vivere in pace e armonia con gente di ogni fede o nazione” (Il senso della vita, Monty Python, 1983)

A

bbiamo fatto bene ad attendere con fiducia e una certa apprensione (per il ritardo) l’opera seconda di ACE Team, dopo la sorprendente prova data con Zeno Clash. In diversi aspetti, anche Rock of Ages è animato dalla scintilla del genio creativo, pur prendendo forma da un vorticoso mix di citazioni a matrice artistica ed elementi relativamente noti in ambito videoludico. Ispirandosi dichiaratamente alle animazioni realizzate da Terry Gilliam, durante la lunga militanza nei Monty Python (vi prego, non ditemi che non li conoscete, e in caso rimediate subito!), ACE Team porta il suo tower defence sui generis a fare la conoscenza di fatti e personaggi della storia umana, con partenza dalla Grecia classica e arrivo, grossomodo, alla fine del ‘700. Purtroppo, il brusco epilogo e la longevità generale di RoA contribuiscono

a ridimensionare un poco il valore dell’esperienza, dando l’impressione che a un certo punto il piccolo team cileno si sia fermato, in modo un po’ artificiale, per non incedere in ulteriori rinvii e concretizzare finalmente il lavoro degli ultimi anni, comunque encomiabile sotto tanti aspetti. In diverse situazioni, che comprendono dettagli grafici (minuzie, alla fine) e, soprattutto, la mancata differenziazione della difficoltà, si ha proprio una sensazione di “incompletezza”, amplificata dal fatto che di un bel gioco come Rock of Ages non si è per niente sazi, dopo 4-5 ore di campagna in singolo. Ma anche questo è una specie di complimento, no?

LA PIETRA E IL MAMMUT Prima di procedere alla spiegazione del gameplay, chiariamo un concetto relativo alla natura di Rock of

Di un bel gioco come Rock of Ages non si è per niente sazi, dopo 4-5 ore di campagna in singolo Ages, che in parte giustifica la limitatezza del single player: tanto la modalità principale quanto le opzioni secondarie sono state concepite per dare il loro meglio nell’ambiente online, oppure nelle partite a schermo condiviso; ciò non significa che lo storymode sia noioso, ed è anzi vero il contrario, ma l’impostazione “competitiva” del titolo risulta chiara in tanti aspetti, peraltro senza che si trovino troppi giocatori (almeno, al momento è così) da sfidare in multiplayer. In ogni modo, lo schema della principale opzione di gioco, denominata Guerra, è più ostico da mettere su carta di quanto si riveli nella pratica: innanzitutto, diciamo che RoA

si muove su due fronti, in attacco e in difesa, rispettivamente con un’enorme palla di pietra e una serie di unità, da piazzare sulla strada del nemico (IA o giocatore in carne e ossa). I controlli sulla sfera sfruttano i tasti direzionali, come in un gioco d’azione (in particolare, se conoscete la serie di Metroids, sembra di guidare una Morphball), e permettono di rotolare su diversi percorsi, tortuosi o geometrici a seconda dei riferimenti “scenici”, evitando le insidie fino ad abbattere, in più riprese, il portone del castello avversario; dopo ogni tentativo, mentre la palla viene nuovamente costruita, possiamo piazzare sul percorso del nemico (specula-

Il nostro eroe, che usa la sfera a mo’ di “pokemon”, si trova invischiato in un turbine di citazioni. Questa, tra storia e cinema, è tra le più facili.

Gli upgrade comportano sempre una scelta tattica, tra una sfera possente e difese più massicce.

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TGM Novembre 2011


Review RUZZOLIAMO INSIEME

I boss sono relativamente semplici da battere. A livello scenico, però, sono uno meglio dell’altro.

La modalità di gioco descritta nell’articolo anima lo storymode (fatta eccezione per gli scontri con i boss, esclusivamente alla guida della palla) e le partite multiplayer più lunghe e complete. Ci sono, però, altre due semplici opzioni di gioco: nella “Ruzzolata” si guida la sfera giù da un’impervia discesa, cercando di evitare le insidie a velocità molto sostenuta, fino a tuffarsi in un tabellone con buche dal diverso valore; la “Prova a tempo”, invece, si svolge sui percorsi visti nello storymode e ha un titolo che lascia disoccupati i redattori, visto che si spiega da sé.

Le chiavi sono piccoli oggetti bonus, utili per sbloccare il relativo achievement. In alcuni casi, non questo, sono poste in zone difficili da raggiungere.

Questo livello si chiama “Piemonte”. Ora, i casi sono due: non ho capito la citazione, magari riferita alla stirpe reale italiana, oppure c’è un madornale errore.

le spettacolo di sagacia, retto da un re rispetto al nostro, da studiare con notevole sfoggio di cultura (ludica visuale e opzioni RTS) espediene non) e da una base tecnica piutti atti a rallentarne la discesa, nel tosto solida, al di là dei citati limiti modo più veloce possibile per imdelle intelligenze artificiali. In pedire all’avversario di sfruttare una effetti, sono qui a pregare un bampartenza anticipata, come in un pitbino di 10 anni perché faccia una stop fantasy, visto che tutto si svolge partita con me, cercando di corromin tempo reale. Palla e unità di difeperlo con una merendina nuova per sa, inoltre, si presentano in versioni la scuola. Peraltro, far innamorasempre più potenti, che vanno acquire mio figlio di Rock of Ages è stato state con una quantità di “denaro” facile: è bastato fargli vedere San proporzionale all’efficacia sul campo Michele, rigorosamente “ritagliato” di battaglia (la moneta, ovviamente, da un affresco, mentre vola sul draproviene dall’abbattimento di nego a mo’ di Devil May Cry... mici ed elementi dello scenario). Purtroppo, a fronte di meccaniche ben concepite e oliate, è la CPU a WE HAVE WAYS rovinare un po’ la festa, con una OF MAKING YOU LAUGH prestazione dignitosa ma altalenanQuello descritto poco sopra, alla fite: le routine si rivelano piuttosto ne del paragrafo, non è che uno dei abili nel confezionare i trabocchettanti siparietti proposti da RoA, fra ti, tenendo presente l’inerzia in un livello e l’altro dello storymode. curva e la velocità della palla, ma C’è anche Carlo III di Borbone che allo stesso tempo permettono La palla si frantuma, se troppo maltratal giocatore di rifarsi con la tata, diminuendo di peso e di volume pura abilità manuale, sempli- lungo il tragitto, con ovvie conseguenze cemente guidando al meglio sulla potenza dell’urto finale. la propria sfera. Entrando a fondo nello spirito di Rock of Ages, però, si è pronti a ridimensionare anche una magagna del genere, pur se aggravata dalla mancanza di livelli di difficoltà alternativi: oltre a essere molto divertente, il gioco di ACE Team è un imperdibi-

va a caccia con l’HUD simil DooM, Napoleone sul cavalluccio a dondolo (che gli esplode in faccia per eccesso di entusiasmo), Aristotele tramutato in zombie e tanto altro ancora: nella maggior parte delle “scenette” l’atteggiamento è satirico verso personaggi ed eventi della storia, mentre in altri casi il piglio è semplicemente divertito nell’interpretare fatti, mitologie e leggende della vecchia Europa (con streghe, dei pagani e persino con il “vero” principe Dracula, Vlad III di Valacchia). Anche per le unità strategiche le scelte sono peculiari e studiate, sul filo dell’ispirazione al nonsense anglosassone: mucche, mammut corazzati, trottole volanti ed enormi nuvole tempestose trovano un ruolo preciso nel gameplay, e contemporaneamente si lasciano guardare con piacevolezza, nel loro connubio di modelli tridimensionali e “intarsi” 2D. Come ciliegina sulla torta (piccola ma buona), ci sono i boss dello storymode: draghi, statue e déi capricciosi sottolineano la propensione di Rock of Ages per una fruizione leggera e rilassata, con enigmi e logiche mai troppo difficili da inquadrare, ma confermano anche la notevole padronanza tecnica

di ACE Team sugli strumenti del Source. Parola di Crono. Mario Baccigalupi Secondvariety@sprea.it

Commento Rock of Ages è proprio un bel “giochino”, anche se avremmo preferito eliminare il vezzeggiativo: a nostro avviso sarebbero bastati un paio di livelli di difficoltà in più, magari con tenui vantaggi per le IA (leciti e usati da una miriade di titoli), per rendere più appetibile un gioco certo molto bello, ma anche terribilmente corto. È anche vero che c’è una robusta struttura multiplayer, ma al momento non si trovano molti giocatori da sfidare, a meno di avere in casa qualcuno per un match in split screen. Tuttavia, il titolo di ACE Team è anche un originale mix di azione, strategia e intelligenza creativa, realizzato da una SH che continua a sorprenderci positivamente, sotto ogni punto di vista.

Impianto visivo “colto” e ispirato. Divertente da giocare e da vedere. Buona realizzazione tecnica. Colonna sonora un po’ anonima. Storymode breve, oltre che facile.

80

VOTO

Rock of Ages si muove su due fronti, contemporaneamente in attacco e in difesa, con un’enorme palla di pietra e una serie di unità da piazzare sulla strada del nemico

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GRAND PRIX 2 Mentre Codemasters ci catapulta nel mondo della Formula 1 moderna, il viaggio nel tempo di questo mese rispolvera gli anni di Damon Hill, Schumacher, Berger e Alesi, quando le simulazioni di corsa erano una cosa seria.

Verstappen, Blundell, Pedro Lamy, Morbidelli... In totale, GP2 conteneva sedici tracciati e quattordici scuderie con i loro ventotto piloti.

C

i sono giochi a cui capita di affezionarsi, per mille motivi. Capita a volte che i giochi cui ci si affeziona siano dei mezzi cessi, e pazienza: in quel caso non ci si può far niente, perché al cuore non si comanda. Capita altre volte che i giochi a cui ci si affeziona siano dei capolavori, ed è quindi doppiamente bello tornare a visitarli, anche solo per qualche ora. È il caso per me di Grand Prix 2, conosciuto semplicemente come GP2, acquistato nell’estate del lontano 1996 nel primo Media World italiano, aperto in un centro commerciale a pochi chilometri da Bergamo. Infilato il CD nel lettore la sera stessa, lì ha soggiornato per diversi mesi. Altri tempi, si intende. Tempi in cui uno poteva passare pomeriggi interi a limare l’assetto per una gara, e lo faceva. Tempi in cui i salvataggi non finivano nella “nuvola” di Steam, pronti a essere recuperati automaticamente al primo formattone, ma venivano gelosamente salvati prima su floppy, poi su CD-ROM, poi sui progenitori degli hard disk “esterni” (ergo, gli orrendi cassettoni estraibili); salvataggi che custodisco ancora oggi, a distanza di quindici anni, e che ho ricaricato con un po’ di emozione quando ho lanciato nuovamente GP2,

Il gioco rappresentava un enorme passo avanti in termini grafici e di simulazione: treddì vero, con tanto di texture mapping per le livree delle monoposto (con variazioni per le gare in cui non si potevano esporre gli sponsor del tabacco), grafica in SVGA a 640x480 che richiedeva computer uber-potenti per girare fluidamente, e un motore fisico primitivo ma estremamente efficace, in grado di gestire collisioni, pezzi di automobile che si staccano dopo un incidente (chi ci ha giocato ricorderà senz’altro i tentativi di tornare ai box con tre ruote, o l’impossibilità di sterzare se dopo un impatto troppo violento si perdevano le due anteriori), e addirittura le vetture che possono staccarsi da terra e prendere il volo (ma non ribaltarsi): cose che oggi sono all’ordine del giorno, ma che allora riempivano di meraviglia i giocatori che non avevano mai visto una simulazione con tre veri gradi di libertà. rigorosamente sotto DosBox. Nel giro di pochi secondi mi sono ritrovato nuovamente nel febbraio del 1997, a metà del mio secondo campionato, impegnato nel circuito francese di Magny-Cours. Il gioco possiede la licenza ufficiale della stagione 1994, una delle più drammatiche della storia della Formula 1, con il Gran Premio di Imola in cui persero la vita Senna e Ratzenberger, assenti per rispetto dal roster dei piloti. Erano gli anni di Damon Hill sulla Williams, Mika Hakkinen su McLaren e Michael Schumacher su Renault, con Alesi e Berger sulle rosse di Maranello, Barrichello che ancora militava in Jordan, gli indimenticati Katayama, Nonostante gli anni sulle spalle, il gioco aveva un sacco di telecamere, comprese quelle poste sotto gli alettoni o alle spalle del pilota.

Il gioco possiede la licenza ufficiale della stagione 1994, una delle più drammatiche della storia della Formula 1, con il Gran Premio di Imola in cui persero la vita Senna e Ratzenberger 82

TGM Novembre 2011

Grand Prix 2 permette di affrontare un’intera stagione di Formula 1, con tutte le competizioni nell’ordine in cui sono state corse nel 1994, un solo week-end di gara, scegliendo se farsi tutto quanto (prove libere la mattina di venerdì e sabato, qualifiche e gara), oppure impratichirsi su un circuito specifico. Un menu apposito consente di decidere durata delle prove, strategia dei pitstop e livello degli avversari. Per chi ha fretta esiste la corsa rapida: anche qui, da un menu apposito è possibile decidere il tracciato predefinito, la posizione in griglia alla partenza e il numero di giri da affrontare. Si tratta di un simulatore di guida duro e puro, che non concede niente ai faciloni. Su tutte, basta ricordare che non è possibile ricominciare una gara in caso di inGià riuscire a capire cosa sono tutti questi numeri è complicato; sapere anche come influenzano il comportamento della macchina è chiedere troppo.


TGM Classic Ehi, non sapevo che a Montecarlo crescessero alberi così grossi!

Il mitico Heinz-Harald Frentzen, pilota della Sauber con cui ho giocato tutti i miei campionati di GP2!

Non c’è secondo in cui non ci si senta in ansia per la potenza scatenata dal motore alle spalle del pilota, non c’è curva nella quale non ci si preoccupi che la macchina possa intraversarsi cidente/guasto/errori, ma solo di abbandonarla o di caricare un salvataggio precedente. Onde permettere comunque anche agli esseri umani di essere giocato, GP2 offre una serie di aiuti che possono essere attivati/disattivati dinamicamente durante le gare premendo i tasti funzione da F1 a F7, e che sono lo sterzo assistito, la frenata assistita, il raddrizzamento automatico della macchina dopo un incidente, l’indistruttibilità, la traiettoria ideale, il cambio automatico e il controllo di trazione. Cinque i livelli di difficoltà, con più o meno aiuti disattivati in maniera permanente. L’aspetto sicuramente più riuscito di GP2, grafica e motore fisico a parte, è come si controlla la monoposto. Non c’è secondo in cui non ci si senta in ansia per la potenza scatenata dal motore alle spalle del pilota, non c’è curva nella quale non ci si preoccupi che la macchina possa intraversarsi. Mentre il design dei giochi moderni tende a rassicurarci, a farci sentire “padroni” della macchina, a darci una sensazione completa di controllo, ad aiutarci quando sbagliamo (pensiamo ai rewind!) GP2 è maestro nel non farti mai sentire a tuo agio, a non farti mai abbassare la guardia, perché una distrazione, una curva presa soprappensiero porta inevitabilmente a girarsi, o peggio ancora a schiantarsi contro qualcosa o qualcuno. Esattamente come per i piloti veri, che non guidano certo rilassati, ma passano due ore sotto tensione e sempre concentrati al massimo. Il modello di guida è una roccia, graniticamente prevedibile, e non lascia nulla al caso: gli incidenti sono sempre, sempre sempre imputabili a un nostro errore, mai a un problema della simulazione. Allo stesso modo, riuscire a recuperare da un cordolo preso troppo velocemente dosando bene freno e acceleratore, correggendo leggermente la traiettoria, tenendo in pista la macchina che vuole scodare, placare il motore che ruggisce per un fuorigiri, è solo merito del pilota. GP2 pretende il massimo dal giocatore, ma gli regala il massimo della soddisfazione. Sosta ai box, con scelta di quanto carburante caricare, e quante altre soste pianificare. Notare l’omino che pulisce la visiera del casco.

Un altro elemento di grande importanza della simulazione è la modifica degli assetti delle vetture: si può intervenire su un sacco di variabili, dal rapporto di frenata all’incidenza delle ali anteriori e posteriori, passando per i rapporti delle singole marce alle strategie per i pitstop. Esistono anche impostazioni avanzate che consentono di agire su sospensioni, rollbar et similia. I setup variano da circuito a circuito, e possono essere diversi per qualifiche e gara. Il gioco supporta anche i guasti al motore, al cambio, all’elettronica, alle sospensioni, persino le perdite dai circuiti di olio e di raffreddamento: non è molto frequente, ma può capitare di trovarsi con una bancata che fuma all’improvviso, o di girare con il cambio bloccato in terza marcia (e lo stesso dicasi per gli altri piloti). Assenti in toto le condizioni meteo, così come i regolamenti della federazione, con l’unica eccezione della bandiera nera, esposta per chi cerca di fare il furbo tagliando troppo le curve, e che rallenta la vettura per un breve periodo di tempo. Concludo accennando solo al multiplayer, perché davvero i tempi non erano ancora maturi. Il gioco lo supportava, ma era necessario un collegamento via cavo (fisico, tra i due PC) oppure via modem. E niente split screen: i più disperati potevano gioca-

Alla guida di questo ammasso di pixel verdi, bianchi e blu c’era un Michael Schumacher 25enne che si apprestava a vincere il suo primo mondiale. Come ogni simulazione che si rispetti, l’unica visuale con cui si può gareggiare seriamente è quella interna.

Per quanto primitivi, si potevano vedere i replay degli ultimi trenta secondi di gara, da diverse angolazioni, e persino salvarli.

re nella modalità “hot seat”, in pratica alternandosi alla tastiera, lasciando al computer di controllare la propria auto durante i turni altrui. Un delirio che mi vanto di non aver mai e poi mai provato in tutta la mia vita. E adesso mi perdonerete, mi aspettano le qualifiche sul circuito dell’Estoril... Pochi poligoni a disegnarla, ma la curva del Loews di Montecarlo è inconfondibile.

CORRERE IL CAMPIONATO 2011? SI PUÒ! Trattandosi di una simulazione fatta come si deve, GP2 permette di salvare e caricare praticamente ogni cosa, dai giri veloci ai replay, passando per i setup delle vetture e i savegame veri e propri. Questo ha consentito il fiorire di diverse community di appassionati che hanno messo in rete tutto il “mettibile”. Per chi non ha voglia di impazzire troppo con le regolazioni delle monoposto può quindi essere utile cominciare recuperando i settaggi delle auto specifiche per ogni circuito. Il gioco ha riscosso un tale successo che nel corso degli anni fan e smanettoni di tutto il mondo l’hanno praticamente vivisezionato e modificato sotto ogni aspetto, realizzando utility per cambiare le livree delle auto, i cruscotti, aggiungendo nuovi tracciati e un sacco di altra roba per veri impallinati (del tipo, le ombre realistiche delle auto della stagione 1997, o la riproduzione dei semafori di Monza. Non so se mi spiego). Se vi interessa sperimentare un po’ con queste cose, o semplicemente aggiornare GP2 alla stagione attuale con auto e circuiti, un ottimo punto di partenza è grandprix2.de, dove trovate una pletora di materiale e link a un sacco di altri siti. Una sola avvertenza: molte delle utility sono vecchiotte, e hanno qualche difficoltà a essere digerite dai moderni sistemi operativi, in particolare quelli a 64 bit. Del resto, il vero appassionato si crea una macchina virtuale solo per GP2, altro che DosBox!

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Indie zone Roberto “il Cinese” Turrini turrini.roberto@tgmonline.it

Verso una definizione di indie #02

A

Per segnalazioni, osservazioni e insulti, il mio indirizzo di posta elettronica vi e amico.

i tempi dell’Università, quando mia moglie ancora non era mia moglie e ci si divertiva a seguire i corsi l’uno dell’altro, un po’ per stare insieme, un po’ per condividere le lezioni più stimolanti, ricordo che partecipai ad un’esercitazione volta ad illustrare quanto la percezione di un concetto, di una parola o di un fatto, potesse variare, anche enormemente, da una persona [o da un gruppo di] all’altra, indipendentemente dal fatto che vivessero, o meno, nello stesso luogo o appartenessero ad un analogo strato sociale. Uno dei giochi più classici che permette di accorgersi di quanto appena detto è il banalissimo “telefono senza fili”, che, se orchestrato con cognizione di causa, può davvero dimostrarsi un’esperienza illuminante. Ispirato da una conversazione notturna e marittima con il “sempre verde” Ivan Conte, ho pensato di chiedere a tutti i membri [o collaboratori] della redazione di TGM una definizione personale dell’aggettivo “indipendente”, così da verificare, per mezzo di una meno scientifica “distinzione di idee”, quale significato ciascuno di essi potesse associare al medesimo significante. Il risultato dell’operazione, come mi aspettavo, permette di capire chiaramente il grado di imprecisione che una qualsiasi etichetta “videogioco indie” finirebbe col comportare. Spero che la lettura diverta anche voi, così come, il redarla, ha divertito me.

standard tecnici, per ritornare alla creatività 0.0.

