Games machine, the anno 25 n 290 (2012 11)(sprea editori)(it)

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NUMERO

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d a 2 4 a nn i i n s i eme a v o i!

strategico!

xcom 2K dichiara guerra agli U.F.O.!

pole position!

f1 2012

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Editoriale

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vevo promesso ai ragazzi della reda, quelli che ogni giorno mi sopportano, che non avrei più parlato di Dishonored fino all’uscita del seguito (no, non c’è niente di concreto. Niente è reale. Tutte supposizioni, le mie!).

Come constaterete continuando nella lettura, però, non ne sono stato capace. Inutile resistere… non riesco a togliermi dalla mente questo gioco. Da quando ho visto i titoli di coda, Corvo Attano, la bella Imperatrice, il Lord Reggente e tutti gli altri personaggi occupano in pianta stabile i miei momenti di “chiacchiera videoludica”. Erano mesi che non mi entusiasmavo così per un “giochino elettronico” e sono convinto che l’ultima fatica dei ragazzi di Arkane Studios vi piacerà, perché è in grado di regalare quelle emozioni che, spesso, vanno cercando i videogiocatori.

dishonored Diciamolo chiaramente: non siamo di fronte a un titolo che cambierà un’epoca, né a una storia di quelle non cambierà che ti portano a esclamare: “oh, toh, questo un’epoca, ma è non me lo aspettavo”, ma è incredibile come incredibile come si si faccia una fatica tremenda a uscire da Dunwall, dalle sue vie, dai suoi distretti, faccia una fatica dai suoi corsi d’acqua, anche una volta tremenda a uscire da tornati al desktop. Dishonored, almeno a mio dunwall, anche una parere, ha infatti l’indubbio merito di fornire un sacco di spunti di conversazione: nelle ultime pause volta tornati al pranzo ci siamo spesso sorpresi a parlare, elogiandola, desktop della libertà d’approccio che viene concessa, che consente a ogni giocatore di ritagliarsi un’esperienza su misura, o, ancora, dell’importanza etica che assume ogni singola decisione, per come muta la coscienza di Corvo e l’ambiente in cui si muove. Nome:Davide Tosini L’aspetto su cui ci siamo più “scannati”, però, riguarda la scelta, non soprannome:ToSo inusuale per la verità (escludendo Duke “Come Get Some” Nukem, ovviaTWITTER:@ToSo77 mente!), di avere un protagonista muto, che non dice una parola per tutto GamerTAG:ToSo77 il gioco, come quel Gordon Freeman che tanto aveva catalizzato la nostra OST del mese: attenzione ai tempi del primo Half-Life. Dall’ultima chiacchierata, poi, è nata youtu.be/_TS2ynnoOuo l’idea per un dossier che troverete sul prossimo numero, in edicola il 24 di novembre… ma questa è un’altra storia. Quel che mi ha stupito di più, però, tra un McWrap e una pizza margherita, tra una coca e una birra, è vedere un fronte così compatto nel giudizio sull’ultima fatica di Arkane Studios. Non ho trovato una sola, singola persona qui in redazione che non abbia apprezzato quanto vissuto nei panni di Corvo, e questo, considerando i molti palati differenti, è davvero inusuale, ve lo posso assicurare. Ora aspetto solo di sapere cosa ne pensate voi. Non siate timidi, la mia email è a vostra disposizione.

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Buona lettura, Davide “ToSo” Tosini iltoso@sprea.it

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NUMERO 290 NOVEMBRE 2012

sommario RUBRICHE 111 Adso! 113 Backstage 106 Bovabyte 102 ConsoleMania Corner 5 Editoriale 8 GamesVillage.it 92 Hardware 85 IndieZone 6 Sommario 100 TecnoTGM 82 TGM Classic 108 TGM Mail 104 Time Machine - Reloaded 22 TMB’s Intro 10 Voci di corridoio

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DOSSIER 14

L’orizzonte oltre Black Mesa

PREVIEW

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Dark Football Manager 2013 Guns of Icarus Online Painkiller Hell & Damnation Ubisoft Digital Days

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Black Mesa Castle Crashers

REVIEW

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I L P R O SESSICME O IL NUMERO re 24 novemb

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Dishonored F1 2012 Guild Wars 2 I Am Alive Iron Brigade Pro Evolution Soccer 2013 The Expendables II The Walking Dead - Ep. 03 Tiny Troopers Torchlight II XCOM: Enemy Unknown

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GAMESVILLAGE

Toh, chi si rivede! È tornato il Kikko! Sì... alla faccia di tutti coloro che ne avevano pronosticato una fine prematura in sala operatoria. Tiè!

D

ue mesi e rotti di convalescenza dopo un’operazione al legamento crociato anteriore non sono stati sufficienti a farmi dimenticare quanto fosse bello il lavoro redazionale e gradevole l’ambiente. Voglio dire... pensate a quanto possa essere meraviglioso tornare in uno stanzone dove il ToSo borbotta ogni tre per due come un orso appena uscito dal

letargo alla ricerca di un albero ove grattarsi la schiena; dove il TMB inveisce almeno un paio di volte all’ora contro tutto quello che non è griffato Sony; dove l’Honto si diverte a fotomontare ogni tipo di immagine femminile che gli capiti sotto mano. Per fortuna è stato inventato il telelavoro, ossia la ragione fantastica per cui il Todeschini, il Cinese, il Baccigalupi (grazie per

 Cliff Bleszinski saluta Epic. Giusto lasciare in questo momento? Avrebbe dovuto farlo prima? Non avrebbe mai dovuto farlo?

 Il Kikko si è occupato di sviscerare il nuovo titolo di 2K Games, l’attesissimo XCOM: Enemy Unknown...

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il Lardo di Colonnata!) e la Rikkomba lavorano da casa propria e se le cantano (e suonano) prevalentemente sul forum e su GamesVillage. it. A proposito di quest’ultimo, grazie a chi ha tenuto le chiavi di casa in mia assenza. Tuttavia, la polvere andrebbe raccolta ed eliminata, e non nascosta furbescamente sotto il mobile che ospita il server, vero Tosino bello? A ogni modo, l’Autunno è

iniziato alla grande su GamesVillage.it, tanto che siamo già in ballo con straordinari multipli pur di tenervi aggiornati anche su web in merito a tutto quanto sta succedendo in questo caldissimo periodo dell’anno. Per dire, mentre leggete queste righe sono già uscite le recensioni di titoli come Borderlands 2, Resident Evil 6, FIFA 13, PES 2013, Tekken Tag Tournament 2, Torchlight II, Dead or Alive 5,


A cura di: Ivan “Kikko” Conte (ivanconte@sprea.it)

Su GamesVillage.it trovate anche un’esaustiva recensione di Torchlight II!

XCOM: Enemy Unknown e Dishonored. Sì, lo so che molti sono trattati anche in questo numero di TGM in quanto giochi PC, ma leggersi un secondo parere non guasta mai, tanto più che su GamesVillage.it trattiamo tutte le piattaforme in modo uguale. E il PC in modo più uguale degli altri, se possibile. Già che vi ho citato i due titoloni di calcio che hanno monopolizzato il mercato negli ultimi anni, vi segnalo il super-confronto che il buon Raffaello Rusconi ha stilato sull’argomento, mettendo uno di fianco all’altro FIFA 13 e

PES 2013 e strizzandoli come la più irriverente delle lavandaie. Ovviamente, c’è chi ha parteggiato per l’uno e chi per l’altro, anche se qui in redazione – almeno a ‘sto giro – abbiamo abbastanza le idee chiare su quale sia la simulazione pedatoria che debba avere la precedenza all’incrocio. Fondamentalmente, ci basiamo sulle nostre pause pranzo: più un gioco le monopolizza, più ci piace. Semplice, lineare, cristallino. Ma al di là dei “gioconi”, su GamesVillage.it ci sono materie di discussione per tutti i gusti. Tanto per dire, uno de-

gli articoli più commentati è la news del sempre più acido TMB che riguarda il prezzo esorbitante di Angry Birds in versione retail. D’accordo la grafica leggermente ritoccata (ma nemmeno poi tanto) e vada anche per la presenza di 19 livelli inediti, ma è alquanto “singolare” vedere distribuito a 30 euro un gioco che si può acquistare su App Store a 79 centesimi, e che è persino gratuito sulle piattaforme Android. E se ve lo dico io che sono un Angry Birds dipendente... Spazio anche agli immortali Pokémon, che quando avevo un negozio odiavo allo sfinimento a causa dell’orda di bambini (non per età anagrafica!) dalle manine pacioccose che il fenomeno porta inevitabilmente con sé, ma che con il tempo ho imparato ad apprezzare, se non altro in quanto argomento di discussione favorito dalla prole. Il nostro ineffabile Luca Salvucci, ultra esperto in tutto quello che ruota at-

torno al mondo di Nintendo, ha riportato i brani essenziali di un’intervista che Junichi Masuda ha donato ai simpatici amici di Gamasutra. Il capoccia di Game Freaks, la software house che sviluppa la serie fin dall’inizio dei tempi, ha improvvidamente paragonato i titoli Pokémon ai più diffusi sport come il calcio e il basket, per diversi motivi che vi invito a scoprire nell’articolo che potete trovare nella Scheda Gioco dedicata a Pokémon Versione Bianca e Versione Nera 2. Apriti cielo!

 Al nostro TMB il sesto Resident Evil è piaciuto, nonostante la serie non sia più sinonimo di survival horror.

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voci di corridoio Svelato Dragon Age III Inquisition Anche il gioco di ruolo di BioWare si prepara a diventare una trilogia, come ormai abitudine per i titoli più importanti di Electronic Arts (Dead Space, Crysis, Mass Effect): Dragon Age III Inquisition è previsto per la fine del prossimo anno, e promette di essere il migliore della serie, con una trama profonda e articolata, scelte narrative in grado di modificare in maniera consistente l’esperienza del giocatore, un mondo enorme da esplorare, grande personalizzazione dei personaggi e combattimenti più strategici. Al momento non si sa nulla della storia (anche se il titolo potrebbe suggerire già qualcosa); per quel che riguarda la grafica, BioWare sta sviluppando un nuovo engine basato sull’eccellente Frostbite 2 di DICE, che dovrebbe garantire un grado di “eye candy” decisamente buono. Vi terremo aggiornati.

Blade & Soul si prepara per l’Occidente Il nuovo titolo di NCSoft avrebbe dovuto essere presentato a Colonia, ma per diversi motivi il publisher specializzato in MMO ha preferito rimandare l’annuncio di qualche settimana. Blade & Soul, sviluppato da Team Bloodlust e già disponibile da qualche mese in Corea, arriverà nei prossimi mesi anche sul mercato occidentale, con la sua miscela di MMO e combattimenti di arti marziali (finora relegate ai picchiaduro o ai titoli action), in un contesto fantasy che si ispira pesantemente alla mitologia asiatica e che vede contrapporsi in una guerra senza confine le forze del bene contro quelle del male. Il gioco offrirà tutto quel che ci si attende da un MMO moderno: grandi ambienti PvE da esplorare, scontri PvP incernierati in una trama complessa, clan e gilde a cui unirsi e un aspetto grafico che regge il confronto con i prodotti AAA più tradizionali. Per maggiori informazioni: bladeandsoul.com.

Un gioco per Iron Sky Ci sono film talmente trash da fare il giro e candidarsi seriamente allo status di “cult”. Uno di questi potrebbe essere Iron Sky, che racconta di un esercito di nazisti, nascosto sulla Luna dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, che si prepara a invadere la Terra. Reality Pump e Topware stanno occupandosi dello sviluppo dello spin-off ufficiale, intitolato Iron Sky: Invasion e in arrivo a novembre su PC e console.

Un nuovo Call of Juarez in arrivo Dopo il flop di The Cartel, Techland e Ubisoft provano a rilanciare la serie Call of Juarez con The Gunslinger, che riporta il gioco nella sua ambientazione originale, quella del buon, vecchio Far West. Decisamente accattivante la premessa, che ci mette nei panni di un cacciatore di taglie determinato a riscuotere i compensi per la cattura (o l’uccisione) dei più famosi pistoleri dell’epoca, da Billy the Kid a Pat Garrett a Jesse James. Per saperne di più, fiondatevi a pagina 25, dove vi aspetta lo speciale sui Digital Days parigini di Ubisoft.

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Il gioco sarà uno strategico spaziale nel quale saremo al comando di una vasta gamma di caccia e navi spaziali a difesa della terra; il gameplay miscelerà combattimenti nel vuoto, tattica, gestione delle risorse e persino un po’ di diplomazia camuffata da politica, il tutto infuso nell’umorismo dissacrante della pellicola originale. Maggiori deliri alla pagina ironskyinvasion.com.

Arriva anche LuftRausers Nome impronunciabile per il nuovo shooter dal sapore retrò di Devolver Digital, sviluppato dalla software house indie Vlambeer (Super Crate Box) e in arrivo tra qualche settimana su piattaforme Windows e OSX. Il gioco permetterà di costruire e personalizzare il proprio “rauser” pescando tra oltre cento diverse combinazioni di motori, chassis e armi, mettersi al comando del proprio mostro bellico e scatenarsi nei cieli cremisi contro orde sterminate di aerei nemici ed enormi navi da guerra; il gameplay promette di essere semplice ma frenetico, in un tripudio di esplosioni, proiettili vaganti e combo devastanti.


A cura di: Claudio “Keiser” Todeschini (keiser@sprea.it)

Un’avventura in origami Tengami è il primo lavoro di Nyamyam, software house fondata da due ex sviluppatori di Rare, in arrivo su iPad, PC e Mac nei prossimi mesi, e caratterizzata da una insolita ambientazione fatta di paesaggi ed edifici di carta (virtuale) dell’antico Giappone medievale, che compaiono sullo schermo come i libri pop-up. Il nostro compito, nei panni di un samurai, sarà quello di “manipolare” l’ambiente circostante per risolvere enigmi e scoprire i segreti che si nascondono dietro questo misterioso mondo.

Imperi a orologeria La software house indie Gaslamp Games (gaslampgames.com), che ha sviluppato Dungeons of Dredmor, sta lavorando al suo nuovo titolo, Clockwork Empires, in uscita il prossimo anno su piattaforme Windows, OS X e Linux. Si tratta di un city builder strutturato come un sandbox (mamma mia, quanti paroloni!), ambientato all’epoca delle espansioni coloniali del diciannovesimo secolo, e in questo calderone ci ficca dentro nobili, serpenti marini, zeppelin e scienziati pazzi, in una assurda quanto intrigante via di mezzo tra un Civilization steampunk e i deliri lovecraftiani, tra città e risorse da gestire e mostri di ogni sorta. Multiplayer, ampio supporto per i mod e nessun DRM. Mio!

Cliff Bleszinski vuole tornare a Na Pali Nel florilegio di reboot e remake di questi mesi, perché non un bel rifacimento di Unreal? E non stiamo parlando dell’orgia di sparatorie e frag che è diventata la serie negli anni con i vari Tournament, ma del primissimo capitolo della serie, in cui i nemici erano pochi e particolarmente cazzuti. A suggerire la folle idea di tornare a Na Pali per combattere gli Skaarj è nientemeno che Cliff Bleszinski, il “papà” di Marcus Fenix e Gears of War, che ha anche subito precisato che al momento non ci sono progetti concreti in tal senso. Però... però...

Techland ci porta all’inferno Nato come progetto interno a Techland durante lo sviluppo di Dead Island, il survival zombesco della software house polacca pubblicato da Deep Silver, in questi mesi Project Hell (titolo provvisorio) è cresciuto e si prepara a debuttare come stand alone su PC e console. Al momento non sappiamo granché del gioco vero e proprio, solo che i combattimenti prevedranno l’uso della magia e la possibilità di menare fendenti con spadoni e asce a due mani per fare a fette mostri e demoni. Il che, da un certo punto di vista, basta e avanza!

La guerra a scopi benefici di Medal of Honor: Warfighter

Davvero insolita, ma comunque lodevole, l’iniziativa di Electronic Arts e Sony Pictures Entertainment a sostegno degli enti di beneficenza che si occupano di aiutare i veterani dell’esercito e le loro famiglie. Il publisher americano devolverà infatti parte dei guadagni (almeno un milione di dollari) provenienti dalla vendita del pacchetto The Hunt per Medal of Honor: Warfighter, già incluso all’interno della Limited Edition, e che sarà disponibile per tutti dal prossimo 17 dicembre. Il map pack, che negli Stati Uniti si intitolerà Zero Dark Thirty, come il nuovo e controverso film di Kathryn Bigelow, comprende Most Wanted Entertainment e Ubisoft stanno lavorando a Thunder Wolves, action di combattimenti con due mappe multiplayer: la prima gli elicotteri in arrivo il prossimo anno su PC e console, distribuito tramite digital delivery. è ambientata nel mercato nero di Il giocatore sarà l’ultimo arrivato in un gruppo di super-piloti dedito a combattere il terrorismo nel armi di Darra, in Pakistan, mentre mondo: una storia del tutto inutile, salvo fornire il la seconda porterà i giocatori a pretesto per metterci al comando di una trentina di Chitral, zona sperduta tra l’Afghaelicotteri armati di tutto punto, e affrontare missioni nistan e la Cina. ai quattro angoli del globo in cui abbattere qualsiasi cosa si muova, in cielo e non. Disponibile anche la modalità coop per due giocatori, in cui uno è al comando dell’elicottero e l’altro gestisce le armi.

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A cura di: Mario Baccigalupi secondvariety@sprea.it

L’ORIZZONTE OLTRE

BLACK MESA Gordon Freeman non ha più mosso un passo da Episode 2. Al contrario, i suoi creatori sono arrivati molto lontano, in un viaggio ancora lungo e pieno di altisonanti promesse.

I

nizialmente avevo pensato a un articolo centrato su HalfLife, in occasione dell’uscita di Black Mesa Source (vergognatevi se non lo conoscete; ve lo ricorderò fra qualche riga, comunque), quindi focalizzato su ciò che il titolo di Valve ha rappresentato per l’industria dei videogiochi e sulla spasmodica attesa di un vero erede, magari senza la definizione di “Episodio”. Cinque anni sono decisamente troppi, per perseverare con il linguaggio da serial televisivo, sebbene la pratica abbia fatto scuola. Ciò detto, a quasi 14 anni dalla folgorante opera d’esordio, non è nemmeno possibile guardare al lavoro di Newell, Harrington e compagni pensando solo al passato, così come non ha senso parlare solo di videogiochi, in termini di gameplay e innovazione ludica, di fronte ai creatori del sistema di Digital Delivery più diffuso in ambito PC. Anzi, a dirla tutta, nemmeno i software di Sony e Microsoft per le rispettive console possono confrontarsi con un simile successo, sulla base del proprio clamoroso numero

La sensazione evocata da Black Mesa Source è stata vicina a quella che si prova tornando in un luogo dell’infanzia

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The Games Machine

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di utenti, giusto perché XBLA e PSN sono sistemi preinstallati e in qualche modo imposti agli utenti, senza una vera e propria concorrenza. Steam si è trovato in un’arena ben diversa, caratterizzata dal disinteresse dei colossi per nuovi strumenti di pubblicazione dei prodotti, come i client distinti dai portali internet, oltre che dalla necessità di difendere una piattaforma a rischio di estinzione, a causa della strategica latitanza “paterna”. L’ambiente di Windows è ancora uno dei mezzi principali su cui corrono i videogame e su cui gli stessi venQuesto rimane, per me, uno dei momenti più emozionanti di Half-Life, quasi fosse il punto d’ingresso in una nuova generazione di VG.


Black Mesa Source ci ricorda alcuni criteri degli FPS di un tempo: medkit, mira assassina (dei nemici) e nessuna assistenza nell’esplorazione.

gono creati (magari per finire, in esclusiva, su console), ma è indubbio che la domanda che stiamo per porci non abbia più una risposta univoca, come poteva essere 10 anni fa: cos’è che ha contato di più, per la tenuta della piattaforma ludica PC, tra gli interventi della stessa Microsoft e la crescita silenziosa ma implacabile di Steam? Sono state più importanti le release di DX9/10/11 e del controverso Games for Windows Live, oppure la possibilità di veder “monetizzato” il lavoro di migliaia di software house (numero addirittura improprio, se teniamo conto dell’apertura alla scena indie degli ultimi anni) che hanno continuato a investire sul PC? D’altronde, con questioni così sibilline non voglio certo ridurre un panorama sfaccettato come quello del gaming per PC, dove gente come Notch può farsi ancora allegramente i fatti suoi, alla sola azione di Valve Corporation e all’immane crescita di Steam. Intendo tracciare qualche linea, ovviamente aperta al dibattito, a uso e consumo di chi ama per davvero la “Macchina dei Giochi”.

Non è possibile guardare al lavoro di Newell, Harrington e compagni considerando solo i videogiochi in quanto tali

LUCI VERDI E OFFICINE Il Workshop di Steam e il progetto Greenlight sono iniziative diverse e piuttosto giovani, ma è comunque possibile tracciare un bilancio comune, complessivamente positivo. Nel primo caso, le modifiche sono ormai diverse migliaia (10.000 sul solo Skyrim) e sono disponibili per una quindicina di titoli: ci sono VG di enorme diffusione come Team Fortress 2 (free-to-play da qualche tempo), Portal 2 e il quinto capitolo di TES, oppure strategici dall’impostazione molto diversa come Civilization V e DOTA 2, senza far mancare le piccole gemme indipendenti, quali Legend of Grimrock e Dungeon Defenders. Nel frattempo è diventata via via più fluida e veloce la fruizione dei contenuti e la loro installazione, come può testimoniare chiunque si sia dilettato con i mod per Skyrim. Greenlight, come molti di voi sapranno, è invece rivolto ai progetti videoludici che gli utenti vorrebbero vedere su Steam, valorizzati in senso commerciale e opportunamente limati (o ampliati, come Black Mesa Source) nei contenuti. Fino a settembre, secondo la stessa Valve, i voti per i titoli in lizza (le liste sono aggiornate in continuazione, naturalmente) sono stati poco meno di 10.000, con l’annuncio dei primi 10 videogame “promossi” da Greenlight: il nome del remake di Half-Life era addirittura ovvio, ma non mancano diverse proposte interessanti e relativamente nuove, che in particolare sanciscono l’amore degli utenti per il genere horror, con spaventevoli survival (Cry of Fear, Routine) e titoli d’azione con gli zombie (No More Room in Hell, Project Zomboid). Peraltro, sulle pagine di Greenlight campeggiano prodotti addirittura evitabili, come Postal 2, senza che nessuno possa storcere il naso: in fondo, basta non votarli.

KILL FREEMAN A questo punto, però, qualche parola sul mod Black Mesa la spendo volentieri, prima di tornare su uno scenario avulso dalla pura pratica ludica. La sensazione, una volta istallato il pacchetto (non è richiesto alcun episodio originale: l’ultimo Source SDK basta e avanza, naturalmente all’interno di Steam), è stata vicina a quella che si prova tornando in un luogo dell’infanzia: quando ho giocato a Half-Life avevo già la bellezza di 28 anni, ma la forza dell’esperienza è stata tale da farmela ricordare come un evento più vivido degli altri, proprio come alcuni ricordi che ci portiamo dietro da bambini. E questo lo dico a ragion veduta, per mantenere intatta la memoria e collocarla nel luogo e nei tempi in cui è nata: alla prova dei fatti, la distanza tra Half-Life e gli sparatutto

Per Legend of Grimrock sono disponibili circa 130 modifiche. Infinitamente meno di quelle di Skyrim, logicamente, ma è già moltissimo per un gioco da intenditori come questo.

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Per sviluppare Portal è stato assunto l’intero (o giù di lì) team di Nuclear Monkey Software. Che ora vive felice e contento.

L’idea narrativa di Half-Life, per quanto strampalata, è coesa al mondo dei giocatori/spettatori/lettori di sci-fi moderni è molto più marcata di quanto si possa immaginare, affidandosi agli imperfetti “storaggi” del cervello, cosa che non riguarda tanto il versante tecnico, diligentemente aggiornato dal Black Mesa Modification Team (un nome, una missione), quanto la sostanza del gioco e dei suoi contenuti ludici. È facile riconoscere ancora la grandezza dell’idea narrativa, strampalata eppure coesa al mondo dei giocatori/spettatori/lettori di sci-fi, che mescola gli elementi più eterogenei con la consapevolezza che i videogiochi, più di qualsiasi altro mezzo espressivo, possono fare dell’immaginario collettivo ciò che vogliono, come se l’avessero duplicato in una versione “chiavi in mano”. Le invenzioni di Half-Life risulterebbero esagerate anche in un B-Movie, senza la forza di un’immersione interattiva in prima persona, e Black Mesa Source è arrivato a ricordarcelo, con i suoi alieni multidimensionali e il suo scienziato da scrivania trasformato in commando. In tutto questo, impatto grafico a parte, si riconosce l’intervento dei modder in alcune dinamiche, prima fra tutte la gestione della fisica, oltre che nel differente sviluppo di specifici snodi dello storymode, magari per eliminare prescindibili fasi di passaggio o cambiare le logiche intorno a un boss-fight. Ma il lavoro del BMM Team non è stato tanto profondo (per una precisa scelta di rispetto, ovviamente) da Un bel missile e via, siamo quasi a metà dell’opera.

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Un mezzo si sposta lentamente per mostrare il carismatico scenario, a Black Mesa come a Rapture.

Per la porzione di gioco a Xen c’è ancora un po’ da aspettare. Non è mica che Greenlight c’entri qualcosa?

permettere al capolavoro di Valve di risultare “competitivo” anche nel 2012, davanti allo stuolo dei suoi migliori eredi: le emozioni più belle, nel mio caso, sono arrivate in corrispondenza degli stacchi della colonna sonora, minimali e inseriti ad arte nei punti chiave, oppure quando ho cominciato a trovare/sentire frasi sulla caccia a Freeman, prime responsabili del trasferimento del mito dallo schermo all’immaginario dei videogiocatori; nel contempo, però, mi è venuta una gran tenerezza al pensiero che nel 1998 considerassi Half-Life un inarrivabile traguardo di divertimento ludico, con il ridicolo sparo della pistoletta e il piede di porco da usare come una nonnetta isterica farebbe con l’ombrello


Narbacular Drop, ossia il papà di Portal. D’altronde, dall’immagine si capisce benissimo, no?

(paradossalmente, entrambi i particolari sono ancora marchi di fabbrica, esportati anche negli Episodi). Questo senza nulla togliere all’impianto generale con cui la storia viene portata avanti, che negli anni ho ritrovato in una moltitudine di titoli, magari distanti da HL in diversi aspetti del gameplay. Ad esempio, la panoramica dello scenario tridimensionale è stata usata anche all’inizio di BioShock, come “antipasto” di un racconto che procederà di pari passo con il dipanarsi dell’ambientazione, con centinaia di dettagli a testimoniare il lavoro e la vita di chi l’ha percorsa. Oppure, potremmo citare le tantissime occasioni in cui gli NPC si sono rivolti a noi, guardando verso l’inquadratura in soggettiva, per spiegare obiettivi ed elementi della storia, senza ricevere alcuna risposta dal nostro personaggio. L’ultimo che mi viene in mente è Borderlands 2, semplicemente perché lo sto giocando in questi giorni: un FPS “shoot & loot” (come gli stessi sviluppatori l’hanno definito) che c’entra davvero poco con Half-Life ma non può fare a meno di evocarlo, come tutti i suoi colleghi di successo prodotti dopo il 1999. E, francamente, non trovo altro modo di spiegare la superiorità di Half-Life, rispetto ai concorrenti dell’epoca, se non con un semplice assunto, laconico ma incontestabile, per cui Valve “ha fatto ciò che andava fatto”. Ogni qual volta le condizioni lo permettono, in questo caso sulla base di nuove tecnologie, prima o poi arriva il geniaccio capace di sfruttarle per uno scopo che, a posteriori, sembra a tutti il più logico, proprio come Il numero di titoli nello Steam Workshop è ancora ridotto, anche se il sistema funziona piuttosto bene.

Black Mesa, in Oklahoma. In effetti, mi sembra quasi di sentire gli elicotteri in arrivo...