Indipendènte agg. [comp. di in-2 e dipendente, part. pres. di dipendere]:

Davide “ToSo” Tosini Mi piace pensare che dietro la parola "indie" si nascondano tre ragazzi dentro a un garage, come i Metallica quando suonavano le robe belle per davvero, solo che invece di chitarra, batteria, basso e microfoni ci sono dei computer, e delle linee di codice che si trasformano in esperienze indimenticabili per chi ha gli occhi giusti per guardarle. Poi, però, mi sveglio e vedo studi da 30 persone che pubblicano giochi nella categoria "indie" di Steam, e mi chiedo se ha davvero senso provare a etichettare un'idea.

Ivan “Kikko” Conte L'indie dovrebbe essere quella cosa per cui uno si chiude con qualche amico in uno sgabuzzino, ordina una pizza e una birra, e si mette a encodare fino a farsi venire il sangue ai polpastrelli. Il soldo che verrà dovrebbe essere frutto del suo solo lavoro, e non la conseguenza di investimenti altrui. Purtroppo, non sempre è così... Mario “II-Variety” Baccigalupi Un modus operandi che elimina, di colpo, decine di anni di ingerenze produttive e ingombranti

turrini.roberto tgmonline.it

Claudio “keiser” Todeschini Direi che "indie" sono quei giochi sviluppati da piccoli team (anche di una persona) senza pressioni diverse da quelle di chi ci lavora: niente vincoli da parte del publisher su budget, data di uscita ecc., dove giocoforza trovano più spazio creatività, idee originali e impegno. Rikkomba "La" Vivente agg., che non ha alcun rapporto di dipendenza verso cose, persone o concetti, "Il conto del dentista è indipendente dal lavoro svolto". agg., isolato, sconnesso, "Vendesi struttura indipendente di 200mq a 5 minuti dal centro di Milano a soli 100mila euro, zona Baranzate di Bollate (MI) agg., consulente esterno, "Da oggi sono un indipendente della ditta" agg, che non gliene potrebbe fregare di meno a nessuno, "Ecco un fantastico cortometraggio indipendente che ci racconta che anche il pus soffre come noi".

Mirko “TMB” Marangon Indipendente per me è la realizzazione del sogno di quel ragazzino che 15 anni fa spediva a TGM una busta piena di dischetti da 3.5”, nella speranza di vedere la sua opera recensita fra le pagine del Talent Scout. Oggi può ambire al mondo, ed è qualcosa di assolutamenL’evoluzione dei videogiochi, di Ricardo Tokumoto (ryotiras.com - 2011) te incredibile.

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Luca “Adso” Cassia "Indipendente" è un aggettivo che ho sempre trovato interessante quando associato a videogiochi, cinema, stampa e, perché no, adult entertainment. Cosa sta a significare quel "indipendente"? Indipendenti da chi poi? La risposta è, nella mia humblissima opinione, una e una sola: "noi siamo quelli poveri". E bon; sta solo a significare che ci sono pochi soldi, che lo si è fatto con sprezzo del pericolo e degli schemi; ma con 2 lire. Ecco, forse oltre che "povero" potrebbe anche chiamarsi "spavaldo", to'. Poi boh. Paolo Davide “Mascalzone” Lumia 1. Chi crea e non copia, senza farsi influenzare dai cliché, corrompere dai cachet procedendo per la sua strada senza chiedersi il perché. Es: invenzione del bidé. 2. Curvone rialzato di Indianapolis ad ampio raggio. Andrea “Giopep” Maderna Sono stato venti minuti a fissare la pagina bianca di Word e continua a non venirmi in mente nulla. Simone “Karat45” Tagliaferri Per indipendenti intendo tutti quei giochi che sono fuori dal giogo dei grandi publisher, sia a livello produttivo, sia a quello realizzativo. La scena indie non è, come molti credono, formata da un nugolo di nerd snob, ma da gente che si diverte ancora a realizzare videogiochi. Ecco, forse la chiave è il divertimento, chissà. Carlo “NeoSquall” Cicalese Una persona, o un gruppo di persone, che non lavora per conto di altri. Nell’ambito videoludico uno sviluppatore è indipendente quando può lavorare sulle proprie idee ed averne il completo controllo creativo, senza interferenze dei publisher. E voi? Se avessi chiesto a voi, di definire l’aggettivo “indipendente” senza ricorrere all’uso di qualsivoglia vocabolario, quale risposta mi avreste dato? 8


A cura di Simone “Karat45” Tagliaferri simone.tagliaferri@gmail.com

Shoot ’'em up

P

erché parlare di shoot’em up nell’epoca degli sparatutto in prima persona? Intanto perché continuano a uscire nonostante siano appetibili soltanto ad una ristretta nicchia di videogiocatori, e poi perché è sempre giusto ricordare che il mondo dei videogiochi non sarebbe quello che è

oggi, senza Space Invaders. Sparare e schivare è l’essenza stessa dei titoli d’azione, nati tutti dalla stessa madre (anche se alcuni vorrebbero disconoscerla). Vediamo questa carrellata di sparatutto piuttosto recenti, per capire che fine ha fatto il genere più in voga negli anni ottanta.

»Sviluppatore: Siter SKAIN »Sito: siterskain.com/as/index.html

ALLTYNEX Second Il bullet hell è un sottogenere degli shoot’em up molto in voga in Giappone. Anche se da noi non arrivano tutti, la scena indie giapponese ne produce a ritmo continuo. ALLTYNEX Second richiede dei riflessi fulminei e una grande capacità tattica, nonostante sia uno sparatutto. La profondità che caratterizza il gameplay, vero marchio distintivo delle opere di Siter SKAIN, lo pone una spanna sopra a produzioni simili, indie e non, e lo rende un acquisto consigliato. L’unica vera controindicazione è la difficoltà nel reperirlo: online lo si trova, ma soltanto in negozi in lingua giapponese (Reflex aveva goduto di una distribuzione retail). Chi ha difficoltà con la lingua di Doraemon, eviti di inserire dati personali in campi strani. Frenetico fino alle viscere Non lunghissimo

+-

P

oi un giorno gli shmup, perso il loro appeal commerciale, abbandonarono ogni freno. I timidi nemici, che prima sparavano uno o due colpi alla volta, iniziarono a sputare quintali di piombo contro il povero giocatore, che si trovò a fronteggiare un vero e proprio bullet hell. Il neonato sottogenere, dedicato a quei pochi eletti capaci di fronteggiarlo senza perdere il senno, ha ben presto preso il controllo del mondo degli shoot’em up. La scena indie giapponese è stata ed è caratterizzata dalla produzione di un gran numero di manic shooter. Tra i recenti autori più innovativi spiccano i Siter SKAIN, che con Reflex prima e ALLTYNEX Second poi, hanno fatto loro la lezione impartita da Treasure con Radiant Silvergun e Ikaruga e hanno creato dei prodotti eccellenti, per quanto estremi nella loro concezione.

voto

— commento —

88I 100

Inferno meca ALLTYNEX Second mette ai comandi di un robot spaziale armato di mitragliatrice, di missili, di una spada laser per gli scontri ravvicinati e di un attacco con-

Nonostante laser e pallottole, si riesce sempre a capire cosa sta succedendo.

centrato che si esegue premendo due tasti. Sparando i missili o eseguendo l’attacco concentrato si consuma energia, indebolendo la potenza della mitragliatrice. Per farla tornare a pieno regime bisogna attendere che si ricarichi la barra in basso a sinistra, con relativo aumento del rischio nell’affrontare i numerosi nemici, tra i quali i giganteschi boss capaci di sparare una quantità di proiettili inimmaginabile, soprattutto al livello di difficoltà più elevato (che è sempre il fine ultimo degli appassionati dei bullet hell shooter). L’idea è di imparare a gestire le armi a disposizione, non potenziabili, in modo da non trovarsi mai in svantaggio. Non facile quando contemporaneamente bisogna schivare centinaia di proiettili. 8

La chiave di tutto è imparare a memoria gli schemi d’attacco dei nemici.

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»Sviluppatore: Final Form Games »Sito: finalformgames.com/jamestown/

voto

Jamestown 85I 100

Jamestown è uno dei tentativi più riusciti della scena indie occidentale di tornare a dire la sua nel mondo degli shoot’em up. Tra bullet hell e “neoclassicismo”.

J

amestown è il tentativo più riuscito della scena indie occidentale di dire la sua nel mondo degli shoot’em up, in questo caso a scorrimento verticale. Final Form Games ha provato a realizzare un bullet hell umano, ovvero giocabile anche da chi non ha i riflessi di un super eroe, infilandoci dentro obiettivi, sfide, modalità cooperativa (in sala giochi si diceva: “giochiamo in doppio?”, mica si cooperava ndanimanostalgicadiKarat) e tutte quelle piccole feature che caratterizzano le produzioni più recenti. La trama è piuttosto bizzarra e parla della più famosa colonia inglese del diciassettesimo secolo, Marte, attaccata dagli alieni. Come ci sono arrivati gli inglesi su Marte nel diciassettesimo secolo? Che doman-

de fate? Aprite un qualsiasi libro di storia scritto dalla Rikkomba e lo saprete, ‘gnurant.

Proiettili e bestemmie All’inizio di ogni partita bisogna scegliere una tra quattro differenti astronavi, ognuna con le sue peculiarità. Esaminando bene i cinque mondi che compongono il gioco, è facile accorgersi che sono costruiti intorno ai poteri di velivoli specifici, soprattutto i boss, anche se diventando più abili si riesce a usare l’astronave che si vuole in qualsiasi frangente. Ogni livello è affrontabile a diversi gradi di difficoltà, che variano per la quantità di proiettili sparati dai nemici e, di conseguenza, per il numero di

— commento — Jamestown è quello che si dice un outsider della scena videoludica moderna. Uscito in sordina, è piaciuto a tutti quelli che l’hanno giocato. Peccato che sia rimasto confinato tra una nicchia di appassionati, perché merita veramente molto. Si tratta di un titolo pieno di creatività, soprattutto a livello stilistico, con una grafica cartoon in pixel art degna di menzione e di memoria. Forse è un po’ corto e, se non avete degli amici con cui giocarlo a casa, la mancanza dell’online si farà sentire, ma fatevi un favore e dategli una possibilità. Anche perché, altrimenti, partorirete con gran dolore. Molte modalità Niente multiplayer online

+-

bestemmie che si sparano giocando (uno dei fattori principali del fascino dei bullet hell). Per sbloccare la quarta e la quinta mappa

bisogna fare uno sforzo e finire le precedenti a gradi di difficoltà più elevati di “videogiocatore a tempo perso”. Andando avanti nel gioco si sbloccano diverse modalità extra, tra le quali le difficilissime sfide, che aumentano la longevità generale. Peccato per l’assenza del multiplayer online. 8

La grafica cartoon 2D è molto rifinita.

»Sviluppatore: PomPom Games »Sito: pompomgames.com/astrotripper.htm

Astro Tripper Q

uanto sarà durata la mia prima partita ad Astro Tripper? Un minuto? Il tempo di perdere le tre vite a disposizione, lanciare il joystick arcade contro il gatto e riflettere sull’infinito. Di fronte a una disfatta simile si può soltanto invocare il potere di Greyskull e sperare di essere fulminati sulla via di Damasco. Purtroppo Il Cinese era

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equipaggiato di parannanza+1 e mattarello+3, segno che dovevo consegnare l’articolo al più presto. Ok, non può esistere un gioco impegnativo nell’anno domini 2011. È immorale. Decido di fare un’altra partita con questo strano incrocio tra Defender e un bullet hell. In realtà anche il secondo tentativo non è andato benissimo e, al terzo, sono

PomPom Games spreme brandelli di originalità dal genere facendo accoppiare Defender con un manic shooter. stato quasi tentato di selezionare il livello easy. Vade retro! Decido di ritentare... e riten-

tare... e ritentare. Infine, dopo aver sputato sangue, riesco a superare il primo boss e... mi


voto

accorgo di aver semplicemente finito i livelli di allenamento. ALLENAMENTO?

80I 100

— commento —

Astro trappola Come avrete ben capito, Astro Tripper è uno sparatutto difficile. Molto difficile. Lo scopo è di ripulire delle piattaforme dai nemici che appaiono a ondate. I movimenti dell’astronave sono limitati dalla conformazione delle piattaforme: arrivati sul bordo, si può

soltanto tornare indietro, altrimenti si finisce nel vuoto cosmico. Il veicolo può raggiungere delle velocità ragguardevoli, peccato che correndo troppo lo scontro con i nemici sia inevitabile (non fanno il CID). Va bene, rallentiamo. Ma, cosa diav..? È finito il tempo? Ricapitoliamo, se corro troppo vado a sbattere contro i nemici o finisco di sotto, mentre se rallento finisce il (poco) tempo a disposizione. Che fare? Devo imparare a giocare, ovvio, e devo imparare a sfrutta-

Appena lo si avvia viene in mente Defender, ma senza omini da salvare.

»Sviluppatore: COREPLAY »Sito: ionassault.com

Ion Assault

Alcuni effetti extra creano dei vortici spettacolari.

re le due armi potenziabili a mia disposizione. Forse una pretesa eccessiva nel già citato 2011 (magari nel 2014...). 8

— commento —

Non si spara un colpo La particolarità di Ion Assault è che, pur essendo uno shooet’em up, non si spara un colpo dall’inizio alla fine del gioco. Non arrovellatevi troppo perché la spiegazione è semplice. L’astronave controllata dal giocatore può attirare gli ioni sparsi per le mappe quadrangolari e lanciarli con violenza contro gli asteroidi e i nemici che gli si oppongono. Tutto ruota, è proprio il caso di dirlo, intorno alla quantità di ioni raccolti. Tanti ioni, tanto dolore. Lo scopo di ogni livello

è di distruggere tutti gli asteroidi, i quali, come tradizione videoludica vuole, quando vengono colpiti si dividono in pezzi più piccoli, fino a sparire. Non mancano alcune armi extra, come delle mine che creano dei vortici di ioni o una barriera che protegge dagli impatti, e non mancano i boss, posti a difesa della fine di ogni mondo. Tutto molto bello, ma rimane il fatto che siamo gente triste. 8

80I 100

mouse può sostituire egregiamente la seconda levetta, ma non è la stessa cosa, ammettiamolo). Come tutte le novità, anche Geometry Wars ha prodotto un’infinita serie di cloni, alcuni pigri e biechi, altri più creativi, tipo Everyday Shooter o questo Ion Assault.

+-

Ion Assault è una piacevole sorpresa, soprattutto se accompagnato con del buon vino e del buon sesso... no, magari il buon vino lasciamolo perdere, e anche il buon sesso che gli stick servono entrambi. L’unico, grosso difetto è la confusione che regna sullo schermo. È vero che il casino è parte dello spettacolo, ma nei livelli avanzati, quando i nemici si fanno più furbi e iniziano a sparare, diventa difficile vedere i proiettili che spesso finiscono per confondersi con gli ioni (la famosa rottura di ioni). Per il resto, visto anche il prezzo, ve lo consigliamo caldamente. L’uso delle particelle è spettacolare L’alto numero di elementi sullo schermo può confondere

Un dual-stick shooter condito da miliardi di particelle e dal ritorno degli asteroidi.

voto

Q

ui in occidente si sa, siamo gente triste. Basta guardare una foto di Carmack per rendersene conto. Però un merito lo abbiamo: con Geometry Wars abbiamo rinnovato i cosiddetti sparatutto dual-stick, ovvero quelli che richiedono due levette per essere controllati (una per muoversi e una per mirare/sparare). Il genere nasce in sala giochi, come molte altre cose belle del resto, ma non sfonda mai sui sistemi casalinghi a 8/16/32/64 bit a causa della complessità del sistema di controllo. Poi qualcuno ha notato le due levette dei joypad moderni ed eccoci qua (in realtà il

Astro Tripper è uno sparatutto atipico che tenta di mescolare diversi generi. All’inizio la difficoltà lascia interdetti, ma poi ci si abitua e, rimembrando epoche in cui i personaggi dei videogiochi morivano anche solo cadendo dal primo gradino di una scala, inizia il divertimento. Certo, non è un gioco per tutti. Inoltre su alcuni sistemi (tipo il mio) si possono verificare dei rallentamenti, anche se si è ben oltre i requisiti consigliati. Normalmente non mi lamento per qualche scatto, ma in un gioco in cui bisogna avere i riflessi fulminei, il framerate ballerino è un nemico che non si dovrebbe affrontare. Estremamente difficile Scarsa fluidità sui sistemi non al top

+ -

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A cura di Roberto “il Cinese” Turrini turrini.roberto@tgmonline.it

The Global Game Jam L

a Global Game Jam, nata in seno all’International Game Developers Association (IGDA), nel 2009, sulla falsa riga della Nordic Game Jam, è una manifestazione che ha luogo, contemporaneamente, in moltissime città, con decine di paesi coinvolti, Italia compresa. L’idea alla base è quella della “jam session”, dove un gruppo di artisti si incontra per una performance improvvisata, frutto della collaborazione di gente fino ad allora sconosciuta. Ne consegue, che lo scopo ultimo dell’iniziativa non è, quindi, quello di intrattenere un pubblico, quanto quello di offrire, a programmatori, grafici, designer e musicisti di tutto il mondo, un appuntamento annuale in cui potersi conoscere, fare rete e, contribuire, ciascuno con le proprie idee, alla realizzazione dei numerosi titoli sviluppati nel corso dell’evento, con il solo fine di sperimentare e condividere nuove soluzioni o approcci ai problemi. I numeri registrati nel 2011 dagli organizzatori sono davvero impressionanti: oltre 6.500 partecipanti, distribuiti in più di 160 città, localizzate in oltre 40 nazioni, per un totale di circa 1.500 videogiochi prodotti. In un contesto di così largo consenso, le aspettative per l’edizione 2012 (dal 27 al 29 gennaio), con un capitolo italiano a Catania da seguire assolutamente (per informazioni: globalgamejam.it), sono altissime e ampiamente giustificate. In attesa di vederne i risultati, quindi, non resta che andare a spulciare il database presente sul sito ufficiale della manifestazione, che nella sezione /games dà la possibilità di scaricare ogni videogioco prodotto durante ciascuna delle edizioni passate. Inutile aggiungere che la quantità di materiale gratuito a disposizione è tale, che si potrebbe continuare a giocare ininterrottamente per sei mesi senza avere altra spesa se non quella dell’abbonamento ADSL e dell’energia elettrica necessaria ad alimentare modem e PC. Nell’augurarvi buon divertimento, quindi, non resta che consigliarvi qualche titolo capace di “convincere al ciao” (Dorothy Boyd - Jerry Maguire, 1996).

TerrAqua - Nuova Zelanda, 2009

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TGM Novembre 2011

Videogame jam session anyone?

TerrAqua - Nuova Zelanda, 2009 globalgamejam.org/games/terraqua Il sole brucia la terra e fa evaporare il mare; le nuvole proteggono dai raggi del sole e la pioggia rende vivi i continenti adeguatamente ombreggiati; gli alberi consumano acqua dolce, filtrata dalla crosta terrestre e generano l’atmosfera; l’uomo ha bisogno di ossigeno, così come gli alieni che tra cinquemila anni atterreranno sul pianeta TerrAqua: riuscirà il giocatore a renderlo ospitale per tempo? Tre livelli di difficoltà giocabili via browser, ma con software residente in locale: una manna per qualsiasi impiegato, costretto 9 ore davanti al monitor di un ufficio “protetto” dal firewall aFrom beyond ziendale!

Inghilterra, 2011

Resonance Olanda, 2010 globalgamejam.org/2010/ resonance Resonance è un platform bidimensionale che mescola musica e puzzle ambientali per creare una geometria di dinamiche di grande atmosfera, no-

Resonance Olanda, 2010

nostante la semplicità degli elementi a video. Lo scopo del gioco è quello di condurre la piccola protagonista verso il punto di estrazione, spesso raggiungibile solamente tramite l’attivazione, nella giusta sequenza, dei numerosi blocchi colorati inizialmente nascosti alla vista. Considerato che gli sviluppatori hanno confezionato l’intero titolo, compreso il materiale per la stampa, in “sole” 48 ore, il risultato finale è davvero sbalorditivo. Provare per credere.