THE MYSTERIOUS MACHINE La cosiddetta Steam Box è quasi motivo d’imbarazzo, per un giornalista videoludico. In effetti, malgrado si sappia che qualcosa di grosso sta cuocendo in casa Valve, nessuno è in grado di dire esattamente cosa sia né tantomeno quando questo “qualcosa” sarà pronto (anche solo per essere annunciato). I più hanno immaginato, sulla base di rumor e di parole pronunciate da Newell, una sorta di computer prevalentemente orientato al gaming, aperto a contributi esterni, particolarmente accessibile e al contempo garante di standard per il funzionamento dei software supportati. In pratica quello che Microsoft ha sempre promesso e mai realizzato per il gaming PC del nuovo millennio, anche se in diversi hanno avanzato ipotesi decisamente più ardite, nate intorno al ventilato lavoro di Valve Corporation su hardware di nuova concezione: in questo caso, la Steam Box si avvicinerebbe a una sorta di console “innovativa” (vedremo quanto) in termini di controlli e visualizzazione dei contenuti, con visore, display e controller biometrici, capace di evolversi nelle sue componenti fisiche senza bisogno di “successori”. Lo scenario complessivo, dunque, è ancora totalmente indefinito e potrebbe rispondere, secondo i punti di vista, alla rinascita del PC come macchina da gioco o alla sua morte quasi definitiva... la struttura e le soluzioni di HL. Nel caso specifico, abbiamo “semplicemente” un’ambientazione e una storia che vengono spiegate dall’inizio alla fine attraverso la soggettiva, contando sul fatto che un’esperienza di questo genere può dipanarsi senza artifici, che siano stacchi di narratori “onniscienti” o sequenze esterne all’azione, facendo affidamento solo sugli occhi e sulle orecchie del protagonista.

Black Mesa Source risulta privato della parte finale, probabilmente per una scelta “strategica”

Per Skyrim si contano già 10.000 modifiche su Steam. Su Nexus se ne trova quasi il doppio.

A me l’atmosfera (piuttosto rarefatta, vista l’ambientazione) di Routine piace un sacco. In ogni caso, fa parte dei 10 titoli già “promossi” da Steam Greenlight. Novembre 2012

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I giochi nella lista di Greenlight sono davvero tanti. Alcuni di loro, come Afterfall Insanity, sono in cerca di un riscatto.

Oggi, i creatori di Half-Life sembrano più interessati ad acquisire e finanziare idee esterne, al confine del mecenatismo Ragazzi credetemi: siete già morti.

L’interfaccia Big Picture è così ben fatta che nemmeno i nemici del gamepad si sono lamentati.

GREENLIGHT E I SUOI FRATELLI Arrivati a questo punto, in un’atmosfera quasi nostalgica, il passaggio verso scenari “industriali” potrebbe sembrare difficile o addirittura improprio. Non è così, però, ed è anzi fluido come l’acqua: alla fine, l’offerta stessa di Black Mesa Source risulta privata della parte finale, per quanto gli sviluppatori abbiano sostanzialmente terminato il lavoro, forse perché le avventure su Xen potrebbero servire da surplus per la versione commerciale, ovviamente all’interno della piattaforma di Valve. Di qui arriviamo dritti dritti a Steam Greenlight, il servizio attivo da alcuni mesi e predisposto per immettere sul mercato i titoli (amatoriali, ma non solo) più meritori, degni del sostegno (semplici “voti”, in questo caso) della comunità giocante. Spesso si tratta di opere abbastanza complesse da occupare anni nella vita di una manciata di sviluppatori, proprio com’è stato per il progetto Black Mesa, cosa che legittima e dà valore all’iniziativa di Valve in forma quasi automatica. Chiaramente, però, l’immagine di un simile “mecenatismo” (concetto applicato da Valve anche

internamente, vedi box) non è certo quella del ricco nobile del Rinascimento, pronto a finanziare le opere solo per sostenere gli artisti e circondarsi di capolavori; oggidì, una simile pratica è quasi sempre accompagnata da strategie monopolistiche, che da una parte sembrano voler costruire una casa accogliente per tutti quanti, e dall’altra si preoccupano di definirne le regole e le quote di profitto. Tuttavia, guardando al panorama generale dell’industria videoludica, è già tanto che qualcuno si muova in una simile direzione, peraltro facendola rientrare in un coerente quadro di iniziative: il varo di Steam Workshop è proteso verso modder giovani e creativi. Anche la nuova pagina Software, attivata proprio mentre scrivo queste righe, è in qualche modo connessa all’invito, rivolto ai giocatori, per una partecipazione attiva nei processi creativi, con editor videoludici, filmati e oggetti 3D (il mare in cui sguazza il buon Gabe, insomma): accanto ai benchmark di 3DMark e alle app grafiche CameraBag 2 e ArtRage, gli altri programmi sono legati agli usi appena menzionati, da 3D Coat (la versione professionale è più costosa, ma pur sempre accessibile per un software di modellazione tridimensionale) a Game Maker Studio, fino al gratuito Source Movie Maker. Dopo tutte queste attenzioni al mondo PC in senso “classico”, sulla

GABE IL MAGNIFICO

Counter-Strike, ossia la prima volta (di una lunga serie) che Valve ha assunto un team di modder nell’organico.

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Se guardiamo agli ultimi progetti di Valve, comunque pubblicati in un periodo di tempo piuttosto lungo, sembra quasi che i creatori di Half-Life siano interessati ad acquisire idee e forze esterne, al confine del mecenatismo, più che a creare direttamente le proprie IP: in diversi casi non si è trattato solo di assumere qualche sviluppatore di talento, anche dalla scena indipendente, bensì di offrire agli stessi la possibilità di realizzare il gioco dei propri sogni, sulla base di un progetto particolarmente originale, magari già abbozzato in forma amatoriale. Una cosa del genere è successa con Team Fortess 2, Counter-Strike e, in misura minore, con Day of Defeat (o con DOTA 2, appena pubblicato), ma soprattutto ha caratterizzato la creazione di un titolo innovativo come Portal, preceduta dall’assunzione del team di Nuclear Monkey Software.


In Black Mesa Source è possibile trovare qualche variazione più marcata di altre.

Quale evento vedremo per primo, fra l’uscita di Half-Life 3 e il dominio di Gabe Newell sul mondo intero? DOTA 2 è già disponibile, se vi manca il mod originale per Warcraft III.

base di tendenze consolidatesi nel passato, non poteva mancare uno sguardo rivolto contemporaneamente al presente e al futuro. Molti, in effetti, hanno guardato all’introduzione di Big Picture, la nuova interfaccia studiata per pad e schermi televisivi, come a un passo concreto verso la creazione della cosiddetta “Steam Box”, nell’ottica di una piattaforma capace di sfruttare, in un futuro ancora indefinito, sistemi di controllo e di visualizzazione diversi dal trittico LCD-mouse-tastiera. Per il momento, però, mi sono sentito personalmente “accarezzato” dall’idea di Big Picture e dalla sua realizzazione

formale: la mia scheda video ha un bel cavo HDMI collegato alla televisione, giusto perché una buona postazione multimediale non può mancare di uno schermo grande e di una piattaforma duttile come il PC. Allo stesso tempo, penso che anche voi conveniate sull’indubbia bellezza e praticità dell’interfaccia, almeno con un gamepad in mano, per scelte cromatiche, chiarezza complessiva e fluidità nella navigazione. Insieme, grossomodo con lo stesso aggiornamento, sono arrivate un paio di piccole/grandi migliorie del servizio, richieste da diverso tempo ma implementate solo oggi, per qualche misteriosa ragione: all’interno di Big Picture è concesso di scattare screenshot anche con il pad, operazione fino a oggi impossibile, mentre nell’interfaccia “storica” è stata inserita l’opzione per installare una libreria di giochi su più partizioni del PC (alla buon’ora, direi). In effetti, a parte le considerazioni di merito su questa o quella caratteristica, ultimamente è possibile rintracciare un lavorio così frenetico e denso di novità solo in casa Apple, non a caso il colosso più colosso di tutti. Quindi la domanda è: quale evento vedremo per primo, fra l’uscita di Half-Life 3 e il dominio di Gabe Newell sul mondo intero? “Quando non ci sarà più posto all’inferno...”: la celebre frase di Zombie è diventata il titolo di un nuovo survival co-op in soggettiva. Luce verde, comunque.

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ED

Lo avevo detto, io, che il potere Ciclone è buono giusto per fare le foto... innanzitutto perché concede al giocatore il piacere della sperimentazione, che è qualcosa a cui, francamente, non ero più molto abituato nel contesto degli shooter. In secondo luogo, dà un peso alle azioni che si compiono nella campagna. Probabilmente divide tutto in maniera un po’ semplicistica, bianco o nero, e forse rischia, a tratti, di sembrare poco coerente, ma è innegabile che, alla fine, quando si tirano le somme, ripercorrere con la mente le scelte che hanno condotto a questo o a quel finale dà i brividi. Poi, cosa non meno importante, punta molto sullo stealth, in una stagione ludica in cui, invece, sembra che gli sparatutto debbano presentare protagonisti che altro non sono se non rulli compressori. Corvo non è uno sprovveduto né un’educanda, sia chiaro, ma non è nemmeno lontano parente di uno dei tanti super soldati che siamo stati abituati a imperso-

e un

di chi fidarmi, mentre nte, a una cospirazione. affrontare di petto un il male della mia gente. divertito un sacco.

NICO

rima persona, saranno stra, ma Dishonored, a atto, rischia di sembrare tutto. Il gioco di Arkane on è un clone di Call of zzata di steampunk per in tavola. No, Dishonoto, un titolo “diverso”:

nare nei godibili CoD, MoH e, perché no, anche nel recente e ottimo Borderlands 2. Quindi, se non è Call of Duty ma è in soggettiva e premia l’approccio furtivo, è un Thief? Un Deus Ex? No, è tutto più facile: Dishonored è, semplicemente, Dishonored. E, per una nuova proprietà intellettuale, non credo possa esserci un complimento più grande.

PER LE STRADE DI DUNWALL Il gioco di Bethesda racconta le vicende di Corvo Attano, Protettore Reale spedito in missione per trovare una cura alla Peste che sta devastando Dunwall, città teatro di buona parte della vicenda. La ricerca ha esito negativo, ma non è chiaro se i regni confinanti non possano o non vogliano sposare la causa: in fin dei conti, una Dunwall dilaniata dall’epi-

Nonna Cencia, nella versione inglese, è doppiata da Susan Sarandon.

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Arkane Studios prova a rivoluzionare il genere stealth.

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Nuovamente su un’isola in mezzo ai tropici, circondati da pazzi furibondi!

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Call of Duty: Black Ops II

Torna il franchise più discusso degli ultimi anni.

Deadpool

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Neverwinter

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Un supereroe decisamente sui generis...

I Forgotten Realms come non li avete mai visti.

=

SimCity

Lo strategico/gestionale più famoso di tutti i tempi.

Need for Speed: Most WanteD

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Criterion riscrive NFS con le sue regole!

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Dead Space 3

I necromorfi non saranno l’unico problema per Isaac, questa volta.

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Dishonored LEGO Lord of the Rings F1 Race Stars Need for Speed: Most Wanted Call of Duty: Black Ops II Hitman: Absolution Assassin’s Creed III Far Cry 3 Rise of the Triad Warface DmC: Devil May Cry Crysis 3 SimCity Dead Space 3 Aliens: Colonial Marines Tomb Raider BioShock: Infinite Command & Conquer Generals 2 Deadpool Grand Theft Auto V Grid 2 Neverwinter QuestMania Plants Vs. Zombies 2 Prey 2 Resident Evil 6 Sacred 3

12/10/2012 Bethesda 30/10/2012 Warner Bros. novembre 2012 Codemasters 02/11/2012 Electronic Arts 13/11/2012 Activision 20/11/2012 Eidos 23/11/2012 Ubisoft 29/11/2012 Ubisoft dicembre 2012 Apogee Software dicembre 2012 Trion Worlds 15/01/2013 Capcom febbraio 2013 Electronic Arts febbraio 2013 Electronic Arts 08/02/2013 Electronic Arts 12/02/2013 SEGA 05/03/2013 Eidos 2013 2K Games 2013 Electronic Arts 2013 Activision 2013 Rockstar 2013 Codemasters 2013 Perfect World 2013 Nadeo 2013 PopCap Games 2013 Bethesda 2013 Capcom 2013 Deep Silver

TGM TOP TITLE

u

1 - PORTAL 2 2 - BIOSHOCK 2 2 - THE ELDER SCROLLS V: SKYRIM 4 - STARCRAFT II 4 - COD4: MODERN WARFARE 4 - EMPIRE: TOTAL WAR 7 - THE WITCHER 2 7 - COMPANY OF HEROES 7 - DEUS EX: HUMAN REVOLUTION 7 - BORDERLANDS 2 7 - EVERQUEST 2: ECHOES OF FAYDWER 7 - BIOSHOCK 7 - DRAGON AGE: ORIGINS

u

TGM 273 TGM 257 TGM 280 TGM 264 TGM 228 TGM 246 TGM 273 TGM 213 TGM 276 TGM 258 TGM 217 TGM 226 TGM 254

97 96 96 95 95 95 94 94 94 94 94 94 94


A cura di: Mirko “TMB” Marangon (tmb@sprea.it)

TGM DI NOVEMBRE, L’UNICA RIVISTA AL SAPORE DI ZUCCA!

C

he bello novembre! Sì, lo so, fa freddo, il sole tramonta prima, c’è scuola e blablabla. Però si può finalmente mangiare il brasato con la polenta (o un altro piatto invernale tipico della vostra zona), vestirsi come degli scemi e rompere le scatole alla gente con “dolcetto o scherzetto”. Soprattutto, escono una marea di giochi. Questo mese, in particolare, abbiamo una recensione che da sola vi fa svoltare la giornata: parliamo di Dishonored, una vera perla in un mare di seguiti, che abbiamo premiato con una review di ben otto pagine, redatta con il sudore della pancia dal nostro esimio caporedattore, alias il ToSo. Non paghi delle avventure di Corvo Attano, abbiamo preparato per voi un Torchlight II d’annata,

che il Baccigalupi pare aver gradito e non poco. Meno entusiasmante il suo giudizio su Iron Brigade, mentre l’atteso XCOM: Enemy Unknown è il classico titolo che fa discutere, e non poco. All’attivissimo Keiser è invece toccato Black Mesa, il remake amatoriale del primo, leggendario Half-Life, che per anni è stato bollato come vaporware. Del resto, se è uscito Duke Nukem Forever, questo non poteva fare eccezione. Sempre Claudio si è sciroppato l’edizione 2012 di F1, confermando il buon lavoro di Codemasters, senza trascurare, nel frattempo, il terzo episodio di The Walking Dead. A distanza di quattro anni è poi giunto sulla nostra amata piattaforma Castle Crashers che, nonostante tutto, rimane ancora un’ottima produzione, al contrario del terrificante tie-in di The Expendables 2,

l’eroe e del mes

toccato al povero Max. Io, per non farmi mancare nulla, ho giocato e finito (non che ci volesse molto) I Am Alive, sul quale ho avuto un po’ da ridire, ma perché sono un polemico del cavolo, a cui non va mai bene nulla. In chiusura, citiamo il trascurato Nichini, che ormai assomiglia più a una figura retorica che a un redattore: solo lui, nel suo ruolo istituzionale di ometto virtuale e alter ego del fastidio, poteva avventurarsi nelle terre di Guild Wars 2, che pare sia addirittura quel gran MMORPG che tutti speravano. Ah, giusto, abbiamo anche la recensione di Pro Evolution Soccer 2013, che i fan dei Club Dogo sicuramente apprezzeranno. Detto questo, lancio una fialetta puzzolente e mi dileguo... Mirko “TMB” Marangon

COSA ABBIAMO FATTO questo mese? Davide “ToSo” Tosini

Mirko “TMB” Marangon

Twitter: @ToSo77

Twitter: @tmb666

Ivan “Kikko” Conte

Claudio “Keiser” Todeschini

Dopo ore e ore passate nei panni di Corvo Attano, il ToSo ha provato ripetutamente ad addormentare il Conte soffocandolo in varie maniere. E noi lo abbiamo assecondato. #onorato

Dopo una convalescenze durata fin troppo poco, l’anziano signore è tornato in ufficio. Ma non in questo, in un altro, perché come al solito si è perso per strada. #mrhelmut

Giusto per divertirmi un po’, ho cercato di scrivere una recensione per far innervosire il Cinese e pare ci sia riuscito. Son soddisfazioni, eh! Alla mia età, poi… #pestifero

Il nostro Claudietto ha sempre la parola giusta per ogni momento. Ne avessi una anch’io, ora, saprei cosa scrivere in questo box. #perdonatemi

Twitter: @PamelaPatty

Twitter: @keiserxol

Nicolò “Honto” Digiuni

Max Rovati

Twitter: @thegamesmachine

Twitter: @thegamesmachine

Roberto “il Cinese” Turrini

Mario Baccigalupi

Twitter: @ilcinese

Twitter: @IIvariety

Stavo quasi per scrivere belle cose su questo oscuro personaggio, quando proprio in chiusura si è infilato un mazzo di chiavi nell’occhio. Ed è tutto vero. #chiavato#loozaaa

Dovete sapere che il Roby c’ha una strana mania: appena esce un gioco brutto, si autoconvince che sia una figata e ne parla bene ovunque. #indifendibile

Pare che Max abbia un simpatico aneddoto da raccontare su The Expendables 2: sommando le età di tutti i protagonisti, si arriva a circa metà degli anni del Conte. #sapevatelo

L’altro giorno ho avuto il piacere di ascoltare una conversazione in viva voce fra il Marietto e il Conte, praticamente Uomo Vs Scimmia. #imbarazzante

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reportage A cura di: Salvatore “Scud” Scudiero

scudettato@gmail.com

parigino!

UBISOFT

DIGITAL DAYS 2012 Due giorni a Parigi, per guardare da vicino l’offerta free-to-play del publisher che ha dato i natali alla saga di Assassin’s Creed…

MIGHT & MAGIC RAIDERS SVILUPPATORE: Ubisoft Chengdu Data d’uscita: Inizio 2013

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ra i tanti titoli griffati Might & Magic presenti ai Digital Days, Raiders è quello che ci è parso più completo, anche se non particolarmente originale nella sua interpretazione del fenomeno free-to-play. Trattasi di un GdR d’azione online che consente a un massimo di quattro giocatori di collaborare nel corso di raid hack‘n’slash alla Diablo intensi e veloci (una mezzoretta massimo) in un mondo fantasy zeppo di nemici da sconfiggere e tesori da raccogliere. Niente di rivoluzionario, dicevamo, anche se la collocazione temporale dell’avventura – appena prima degli eventi narrati, vissuti e giocati in Might & Magic Heroes VI – non mancherà di stuzzicare la curiosità dei fan della serie. In soldoni, l’allegra banda di Raiders ritorna nelle terre di Ashan per salvare la gloriosa città di Hammer Fall da un’invasione demoniaca. Per farlo, i nostri eroi

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s’incontreranno nella lobby online del gioco, formeranno il proprio party e si lanceranno in battaglia contro avversari di un sacco di tipi diversi, malefici boss compresi. Raccogliendo punti esperienza, tesori, armi, armature e oggetti vari, i Raiders cresceranno di livello e di potenza bellica, trasformandosi in veri e propri Eroi. Ciascun giocatore potrà ini-

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Giudizio:

4/5

zialmente scegliere tra 4 classi differenti, ognuna con i suoi bravi alberi abilità specifici da far crescere con tempo e, nel caso, denaro. Gli sviluppatori si sono affrettati a dire che il modello free-to-play di Ubisoft non prevede scorciatoie per chi paga rispetto ai giocatori più morigerati, ma solo strade alternative. Cosa che verificheremo a suo tempo, visto che da questo dipende il bilanciamento finale di un’esperienza di gioco che, pur nella sua tradizionale semplicità, sembra poggiare su solide fondamenta costruttive.


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COJ: GUNSLINGER SVILUPPATORE: Techland Data d’uscita: Inizio 2013

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opo il poco convincente The Cartel, la serie Call of Juarez torna saggiamente a calcare le valorose e polverose orme western di Bound in Blood. Pur presentandosi con una formula un po’ ridotta e mirata unicamente alla distribuzione online, Call of Juarez: Gunslinger è un prodotto di prima fascia, almeno a giudicare dal primissimo hands-off demo a cui abbiamo assistito. Se l’ambientazione è quindi sempre quella del caro vecchio West, Gunslinger è costruito come un vero e proprio tributo ai leggendari pistoleri che l’hanno storicamente popolato. Da Pat Garrett a Billy the Kid, passando per Jesse James e molti altri, il giocatore incontrerà uno dopo l’altro tutti i più famigerati killer della frontiera americana. Stando peraltro dalla parte sbagliata della loro pistola, ossia nei panni di un cacciatore di taglie senza scrupoli

che vuole fargli la pelle. La struttura di gioco ci è parsa simile a quella del succitato Bound in Blood: quella di uno sparatutto in prima persona dall’impostazione piuttosto arcade, supportata da uno stile visivo da fumetto che la completa perfettamente.

Giudizio:

5/5

Concatenando una serie di uccisioni, meglio se veloci e spettacolari, si accumula “concentrazione”, che si traduce infine nella possibilità di esibirsi in un temporaneo “concentration mode” al rallentatore, in stile bullet time, che stavolta consente anche di schivare i proiettili, alla Matrix. Tutte coreografiche abilità pistolere grazie alle quali accumulare uccisioni ed esperienza, utile a sbloccare ulteriori abilità (personalizzabili) quali ricarica delle armi più veloce, mira più precisa e individuazione dei bersagli/bottini più efficace. Nel complesso, Call of Juarez: Gunslinger ci ha convinto, anche in virtù di una narrazione particolare, affidata alla voce dello stesso protagonista, che talvolta tende a esagerare un po’ le proprie imprese. Aspettiamo però di poter mettere mano alla fondina in prima persona, per sparare giudizi più precisi e circostanziati.

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reportage

ANNO ONLINE SVILUPPATORE: Blue Byte Data d’uscita: Fine 2012

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l bello dei giochi free-to-play è che spesso e volentieri sono anche browser game, cioè titoli che non richiedono alcun tipo d’installazione, né particolari specifiche hardware per girare. Il bello di un browser game in Flash 11 come Anno Online è che, graficamente, a prima vista pare non avere proprio nulla da invidiare ai tradizionali capitoli della serie. Il gioco ci è sembrato bello che pronto, ma restano da verificare le dinamiche online, che peraltro

rappresentano il punto di forza di un city-builder solidissimo nelle sue meccaniche di costruzione, gestione e ampliamento degli insediamenti umani, pronti a espandersi ulteriormente (fino a contare più di 1.500 edifici di 200 tipi diversi) grazie alla cooperazione di più giocatori in termini di condivisione delle risorse, della costruzione di monumenti, della gestione delle reti di trasporti, degli obiettivi di missione e di un sacco di altre cose. Riunirsi in gilde enfatizzerà ulteriormente l’unicità del

Giudizio:

5/5

giocatore nella sua personalizzazione del proprio avatar, delle città e dei mezzi di trasporto. Un sistema di commercio asincrono verrà poi implementato per consentire scambi commerciali in qualunque momento. Insomma, Anno Online sembra destinato a diventare il gioco dell’anno (se ci perdonate il gioco di parole) almeno per quanto riguarda il mondo, anch’esso costantemente in espansione, dei free-to-play.

TRIALS EVOLUTIOn GOLD EDITION SVILUPPATORE: Redlynx Data d’uscita: Primavera 2013

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inalmente anche noi PCisti potremo presto salire in sella di super-moleggiate moto da trial ed esibirci in evoluzioni da circo. Dopo il clamoroso successo riscosso su Xbox LIVE, Trials Evolution sta per arrivare anche sui nostri monitor in una forma più

spettacolare e rombante che mai. Il fenomenale gioco di guida “sui binari” messo a punto da Redlynx, nel quale superare il più velocemente possibile gli ostacoli interpretando al meglio le esagerate dinamiche e reazioni fisiche del mezzo, vanterà una versione PC tutta speciale.

Giudizio:

5/5

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La cosiddetta Gold Edition includerà, infatti, tutti i contenuti sia del Trials Evolution originale per Xbox 360, sia quelli del predecessore Trials HD. In totale parliamo di più di 120 tracciati da domare, sia in singolo sia in multiplayer online e offline. Con ogni probabilità saranno incluse nel pacchetto anche le BMX introdotte grazie al DLC Origin of Pain, che abbiamo potuto provare con mano. “Fare le penne” non è mai stato così divertente!


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THE MIGHTY QUEST

FOR EPIC LOOT SVILUPPATORE: Ubisoft Montreal Data d’uscita: Primavera 2013

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avvero una piacevole sorpresa, questo The Mighty Quest For Epic Loot. Dietro al chilometrico titolo si cela, infatti, un originale dungeon-building game di stampo fantasy nel quale costruire impenetrabili castelli per poi difenderli piazzandoci dentro trappole mortali, creature mostruose e quant’altro. Naturalmente,

c’è pure il rovescio della medaglia, e del dungeon: i castelli costruiti/popolati grazie all’intuitivo editor e quindi condivisi online sono assaltati da Eroi hack‘n’slash senza macchia né paura, in cerca di pane per i loro denti e oro per le loro tasche. Da quanto abbiamo potuto vedere, l’agile struttura dell’editor e del titolo nel suo complesso, sia nelle fasi da dungeon

Giudizio:

5/5

master sia in quelle nei panni dell’Eroe, è perfetta per essere goduta attraverso brevi ma intense sessioni di gioco, gratificanti anche sotto il profilo visivo grazie a uno stile tanto colorato quanto pulito nei suoi tratti. Resta da verificare quanto saranno personalizzabili davvero castelli ed Eroi, e in che misura sarà possibile farlo gratuitamente.

SILENT HUNTER ONLINE SVILUPPATORE: Blue Byte Data d’uscita: Fine 2012

Giudizio:

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resente a sorpresa tra i titoli free-to-play, il nuovo capitolo della gloriosa serie Silent Hunter s’immerge deciso nel mare magnum dell’online, dandoci la possibilità di cacciare prede computerizzate in compagnia di altri giocatori. Ambientato nel corso della Seconda Guerra Mondiale, Silent Hunter Online include una decina di U-Boat tedeschi da comandare, più di 20 tipologie diverse di navi da affondare, e almeno 5 tipi di siluri con cui farlo. Come detto, gli utenti potranno giocare in multiplayer in gruppi di

quattro, unendo i propri sforzi per “girare” le sorti della guerra a loro favore. Il generatore casuale di missioni (di ricognizione, scorta, attacco e via discorrendo) garantirà, sin dal lancio, una varietà pressoché infinita di

4/5

campagne belliche, supportate naturalmente anche da una campagna tutorial per prendere confidenza col gioco. Il fatto che Silent Hunter Online sia un browser game non inficia la qualità visiva del titolo Blue Byte, anche se naturalmente una simulazione di questo tipo punta su altre qualità, tattiche e strategiche innanzitutto.

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PREVIEW A cura di: Mario Baccigalupi (secondvariety@sprea.it)

SVILUPPATORE: Nordic Games PUBLISHER: The Farm 51 DISTRIBUTORE: Steam USCITA: Imminente

http://www.painkillergame.com

o Remake Luciferin

PAINKILLER: HELL & DAMNATION Se odiate la moda dei remake HD, state pure alla larga. Ricordate, però, che Painkiller era un gran bel giochetto.