From beyond - Inghilterra, 2011 globalgamejam.org/2011/beyond Un’entità aliena, oscura e gigantesca sta minacciando la Terra. Il giocatore, grazie alla scelta di un’efficace angolazione, dovrà assicurarsi che gli oggetti scagliati contro la superficie del pianeta dall’enorme mano del mostro facciano più danni possibile. Un titolo molto semplice, capace però di affascinare lo spettatore con uno stile grafico accattivante e con un sistema per calcolare il punteggio, decisamente fuori di testa. 8


»Sviluppatore: RekcahDam »Sito: rekcahdam.com/2009/11/rcomplex.html

rComplex

Roberto “il Cinese” Turrini turrini.roberto@tgmonline.it

“Ho soltanto dodici colpi...” (rComplex, 2011)

U

n tasto per saltare, uno per scivolare, il terzo per sparare all’indietro e... no, rComplex non richiede di imparare altro.

Le dinamiche di rComplex sono invero molto semplici: aiutare l’anonimo protagonista a scappare dal tocco di un mostro tentacolare attraverso le complicate architetture di un altrettanto anonimo complesso urbano. Il tutto si conclude nel giro di pochi minuti, complice uno scrolling orizzontale non particolarmente aggressivo e un livello di sfida che certo non si può definire indomabile. Ciò detto, però, la meccanica di gioco funziona bene e nello sfruttare l’immediatezza di titoli come Canabalt (giusto per citare quello più conosciuto) cerca di proporre, in aggiunta, elementi innovativi e forieri di ben altra complessità emotiva. A tutti gli effetti, infatti, il prodotto di Roger Hicks e Brian Terwilliger assomiglia più ad una piccola avventura che ad un titolo arcade basato sul time attack.

voto

Il gioco è bello quando dura poco

Un tasto per saltare, uno per scivolare, il terzo per sparare all’indietro e... Pur nella semplicità della realizzazione, la voce narrante fuori campo, la colonna sonora da thriller psicologico e il minimalismo cromatico degli elementi in movimento contribuiscono a definire un videogioco per certi versi unico nel suo genere e dotato di un'identità difficilmente replicabile.

Anche se sono presenti possibili bivi, al giocatore non viene data alcuna facoltà di scegliere quale strada percorrere.

Da migliorare Quasi manifesto vivente del fenomeno degli indipendenti, rComplex è vittima di alcune imprecisioni dovute all’inesperienza degli sviluppatori, che pur eccellono nel creare un’atmosfera cupa, tesa e incalzante. Si prendano come esempio le animazioni del protagonista, non sempre fluide nonostante le limitate variabili possibili, oppure il salto durante la caduta libera, spesso impossibile da realizzare con precisione anche pigiando il tasto preposto al momento opportuno. A conti fatti, però, questi difetti passano in secondo piano rispetto ad altre feature, quali la profondità della voce fuori campo,

76I 100

— commento — Immediato e avvolgente, rComplex rapisce l’attenzione del giocatore per le sue musiche, per il ritmo incalzante e la voce narrante fuori campo che descrive, in prima persona, le azioni del giocatore. Un trial and error basato sull’adrenalina e che, nel suo essere completamente gratuito, merita un giro di prova... che poi diventranno due, quindi tre e poi quattro... fino alla fuga. atmosfera unica controlli imprecisi

+-

che accompagna il giocatore ampilificandone lo stato d’ansia, o la sensazione di essere realmente in fuga da un pericolo trasmessa dalla mixitè di elementi a schermo, quali i pochi colori, il susseguirsi di ostacoli atti a rallentare l’evasione e la possibilità di allontanare i tentacoli della bestia per un numero limitato di volte: dodici, quanti i proiettili rimasti nella shotgun. Da provare assolutamente. 8

Gli elementi azzurri sono quelli da saltare, mentre i verdi sono quelli sa superare in scivolata.

In due occasioni lo zoom spazia sull’orizzonte e... lo spettacolo, per quanto minimale, è assicurato.

Novembre 2011 TGM

89


»Sviluppatore: Swing Swing Submarine »Sito: swingswingsubmarine.com/games/blocks-that-matter/

Blocks That Matter A cura di Andrea “giopep” Maderna giopep@gmail.com

Un robottino al salvataggio dei suoi creatori!

voto

— commento —

W

illiam David e Guillaume Martin sono due ex dipendenti Ubisoft che, come tanti altri sviluppatori indie, sono usciti dalla grande azienda per cui lavoravano e hanno finito per fondare un piccolo team e dedicarsi alla creazione di piccoli, interessanti, originali videogiochi. Sul loro sito ufficiale si auto definiscono “due giovani e stupidi tizi francesi” e mettono in mostra i loro due attuali progetti: l'affascinante Seasons after Fall, ancora di là da venire, e Blocks that Matter, recentemente pubblicato in ambito Windows, Linux, Mac e Xbox Live Indie Games.

Rapimento indie Blocks that Matter si apre raccontando del rapimento di Alexey e Markus, due sviluppatori indie di videogiochi che per nome e fattezze si ispirano ad Alexey Pajitnov e Markus Persson, creatori di Tetris il primo e Minecraft il secondo. I due sono stati presi in ostaggio da una figura misteriosa e, per provare a fuggire, costruiscono un robottino che deve provare a salvarli. Compito del

giocatore di Blocks that Matter è appunto pilotare il robot in questione sfruttandone le peculiarità: si tratta infatti di una specie di cubo munito di trivella, che può distruggere blocchi di vario tipo per farsi strada lungo i livelli. I blocchi distrutti vengono immagazzinati e possono essere riutilizzati per costruire strutture da utilizzare come piattaforme o altri scopi. Le strutture, seguendo la fisica pajitinoviana, devono necessariamente essere composte da quattro blocchi (come i pezzi di Tetris) e seguono anche altre regole, legate in parte ai materiali di cui sono composti. Il legno può prendere fuoco, il ghiaccio scivola, la sabbia non rimane sospesa nel vuoto, l'ossidiana è indistruttibile e così via... Ovviamente tutti questi elementi si mescolano fra loro per andare a generare una struttura di gioco in cui il design dei livelli pone di fronte al giocatore una serie di problemi da risolvere. Blocks that Matter miscela elementi da puzzle e platform game, puntando soprattutto sulla prima componente nelle fasi iniziali, ma alzando il tiro della seconda in

90I 100

termini di ritmo, pericoli e difficoltà mano a mano che si procede. L'ultima decina di livelli richiede infatti non solo di sbattere insistentemente la testa sulla contorta composizione dei puzzle, ma anche una discreta abilità manuale nell'evitare mortali nemici e uscire indenni da situazioni caratterizzate da un tempo limite.

Vogliamoci tanto bene Da quanto descritto fino a qui si sarà già intuito che Blocks that Matter punta tantissimo sul rendersi simpatico e accattivante citando e omaggiando altri sviluppatori e videogiochi. E bisogna dire che ci riesce benissimo, senza risultare troppo antipatico o furbetto, grazie soprattutto ai toni leggiadri, amorevoli, di sincero affetto e alla semplice bravura con cui sono scritti i dialoghi. La storia è assolutamente poca co-

Ogni tot livelli si sbloccano nuovi poteri, che generalmente consistono nella possibilità di distruggere blocchi che in precedenza non erano alla portata della trivella.

TGM Novembre 2011

+ -

Non è uno di quei classici puzzle game con centinaia di livelli tutti uguali fra loro, di cui è facile stancarsi: dura il giusto e spezza bene il ritmo

Otto blocchi adiacenti in fila orizzontale possono essere distrutti tramite un apposito comando. In questo caso, però, non vengono immagazzinati per il riutilizzo.

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Una bella miscela di puzzle game e gioco di piattaforme, che riesce a unire in maniera molto equilibrata le due componenti, richiedendo le giuste dosi di abilità manuale e cerebrale. La direzione artistica, l'ottima scrittura di dialoghi che, per carità, sono poco più che stupidini e in generale l'atmosfera semplice e simpatica lo rendono un gioco imperdibile, almeno per chi apprezza i generi coinvolti. originale, divertente, impegnativo i livelli più avanzati possono essere un po' frustranti

sa, ma viene raccontata con scambi molto brillanti e un senso dell'umorismo gradevolissimo. Inoltre il gusto per la citazione si manifesta anche nella forma dei blocchi segreti che è possibile recuperare completando i vari livelli nel miglior modo possibile e che sono tutti dedicati a omaggiare altri videogiochi più o meno storici. Ai quaranta livelli base si aggiungono delle sfide supplementari in una sezione apposita, e in ogni caso anche la “campagna” offre una discreta rigiocabilità, dato che riuscire ad acchiappare tutti i blocchi segreti al primo giro è davvero complesso. Insomma, di sostanza per giustificare i 4,99 euro richiesti su Steam ce n'è a sufficienza, specie considerando la qualità del lavoro svolto dal team di sviluppo nell'eccellente design dei livelli – articolato, vario, pieno di sorprese – e sotto il profilo stilistico. Inoltre non è uno di quei classici puzzle game con centinaia di livelli tutti uguali fra loro, di cui è facile stancarsi: dura il giusto e spezza bene il ritmo con situazioni più movimentate e addirittura una specie di boss che appare a più riprese. Insomma, centro pieno. 8


»Sviluppatore: Kriegsgraben und Stormvogel in associazione con il DADIU »Sito: 1916.dadiugames.dk/

1916 Der Unbekannte Krieg L

Roberto “il Cinese” Turrini turrini.roberto@tgmonline.it

oa danese National Academy of Digital, Interactive Entertainment (o DADIU) nasce dal presupposto che “i videogiochi sono qui per rimanere” e che sia necessario un soggetto super partes atto al coordinamento dell’educazione dei giovani interessati a sviluppare prodotti di qualità.

In questo senso, il DADIU è il luogo in cui cinque università e tre scuole d’arte hanno la possibilità di unire le forze [e le risorse economiche] per offrire ai propri studenti le piattaforme, gli spazi e i fondi grazie ai quali iniziare un percorso lavorativo condiviso, senza la necessità di partire da zero. Fatto salvo che una battuta sulla condizione delle istituzioni italiane preposte a questo tipo di formazione e sostegno sarebbe, davvero, troppo scontata, è giusto evidenziare che il titolo in questione è stato sviluppato in un contesto protetto, che ha permesso agli studenti coinvolti nel progetto di lavorare senza il fiato [dei publisher] sul collo.

La guerra sconosciuta Selezionato per la scorsa Nordic Game Indie Night, 1916 viene definito dagli stessi autori come un First Person Avoider Game. Con il termine avoider, i ragazzi danesi hanno voluto puntare il dito sulla presenza di ostacoli impossibili da eliminare e che richiedono di essere “semplicemente” aggirati. In buona sostanza,

voto

Come in Italia!

85I 100

quindi, se si volesse dare una definizione asciutta del gameplay del gioco, essa si potrebbe riassumere in: “raggiungi l’uscita senza farti uccidere dai dinosauri o da un’esplosione”. Ora, se sul discorso dell’evitare i bombardamenti si può pure sorvolare, anche perché il titolo è ambientato in una trincea della Grande Guerra e, insomma, certe cose uno può anche aspettarsele, sulla presenza di numerosi velociraptor, che il giocatore dovrà distrarre lanciando brandelli di carne strappati dai tanti cadaveri presenti nelle gallerie, forse è il caso di soffermarsi.

Escapismo Ma anche no. Il tutto, infatti, anche se un filo fuori di testa,

La presenza di elementi così alieni al comune orizzonte di senso contribuisce a definire un’atmosfera disorientante

"Morire, non ripiegare". (Luigi Cadorna, 7 settembre 1917) funziona e la presenza di elementi così alieni, al comune orizzonte di senso, contribuisce a definire un’atmosfera disorientante attraverso la quale è difficile capire come muoversi e dove rifugiarsi in caso di pericolo. Scopo ultimo del giocatore sarà quello di evadere dalla trincea; per farlo, però, sarà necessario raggiungere, prima, una serie di punti in cui recuperare oggetti indispensabili alla fuga. Ogni altro spoiler costituirebbe un’ingiustizia nei confronti del lavoro svolto dai giovani sviluppatori, che in maniera certosina hanno tinteggiato il buio del mondo di gioco, perennemente immerso nell’ombra, lasciando ai soli effetti speciali il compito di scandire il fluire dell’adrenalina nel sangue del fuggitivo. Ultima nota sul prezzo, pari a euro zero, e sulla localizzazione, che, anche per la versione inglese, prevede [chis-

sà poi perché] testi in tedesco: un peccato veniale, nonostante precluda la comprensione della trama a chi non mastica la lingua germanica. 8

— commento — 1916 è un videogioco davvero sui generis. Le meccaniche da classico FPS sono declinate secondo la formula del “distrai e raggira”, che a tratti si dimostra essere davvero originale. I punti di forza di questa produzione indipendente sono i toni sfumati del mondo di gioco e gli effetti speciali, che puntellano l’intera esperienza come veri e propri climax narrativi. Un viaggio a cavallo tra la claustrofobia della paura e le fascinazioni dell’imprevisto: tutte da sperimentare. atmosfera solo in tedesco

+-

I bombardamenti divelleranno elementi dello scenario e cadaveri, che finiranno sparsi un po’ ovunque.

Una delle gallerie è inaccessibile a causa dei miasmi dei gas... come fare per passare oltre?

Novembre 2011 TGM

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HARDWARE A cura di: Paolo Besser, paolone@sprea.it

Arriva il nuovo Mac Mini e ci convince più del precedente. Asus intanto riprova a mettere la stereoscopia su un portatile, confermando che è uno sfizio per pochi eletti.

I NOSTRI BENCHMARK

I

l TGM Mark 11 è lo strumento con cui The Games Machine valuta l’efficienza di schede video e computer completi con i videogiochi, effettuando test di velocità su diversi titoli, caratterizzati dall’adozione di tecniche e librerie differenti: Crysis, Hawx 2, Far Cry 2, Alien Vs Predator e altri, pronti a intervenire in caso di necessità, tutti aggiornati alle loro ultime versioni. I test vengono effettuati, salvo in casi molto particolari, su un testbed composto da una scheda madre GigaByte GV790, con un processore AMD Phenom II X4 965 a 3,8 GHz, 4 GB di RAM A-Data a 2 GHz e un disco fisso Seagate Barracuda da 7200 giri/minuto, il tutto alimentato da un Enermax Revolution 85+ da 1050 W. Le risoluzioni di riferimento sono 1280x1024, 1600x1200 e 1920x1200 pixel: le impostazioni sono scelte in modo che i giochi offrano la massima qualità visiva e un framerate ottimale, per cui possono cambiare in base al titolo

e alla risoluzione. L’andamento dei frame è indicato nei grafici con differenti linee colorate. Nello schema in alto, una linea orizzontale azzurra posizionata all’altezza dei 45 frame per secondo ci ricorda il livello ideale per la “fluidità” della grafica: l’occhio umano, infatti, comincia a percepire un movimento abbastanza fluido quando il computer riesce a visualizzare un numero di fotogrammi che varia, da persona a persona, tra i 30 e i 60 fotogrammi al secondo. Il valore del TGM Mark viene oggi calcolato in base al numero di fotogrammi prodotti da tutti i giochi, secondo una formula sviluppata all’interno della Redazione, e dovrebbe dare un’idea dell’effettiva potenza del computer o della scheda video recensiti. Quando si valutano i processori centrali, invece, è possibile che vengano utilizzati altri benchmark di vario tipo, per sottolineare alcuni aspetti del prodotto o l’efficienza nella sua globalità.

NEWS IN BREVE UN MILIARDO DI SMARTPHONE

I NUOVI COMMODORE AMIGA

DOPO BULLDOZER

...È il numero di telefoni “avanzati” che saranno venduti entro il 2015 secondo le stime di iSuppli, partendo dalle 478 milioni di unità previste per quest’anno. Sempre secondo questi studi, per il 2015 gli smartphone rappresenteranno il 54,4% del totale del mercato dei telefoni cellulari, contro una penetrazione attuale del 32,5%. A favorire l’incremento, ovviamente, sarà la disponibilità di nuovi modelli a costi sempre più accessibili.

Commodore USA, dopo aver commercializzato il suo nuovo Commodore 64 (un PC dentro in case che ricorda lo storico “biscottone”), ha finalmente svelato che aspetto avranno i nuovi computer della linea Amiga (che, anche in questo caso, saranno dei comuni PC con Linux o Windows), mostrando le immagini di un HTPC. Il nome Amiga verrà usato però prevalentemente sulle workstation, indirizzate a un pubblico professionale. Che regni un po’ di confusione?

Le CPU AMD della serie FX (basate sull’attesissima architettura Bulldozer) non si sono ancora viste in commercio, ma già emergono alcuni dettagli su “Piledriver”, la generazione immediatamente successiva. A quanto pare, nel 2012 dovremo attenderci CPU fino a 8 core, più veloci del 10% rispetto alle FX a parità di frequenza di lavoro, ancora una volta basate su socket AM3+.

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TGM Novembre 2011

IL BORSINO DELL’hardware

The Games Machine tiene sotto osservazione una ventina di componenti hardware di qualità, segnalando le loro variazioni di prezzo col passare del tempo. Di tanto in tanto cambiano, escono o rientrano in classifica, a seconda delle occasioni. Così con un colpo d’occhio è possibile individuare subito gli affaroni del mese! 2.560

mon NEC 30” 3090WQXI ULTRASLIM

cpu vid vid vid vid vid cpu vid vid cpu cpu vid cpu cpu vid vid vid cpu

€ 879 € 640 € 559 € 360 € 280 € 250 € 250 € 190 € 175 € 175 € 160 € 140 € 129 € 125 € 120 € 110 € 100 € 99

INTEL CORE i7 EXTREME 990X GEFORCE GTX 590 RADEON HD6990 GEFORCE GTX 580 RADEON HD6970 GEFORCE GTX 570 INTEL CORE i7 2600k RADEON HD6950 GEFORCE GTX560 ti INTEL CORE i5 2500k AMD PHENOM II X6 1100T RADEON HD6870 AMD PHENOM II X6 1055T AMD A8-3850 RADEON HD6850 RADEON HD6790 GEFORCE GTX 550 ti INTEL CORE i3 2100

LEGENDA: cpu = processore centrale; scm = scheda madre; vid = scheda video; ssd = unità storage a stato solido; mem = memorie; hdd = disco fisso; mon = monitor; var = varie ed eventuali

Un altro mese caratterizzato dalla stabilità: non si registrano grossi cambiamenti nei listini, se non fra le schede video di fascia più alta, mentre tutti gli altri prodotti sono rimasti allo stesso prezzo del mese scorso, o sono stati oggetto di piccoli aggiustamenti. Paradossalmente, tornano quasi a sovrapporsi le Radeon HD6850 e HD6790, al punto che non si comprende nemmeno più la necessità del secondo prodotto, mentre salgono contro ogni aspettativa i prezzi delle APU di AMD serie A8.


Hardware

IL PC IDEALE

I componenti giusti per creare tre configurazioni da gioco: top (per i maniaci), ottimale (miglior rapporto prezzo/prestazioni) ed economica (per risparmiare).

€ 175

INTEL CORE i5 2500k

Probabilmente il processore basato su architettura “Sandy Bridge” con il miglior rapporto tra prezzo e prestazioni. Basta poco per fare correre i suoi 4 core come in CPU molto più costose.

INTEL CORE i3 2100

€ 99

Economico ma potente, questo dual-core con HyperThreading è un vero asso nei videogiochi. 3,1 GHz spesi molto bene, con cui è possibile giocare degnamente a qualsiasi cosa.

€ 200

Un kit contiene tre moduli da 4GB di velocissima RAM DDR3 da 2.000 MHz, perfetta per gli overclock più spinti.

8 GB KINGSTON KHX1800C9D3K2

€ 150

Un quantitativo ideale di memorie DDR3 che unisce l’ottimo prezzo a buone prestazioni. La frequenza di lavoro è 1.800 MHz.

4 GB KINGSTON KHX1800C9D3K2

GIGABYTE GA-P67A-UD3

€ 115

Una scheda madre con socket LGA 1155 dotata di USB 3.0, porte SATA a 6 GB/s e possibilità di usare due schede video Radeon in Crossfire, a un prezzo davvero accattivante.

SAPPHIRE PURE PLATINUM H67

€ 90

Piccola ma efficiente, questa scheda madre ha tutto l’indispensabile e consente l’alloggiamento di un processore Sandy Bridge, di 2 moduli di memoria e di una scheda video PCI Express.

€ 75

Due moduli da 2 GB ciascuno della stessa memoria RAM DDR3, che costituisce il minimo indispensabile per un PC dei giorni nostri.

€ 559

RADEON HD6990

AMD e Nvidia giocano ad armi pari con due schede a doppia GPU (questa e la GeForce GTX 590). Questa però costa meno, e a parità di prestazioni...

€ 175

GEFORCE GTX 560 ti

Nvidia torna a picchiare duro sulla fascia media, con una scheda video dalle prestazioni ottimali, compatibile con CUDA e in grado di offrire un solido sistema di visione stereoscopica.

€ 110

RADEON HD6790

Il budget “minimo” per una scheda video si alza sensibilmente rispetto ai mesi scorsi, ma con i giochi più recenti è meglio disporre di più potenza. E la HD6790 offre tutta quella che serve!

MONITOR

OCZ VERTEX 3 MAX IOPS EDITION 240 GB € 520

EIZO SX3031W-BK

Il drive SSD preferito da chi non vuole compromessi! Fino a 550 MB al secondo in lettura su porte SATA-III a 6Gbps e 500 MB/s in scrittura: un vero fulmine.

30 pollici, 2560x1600 pixel, rapporto di dimensioni 16:10, immagini molto chiare, tempo di risposta di 6 ms e chiave HDCP compresa nel prezzo (nella foto). Costoso ma grande.

2x SEAGATE BARRACUDA 7200.12 1.5 TB € 130

SAMSUNG 2443BW

Visto il costo dei dischi fissi, vale la pena metterne due in una più veloce configurazione RAID: chi predilige la capienza userà un Raid-0, chi la sicurezza un Raid-1.

Un interessantissimo monitor Full-HD da 24”, di pregevole fattura, dotato di un ottimo design e di caratteristiche tecniche all’avanguardia.

SEAGATE BARRACUDA 7200.12 1 TB

TOP

USB 3.0, SATA a 6 GBPS, possibilità di montare schede video in SLI e Crossfire, overclock stabile e facile da effettuare, a un prezzo tutto sommato accessibile.

DISCO FISSO

MEMORIE

12 GB PC XPG GAMING SERIES V2

€ 299

OTTIMALE

La nuova “fuoriserie” di Intel si piazza al vertice delle prestazioni, dall’alto dei suoi 6 core con HyperThreading e dei suoi 3,346 GHz. Peccato, però, che il socket LGA1366 non abbia più un roseo futuro di fronte a sé.

MSI BIG BANG XPOWER X58

ECONOMICA

€ 879

€ 55

Ormai il costo al gigabyte dei dischi fissi è ai minimi termini. Oltre alla capienza, questo disco assicura buone prestazioni grazie a 32 MB di cache e rotazione di 7200 giri/minuto.

LG W2242TE-DF TFT

€ 2.200

€ 240

€ 139

Anche un sistema più economico merita un monitor LCD widescreen da almeno 1680x1050 pixel, con cui godere giochi e film a risoluzione più elevata. Novembre 2011 TGM

TOP

Scheda Video

OTTIMALE

INTEL CORE i7 EXTREME 990X

Scheda Madre

ECONOMICA

PROCESSORE

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= ALTA DEFINIZIONE

= SENSORE 3D VISION INTEGRATO

Lo schermo antiriflesso da 17,3” dispone di una risoluzione Full-HD da 1920x1080 pixel. La frequenza di aggiornamento hardware è 120 Hz, per cui è in grado di gestire correttamente la modalità stereoscopica.

Non serve collegare altri sensori esterni per la stereoscopia: gli occhialini possono sincronizzarsi grazie al sensore integrato nel chassis dello schermo, accanto alla webcam.

= DISPOSIZIONE INTELLIGENTE

Ecco, questa è davvero un’idea eccellente: spostare i tasti cursore in una zona separata dal resto del blocco alfanumerico e del tastierino numerico. Ne rende molto più semplice l’uso e l’individuazione.

- SCHEDA VIDEO COSÌ COSÌ

La GeForce GT560M montata su questo sistema va bene per giocare in modalità normale, permette la visione stereoscopica dei film in blu-ray, ma si rivela purtroppo insufficiente per affrontare i giochi in questa modalità. Le prestazioni senza occhialini, tuttavia, sono più che ragionevoli.

= OCCHIALINI 3D INCLUSI

Non serve davvero altro per entrare nel magico mondo della cefalea, pardon, della stereoscopia: un paio di occhiali 3D Vision è fornito nella scatola, e grazie ai kit distribuiti da Nvidia possiamo aggiungerne anche degli altri a prezzo modico.

= TASTIERA RESTROILLUMINATA

Ormai è diventata un’abitudine per i portatili “di un certo tipo”, ma è un dettaglio che fa sempre piacere: la tastiera si illumina, per cui è sempre facile individuare i tasti anche in condizioni di luce non ottimali.

= HARDWARE DI PRIMISSIMO LIVELLO

16 GB di RAM (anche se l’esemplare per la prova ne aveva “solo” 12), 2 dischi fissi ibridi da 7.200 giri al minuto con 4 GB di flash memory e un processore centrale Core i7 2630QM da 2 GHz lo rendono un candidato ideale per diventare il portatile del Pastore!

G74SX Produttore: Asus

Prezzo indicativo: € 1.800

C

osa scrivevamo soltanto il mese scorso? “I qualsiasi altro portatile, ma perde parecchi punti portatili “per i videogiocatori” sono normalinforcando gli occhialini in dotazione: la GPU Gemente caratterizzati da tre cose: le dimensioni Force GT560M è perfetta per il gioco “tradizionale” al limite della possibilità di trasporto, la linea estema, andando in modalità stereoscopica, non protica aggressiva al limite del tamarro e, soprattutto, duce abbastanza fotogrammi per mantenere fluida l’autonomia della batteria talmente ridotta che, vol’azione di gioco, se non a risoluzioni molto più conlendo, potremmo considerare la sua inclusione tenute rispetto ai 1920x1080 pixel dello schermo. come una mera formalità, buona soltanto per proUn problema che, sommato alla minore luminosità teggere il circuito di alimentazione dagli eventuali percepita attraverso gli occhiali 3D Vision, può trashock elettrici. In compenso, questi desktop redursi in un’esperienza di gioco poco appagante, se placement offrono potenza da vendere, in cambio non in un vero e proprio mal di testa. Probabilmendi prezzi generalmente molto salati”. Una descrite la scelta di questa GPU è dovuta alla necessità di zione che calza a mantenere il prezzo finapennello per il nuoGrande, grosso e potente, ma le a livelli più umani, ma vo G74SX di Asus, un con un solo punto a sfavore: crediamo che un videgiodesktop replacement catore avrebbe rinunciato una brutta stereoscopia da 40x32 cm realizvolentieri al doppio disco zato appositamente fisso, limitandosi magaper noi videogiocatori “alla moda” che, oltre a giori a una sola unità ibrida da 7200 giri/minuto, care in 3D, pretendiamo pure di farlo in modalità o a 8 dei 16 GB di RAM presenti sulla macchistereoscopica, neanche fossimo al cinema. E i rina (un’esagerazione, se non sultati sono così così. Tralasciamo pure l’autonomia si usano di frequente le macridotta a soli 80 minuti, che in fondo non fa nochine virtuali), pur di avere tizia in questa categoria di prodotti: il G74SX è a disposizione una GeForce ottimo, anzi, eccezionale se viene impiegato come GTX580M al suo posto.

8.0

94

TGM Novembre 2011

I BENCHMARK

C’

è davvero poco da lamentarsi di fronte ai numeri prodotti da questo portatile. L’unica pecca che possiamo riscontrare è che, per 1800 euro, probabilmente avremmo preferito limitare la RAM a 8 GB e i dischi fissi a uno solo, in cambio di una scheda video più potente come la GeForce GT580M. Almeno in questo modo avremmo ottenuto una visione stereoscopica migliore.

584


Hardware = ALIMENTATORE INTEGRATO

Scalda un po’, ma almeno non è in giro per casa: l’alimentatore è incluso nell’unità centrale e, per tanto, non corriamo il rischio di perderlo. Per portare la corrente al computer basta un normalissimo cavo a due poli.

= PRESA THUNDERBOLT

Il Mac Mini include una moderna porta di comunicazione Thunderbolt, a cui è possibile collegare un monitor con ingresso DisplayPort, oppure una qualunque periferica in grado di comunicare attraverso questa porta, fino a una velocità teorica di 20 Gbps.

- POCA MEMORIA

Con il costo della RAM ai minimi storici, offrire soltanto 4 GB di memoria DDR3 ci sembra un po’ limitativo, ma a preoccupare sono soprattutto le dimensioni dell’hard disk, solo 500 GB e 5.400 giri al minuto. Si può intervenire facilmente sulla memoria, ma per cambiare l’hard disk occorre smontare mezzo computer!

= TUTTO NUOVO

Il nuovo processore scelto da Apple per il modello di punta è un Core i5 2520M da 2,5 GHz, dotato di due core e delle tecnologie Turbo e Hyperthreading. La gestione della grafica stavolta è affidara a una GPU AMD Radeon HD6630M, con 256 MB di memoria dedicata.

= BUONE CONNESSIONI

L’unità è fornita di connettività wi-fi 802.11n e Bluetooth 4.0, inoltre dispone di 4 porte USB 2.0, una presa di rete Ethernet, una porta Thunderbolt e – per chi ne sentiva la mancanza su altri recenti prodotti Apple, una Firewire 800. Non manca un lettore di memory card SDXC.

= “GIÀ VISTO”, MA PREGEVOLE

Apple non ha ritenuto necessario modificare più di tanto l’aspetto esteriore del Mac Mini. Rispetto al passato si assottiglia un po’ e perde il lettore CD di tipo slot-in, ma nel complesso l’unità risulta migliorata anche esteticamente. Le dimensioni sono pari a 19,7x19,7x3,6 cm.

Mac Mini 2,5 Ghz Produttore: Apple

Prezzo indicativo: € 750

L’

ultimo Mac Mini, probabilmente lo ribasato su un Core i5 di seconda generaziocorderete, non ci aveva entusiasmato ne, molto risparmioso in termini di consumi gran che: dotato di un processore cenma inequivocabilmente più potente rispetto trale già ampiamente superato e di un prezzo ai vecchi Core2: viaggia a una velocità minial pubblico fuori parametro rispetto ai normama di 2,5 GHz ma sale all’occorrenza fino a li PC dalle caratteristiche tecniche similari, 3,2, sfruttando l’Hyperthreading per raddopsi rivelò un computer al di sotto delle aspetpiare, almeno virtualmente, i suoi due core. tative, capace di entusiasmare solo i fan più La GPU Radeon HD6630M dispone di 480 accaniti della Mela. Oggi quel computer si stream processor e offre prestazioni di fascia trova ancora in commercio e costa poco più di media: nulla di appetibile per gli hardcore ga450 euro: chi vuole un Mac Mini a un prezmer, ma più che sufficienti per il giocatore zo stracciato ne approfitti, occasionale e per chi non perché in fondo costa coha grandissime esigenze. Il piccolo computer di Apple me un thin client o un Manca un masterizzatore di si rinnova nei componenti nettop di altre marche, ma DVD integrato ma, come ave, volendo, torna anche a viene sempre più spesso nei offre l’unicità di MacOS X fare da server e un livello di prestazioni netbook, il sistema operatitutto sommato considerevo può essere installato da vole, rispetto alla media della concorrenza. altre fonti come chiavi USB e schede di memoNel frattempo, però, Apple ha messo mano ria, senza contare che si può sempre decidere di pesantemente sulla configurazione del suacquistare un lettore o un masterizzatore blu-ray o “piccolo”, proponendo due nuovi modelli disc esterno. La tastiera, il mouse e il monitor a prezzi compresi fra i 600 e gli 800 euro. non sono compresi nel prezzo È proprio di quest’ultimo, facilmente repeche, almeno stavolta, risulta ribile per meno di 750 euro, che parleremo essere decisamente più appeda qui in poi. Il nuovo Mac Mini stavolta è tibile che in passato.

ECHEGGIÒ UN RUGGITO

C

on il nuovo Mac Mini è fornita in dotazione l’ultima incarnazione del noto sistema operativo MacOS X, di fatto l’unica cosa – oltre all’aspetto – ancora in grado di fare la differenza fra un prodotto Apple e uno di qualsiasi altra marca. Volendo, è possibile anche chiedere una configurazione particolare dello stesso computer dotata di Lion Server, con cui è possibile trasformare il proprio Mac in una piccola centrale domestica per lo scambio di dati e informazioni.

8.0

Novembre 2011 TGM

95


= REGOLATORI MANUALI

La velocità delle ventole può essere regolata manualmente. Quando il sistema non deve compiere sforzi e viene usato alle impostazioni standard si può optare per un regime minimo, mantenendo il tutto molto silenzioso. Altrimenti, si può aumentare la velocità per raffreddare meglio un sistema overcloccato o instabile.

= TUTTE LE PORTE CHE SERVONO

Sulla consolle frontale, vicino a uno spazio gommato e antiscivolo su cui si può appoggiare un disco fisso esterno, ci sono tre porte USB 2.0, una porta USB 3.0 e una eSata, più i connettori per l’audio. La porta USB 3 va collegata alla scheda madre con un cavo passante.

= DI BELL’ASPETTO

Esteticamente l’Xpredator offre un buon compromesso fra le linee “tamarre”, che vanno per la maggiore in questa categoria di prodotti, e la la ricerca di un look più sobrio. La vetrina permette il montaggio di quattro ventole colorate (vedi foto), ma vanno comprate a parte.

= TANTE PERIFERICHE

C’è molto spazio anche per i drive a 5,25” (lettori Blue-ray Disc, masterizzatori, ecc): ben sei vani, a cui si aggiunge anche uno slot per i vecchi drive per i floppy. Le maschere anteriori sono forate, in modo da seguire correttamente l’estetica del case.

= TANTO SPAZIO, NESSUNA VITE

L’Xpredator offre ben 6 vani per drive da 3,5” o 2,5” (con staffa adattatrice). Il loro montaggio avviene con la massima semplicità e senza l’ausilio di viti.

= MASSIMA VENTILAZIONE

All’interno del case c’è spazio per ben otto ventole complessivamente. Se vengono montate correttamente, l’aria fresca entra dai fori anteriori, circola all’interno del case e viene espulsa calda dal lato posteriore, esattamente come avviene nei server.

Xpredator Black Produttore: Aerocool

Prezzo indicativo: € 120

A

erocool propone sul mercato diverse lineeinterno, ma la scelta dei materiali non influisce mie di cabinet pensati appositamente per noi nimamente su quest’ultimo aspetto, ottimamente videogiocatori. I prodotti di punta sono classigestito da un’abbondante foratura e dalla possificati dalla sigla PGS, performance gaming system, bilità di installare un numero esagerato di ventole e tra i case di quest’ultima categoria troviamo i al suo interno. L’aspetto è fondamentalmente “tamodelli Xpredator Black ed Evil Black, il primo inmarro ma sobrio”, non troppo spinto verso le linee teramente nero, il secondo “decorato” con alcune sci-fi e militaresche dei suoi concorrenti, ma nemparti arancioni. In entrambi i casi, però, le caratmeno sciatto o poco personale: le striature superiori teristiche tecniche e l’allocazione degli spazi sono si ispirano alle placche degli scorpioni e, in definiesattamente le stestiva, fanno la loro porca Aerocool sforna un case per se, per cui la scelta fra figura sia a terra, sia su ui due sarà dettata unina scrivania. Ci sono poi i videogiocatori più esigenti: camente dalle vostre ventilato, spazioso, tamarro dei particolari che fanpreferenze estetiche. no la differenza, come per quanto basta L’Xpredator, in ogni esempio i fori sulla bacaso, è proprio un bel case, solido e massiccio grase laterale della mainboard, in cui è possibile far zie alla combinazione fra plastica e acciaio, ma a passare i cavi: sono protetti da alcune maschere in tratti un po’ troppo pesante: per un case di queste gomma, in modo da evitare l’attrito fra lo strato idimensioni forse sarebbe stato meglio usare l’allusolante dei cavi e i lati dei fori. In questo modo, minio, più leggero e più incline a dissipare il calore possiamo prevenire l’effetto-spaghetti e il disordi-

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I fori passacavi applicati alla base della scheda madre permettono di far passare i cavi di collegamento del case e delle periferiche, eliminando l’attrito con gli spigoli e riducendo le possibilità che si rovinino nello sfregamento.

ne nel case, e nel contempo essere certi che i cavi non si danneggeranno. Sul lato superiore c’è un vano su cui appoggiare un eventuale disco esterno collegato a una porta USB e, volendo, è possibile effettuare anche una connessione eSATA e USB 3.0. E poi diciamolo: i pomelli analogici fanno sempre la loro bella figura e aggiungono quel tocco di vintage che fa sempre bene, in un contesto estetico ultramoderno.

8.5


Hardware = FULL HD

- COLORI MIGLIORABILI

La risoluzione dello schermo è pari a 1920x1080 pixel. Il pannello usa una tecnologia LCD TN retroilluminata a LED, ha un contrasto reale compreso fra i 715:1 e i 750:1 e una luminosità massima pari a 258 Cd/mq. La temperatura di colore varia fra i 5000 e gli 11500°K.

La fedeltà cromatica non è certo alle stelle, e il professionista difficilmente potrà usare questo monitor per dei seri lavori di fotoritocco o impaginazione. Non dimentichiamoci però che si tratta di uno schermo da 200 euro, destinato a ben altro tipo di pubblico. Un pubblico che si può tranquillamente accontentare.

- SOLO DUE INGRESSI

= BUONE PRESTAZIONI

Le porte di comunicazione sono soltanto due: una SVGA e una HDMI. Quest’ultima supporta HDCP e può fare le veci di una DVI con un adattatore di facile reperibilità. Mancano ingressi di altro tipo e non ci sono hub USB a disposizione. Peccato, perché l’uso della base lo avrebbe facilmente permesso.

La velocità di refresh reale è pari a 5 ms, ma è possibile attivare una “modalità Turbo” che riduce questa tempistica a 2 ms, migliorando sensibilmente la resa del monitor con le immagini in movimento. Inoltre, esistono sei preset diversi per adattare la resa cromatica a diverse attività (grafica, ufficio, gaming, film...).

TUTTO NELLA BASE Tutta l’elettronica del monitor è stata spostata dal retro dello schermo alla base, ma questo ha due spiacevoli controindicazioni: non si può appendere l’unità al muro e non è possibile ruotare l’immagine in verticale. Inoltre, non si può aggiustare lo schermo in altezza. In compenso, rende possibile il minuto spessore di questo modello.

= SUPER-SOTTILE

Dal punto di vista estetico, non c’è davvero nulla da eccepire: questo monitor è bellissimo. Peccato però che tanta bellezza unita a un prezzo così basso comporti l’uso di materiali e rifiniture non eccelse. Nel complesso l’unità sembra piuttosto fragile e va maneggiata con delicatezza.

Brilliance 234CL Produttore: Philips

C

Prezzo indicativo: € 210

on i televisori domestici che diventano sempre tramite una porta HDMI che, con un semplice apiù sottili grazie all’impiego della tecnolodattatore, può fare tranquillamente le veci delle gia LED, non c’è da stupirsi che il “trend” si più classiche DVI. Purtroppo, questo tipo di scelsia esteso in qualche modo anche ai monitor per ta si porta dietro due controindicazioni: non si può computer. Il nuovo Brilliance 234CL di Philips si appendere lo schermo al muro – e questo difficildistingue per le sue dimensioni compatte e sopratmente ci renderà infelici – ma non si può neanche tutto per lo spessore dello ruotare l’immagine di 90°, Qualche piccola imperfezione per cui non è possibile usaschermo, ridotto a meno cromatica, ma del tutto di un centimetro. Il “mirare le risoluzioni “verticali”. Ciò colo” è possibile non solo perdonabile considerando il limita un po’ gli impieghi lagrazie alla particolare retroilvorativi di questo modello, ma prezzo contenuto luminazione, ma anche allo anche questa limitazione può spostamento di tutta l’elettronica dal retro alla baessere facilmente spiegata dal prezzo al pubblico se, che comprende anche i pulsanti a sfioramento accattivante: poco più di 200 euro, quando i moper i comandi e, sul retro, le due porte di ingresso nitor professionali in genere costano molto di più. per i segnali analogico e digitale. Il primo attraverAlle impostazioni standard la resa con i videogiochi so la più classica porta D/SUB a 15 poli, il secondo non è magnifica, perché il tempo di aggiornamento

iniziale di 5 millisecondi lascia spazio a un effetto scia non particolarmente marcato, ma comunque visibile. In nostro aiuto, però, giunge la modalità Turbo Mode che aggiusta tutto, riducendo il timing a 2 soli millisecondi ed eliminando le scie. Che in fondo si tratti di un prodotto esclusivamente consumer lo si nota anche da altri particolari: i colori belli ma piuttosto imprecisi, la scelta di materiali plastici e di rifiniture migliorabili, l’impossibilità di aggiustare la posizione verticale come si vuole, l’assenza di porte USB... tutto sacrificato per rendere questo monitor accessibile davvero a chiunque. Piacerà certamente per l’aspetto accattivante e farà felice il grande pubblico che normalmente si accontenta, ma potrebbe deludere i più pignoli.