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roprio un mese fa, in un dossier, avanzavo le mie personali speranze nei confronti di Painkiller: Hell & Damnation, dopo un mare di seguiti apocrifi e mod spacciati per capitoli ufficiali. La fiducia, anche in questo momento, è fondata sul discreto livello di divertimento

Commento Almeno in questo caso, c’è davvero poco da discutere: la proposta è chiara, con il remake stretto di uno dei più frenetici sparatutto della scorsa decade, Painkiller, con pochissimi contenuti inediti e un discreto boost sul piano grafico. Naturalmente, l’offerta potrebbe essere adatta a chi si è perso il capitolo originale, magari per la giovane età, e ora lo prova in una veste tecnica consona (o quasi) al 2012. Anche qualche vecchietto, d’altronde, potrebbe interessarsi al multiplayer, tra i più battuti tra i professionisti di mouse e tastiera di qualche anno fa, riprodotto insieme a tutto il resto dal diligente lavoro di Farm 51. Sono sicuro che saranno in tanti, però, ad alzare semplicemente le spalle.

suscitato in me da Necrovision, sparatutto sviluppato dalla software house oggi al lavoro su P:H&D (Farm 51, fondata da ex militanti di People Can Fly): un’opera che sicuramente non rimarrà negli annali degli FPS, con il grave difetto di risultare più divertente nella seconda parte, a fronte di una notevole durata, dotata però della capacità di “osare” senza tentennamenti, spingendo l’acceleratore sul gore e sulla moltiplicazione delle combo sanguinolente. Dopo qualche settimana di “sintomatico mistero”, però, la reale identità di Pain-

L’ottima fattura del gameplay FPS ha permesso a Painkiller di venire usato, per diversi anni, come disciplina ufficiale dei WCG

Rifacimento grafico di buon livello È uguale a Painkiller! È uguale a Painkiller... Il bilanciamento è a rischio, complice una nuova arma

GIUDIZIO:

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Cara Banshee, in fondo ti trovo bene: eri già una megera nel 2004.

killer: Hell & Damnation è stata finalmente mostrata, con la demo giocabile del primo livello, attenuando le aspettative senza tuttavia distruggerle del tutto. Siamo al cospetto di un semplice rifacimento del primo episodio, impreziosito da una nuova veste grafica (un’evoluzione del Pain Engine, non radicale ma comunque notevole) e da piccole aggiunte di gameplay. La notizia cattiva, quindi, è che non avremo un gioco nuovo, magari realizzato con un livello qualitativo più elevato dei vari Resurrection e Redemption. Un punto a favore, però, è segnato dal gioco in sé, quantomeno degno di rientrare nella “moda” dei remake HD: Painkiller non è amato da tutti alla stessa maniera, con il suo stile rockettaro e la sua semplice struttura (in pratica la stessa di Serious Sam, allestita tre anni prima da Croteam), ma è indubbiamente uno dei migliori shooter “ganassa” della scorsa decade. Peraltro, la precisione e l’ottima fattura del gameplay, davvero ben riprodotte in P:H&D, ha permesso allo stesso titolo di venire usato,


Painkiller: Hell & Damnation La chaingun farà bella mostra di sé, naturalmente, insieme a tutte le armi del repertorio storico.

Onestamente, questi nemici non me li ricordo. Voi?

Il risultato tecnico, al di là della diversa atmosfera, non è troppo distante dalle versioni HD dei primi Serious Sam Vista la sua eccessiva potenza, speriamo che la Soul Catcher non sia troppo supportata in termini di munizioni. per diversi anni, come disciplina ufficiale dei World Cyber Games. Personalmente non mi dispiace che un gioco del genere sia rimesso in piedi, anche solo per farci un diabolico giretto.

HELL & REBUILDING Come dicevamo, dunque, il gioco è esattamente lo stesso: una sequela di stage infestati da mostri digrignanti, da abbattere con carismatiche armi fino al confronto con gli immensi boss di fine atto. Al momento, l’unica variazione nota è un’arma specifica, la pistola Soul Catcher, da affiancare a sparapaletti, chaingun e a tutte le armi del repertorio classico. A dire il vero, il gingillo sembra semplificare sin troppo la vita del giocatore, almeno nel “tranquillo” contesto del livello ambientato nel cimitero, all’inizio di Painkiller. In pratica, il fuoco principale consiste in un colpo netto, capace di sbriciolare all’istante i nemici “ordinari” (scheletroni con ossa al vento o armatura), ma il vero potere “sgravo” arriva dalla modalità secondaria, con un fascio d’energia capace di strappare le anime ai nemici, senza necessità di andare a raccoglierle. Anche su questo punto, però, aspettiamo di vedere il risultato finale, perché almeno una delle immagini, con un nemico inedito, fa pensare a un lavoro di revisione che, in alcuni punti, potrebbe essere andato oltre il mero rifacimento. Speriamo, dunque, che la giusta attenzione cada anche sul bilanciamento del gameplay, senza ammorbidire il livello di difficoltà con armi belle ma potenzialmente “impro-

prie”. Qualche considerazione di massima, infine, la vogliamo riservare all’impianto tecnico: non si può certo dire che i contenuti grafici non abbiano subito dei miglioramenti, e anzi è possibile ammirare i notevoli passi in avanti di modelli ed effetti, con la non trascurabile eccezione degli edifici e degli oggetti di scena, non troppo distanti da quanto visto nel 2004 (a parte le texture e gli shader, s’intende). L’impressione suscitata è grossomodo la stessa delle versioni HD dei primi Serious Sam, solo leggermente affievolita dall’aggiunta di diverse animazioni: in mezzo alla frenesia dell’azione è davvero difficile riconoscere le migliorie visive, almeno affidandosi alla memoria, complice il man-

tenimento di ambientazioni piuttosto squadrate e brutali. Per lo stesso motivo ho reinstallato il primo Painkiller, così da toccare con mano le distanze: la sorpresa è stata abbastanza positiva, per il lavoro svolto da Farm 51, tradendo ancora una volta la tremenda fallibilità dei ricordi. Bisognerebbe cambiare la RAM.

Smettila di fare il figo in HD e restituiscimi subito la mia fidanzata, brutto demone.

Le ambientazioni scarne avrebbero dovuto ricevere un’attenzione maggiore: in questi casi, è più difficile scorgere differenze dal passato.

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PREVIEW A cura di: Mario Baccigalupi (secondvariety@sprea.it)

SVILUPPATORE: Muse Games PUBLISHER: Muse Games USCITA: Imminente

gunsoficarus.com

Aerostatico!

GUNS OF ICARUS ONLINE Volare è statisticamente il modo più sicuro di viaggiare. Non fra i cannoni di Icaro, però.

S

ono sicuro che molti di voi avranno alzato il sopracciglio, a leggere il misconosciuto nome di Guns of Icarus Online. È quindi necessario un passo indietro, per ritornare a una

Commento La cifra richiesta per far partire il progettoremake di GoI era di 10.000 dollari, all’interno dell’apposita campagna Kickstarter. I newyorkesi di Muse, alla fine, sono riusciti a raccogliere più del triplo, circa 35.000 dollari, contando su tutti i giocatori che, come il sottoscritto, sono rimasti sorpresi e intrigati dal gameplay co-op del titolo originale: trattandosi di una cifra comunque modesta, il miglioramento appare notevole in termini visivi e di varietà, anche se rimane all’interno della base tecnica originale, fondata sugli agili strumenti dell’engine Unity 3D, puntando più sulla fluidità che sul dettaglio. Peraltro, le battaglie fra i dirigibili da guerra di GoIO sono un’esperienza da provare, grazie a un giusto mix di strategia, azione e atmosfera.

recensione di un paio d’anni fa: all’epoca, attirato dal buon successo della versione browser, mi buttai sull’edizione Steam della prima build del gioco, un peculiare titolo co-op a base di battaglie fra dirigibili e fortissime suggestioni Steampunk, scrivendone una recensione non troppo entusiastica. I problemi, in particolare, si concentravano sull’impianto tecnico, davvero troppo modesto per un prodotto PC di questo tipo: anche tenendo conto del leggerissimo motore grafico Unity 3D (perfetto per i titoli da giocare in streaming su portali online), comunque capace di

La nuova creatura presenta una varietà decisamente maggiore nelle opzioni di personalizzazione estetica e funzionale

Battaglie fra dirigibili, in stile steam-diesel-punk! Gameplay co-op e competitivo, nella stessa partita. Affascinante scenario aereo. Nonostante le migliorie, resta graficamente debole.

GIUDIZIO:

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Una delle mappe è ambientata in un deserto, con gigantesche strutture dietro a cui combattere e ripararsi.

migliori imprese, la definizione di modelli e texture appariva quasi inaccettabile, a fronte di un’impostazione visiva relativamente “realistica”. In quella sede, dunque, ci augurammo che qualcuno potesse mettere mano alle evidenti limitazioni dell’impianto tecnico, ovviamente senza aspettarci l’impossibile (il team è piccolissimo), per onorare un gameplay comunque dotato di grandi qualità. E così è stato, grazie alla “solita” campagna Kickstarter, sempre perfetta per chi ha buone idee e pochissimo denaro.

CAPITANI CORAGGIOSI In realtà, la nuova incarnazione di Guns of Icarus Online non si limita ai miglioramenti tecnici, anche se l’impianto resta grossomodo lo stesso: correre come matti tra una postazione e l’altra di un simil-zeppelin, nel caso si abbia avuto la sciagurata idea di giocare da soli, oppure spartirsi meticolosamente i compiti tra le varie zone della nave volante, con le relative armi e i macchinari da difendere. A questo schema aggiungete la navigazione, diretta o tra nodi (per spostarsi nel cielo fra


Guns Of Icarus Online Per abbattere un vascello è necessario distruggere tutti i suoi nodi vitali, dai motori alle eliche.

Aspetto che l’altra ciurma si sia goduta il panorama, poi inizio a sparare.

gli enormi velivoli si muovono lenti, tra le mutabili condizioni atmosferiche, lungo battaglie molto tattiche

NIENTE AVIATORI SOLITARI Ci vediamo a terra, se e quando vorrò scendere. una missione e l’altra), oltre alla divisione di classi aggiunta in GoIO, fra Captain, Gunner ed Engineer, con una diversificazione comunque non preclusiva delle varie mansioni. Anche un capitano, oltre a urlare ordini e pilotare la nave (i movimenti dell’enorme vascello sono molto efficaci, pur se basati su una manciata di comandi), può riparare una postazione in mancanza dell’ingegnere, magari con meno rapidità, e lo stesso si può dire del mitragliere, specializzato nelle armi ma comunque in grado di governare la nave. In termini meramente quantitativi, inoltre, GoIO presenta una varietà decisamente maggiore negli scenari e soprattutto negli upgrade, con la possibilità di comprare un numero più ampio di nuove

mitragliatrici, cannoni e strumenti vari. Il tutto contestualizzato in battaglie competitive e co-op per 5 giocatori a vascello, apparentemente canoniche in termini di modalità (team deathmatch classico, oppure in stile king of the hill) ma molto originali nelle dinamiche: gli enormi velivoli aerostatici si muovono lenti, tra le mutabili condizioni atmosferiche, importantissime sul piano della visibilità, magari per saltare addosso al nemico spuntando dal lato di un torrione, oppure per affiancare lentamente la nave avversaria, colpendola con i cannoni laterali, come abbiamo visto fare in tanti film pirateschi. A questo punto, però, guardando le immagini qui intorno, qualcuno potrebbe

In Guns of Icarus Online, rispetto al predecessore, è stata completamente eliminata la possibilità di giocare da soli. In effetti, in GoI, abbiamo verificato quanto fosse snervante il dover correre come matti, da soli, tra postazioni di guida, eliche e armi, e non possiamo che concordare con la scelta, praticamente necessaria. In questo senso, a mio giudizio, il limite per apprezzare davvero l’esperienza è determinato da un minimo di 3 partecipanti, impegnati a combattere con le schiere di velivoli guidati dalla CPU (tra cui diversi aerei, a fianco dei dirigibili) senza eccessiva frenesia. Allo stesso tempo, però, il massimo del divertimento arriva nelle colossali battaglie fra squadre di giocatori, capaci di sfruttare appieno le possibilità offerte dalle macchine e dall’affascinante paesaggio aereo. domandarsi quale fungo allucinogeno abbia ingerito, per ritenere valida la grafica di GoIO: beh, diciamo che l’apprezzamento è relativo a quanto visto un paio d’anni or sono, con evidenti miglioramenti nelle texture, nei modelli e nel vero cavallo di battaglia dell’impianto tecnico, determinato dalle variabili condizioni del cielo, con fumi volumetrici e tutto il resto. Nulla di totalmente nuovo, sia chiaro, ma al gameplay di GoIO basta poco per essere apprezzato appieno, facendo dimenticare trame slavate e spigoli vari.

La più classica delle azioni consiste nell’affiancare l’aeronave nemica, meglio se l’abbiamo indebolita da lontano. Novembre 2012

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PREVIEW A cura di: Mario Baccigalupi (secondvariety@sprea.it)

SVILUPPATORE: RealmForge Studio PUBLISHER: Kalypso Media DISTRIBUTORE: N.D. USCITA: Febbraio 2013

www.facebook.com/realmforge

DARK ilenziati Succhiasangue s

Finalmente, qualcuno ci ricorda che è possibile fare i vampiri anche senza essere “belli in modo assurdo”.

L

a prima considerazione da fare, per stringere l’attenzione intorno a Dark, è a carattere squisitamente videoludico: il genere stealth è letteralmente affamato di meccaniche nuove, che magari riportino il bilancino dalla parte della tattica e della pianificazione, pur senza fare a meno dell’azione in tempo

Commento Dark è un gioco stealth con diversi spunti interessanti, in gran parte insiti nel suo gameplay. Nel contesto di missioni dall’atmosfera vagamente cyberpunk, il nostro vampiro avrà molti poteri ma anche diverse limitazioni, dall’assenza di armi da fuoco alla necessità di gestire strategicamente le abilità: i poteri danno vantaggi sul campo, permettendo, tra le altre cose, spostamenti e uccisioni istantanee, ma comportano anche la riduzione dell’energia vitale, con la conseguente necessità di approcciare ogni situazione con ponderatezza. Dark potrebbe rivelarsi un titolo stealth davvero interessante, insomma, a patto che venga rifinito con metodo e precisione, come piace ai vampiri.

reale. E il gioco dei tedeschi di Realmforge, reduci dai due Dungeons (dunque da prove interessanti ma controverse), cerca effettivamente di dire la sua in questo contesto, con fare intrigante e un minimo di debito verso idee esterne, integrando silenziosità, facoltà del personaggio e strategia d’azione nella stessa ricetta. Un’altra osservazione importante riguarda l’approccio tematico e narrativo: la serie Vampire, malgrado i travagli produttivi e la mancanza di supporto all’ultimo episodio (l’ottimo Vampire: The Masquerade Bloodlines, opportunamente salvato da diverse patch amatoriali), è riuscita a insediarsi

L’uso di una qualsiasi facoltà comporta immediatamente una maggiore esposizione al rischio Alex Mercer ha davvero sette vite. L’ho affrontato un paio di mesi fa, ed eccolo che spunta in un altro videogame...

Intrigante approccio allo stealth. Skyrim a parte, è un po’ che non giochiamo coi vampiri. Diverse carenze tecniche da colmare. Incipit narrativo un po’ scontato.

GIUDIZIO:

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stabilmente nel cuore dei videogiocatori, e Dark sembra concepito per porsi in dialogo con questa saga, per quanto le direttive del gameplay appaiano più “specializzate”. Il problema, al limite, è il cappuccio alzato sulla testa: ormai non si può più andare in giro così, magari per ripararsi dal freddo, senza essere presi per mutanti (Alex Mercer) o assassini (Desmond)…

DRACULA È UN MATUSA La vitalità e le risorse del personaggio, il neo “vampirizzato” Eric Bane (per alcuni cenni alla trama, non particolarmente esaltanti, vi rimandiamo a un box), sono perfette per introdurre a un action game dal carattere particolarmente strategico, fondato su missioni e precisi obiettivi: in pratica, la salute e i poteri sono stati accorpati nello stesso indicatore, in modo che l’uso di una qualsiasi facoltà comporti immediatamente una maggiore esposizione al rischio, in caso si voglia fare il vampiro smargiasso; l’uso di una opportunità, nello specifico, può costare uno o più “Blood Point” e lasciarci pericolosamente in balia


DARK Lo so, questa immagine è la quintessenza del generico stealth.

A livello di suggestioni visive, Deus Ex: Human Revolution sembra essere una delle linee d’ispirazione. La corporazione Geoforge, da quello che abbiamo capito, si occupa di biotecnologie. Che incredibile originalità, vero?

Il Cel-Shading è capace di restituire un’appropriata aura da fumetto underground

del nemico, soprattutto se l’azione non ha portato ai risultati sperati. Questa semplice trovata riesce a far guardare con ottica diversa ai poteri a disposizione, quasi fossero le mosse di una partita a turni: innanzitutto, di base, Eric può spostarsi all’istante in qualsiasi punto , a patto che rientri in una certa area, con la possibilità di ricaricare il BP utilizzato in un certo limite di tempo, almeno in questo caso. Bisogna essere più cauti, invece, con l’uso dell’abilità “‘Shadow kill”, che comporta la perdita definitiva del punto-risorsa ma determina l’immediata eliminazione di un umano, per poi ritrovarsi nella sua posizione. In queste dinamiche, qualcuno potrebbe riconoscere alcuni tratti del gameplay di WARP, titolo degli indipendenti Trapdoor, ma Dark

LA SPIA DEI VAMPIRI Più che sulla trama, per il momento si hanno indicazioni sulla condizione di partenza del protagonista, appena trasformato in vampiro e membro di una squadra speciale, oltre che su alcuni obiettivi d’investigazione, che conducono alle attività di una corporazione conosciuta come Geoforge. Di sicuro, però, sappiamo che fra una missione e l’altra ci ritroveremo in un locale notturno, covo dei non-morti, dove una sventola con i denti aguzzi allestirà piccoli briefing su obiettivi e strategie d’azione. Non avendo a che fare con nulla di originale, almeno nella struttura narrativa, ci accontenteremo di sbirciarle dentro al decolté.

riesce a fare un uso comunque intelligente e appropriato di una feature simile, al di là del chiaro riferimento ludico. Naturalmente gli sviluppatori assicurano la presenza di altri poteri, a prima vista meno peculiari, fra cui quelli di confondere il nemico e di indurre la pazzia, con conseguente sparatoria fratricida (Syndicate anyone?); il protagonista potrà, inoltre, disfarsi degli avversari rapidamente e senza rumore, come farebbe un Sam Fisher a caso, oppure guadagnarsi un BP affondando i canini sulle gole dei malcapitati. Per il resto, abbiamo di fronte una produzione ancora parecchio acerba sul piano tecnico, che non convince appieno nelle IA (già insidiose, ma solo perché ben disposte) e

nemmeno nell’impatto grafico, comunque stiloso: la tecnica scelta è quella del CelShading, capace di restituire un’appropriata aura da fumetto underground, ma le ambientazioni risultano ancora spoglie e banalmente vicine agli scenari di altri titoli, soprattutto in tema di cyberpunk. C’è tutto il tempo di migliorare, però, da qui al febbraio dell’anno prossimo.

Oltre ai cattivoni, come quello (squadratissimo!) in foto, negli scenari sono presenti semplici cittadini, da “usare” alla bisogna.

Tra una missione e l’altra, ci aspetta un nightclub popolato da vampiri. Non sappiamo, però, se la tizia dietro a Eric è uno zombie o un modello legnoso...

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PREVIEW A cura di: Carlo “Giorgio” Vassallo

PUBLISHER: Sega SVILUPPATORE: SI Games USCITA: 2 novembre

www.footballmanager.com

Classico!

Football

Manager 2013 Un tocco di classicismo non guasta, neanche nella simulazione manageriale calcistica più bella del pianeta.

Q

uest’anno, l’appuntamento con la serie gestionale/calcistica di Sports Interactive è stato posticipato di un paio di settimane rispetto alle ultime edizioni. Nel frattempo, abbiamo avuto modo di prendere un po’ di confidenza con le novità di Football Manager 2013 (si parla di oltre 900 migliorie), soprattutto con quella che possiamo definire la “bomba” alla Biscardi: una modalità Classic, o più semplicemente FMC, che farà discutere non poco gli appassionati

Commento Il successo di Football Manager 2012 in versione smartphone/tablet ha contagiato lo sviluppo del nuovo capitolo della serie, con l’introduzione di una quantità di caratteristiche dedicate a chi ha poco tempo da dedicare a una simulazione manageriale piuttosto impegnativa. Si tratta di una scelta che non cambierà più di tanto le abitudini dei fan storici, a patto che, nel prossimo futuro, FM non si trasformi in un titolo focalizzato sul modello di business del free-to-play. Per ora, applaudiamo sentitamente.

per la sua struttura più snella. Come ha ribadito il boss di SI Miles Jacobson, infatti: “L’obiettivo è di far divertire il maggior numero possibile di persone”. Football Manager 2013 proporrà due diverse modalità di gioco: la sopracitata FMC e la Simulazione, il solito caro Football Manager rifinito con una serie di migliorie e innovazioni. Se non avete molto tempo da dedicare alla vostra compagine calcistica, FMC vi permetterà di completare un’intera stagione e di arrivare al sodo in una decina d’ore. Non solo: si potranno sbloccare (o acquistare) una serie bonus per poten-

Nella modalità FMC potrete completare una stagione in una decina di ore

È il solito maestoso Football Manager Il modello economico è rinnovato La modalità Classic ha del potenziale… … ma la modalità FMC suscita qualche timore

GIUDIZIO:

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Il motore grafico propone un salto di qualità per le animazioni: certo, non siamo ancora al livello di FIFA 13! Novembre 2012

ziare e migliorare il rendimento della propria squadra. All’interno della stessa modalità FMC ne troverete un’altra, denominata Sfida, che metterà alla prova la vostra abilità per un periodo limitato di tempo. Si tratta, sostanzialmente, di una serie di scenari da completare in particolari situazioni, quali vincere il campionato con un team composto da giovani o salvare un club impantanato nella zona retrocessione. Per chi, invece, desidera gustare Football Manager 2013 al massimo delle potenzialità, Sports Interactive non si è risparmiata nella ricerca della perfezione a livello simulativo. Il motore grafico 3D è stato potenziato, con una maggiore attenzione alla qualità delle animazioni dei calciatori sul manto erboso e con l’introduzione di nuove telecamere dal taglio più televisivo,


Football Manager 2013

La modalità Sfida promette molto divertimento e qualche arrabbiatura di troppo...

La sezione dedicata agli allenamenti è stata semplificata

senza dimenticare la cura riposta nella riproduzione degli stadi. L’interazione con i media, uno dei punti dolenti delle precedenti annate, è stata vivacizzata con l’introduzione dei timbri di voce, per tenere delle conferenze stampa alla Trapattoni, mentre lo staff delle squadre è stato adeguatamente rimpolpato con l’aggiunta di un direttore sportivo cui delegare numerosi compiti (come la negoziazione dei contratti), di nuovi preparatori atletici, tattici e così via. Oltre a questo, la fondamentale sezione dedicata agli allenamenti è stata semplificata con l’aggiunta di uno specifico pannello di controllo. L’interfaccia utente, più volte rimaneggiata in passato, ha subito una serie di piccoli ma preziosi ritocchi anche in FM

2013: la skin per la modalità FMC, per esempio, è nuova di pacca. Un plauso va fatto a Sports Interactive per aver adeguato Football Manager 2013 all’attuale contesto economico e alla tassazione nei diversi stati, anche perché il Fair Play finanziario voluto dal

presidente della UEFA Michel “Le Roi” Platini è imminente. Sul fronte multiplayer, infine, l’integrazione con la piattaforma Steam garantirà una serie di modalità online studiate per esaltare gli appassionati e, novità assoluta, una classifica mondiale che terrà conto di parametri quali il livello di difficoltà selezionato, lo stato finanziario del club e altro ancora. Siete pronti a conquistare il titolo di miglior allenatore/manager del 2013?

SCENARI A RICHIESTA Il successo della modalità Sfida, in Football Manager Handheld 2012 per iOS e Android, ha convinto Sports Interactive a implementarla anche nel nuovo FM 2013. All’inizio saranno disponibili solo cinque scenari, anche se è previsto un ulteriore rabbocco nel corso dell’anno. Si tratta di un’aggiunta potenzialmente interessante, mentre per quanto riguarda i bonus sbloccabili e “acquistabili”, per ora SI Games non ha voluto rivelare nulla.

Il Watford è partner ufficiale di SI Games: c’è un po’ d’Italia in FM 13, visto che la squadra inglese è di proprietà della famiglia Pozzo ed è allenata da Gianfranco Zola.. Novembre 2012

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Review A cura di: Davide “ToSo” Tosini (iltoso@sprea.it)

CPU: Quad Core 2.4 GHz RAM: 4 GB Scheda Video: GeForce GTX 460 Radeon HD 5850 Spazio su HD : 9 GB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: Arkane Studios PUBLISHER: Bethesta MULTIPLAYER: Assente PREZZO INDICATIVO: € 49,99

www.dishonored.com

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Silenzioso!

DISHONORED Una maschera, un uomo che ha perso il suo onore, un mistero su cui fare luce. Ecco come si costruisce un piccolo, grande capolavoro…

C

on Dishonored è stato amore a prima vista. Abbiamo cominciato a seguirlo più di un anno e mezzo fa e, da allora, non ho smesso un secondo di credere nella nuova creatura degli autori di Arx Fatalis (2002). Quando si è presentata l’occasione di andarlo a giocare in anteprima, negli uffici londinesi di Bethesda, ho deciso che era giunto il momento di lasciarsi alle spalle, una volta per tutte, la paura di volare. Linate-London City Airport

ti porta via due orette. Più i bagagli. Più la sosta. Più il bacio per terra quando nella tua testa c’è spazio solo per la frase “che bello, sono atterrato, e sono ancora vivo”. Arrivato in albergo ho giusto avuto il tempo di farmi una doccia, smettendo i panni del giornalista fortunato per infilarmi in quelli, un po’ più stretti e maschi, di Corvo Attano, il protagonista di Dishonored. Nei tre giorni londinesi, Corvo mi ha fatto emozionare e gioire. Mi ha insegnato di

Lo scambio di sguardi con l’Imperatrice lascia senza fiato...

chi avere paura e di chi fidarmi, mentre assistevo, impotente, a una cospirazione. Mi ha permesso di affrontare di petto un regime che voleva il male della mia gente. Soprattutto, mi ha divertito un sacco.

UN GIOCO UNICO Sarà la visuale in prima persona, saranno le armi in bella mostra, ma Dishonored, a uno sguardo distratto, rischia di sembrare un semplice sparatutto. Il gioco di Arkane Studios, invece, non è un clone di Call of Duty con una spruzzata di steampunk per mischiare le carte in tavola. No, Dishonored è, prima di tutto, un titolo “diverso”:

dishonored è, semplicemente, dishonored

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DISHONORED

Lo avevo detto, io, che il potere Ciclone è buono giusto per fare le foto... innanzitutto perché concede al giocatore il piacere della sperimentazione, che è qualcosa a cui, francamente, non ero più molto abituato nel contesto degli shooter. In secondo luogo, dà un peso alle azioni che si compiono nella campagna. Probabilmente divide tutto in maniera un po’ semplicistica, bianco o nero, e forse rischia, a tratti, di sembrare poco coerente, ma è innegabile che, alla fine, quando si tirano le somme, ripercorrere con la mente le scelte che hanno condotto a questo o a quel finale dà i brividi. Poi, cosa non meno importante, punta molto sullo stealth, in una stagione ludica in cui, invece, sembra che gli sparatutto debbano presentare protagonisti che altro non sono se non rulli compressori. Corvo non è uno sprovveduto né un’educanda, sia chiaro, ma non è nemmeno lontano parente di uno dei tanti super soldati che siamo stati abituati a imperso-

nare nei godibili CoD, MoH e, perché no, anche nel recente e ottimo Borderlands 2. Quindi, se non è Call of Duty ma è in soggettiva e premia l’approccio furtivo, è un Thief? Un Deus Ex? No, è tutto più facile: Dishonored è, semplicemente, Dishonored. E, per una nuova proprietà intellettuale, non credo possa esserci un complimento più grande.

PER LE STRADE DI DUNWALL Il gioco di Bethesda racconta le vicende di Corvo Attano, Protettore Reale spedito in missione per trovare una cura alla Peste che sta devastando Dunwall, città teatro di buona parte della vicenda. La ricerca ha esito negativo, ma non è chiaro se i regni confinanti non possano o non vogliano sposare la causa: in fin dei conti, una Dunwall dilaniata dall’epi-

Nonna Cencia, nella versione inglese, è doppiata da Susan Sarandon.

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Review

Corvo sa essere cattivo. Davvero cattivo.

Esplorerete Dunwall, e non solo, in lungo e in largo, guardandola cambiare in base al vostro comportamento

demia sarebbe più facile da assoggettare per chiunque. Mentre Corvo raggiunge l’Imperatrice Jessamine Kaldwin, dopo aver giocato per qualche istante a nascondino con Emily, la piccola principessa, accade quello che era logico attendersi, il classico colpo di scena che dà motivo di esistere alle successive quattordici ore di gioco. La sovrana viene messa a tacere per sempre da alcuni assassini che sembrano tutto

La “consapevolezza” dei nemici è indicata da tre fulmini, sopra la loro testa. Si accorgono di voi solo quando sono tutti colorati di rosso.

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fuorché normali soldati: saltano sui tetti a una velocità impressionante, sono capaci di scomparire e riapparire in prossimità del bersaglio e, soprattutto, sono dannatamente abili con la spada. Corvo riesce a metterne fuori gioco un paio, ma non può nulla contro l’ultimo, che si presume essere il capo di questi banditi. È lui che, prima di sparire, pugnala l’affascinante Jessamine, la quale esala l’ultimo respiro tra le braccia del Protettore Reale. Lo scambio di sguardi che accompagna la vita che sta scappando è toccante, e sembra nascondere più di quanto sappiamo sul suo rapporto con l’Imperatrice. Ma non c’è tempo per piangere: gli uomini della Milizia hanno bisogno

di trovare un colpevole da dare in pasto alla folla. Mettetevi nei loro panni: sareste disposti a credere che, in giro, ci siano degli assassini che ammazzano la gente e poi spariscono nel nulla? Ingiustamente accusato di omicidio, Corvo viene sbattuto in carcere, dove passerà sei mesi rinchiuso in una cella piccola e maleodorante. Quando tutto questo sta per finire, quando il sole dell’ultimo giorno è già alto nel cielo di Dunwall, ecco arrivare il momento dell’ultimo pasto. Un pasto che ha un sapore speciale, quello della libertà. Nascoste sotto un pezzo di pane stantio ci sono una lettera e la chiave della cella. Su un tavolo poco

La scena in cui Piero consegna la maschera a Corvo manca un po’ di pathos.


DISHONORED I Piangenti possono e devono essere risparmiati. Sempre che vogliate raggiungere il finale buono.

l’interfaccia utente su PC Uccidere i nemici “sporca” e incupisce le strade di Dunwall. E la vostra coscienza distante, una lama. Corvo avrà la sua seconda chance. Evidentemente, qualcuno è ancora disposto a credere nella sua innocenza. Per dimostrare che questi benefattori non si sbagliano avrete a disposizione nove missioni, che racconteranno una storia forse un pochino prevedibile in alcuni punti ma sicuramente godibile dall’inizio alla fine. Esplorerete Dunwall, e non solo, in lungo e in largo, guardandola cambiare in base al vostro comportamento, mentre cercherete di fare luce sui motivi per cui hanno provato a incastrarvi, tentando di liberarla, definitivamente, dall’oppressione di un Lord Reggente che, con tutta probabilità, è il burattinaio che tira i fili di questa macchinazione. Dire di più, in questa sede, rischia di rovinare i colpi di scena che i ragazzi di Arkane Studios hanno in serbo per voi. Posso assicurarvi, però, che le ore impiegate per completare il primo giro di giostra sono state tra le più divertenti dell’anno. Soprattutto perché non le ho passate in un lungo corridoio.

IN PUNTA DI PIEDI Già dai primi istanti, Dishonored fa capire in modo inequivocabile che è preferibile affrontare l’avventura mantenendo un basso profilo. Eliminare silenziosamente un nemico, infatti, impedisce alla vittima di lanciare grida d’allarme. E senza grida e sirene che segnalano la vostra posizione non sarete quasi mai soverchiati, in numero, dagli avversari, cosa che rende la vita un po’ più semplice a Corvo. Escludendo il confronto frontale, che porta sempre

Differentemente da quanto accade nelle versioni console, su PC Dishonored dà modo di personalizzare interamente l’interfaccia utente. Potrete scegliere di vedere sempre “tutto”, oppure di eliminare le barre che mostrano vita e mana, il puntatore, gli indicatori e via discorrendo, arrivando ad avere il monitor vuoto, per un’immersione completa. Ho giocato un intero livello senza alcun tipo di indicazione: le cose si complicano, ovviamente, ma la sensazione che se ne ricava è davvero stupenda. Un consiglio: se preferite evitare che tutti vi sentano imprecare come scaricatori di porto, non rinunciate al mirino. alla dipartita dell’avversario (o, almeno, si spera!), ogni volta che sgattaiolerete alle spalle di un nemico avrete la possibilità di scegliere come toglierlo di mezzo. Sia che optiate per metterlo a tacere per sempre, sia che preferiate semplicemente stordirlo, farete la prima, vera scelta “morale”, capace di influenzare, nel breve e nel lungo periodo lo scenario, così come la sequenza finale che giocherete e vedrete. Risparmiare vite permetterà di mantenere un ambiente più salubre, se si può utilizzare questo termine per un posto infestato dalla Peste, con meno Piangenti (i civili allo stadio terminale della malattia vengono chiamati così) e ratti per le strade della città. Uccidere, invece, “sporca” e incupisce le vie di Dunwall. E la vostra coscienza.

Il secondo livello del potere Visione Oscura mostra anche i sistemi d’allarme. Fondamentale, per chi vuole giocare in stealth. Novembre 2012

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Review MAGIA, SPARIZIONI, APPARIZIONI! Benché sia possibile completare il gioco senza utilizzarli, i poteri magici, in Dishonored, ampliano, e di parecchio, le possibilità tattiche di Corvo. Ognuno di essi ha due livelli, sbloccabili con il corretto numero di rune ma, in alcuni casi, rischiate di sprecarle. Diamogli un’occhiata assieme, perché ci sono cose che dovete sapere prima di dilapidare un intero patrimonio. SETE DI SANGUE 1° Livello: uccidendo o causando danni, aumenta l’adrenalina, che consente di eseguire un attacco letale. 2° Livello: Doppio attacco letale. Consigli pratici: ho sbloccato questo potere solo alla fine del gioco. Moderatamente inutile. MORTE INVISIBILE 1° Livello: uccidere un nemico ignaro trasforma il suo cadavere in cenere. 2° Livello: anche i nemici consapevoli della presenza di Corvo si trasformano in cenere, quando uccisi. Consigli pratici: se scegliete l’approccio caciarone, è un potere fondamentale, specie al secondo livello. Mai più un cadavere da nascondere! CICLONE 1° Livello: evoca una raffica di vento capace di scaraventare a terra i nemici, estinguere fiamme e respingere proiettili. 2° Livello: aumenta la potenza della raffica. Consigli pratici: per me è un potere buono giusto per scattare belle foto. Claudio, invece, lo ha usato per buona parte della campagna, soprattutto contro i Tallboy. VISIONE OSCURA 1° Livello: rivela la sagoma degli esseri viventi attraverso i muri, il campo visivo dei nemici e una rappresentazione grafica dei rumori prodotti. 2° Livello: come sopra, con in più la rappresentazione grafica dei sistemi di sicurezza. Consigli pratici: è un potere imprescindibile per gli amanti dello stealth. Se volete complicarvi la vita, non acquistate il livello due.

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POSSESSIONE 1° Livello: entra nel corpo di qualsiasi creatura animale, per un tempo limitato. 2° Livello: come sopra, ma rende possibile possedere corpi umani. Consigli pratici: è vitale in molte situazioni. Può anche essere utilizzato per spettacolari combo: evocate un branco famelico, fermate il tempo, piazzate una bomba su un topo e poi entrate nel suo corpo, per portarlo verso i nemici. Kaboom! TRASLAZIONE 1° Livello: ti teletrasporti furtivamente in un luogo vicino. 2° Livello: aumenta la distanza che è possibile coprire. Consigli pratici: lo userete spessissimo, specie in alcune missioni, per spostarvi da un cornicione all’altro di Dunwall. A mio avviso, non è fondamentale potenziarlo. BRANCO FAMELICO 1° Livello: evoca un branco di ratti, che consuma i cadaveri o attacca l’essere vivente più vicino. 2° Livello: aumenta la voracità e il numero dei ratti evocati. Consigli pratici: è un buon diversivo, o il modo più veloce per far scomparire un cadavere. Attenzione ai ratti, che possono attaccarvi se state troppo vicini al punto in cui vengono evocati. DISTORSIONE 1° Livello: rallenta notevolmente lo scorrere del tempo per un breve periodo. 2° Livello: il tempo si ferma del tutto, e non si viene individuati da nemici e sistemi di sicurezza. Consigli pratici: all’inizio ho colpevolmente ignorato Distorsione, sbagliando clamorosamente. A livello due è devastante: fermare il tempo per attaccare una bomba su un nemico, per poi vederlo saltare in aria non ha prezzo. AGILITÀ 1° Livello: consente di saltare più in alto. 2° Livello: consente di correre più velocemente. Consigli pratici: il primo livello è fondamentale, il secondo uno spreco di rune.

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il level design di Dishonored è solido come una roccia A prescindere da come sceglierete di comportarvi, l’unica cosa che non cambierà è l’esigenza di pianificare le mosse di Corvo. Studiare l’ambiente è fondamentale per progredire nel gioco e per sentirsi parte integrante del mondo di Dishonored, ma se pensate di trovarvi di fronte a qualcosa di complicato, siete fuori strada. Per scoprire le insidie che si nascondono in una stanza, siano esse allarmi, trappole o nemici, bastano pochi secondi e un buon colpo d’occhio. Detta in altre parole, pianificazione e azione sono una cosa sola, senza soluzione di continuità. Certo, potrete sempre decidere di fare i Rambo steampunk ma, in quel caso, dovreste chiedervi se è davvero a Dishonored che volete giocare. Nel titolo di Arkane Studios, è necessario usare testa e approccio furtivo, anche se le dinamiche stealth sono un pochino più all’acqua di rose di quanto mi aspettassi. Rispetto ad altri titoli che fanno del muoversi nell’ombra il proprio marchio di fabbrica, infatti, Dishonored non mette a disposizione del giocatore nessun indicatore di “visibilità”, ma solo un’icona che mostra la postura del personaggio: da accucciati siete praticamente invisibili, a meno che non cominciate a saltellare come pazzi nel cono visuale, comunque ristretto in profondità e larghezza, di qualche avversario. Non ci troviamo di fronte ai nemici visti in Commandos, insomma, quanto, piuttosto,


DISHONORED Cucù, e la testa non c’è più!

L’Esterno avrebbe meritato più spazio!

CHE COMBINAZIONE! Corvo avrà a disposizione un arsenale non particolarmente vasto, ma sicuramente completo a un esercito mediamente miope. Quella che potrebbe sembrare una limitazione devastante, capace di rompere il gioco, si rivela, invece, un ottimo compromesso per rendere Dishonored accessibile a tutti, anche a chi non ha voglia di studiarsi le ronde come si faceva in Thief. A differenza di quanto accadeva nel titolo di Eidos, però, in Dishonored venire scoperti non è mai un dramma e, anzi, spesso dà il via a combattimenti entusiasmanti, in cui mettere alla prova tutta la propria abilità con i gingilli e i poteri su cui Corvo può contare. Da qualunque parte lo si guardi, insomma, Dishonored casca in piedi.

troviamo una spada, una balestra (con tre differenti tipi di dardi: normali, narcotizzanti e incendiari), una pistola, delle granate e delle mine taglienti. Non recupererete nessuna di queste armi in giro per gli stage: tutte vi verranno fornite direttamente da Piero, lo stesso autore della maschera che indossate così fieramente. Quel che potrete recuperare con un’attenta esplorazione, o investendo qualche moneta nel negozio di un particolare personaggio, sono dei blueprint che sbloccano i potenziamenti

Sapete cosa hanno in comune Dishonored, Deus Ex: Human Revolution, System Shock e BioShock, giusto per citarne alcuni? Semplice, in tutti questi giochi, c’è un dispositivo che richiede un codice numerico per funzionare e che si attiva con la medesima combinazione, o sue derivazioni (0451). Come mi ha spiegato un mio amico fraterno durante una cena, tale Paolo “Neon” P, che preferisce mantenere l’anonimato, si tratta di un lascito dei dipendenti di Looking Glass Studios, che lo inserirono per la prima volta in System Shock (dove la prima porta si apriva con il codice 45100). In Deus Ex, realizzato da Ion Storm (softco composta in gran parte da ex dipendenti di Looking Glass), il codice 0451 dava accesso a un’armeria. In BioShock, il codice 0451 apre un armadietto. Il numero scelto arriva da un libro di Ray Bradbury, Fahreneit 451. Ah, la cultura.

E ORA, ALLE ARMI! Per rovesciare il regime, Corvo avrà a disposizione un arsenale non particolarmente vasto, ma sicuramente completo. Corvo può sfruttare sia le armi classiche, sia la magia, un “regalo” che arriva dall’Esterno, un personaggio non chiaramente tratteggiato e che appare in sogno in alcuni punti chiave della storia. Nella prima categoria

Pur se non ricchissimo di poligioni, Dishonored è proprio gradevole alla vista.

per il vostro arsenale. Non abbiate paura di spendere: di base, potrete sviluppare Corvo come preferite… sarà solo una questione di tempo. Per quanto riguarda il lato magico, tutto si basa sui frammenti d’osso, piccoli amuleti da indossare per ottenere migliorie che semplificano un po’ la vita in alcune situazioni, e sulle rune. I primi consentono, per fare un esempio, di avanzare senza penalità sulla velocità con le armi sguainate, di recuperare mana ogni volta che compirete una determinata azione e via discorrendo, passando per una selva di bonus più o meno utili che sarebbe quasi “dannoso” stare a elencare. Diverso è, invece, il discorso sulle rune. Quando ne avrete accumulate a sufficienza sarete in grado di accedere a un nuovo potere o migliorarne uno esistente (date un’occhiata al box nella pagina precedente per avere un’idea di quel che vi aspetta). È possibile portare a termine Dishonored senza impiegarne nemmeno uno (eccezion fatta per la Traslazione) senza che questo sbilanci o impoverisca l’esperienza di gioco. In altre parole, in Dishonored non c’è niente di indispensabile, ma nemmeno niente di superfluo: ogni oggetto e ogni incantesimo rappresentano “semplicemente” una possibilità in più.

PLASMATO E FORGIATO CON INTELLIGENZA Tagliamo subito la testa al toro: il level design di Dishonored è solido come una roccia, e ha punte d’eccellenza che raramente si sono viste in tempi recenti. Ogni stage può infatti essere affrontato e “risolto” in almeno un paio di modi, e non c’è quello Novembre 2012

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Review

Ogni stage può essere affrontato e “risolto” in almeno un paio di modi, e non c’è quello più giusto o quello sbagliato: c’è quello che preferite

più giusto o quello sbagliato: c’è quello che preferite. Se si escludono le ripercussioni su Dunwall e sul finale, infatti, gli sviluppatori sono stati bravi a mettere lì, sul tavolo e in bella mostra, le chiavi del gioco: sarete liberi di sperimentare differenti approcci, di scegliere da che parte entrare, da che parte uscire, come e quando farlo. Un esempio

IL PARERE DEL keiser Dishonored non è un gioco perfetto, come racconta anche il ToSo in queste pagine, ma merita comunque un posto nella collezione di ogni buon videogiocatore. Il mondo cupo e violento di Dunwall, le sue vie e i suoi complessi industriali ci invitano a trovare strade e soluzioni sempre diverse; il gameplay coinvolge dall’inizio alla fine (che non vedrete tanto presto) con la sua miscela di stealth e azione, di combattimenti e abilità che permettono di sperimentare approcci sempre diversi. Si avverte, quasi palpabile, la progressione e la crescita di Corvo, e di noi con lui, la crescente sensazione di potenza e di controllo sulla realtà che ci circonda. Tutto questo contribuisce, insieme a un impianto artistico davvero originale, a farci vivere un’esperienza più di tutto bella, intensa e da gustare fino in fondo. Claudio “Keiser” Todeschini

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lampante di questa libertà d’azione è dato dal livello di Lady Boyle, che si affronta a metà campagna ed è lo stesso che avevo già avuto occasione di giocare a Colonia, durante Gamescom. L’ho “vissuto”, tra fiera e review event, quattro volte. E, per quattro volte, ho scelto una strada diversa. Nella prima occasione mi sono intrufolato alla festa impossessandomi del corpo di un pesce, passando dal corso d’acqua che si trova proprio sotto la villa. Nel secondo ho scelto di saltellare sui tetti. Nel terzo, ho fatto l’imbucato professionista, di quelli con la faccia di bronzo. Nel quarto, ho visto il mondo dagli occhi di un topo. Mica male, davvero. Non tutti gli stage sono costruiti per avere un così ampio ventaglio

di possibilità, ma non sarete mai obbligati a scervellarvi per entrare nella testa degli sviluppatori e capire come vada affrontata una tal situazione. Ogni missione, poi, può essere risolta con o senza spargimenti di sangue. Per farvi un esempio, senza contestualizzarlo in modo da evitare inutili e fastidiosi spoiler, a un certo punto del gioco dovrete eliminare una figura di spicco, asserragliata nel suo castello. Potrete ottenere il vostro scopo sia uccidendola, raggiungendola nelle sue stanze private (quello che ho fatto io), sia diffondendo, tramite un centro di trasmissione, un “bollettino” delle sue malefatte. Quanti sono i giochi, nel recente passato, che vi

I sacerdoti, con il loro “organetto”, impediscono a Corvo di usare la magia. Fateli esplodere! Adesso!


DISHONORED Ogni dispositivo nemico può essere “girato” a vostro favore, con opportuni reindirizzatori.

hanno concesso questa libertà di scelta? Ve lo dico io: nessuno. A impreziosire un quadro già di per sé esaltante, contribuisce anche il piacere dell’esplorazione, che non è mai fine a se stessa. Sfruttando un Cuore (Rivelatore?), un vero muscolo cardiaco dotato di personalità e voce proprie che ha la peculiarità di indicare la posizione degli oggetti importanti, potrete dedicarvi alla caccia di tutte le rune e i frammenti d’osso nascosti nei livelli. Attenzione, non si tratta di un’operazio-

le occasioni sprecate Anche in un gran gioco come Dishonored è possibile trovare qualche cosa che proprio non torna. Alcuni passaggi, a mio avviso, meritavano un diverso trattamento, a partire dall’introduzione a Dunwall e alla Peste, risolta con due “misere” righe all’inizio del gioco. Passando oltre, funziona poco l’Esterno, un personaggio potenzialmente favoloso i cui contorni, però, vengono solamente abbozzati. Considerando quanto si è parlato della maschera di Dishonored nei mesi passati, infine, pare realmente buttata via la scena in cui Piero la consegna a Corvo. Un peccato, davvero...

Così, un muro di Luce diventa un ottimo tostapane... per i cattivi!

ne fondamentale per completare il gioco (quanto troverete andando dritti come dei treni sarà comunque sufficiente per i vostri scopi), ma aggiunge una sfida nella sfida, quella di trovare l’unica strada – questa volta sì! – che porta al “premio”, che dà sale a una pietanza già ottima.

in Dishonored non c’è niente di indispensabile, ma nemmeno di superfluo nel design dei Tallboy, che proprio non mi ha convinto. Ma stiamo parlando di dettagli, inutili dettagli. Quel che preme sottolineare, invece, è come Arkane Studios sia riuscita ad arrivare a una resa visiva convincente senza usare un milione di poligoni, cosa che rende Dishonored snello e agile come il suo protagonista anche su PC non proprio di primo pelo. Merito di luci pensate ad hoc e di una scelta cromatica forse poco varia ma azzeccata, o di un numero di nemici mai elevato e comunque sufficiente a far stare sul chi va là anche il Corvo più spaccone. Il rovescio della medaglia, per gli incontentabili, è rappresentato da un look che può sembrare povero. Fidatevi, non ve ne accorgerete: avrete un regno da salvare, e un sacco di modi per farlo.

IMPARA L’ARTE Sotto il punto di vista artistico, Dishonored è un gioiellino. Le strade di Dunwall, gli interni degli edifici esplorabili, i cunicoli, il mondo dell’Esterno… tutto sembra armonizzato in modo magistrale, e niente appare mai fuori posto. Volendo muovere un appunto, potremmo dire che la mano di Victor Antonov, il padre di City 17 (Half-Life 2), a tratti si vede anche troppo, come

Commento

Il simbolo sulla mano è un regalo dell’Esterno. Chissà in quanti se lo faranno tatuare...

Dishonored non è stata una sorpresa. Sapevo già, ancora prima di lanciarlo per la prima volta, che ci sarei rimasto sotto. La storia che racconta non merita un Oscar, ma è comunque sempre godibile e questa mancanza di originalità viene ampiamente compensata da un gameplay vario e divertente come poche volte è capitato nel recente passato. Tecnicamente non è un mostro, ma tutto quello che c’è fa il suo dovere. Ottimi doppiaggio e traduzione in italiano, specie considerando la grande quantità di testi che attende gli emuli di Corvo. Un acquisto obbligato per chiunque abbia voglia di provare qualcosa di diverso.

Gameplay molto vario Longevo e divertente da rigiocare Un sacco di possibilità, tutte da esplorare Tecnicamente modesto, a tratti

VOTO[90]

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Review A cura di: Mario Baccigalupi (secondvariety@sprea.it)

CPU: Single Core 1.4 GHz RAM: 1 GB Scheda Video: nVidia GeForce 7900 GT/ATI Radeon X1900XT Spazio su HD : 1,2 GB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: Runic Games PUBLISHER: Runic Games Localizzazione: Assente MULTIPLAYER: Internet, Lan PREZZO INDICATIVO: € 18,99

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diabolico!

TORCHLIGHT II Ormai vivo negli action RPG. Vorrei chiedere aiuto a familiari e amici per tornare alla realtà, ma in questo caso non mi interessa: lasciatemi a Estheria, che si sta benissimo...

S

crivo questa recensione nel giorno del mio compleanno, dunque mi voglio fare un dono: mi regalo la possibilità di confrontare, serenamente, l’esperienza di Torchlight II alle recenti scorribande nelle terre de “Il Santuario”, senza che alla fine del testo si materializzino insulti e commenti da “flame” (tanto ci si becca online, se avete qualcosa su cui vi fa piacere confrontarvi). Sono sicuro, d’altronde, che molti sarebbero pronti a elevare la nuova creatura di Runic Games diverse misure sopra a Diablo III, anche solo per punire le imperfezioni di un gioco atteso per un’intera

Le armi sulla distanza sono supportate da un minimo di auto-aiming: che ci si prepari a sbarcare su smartphone e tablet?

decade. A mio modo di vedere, in realtà, il bilancio finale è meno netto anche se, alla fin fine, non può che rilevare la sopravanzata degli alunni sui maestri (definizione impropria, vista l’eccezionale esperienza dei fondatori di Runic), all’interno di un quadro comunque sfaccettato: da una parte, Torchlight II resta un videogame complessivamente derivativo, nei confronti di Diablo, anche se fa a meno della caratteristica “progressione” del livello di difficoltà, tipica della serie Blizzard, minando un po’ il grado di rigiocabilità (comunque garantita, più timidamente, dalle differenze tra classi);

d’altro canto, il titolo di Runic si dimostra incredibilmente vitale nei contenuti di gioco veri e propri, nelle invenzioni di scena come in quelle atte a esaltare il gameplay, peraltro senza abbandonare la strada del predecessore nei meccanismi di base. In più, la facoltà di scegliere il livello di difficoltà alla prima sessione riesce a garantire un’esperienza appagante fin dall’inizio, senza costringere il giocatore a una lunghissima (alla fine ci vogliono diverse ore, per uscire dalla modalità normale di DIII) “intro” in salsa casual. E i rimandi tra l’una e l’altra opera continueranno nelle prossime pagine, lungo la disamina dei pregi e dei piccoli difetti di Torchlight II, così che gli amanti degli hack’n’slash possano scegliere il proprio alfiere. A meno che non abbiano già deciso...

PIACERI TECHNO-FANTASY In termini di impianto generale, il nuovo Torchlight sta a Diablo II come il predecessore stava a Diablo, con una scelta simile a quella operata da Blizzard per il terzo capitolo della saga “madre” (di tutto il genere, naturalmente). Ciò significa che anche Runic ha abbandonato la sequela di dungeon sotterranei,

è facile che in molti ritengano torchlight ii superiore a diablo iII

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Torchlight ii

Ogni tanto, per raccogliere immagini, ho stretto la visuale al massimo. Va da sé, però, che si tratta di una pratica addirittura sconsigliabile, ai fini del gioco.

Una martellata così fa paura a chiunque. Ho spaventato anche il mio pet, poverino.

La mia scelta è caduta sulla classe Engineer, capace di donare freschezza e duttilità al concetto di “tank”

I boss hanno una montagna di punti ferita da sfoltire. Un lavoro duro, dunque, ma va fatto. strutturata per livelli, per sposare la via degli hub multipli e degli scenari diversificati, al servizio della trama e della varietà visiva. Tra l’altro, almeno due delle quattro regioni in cui sono contestualizzati gli Atti di Torchlight II trovano una corrispondenza quasi speculare nelle terre visitate in Diablo III, pescando nei classici cliché dei deserti e dei boschi infestati. In questo senso, però, il lore di Torchlight è meno affascinante in partenza ma sembra in grado di recuperare parecchia strada, a giudicare dai risultati del secondo capitolo: in particolare, la risorsa chiamata “Ember” (TII è interamente in inglese) continua a caratterizzare il mondo di gioco, spingendolo ai limiti dello steampunk, attraverso tecnologie

“naniche” che influenzano con forza ancora maggiore estetica e feature giocabili, pur senza uscire dalle canoniche funzioni degli action RPG, magari per armi a distanza e alleati temporanei. Anche per questo, la mia scelta è caduta sulla classe Engineer, capace di donare freschezza e duttilità al concetto di “tank” (che amo alla follia, per quanto semplice): in alcuni momenti, la mischia è così feroce che gli unici parametri fondamentali, per salvare la pelle, diventano i globi della vita e del mana, da tenere d’occhio per poi sfoggiare abilità da “pianista”, pigiando metodicamente sui tasti delle skill e delle pozioni. Stavolta, però, un piccolo “compendio” all’azione non arriva da compagni

e da piccoli poteri ad hoc, come in Diablo III, bensì da un’arma a distanza privilegiata, nella fattispecie un cannone con poteri correlati, e da veri e propri “servo-robot” disponibili fra le skill, per le cure o per supportare le nostre azioni con mitragliate e cariche esplosive. Le altri classi, sulle quali abbiamo comunque investito un po’ di tempo, sono più vicine a un’evoluzione di quanto visto in precedenza: il Berseker si presenta come una versione de-

TORCHLIGHT È DISTRUTTA. LUNGA VITA A TORCHLIGHT! All’inizio del gioco scopriamo che la cittadina del primo episodio, la stessa che ha dato il nome all’intera saga, è stata corrotta e annientata dalle forze del Male. A parte questo, però, le nuove vicende si sviluppano lungo gli elementi già introdotti in Torchlight: un mago-alchimista ha ceduto a una sorta di “lato oscuro dell’Ember”, e adesso minaccia l’esistenza del mondo intero con le sue orde di demoni, fuoriusciti dal “Cuore di Ordrak”. All’eroe non resta altro da fare se non mettersi in cammino, completando quest principali e secondarie assegnate dai “Guardiani degli Elementi” e dai cittadini stessi. Dettagli a parte, è l’atmosfera (scanzonata, ma non priva di fascino) a nobilitare la componente narrativa di TII, mentre lo sviluppo della trama si dimostra piuttosto canonico e lineare.

I 4 attributi principali (forza, destrezza, focus/ magia e vitalità) possono essere ampiamente incrementati dalle proprietà degli oggetti. Novembre 2012

The Games Machine

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Review

Dammi tutte le mazzate che vuoi, tanto ho grindato come un facocero.

Gli scontri contro i boss sono tanti e ben fatti: mazzate a non finire per i mostri delle quest secondarie, un minimo di tattica in più per quelli principali. cisamente più pura del guerriero da mischia, come il Destroyer di Torchlight, ed è particolarmente a suo agio con “guantoni” ornati di lame, spuntoni e borchie; diretti parenti dell’Alchimist e del Vanquisher sono invece l’Embermage e l’Outlander, rispettivamente specializzati nella magia e nelle armi a distanza, con alberi delle abilità sempre coerenti alla particolare vocazione. In tutti i casi, le restrizioni per servirsi dell’equipaggiamento, pur se presenti, permettono a qualsiasi personaggio di sperimentare tutte le armi, che siano piccole, a due mani o incentrate sulla

In termini di impianto generale, il nuovo Torchlight sta a Diablo II come il predecessore stava a Diablo balistica (ancora una volta, questo comparto è molto sviluppato, con archi, balestre, pistole e fucili, oltre al suddetto cannone). La possibilità di intervenire su quattro attributi principali, poi, a questo punto diventa quasi generosa rispetto al totale automatismo di DIII: in pratica, come nel primo episodio, ai giocatori viene concesso di costruire classi bilanciate o in apparente contrasto con la scelta iniziale, secondo lo stile di gioco, assegnando liberamente una manciata di punti durante i frequentissimi passaggi di livello. Tuttavia, vista la relativa semplicità del meccanismo,

anche Torchlight II sfrutta sistemi di abilità e looting in grado di rivoluzionare le carte, se il giocatore lo desidera, attraverso skill dal carattere “alternativo” (come i citati automi, al servizio di un vero energumeno), generosi potenziamenti di attributi e un mare di pietre magiche, per donare ad armi e corazze nuove e utilissime proprietà.