7.5

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TECNOTGM A cura di: Paolo Besser paolone@sprea.it

Novità, luci e ombre dall’ultimo IDF di San Francisco: il PC diventa sempre più mobile... o no?

La svolta “verde” di Intel Q uando leggerete queste righe, probabilmente, sarà già ottobre inoltrato o addirittura novembre, ma al momento di scriverle era appena calato il sipario sull’annuale edizione dell’Intel Developer Forum di San Francisco, kermesse che da sempre viene identificata come una sorta di termometro e di bussola, per valutare la salute della piattaforma PC e la direzione che prenderà il suo mercato nei mesi a seguire.

Meglio risparmiare corrente Se ripensiamo alla guerra dei megahertz (prima) e dei gigahertz (dopo) combattuta strenuamente con AMD per più di una decade, ci viene davvero difficiLa nuova GPU di Ivy Bridge prometle pensare a Intel come a un’azienda in prima linea te un sostanziale salto di qualità rispetto a quella di Sandy Bridge. nella salvaguardia dei consumi e dell’ambiente: i suoi processori “extreme” hanno sempre inghiottito quantità copiose di Watt, nel disperato tentativo di accontentare gente spesso impossibile da acconCedar Trail permetterà la connessione di una nutrita tentare, pronta anche a spendere centinaia di euro in serie di sensori, esattamente come avviene negli attuali dispositivi mobili (tablet e smartphone) esotici sistemi di raffreddamento con cui spingere ulteriormente verso l’alto le frequenze di lavoro e, di conseguenza, dei consumi in bolletta. Solo negli ultimi anni abbiamo assistito a una timida inversione di tendenza che, però, ha soltanto aperto la strada alle (per certi versi) clamorose dichiarazioni di Paul Otellini e Justin Rattner, rispettivamente CEO e CTO di Intel (fantozzianamente parlando, il megadirettore naturale e il mega-direttore tecnico): oltre all’aumento delle prestazioni, i nuovi prodotti di Intel cercheranno di essere sempre più efficienti allo scopo di consumare meno energia possibile. E per sottolineare meglio il discorso, Otellini ha mostrato un processore alimentato da una piccola cella fotovoltaica. Rattner, dal canto suo, ha presentato un progetto chiamato “Near-Thereshold voltage” con il C’è ARM là fuori quale l’azienda intende portare, entro il 2018, l’attuale potenza di elaSe pensare a Intel seriamente impegnata nel green computing può faborazione nello spazio di 2 (due) Watt. L’obiettivo dichiarato, insomma, è re sorridere – ma sarebbe ingiusto, visto che da molti anni ormai si è di produrre tra sette anni un processore potente come un attuale Xeon da impegnata a rimuovere dai suoi prodotti il piombo e altre sostanze in155 Watt, ma capace di consumare solo 0,5 Watt. Il resto degli 1,5 watt quinanti – è meglio restare seri e ricordare che, negli ultimi anni, sono rimanenti sarà suddiviso fra storage, porte di comunicazione e memoria. stati venduti milioni di smartphone e di tablet basati su processori Una svolta puramente ecologica? Non proprio. ARM, tradizionalmente poco potenti rispetto alle controparti x86 per PC, ma capaci di consumare Dopo aver acquistato McAfee, Intel intende sfruttarne il infinitamente meno. Un mondo dove Intel ha cerknow how per migliorare la sicurezza dei propri sistemi. cato, fin ora invano, di penetrare con alcune delle sue soluzioni Atom, e dove si gioca una partita molto importante non solo per il futuro dell’home computing, ma anche per i settori educational e corporate, visto che iPad e relativi concorrenti sono sempre più adottati da scuole, aziende ed enti governativi. Si pensi per esempio al recente annuncio del governo sudcoreano che, entro il 2015, intende digitalizzare tutti i libri scolastici e mandare a scuola i propri figli con un tablet, invece che con 15 Kg di carta pateticamente stipata in uno zainetto. Proprio per queste soluzioni è nata Medfield, una nuova piattaforma Atom destinata ai dispositivi più piccoli e, soprattutto, una stretta collaborazione con Google, grazie alla 98

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TecnoTGM

STRATIFICO, VELOCIZZO E RISPARMIO Justin Rattner nel corso dell’IDF ha presentato una emozionante tecnologia che Intel intende adottare in futuro per produrre le sue memorie, Hybrid Memory Cube. Sviluppata da Intel e Micron, sfrutta una configurazione dei chip di memoria a strati sovrapposti. A farsi carico della comunicazione fra i chip di ogni strato sarà una nuova interfaccia di memoria ad alta efficienza. L’ampiezza di banda già raggiunta dal prototipo è in grado di arriavare all’incredibile valore di 128GB al secondo, 12 volte superiore a quella dei migliori moduli DDR3-1333 ECC. Il VDD, Voltage Drain Drain, è di soli 1,2V, contro 1,5V degli stessi moduli e i 3,3V della vetusta SDRAM PC133. Quanto a energia per bit si parla di soli 8 pJ (picojoule), un’efficienza 7 volte maggiore rispetto alle tecnologie attuali.

quale dovrebbe nascere una nuova piattaforma mobile basata sulla versione x86 di Android. Ovviamente Intel dovrà darsi molto da fare per recuperare il terreno perduto, soprattutto in un mercato dove Apple con i suoi prodotti, e Nvidia con i suoi processori Tegra, giocano un ruolo predominante.

Il nuovo obiettivo di Intel è di produrre, entro 7 anni, processori in grado di consumare un centesimo di quelli attuali, a parità di potenza.

Più di un tick Nella consolidata abitudine di Intel, di scandire il ciclo vitale delle proprie tecnologie con due fasi chiamate “tick” e “tock” (come il ticchettio di un orologio, o per lo meno di un orologio americano...), la fase “tock” ha sempre coinciso con il lancio di una nuova architettura, realizzata sfruttando un processo produttivo già ampiamente collaudato. La successiva fase “tick”, invece, è costituita normalmente da una revisione della medesima architettura, sottoposta anche a un “die shrink”, ovvero al passaggio a una tecnologia produttiva più raffinata. Un recente tock è stato l’introduzione dei processori Nehalem (i primi Core i7 900) a 45 nanometri, cui è seguita la fase tick con i Westmere a 32. L’ultimo tock, invece, è arrivato con Sandy Bridge ma, per la successiva architettura Ivy Bridge, Intel ha preferito parlare addirittura di “tick+”. A cambiare infatti non sarà solo il processo produttivo, che come prevedibile passerà a 22 naSi può alimentare un PC con l’energia solare? Secondo Intel si può, a partire da questo processore centrale che Paul Otellini ha tenuto orgogliosamente in mano durante la sua presentazione.

nometri, ma ci saranno sostanziali novità all’interno dei processori come una GPU completamente rinnovata, compatibile con le librerie DirectX 11, capace di gestire fino a 3 schermi contemporaneamente e almeno il 60% più veloce nell’elaborazione della grafica 3D. Inoltre, verranno utilizzati i cosiddetti “transistor 3D” di cui avevamo dato notizia su un vecchio numero di TGM e troverà spazio anche la tecnologia di sicurezza DeepSpace sviluppata da McAfee (un recente acquisto di Intel, fra l’altro).

Atom a 32 nm Se di Medfield abbiamo già parlato, è giusto spendere due parole anche sugli altri membri della famiglia Atom. Il nome in codice della nuova architettura di questi processori è Saltwell, mentre le piattaforme da esso derivate saranno tre: Medfield, Cedar Trail e Cover Trail. Cedar Trail prenderà il posto degli attuali processori Atom N400 ed N500 nei netbook, sarà nuovamente un System On Chip (SoC) con grafica integrata e funzionalità di I/O, e sarà prodotta a 32 nanometri. Clover Trail sarà molto simile, ma verrà modificata quel tanto che basta per interagire meglio con tablet e altri prodotti hi-tech “ibridi”, a metà strada insomma fra un netbook e qualcos’altro di ancora più portatile. Clover Trail e Medfield sostituiranno gli attuali processori Z500 e Z600. Nel corso del 2013, inoltre, è previsto il passaggio ai 22 nanometri anche per questo segmento del mercato. Novembre 2011 TGM

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TIME MACHINE A cura di: Danilo Dellafrana (danilo.dellafrana@gmail.com)

Un viaggio a ritroso nella storia dei videogiochi attraverso gli occhi dei protagonisti che hanno segnato un'epoca.

PETER MOLYNEUX... E LA RANATORO CREÒ L’UOMO

é

dal 1988 che mi trovo davanti il volto di Peter Molyneux su infinite riviste di videogiochi. Questo uomo sembra non invecchiare mai. Deve essere una vita piena di soddisfazioni a donargli tale, intaccabile giovinezza, forte di rimarchevoli onorificenze come un Order of the British Empire e una laurea ad honorem in scienza presso l’università di Southampton. Oppure dipende dal fatto che grande e grosso amava giocare con i LEGO e impallinare con pistole ad aria compressa i visitatori della Bullfrog (ok, suona bizzarro ma ci arriveremo!)? Una cosa è certa: dietro il volto di uno dei più influenti ma allo stesso tempo controversi game designer occidentali si nasconde una personalità davvero singolare. La gloria di oggi non fa certo intuire che gli anni scolastici di Peter siano stati piuttosto tristi per via della sua dislessia. Non riuscendo con successo praticamente in nulla e, anzi, addirittura vedendosi indirizzato dai consulenti scolastici alla carriera nell’esercito o nella forestale poiché paradossalmente non necessitavano particolari attitudini alla scrittura, trovò un’inaspettata scappatoia nell’informatica. Conclusa la scuola conquistò un attestato in scienza informatica presso il Farnborough Technical College quando la sua vita prese una svolta decisiva. Durante un colloquio di lavoro incontrò il possessore di una grossa ditta di articoli sportivi per corrispondenza: un tipo sveglio ed esuberante,

M Il concept in LEGO creato da Peter per Populous.

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M Una tribù in riva al mare è un bersaglio troppo appetitoso per un’inondazione da parte di un dio dispettoso... forse anche troppo… per fortuna di Peter. Costui desiderava informatizzare il suo business e importò dagli Stati Uniti valanghe di computer e un manuale di programmazione. Peter ricorda che costui ne lesse solo i primi venti capitoli: grosso errore, poiché dal ventunesimo veniva trattata la programmazione ad array, una tecnica con la quale i monumentali listati che finora aveva faticosamente battuto venivano sostituiti da poche linee di codice

infinitamente più snelle e veloci. Quando Peter mostrò al suo mecenate i drastici risultati di questa tecnica, l’uomo si autoconvinse di aver davanti un giovane genio e piazzò a casa sua tutto l’equipaggiamento informatico importato d’oltreoceano oltre ad assumerlo per due anni, in seguito ai quali lo introdusse nel mondo del commercio, mettendolo a capo di un appalto che consisteva nel vendere alle scuole floppy disk con dei giochi educativi programmati dal giovane Molyneux. Erano programmi assolutamente dilettantistici racconta Peter, il primo dei quali, The Composer, può essere considerato a tutti gli effetti il suo primo titolo commerciale, un educativo in salsa musicale che, a sua detta, ogni programmatore potrebbe scrivere agevolmente in un pomeriggio. Una società di Alton ne ordinò duemila copie, con la richiesta di ottenere la merce in una settimana e Peter si diede da fare da solo: procuratosi un secondo registratore e un duplicatore, investì i propri miseri risparmi in un gigantesco scatolone di cassette vergini. Egli ricorda come, a metà strada, si fosse accorto di aver collegato male i registratori dovendo quindi ricominciare l’opera daccapo, tuttavia la vera disgrazia doveva ancora arrivare. La società che aveva piazzato l’ordine prese le cassette ma non pagò mai il giovane dando la colpa a problemi finanziari. Un vero colpo basso ma Peter ricorda a proposito un gustosissimo aneddoto: anni dopo, in seguito ai soldi fatti con Populous, egli cercava casa. Si imbatté nella residenza in vendita del direttore della funesta compagnia e questi, non riconoscendolo, additò come causa della vendita dell’immobile la recente bancarotta che aveva colpito la sua società. La risposta del nostro fu pressappoco: “ti ci sono voluti otto anni per andare in bancarotta? Beh, mi devi ancora i soldi per quelle cassette!”. Rivincite morali a parte, tornando indietro nel tempo la carriera nel videoludo dello sfortunato Molyneux non pareva smuoversi particolarmente da quel deleterio investimento. Fu provvidenziale l’incontro con


Les Edgar, il co-fondatore della futura Bullfrog: lavorava al PJ Hi-Fi, il negozio di elettronica in cui Peter si riforniva, e i due decisero di abbandonare i rispettivi lavori e fondare una società. L’improbabile opportunità di lavoro giunse dal ricco padre di una ragazza conosciuta a un matrimonio, che propose di esportare sistemi per slot machine in Svizzera e fagioli in scatola in Medio Oriente! Ma ancora più improbabile fu la chiamata della divisione Europea della Commodore, che invitò i due a una dimostrazione delle capacità dei nuovi Amiga e, colma di entusiasmo, fornì detti computer gratuitamente oltre a uno stand a una mostra di informatica in Germania. Il motivo di tale, inspiegabile generosità? Molto semplice: la compagnia con la quale Peter e Les esportavano fagioli si chiamava Torus e Commodore voleva in realtà chiamare la Taurus, un’altra società stavolta dedita allo sviluppo di database e fogli di calcolo per lo sviluppo di un programma in grado di mostrare le potenzialità del nuovo sedici bit di fronte agli esigenti smanettoni tedeschi. Assurdo ma vero: i due con una faccia di bronzo da manuale accettarono l’incarico con noncuranza, ricevettero i loro Amiga gratuiti e iniziarono a creare Acquisition, il loro database. Per essere un prodotto frutto della casualità più sfrenata non si comportò affatto male: premiato come “Product of the Show” aveva numerose caratteristiche rivoluzionarie, come la possibilità di immagazzinare documenti, immagini e non avere limiti nei campi. Vennero vendute duemila unità a una società americana e questo fu più che sufficiente per finanziare l’inizio della loro nuova vita a base di pane e database. Tutto questo per un paio di mesi scarsi, giusto il tempo necessario per far capire a tutti che l’Amiga sarebbe diventata una macchina da gioco incredibile lasciando agli MS-DOS calcoli, grafici e oneri simili. Fortunatamente il battesimo del fuoco tra le sacre e ardenti fiamme del videoludo avvenne in maniera indolore per Peter: amico di Andrew E. Bailey, questi gli propose di convertire per la nuova piattaforma Druid 2: Enlightenment, un clone di Gauntlet maggiormente vo-

M Druid 2 fu il primo gioco sviluppato da Bullfrog e distribuito da Firebird. tato all’avventura dinamica rispetto al coin-op Atari. Fu un evento provvidenziale: una sorta di tutorial nella vita reale sul know-how del videogioco ma non proprio un successo di vendite nonostante si trattasse sicuramente di una buona conversione nonché di uno dei più graziosi titoli Amiga nel 1988. Proprio quando un ormai scoraggiato Les stava proponendo di abbandonare la nuova avventura, Peter ebbe l’idea per Populous. Abbiamo letto infinite storie sulla genesi (termine appropriato) di questo titolo ma Peter in una recente intervista ammette candidamente che il motivo per il quale Populous è quello che è lo dobbiamo alla sua inadeguatezza come programmatore. Il gioco inizial-

mente sarebbe dovuto essere una sorta di wargame in tempo reale, ma quei maledettissimi omini si rifiutavano di spostarsi lungo le coste e rimanevano bloccati per strada. Alterare allora lo schema di gioco pareva la scappatoia più semplice e da qui nacque la possibilità di alzare e abbassare il terreno! Peter si interrogò quindi su quale generale fosse tanto potente da effettuare una simile, improbabile azione. “Un dio” fu l’unica risposta plausibile, e da allora Populous divenne la simulazione divina che tutti conosciamo. Che poi, diciamocelo, tutti gli aneddoti che abbiamo letto sull’osservare le colonie di formiche e realizzare plastici con il LEGO da riempire d’acqua solo per bagnare il pavimento degli uffici di Bullfrog sono anche vere, come testimonia una delle foto che allego, brutta come il debito nella sua risoluzione infima ma prezioso documento di una storica intervista pubblicata su Ace. In Populous due divinità si scontrano allevando amorevolmente il proprio popolo. È inizialmente necessario plasmare la terra fornendo un habitat adatto a far proliferare i propri sudditi per aumentare il mana, indispensabile per evocare miracoli e cominciare a divertirsi sul serio innalzando un gigantesco vulcano nel bel mezzo delle costruzioni nemiche o inondando le abitazioni, togliendo letteralmente il terreno da sotto i piedi del popolo avversario. Ottenendo sufficiente mana è possibile eleggere un leader, un cavaliere che si scontrerà con il campione nemico in una lotta per la supremazia forte del numero dei seguaci che siamo riusciti a generare e allevare. Vincendo lo scontro si passa alla mappa successiva, per un totale di 500 livelli e, nel caso non fossero sufficienti, l’anno dopo sarebbe uscito il data disc Populous: The Promised Lands, con nuovi scontri e nuove ambientazioni per donare varietà a colline, deserto e artico del gioco originale. Oltre alla rivoluzione francese e al selvaggio West, tra queste ambientazioni ne spicca una a base di mattoncini LEGO per strizzare l’occhio al concept originale. Il gioco fu un successo incredibile e fece man bassa di premi e riconoscimenti oltre a venir convertito per un quantitativo massiccio di piattaforme, dall’Archimedes all’FM Towns senza risparmiare console come il Master System ed il Mega Drive, divenendo addirittura uno dei primi giochi occidentali disponibili all’alba del Super Famicom assieme a Bombuzal di Tony Crowther.

M L’esclusivo tema orientaleggiante di Populous per Super Famicom.

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REPLAY A cura di: Francesco “Prodocevano” Di Lazzaro (prodocevano@sprea.it)

Torniamo a parlare di coin-op, analizzando uno dei siti di riferimento: si tratta di Arcade Extreme, progetto dedicato agli appassionati del genere, ricco di materiale interessante. Anche in sede di recensione restiamo in sala giochi, esaminando due classici che molti appassionati ricorderanno con nostalgia. Buona lettura!

FOCUS ARCADE EXTREME, Astyanax

PER I DURI DEL COIN-OP C

ominciamo col dire che lo staff che anima Arcade Extreme (www.arcade-extreme.com) è composto da autentici “professionisti” del gioco da sala, sia emulato che riproposto su cabinati rivitalizzati ad hoc per assecondare la loro grande passione. Questo non significa che si guadagnino da vivere facendo record e macinando punti nei più svariati titoli, ma che attualmente, nel panorama italiano, se si vogliono conoscere i campioni più capaci in determinati giochi, e più generalmente nell’ambito dell’universo Arcade, bisogna passare attraverso questo sito. Vista la premessa, è ovvio che il cuore pulsante del progetto non possa essere altro che l’archivio dati, che, in svariati formati, presentano le performance del team, offrendo sia a livello visivo che statistico prestazioni e risultati che fanno strabuzzare gli occhi. Per capire a cosa alludo basta fare un salto nel canale YouTube presente direttamente nell’homepage e soffermarsi a guardare alcuni dei video che testimoniano le prestazioni dei ragazzi, in grado di raggiungere risultati stupefacenti in più di un’occasione e misurandosi con svariati prodotti. Le loro competenze spaziano attraverso molteplici generi ed epoche: è interessante notare come, oltre a punteggi stratosferici ottenuti in svariati beat’em up one-o-one (la serie Street Fighter su tutte, ma anche altri classici come vari capitoli di King Of Fighters), troviamo anche filmati degni di nota dedicati a shoot’em up (Ikaruga), picchiaduro a scorrimento (Metamorphic Force) e autentichi classici di inizio anni ’80 (Bomb Jack). A completare ulteriormente l’iniziativa un archivio ricco di dati statistici relativi ai migliori risultati raggiunti e un forum, dove si può parlare con i diretti interessati dei loro risultati e anche di molti altri argomenti. A far da corollario a tutto questo, iniziative sul mondo dei videogiochi davvero interessanti: stupende le guide, ricche di finezze, capaci di sviscerare capolavori arcade fin nei più piccoli dettagli, proprio perché scritte da player in grado di padroneggiare questo o quel gioco completamente (eccezionale in tal senso la completezza del tutorial dedicato a Golden Axe, uno delle ultime novità del sito); da non sottovalutare anche il magazine, che da un po’ di tempo non esce, ma che, nei numeri conservati in archivio, offre diversi articoli e svariate interviste che aiutano ad approfondire l’argomento coin-op in ogni sua sfaccettatura. A ben vedere il principale difetto di AE sta nel sempre maggior intervallo che divide un update dal successivo, segnale che fa pensare a un certo allontanamento dal progetto da parte dei creatori dello stesso; la speranza è che ci sia presto un’inversione di tendenza e che il sito torni a essere aggiornato con la frequenza di un tempo.

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A

styanax è un gioco dalla struttura Software House: classica, e dall’ambientazione quasi Jaleco inflazionata: si tratta di guidare il noSistema:: stro alter-ego digitale attraverso una serie di Arcade livelli popolati da creature malvagie e di iEmulatore: spirazione fantasy, allo scopo di salvare il Mame mondo dall’influsso nefasto dello stregone Anno: 1989 Algos e della divinità oscura di cui è schiavo. Per sconfiggere i nostri avversari potremo usare la nostra arma, l’ascia del fuoco: l’impiego accorto della stessa ci consentirà di accumulare energia, segnalata tramite una specifica barra. Quando tale indicatore è pieno, è possibile sferrare un attacco speciale di grande potenza, indispensabile per debellare i boss di fine livello, soprattutto nei quadri più avanzati. Per migliorare la nostra facoltà di combattimento è possibile anche scovare talvolta uno scudo, che conserveremo fino a quando non verremo uccisi. La velocità di gioco non è delle più elevate, e la nostra controparte è caratterizzata da un incedere poco agile, molto diverso per esempio da quello di Sir Arthur in Ghosts n’ Goblins; scelta questa che diminuisce la componente platform del titolo ma amplifica quella tattica. La grafica è piuttosto colorata, e, sebbene non risulti particolarmente fluida, compie egregiamente il suo dovere; gli effetti sonori non fanno gridare al miracolo, ma raggiungono comunque la sufficienza. Astyanax è una buona variante di un genere che annovera tra le sue file molti esponenti più famosi (Rastan e il già citato G&G su tutti): tuttavia anche il prodotto della Jaleco, sebbene risulti meno intrigante dei suoi fratelli più anziani, potrà piacere agli appassionati.

Kingdom Grand Prix

K

Software House: Raizing Sistema:: Arcade Emulatore: Mame Anno: 1994

ingdom Grand Prix è un ibrido geniale, capace di unire due generi in apparenza molto diversi tra loro: lo shoot’em up e la corsa tra mezzi aerei. In questo titolo infatti ci troveremo a guidare un velivolo piuttosto avveniristico, fornito ovviamente di cannoni: il nostro scopo non consisterà (o almeno non solo) nel debellare orde di nemici e raccogliere power-up per facilitarci il compito, ma nel raggiungere un traguardo posto alla fine di ognuno dei livelli (complessivamente sono 12) prima che lo facciano gli altri concorrenti. Tale risultato ovviamente non potrà essere conseguito se non provvederemo anzitutto a eliminare gli avversari che ci sbarreranno il passo scagliandoci addosso ogni genere di proiettili. Il bilanciamento tra sparatutto e contesa basata sulla velocità ci costringe a un approccio molto tattico, a dispetto della frenesia che contraddistingue l’azione: stazionando infatti nella zona alta dello schermo schizzeremo veloci verso l’arrivo, ma non avremo modo di anticipare le mosse delle navicelle nemiche. D’altro canto mantenendoci nella parte bassa potremo distruggere più facilmente gli oppositori, ma rischieremo di essere troppo lenti e perdere la gara. KGP è divertentissimo, adrenalinico, oltre che tecnicamente stupendo: il mix tra strutture ludiche profondamente diverse è riuscito alla perfezione. Da non perdere, indipendentemente se siete o meno fan dei modelli ricreativi proposti nell’occasione.


Come accedere con il cellulare ai contenuti speciali di

All’interno della rivista si trovano dei “quadrati magici” chiamati QR, acronimo di Quick Response, che consentono di accedere velocemente a contenuti esclusivi. Per visualizzarli è necessario avere uno smartphone o cellulare abilitato alla connessione Internet. Ecco cosa bisogna fare per accedere ai contenuti esclusivi di THE GAMES MACHINE

1Scaricare e installare il programma gratuito i-nigma La procedura deve essere effettuata solo la prima volta. Una volta scaricato e installato il programma per la lettura dei codici QR questo funzionerà per ogni successiva lettura. Il programma per leggere i QR funziona su tutti i cellulari e smartphone

dotati di fotocamera e connessione a Internet. Per ottenere il software, basta inviare un SMS al numero 0044 7797 882325 per aprire la pagina Web da cui scaricare il programma adatto al proprio smartphone. Oppure è possibile collegarsi dal proprio cellulare al sito www.i-nigma.mobi. Così facendo, verrà individuato automaticamente il sistema operativo dello smartphone e installata la versione corretta di i-nigma.

Inquadrare e scattare Dopo aver premuto l’icona del programma i-nigma non resta che puntare la fotocamera del dispositivo sul codice QR, avendo cura di restare a circa 1015 cm dalla pagina della rivista, schermo del computer o iPad, e premere il pulsante Leggi Codice. Per conferma, si dovrà premere ora il pulsante Accedi a Internet. Qualora si voglia velocizzare questo secondo passaggio, occorre abilitare la voce Nessuna conferma all’interno del pannello Impostazione e poi Connessione a Internet.


MANIA CONSOLE CORNER

A cura di ToSo, Kikko e TMB

I riflettori di questo mese sono puntati su titoloni che arrivano dal passato, su giochi che ci hanno messo una vita a uscire, su videogame che si ripresentano con cadenza regolare e su perle di rara bellezza. Ora sta a voi attaccare le etichette…

S

embrerebbe fin troppo ridondante parlare ancora di RAGE quando gli abbiamo dedicato ben sei pagine proprio su questo numero (ma ve ne sarete accorti da un pezzo). Del resto, però, se ci sono voluti cinque anni di sviluppo lo si deve anche e soprattutto alle edizioni console, che hanno costretto il buon Carmack a spremersi le meningi più che mai per tirare fuori il meglio da dell’hardware con non meno di un lustro sulle spalle. In un mondo dove ormai i 30 fps sono la regola, id Software ne ha fortissimamente voluti il doppio, cosa che deve aver fatto sudare le proverbiali sette camicie a ben più di un programmatore texano. Il risultato è comunque degno di lode assoluta, perché a fronte di pochi sacrifici (uno su tutti, l’antialias, completamente assente), il risultato finale è quasi miracoloso. Il tutto a patto di installare completamente il gioco sull’hard disc di Xbox 360, giusto il tempo di riempire questi 22 GB, perché altrimenti tocca convivere con lo swap dei

GLOBALE

RAGE

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tre dischi e soprattutto con un texture pop-up tutt’altro che trascurabile, che è poi il vero problema di questo motore grafico. Purtroppo chi se la passa peggio sono (tanto per cambiare) i possessori di PS3 (e di PC, almeno al lancio. Ma vi abbiamo già parlato anche di questo), che a fronte di un’installazione obbligatoria da 8 GB, devono comunque subirsi i problemi appena citati, senza alcuna apparente soluzione. Non è sempre una tragedia (si percepisce più negli interni che negli esterni), ma anche un orbo noterebbe la faccenda. Ciò detto, in entrambi i casi il gioco vale la candela e l’esperienza finale è praticamente identica a quella PC, save game liberi inclusi. TMB

FORZA MOTORSPORT 4

G

89

104 TGM Novembre 2011

GLOBALE

iocando a FM4 viene da chiedersi se non siamo arrivati al capolinea di questa generazione di console, almeno per quel che riguarda la grafica, che sfoggia le macchine più dettagliate che si siano mai viste fino a oggi e un sistema di illuminazione dinamica da urlo. Il gioco ripropone la consueta carriera fatta di centinaia di eventi diversi (per classe di vetture, circuiti, costruttori e via discorrendo), svecchiata dalla modalità “World Tour” che permette di scegliere le gare sulla base delle auto parcheggiate nel proprio garage, regalando così un’esperienza davvero “su misura”. Il modello di guida è stato reso molto più “fisico” (e divertente) che in passato, con automobili dal comportamento più nervoso e aggressivo, avversari agguerriti e un ruolo più attivo per la fisica che gestisce i carichi delle macchine e gli incidenti in pista. Novità: Autovista, modalità in cui ammirare alcune dream car con un livello di dettaglio a dir poco stupefacente; Rivali, centinaia di sfide contro i ghost

dei giocatori di tutto il mondo; un sacco di eventi multiplayer con il numero massimo di auto in pista che passa da 8 a 16. Delusioni: niente pioggia e due soli nuovi circuiti; divertente, ma sostanzialmente inutile, l’integrazione con Kinect; lo “spreco” dell’enorme potenziale del marchio Top Gear, la cui presenza si limita a un evento single player e qualche giro veloce nella modalità Rivali. Nonostante questo, Forza Motorsport rimane comunque il più ricco, completo, divertente, impegnativo e riuscito gioco di corse per la console Microsoft. Almeno fino alla prossima generazione. Keiser


GLOBALE

N

ell’attesa che Fumito Ueda e i suoi ragazzi riescano a terminare The Last Guardian, il mondo può tornare a immergersi nei bellissimi mondi creati dal geniale game designer giapponese in questa a dir poco attesa edizione in HD. Un lavoro certosino, non certo limitato al solo incremento di pixel: tutto è stato rivisto in chiave moderna, andando a modificare

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GLOBALE

ICO & SHADOW OF THE COLOSSUS CLASSICS HD

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integralmente gli aspetti tecnici, grazie alla superiore potenza computazionale di PS3. Abbiamo così i 30 fps fissi, 1080p di risoluzione con tanto di antialias, il supporto al 3D stereoscopico e un audio che arriva a spingersi fino a 7.1 canali. Il tutto, fra l’altro, nella bellezza dei 16:9, che riesce a rendere ancora più fenomenali diversi passaggi di entrambi i titoli. Certo, ICO risente un po’ dei suoi anni, ma rimane assolutamente un’esperienza unica nel suo genere, mentre Shadow of The Colossus è un vero spettacolo ancora oggi e sembra incredibile pensare che in qualche modo riuscisse a girare su una PS2. Ottimo anche il lavoro svolto sulle texture, mentre delude giusto un po’ il 3D quando entrano in gioco i Colossi, che purtroppo fanno traballare il framerate in maniera abbastanza fastidiosa. Ma al di là degli aspetti puramente visivi, si tratta di due produzioni che sono entrate di diritto nell’olimpo dei videogiochi leggendari, un’esperienza imperdibile per chiunque abbia un minimo di passione per questo mondo (e una console Sony a tiro, ovviamente). TMB

NBA 2K12

C

hi mi conosce sa quanto io apprezzi la simulazione cestistica di 2K Sports, e di come, da qualche anno a questa parte, la ritenga la miglior declinazione di uno sport in salsa videoludica, ancor più dell’eccellente FIFA 12. Anche a questo giro il team di sviluppo ha fatto le cose per bene, come potete leggere in questo stesso numero di TGM che ospita la recensione della versione PC. E le declinazioni per Xbox 360 e PlayStation 3 come si comportano? Come al solito direi molto bene, giacché dal punto di vista del gameplay vero e proprio, così come per ciò che concerne il gioco online, non ci sono differenze di alcun tipo. A voler cercare il pelo nell’uovo, le versioni console sono un filo meno dettagliate sotto il profilo delle texture, pur mantenendo una fluidità senza pari praticamente in tutti i palazzetti disponibili. Per il resto, come detto, NBA 2K12 rappresenta l’ennesima prova di forza di 2K Sports, che s’impreziosisce quest’anno di un’operazione revival in grado di recuperare e spolverare la memoria storica della pallacanestro d’annata. Il taglio spiccatamente tele-

visivo di tutto il contorno è esaltante, soprattutto se avete la fortuna di poterne fruire con un impianto audio/video di tutto rispetto. Ecco, magari al prossimo giro di valzer sarebbe grandioso se gli sviluppatori si ricordassero di inserire nel roster storico anche quello sbroccato di Dennis Rodman, vera e propria icona del NBA degli anni ‘90. Kikko

Novembre 2011 TGM

105


BOVABYTE Davvero non il miglior angolo di

...visto che questo è figlio del sonno

A cura di: Noi Bovas bovabyte@bovabyte.com

PARENTAL ADVISORY Si informano i gentili lettori che no, non potete iscrivere il vostro computer alla gara del Pastore. Da nessuna parte.

Ve lo avevamo detto che questo angolo di BB è figlio del sonno A QUESTO BOX MANCAVA IL TITOLO!

é

ottobre e fa ancora caldo. Non è proprio la primissima volta che succede, ricordo benissimo un 10 di ottobre ancora caldissimo nel ‘90 circa, ma il punto è che fa ancora caldo (caldo, ma sopportabile) e che la giornata parrebbe essere decisamente calma, se solo non fosse per Mirko che si agita come un forsennato perché non gli abbiamo ancora consegnato l’angolo di BovaByte, e per il Paolone che continua a fare su e giù per le scale, intento com’è a ridipingere la cantina in cui lavora. Ebbene sì, questo mestiere ti porta a lavorare in cantina prima o poi. Per cui, se per lavoro produci vino, complimenti! Sei un po’ giornalista informatico pure tu. Comunque sia, dicevamo, fa caldo, e ieri era ancora peggio, perché oltre alle temperature più alte della media c’è toccato sorbirci la nuova, sfolgorante, geniale idea del Pastore. Di quelle, per intenderci, che di solito si esauriscono nell’arco di mezzo pomeriggio. Verso mezzogiorno, infatti, ha messo il naso fuori da quel buco che lui chiama “il mio datacenter personaaaleee”, ha schivato il mattarello della moglie, si è presentato trafelato (e anche leggermente puzzolente. Fa caldo) al nostro cospetto e ha sentenziato: “mi è venuta l’idea del seeeecolooo! Siccome è ancora estate...” “Pastore, siamo a ottobre, l’estate era qualche mese fa!” “Fa ancora caldo, per cui è estaaateee” “Beh, ma tecnicamente...” “eeeh ma come siete pignooooliii. Dicevo, siccome d’estate si fanno tanti concorsi di bellezza, in cui decine di ragazze (beeeelleeeeee!) sgambettaNon va beeeneeee, anche se in questa foto si intravede un profilo interessanteeee, la professionalità non si percepisce. Come si può giudicarla soltanto dalla tastiera!?

no sensuali su una passerella, mostrano le curve, dicono tre sciocchezze e poi vengono votate dalla giuria, ho deciso di istituire pure io un bel concooooorsoooo”. Inutile aggiungere che evocare i concorsi di bellezza, l’estate e le ragazze seminude raccoglie il nostro interesse a prescindere. “Però lo voglio fare come piace a meeeeee!”. E questo già ha smorzato gli entusiasmi. “Aprirò, per la prima volta in assoluuuutoooo, la passerella alle creature che preferisco: i compuuuuteeeer! Sì sì sì. Inviterò gente da tutto il mondo per partecipare al primo Concorso Internazionale di Professionalità per Computer”. Stavamo già per calargli la Mazza della Sapienza™ sul groppone, quando ha ripreso a farneticare: “Suddividerò il concorso per categoriiiieeeee, potranno partecipare solo macchine altamente professionaaaaliiiii, quindi le categorie saranno essenzialmente tre: Modded Desktop, Server e Workstaaaaatiooooon. Beeelloooo!”. Adesso è di là che, dimentico delle botte ricevute per mezzo della mazza di cui sopra, sta cercando di definire le regole del suo concorso. Noi lo sappiamo che tanto se ne dimenticherà dopodomani e che un’altra bislacca idea prenderà il suo posto, ma chi lo sa... magari stavolta non è nemmeno tanto male... Intanto, abbiamo preso alcune delle immagini che il Pastore stava prendendo in considerazione: i suoi commenti, scritti a pennarellone nero indelebile sul retro, sono finiti nelle didascalie. Au revoir...

Ecco, ci siamo quasi. Ma anche stavolta il fotografo ha sbagliato l’obiettivo. Doveva mettere il computer al centro e, al massimo, tagliare la modeeellaaa. È l’unica cosa che non serve a nieeeenteeee! (Pastore, poi un giorno ti spiegheremo un po’ di cose... ndBovas) Noooo, questa non va bene per nieeenteeee! Ho detto modded desktop, server e workstation! Quelli sono tablet. I tablet non sono professionaaaliiii!!!

Beeeelloooo, questo portatile moddato a forma di borsetta potrebbe incantare il pubblico femminiiiileeee, solo che a me non sembra abbastanza professionaaaaleeee. Scartato!

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BovaByte

L’ANGOLO Fatelo DELL’INVENTORE da voi LA DARWIN VOSTRA CI STA TEORIA FACENDO SULLASERIAMENTE FINE DEL MONDO PREOCCUPARE NEL 2012

I

l calendario dei Maya, le antiche scritture, le profezie sui papi di Malachia, il ciclo bizzarro delle macchie solari, il cambio del clima, il Pastore che non cambia il computer da almeno tre settimane... tutto lascerebbe intendere che l’ora dell’apocalisse si stia avvicinando a passi da gigante, ma che stavolta non si tratterà di uno dei vecchi sondaggioni di TGM (solo chi ci seguiva nei primi anni ‘90 probabilmente se li ricorderà, ma non fa nulla). Fra pianeti extrasolari che si avvicinano, repentine inversioni di marcia della rotazione terrestre, scambi di ruolo tra i poli magnetici, terremoti, maremoti e moto d’epoca che invadono le strade come sciami di cavallette, c’è abbastanza materiale per riempire almeno altre 15 puntate di Voyager e di Mistero. Ma dato che ormai è sempre più difficile elaborare nuove verosimili teorie su COSA succederà il 23 dicembre venturo, potete dare una mano a Giacobbo e soci usando il nostro fantastico tabellone. Funziona così: basta che prendiate una casella a caso di ciascuna riga, e mettiate in fila tutte le frasi al loro interno. Alla fine, avrete un quadro verosimile della situazione. Nel 2012, infatti:

A

B

C

D

E Gli impiegati del marketing di una nota multinazionale, ...mentre cercheranno imperterriti di far funzionare Norton Antivirus su un server Windows 2008 R2,...

1

Gli alieni provenienti dall’Ottava Dimensione,

Le macchie solari,

Le mucche che solitamente pascolano gioconde fra le valli,

I frammenti dei satelliti che vagano al di sopra dell’atmosfera,

2

...dopo un viaggio di milioni di chilometri senza l’ausilio del navigatore satellitare ,...

...in cerca di una potente pomata per curare l’epidermide,...

...ripetendo ossessivamente i ritornelli delle canzoni di Vasco Rossi,...

...quando si accorgeranno che presto sarà di nuovo Natale,...

3

...minacceranno di ...entreranno in ...feriranno a morte morte violenta tutta la un grosso centro un’alce provocando specie delle formiche commerciale l’ira funesta del suo rosse del deserto, spaventando il popolo amico castoro, perciò... tuttavia... delle cassiere, ma...

4

...brinderanno con un’intera cassa di spumante, ma in realtà sarà un quantitativo folle di nitroglicerina.

...con i loro roboanti e squassanti peti avveleneranno la popolazione umana.

...provocheranno un solco che arriverà al centro della Terra spaccando in due il pianeta.

...alzeranno la ...salperanno per cornetta del telefono una lunga crociera e ci faranno dentro un superando la barriera sacco di pernacchie, e del suono in prossimità allora... dell’Antartide, quindi... ...tutti i computer del mondo mostreranno una .gif con un dito medio alzato.

...dichiareranno morta la popolazione umana con un certificato, quindi saremo tutti morti senza saperlo.