IO TI HO FATTO E IO TI DISFO Proprio nella gestione dell’equipaggiamento, guardando alla struttura di Diablo III, il lavoro di Runic si distingue per una maggio-

I Sei CAVALIERI DEL CAOS Il comparto co-op, introdotto ex novo in questo capitolo, si dimostra meno “strutturato” di quello visto in Diablo III, in particolare nell’auto-bilanciamento della difficoltà e nelle restrizioni/ indicazioni di classe. Tuttavia, va detto che il divertimento non manca di certo, soprattutto se si è alla ricerca di un’esperienza aperta e frenetica: fino a 6 giocatori si possono unire nella medesima sessione, per dar vita a un’orgia di fulmini, fiamme e bagliori multicolori, magari confrontandosi con la temibile difficoltà Elite. Per il resto, le caratteristiche sono analoghe alla concorrenza, fatta eccezione per la lista server (graditissima, naturalmente): si può tranquillamente iniziare una partita multiplayer dal punto in cui si è arrivati in singolo, procedendo in compagnia di amici, oppure accedere a una sessione in corso attraverso l’apposita lista, con l’unica limitazione data dagli scenari non ancora visitati.

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Sotto la scorza del tank si nasconde un tenerone: ho affibbiato al pet il nome del mio primo gatto...


Torchlight ii Una tipica battaglia in co-op, limpida e serena. E pensare che siamo solo in tre...

Lo stile visivo raggiunge risultati davvero rimarchevoli, specie in alcuni passaggi. re libertà concessa all’utente: a ogni scaglione di upgrade, ad esempio, il giocatore non è costretto a“sommare” pietre di diverse dimensioni, oppure a trovare specifici manufatti, con l’ulteriore opportunità di migliorare al volo gli oggetti, grazie a specifici NPC, affidandosi al caso e alle monete d’oro. Per fortuna, però, simili strumenti non comportano alcuno sbilanciamento verso il basso della difficoltà, e nemmeno una riduzione della longevità complessiva, anche senza ricorrere a nemici “impossibili” e a diramazioni eccessivamente lunghe delle mappe: di fatto, i sistemi preposti alla generazione casuale dei dungeon e dei mostri (o, meglio, dei loro attributi/ poteri) fanno il loro mestiere senza calcare troppo la mano, mentre la taratura delle modalità più impegnative, al limite della perfezione, è affidata al potenziamento di nemici già ottimamente pensati in termini di complementarità dei poteri, numero e capacità di movimento, senza lanciare il giocatore verso inutili frustrazioni (per i più impavidi, peraltro, anche in Torchlight è presente l’opzione “Hardcore”, con la morte permanente del personaggio). Al buon risultato concorre anche il ritorno

dei pet, con il loro equipaggiamento dedicato, per aiutare in combattimento e far da spoletta tra l’eroe e gli hub, vendendo gli oggetti in eccesso ed eliminando, così, fasi ripetitive e noiose. In chiusura potremmo descrivere il tripudio di boss e la riuscita di alcune variazioni sul tema, mutuate da altri titoli o migliorative di quanto visto in Torchlight (come le “phase-beast”, che una volta uccise danno accesso a sfide divertenti e remunerative), ma preferiamo spendere un paio di parole in più sul leg-

La taratura delle modalità più impegnative è al limite della perfezione

NUOVI POTERI IN VECCHIE VESTI La struttura delle abilità non è molto lontana dal primo episodio, al di là della differente organizzazione visiva e della maggiore varietà: i singoli personaggi hanno tre rami-skill dedicati, in linea con la vocazione principale, ulteriormente distinti in poteri d’attacco, facoltà di supporto e abilità passive. Come gli attributi, ma con meno generosità, le skill sono migliorabili a ogni passaggio di livello, accedendo a una gamma di possibilità davvero notevole (per quel che mi riguarda, mazzate e cannone tutta la vita). Identici al passato, infine, si presentano i poteri passivi chiamati (un po’ genericamente) “spell”: in pratica, si tratta di tomi da rinvenire come qualsiasi altro oggetto di looting, che vanno poi piazzati in uno dei cinque slot disponibili.

gerissimo impianto grafico: pur riuscendo a girare su macchine assemblate nell’età del bronzo, o giù di lì, Torchlight II è anche un eccezionale caleidoscopio di emozioni visive, grazie a un design cartoonesco capace di unire disinvoltamente, come detto, le caratteristiche del fantasy alle suggestioni di una fantascienza sui generis, sempre con gusto, personalità e un certo grado di ironia. E adesso correte sui box, che ci sono ancora diverse “cosucce” da dire: roba insignificante, tipo la trama, le skill e il co-op...

Commento Il voto qui sotto è dedicato agli amanti degli hack’n’slash con generazione algoritmica di dungeon, looting e caratteristiche nemiche. Un popolo strano, a dire il vero, cui appartengo fieramente pur senza comprenderne le logiche “di massa”, al di là dell’hype: per anni il gradimento per questo tipo di VG è sembrato affievolirsi in modo quasi terminale, per quanto non siano mancati validi esponenti come Titan Quest (privo di mappe generate casualmente, ma comunque validissimo) e lo stesso Torchlight; all’improvviso, poi, all’uscita di Diablo III sono spuntati milioni di utenti pronti a cliccare furiosamente su mostri e skill, come se 15 anni non fossero passati. Adesso non ci sono più scuse, dunque: se davvero amate i dungeon crawler più semplici e istintivi, comprate il gioco di Runic e collocatelo sullo scaffale “d’onore”, accanto ai migliori episodi di Diablo. È lì che merita di stare.

Ottimo bilanciamento della difficoltà Leggero e molto bello da vedere Accessibile ma non banale Piccolissime sbavature, qua e là I servo-robot dell’Engineer, come tutte le altre “evocazioni”, hanno precise limitazioni di tempo e resistenza.

VOTO[92]

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Review A cura di: Claudio “keiser” Todeschini (keiser@sprea.it)

CPU: Single Core 3 GHz RAM: 1 GB Scheda Video: ATI 9600/NVidia 6600 Spazio su HD: 8 GB (escluso Source SDK 2007) Connessione: ADSL SVILUPPATORE: Black Mesa Modification Team PUBLISHER: Black Mesa Modification Team MULTIPLAYER: Assente LOCALIZZAZIONE: Sottotitoli PREZZO INDICATIVO: Gratuito

blackmesasource.com

tgm Gold AWARD

Ritorno a...

BLACK MESA

SOURCE Dopo otto anni di sviluppo, il mod di Half-Life 2 più atteso di tutti i tempi è finalmente pronto per essere giocato!

P

arlare del perché Half-Life rappresenti una pietra miliare nel genere degli shooter in prima persona porterebbe via probabilmente metà della rivista che avete tra le mani; non tanto per le dinamiche di gioco, quanto per la struttura narrativa, per la prima volta complessa e raccontata dalla prospettiva dello stesso protagonista, senza schermate statiche o cut-scene, e per il design delle missioni e dei livelli, che finalmente superano la logica del “prendi chiave rossa, apri porta rossa” che ha praticamente dominato il panorama degli FPS fino al 1998. Probabilmente è sufficiente scrivere che è uno di quei titoli che non si può non aver giocato.

Piccolo cameo, tra gli scienziati, di Eli Vance, una vecchia conoscenza di Half-Life 2.

MESA, DOLCE MESA Black Mesa è una Total Conversion per il Source Engine (il motore di Half-Life 2) che ricrea in maniera molto fedele (ma non pedissequa) l’originale Half-Life, migliorandolo sotto molti punti di vista, con l’aggiunta di alcune licenze creative prese dagli sviluppatori. L’aspetto su cui si è concentrato gran parte del lavoro è estetico: rispetto al gioco di 14 anni fa, mosso da un’evoluzione del motore di Quake II, i passi in avanti sono notevoli, anche se non siamo neppure lontanamente dalle parti degli standard di un titolo moderno. Diciamo che si trova in un’ottima via di mezzo, e tanto basta. Le mappe sono più ricche, più dettagliate, con maggiori elementi a renderle credibili, e lo stesso vale per i modelli tridimensionali di scienziati, alieni e soldati, alcuni dei quali ricreati da zero. Gli sviluppatori hanno poi rimaneggiato parecchi livelli, cambiando qua e là alcune cose “minori”, come la posizione in cui si trova per la prima volta il piede di porco o lo stesso ingresso al Settore C, all’inizio del gioco; le mappe dei capitoli On a Rail e Surface Tension sono

state notevolmente ridotte e rese meno confuse da esplorare, ed è stata del tutto cestinata l’ultima – e meno riuscita – parte del gioco originale, il mondo di Xen (ma i motivi di questa scelta potrebbero essere altri, come ipotizzato nello speciale a pagina 14). Il risultato regala sensazioni di grande familiarità, e al tempo stesso di novità, anche a chi conosce a menadito tutte le stanze e i condotti d’areazione di Black Mesa.

PERCHÉ DOBBIAMO SEMPRE INDOSSARE QUESTE RIDICOLE CRAVATTE? Da sottolineare anche il lavoro svolto con l’intelligenza artificiale dei nemici, in particolar modo quella dei soldati,

I livelli finalmente superano la logica del “prendi chiave rossa, apri porta rossa”

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Black Mesa Source I maledetti granchiacci nei maledetti condotti dell’aria! Per fortuna la batteria della torcia è inesauribile, e finirete per tenerla sempre accesa.

BMS è stato tra i più votati nel programma Greenlight di Steam, il che vuol dire che presto sarà disponibile come titolo stand alone.

COME LO INSTALLO?

L’ottima colonna sonora è scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale. che si muovono finalmente in maniera agguerrita e meno prevedibile, rendendo gli scontri a fuoco più di un semplice diversivo tra un obiettivo e l’altro. Ottima la presenza di tre livelli di difficoltà, in grado di soddisfare gli appetiti di tutti quanti, sia i giocatori più attempati che cercano una sfida degna di questo nome, sia chi è meno avvezzo all’impostazione delle sparatorie di tanti anni fa, quando ancora non si usavano coperture, non c’era il collimatore (anche se un paio di armi lo implementano, ed è un’altra novità del mod) e gli scontri non si riducevano a un banale whack-a-mole dei nemici che alzano la testa da dietro un riparo. Il gioco si dipana piacevolmente lungo pietre miliari dell’immaginario videoludico, ripercorre i momenti più importanti e meglio strutturati di uno dei migliori

shooter di sempre, arricchendo le immagini impresse nella memoria di chi lo giocò quasi tre lustri addietro con nuovi colori e sfumature, senza mai perdere la straordinaria miscela di esplorazione, puzzle basati sulla fisica (che ha beneficiato dell’introduzione dell’Havok), sezioni platform e combattimenti serrati contro alieni e militari brutti e cattivi. Se alcuni difetti vanno trovati, stanno senza dubbio nei caricamenti tra un livello e l’altro (lunghetti), quasi un omaggio al gioco originale, e nella presenza del

Far partire il mod potrebbe non essere banale, specialmente per chi non ne ha mai installato uno in vita sua. Aprite Steam e scaricate il Source SDK Base 2007, gratuito e “pesante” 2 GB. Scaricate il mod dal sito ufficiale e lanciate l’eseguibile che si trova al suo interno. Al termine dell’installazione riavviate Steam, così che il mod compaia nella lista dei vostri giochi: lanciatelo, configurate tutto il configurabile e divertitevi!

Il gioco si dipana piacevolmente lungo pietre miliari dell’immaginario videoludico Guarda un po’ chi si rivede, con la sua valigetta e il suo completo grigio!

crouch-jump. In Black Mesa ogni cassa, ogni tavolo, ogni tubo è solo leggermente troppo alto per essere raggiunto con un salto normale, e questo costringe a dover premere il tasto per chinarsi mentre si sta saltando, così da riuscire a superare gli ostacoli; e quando c’è da fare un salto in corsa, questo significa premere quattro tasti contemporaneamente. Scomodo, in alcuni casi frustrante (grazie, quick save) e assolutamente inutile ai fini del gioco.

Commento Se Black Mesa è un piccolo capolavoro è in grandissima parte merito dell’originale HalfLife su cui si basa, ma è anche innegabile lo straordinario, appassionato, amorevole lavoro svolto dagli sviluppatori, che hanno tagliato le cose meno riuscite e migliorato quelle che potevano essere migliorate (grafica, IA e fisica realistica su tutte). Piacerà probabilmente di più ai meno giovani, complici alcune datate dinamiche di gameplay, ma il risultato è uno shooter che non può non essere giocato. E non dimentichiamoci che è gratis!

Grandioso rifacimento di uno dei migliori FPS di sempre Gran lavoro su grafica e IA dei nemici Voci non sempre convincenti Il crouch-jump

VOTO[90]

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Review A cura di: Mario Baccigalupi (secondvariety@sprea.it)

CPU: Dual Core 2.4 GHz RAM: 2 GB Scheda Video: GeForce 8600 GT Radeon HD 2600XT Spazio su HD : 20 GB Connessione: ADSL Localizzazione: Completa SVILUPPATORE: Firaxis PUBLISHER: 2K Games MULTIPLAYER: Internet PREZZO INDICATIVO: € 49,99

www.xcom.com/enemyunknown

tgm Gold

sci-fi a turni!

XCOM:

AWARD

ENEMY UNKNOWN Inutile riportare la citazione da Arthur C. Clark all’inizio del gioco. Di fatto, il motto dell’agenzia XCOM è molto più semplice: l’unico alieno buono è un alieno morto.

N

on è un compito semplice giudicare il lavoro di Firaxis, pur rimanendo in un contesto da “piani alti” del videoludo. Diciamo, tanto per cominciare, che XCOM: Enemy Unknown è arrivato quasi a punire le mie irriverenti parole sui sistemi a turni, un paio di mesi fa in una piccola didascalia (una roba del genere non va detta ad alta voce), ricordando a me e a tutti gli altri “real time-addicted” l’inarrivabile valore tattico di un simile impianto, opportunamente rimodernato nelle funzioni e nel linguaggio visivo. Non è nemmeno il caso, d’altronde, di evocare la classica “folgorazione sulla via di Damasco”, visto che non più di due anni fa uno sviluppatore indipendente è riusci-

to a riportare sotto i riflettori le qualità dei tattici a turni “militari”, con il mai troppo lodato Frozen Synapse. Naturalmente, però, avendo a che fare con una reinterpretazione piuttosto fedele della serie UFO/ XCOM, il gameplay non è certo confinato

all’azione sul campo, con il combattimento fra alieni e reparti speciali anti-invasione: Firaxis è lo storico sviluppatore dei titoli griffati dal celebre fondatore, Sid Meier, e anche per questo ha dato un grande peso alla componente strategico-gestionale

Lo sforzo di adattarsi senza perdere personalità, rispetto a tendenze e hardware moderni, si può dire sostanzialmente riuscito

POSTILLA MULTIPLAYER Dedichiamo al multiplayer di XCOM:EU un piccolo box, più che altro per segnalarvi la sua esistenza, non avendolo potuto giocare nella versione messa a nostra disposizione. In riferimento a quanto visto alla Gamescom, le linee guida dell’intrigante modalità competitiva vedono contrapposte squadre “miste” di alieni e operativi, con tutti gli upgrade già sviluppati e selezionabili, con il surplus dato dal notevole sistema di generazione delle mappe. Inutile aggiungere, però, che nella modalità online viene meno la parte gestionale, cuore pulsante dell’esperienza single player.

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Ogni tanto il sistema di puntamento fa le bizze. Non in questo caso, però.


Xcom: Enemy Unknown

Alcuni alieni, chiamati “Smilzi” (il gioco è interamente tradotto in italiano) cercano di imitare le fattezze umane, con scarsi risultati.

La differenza più macroscopica, rispetto all’originale, è determinata dall’unicità della base a nostra disposizione Qui siamo dalle parti di Quake, non trovate? della serie, limando alcuni aspetti senza tuttavia eliminare alcunché, rispetto ai modelli originali. XCOM: Enemy Unknown richiama il titolo del primo episodio (nel box a destra trovate qualche cenno storico, anche in termini di ispirazione sci-fi) e ne vuole ereditare lo spirito, senza con questo dimenticare i particolari capaci di attirare un’audience multi-piattaforma, alla ricerca di una fruizione fluida e veloce dei contenuti di gioco. Lo sforzo di adattarsi senza perdere personalità, rispetto a gusti, tendenze e hardware moderni, si può dire sostanzialmente riuscito anche se, nel processo, è andata irrimediabilmente persa un po’ di “magia”. Ad esempio è quasi incredibile, per un giocatore della mia generazione, che un titolo di questa serie si comporti meglio con il gamepad, per quanto riesca a far sentire a casa i cultori

La base operativa è un vero “formicaio”: nel Geoscope è possibile seguirne l’evoluzione, anche nella rappresentazione poligonale.

di mouse e tastiera (a patto di agire sulla velocità di scrolling della visuale, troppo lento di default): paradossalmente, la questione è abbastanza comprensibile se si pensa alla natura “indiretta” del gameplay, per cui l’abilità manuale con i controlli è del tutto ininfluente ai fini della vittoria. Allo stesso tempo, però, proprio affidandosi alla struttura e alle soluzioni del passato, XCOM ha rinunciato a contenuti che potevano garantire una varietà ancora maggiore, soprattutto quando gli operativi entrano in azione. Ciò non toglie che si tratti di un titolo bello da vedere e divertente da giocare, con un gameplay debitamente ostico e complesso: per lo stesso motivo, è facile pensare che il tentativo di attirare giocatori più “casual” non riuscirà, malgrado gli sforzi di chiarezza grafica e formale. Evviva!

SENTINELLA GLOBALE Sulla trama del nuovo XCOM è il caso di soffermarsi in modo addirittura telegrafico, ricordando la “semplice” necessità di respingere un’invasione extraterrestre, dallo sbarco alla (temporanea, naturalmente, se l’operazione di Firaxis avrà successo) disfatta degli alieni. Per il resto, come dicevamo, l’impianto primigenio è stato rispettato in tutte le componenti principali: da una parte abbiamo la fase chiamata “Geoscope”,

MEMORIE UFOLOGICHE Il principale riferimento tematico di XCOM va ricercato nel serial britannico di fine Anni ‘60 “UFO”, di cui la saga videoludica ha ripreso il titolo (almeno, nel prefisso “alternativo” del primo episodio, oppure nell’omonima serie di sequel spirituali) e lo scenario generale, pur non avendo legami ufficiali con il marchio: in particolare, in entrambe le opere abbiamo l’agenzia finanziata dai governi mondiali, per respingere l’invasione, oltre a tanti altri particolari, come lo studio su dispositivi alieni e il costante utilizzo di intercettori aerei. Tuttavia, la serie inaugurata da Mythos Games si differenza dal telefilm nel minor peso dato alle motivazioni degli extraterrestri (in TV molto vicini agli uomini, almeno nell’aspetto), oltre che nelle spiegazioni molto più dettagliate su tecnologie aliene e terrestri. Il drone “Shiv” è capace di coprire un numero di caselle molto alto, rispetto a un normale agente.

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Review

La squadra è oggetto di una notevole evoluzione: nell’immagine piccola potete osservare la risicata formazione di partenza.

Nelle missioni principali le componenti gestionali e tattiche si legano in modo indissolubile con la gestione astratta di forze e risorse, in tempo reale, mentre dall’altra abbiamo i combattimenti a turni del “Battlescope”, in cui far crescere i soldati e utilizzare, con ponderatezza, le tecnologie create con tanta cura e devozione. Nel primo caso, all’inizio dell’esperienza balza agli occhi la differenza più macroscopica, rispetto all’impostazione storica, determinata dall’unicità del centro operativo a nostra disposizione, e quindi dall’impossibilità di disporre delle altre strutture presenti sul globo (all’inizio la cosa non è chiara, dunque fate attenzione):

CONSIGLI DEL GIORNO Ormai disabituato ai VG di questo genere, da Syndicate (in tempo reale, ma simile nella struttura) agli stessi titoli UFO/XCOM, ho affrontato le prime sessioni in modo troppo disinvolto, senza guardare con la giusta attenzione alla fase gestionale. Le conseguenze, implacabili, si sono immediatamente sentite nello stesso ambito, facendo degenerare la situazione in diversi paesi, con la conseguente caduta a picco degli introiti. Quindi, al di là di generici consigli “paterni” (del tipo: state attenti e fate le cose a modo), mi piace segnalarvi gli strumenti più efficaci per ritardare il panico mondiale: innanzitutto, vanno assemblati satelliti e costruite le relative strutture di collegamento, opportunamente alimentate, affinché le nazioni si sentano protette dall’occhio vigile di XCOM; è inoltre necessario allestire una buona flotta area, rimpolpandola degli strumenti e dei velivoli progettati dagli ingegneri, sulla base degli studi scientifici. Tuttavia, nell’economia del gameplay hanno un peso determinante anche la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie, per dare fiducia agli investitori, insieme alla vendita di materiali extraterrestri ed equipaggiamento.

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in particolare, al di là delle tante opzioni tattiche, Firaxis ha ricercato un piccolo motivo di rigiocabilità nei vantaggi forniti al giocatore scegliendo una base piuttosto che un’altra, magari nella costruzione delle unità e delle strutture. Per fortuna, però, una volta espletato il lungo tutorial, molto più coinvolgente del solito, ci si rende conto della gran quantità di opzioni a disposizione, comunque snellite qua e là dall’abile mano dello sviluppatore. Ricerca di tecnologie con il materiale recuperato, costruzione di strutture sempre più avanzate, assemblaggio di intercettori ed equipaggiamento per i soldati: questi sono gli strumenti principali per far sì che il quadro

globale non degeneri, facendo diminuire i fondi (l’agenzia XCOM è foraggiata dalle varie nazioni), con la necessità di tenere le varie componenti in equilibrio, tra controllo dello scenario generale e interventi sul campo. Accelerando il passaggio dei giorni, con relativo sblocco di strumenti e strutture in fase di ricerca/costruzione, vengono proposte missioni di vario tipo: quelle “random” servono solo a procurarsi il materiale per i potenziamenti, agendo al contempo sull’umore delle nazioni, magari grazie al salvataggio di civili e VIP, oppure con la ricognizione sul luogo dell’abbattimento di una navicella. Nelle missioni principali, invece, le due componenti di gioco si legano in modo

I mezzi sono valide coperture, parziali o complete come tutte le altre. Possono esplodere, però, con le conseguenze del caso.


Xcom: Enemy Unknown Il capo degli ingegneri è tale e quale a mio suocero. Giuro.

Alcuni scenari sono più riusciti di altri. Su tutto, comunque, regna il valido sistema di generazione delle mappe di XCOM: UE.

LA VIA CRUCIS DI XCOM Un piccolo approfondimento per ricordarvi due semplicissime cose: la prima è che il progetto dello sparatutto XCOM è ancora in piedi, come ha riferito il publisher ai nostri inviati alla Gamescom. La seconda questione da sottolineare, per dovere di giustizia, è che la saga non è assolutamente nuova alle variazioni e agli spin-off: tralasciando l’interessante digressione aeronautica di XCOM: Interceptor, nel 2001 è arrivato nei negozi XCOM: Enforcer, perdibile rilettura in chiave TPS, senza che nessuno gridasse allo scandalo. Dunque, al di là della fastidiosa variazione di genere, l’unico elemento che differenzia i due fatti è la risonanza mediatica data all’FPS di 2K Marin, colpevole di richiamare l’attenzione degli sdegnati compulsivi. indissolubile, con tecnologie da sviluppare investendo sul personale e sulle strutture (che hanno bisogno di energia e risorse, naturalmente), per poi scendere nei teatri di guerra più pericolosi e strategicamente importanti. Una volta immersi nel Battlescope, è possibile gestire i propri operativi con due mosse cadauno, di casella in casella entro il proprio turno, cosa che determina la necessità di ampliare il prima possibile la squadra di specialisti (fino a un massimo di 6 soldati): movimento e fuoco sono gli elementi

Nell’aspetto, gli alieni più comuni di XCOM si ispirano alla figura dei “Grigi”. Quelli dell’Area 51, per intenderci.

imprescindibili dell’azione, con restrizioni che possono venir aggirate progredendo nelle skill dei singoli operativi, attraverso un sistema di classi altamente specializzate (i fanti, peraltro, possono essere feriti o morire in combattimento). Ottimo il grado di personalizzazione, in termini estetici e soprattutto sul piano dell’equipaggiamento, con armi, corazze e dispositivi di forma ed efficacia variabili. Magari si può decidere di spaccare tutto con un bel drone corazzato, oppure provare a influenzare il nemico con un’elegante strategia “psionica”, o ancora mettersi alla ricerca del giusto mix tra le varie soluzioni.

DUE PAROLINE A SID Accanto alle sacrosante grida di giubilo per le numerose opportunità offerte dal gameplay, sento di poter muovere un paio di appunti al lavoro di Firaxis, senza nulla togliere al notevole valore ludico dell’esperienza. Innanzitutto, la sostanza dell’azione avrebbe potuto rivelarsi un po’ più varia, nello specifico del Battlescope, dalla praticabilità delle opzioni stealth fino alla qualità stessa degli obiettivi, quasi sempre coincidenti con lo sterminio del nemico (al di là del bisogno di recuperare NPC, reperti alieni e avversari ancora vivi); in seconda battuta, la generazione random delle mappe resta un’arma a doppio taglio perché sacrifica, alla ricerca di infinite combinazioni, la possibilità di

La sostanza dell’azione avrebbe potuto rivelarsi un po’ più varia, in particolare nel Battlescope proporre mappe singolarmente studiate in termini di insidie e, perché no, anche nella resa scenografica degli ambienti. Ciò non significa che non si debba lodare Firaxis per il lavoro compiuto in questo ambito, così come per i risultati conseguiti in tutto il comparto tecnico (a parte alcuni piccoli bug, legati alla visuale). Le IA garantiscono una sfida impegnativa, supportate da una notevole varietà di tattiche/poteri e da una potenza ben bilanciata, tra i quattro livelli di difficoltà disponibili. Buona la prestazione anche nella resa meramente grafica, fin troppo “cupa” ma comunque appropriata in termini di modelli, effetti e texture. In fondo, quella di XCOM è un’invasione aliena, mica una sagra di paese.

Commento Qualche volta può succedere. Può succedere che un publisher di prima fila, dopo aver annunciato un temuto reboot FPS, scelga di dare la precedenza a un altro progetto, costruito con rispetto dell’originale: l’esperienza di Firaxis ha fatto il resto, imprimendo all’erede di XCOM un’identità fresca e moderna, capace di venir apprezzata anche dai giocatori più giovani, nell’estetica come negli aggiustamenti sul gameplay. L’unico requisito è che si sia pronti a giocare sul serio, con tutto l’impegno che serve, perché XCOM: Enemy Unknow è un titolo complesso e particolarmente bisognoso di attenzione, soprattutto se confrontato con la media dei VG moderni. Pregherò il cielo affinché abbia successo. Amen.

Geo e Battlescope, di nuovo sulla cresta Graficamente piacevole Gran sfoggio di opportunità ludiche Mancanza di varietà negli obiettivi

VOTO[90]

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Review A cura di: Massimo “NKZ” NIchini (nkz@sprea.it)

CPU: Quad Core 2.13 GHz RAM: 4 GB Scheda Video: NVIDIA GeForce GT 240/ATI Radeon HD 5570 Spazio su HD : 25 GB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: ArenaNet PUBLISHER: NCSoft MULTIPLAYER: MMO PREZZO INDICATIVO: € 49,90

www.guildwars2.com

tgm Gold AWARD

aMMOrevole!

Guild Wars 2 Tremate, giochi di ruolo di massa di tutto il pianeta: Guild Wars 2 è arrivato. E nessuno di voi è più al riparo!

P

romessa solenne del vostro sempre gildabile Nikazzi: non vi ammorberò con le solite manfrine su come Guild Wars 2 abbia le carte in regola per spodestare, almeno in linea teorica, WoW dalla vetta del monte. Che poi sono discorsi senza nemmeno troppo senso: anche i sassi sanno che ci troviamo di fronte a due titoli parecchio

La trama di Guild Wars 2 ci porta a combattere i redivivi draghi. Questo che vedete è solo un “piccolo” tirapiedi, comunque...

diversi per contenuti, gameplay e persino meccaniche commerciali. Mi preme molto di più ricordare come ArenaNet, già con il primo GW, riuscì in un’impresa mai riuscita a nessun altro competitor nel mercato degli MMO: uscire dal coro e proporre qualcosa che fosse davvero unico e singolare. Ecco, più che perderci in confronti che lasciano il tempo che

trovano, concentriamoci su questo dettaglio: i ragazzacci di ArenaNet l’hanno rifatto, e il risultato è molto al di sopra di ogni possibile dubbio. E ora vi spiego anche il perché...

QUESTA È LA MIA STORIA Fin dalla creazione del personaggio, passaggio canonico per ogni MMO dell’universo, si respira qualcosa di diverso nell’aria. Oltre alle scelte tradizionali di razza, genere e classe, GW2 pone delle domande sulle origini del personaggio (abbandonato dai genitori? Povero? Di nobili origini?), su cosa lo spinga nella

Ogni mappa contiene centinaia di cose da fare

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Guild Wars 2

Ogni classe possiede un convincente margine di configurabilità.

Elite e boss sono disseminati a ogni livello, eliminando il concetto di “caccia al grosso” solo per l’end game.

Fin dalla creazione del personaggio si respira qualcosa di diverso nell’aria

vita (voglia di aiutare il prossimo? Sete di vendetta?) e su altri aspetti legati alle sue origini. Questi dettagli vengono utilizzati per “costruire” la trama delle missioni personali che il PG affronterà lungo la strada che lo porterà dalla nascita al raggiungimento del lontano livello 80. Le missioni “costruiscono” una storia molto ben integrata con le vicende di Tyria, il mondo in cui tutto è ambientato. C’è da dire che questo arco narrativo, costituito esclusivamente da eventi instanziati e lontani dal mondo persistente che compenetra ogni altro aspetto del gioco, è l’unica reminescenza, in termini di tecnici, con il vecchio GW. Certo, come vedremo più avanti, ci sono ancora le skill sbloccabili per personalizzare l’arsenale del proprio alter ego, ma i cambiamenti sono tali da non lasciare quasi traccia del vecchio modello. Le missioni “story”, invece,

sono un richiamo molto forte al vecchio modello e funzionano parecchio bene anche per offrire al giocatore inesperto un’esperienza molto vicina a quello che potremmo definire una modalità “single player” all’interno di un mondo online. Ma ognuna delle storie, vista la quantità di variabili in gioco, è diversa e non avrebbe senso raccontarne una in particolare. Diciamo solo questo: sul mondo di Tyria sono ricomparsi i terribili draghi, e qualcuno dovrà fare qualcosa per evitare che le popolazioni pacifiche soccombano alla loro malvagia influenza.

IL PVE E LE STRATIFICAZIONI Ecco, per spiegare le caratteristiche uniche di GW2 dobbiamo assolutamente immaginare una torta con tanti strati differenti. Le fondamenta sono rappresentate dalla creazione del per-

Gli eventi dinamici sono di svariati tipi. Il più comune è la difesa di un villaggio o la scorta di un viandante.

sonaggio e dalla sua storia personale, di cui abbiamo scritto poco fa. Sopra la “base” troviamo il mondo di Tyria vero e proprio. Simile per molti aspetti a tanti altri MMO, questo mondo è diviso in zone e ognuna di esse è a sua volta piena di aree ricche di nemici, città, risorse da raccogliere, e altri giocatori a zonzo. Tutto nelle norma, quindi? Nemmeno per sogno: ogni area può contenere punti di interesse (di solito statue, monumenti, piazze o bellezze naturali), skill challenge, viste e, soprattutto, task ed eventi dinamici. Spieghiamoci meglio: ogni mappa contiene centinaia di cose da fare, da punti che si possono semplicemente esplorare (non tutti facilmente raggiungibili... anzi!) agli skill point challenge, di solito piccoli eventi che garantiscono uno skill point utilizzabile per sbloccare nuove abilità del personaggio.

IL MONDO DI TYRIA IERI E OGGI Guild Wars 2 è ambientato su Tyria, già noto a chi ha giocato con il primo titolo della saga. Dagli avvenimenti raccontati nel primo GW sono passati 200 anni, ma molte cose ricorderanno ai vecchi giocatori che ci troviamo sullo stesso mondo, a cominciare dalle ricompense estetiche uniche a loro riservate...

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Review La possibilità di selezionare set di armi differenti consente combattimenti più tattici e ragionati di quelli visti in molti altri MMO.

CLASSI E RAZZE Ogni personaggio, in Guild Wars 2, può scegliere di appartenere a una qualsiasi delle cinque razze giocabili. Umani, Norn, Asura, Charr e Sylvari non differiscono tra loro solamente in termini estetici, ma anche e soprattutto sulle missioni personali del giocatore. Le classi, invece, consentono di scegliere tra Guardiani e Guerrieri (i “picchiatori” del gioco. Non chiamateli tank, però!), Ingegneri, Ranger e Ladri (gli avventurieri agili e furtivi), Elementalisti, Mesmer e Necromanti (i “maghi” puri). Ognuno di questi ruoli ha un pool di abilità e di tratti unici, limitazioni alle armature e alle armi equipaggiabili e diversi sistemi di combattimento (chi ha pet, chi scuole di magia diverse...) da sperimentare. Ancora più importanti, però, sono i task, vere e proprie quest “tradizionali” che prevedono, per esempio, di uccidere un certo tipo di nemico o raccogliere un dato quantitativo di oggetti. Il discorso è diverso per gli eventi dinamici: ogni area possiede, infatti, una storia personale. Diciamo, per fare un esempio, che al confine con la zona umana i centauri stanno raccogliendo

Gran parte delle aree esplorabili in Guild Wars 2 sono sott’acqua o sotto terra. In acqua sono disponibili set di armi specifici.

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Al giocatore è lasciata la libertà di esplorare aree, partecipare a task, skill challenge e agli eventi dinamici come preferisce le forze per assediare la capitale. Gli eventi dinamici funzionano come una serie di missioni che, in base all’operato di qualsiasi giocatore vi prenda parte, possono proseguire in modi differenti. Nel nostro esempio, i centauri possono aver conquistato un campo più vicino alle mura e ora si stanno organizzando per ricostruire un ponte da cui muovere verso la città umana. Bene, voi capitate li per caso e vi viene chiesto di respingere i centauri prima che completino il ponte. Siete da soli o arrivate tardi? La missione successiva dell’evento dinamico prevederà di respingere i nemici ancora più vicino alla fortezza umana. Ci riuscite grazie alla collaborazione

di altri eroi che passavano lì per caso o ai vostri compagni di gilda? Ottimo, allora il prossimo obiettivo sarà quello di riconquistare il campo da cui sono partiti i genieri dei centauri. Diciamo che, per molti versi, gli eventi dinamici ricordano le aree di combattimento di Warhammer Online, con la differenza che là si trattava di PvP, qui, invece, di PvE. In sostanza, comunque, il sistema su cui si basa il PvE di GW2 è piuttosto solido: al giocatore è lasciata la libertà di esplorare le aree a piacimento, di partecipare a task, skill challenge e agli eventi dinamici come preferisce, anche una volta superato il livello dell’area in questione. Ogni zona, infatti, “cappa”


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Negli eventi dinamici, tutti i giocatori nelle vicinanze partecipano all’azione e alla distribuzione delle ricompense.

Il WvW, unito al solido PvE e ai battleground, mette davvero parecchia carne al fuoco i personaggi al massimo consentito, permettendo a chiunque, anche un “livellone”, di tornare indietro e godersi i passaggi trascurati in precedenza. Ah, dimenticavo di dire che tutto, anche la scoperta di un semplice punto di interesse, dà esperienza al personaggio e che sono previsti bonus per il completamento di una intera mappa di gioco...

IL PVP E ALTRE LETTERE Ricordate la torta di prima? Ecco è giunto il momento di spostarci su un altro strato della stessa, sopra ai personaggi e al PvE. Si tratta però di uno strato “bigusto”, visto che il PvP di GW2 ha ben due forme. La prima, più tradizionale, riguarda il PvP in battleground specifici. Qui, troviamo tutto il possibile per gli amanti di questa formula: libero accesso dei personaggi da qualsiasi livello (tutti sono portati automaticamente all’ottantesimo, e possiedono un equipaggiamento standard differente da quello usato nel PvE), una manciata di mappe con leggere differenze di ga-

meplay (anche se la base è un classico “conquista le basi” e ammazza tutti, con una spruzzata di nemici gestiti dal server per complicare un po’ le cose), ricompense visuali (per modificare aspetto di armatura e armi), tornei a squadre e, in futuro, ranking personali e di gilda. La seconda formula di gioco competitivo, invece, richiama alla grandissima un paleolitico MMO che per molti versi è una pietra miliare del genere “mondi persistenti”. Parliamo di Dark Age Of Camelot, DAOC per gli amici. La sigla

I task, o eventi statici, sono le tradizionali quest. La ricompensa si riceve direttamente per posta.

DUNGEON & DRAGONS? Nella trama di Guild Wars 2 sono presenti i draghi. Tra le attività del PvE ci sono delle aree istanziate, chiamate Dungeon, che funzionano né più e né meno come le instance di World of Warcraft. Ogni dungeon si sblocca al raggiungimento di un determinato livello (30, 40, 50 e così via) e prevede una sua versione “più dura” di cinque livelli superiore. da usare è la ridicola WvWvW, ovvero World versus World versus World. Significa, in parole povere che tre diversi mondi (o server, per dirla in tecnichese) si scontrano su un terreno comune di lotta. Questo è, a tutti gli effetti, una zona al di fuori dei territori di PvE. Come per i battleground, anche qui si viene trasportati al massimo livello per garantire uniformità. Diversamente dal PvP, però, ci portiamo dietro il nostro equipaggiamento conquistato a suon di eventi e scorribande. In questo territorio di confine, le cose sono piuttosto semplici e complicate al tempo stesso. Ogni partita, della durata di un mese (terminato il quale i server vengono riaccoppiati in modo da garantire equilibrio), inizia con i tre schieramenti al controllo di una regione che comprende enormi castelli, piccole fortezze, torri di guardia e aree di produzione di materie prime. In qualsiasi momento del giorno e della notte, i giocatori che entrano in WvW possono cercare di conquistare uno degli obiettivi appena elencati in possesso del nemico. Se ci riescono, sconfiggendo eventuali difensori umani e guardie gestite dal server, avranno il controllo di quel punto e delle eventuali risorse in esso contenute. I legittimi proprietari o i terzi incomodi possono ovviamente fare altrettanto, continuando a soffiarsi punti e risorse. Tutto questo a cosa serve? Semplice:

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Review

Le missioni personali della storia sono completate da dialoghi tra i vari comprimari. Le gallerie non compaiono sulla mappa di gioco.

Guild Wars 2 risulta accessibile ai casual player, ma rimane appagante anche per gli hardcore gamer

ogni location genera un punteggio e ogni 15 minuti tale punteggio è assegnato alle singole fazioni. Questo, oltre a definire chi sta vincendo la guerra, ha anche un impiego pratico: i punti sbloccano dei bonus per l’intero mondo, come probabilità più alte di ottenere drop rari, cure più efficaci, più denaro dai mob e via dicendo. Interessante? Aspettate di sentire il meglio: partecipando in WvW e combattendo guardie artificiali si guadagnano comunque esperienza e drop! Non vi ho ancora convinto? Bene, allora sappiate che le risorse generate dai vari campi possono essere utilizzate per costruire gigantesche macchine da assedio (da qui il paragone con DAOC...)

per esperienze davvero epiche. Che dire, questo aspetto di GW2 unito al solido PvE e ai battleground, mette davvero parecchia carne al fuoco per ogni tipologia di utente. Dalla mia esperienza posso dirvi che, se il PvP più canonico è fin dai primi giorni un’esperienza ben bilanciata e appagante, il WvW soffre molto della necessaria organizzazione dell’utenza per funzionare a dovere. Nei giorni del lancio, la situazione era catastrofica, almeno sul server su cui ho iniziato a muovere i primi passi. Poi le gilde hanno iniziato a spiegare ai loro “sudditi” che non si tratta di una gita scolastica e le battaglie hanno cominciato a farsi dannatamente divertenti, di quelle che, mannaggia ai MMO, non ti staccheresti più...

SOLIDITÀ, ECLETTICITÀ, AMPIO PARCHEGGIO ALL’INGRESSO Di cose da dire, su GW, ce ne sarebbero ancora un milione. Mettiamo quindi la quinta, e procediamo veloci: cominciamo dall’aspetto “classi e ruolo” all’interno dei party. Dimenticatevi la cosiddetta trinità, ovvero quella stretta suddivisione di ruoli tra curatori, tank e DPS. In GW2, ogni personaggio può interpretare, con evidenti differenze di efficacia, un ruolo attivo o passivo, dalla distanza o in corpo a corpo, a proprio piacere, anche all’interno di uno stesso combattimento, delegando le cure alle proprie abilità innate. Questo permette di giocare senza stress e senza obblighi di genere… certo, avere un Guardian che

IL CRAFTING PER TUTTI Sempre all’urlo di “libertà di gioco a tutti i costi”, quelli di ArenaNet hanno ben pensato di contemplare un crafting per nulla restrittivo. Ogni giocatore può raccogliere tutti i materiali che vuole e utilizzarli in ogni scuola disponibile (dalle più tradizionali a quelle riservate ai monili e alla cucina). Le stesse scuole possono essere lasciate e riprese a piacimento, permettendo a chiunque di fare, con la dovuta pazienza, qualsiasi lavoro.

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I battleground sono il territorio ideale per squadre di 8 giocatori, magari affiatati e della stessa gilda. Si può comunque entrare in una partita “random” in qualsiasi momento.


Guild Wars 2 Trovando le tinte è possibile colorare le armature. Purtroppo, con risultati non sempre eccezionali...

lancia cure a tutto il gruppo fa sempre comodo, ma anche se non dovesse esserci ognuno può dare una mano. E se poi il mio hunter, un ranger con tanto di pet, si trova accerchiato, tiro fuori spada e coltello e inizio a tankare lo stesso. Continuando con le citazioni obbligatorie, dobbiamo dire che Tyria è bella a vedersi e ricca di effetti grafici e ombre, pur mantenendo una buona fluidità anche su macchine “anziane” grazie a una buona scalabilità del motore. La stessa, ottima qualità è da segnalare per quanto riguarda la colonna sonora e il parlato (in inglese) delle scene di intermezzo. Infine una nota strettamente personale: il paragone tra GW2 e la torta multistrato non è legato unicamente alle varie sezioni che compongono questo nuovo mondo. Esattamente come una torta, infatti, GW2 può essere “assaggiato” in molti modi differenti, magari tralascian-

Guild Wars 2 risulta gradevole sotto il punto di vista estetico, anche se la complessità di elementi architettonici e nemici non è poi così elevata.

ABILITÀ, ABILITÀ E ANCORA ABILITÀ Fin dal primo capitolo, il gameplay di Guild Wars è stato fondato sulle skill. A differenza di quanto accadeva in passato, però, qui le abilitò hanno un modus operandi differente. Ogni arma equipaggiabile ha un suo set di skill (5 per quelle a due mani, 3 per quelle a una mano), a cui si sommano due abilità per eventuali scudi, torce, coltelli e altri oggetti da off-hand. Oltre a queste skill “innate” delle armi, il giocatore, in base alla sua classe, può scegliere tra diversi pool 3 diverse “utility” o skill di supporto, una elite e un’abilità di cura. Da notare che sono scomparse le abilità da conquistare attraverso quest e missioni, in favore di un sistema più snello e decisamente più malleabile: provate a guardare le build in circolazione e vi renderete conto della varietà di combinazioni disponibili per ogni classe... do la parte che non ci piace in favore di un’altra. Grazie a meccanismi come la casa d’aste, che permette di acquistare “cristalli” anche con denaro reale (e viceversa. La transazione vale nei due sensi), GW2 risulta accessibile per il giocatore casuale, ma rimane appagante anche per l’hardcore gamer, che può sbizzarrirsi in mille modi differenti. La vera caratteristica rivoluzio-

Commento

In Guild Wars 2 ogni personaggio può interpretare un ruolo attivo o passivo Ogni classe ha una propria caratteristica personale. C’è chi possiede pet con abilità differenti, chi usa set di magie diverse, chi può buffare e debuffare...

naria di GW2, insomma, è questa: ampio accesso a tutti i “palati”, senza restrizioni, nemmeno di tipo economico, visto che non esiste alcun abbonamento mensile. E, se devo dirla tutta, sono almeno cent’anni o giù di lì che un MMO non si dimostra così maturo e funzionale già dal day one: qualche problemino c’è stato, ma niente di paragonabile a quanto visto in altre produzioni. Tyria funziona, insomma. E merita di essere provata.

Guild Wars 2 è un titolo sensazionale per una serie di motivi, tutti importanti: anzitutto è un gioco fatto e finito, non acerbo né in eterna fase di beta, come spesso capita ai MMORPG. In secondo luogo, offre un parco di attività di tutto rispetto, integrando un ottimo e gigantesco PvE, un PvP competititvo e un PvP di massa davvero sensazionale. Se questo ancora non bastasse, c’è la cura tecnica tipica di ArenaNet, che si traduce in un motore grafico valido e snello, e un supporto e un ritmo di aggiornamento davvero notevole già dalle prime settimane. Aggiungete pure la mancanza di un abbonamento mensile, e il gioco è fatto: non stiamo parlando del MMO perfetto, anche perché qualche baco qua e là l’abbiamo trovato, ma di qualcosa di davvero valido, quello sì. Provatelo, e non vene pentirete.

Enorme, già al Day 1 Senza abbonamento PvP a squadre e di massa! Un mondo enorme da esplorare

VOTO[92] Novembre 2012

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Review A cura di: Claudio “keiser” Todeschini (keiser@sprea.it)

CPU: Dual Core 2.4 GHz RAM: 2 GB Scheda Video: AMD HD2600/NVIDIA Geforce 8600 DirectX 11 Spazio su HD: 7,5 GB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: Codemasters Birmingham PUBLISHER: Codemasters MULTIPLAYER: Internet, LAN, split screen LOCALIZZAZIONE: Completa PREZZO INDICATIVO: € 39,99

formula1-game.com

F1

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te! Monoposto irida tgm

Il campionato motoristico più prestigioso del 2012 si corre sui nostri monitor.

Q

uando si “serializza” un prodotto tocca per forza di cose trovare ogni volta qualcosa di nuovo da dare in pasto alla gente, per convincerla a sborsare altri quaranta euro. Codemasters, per fortuna, non si è limitata a migliorare l’esistente, ma si è sforzata di inserire qualche corposa novità. Prima di tutto, però, segnaliamo la cancellazione della modalità Gran Premio, in cui si poteva indossare il casco del proprio pilota preferito, una “perdita” tutto sommato accettabile a fronte di quanto di inedito c’è in questo capitolo.

Le gare brevi si fanno nella Sfida Campioni: una gara “normale” della carriera è almeno al 25% di quelle reali.

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LARGO AI GIOVANI! Il Test per i Giovani Piloti con cui inizia il gioco è sostanzialmente un lungo tutorial che offre una serie di filmati e di sfide in pista utili per capire meglio cosa sono KERS e DRS, come affrontare le curve e i sorpassi, apprendere i severi regolamenti della Formula 1, familiarizzare con il modello di guida e sperimentare liberamente (su pista asciutta o bagnata) senza avversari tra le scatole. Bella l’idea di cercare di attirare maggior pubblico, specialmente quello dei giocatori più “casual”, che nelle precedenti edizioni

Silver AWARD

si erano probabilmente sentiti un po’ trascurati, ma i veri passi in avanti nel gioco si fanno correndo sulla pista, macinando giri e chilometri uno dopo l’altro, e per questo non bastano alcune piccole sfide da mezzo minuto o poco più. Oltre alla notevole modalità Campioni, a cui abbiamo dedicato un box a parte, la novità più importante riguarda la Sfida Stagione, che permette di affrontare una versione “light” del campionato con dieci circuiti, sessione di qualifica su giro lanciato e gare da cinque giri; considerato che nella modalità

La Sfida Stagione permette di affrontare una versione “light” del campionato con dieci gare


F1 2012 Come da tradizione Codemasters, il gioco offre la possibilità di costruirsi su misura il livello di difficoltà.

Il sonoro di F1 2012 è davvero spettacolare, e contribuisce sensibilmente alla sensazione di coinvolgimento durante le gare.

Come la Formula 1 vera, non ci sono sconti per nessuno

Carriera vera e propria una corsa affrontata con la giusta predisposizione può portare via anche un intero pomeriggio, una modalità meno impegnativa (in termini di tempo) non può che risultare gradita. Il succo vero e proprio del gioco sta ovviamente nella modalità Carriera, in cui rivivere tutta la stagione 2012, quella attualmente in svolgimento, dove sbizzarrirsi con il setup della vettura, tre sessioni di qualifica, gestione di gomme e carburante, e una gara che può durare quanto quelle vere.

NON È UN GIOCO PER PIGRI F1 2012 non va preso sottogamba, pensando di trovarsi di fronte al “solito” arcade di Codemasters: come e più dello scorso anno, F1 2012 richiede di essere approcciato con umiltà e con lo spirito giusto, che è quello di accettare di fare gavetta, di aver voglia di migliorarsi, di crescere come pilota (vir-

tuale), accontentandosi anche di un nono posto, se l’obiettivo è quello, senza voler strafare. Perché, come la F1 vera, non ci sono sconti per nessuno: i piloti alla Need for Speed non hanno speranza, anche se sono ancora presenti i flashback, replay istantanei che consentono – per un numero di volte limitato – di riavvolgere il tempo di qualche secondo e rimediare a un errore che avrebbe mandato a ramengo tutta una gara; e meno male che ci sono! Solo affrontato in questo modo F1 2012 riesce a regalare momenti forti, a trasmettere in maniera quasi palpabile un senso di progressione e di crescita davvero gratificante, probabilmente quanto di più simile alla realtà si possa pensare di provare nella comodità del proprio studio: mettersi alla guida di una monoposto da 800 cavalli per la prima volta, correre su un tracciato che non si conosce, implica per forza di cose non eccellere.

Debutta – prima che nella realtà – il nuovissimo tracciato di Austin, in Texas, dove si svolge anche l’ultima gara contro i Campioni.

Impossibile. Chiunque parta da un’idea diversa da questa finirà per rimanerci male. Ma bastano pochi giri, una decina di gare e si comincia a percepire il feeling della macchina; il modello di guida, severo e che lascia poco spazio agli errori, diventa più familiare, si impara la posizione delle curve, come affrontarle, dove “staccare”, dove è meglio usare il KERS e dove invece

CHI NON CORRE IN COMPAGNIA... Le corse online possono essere personalizzate in ogni aspetto: gara veloce oppure gran premio con sette giri, pit stop e simulazione completa o una via di mezzo, usare vetture con le medesime prestazioni, attivare o meno le qualifiche, gli aiuti alla guida, le regole e via discorrendo. Purtroppo non c’è uno “spectator mode” per ingannare l’attesa tra una gara e l’altra, il che rende piuttosto tedioso aspettare di unirsi a una corsa. Come quasi sempre accade, inoltre, a meno di non volersi organizzare con altri amici, il rischio di incontrare dei mentecatti che si divertono a speronare tutti è davvero molto, molto alto. Per chi se lo può permettere, infine, esiste la possibilità di affrontare un intero campionato in co-op online.

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Review Meno male che non c’è la telecronaca delle gare, altrimenti uno rischia di abbioccarsi al volante!

Sentire la pista asciugarsi quando arriva il sole è una sensazione nuova, in un videogioco di F1

non serve. I tempi lentamente cominciano a scendere e i risultati arrivano; poco alla volta, ma arrivano. Del resto, la carriera di un pilota non comincia dalla Ferrari o dalla McLaren, ma dalle scuderie minori, dai ruoli da gregario, con gare in cui non si porta a casa neppure un punto, e poi, poco alla volta arrivano nuovi contratti dalle scuderie più blasonati, i nomi dei rivali diretti si fanno più importanti, e poter superare in staccata un Alonso in cerca di un podio o uno Schumacher che cerca disperatamente di tornare ai fasti di un tempo regala emozioni uniche.

Una delle cose meglio riuscite del gioco è proprio l’enorme senso di progressione che riesce a regalare: le prime gare sono quasi frustranti, si fa spesso fatica a tenere la macchina dritta, il sovrasterzo (ancor più accentuato quest’anno) tende ad avere sempre la meglio, ma man mano che si va avanti e si sperimentano le diverse modalità, si finiscono un po’ di sfide e si comincia a guadagnare qualche livello in carriera, si avverte un netto miglioramento delle nostre capacità di pilota (sempre e solo nell’ambito videoludico): staccate e sorpassi che prima sembravano cose da pazzi, azzardi solo per folli, diventano l’ordine del giorno, ci si scopre più aggressivi al volante, aumenta la voglia di mettersi alla prova e poco alla volta si cominciano a ridurre gli aiuti alla guida e ad aumentare la difficoltà degli avversari.

C’È ANCHE RACENET Racenet è il sito di metagaming con le statistiche totali-globali di tutti i titoli di corse Codemasters, introdotto con DiRT Showdown. Collegando il gioco al proprio account si potranno seguire i propri progressi in carriera, osservare i risultati complessivi conseguiti dai giocatori di tutto il mondo e prendere parte agli eventi Racenet, sfide online che vedono protagonisti i piloti di ogni parte del globo.

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I pitstop possono essere automatici o gestiti dal giocatore, ma in ogni caso spettacolari.

OCCHIO A COME GUIDI! Il modello di guida, rispetto al gioco dello scorso anno, presenta alcune importanti novità, a cominciare dalla gestione degli pneumatici, veri protagonisti in pista come nel campionato vero, insieme alle condizioni meteo dinamiche, che possono stravolgere una gara nel giro di pochi istanti: correre sul bagnato con le gomme intermedie, come imposto dalla sfida contro Hamilton, o trovarsi dall’altra parte del tracciato dove diluvia e non si vede niente, accorgersi che la macchina perde aderenza con l’aumentare della pioggia, o “sentire” la pista asciugarsi quando arriva il sole sono sensazioni nuove, in un videogioco di Formula 1, ed è bello poterle finalmente provare. F1 2012 non è un simulatore puro, sia chiaro, tant’è che il modello di guida è concepito per essere gustato al meglio con il joypad, derubri-


F1 2012 Per chi non vuol perdere troppo tempo dietro ad alettoni e sospensioni, sono previsti diversi setup rapidi della monoposto.

cando la tastiera a periferica buona giusto per le sfide in split screen, perché non permette il dosaggio di freno e acceleratore disponibile invece con i trigger analogici di un controller. Sublime il controllo con un volante degno di questo nome, tarato a dovere, che trasmette in maniera pressoché perfetta il movimento della vettura sulla pista. Le sospensioni rispondono in maniera più aggressiva, specialmente sui cordoli, il sovrasterzo è all’ordine del giorno in qualunque condizione, e i nuovi arrivati dovranno mettere in conto un’esperienza più difficile del normale, anche con gli aiuti attivati. Durante la corsa è possibile intervenire su alcuni parametri della vettura tramite il pad direzionale, in particolare la gestione del carburante e la ripartizione della frenata, o richiedere ai box uno specifico set di gomme da montare alla sosta successiva. I regolamenti di gara vengono applicati in maniera finanche eccessivamente severa, punendo

Montecarlo è un tracciato sempre facile agli incidenti, specialmente se uno guida come un pazzo!

ogni collisione, anche e soprattutto quelle involontarie, e le escursioni fuori pista. Assai migliorata l’intelligenza artificiale degli avversari, molto più aggressivi e “credibili” nel cercare di mantenere le proprie posizioni, o nel cercare di recuperare quelle perdute, così come i doppiati che finalmente si scansano dalla traiettoria ideale per far passare le monoposto a pieni giri.

Usando lo stick analogico si possono impartire istruzioni ai box in vista della prossima sosta.

I regolamenti di gara vengono applicati in maniera finanche eccessivamente severa ANCHE L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE

WE ARE THE CHAMPIONS La nuova modalità Campioni è composta da sei scenari differenti (più una gara finale) che possono essere affrontati a tre livelli di difficoltà diversi, in cui dovremo vedercela con i più quotati piloti del campionato: Raikkonen, Hamilton, Button, Vettel, Alonso e Schumacher. Le sfide cominciano a pochi giri dalla fine della corsa, con condizioni particolari: tenere dietro il campione con gomme da asciutto mentre ha appena cominciato a piovere, superare il rivale che sta sei macchine davanti a noi, e via di questo passo. Una gran bella modalità, non possiamo nasconderlo, che però si esaurisce piuttosto rapidamente, e che lascia solo una grande acquolina in bocca, pensando soprattutto alle sue potenzialità. La licenza F1 è tra le più complicate del mondo, ma che bello sarebbe poter rivivere alcune delle più avvincenti sfide del passato? Senza tornare ai tempi di Fangio, ci accontenteremmo volentieri di Senna contro Prost, o di Schumacher contro Villeneuve!