Novembre 2011 TGM

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TGM@ MAIL A cura di: Massimo Svanoni xam@sprea.it

Prosopopea - 2 ottobre 2011 [Prosopopea]

Q

uesta edizione ho deciso di buttarla giù circolare: inizia e finisce con una poesia di Leonardo Renzi. A dire il vero, entrambi i pezzi hanno più il suono di un brano rap; il modo in cui le parole stanno assieme, la loro forza, mi è piaciuto e lo condivido con voi. Ed è lo stesso Leonardo, tra l’altro, a tirare fuori dal cassetto una questione vecchia eppure sempre nuova: l’homo ludens. A tutti voi che bramate filosofeggiare è dedicata la seconda letteruccia del mese (e relativa risposta). Invece, il sottoscritto è tuttora avvoltolato in dilemmi di ben altro lignaggio: quale versione di

FIFA dovrò far mia? Da una parte l’HDMI, dall’altro la risoluzione pura, dall’altra ancora il sistema di controllo. Sono questioni dure. Altrettanto dura è la mia mancanza di voglia riguardo al nuoto, dopo l’indigestione estiva. Ora, però, non vorrei monopolizzare lo spazio concessomi con umori personali (cosa che peraltro faccio da sempre) e porterei la vostra attenzione su una newz che credo vi faccia piacere: l’11 novembre (ossia mentre starete leggendo questo pezzo, sì e no) uscirà l’edizione PC di L.A. Noire. Ora, non voglio star qui a parlare del ritardo di questa ver-

Gamers

Homo ludens reloaded

Dammi un server pieno team speak, delle armi un bengala che sventri il cielo sangue che scorra sui pixel del terreno ci si fotte leale, niente cheaterchatter addormentati in fondo alla valle la connessione stride, scratcha la soundtrack cade a bomba fondendo orecchie e polmoni

Hey, Max, volevo chiederti una cosa. Da un po’ vedo che su TGM girate intorno all’argomento dell’homo ludens, senza mai nominarlo direttamente. Posso sapere esattamente cosa pensi di questo concetto, e se credi che questo tipo di uomo possa venir forgiato anche dai videogiochi? Circoscrivo la domanda: tutti gli animali predatori superiori giocano, e lo fanno come preparazione alla caccia e per stabilire gerarchie interne in modo incruento; in entrambi i casi comunque lo fanno in vista di qualcosa di “serio”. L’uomo allo stesso modo ha sempre giocato, ma il gioco era sempre qualcosa di preparatorio o di funzionale a un obiettivo superiore, fosse esso lo scaricare le tensioni sociali accumulate o il bisogno di stabilire gerarchie di merito (la giostra medievale).

si fragga per piacere - vocazione cecchini, mitraglieri o piloti d’aviazione, qui sta il campo la storia, la rivoluzione di un clan che non ha sciamani ma un mouse senza fili una classifica, un medagliere una lingua che è rito, evocazione di un paradiso che pulsa fra retina e connessione. Leonardo Renzi

Vaccate assortite

L

a domanda è: perché ho ‘sta roba nella cartella della TGM Mail? Sicuramente il me di qualche mese fa aveva intenzione di suggerire al me di oggi di pubblicarle. E chi sono io per non dare ascolto a me? Bottom line: non c’è bisogno che mi diciate quale preferite.

108 TGM Novembre 2011

sione rispetto alla corrispettiva console e di tutto il corollario di considerazioni. Voglio solo dire: il PC è (anche) territorio di giocatori d’avventure; a patto che abbiate la macchina necessariamente equipaggiata (hanno sparato certi requisiti che levati), fateci un giro e raccontatemi quel che ne pensate. Sì, pensandoci un attimo, proporre un titolo con quei requisiti taglia praticamente fuori tutta la fascia di ag gamer che vogliono scoprire da che parte stiano andando i racconti interattivi. Ma io mi mantengo ottimista. Massimo Svanoni

Ora, solo oggi si sta affacciando l’idea, presso un numero sempre più alto di giovani, che l’intera esistenza sia un gioco, e vada quindi affrontata secondo le modalità di questa attività che una volta era “preparatoria a”. Il mutamento quindi non è solamente quantitativo, ma è qualitativo, una vera e propria rivoluzione antropologica. Precisato questo (scusa la lunghezza), ti chiedo: il videogioco sta aiutando a forgiare questo tipo di uomo o semplicemente è la forma d’arte che meglio lo rappresenta? L’homo ludens per te è una degenerazione o un passo avanti evolutivo, o semplicemente un tipo differente di uomo? Da persona che lavora nell’ambiente dei creatori di videogiochi e dei videogiocatori hardcore, hai notato in questi (o nella parte più intelligente di questi) qualcosa di simili alla coscienza di essere un avanguardia

A CHI LO SPEDISCO? DAI, CHE È FACILE! TGM BAZAR:

forumtgmonline.futuregamer.it/forumdisplay.php?f=263. Ve l’ho già detto che mi prendo la briga di controllare personalmente questo link ogni santo mese?

TGM MAIL:

Ora non vorrei eccedere in ottimismo, ma la caselluccia mia è tornata a riempirsi di mail succose (oddio, ancora non ne ho letta una, ma sono fiducioso che non si tratti solo di richieste et similia). Ma voi non fermatevi: www.tgmonline. it/contact e TGM Mail oppure xam@ sprea.it con subject [TGM Mail].

il blog:

Per conoscere l’istante esatto in cui The Games Machine sbarca su iPad, questo è il posto da guardare. L’URL è quello che ci tiene compagnia da dieci anni: www.tgmonline.it.

Solo oggi si sta affacciando l’idea, presso un numero sempre più alto di giovani, che l’intera esistenza sia un gioco, e vada quindi affrontata secondo le modalità di questa attività che una volta era “preparatoria a”. […] Il videogioco sta aiutando a forgiare questo tipo di uomo o semplicemente è la forma d’arte che meglio lo rappresenta? Leonardo Renzi

esistenziale e/o di pensiero? Ecco, questo è esattamente quello che volevo chiederti senza tanti giri di parole. Leonardo Renzi Faccio due passi.[..] Ok, ci siamo. Poche righe ma uno spunto intenso e per una volta sono io a dover (e voler) rispondere (ma, naturalmente, giro l’argomento a tutti).


Tgm mail In questo momento il sound di Capsized riecheggia in camera, dandomi quello stimolo per scrivere dopo una dura giornata di lavoro. E pensare che se non era per la rece di Mario, non penso avrei mai apprezzato quel gran gioco che è il lavoro di Alientrap Alsalamek

Intanto la premessa: il concetto della vita come gioco si sta affacciando, appunto. Non mi pare che si possa considerare ancora una presa di coscienza collettiva. Diciamo piuttosto che è una delle naturali conseguenze del crollo di schemi di valori di carattere assolutistico. Solo una, bada. C’è chi approfitta di questa perdita di punti di riferimento, per indagare altrove, in ambiti spalancati da una spiritualità più a misura d’uomo. Questo non tanto per appesantire la mia replica, quanto per contestare l’uso del termine “rivoluzione antropologica”. E veniamo all’homo ludens. Il gioco è conseguenza o causa? Oppure ancora va a braccetto con questo sedicente movimento? Intanto ti dico che non ho notato, tra i conoscenti, amici, anche di un certo livello, la nascita di una coscienza ludica collettiva. Non c’è, in altre parole, la convinzione di un pensiero comune, ma anche solo di un pensiero. Il videogioco non è veicolo di alcunché o, almeno, non lo è in senso attivo, cosciente. Videogioco è distrazione. È cultura. Ma è cultura che, tendenzialmente, fa riflettere poco. E fa maturare nulla. Poiché (opinione mia), coinvolge l’homo ludens a un livello più totalizzante, rispetto agli altri generi. Nel momento in cui esiste interazione, non c’è più spazio per l’analisi. O meglio, ci sarebbe spazio, ma extra gioco. Dopo. Per chi ne ha forza e voglia. Cioè quasi nessuno. E, di fatto, la cultura che nasce dall’esercizio ludico è cultura sterile; la grande maggioranza dei confronti cui assisto o partecipo è concentrata su un’analisi qualitativa del videogioco come bene di consumo: questo è bello, quello fa schifo, il tal designer ha tirato fuori una bella idea, il videogioco moderno è massificazione, eccetera. Non esiste un Io esisto perché gioco. E, per rispondere alla tua prima domanda, forse neanche per me. L’homo ludens resta, dunque, semplicemente un’altra sotto categoria, di modesto contributo, nella più ampia accezione della vita come distrazione (fatemi cambiare idea). E, a questo punto, potremmo anche parlare dei suoi fratelli: l’homo bibitur, l’homo tripudium, l’homo fan, eccetera. Mi viene un brivido.

AVVERTENZE D’USO M

ese poetico, mese autunnale. L’imbrunire delle foglie sugli alberi si riflette anche nel vostro scrivere e non vedo perché non possa io cogliere questa palla al balzo, trasferendo tutta questa jeux de vivre in capo e in cuore alle avvertenze. Perché i termini la assorbono, sapete?

3DFX Non so perché, ma associo questo marchio alla prima Lara Croft, alle prime nuotate poligonali accelerate e via discorrendo. Mi verrebbe da aggiungere: quelli sì che erano tempi. Ma anche no.

vuole autoprodurre qualche bella lacrimuccia durante l’esercizio ludico moderno. Anche e nondimeno nel riprendere il vecchio, caro vezzo dello smanettare (oh, non in quel senso, sto scherzando, eh: DO NOT TRY THIS AT HOME! - che poi vi cala la vista)

FORM Come l’Araba fenice, è risorta portando gioia e vita. E pensate che mi è semplicemente bastato chiedere che venisse installata una libreria. Non una di quelle dell’IKEA. A meno che non ne vendano con le dll.

HOMOLUDENS Il concetto parte da un saggio del fu professor Johan Huizinga ed è stato reinterpretato da più teste ludiche alla luce dell’argomento di cui trattiamo. Voi vi ritenete uomini ludici o non ve ne importa ‘na fava?

Lo so che non vi è sfuggito. Ma se vi fosse sfuggito, ecco qui un memorandum. Provatelo. Godetene.

CARMAGEDDON Vien da sorridere a pensare a questo vegliardo ludico, che riappare come un cimelio. Sapete, all’epoca venne contestato praticamente da tutta l’Italia, a causa del tema. Come se investire creature in auto fosse un male... (oh, sto scherzando, eh: DO NOT TRY THIS AT HOME!)

Parliamo un po’ anche di questo, eh? Gradite?

DOSBOX Strumento indispensabile per chi

Ne abbiamo già parlato, ma un reprise male non fa. Trattasi di sandbox giocosa e anche un po’ retrò. Provate tanto per dire di aver provato.

PACMAN Va bene la nostalgia, ma se siamo ancora qui a parlare di Pacman c’è qualcosa che non va (però il pompelmo che vi ho messo in box è bello assai).

POESIA La si trova nella vita, a voler mirare con attenzione. C’è chi, tra i nostri lettori (non ripeto di nuovo il nome perché finisco in overload), è in grado di snidarla anche tra i meandri del moderno videogiocare.

INTIMITÀ

PORTAL

Caratteristica propria di questa rivista qui, dalla notte dei tempi in poi. Disambiguazione: se state cercando qualcosa che riguardi festini, notti di bisboccia, ubriacature moleste e cose di questo genere, siete nel posto giusto ma nell’era sbagliata.

Ogni tanto c’è spazio per qualche concetto se non rivoluzionario, quanto meno evolutivo. Speriamo che l’idea di Valve venga assorbita anche in un qualche titolo moderno e non solo nel (sempreverde?) Mario.

L.A. NOIRE

SUBJECT

Titolo del quale allo Xam me medesimo piacerebbe parecchio discutere, pur non avendone assaggiato manco una briciola.

Dettaglio sempre più fondamentale, in una mail. Specie se spedita al sottoscritto.

LEONARDORENZI

Uomo che in questo momento avrebbe dovuto smaltire i postumi della solita Oktoberfest, ma purtroppo non è andata così. Ok, datemi del tardo adolescente.

Grande star di questo numero, a pieno merito. Vuoi anche tu (che leggi ora) diventare una star e godere di imperitura gloria? Presto, corri nel box in cima alla prima pagina della TGM Mail e contattaci (stupendoci assai) con una produzione meravigliosa delle tue meningi!

DEUS EX

MINECRAFT

HDMI Parametro essenziale nell’acquisto di un bene di consumo ipertecnologico, per il nerd moderno.

CAPSIZED

le idiosincrasie (le minchiate) del suo sistema operativo. Oggi assurge invece a ben altro, felice, ruolo. Durerà?

XAM

MARIO Aritanghete.

MICRO***T Azienda che ha vissuto alterne fortune, su queste pagine. Un tempo veniva vilipesa, in particolare per

Novembre 2011 TGM

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Mario Portals

Q

ui si fa a gara: chi è che ha rivoluzionato di più il mondo dei videogiochi? Nel dubbio, questo uomo di passione, ha preso il motore dell’uno (quello più facile) e ci ha infilato il concept dell’altro. Ne è nata ‘sta cosa che non vado a giudicare, ma stimola curiosità. tinyurl.com/mario-por

Zone of the Variety Conosco TGM da una vita, la seguo da molto meno e a intervalli irregolari. Non sono un gran chiacchieratore internettaro e spesso osservo e leggo e tengo i miei pensieri per me (nella digital life). Però è da tanto che un lato del mio encefalo manda scariche, impulsi, dicendomi che è ora di far crollare il muro del silenzio (in stile Minecraft) a favore di qualcuno. Qualcuno che risponde al nick di Second Variety e che con le sue review, le sue preview, ma soprattutto i suoi dossier, ha aperto il mio terzo occhio del videoludo, facendomi riflettere su tematiche che già conoscevo ma che forse per mancanza di stimoli se ne stavano lì. Sì, i miei ragionamenti avevano dato i loro frutti, ma rimanevano lì, immobili come in un dipinto qualunque di natura morta. In questo momento il sound di Capsized riecheggia in camera, dandomi quello stimolo per scrivere dopo una dura giornata di lavoro. E pensare che se non era per la rece di Mario, non penso avrei mai apprezzato quel gran gioco che è il lavoro di Alientrap e, di conseguenza, non avrei mai scoperto un artista come Solar Field (la soundtrack intera del gioco è nient’altro che uno dei suoi album). Grazie. E grazie per saper rendere giustizia al mondo dei videogiochi con i tuoi scritti, dove traspaiono immediata passione ma soprattutto analisi e ragionamenti profondi frutto di una metodologia quasi “scientifica”, con quel pizzico di intimità (gusti, battute) senza far troppo pesare sul lettore, cosa che manca al resto di TGM [...]. Che sorpresa poi constatare che la review di Deus Ex è stata affi110 TGM Novembre 2011

Essendo un videogiocatore sono sempre stato dalla parte di Microsoft Ruben

data a qualcun altro. Aspettavo da mesi. Peccato.[...] In mezzo al vorticoso fiume di mento e pensieri che è internet, cerco sempre qualche IA dalla programmazione similare alla mia e se tu (o qualcun altro) ha voglia di scambiare dati su Deus Ex, Metal Gear Solid (e tanto altro) così da creare una mente collettiva, la mia mail è [omissis] mentre il mio (astruso) indirizzo di Msn è: [omissis]. Alsalamek Giuro che non ricordo l’ultima volta che mi è capitato di pubblicare uno scritto intriso di un tale slancio apologetico. Mi par quasi di essere tornato ai tempi dell’idolatria dei redattori. Quando, per intenderci, si andava in fiera a fare i manovali e, usciti dal retro dello stand con le spalle offese dalle tonnellate di riviste appena scaricate, si finiva per firmare autografi e posare (credo che a Raffo manchi tantissimo quel periodo). Era anche il tempo in cui il buon Paolone andava in giro a interrogare i fan sulle ragioni del suo nome, ma questa mi rifiuto di spiegarvela. ToSo: Rubo un poco di spazio anche io per aggiungermi ai tuoi complimenti nei confronti di Mario. II-Variety, a mio avviso, fa parte di un ottimo gruppo, che ha al suo interno persone che, a me per primo, fa un sacco piacere leggere. Mi riferisco a Ivan, Claudio, Xam, l’insostituibile Mirko, Roberto, Nicolò, Paolo, Adso, Alessandro... insomma, tutti quelli che, ogni mese, danno il loro massimo per farvi arrivare tra le mani quello che noi riteniamo essere il meglio del nostro meglio. E ora, ancora la parola allo Xam.

Uffalive! Salve a tutti, sono un ex giocatore di Football Manager live che, come saprete, ha purtroppo chiuso i battenti da un po’ di mesi. Alcuni orfani di questo gioco, inglesi, hanno creato una piccola società per creare un nuovo MMO, che su Facebook ha già un po’ di proseliti. Vi scrivo perché, essendo una novità poco conosciuta, hanno necessità di farsi conoscere, e un articolo sulla vostra rivista sarebbe una manna dal cielo :D Vi segnalo il sito dove avere maggiori info. http://uflive.com/. Grazie dell’attenzione, in ogni caso Sergio Scubla (non faccio parte dello staff) Credo che ci possa essere qualche lettore interessato, là fuori. E giro con-

testualmente l’idea al ToSo. Daje alla balena! (anche se non fai parte dello staff)

Dalla parte di Microsoft Ciao a tutti, essendo un videogiocatore sono sempre stato dalla parte di Microsoft, eppure negli ultimi anni ho notato qualcosa che non va... Vi faccio un esempio che mi è venuto in mente: anno 1999, un utente medio acquista un PC da utilizzare per le solite cose, più qualche giochino. Mettiamo che gli piaccia giocare a Carmageddon, che grazie alla scheda acceleratrice Voodoo 2 gira alla perfezione, con una grafica innovativa grazie all’antialiasing e alle librerie 3dFX. Dopo 10 anni, nel 2009, il PC salta, quindi ne acquista un altro, con Windows 7. Riesce a fare praticamente tutto quello che faceva prima, ma quando prova a inserire il CD di Carmageddon c’è qualcosa che non va: il gioco non si avvia! Scopre che per farlo funzionare ha bisogno di DOSBox, quindi lo installa e configura. Scopre poi di dover installare le librerie VDM. Riesce quindi a farlo partire, ma con l’audio che va a scatti e una grafica molto più pixellosa rispetto al vecchio PC. E questo solo grazie a tool realizzati da appassionati. Forse sono un videogiocatore troppo nostalgico, ma mi sembra giusto pretendere un pochino di retrocompatibilità (leggasi Rispetto) anche per i capolavori del passato. Ciao! Ruben Eddai, Ruben. Buona parte dei videogiochi ha una data di scadenza. Giocarli fuori dal loro tempo equivale ad andare nei pericoli. Te lo dice uno che non gioca MAI un titolo appena uscito. Voglio dire, tardare va bene ma quanto meno devi utilizzare lo stesso sistema su cui il gioco è stato pensato. Sono oggetti delicati. E anche permalosi. Se gli levi la terra da sotto i piedi si mettono a frignare. E poi, dai, retrocompatibilità va bene, ma qui stiamo parlando di un gioco di 14 anni fa...

Hail to the new gamers C’è voluto tempo, una nuova connessione l’aumentare delle superfici curve l’abbandono dei dadi per l’elettrificazione siamo clansman, con il mouse incorporato cacciamo in branco, è il server che ci fa squadre, manipoli o legioni non abbiamo Storia ma storie diverse e non importa se vieni da Torino o Pechino l’onda non ha centri né nome, travolge per impeto e vocazione s’accanisce contro la resistenza di rocce e distanze solo i chatter rimangono, ci ricordano di quando non ci muovevamo in team ma come maschere, persone di quando eravamo il volto feroce della rivoluzione. Leonardo Renzi

UNA LAUREA SPECIALE Prima di salutare con l’Au Revoir dello Xam, permetteteci di fare i complimenti a un nostro assiduo lettore, Pietro Senatore, che è appena arrivato al termine dei suoi studi in Ingegneria Elettronica. A segnalarci la cosa, e a fargli i primi auguri, è stata sua sorella Silvia. Complimenti ancora, Pietro! ToSo

AU REVOIR Nell’ultimo Au Revoir ho utilizzato il termine Milan. Oggi, 3 ottobre, mi è difficile riprendere da questo stesso nome proprio (sapete, la serata di ieri), quindi faccio finta di aver reso onore al merito altrui e salto immediatamente alla frasca successiva: Skyrim! Dai, che arriva. Daidaidai. E io ora chiudo, spedisco il malloppo a chi di dovere ed esco per l’acquisto di cui in Prosopopea. In sostanza sono riuscito a replicare l’Au revoir del mese scorso, senza colpo ferire.

Quando non c’erano ancora le schede treddì

Q

uesta, invece, mi ha fatto una tenerezza immensa. Ve l’ho già raccontato che qualche millennio fa mi ero messo di buona lena per realizzare un’animazione di un Indiana Jones formato da due pixel in croce? Sì, eh? A ogni buon conto ho lasciato pigramente perdere e ho capito che quello dell’artista non era decisamente il mio mestiere. Questi qui, invece...


ADSO

Adso da Melk è uno dei fondatori di NGI, si è occupato dell'organizzazione di eventi legati al gaming quali World Cyber Games, NGI Lan e Smau ILP. Stimato in redazione, il buon Luca si rivela prezioso da inseguire a ogni chiusura numero. E spesso anche oltre.

A cura di: Adso adso@sprea.it

One Of These Days Vista la chiusa dello scorso mese avrei potuto utilizzare un altro Pezzo Memorabile dei Pink Floyd a mo’ di titolo per questo appuntamento. Questo, però, mi dà modo di gigioneggiare meglio.

M

ia moglie, Adorata Madre delle mie Figlie, non legge questa mia rubrica da tipo anni adducendo una serie di scuse tipo “eh, ma scrivi troppo” o “è scritto troppo piccolo” e ancora “ma scrivi come parli! E già ti sento tutto il giorno!”. Eppure non è digiuna da letture impegnative (ultimamente si sta sparando tutta le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco – altrimenti conosciuta come “A Game of Thrones” – che sono tipo 11 libri o giù di lì) specie da quando ha ricevuto in regalo per la nuova maternità un fiammante e-book reader prodotto da un famosissimo sito americano che agli albori si occupava esclusivamente di vendita di libri e che ora vende anche papere di gomma (tutto ‘sto giro solo perché non voglio fare pubblicità, visto che comunque non ci prendo manco un tallero). Ha smesso di leggermi pure mio fratello, che come passione pubblica romanzi e spera un giorno di trasformare l’hobby in un lavoro, giustificandosi con un “da quando sono diventato padre ho molto meno tempo” e altre amenità sui generis. Ci prova sforzandosi tantissimo la mia mamma, alla quale giro il PDF della pagina che il caporedattore delle volte si ricorda di mandarmi via mail, ma che, povera, non è che ci capisca molto sia del tema trattato sia dello slang tecnico alle volte utilizzato. Sul forum di TGM Online poi nessuno mi si fila più; sono spariti anche i detrat-

tori! Di mail poi non ne se ne vedono da mesi; oddio, non che prima ne arrivassero a palate eh, ma una/due mail delle volte faceva piacere riceverle e ancora più piacere dava il rispondere (significa, semplicemente, che hai preso la retta via del riuscire a lasciare tutti basiti! ndToSo). One of These Days (“Uno di questi giorni”) è un singolo del gruppo inglese Pink Floyd pubblicato nel 1971 come pezzo d’apertura nel sesto album della band, Meddle. La canzone è strumentale tranne per un una voce, bassa e distorta, che a un certo punto recita “One of these days I’m going to cut you into little pieces” (“uno di questi giorni ti farò a pezzi”). In realtà, vista la chiusa del mese scorso avevo pensato (banalmente) di utilizzare “Money” sempre dello stessa memorabile band, ma non mi avrebbe aiutato ad esprimere il concetto che reitero al ToSo oramai da anni: “uno di questo giorni mollo”. Tutti i mesi va così, ma poi lui, esperto di lusinghe e lisciamento del pelo della mia schiena ursina, mi convince a dargli dentro ancora una volta. E si va (per inciso, sei legato a me almeno per altri 10 anni. ndToSo). [+]Il mese scorso ci eravamo lasciati con la descrizione del crollo della, quantomeno nelle intenzioni, ferrea e granitica macchina organizzativa coreana, della vile e beffarda offerta di danaro (tramite montepremi ai ragazzi partecipanti eh, mica al sottoscritto…. Magari!) a noi occidentali per aiutarli a togliere loro le castagne dal fuoco, della mia reazione a un così subdolo tentativo di non ammettere le proprie carenze e a considerarci prezzolati e pronti a tutto per un pugno di dollari (cit.) e, soprattutto, degli americani ipereccitati alla parola “money”. Il tizio con i baffoni che assomiglia a Cat Stevens si alza eccitato dal fondo della sala decisamente gremita e rumorosa e biascica con un accento texano (oddio non lo so, ma va aggiunto il fatto che il figuro era vestito da cowboy – e forse i baffi erano pure finti – visto che ci trovavamo guarda caso durante la notte di Halloween prima che diventasse tristemente famosa e “festeggiata pure da noi”, e per un americano è un must, tanto che pure nel centro di Seul questi andavano in giro tranquilli agghindati come nelle più turpi e oscure punta-

te di Happy Days) : “di quanti soldi stiamo parlando?” fu la sua frase di esordio. A questo punto decido di ergermi in tutta la mia altezza e massiccia possenza e utilizzare quello slang americano faticosamente imparato nei più squallidi ghetti di Albuquerque NM e prorompere in (affabilmente tradotto in italico): “Ma brutto figuro al quale piace giacere con la propria non più aitante e dal fondoschiena assimilabile a quello di una megattera madre, ma ti rendi conto di cosa razzo sta succedendo? Questi abili e forsennati manipolatori del proprio tronchetto della felicità dal colore della pelle felicemente accostabile a quello di un malato di fegato stanno cercando di infilare un enorme siluro dritto-dritto su per il loco ove non è sovente bello insinuarsi e tu, brutto adepto alla sunzione dal collo rosso ti stai vendendo per pochi e puzzolenti dollari, che manco incasserai”. Il tizio comunque non mollava, sostenendo che dei tornei al volo si potevano organizzare tra gli eliminati, che potevano formare dei team al volo in amicizia, seguendo il tema portante dei Word Cyber Games, che non erano i soldi eh, ma l’amicizia fra popoli diversi, lo scambio interculturale tra differenti nazione e la Fratellanza Cosmica Tutta, ottenuta giocando a dei videogiochi solo blandamente competitivi. Alla fine tuonai, forte di tutto il Soju che avevo in corpo (un tipico liquore locale dal sapore che ricorda la vodka amabilmente miscelata con una presa piccola di Punt e Mes): “ma vi rendete conto che non si riescono a finire nemmanco le eliminatorie per il Grand Final e la vostra proposta risolutiva è quella di darvi una mano e introdurre nuovi tornei?”. La seduta fu sciolta e rimandata al giorno dopo. La sera successiva, dopo una giornata ancora una volta passata in una generale ma alle volte funzionale confusione, ci ritrovammo nella stessa sala ma con dei diversi delegati dell’organizzazione. O quantomeno così apparivano a molti di noi, che se è vero che ai nostri occhi gli asiatici appaiono tutti simili (come è vero l’esatto contrario), uno con i capelli ossigenati davvero non me lo ricordavo. La cosa ci apparve sospetta, quasi inquietante: la nuova troika di core-

ani era tutta in piedi su una specie di palco, alle spalle di un designato dall’aspetto contrito e dallo sguardo consunto che sedeva dietro un’ampia scrivania. Uno degli uomini in piedi attaccò a parlare spiegandoci che erano consci delle difficoltà sopravvenute e che ora avevano la soluzione: il tizio seduto con lo sguardo fisso verso il basso era il “Game Master”, un Giudice Supremo che avrebbe risolto al volo ogni problema soprattutto per quanto riguardava il regolamento dei vari giochi, gli intoppi organizzativi e le male interpretazioni del serrato programma. Questo “Game Master” continuava a fissarsi i mocassini mentre il tizio continuava petulante: “per qualunque decisione, qualunque problema, qualunque intoppo dovete chiedere al Game Master”. Il Team Leader francese (un simpaticissimo ragazzo di origini tunisine) prese la parola chiedendo “Ma questo Game Master conosce tutti i regolamenti dei vari giochi? È un giocatore? Ha mai arbitrato delle partite?”. Tutto questo mentre il già citato GM continuava a mantenere, misteriosamente a questo punto, la testa bassa. La risposta fu il ripetere la stessa litania “per qualunque problema…”. Al che, avanza il Team Leader olandese (un rubicondo ragazzone che odorava sempre leggermente di vinaigrette) e chiede: “Ma parla? O meglio… parla inglese?”. “No” fu la risposta laconica degli organizzatori, “ma ci sarà sempre presente uno di noi a tradurre”. Io a quel punto mi alzai e lasciai la sala, seguito dalla maggior parte degli astanti (ovviamente gli americani che volevano i “dollaaaah” non si mossero di un millimetro) e raggiunsi le sale comuni alla ricerca dei nostri. Da un certo ed egoistico punto di vista il Team Italia era stato bellamente buttato fuori dalle eliminatorie (tranne che per FIFA, ma lì le cose andavano speditissime essendo assieme a StarCraft uno dei conosciutissimi giochi nazionali), e quindi potevo anche sagacemente non curarmene e andare a farmi un bel giro nel quartiere Cheongnyangni 588 (altrimenti detto “Oh Pal Pal” in lingua indigena), di cui tanto mi avevano ben parlato. E poi il giorno dopo ci sarebbe state le finali e noi eravamo in corsa con FIFA! Novembre 2011 TGM

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PARADOSSA

A I R O EUF

A cura di: Massimo “NKZ” Nichini euforiaparadossa@sprea.it

E se, un giorno, quando consegni in anticipo su un ritardo, ti dimentichi di scrivere il cappello, non è un problema, anzi. Perché di fronte a certe modelle, tanto, il cappello te lo dovresti togliere comunque...

U

n saluto e un buffetto caloroso di quelli che solo le nonne sanno dare pinzandoti la guancia tra indice e medio procurando numerosi capillari rotti a tutti. Finita definitivamente un’estate (almeno spero, qui è ancora ottobre e si gira in maglietta e si beve la granatina) che non voleva morire manco fosse uno zombie di The Walking Dead, ci dobbiamo preparare a un periodo decisamente più freddo. E quale migliore risorsa se non l’Euforia Paradossa per colmare l’inevitabile tristezza dovuta a giornate infinitamente troppo corte, vestiti a cipolla, nebbia e ghiaccio un po’ ovunque? Beh, ok, il freddo ha anche i suoi lati positivi, ma un motivo per leggere questa rubrica lo devo trovare ogni mese, sapete, è scritto a contratto. Buona lettura, e il primo Vin Brulé della stagione sollevatelo alla mia salute. Io contraccambierò inneggiando a tutti voi, miei cari compagni di Euforia.

LA BELLA-COS E LA BESTIA-COS

P

er la serie al peggio non c’è mai fine, questo mese ho deciso di appellarmi alla legge karmica. Se i miei amati segnalatori di immagini euforose continuano a inviare scatti di cosplay o pseudo cosplay estremo, a volte euforoso altre solo grottesco, io non posso fare altrimenti, se non bilanciare la forza dell’universo accor-

Q

uesta immagine euforosa ha colpito il vostro sempre impressionabile Nikazzi per la sua semplicità. Uno di quegli odiosi che mistificano le foto solo per sembrare più spiritosi di quello che sono, avrebbe decisamente rinunciato a farsi vedere in faccia o a sfoggiare una qualsiasi altra forma di egocentrismo. Ecco perché il ragazzotto (parecchio otto, a contare dalle maniglie dell’amore stile vano di carico di un AirBus A380) in questione mi sembra sincero, con le sue cuffie in testa e il suo portatile nelle mutande per ascoltare la musica mentre cucina. Un po’ mi fa tenerezza, devo ammetterlo. Solo un po’, il tempo di ricordarmi che un player MP3 lo trovi anche nell’ovetto Kinder, di questi giorni.

NU JEANS E… NIENTE MAGLIETTA

L’

angolo della morbidosa che fa sempre scuotere il capo, a volte per dire sì, altre volte per dire sì mentre si traspira come i cani, questo mese è dedicato ai Jeans. O perlomeno è questo l’unico elemento che ho trovato in comune alle due ragazze, tut-

pando i due lati della medaglia. Ecco perché questo mese vi propongo l’orsetto lavatore appassionato di Transformers e, per lenire i vostri bulbi oculari così gravemente feriti, una carinissima imperiale in bodypaint. Avverto decisamente una forza che neanche io so come, provenire dalla ragazza…

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IL CONCETTO DI PORTATILE…

te e due bionde e tutte e due intente a tenersi le protuberanze con le mani. Come dite? Voi avete trovato altri elementi in comune? Ho capito, ma mica è una gara di trova la differenza al contrario questa: trattasi solo di mero pretesto per vedere delle fanciulle di un certo lignaggio in atteggiamenti fuori da ogni contesto. Sempre a farla difficile, voi…


BACKSTAGE A cura di: Rikkomba, La Vivente rikkomba@gmail.com

CHE NON SI STAVA MEGLIO QUANDO SI STAVA PEGGIO Profonde riflessioni su un passato che non è di verdura ed è bene ribardirlo.

B

entornati sulla pagina di Backstage, la rubrica ottimista che v’insegna a sorridere di fronte alle disgrazie (altrui). Dopo le combattute campagne “Sgravi fiscali per modelle bisessuali esibizioniste” e “Padroni a casa nostra: Il Cinese al centro del Sole”, è giunto il momento di affrontare quello che forse è il Problema, se non Er Probblema, dell’Industria Videoludica mondiale: il Retrogaming. Come ben sa chiunque si ricordi di Paolo e Uan, dal punto di vista dell’innovazione l’Industria Videoludica, forte d’introiti miliardari, legioni di sviluppatori di talento e migliaia di titoli di successo, è assimilabile al menu di un fast-food: puoi aggiungere tutti gli extra che vuoi, ma alla fine stai solamente accorciando delle vite. Il profluvio di silicio stagionato, anno dopo anno, non ha mai accennato a diminuire, forte delle carte di credito di milioni di ultratrentenni sovrappeso. Il fatto che degli esseri umani vivi s’intrattengano con passatempi di venti o trent’anni or sono è di per sé accettabile, specie in assenza di una ex per motivi tecnici; ciò è purtroppo

sfociato nella mitizzazione del Vero Retrogamer, paladino dei nastri. E dei tasti di gomma. E della polvere. E della fame nel mondo. A tale riguardo, il dibattito è ambiguo. Da un lato abbiamo Nicola e i suoi prometei epigoni, dediti a emancipare i videogiocatori tramite l’emulazione. Dall’altro abbiamo una pandemia di grassoni con la scabbia a spiegarci come il Vero Retrogamer si astenga dalle facili tentazioni fornite dai salvataggi liberi, dall’autofire e dai crediti infiniti. E da un pad USB. E da uno schermo piatto. E da una tastiera. Ci siamo capiti. Di fronte a siffatta sconcezza, il Vero Retrogamer dice NO: perché scaricarsi le ROM equivale a rubarle, ovvero a rubare una BMW, ovvero a sterminare milioni di sviluppatori innocenti nei campi di concentramento nazisti, inclusi i rispettivi concessionari. Innanzi a siffatto tradimento, il Vero Retrogamer dice NO: perché i videogiochi sono Una Forma d’Arte e occorre rispettare i sentimenti e le intenzioni dei creatori dell’Opera, astenendosi dal contaminare l’esperienza di godimento artistico tramite artifici di sorta.

Davanti a una tale tragedia, il Vero Retrogamer dice NO: perché tanto nemmeno domattina riuscirà a ricordarsi della sua prima volta. La sorgente di cotanto pathos urologico è da ricercarsi nella nostalgia, nostalgia maledetta schifosa infame, come cantavano Al Bano e Romina nel ’99. Come ho già scritto una volta su una vetrata del Duomo (MI), la cieca e sistematica mitizzazione di fatti e opere passate è quasi sempre sinonimo di cloroplasti. Prendiamo un esempio a caso, Ungaretti: ha una foto in bianco e nero su Wikipedia, come minimo sarà un genio. Ungaretti ha in realtà per sempre rovinato qualunque tentativo di insegnare la Poesia a un adolescente. Grazie al suo scellerato esempio, oggi qualunque adepto dell’acne è in grado di uscirsene con qualcosa del tipo: Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie. Quaranta caratteri, quattro righe, zero rime: dalla Divina Commedia ai messaggi nei cioccolatini. Anzi, per non essere da meno: Stamani con due uova in pentola pancetta. Allo stesso modo, in ambito videoludico assistiamo da anni a un triste teatrino di psicotici che si vantano di trascorrere il proprio tempo libero giocando ad Asteroids o Missile Command nella versione origina-

le su Atari 2600. In realtà questi giuggioloni non hanno tutti i torti: persino nel 2011, videogiocare con un Amstrad o uno Spectrum costituisce ancora la più valida alternativa al conficcarsi degli spilloni avvelenati di venti centimetri nelle pupille alla cieca. Perché bisogna ricordarsi che il Vero Retrogaming è, prima di tutto, Dolore e Noia. Per esempio, immaginatevi a casa, da soli, in un luminoso pomeriggio d’aprile. La scuola è finita, i professori sono contenti di voi, la catechista vi idolatra, la gente ferma per strada i vostri genitori per manifestare apertamente la propria invidia. Avete terreno libero, e per passare il tempo iniziate a pasticciarvi con un titolo a caso. Sul più bello sentite un rumore, vi girate e scoprite che vostra madre è in anticipo e che è lì che vi sta guardando. E sbadiglia: questa è la noia. A onor del vero, va ricordato che alcuni titoli degli anni ’70 e ’80 rappresentano ancora oggi delle intuizioni geniali. Prendiamo Pac-Man per esempio: “avanza divorando tutto quello che trovi, se qualcuno ti insegue trovati un digestivo e mangiatelo”, che è anche un po’ la trama del ToSo (ma anche no!. ndToSo).

Novembre 2011 TGM

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Nel prossimo numero BATTLEFIELD 3

DICE si prepara a scrivere la storia, nella sua battaglia più difficile!

Il numero di Dicembre sarà in edicola il 24 di novembre!

Inoltre, sul prossimo numero... Call of Duty

Dead Rising 2

Modern Warfare 3 raccoglie la sfida di Electronics Arts!

Gli zombie continuano a farci impazzire, in Dead Rising 2 - Off the Record!

www.gamesvillage.it Mensile – 3,99 euro Direttore Responsabile: Luca Sprea – direttore@tgmonline.it Direttore Editoriale: Stefano Spagnolo Redazione: redazione@tgmonline.it Davide Tosini (Responsabile di redazione) Mirko Marangon Ivan Conte Nicolò Digiuni (impaginazione) Marina Albertarelli (segreteria)

Abbonamenti: Si sottoscrivono in 2 minuti con 2 click via web. Trova l’offerta speciale di questo mese all’indirizzo: www.abbonamenti.it/tgmonline oppure abbonamenti@mondadori.it; puoi anche abbonarti via fax 030-3198412, per telefono 199 111 999 dal lunedì al venerdì, dalle ore 8,30 alle ore 18,30. Costo massimo della chiamata da tutta Italia per telefoni fissi 0­ ,12 + iva al minuto senza scatto alla risposta. Per cellulari costo in funzione dell’operatore. Per chi volesse abbonarsi dall’estero +39 041 5099049. Arretrati: Si acquistano on-line all’indirizzo: www.tgmonline.it/arretrati Per informazioni o richieste: arretrati@tgmonline.it oppure al fax 02.700537672

Pubblicità: Stefano Lisi – stefanolisi@sprea.it – 335.62.87.272 Luigi De Re – luigidere@sprea.it – 339.45.46.500

Collegio Sindacale: Roberto Bosa (Presidente), Maria Luisa Capuzzoni, Ugo Besso Amministrazione: Anna Nese – amministrazione@sprea.it Foreign rights: Gabriella Re – international@sprea.it Marketing & pubblicità: Walter Longo – marketing@sprea.it

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Impugnate la pistola e ricordatevi il distintivo: Rockstar Games ha bisogno di voi!

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Stampa: Arti Grafiche Boccia - Salerno

Hanno collaborato: Luca Cassia, Paolo Besser, Paolo Davide Lumia, Massimo Nichini, Massimo Svanoni, Mario Baccigalupi, Roberto Turrini

...trovi anche: L.A. Noire

THE GAMES MACHINE Pubblicazione mensile registrata al Tribunale di Milano il 19/09/1988 con il n. 587 Tariffa R.O.C. Poste Italiane Spa – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Milano Copyright Sprea Editori S.p.A. La Sprea Editori è titolare esclusiva della testata The Games Machine e di tutti i diritti di pubblicazione e diffusione in Italia. L’utilizzo da parte di terzi di testi, fotografie e disegni, anche

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