Per quel che riguarda la grafica, le novità di quest’anno non sono tantissime, salvo che il motore è solo DirectX10 e 11, con buona pace di chi usa ancora Windows XP, e per la gioia di tutti gli altri che si godono monoposto ricreate in maniera praticamente perfetta, tessellature degli pneumatici, effetti di bagnato davvero impressionanti e un aspetto generale di ottimo livello, pur con qualche sbavatura data da alcune texture in bassa risoluzione. Degna di menzione la nuova interfaccia: spariscono paddock e giornalisti, ma i menu sono facili da navigare, assai comprensibili e davvero stilosi, probabilmente i migliori che si siano mai visti in un gioco di corse.

Commento F1 2012 offre parecchie novità, alcune più riuscite di altre, come le Sfide contro i Campioni e la Sfida Stagione; nonostante la voglia di ampliare il proprio pubblico, la difficoltà complessiva del gioco è piacevolmente superiore rispetto al passato, il controllo della vettura più impegnativo, ma il grande senso di progressione e l’impegno richiesto per andare avanti regalano soddisfazioni, assicurando decine e decine di ore inchiodati al volante. Se amate i giochi di corse e la Formula 1, F1 2012 è un gioco da non lasciarvi assolutamente scappare.

Ottimo senso di progressione Modello di guida impegnativo Nuove modalità di gioco Multiplayer da sistemare

VOTO[86] Novembre 2012

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Review A cura di: Mario Baccigalupi (secondvariety@sprea.it)

CPU: Dual Core 2 GHz RAM: 2 GB Scheda Video: nVidia GeForce 8800 GT/ATI Radeon HD 3850 Spazio su HD : 2 GB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: Double Fine Productions PUBLISHER: Microsoft Games Studios MULTIPLAYER: Internet LOCALIZZAZIONE: Assente PREZZO INDICATIVO: € 13,99

www.ironbrigadegame.com

In Trincea!

IRON BRIGADE Qualcuno deve aver spiegato a Tim Schafer il concetto di “trincea mobile”. E lui l’ha applicato alla lettera.

Q

uello messo in piedi da Double Fine è proprio un “giochino di lusso”, leggerissimo nelle meccaniche ma costruito con grande cura dalle mani sapienti di Tim Schafer e della sua software house, sul versante del gameplay come sul fronte della presentazione. In comune con altre opere dello sviluppatore, Iron Brigade ha la capacità di fondere caratteristiche giocabili e scenari senza limiti di fantasia, confrontandosi con il territorio (battutissimo, in questi ultimi tempi) al confine tra Tower Defense e pura azione. In questo senso, il titolo è quasi un esercizio di stile per dimostrare la possibilità di

Speciali unità nemiche coprono il campo con una spessa cortina fumogena. A noi il compito di scovarle.

realizzare, con pochi tocchi di classe, un prestante mix di sparatutto e strategia, privo di pausa tattica e totalmente votato a una ragionata frenesia (facendo le scarpe, quindi, a concorrenti come Monday Night Combat, più che ai lodevoli Sanctum, Dungeon Defenders e Orcs Must Die!). Abbiamo un’ambientazione cartoonesca e sopra le righe, con il confronto fra due scienziati e le loro macchine da guerra, in una sorta di Seconda Guerra Mondiale alternativa, e abbiamo il nostro mech corazzato, “trincea ambulante” anche nell’aspetto, che deve combattere direttamente e disporre sul terreno postazioni di supporto. Come dicevamo, non c’è alcuno stacco né rallentamento: semplicemente, durante la furiosa battaglia possiamo piazzare (in qualsiasi punto, magari sul percorso del nemico) o potenziare una serie di torrette con diversi scopi, dall’attacco diretto alle funzioni più strategiche, così da proteggere una o più aree d’interesse. Soprattutto, però, per uscire vincitori c’è tantissimo da fare in fase “preliminare”, sulla nave su cui torniamo tra una missione e l’altra, con la

Non mancano boss grandi e grossi, con corazze multiple e alleati al seguito.

scelta fra gli oggetti di looting guadagnati in battaglia. Innanzitutto, le due parti che compongono i robottoni sono dotate di caratteristiche variabili, tra “chassis” e gambe, fondamentali per adattarsi ai nemici e assecondare il proprio stile di gioco. In particolare, la porzione superiore è distinta nelle categorie “standard”, “assalto” e “tecnico”, secondo il numero di armi utilizzabili e, cosa ancor più importante, della quantità e tipologia di torrette da piazzare. Ciò significa che si può scendere sul campo armati fino ai denti (i gingilli più grandi, davvero devastanti, occuperanno fino a tre scomparti), magari supportati da piccole

Scegliere i pezzi della “Trincea” determina l’approccio tattico alla partita, senza pietà per i più pasticcioni

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Iron Brigade Una volta arrivati su Marte, la sostanza non cambia: Vlad deve morire!

Dal punto di vista estetico, Iron Brigade fa tutto ciò che deve per risultare spettacolare.

Se abbiamo raggiunto il giusto livello, nelle missioni marziane possiamo usare laser di varia potenza e gittata. mitragliatrici e postazioni di riparazione, oppure affidarsi in gran parte al lavoro delle torrette, diversificato e appagante come quello delle armi più comuni. Ci sono macchine per raccogliere automaticamente i “rottami” necessari agli upgrade, accanto a semplici posamine e ad altri strampalati aggeggi, in grado di generare un muro di fuoco in aria, oppure di spalleggiare il giocatore nella raccolta di fondi per le migliorie. A fronte di un “mignon” così fresco e divertente, concepito esclusivamente per il digital delivery, a questo punto è lecito domandarsi il perché di un voto abbastanza trattenuto. La ragione, in effetti, è circoscritta alla versione PC, sulla quale mi sono dannato alla ricerca di giocatori per il co-op, senza successo, ben cosciente di perdere una fetta consistente del divertimento, visto lo storymode non lunghissimo da completare. Non ho ben capito quanto la cosa sia legata a problemi di connettività, comunque riscontrati da altri giocatori e conditi da disconnessioni casuali dal servizio GfWL, oppure allo scarso successo dell’edizione PC di Iron Brigade. Quello

Non c’è alcuno stacco né rallentamento, nella gestione di torrette e risorse strategiche

che conta è il risultato, però, che vede tre giorni di tentativi e zero partite in cooperativa, con l’amara consapevolezza che la ricerca del punteggio, magari in quattro amici nel survival mode (classica modalità a ondate, attiva su due mappe), è una delle poche cose in grado di

SATIRICAL BROADCAST L’ambientazione di Iron Brigade è fuori di testa ma ben dettagliata, in termini di eventi e motivazioni: nell’incipit viene spiegato il sopraggiungere di strane onde chiamate “La Trasmissione”, poco dopo la fine della prima guerra mondiale, che provocano una strage in giro per il mondo ma risparmiano due reduci, dotandoli di speciali capacità intellettive. Il dottor Woodroof, che poi è il nostro mentore, sviluppa protesi iper-tecnologiche per permettere a mutilati e disabili di camminare, mentre l’ex amico Vladimir decide di conquistare il mondo, letteralmente, servendosi di macchinari da guerra chiamati “Tubi”. A questo punto, il buono della situazione non può esimersi dal reagire, modificando in senso bellico le proprie tecnologie per fermare i folli piani di Vlad. Qui entriamo in campo noi, naturalmente, presi a bordo della nave di Woodroof (tra le onde dell’oceano, oppure nello spazio) per guidare le “Trincee Mobili” alla vittoria. Gambe e armi sono le componenti fondamentali della Trincea Mobile.

allungare la longevità del titolo. Tuttavia, soprattutto se non si ha modo di fruire del gioco su un’altra piattaforma, un punto a favore di questa edizione è sicuramente rappresentato dalla presenza del DLC “Rise of the Martian Bear”, che amplia con una manciata di missioni, contestualizzate in un fumettoso Pianeta Rosso, la gamma degli scenari di base (teatri simbolo della Seconda Guerra Mondiale, opportunamente stilizzati, tra Europa, oceano Pacifico e Africa). Ciò detto, Iron Brigade resta comunque divertentissimo e relativamente impegnativo, per quel che dura.

Commento Se giocato da un gruppo di quattro amici, Iron Brigade è perfettamente in grado di mostrare le sue migliori qualità, anche su PC, così da coronare una sfida single player breve ma piacevole. Purtroppo, però, la scarsa presenza di giocatori online e i problemi di connettività rendono molto difficile la ricerca di utenti fuori dalla propria lista GfWL, sminuendo di parecchio l’appetibilità complessiva dell’offerta. Iron Brigade, tuttavia, resta pur sempre uno dei migliori esempi di ibridazione tra action e Tower Defense, con un’interpretazione particolarmente frenetica (ma non caotica) del concetto.

Dinamiche veloci e ben congegnate Stili di gioco diversi e complementari Scanzonato con stile Il co-op, su PC, è una chimera

VOTO[76] Novembre 2012

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Review A cura di: Claudio “keiser” Todeschini (keiser@sprea.it)

CPU: Dual Core 1.8 GHz RAM: 2 GB Scheda Video: ATI HD 2600/NVidia 7900 Spazio su HD: 500 MB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: Kukouri PUBLISHER: Iceberg Interactive MULTIPLAYER: Assente LOCALIZZAZIONE: Sottotitoli PREZZO INDICATIVO: € 7,99

iceberg-interactive.com

i! grandi esplosion

TINY TROOPERS Perché la guerra deve essere sempre brutta, sporca e cattiva? A cosa servono i videogiochi, allora?

S

e una cosa Cannon Fodder ci ha insegnato (e ne parliamo nel TGM Classic di questo mese), è che la guerra può anche essere un affare divertente. A patto di rimanere nell’ambito ludico, si capisce. Senza perdersi dietro a chissà quale trama, Tiny Troopers riprende lo schema del capolavoro di Sensible Software, rifilando al giocatore una trentina di missioni in cui entrare in territorio nemico e portare a termine l’obiettivo assegnato dal quartier generale: scortare lentissimi giornalisti

Durante i combattimenti i soldati ripetono sempre, sempre, sempre le stesse solite tre frasi con la vocina in farsetto. Wow.

“embedded”, distruggere antenne radio o postazioni missilistiche, oppure limitarsi a un semplice “stermina tutti i nemici”, senza tanti fronzoli di contorno. All’inizio di ogni livello avremo a disposizione un numero prefissato di marmittoni, a cui affiancare eventualmente uno specialista in grado di fornire supporto sotto forma di maggior potenza di fuoco, missili, granate e curativi. Il gruppo di soldati si muove sempre compatto, uno di fila all’altro, evitando la gestione delle singole unità degli strategici in tempo reale: questa scelta rende più semplice spostarsi e concentrare il fuoco sugli avversari, ma impedisce l’uso di qualsiasi tattica che non sia il tentare di schivare i colpi nemici, e rende i propri uomini particolarmente vulnerabili alle imboscate.

À LA GUERRE COMME À LA GUERRE Prima di imbarcarsi in una missione occorre equipaggiarsi di tutto punto, comprando perk che migliorano capacità

offensive e difensive, o arruolando le forze speciali di cui sopra, tenendo però sempre presente che entrambi durano solo per il livello che si sta per affrontare. Le mappe contengono diversi oggetti da raccogliere: piastrine che permettono di raggranellare denaro, armi e curativi extra, mappe con la dislocazione delle truppe avversarie e medaglie con cui sbloccare miglioramenti permanenti per i propri uomini. Le prime missioni servono sostanzialmente a familiarizzare con il gioco, ed è solo da un terzo della campagna in poi che le cose si fanno davvero impegnative, con nemici più tosti, ma soprattutto più numerosi. Ed è anche a

Il gruppo di soldati si muove sempre compatto, impedendo l’uso di qualsiasi tattica

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Tiny Troopers Nessuna musica durante le missioni, solo il frinire dei grilli intervallato dagli spari. Ri-wow.

Il loadout prima della battaglia va preparato manualmente ogni volta. Tri-wow!

Non si può usare il gamepad in un titolo che grida a gran voce di essere giocato come uno stick shooter

Ogni missione può essere affrontata a uno dei tre livelli di difficoltà presenti, cui corrispondono ricompense diverse. questo punto che Tiny Troopers comincia a mostrare il suo limite principale, quello della ripetitività delle situazioni di gioco e del gameplay: uccidi, raccogli, uccidi e raccogli. Incentivi particolari ad andare avanti non ce ne sono, salvo mettere le mani sulle medaglie per avere più potenziamenti permanenti, che non è poi moltissimo. E una volta conclusa la campagna non rimane davvero più altro da fare.

UNA MORTE È PER SEMPRE Alcune scelte di design sono abbastanza ardite, e aggiungono un po’ di pepe al gioco: una su tutte, il fatto che i soldati morti in combattimento vengano rimpiazzati con semplice reclute (più o meno avanzate di grado a seconda del grado di addestramento sbloccato), perdendo così l’esperienza accumulata fino a quel momento. Un forte incentivo a giocare in maniera meno spac-

cona di quanto si sarebbe portati fare. Più discutibile il fatto che, in caso di fallimento di una missione, si perdano tutti i perk acquistati in precedenza, così come il denaro speso per equipaggiarli: questo significa

PICCOLE GUERRE PORTATILI Tiny Troopers nasce inizialmente come prodotto per dispositivi iOS (iPhone, iPad e compagnia cantante), e su questi risulta molto più godibile, vuoi perché la fruizione videoludica è profondamente diversa, vuoi per il sistema di controllo pensato per gli schermi touch, vuoi perché costa 79 centesimi invece di 7,99 euro. In più, l’ultimo aggiornamento ha inserito una spassosa modalità “orda” in cui affrontare ondate infinite di zombi assetati di sangue. Gli utenti PC, per massacrare i non-morti, dovranno invece aspettare il prossimo 24 ottobre.

che un banale errore di valutazione dovuto alla non conoscenza del dispiegamento delle forze sul campo (o un missile sparato male, che non distrugge un tank nemico al primo colpo) può costringere a dover riaffrontare un livello con soldati alle prime armi e con pochissimo denaro per ricomprare gli stessi perk. Tiny Troopers paga inoltre lo scotto di una conversione da dispositivi iOS fatta male e di fretta: lo si evince chiaramente dalla grafica decisamente cheap, per quanto fumettosa, dalla traduzione poco curata (alcune voci di menu sono rimaste in inglese), dal fatto che il tasto Esc non funziona, che per uscire dai menu occorre ogni volta cliccare l’apposito tasto, e dall’impossibilità di personalizzare i comandi o di utilizzare il gamepad, in un titolo che grida a gran voce di essere giocato come uno stick shooter.

Commento Pur non mancando di regalare qualche (breve) momento piacevole con la sua guerra fumettosa e poco impegnativa, Tiny Troopers è troppo ripetitivo per divertire fino alla fine; il gameplay è piuttosto piatto, nonostante i perk e gli specialisti, alcune scelte di design si rivelano decisamente frustranti, e la conversione da iOS è fatta maluccio. Piccoli soldati che combattono una piccola guerra in un gioco piccolo piccolo, di quelli di cui si può serenamente fare a meno.

Gameplay semplice e immediato Meccaniche di gioco ripetitive Gestione discutibile degli upgrade Conversione approssimativa Uccidere i civili, così come gli animali, fa perdere punti. Occhio a dove sparate!

VOTO[52]

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Review A cura di: Claudio “keiser” Todeschini (keiser@sprea.it)

CPU: Dual Core 2 GHz RAM: 3 GB Scheda Video: una qualsiasi con 1 GB RAM Spazio su HD: 800 MB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: Telltale Games PUBLISHER: Telltale Games MULTIPLAYER: Assente LOCALIZZAZIONE: Assente PREZZO INDICATIVO: € 24,99

thewalkingdeadgame.com

tgm Bronze

AWARD

THE

WALKING DEAD

EPISODIO 3: LONG ROAD AHEAD

Continua la saga horror di Telltale Games con la classica puntata di metà stagione, da giocare tutta d’un fiato.

D

opo aver fatto i conti con i morsi della fame (ahah) e aver affrontato la fattoria degli orrori nella puntata precedente, i sopravvissuti dell’avventura di The Walking Dead sono costretti ad abbandonare il motel in cui avevano temporaneamente trovato riparo: senza rovinare la trama a nessuno, vi basti sapere che la fuga non è stata provocata dagli zombi, ma da qualcuno che nel gruppo stava cercando di giocare sporco. A ricordarci, ancora una volta, che i peggiori mostri non sono i morti che camminano... La rocambolesca corsa con il camper si conclude dinnanzi a un passaggio a livello, dove staziona un treno merci apparentemente guasto, che i nostri eroi dovranno a tutti i costi far ripartire prima di essere raggiunti e travolti da un’orda di morti viventi.

Come le altre puntate, anche questa non vi ruberà più di tre/quattro ore: prendetevi una serata e giocatela tutta dall’inizio alla fine.

ZOMBI E LE STORIE TESE Come nelle altre puntate, il gioco di Telltale continua a rimanere più un lungo film interattivo che un’avventura vera e propria: non mancano enigmi e puzzle, ma l’intera esperienza si basa soprattutto sull’ottimo lavoro svolto dagli sceneggiatori sulla trama e sulle relazioni tra i personaggi, sempre più sfaccettati e complessi. La situazione nel gruppo è più tesa di come l’avevamo lasciata un mese fa, con alcuni sopravvissuti ormai ai ferri corti. Giunge finalmente anche per Lee il momento di raccontare il proprio passato; o meglio, di decidere se rivelarlo anche agli altri compagni di viaggio, scegliendo quali rendere partecipi del suo segreto: ognuno di loro reagirà in maniera diversa, e questo influenzerà il suo rapporto con lui. Per quanto intrinsecamente poco “ludica”, la peculiare struttura del gioco continua a funzionare, così come la sua capacità di coinvolgere e di trascinare all’interno di un mondo andato a rotoli, dove la vita di una persona è decisa da un morso di troppo o dalle reazioni a caldo di chi gli sta attorno. Ci sono, fin dall’inizio, scelte da compiere che rappresentano per alcuni la differenza tra la vita e la morte: queste decisioni, più che nella prima puntata, più che nella

seconda, si basano sugli eventi appena accaduti, sui legami stretti con gli altri sopravvissuti, ma più di tutto si giocano sull’emozione del momento, sono spinte dai nostri sentimenti, dalla rabbia, dalla compassione, non dal freddo calcolo di un giocatore che cerca di ottenere il miglior punteggio. The Walking Dead coinvolge, rapisce, costringe a mettersi in gioco prima di tutto con se stessi e le proprie paure, e pazienza se i modelli treddì dei personaggi sono poco definiti o se le animazioni sono legnose e poco curate.

INDIETRO NON SI TORNA Lodevole, anche se non particolarmente brillante, il tentativo di introdurre alcuni elementi di gameplay che vanno oltre i semplici Quick Time Event, comunque presenti, come le sparatorie o la (quasi) parossistica sequenza iniziale, in cui sembra di fare a gara a chi preme

Non si può tornare indietro: rimane solo il pensiero della lunga strada che ci si spiana davanti

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The Walking Dead Gente che va, gente che viene: in Long Road Ahead incontreremo nuovi e bizzarri sopravvissuti.

Volente o nolente, la piccola Clementine è costretta a crescere e a fare i conti con un mondo in cui non c’è spazio per l’innocenza dei bambini.

I peggiori mostri non sono i morti che camminano

Una situazione piuttosto spinosa, non trovate? Ne usciremo, ma a caro prezzo... più rapidamente i pulsanti del pad, ma che non rivoluzionano più di tanto una struttura fatta soprattutto di esplorazione, dialoghi e scelte. Alcune decisioni finiranno per scatenare una serie di eventi del tutto inaspettata, che a posteriori vorremmo aver evitato, e per più di qualche istante vi troverete come me a fissare lo schermo del monitor, con il gioco in pausa, pensando “... e se avessi risposto diversamente? Lui (o lei) sarebbe ancora vivo(a)? Cosa sarebbe successo?”. Verrebbe voglia di tornare indietro, rifare tutto, cambiare decisione, e volendo lo si può anche fare, perché in fondo è un videogioco, ma la vita non è forse diversa? E così si decide di non ricaricare la partita, di non ripetere la

I MORTI VIVENTI DI ACTIVISION In queste settimane inizia l’attesissima terza stagione televisiva della serie The Walking Dead; nel frattempo, alla Gamescom di Colonia abbiamo assistito a una scarna presentazione a porte chiuse dello shooter di Terminal Reality e Activision basato sulla serie di AMC, che vede protagonisti i due fratelli Dixon. Ambientato subito dopo lo scoppio dell’epidemia che ha sconvolto il mondo, il gioco punterà l’accento sulla sopravvivenza e sulla continua pressione a cui sono sottoposti i sopravvissuti, perennemente minacciati dai morti viventi. Non abbiamo ancora visto nulla del gioco vero e proprio, se non qualche immagine “work in progress”, ma le premesse sono comunque buone.

medesima sequenza solo per cambiarla in “meglio”, perché ci si trova talmente coinvolti che, anche se certamente abbiamo sbagliato a reagire in quel modo, in fondo è giusto così. Occorre accettare di dover vivere con le conseguenze delle proprie scelte, piacciano o non piacciano. Non si può tornare indietro, e quel che rimane è solo il pensiero di ciò che ci aspetta dopo, alla lunga strada che ci si spiana davanti. Il titolo di questo episodio è senza dubbio il più azzeccato.

Commento La terza puntata di The Walking Dead non modifica la struttura da graphic novel interattiva che ha caratterizzato fino a questo momento la produzione (tecnicamente poco brillante) di Telltale Games, nonostante alcune piccole novità nel gameplay, prediligendo la storia e le relazioni tra i diversi personaggi a un’avventura punta e clicca davvero facile e mai problematica. Più che negli episodi passati, Long Road Ahead punta sulla capacità di coinvolgere e di spiazzare con le decisioni che costringe a prendere lungo il cammino. Da giocare.

Narrazione di ottimo livello Personaggi di grande spessore Tecnicamente mediocre Gameplay ridotto all’osso

Ancora una volta, le decisioni prese nei capitoli precedenti vengono “ricordate” (e fatte pesare) dagli altri personaggi.

VOTO[83] Novembre 2012

The Games Machine

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Review A cura di: Mirko “TMB” Marangon (tmb@sprea.it)

CPU: Dual Core 2.2 GHz RAM: 4 GB Scheda Video: NVIDIA GeForce GT 545/ATI Radeon HD 4850 Spazio su HD: 2 GB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: Ubisoft Shangai PUBLISHER: Ubisoft MULTIPLAYER: Assente LOCALIZZAZIONE: Sottotitoli PREZZO INDICATIVO: € 14,99

iamalive-game.ubi.com

I Am Alive

Polveroso

Il gioco che non sarebbe mai dovuto uscire su PC è arrivato. Segno dei tempi o mossa commerciale? diversi mesi dall’uscita su console, I Am Alive giunge anche sulla nostra piattaforma. Tralasciando il discorso “tempismo”, vediamo di capire se vale almeno quei 15 euro scarsi che ci vengono chiesti sull’UbiShop. Come è facile intuire, si tratta di una produzione ben lontana dagli annunci del 2008, quando in quel di Los Angeles venne presentata come nuova, rivoluzionaria IP dal raggiante futuro. Affidata ai parigini Darkworks (tristemente caduti in rovina), è finita sottocoperta per quasi tre anni, salvo poi venire affidata alla sede cinese di Ubisoft. Ne è uscito un titolo da digital download, a basso costo, ma con alcune trovate interessanti.

Con zero colpi in canna e una sola freccia, occorre davvero tanto sangue freddo. E anche un sacco di fortuna.

APOCALYPSE PLEASE

mostruoso e devastante terremoto che ha praticamente messo in ginocchio buona parte degli Stati Uniti. Al momento dell’Evento, così definito per la sua terrificante unicità, il nostro protagonista si trovava distante da casa e ci ha messo quell’annetto buono per tornare alla sua città natale, nella speranza di riabbracciare la propria famiglia. Arrivati alle porte di Haventon, metropoli inventata di sana pianta, dovremo così affrontare innumerevoli pericoli, districandoci fra strutture pericolanti, una coltre di

A

In I Am Alive interpreteremo il ruolo di Henry, uno dei pochi sopravvissuti al

Fin dai primi minuti di gioco veniamo messi di fronte alle devastanti conseguenze del terremoto.

70

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polvere tossica e criminali della peggior specie, pronti a ucciderci senza il benché minimo scrupolo. Del resto, come insegna Ken il Guerriero, dopo ogni apocalisse che si rispetti scatta immediatamente la legge del più forte e qualsiasi barlume di civiltà viene spazzato via. Questo aspetto è particolarmente enfatizzato da un gameplay votato al concetto di survival, poiché a differenza di altri titoli, non ce ne andremo in giro armati fino ai denti con dozzine di caricatori, ma toccherà difendersi con una misera pistola

Come è facile intuire, si tratta di una produzione ben lontana dall’idea originale, del 2008


I Am Alive Forzare catene e aprire saracinesche richiederà la pressione convulsa dei poveri tasti del mouse.

Se soffrite di vertigini, I Am Alive non è il gioco che fa per voi...

La storia viene raccontata attraverso video ripresi con la videocamera del protagonista.

Il gameplay è votato al concetto di survival totale

IL PARERE DEL Cinese

e giusto un paio di proiettili per volta. Ciò significa che ogni aggressione dovrà essere affrontata con astuzia, ben sapendo che un uomo armato è sì una minaccia, ma rischia di essere sopraffatto facilmente se si ritrova circondato e senza munizioni. L’idea di base è quella di mettere il giocatore nelle condizioni di essere sempre sul chi va là, cercando di limitare gli scontri al minimo e di agire sfruttando al meglio le proprie possibilità. Purtroppo, però, ci si rende conto molto in fretta che c’è ben poca libertà di scelta: bisogna prima sparare a quelli armati di revolver, poi minacciare quelli più spocchiosi (spingendoli nel vuoto o sul fuoco) e infine attendere che gli altri si arrendano spontaneamente.

L’esplorazione e la possibilità di aiutare i sopravvissuti aggiungono un po’ di profondità al gameplay, che comunque non sembra mai riuscire a distaccarsi dai soliti cliché. Lo si nota specialmente nelle fasi in cui occorre muoversi verticalmente, dove la legnosità del protagonista è a tratti finanche irritante. L’aspetto più interessante rimane senza dubbio la trama, che però non riesce a decollare, nonostante i buoni propositi. Di base, infatti, il gioco si porta a termine in sei ore scarse e rimane per lo più un’opera evidentemente inconclusa. Possiamo dire, quindi, senza inutili giri di parole, che le idee ci sono, ma la realizzazione finale lascia con l’amaro in bocca.

Se davvero il pianeta venisse coperto da una coltre di polvere, tra i resti di una civiltà appena decaduta ci sarebbero migliaia di oggetti che potrebbero tornare utili e persino quel minimalista di McCarthy ha sognato una strada battuta da un carrello della spesa semipieno. Vero è che se i designer riempissero i giochi ambientati dopo un olocausto di tutte le cianfrusaglie stipate davvero nei nostri appartamenti, il videogiocatore finirebbe per archiviare il titolo esclamando: “Ci mancava solo Waldo!”. I Am Alive propende per una caccia alle risorse talmente essenzialista da non essere nemmeno definibile esplorativa. Lo snellimento è marcato: pochissime cose, difficilmente raggiungibili ma indispensabili per sopravvivere. Poco importa che la cosa sia poco credibile: ne guadagna il gameplay. Ogni chiodo, proiettile o alimento è imprescindibile, non si può sbagliare, mai… e mi è piaciuto, tantissimo. Roberto “il Cinese” Turrini

Commento I Am Alive è proprio il classico “vorrei ma non posso”. Pretende di essere un survivial realistico e impietoso, ma non per questo rinuncia a una I.A. prevedibilissima e a tonnellate di muri invisibili che bloccano gli accessi in maniera assai discutibile. Il tutto immerso in una grafica che sposa perfettamente il mood editoriale recente: 50 sfumature di grigio. Per fortuna, la conversione tiene botta e, anzi, si avvantaggia di antialias e anisotropico, pur con qualche problema di stuttering con il V-Sync attivato. Più che un gioco, sembra un esperimento. Riuscito, però, solo a metà.

Qualche spunto interessante L’idea del survival totale è apprezzabile Schematico e fin troppo prevedibile La palette cromatica, dopo un po’, stanca Purtroppo l’animazione dei combattimenti col macete è sempre la stessa, per tutto il gioco.

VOTO[67]

Novembre 2012

The Games Machine

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Review A cura di: Claudio “keiser” Todeschini (keiser@sprea.it)

CPU: Dual Core 2 GHz RAM: 1 GB Scheda Video: con supporto Pixel Shader 2.0 e Vertex Shader 2.0 Spazio su HD: 250 MB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: The Behemoth PUBLISHER: The Behemoth MULTIPLAYER: LAN, Internet LOCALIZZAZIONE: Sottotitoli PREZZO INDICATIVO: € 11,99

thebehemoth.com

tgm Bronze

AWARD

Alla pugna!

CASTLE CRASHERS Affé di bacco! Orsù miei prodi, giunta è l’ora di cingere l’usbergo e brandir lo ferro!

U

dite, udite, dame e messeri! Codesta che il vostro umile menestrello apprestasi a cantare su pregiate pergamene è romanza che si perde nei meandri del tempo, sussurrata da foglie alla autunnale brezza, la qual dolcemente accarezza i visi rosati dei giovani virgulti. Codesta è la storia di quattro valenti cavalieri, che la plebe conobbe col nome di Distruttori di Castelli, i quali ebbero a combattere per lo re e per lo trono suo (ivi compreso lo cristallo che vi stava inciso sopra), usurpato da un malvagio signore del Male. Li eroi di questa canzone trastullavansi nella regale taverna del castello, quando furon chiamati dal loro sire a combatter siffatto criminale. Ma la strada che attendevali era più impervia di quel che loro stessi aspettavano, e che superava le più turpi fantasie del tempo. Non ingannerrovvi: nel loro peregrinare essi incontrarono creature nefande, mostri

I più valorosi cimenterannosi con la modalità Insana, li cui avversari presentansi ben dieci volte più forti de lo normale!

orrendi, partoriti dalla fantasia distorta del signore del Male. E se ebbero dura sorte nel combatterli, di certo la loro mente mai seppe cos’era la noia. I loro racconti, che io modestamente riportovi, narran di campi di grano in preda alla follia, draghi a guisa di burattini, oggetti volanti che non poterono identificare ed enormi felini galleggianti nelle chiare acque di una sorgente!

I CAVALIERI CHE FECERO L’IMPRESA Li Distruttori non nacquero eroi, divennero tali durante la loro campagna: partirono

Ad abbattere codesti nemici è richiesto di ripeter la strada che a loro conduce, sì da accumulare maggior esperienza.

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Novembre 2012

armati solo di modesta mazza ferrata, ma l’esperienza li rese più vigorosi e lesti. A ogni nemico abbattuto, a ogni scontro da cui usciron vincitori impratichironsi e aumentarono lo proprio livello, assurgendo a veri fustigatori di anime. Seppero aumentare financo i loro poteri magici, ciascuno da par suo (parleronne a parte). Magia! Qual tremenda parola! Gli indomiti appresero l’arte del suo controllo, e incanalaronla verso il bene contro le forze del Male. Li corpi de li nemici ammazzati dilapidavano preziose monete d’oro, nobile metallo che tutto puote, e che loro usarono saggiamente per

Codesta è la storia di quattro valenti cavalieri, che la plebe conobbe col nome di Distruttori di Castelli


Castle Crashers

Anche li cavalieri debbonsi nutrire! E puote farsene cimento anche in codesto frangente!

Nella Arena le pugne non hanno mai fine, e la tenzone premia chi vive più lungamente.

Poffarbacco! Codesto felino minacciommi! Abbatterollo immantinente! ché non vi è modo di usare per due di essi e la tastiera e lo pad insieme. Follia! A color che braman di ripeter le impavide gesta diremo che li cavalieri han gusto a che si usi lo strumento a foggia di pad; sappiate tuttavia che potensi controllar anche con la comune tastiera, usando li tasti decisi da altri o scegliendo li propri; ahimé non vi è modo di comandare alcunché con il mouse, e questo è mistero a cui risposta non sappiamo ardire.

Siffatta ordalia puote essere resa meno ardua a chi troverà amici di ventura con cui affrontare lo periglio render meno dura la battaglia, recandosi da lo mastro d’armi alla ricerca di nuove durlindane, frecce e arco, e pozioni miracolose che ritornano l’energia al corpo nel battito di un ciglio. Tutto ciò misero nelle loro bisacce, e con sé recarono. Li valorosi eroi furono affiancati da alcuni piccoli animali assisi al lor fianco, fedeli, aiutandoli da par loro e ciascuno secondo le proprie affinità. Uomini che narrano battaglie furibonde, fendenti a destra e manca, nemici che si affastellano l’un sull’altro, numerosi vieppiù; pugne che coloro affrontarono con spirito indomito, combinando mosse e gesta ardite, movendo spade e fendenti sempre più rapidi e letali, appresi con la salita de lo livello della esperienza accumulata. Lamentarono, sì, che alcuni di loro ebbero a patire sotto i colpi nemici: particulare accadde con alcuni capiguardie, i più grandi e nerboruti, che li sconfissero senza pietà... Per tornar al loro cospetto ebbero a ripetere tutto lo tratto che a essi conduce. Ah, qual ria sorte!

CHI BEN SI ACCOMPAGNA... Siffatta frustrante ordalia puote essere resa meno ardua a chi saprà trovare amici di ventura con cui affrontare lo periglio, ché l’unione fa la forza, la battaglia sa farsi più facile, e vi è posto per quattro Distruttori. Da modesto par mio, ascoltatemi, due o

tre è la ritta scelta: non vi è quasi modo di capire ciò che sul campo accade, quando troppi lo affollano! Non sperate di trovar avventurieri sulla rete, ché le stanze ludiche presentansi quasi sempre deserte. Imperciocché dicovi che l’unica via agevole è la organizzazione con compagni propri. Se la sfida avviene su lo medesimo calcolatore, però, fate vostri numerosi pad (come usano appellare codesto strumento dalle parti di Albione), tanti quanti li cavalieri,

Commento

QUATTRO ANIME PERDUTE Quali poteri e quali magie fremono nelle mani di codesti uomini! Lo Cavaliere Rosso possiede la magia de la folgore, che si abbatte su li nemici resi inermi al suo cospetto. Lo Cavaliere Verde getta nubi di fiele che lentamente erodono la salute de li mostri. Lo Cavaliere Arancione lambisce le orde avverse con fiamme da lo inferno stesso generate. Lo Cavaliere Azzurro ammanta di ghiaccio le creature rendendole immote. A chi dell’avventura vede lo termine, ogni Cavaliere dona un nuovo personaggio.

Lunga e perigliosa è la campagna dei quattro valenti cavalieri: letizia e baldoria saprà suscitare in coloro che vorranno cimentarvisi! Li pittogrammi arrecano godimento per la vista, e parimenti dicasi per l’ausculto delle opere de li musici. Quanta fantasia, quanta brama di stupire sparsa a piene mani ovunque! Non vi è impedimento veruno a che voi vi priviate di una dozzina di denari per addivenire voi stessi Distruttori di Castelli, ma recate con voi pazienza, possibilmente uno o due compagni d’armi, e guardate lontano da li piccoli nei che qua e là offuscano lo paesaggio.

Qual stupore in ogni mappa! Ardue son le tenzoni Mirabile a vedersi Lo trasporto su calcolatore non è raffinato

VOTO[81]

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Review A cura di: Carlo “Giorgio” Vassallo

CPU: Dual Core 2.4 GHz RAM: 2 GB Scheda Video: NVIDIA GeForce 7900 ATI Radeon 2600 Spazio su HD: 7 GB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: Konami PUBLISHER: Konami MULTIPLAYER: Internet, LAN LOCALIZZAZIONE: Completa PREZZO INDICATIVO: € 39,98

www.konami-pes2013.com/it/

Emergente

Pro Evolution

Soccer 2013 Attendevamo con impazienza la risposta di Konami e del suo PES 2013, dopo l’ottima prestazione di FIFA 13. Ce l’avrà fatta il team nipponico a ribaltare le sorti della partita?

D

opo i timidi segnali di risveglio della passata stagione, Konami non ha lesinato gli sforzi per questa versione 2013, proponendo una serie d’importanti novità sia sotto il profilo della pura giocabilità, sia nella ricchezza dei contenuti. Da appassionati del bel gioco, a intrigarci di più sono le innovazioni sul manto erboso: Full Control, ProActive AI e Player ID, tanto per

La musichetta della Champions League è uno dei punti di forza di PES 2013.

solleticare il palato. Non si tratta di tre sigle messe lì a caso dai programmatori giapponesi: sono, infatti, le fondamenta su cui è stato edificato PES 2013. Il Full Control permette un controllo totale del proprio calciatore sul rettangolo di gioco: tiri e passaggi vengono gestiti in manuale (alla FIFA, tanto per intenderci) e consentono una padronanza nei tocchi e nelle traiettorie mai sperimentata in

precedenza nella serie. Il Full Control non è facile da assimilare in tutte le sue molteplici sfaccettature e richiederà molta applicazione per riuscire a imprimere al pallone la potenza necessaria a infilare il portiere nel sette o a servire un assist con il contagiri al vostro bomber di fiducia. Il merito delle giocate più complesse è da attribuire anche alla rinnovata gestione della fisica della sfera di cuoio, decisamente più credibile. Certo, qualche problemino resta: è ancora viva la sensazione che la palla sia incollata al piede del calciatore, così come è difficile osservare quest’ultimo incespicare o sbagliare uno stop.

I Buffon della situazione si producono in veri e propri miracoli

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Pro Evolution Soccer 2013

I portieri si dimostrano più sicuri negli interventi, ma qualche svarione non manca. In PES 2013 sono disponibili sei livelli di difficoltà, un po’ per tutti i gusti.

I calciatori si muovono con maggiore fluidità e rispondono in modo più armonioso agli input

UN’INSOSPETTABILE LENTEZZA La gestione dei dribbling, nel complesso, è soddisfacente e permette di sbizzarrirsi in spettacolari giochetti di suola o nel concatenare una serie di finte e controfinte per lasciare sul posto il difensore. Per saltare l’uomo con continuità è necessaria una buona padronanza dei fondamentali: in PES 2013 la sezione è stata rinforzata con l’introduzione di un tutorial specifico che consente al giocatore di prendere confidenza con le meccaniche rinnovate. Ci riferiamo a dribbling, triangolazioni, tiri, cross, movimenti senza palla e altro ancora. Dopo un po’ di sano allenamento, è facile prodursi in partita in una serie di virtuosismi con la palla tra i piedi. Purtroppo, però, durante gli spostamenti laterali e i dribbling secchi si rileva un’insospettabile lentezza, indipendentemente dalle qualità

tecniche del fenomeno utilizzato. I calciatori si muovono sul campo con maggiore fluidità e rispondono in modo più armonioso agli input, anche se abbiamo notato qualche imperfezione di troppo nelle triangolazioni e nei cambi di direzione, afflitti anche quest’anno dal temibile “effetto binario” (pur se in forma leggera). Allo stesso modo, certi automatismi non sembrano proprio voler scomparire e la CPU, in più di un’occasione, influenza l’esito di alcune giocate spettacolari.

FOSFORO IN QUANTITÀ Per sfruttare adeguatamente la maggiore armonia e la fluidità degli atleti in campo, non poteva mancare una rinnovata Intelligenza Artificiale, che impressiona per la qualità del gioco proposto ma non fuga completamente i dubbi su certi difetti ormai cronici di PES. I ventidue calciatori

È stato implementato un buon numero di animazioni: peccato che, in alcuni momenti, si avverta una certa legnosità nei movimenti.

si muovono con cognizione di causa e, in certe situazioni, è piacevole stupirsi di fronte al “Team Bolt”, il Real di José Mourinho (ribattezzato così dall’autorevole quotidiano sportivo spagnolo Marca), capace di ribaltare un’azione da un’area all’altra in una manciata di secondi, come un fulmine che colpisce gli avversari e segna. E che dire del Barca post Guardiola, che continua a esibire con successo la

LICENZE E NON La Champions League e la Copa Libertadores fanno bella figura nella bacheca licenze di PES 2013, mentre per quanto concerne campionati e squadre ufficiali ci sono diverse mancanze (lo stesso vale anche per FIFA 13, sia chiaro). Se vi piace la Liga o la Ligue 1 siete a cavallo, se invece non potete vivere senza la Premier League, a parte il Manchester United, tutte le altre squadre non hanno loghi e maglie ufficiali (i calciatori, invece, ci sono). Le rose dei team vanno aggiornate tramite i DLC che verranno pubblicati con cadenza quasi mensile da Konami. Sul fronte delle modalità di gioco ci sono poche ma significative novità: il Campionato Master è giocabile, per esempio, con le squadre partecipanti alla Champions League oppure con quelle della Copa Libertadores, oltre che nella versione online. La modalità Diventa Un Mito è sostanzialmente la stessa dello scorso anno, mentre la sezione d’allenamento è stata potenziata con delle prove ad hoc. Non manca, infine, la solita tonnellata di coppe più o meno ufficiali da disputare, offline e in Rete. Il sistema di controllo di PES 2013, pur non essendo all’altezza di quello di FIFA 13, presenta degli spunti interessanti.

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Review Il Player ID garantisce animazioni e movimenti reali, come nel caso di CR7.

Il primo DLC gratuito porta una serie di nuovi stadi e un aggiornamento delle rose e dei valori dei calciatori.

sua inestricabile ragnatela fatta di tanti passaggi e tagli improvvisi? Purtroppo, però, non è tutto oro quello che luccica. I movimenti senza palla sono apprezzabili ma allo stesso tempo non convincono pienamente, per colpa di una I.A. poco propensa a sostenere le transizioni offensive delle squadre e ossessionata dalla ricerca dell’uno-due con cui mandare in porta il proprio bomber. Il Player ID, è

PARDO E MARCHEGIANI PES 2013 è un bel gioco da vedere, pur se con qualche animazione un po’ legnosa. La regia ha un taglio televisivo, i volti dei calciatori sono molto simili alle controparti reali e anche gli stadi sono stati riprodotti con la solita dovizia di particolari. Il frame rate si è dimostrato stabile anche nelle fasi più concitate, mentre a livello grafico non è possibile scalare più di tanto le diverse configurazioni (si parte da una risoluzione 640x480 fino alla sontuosa 1920x1200), poiché le opzioni disponibili sono poche. Sul fronte sonoro spicca l’ottima telecronaca della coppia Pardo-Marchegiani, che si distingue dall’agguerrita concorrenza per una maggiore varietà e precisione nei commenti e nelle fasi che precedono l’inizio del match. Riguardo le musiche d’accompagnamento, a parte la simpatica “Ai se Eu te Pego” non c’è molto da segnalare, mentre il pubblico partecipa con trasporto allo svolgimento della partita.

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Bonucci, Kompany, Terry sono più abili nel leggere le trame offensive degli attaccanti vero, offre routine comportamentali e animazioni sorprendentemente realistiche, ma per ora è stato limitato ai cosiddetti top player: osservare Iniesta e Messi che arrivano al limite dell’area di rigore avversaria con una sequenza impressionante di triangolazioni, o Cristiano Ronaldo che si prepara a battere un calcio di punizione, farà la felicità degli appassionati del calcio su PC.

vari Bonucci, Kompany e Terry più abili nel leggere le trame e i movimenti degli attaccanti avversari. I top team si distinguono per l’ottima esecuzione delle diagonali e per una compattezza mai vista prima; insomma, i difensori chiudono gli spazi per davvero, si dispongono meglio sulle palle alte (ma non ancora in modo adeguato)

RITMO PIÙ RAGIONATO Nel corso delle partite di PES 2013 si coglie una minore frenesia sia in fase di costruzione, sia in quella difensiva. Il ritmo appare più ragionato rispetto all’episodio precedente ed è una scelta che approviamo in toto. Anche perché la fase difensiva ha fatto passi da gigante, con i

Il gioco aereo ha fatto qualche passo avanti, ma non convince ancora.


Pro Evolution Soccer 2013

Le traiettorie dei tiri sono più credibili rispetto a quanto visto in PES 2012. Il Campionato Master ha sempre il suo fascino: la sezione di calciomercato è un po’ meno scontata.

Per saltare l’uomo con continuità, è necessaria una buona padronanza dei fondamentali (la tendenza a respingere il pallone sui piedi degli attaccanti non è stata debellata). Per quanto riguarda il metro arbitrale, tra falli non fischiati, fuorigioco discutibili e vantaggi non concretizzati c’è da mettersi le mani di capelli.

SULLA RETTA VIA e limitano le praterie per i Di Maria e i Dani Alves. La possibilità di controllare a distanza l’avversario, senza essere costretti al raddoppio sistematico per recuperare il pallone, cambia non poco le dinamiche della simulazione di Konami. Qualche dubbio permane sull’efficacia delle scivolate: è un po’ troppo facile rubare il pallone. I contrasti a centrocampo, le lotte per il posizionamento in area di rigore e, in generale, il gioco aereo evidenziano qualche collisione di troppo e sono ampiamente migliorabili in un prossimo futuro. I portieri, invece, pur palesando ancora qualche incertezza, mostrano evidenti progressi

rispetto all’annata precedente: in alcuni casi, i Buffon della situazione si esibiscono in veri miracoli sui tiri nel sette, in altri si fanno beffare in modo sorprendente

PROBLEMI IN RETE La partenza di PES 2013 in versione online non è stata indolore. Sono stati riscontrati più volte problemi di matchmaking o di semplice login con i server di Konami, rendendo quasi impossibile disputare una singola amichevole o il Campionato Master. Al momento della nostra prova non era ancora disponibile la prima patch del gioco, che dovrebbe risolvere i problemi d’autenticazione ai server e introdurre una serie di migliorie per l’online.

Quest’anno, la sfida per il Pallone d’Oro si annuncia incerta. A livello videoludico, invece, a trionfare è sempre Messi.

Konami si è data un gran da fare per restituire nuovo lustro alla serie Pro Evolution Soccer. I passi in avanti sono innegabili, anche se la strada verso la vetta è ancora lunga e irta di pericoli. Per ora, un applauso d’incoraggiamento va a Masuda, al suo team e all’idea di lasciarsi alle spalle il passato con una simulazione rinnovata in modo quasi totale. E se il Fox Engine che Konami sta sviluppando per le console di nuova generazione, sotto la supervisione di sua maestà Hideo Kojima e di un volpone come Shingo “Seabass” Takatsuka, manterrà le promesse, potrebbero essere dolori per FIFA.

Commento Konami ha ufficialmente inaugurato il cambio di rotta. Gli sforzi compiuti per innovare Pro Evolution Soccer 2013 sono sotto gli occhi di tutti, così come alcune lacune ancora irrisolte. Certo, non è facile recuperare il gap con la serie FIFA, ma Konami, grazie al Full Control, al ProActive AI e al Player ID, sembra essere sulla strada giusta per avvicinarsi all’avversario di sempre. E questa è davvero una buona notizia per gli appassionati del bel gioco su computer.

Sistema di controllo con molte innovazioni Tiri e passaggi più realistici Animazioni ancora un po’ legnose Motore fisico da migliorare

VOTO[79]

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Review A cura di: Massimiliano Rovati (massimilianorovati@sprea.it)

CPU: Dual Core RAM: 4 GB Scheda Video: NVIDIA GeForce serie 5 o Radeon HD serie 5 Spazio su HD: 4 GB Connessione: ADSL SVILUPPATORE: ZootFly PUBLISHER: Ubisoft MULTIPLAYER: Stesso PC, Internet LOCALIZZAZIONE: Sottotitoli PREZZO INDICATIVO: € 14,99

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The Expendables 2 Non è un paese per vecchi? Dipende dai vecchi…

S

ono i custodi del sapere. Per incontrarli non serve viaggiare fino a pianeti lontani o affrontare pericolose avventure. Al contrario, vivono tra noi: ci insegnano la pazienza quando siamo in coda agli sportelli negli uffici pubblici, ci addestrano alla prudenza mentre viaggiamo in auto o in moto, danno prova di una conoscenza enciclopedica nelle sale d’attesa dei medici, elargiscono perle d’esperienza in prossimità degli infiniti cantieri che costellano le città. Sono gli anziani, anche se tale termine meriterebbe di essere ridefinito, in un mondo in cui la mezza età inizia a 55 anni. A dichiararci che il futuro appartiene sempre di più a loro non contribuiscono solo i politici o le pubblicità: adesso

Non lasciatevi ingannare dagli scenari, perché la direzione da prendere sarà una sola.

ci si mette anche il cinema. Esemplari, in questo senso, sono i film I Mercenari – The Expendables (Sylvester Stallone, 2010) e I Mercenari 2 – The Expendables (Simon West, 2012), in cui un gruppo di stelle del firmamento delle pellicole d’azione hollywoodiane Anni ’80 veste i panni di consumati soldati di ventura e spazza via tutti i nemici. Trama inesistente, ammazzamenti a tutta birra, acrobazie circensi ed eroi di plastica (anche nel senso chirurgico): è bastato un attimo, ed ecco gli anziani che sparano pronti a colonizzare i videogiochi.

SACRIFICABILI In The Expendables 2 di Ubisoft e ZootFly, due arzilli e irriducibili reduci vanno a zonzo raccontandosi di essere i più duri del pianeta, accompagnati da altrettanti badanti un po’ più freschi: Barney (Stallone, classe 1946), Gunner (Dolph Lundgren, 1957), Yang (JetLi, 1963) e Caesar (Terry Crews, 1968) sono il cast ridotto portato in scena da questo tie-in. La trama narra del rapimento di un miliardario cinese, promettendo di condurre il giocatore fino al punto d’inizio del secondo film attraverso quattro capitoli ambientati nei Balcani, in Somalia, a Caolun e in Birmania. Ognuno di questi è

diviso in cinque missioni, affrontabili sia in single player, sia in multi cooperativo sullo stesso PC o via Internet, e a due livelli: facile o difficile. La formula adottata è quella dello sparatutto in terza persona di squadra: all’inizio si sceglie il proprio personaggio preferito e si delega il controllo degli altri alla I.A., con la possibilità di cambiare eroe a piacimento nel corso delle battaglie. Ogni mercenario è poi caratterizzato da due armi e da tre abilità (salute, movimento e attacco). Spendendo i punti accumulati in missione, si arriverà a contare su caricatori più capienti, colpi più precisi e via di questo passo. Qui termina il lavoro di concetto. Il resto di The Expendables 2 è un inno alla piattezza. Scordatevi i piani di battaglia o l’approccio tattico: il manipolo di ammazzasette deve procedere e sterminare. I nemici vengono rovesciati nello scenario a secchiate, differenziandosi solo per il colore del copricapo (quello rosso

Il manipolo di ammazzasette deve procedere e sterminare tutti

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The Expendables 2

Le armi abbandonate dai nemici mandati al Creatore (e svaniscono come dei cavalieri Jedi di una certa età) possono essere impugnate dai nostri eroi.

The Expendables 2 non presenta alcuna sorpresa AVEVA I PUGNI NELLE MANI

indica i più resistenti). Appena si entra nel loro raggio d’azione, sparano come se non ci fosse un domani con quello che hanno in mano. I buoni, dal canto loro, fanno lo stesso, senza gran criterio; e come dargli torto: lo scenario, per quanto realizzato discretamente in termini estetici, non è granché interattivo, le sezioni che possono essere distrutte sono state decise a tavolino, i ripari diventano moderatamente utili solo alla difficoltà più elevata e gli stage sono canaloni con dei finti bivi ogni tanto. Vi aspettate ostacoli di fine livello? Sono torrette, blindati o tank che vanno centrati con un RPG raccolto da terra, senza pensare troppo a dove la corazzatura sia più, o meno, resistente. Tra l’altro, il

CENTRO DI RECLUTAMENTO

The Expendables 2 può essere acquistato presso servizi di download digitale quali Steam (http://store. steampowered.com), Gamersgate (www.gamersgate.com) e UbiShop (http://shop.ubi.com). Per i completisti della prima ora, offre 21 achievement di Steam: niente di troppo ispirato quanto a obiettivi e, data la natura dell’intelligenza artificiale, nemmeno complessi da conseguire. La componente online del multiplayer cooperativo non ci è parsa molto frequentata: abbiamo tentato più volte di trovare una partita attiva, ma senza successo. lanciarazzi e il fucile del cecchino sono le uniche armi a offrire un’idea della linea di mira del personaggio (e del nemico), grazie all’immancabile puntatore laser.

Come quelle persone che continuano a ripetere la stessa frase, The Expendables 2 non presenta alcuna sorpresa, nemmeno quando chiede d’impiegare un particolare membro del team in un determinato punto dello scenario o fa affrontare brevi sezioni a bordo di un mezzo (elicottero, barca o aereo) in cui sparacchiare con una mitragliatrice prestando attenzione al livello di surriscaldamento dell’arma, o quando, previo riempimento di un’apposita barra, consente di effettuare un’uccisione spettacolare personalizzata per ogni mercenario. Se il sistema di controllo fondato sul joypad (il mouse è supportato, ma non lo raccomandiamo) e il termine “twin-stick shooter” sono considerati da ZootFly degli inni alla modernità, allora, con il dovuto rispetto, consigliamo per The Expendables 2 un bello scivolo da prepensionamento.

Commento Se Stallone e soci vi sono già costati il biglietto del cinema, il nostro consiglio è di fermarvi a quello: è inutile pagargli, oltre alla rimpatriata, anche il taxi per tornare in villa. Sia che avvertiate il fascino delle vecchie glorie dei film d’azione Anni ’80, sia che siate alla ricerca di un gioco in cui controllare un pugno di eroi pronti a combattere, The Expendables 2 sembra un pugile un po’ suonato.

Tanta azione Eroi del cinema ben riprodotti Le sparatorie si susseguono senza ispirazione né senso Manca Chuck Norris Ognuno dei protagonisti ha a disposizione una mossa cruenta con cui porre termine alle sofferenze degli avversari, previo caricamento dell’apposita barra.

VOTO[45]

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Avremo a disposizione un massimo di 360 soldati per completare il gioco. Basteranno?

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dei soldati avviene con il mouse: con il tasto sinistro gli si impartisce l’ordine di movimento, con quello destro si fa fuoco; andando avanti nella campagna viene data la possibilità di dividere il gruppo, assegnando a ciascun nucleo compiti di

difesa o attacco, aggiungendo un livello tattico ai combattimenti. Tra una missione e l’altra i soldati aumentano di grado, ma se muoiono vengono rimpiazzati da reclute alle prime armi. Grande cura nel game design, ecco uno

Tra una missione e l’altra i soldati aumentano di grado, ma se muoiono vengono rimpiazzati da reclute alle prime armi I vari Jools, CJ, RJ, Ubik e Goofy sono talmente tanti che, dopo un po’, viene naturale dimenticarsi di loro e del loro estremo sacrificio.


A cura di: Claudio “keiser” Todeschini (keiser@sprea.it)

I soldati sono condensati in pochissimi pixel, animati dannatamente bene, in perfetto stile Sensible.

Le squadre mandate in missione possono essere composte da un minimo di due a un massimo di otto soldati. degli elementi che ha reso intramontabile, e godibilissimo ancora oggi, il primo Cannon Fodder: diversamente da clonazzi malriusciti come il recente Tiny Troopers o l’insipido CF3 di cui ci siamo occupati lo scorso mese, Sensible ha curato in maniera certosina la struttura di ogni mappa, collocando postazioni nemiche, campi minati e ogni sorta di ostacolo, calibrando senza sbavature il livello di difficoltà. Le mitragliatrici in dotazione ai propri uomini hanno munizioni infinite, ma per abbattere veicoli o edifici occorrono granate e razzi, disponibili in quantità limitata, imponendo una gestione oculata delle munizioni; sprecatene una o due di troppo, e potreste dover rigiocare da capo il livello. Non illudetevi: portare a termine le 23 missioni, spesso strutturate in diversi stage, senza ricorrere ai cheat è veramente dura, e per arrivare alla fine dovrete sacrificare *parecchi* soldati. Ma che soddisfazione!

Non ci sono salvataggi automatici: ricordatevi di cliccare sul tasto “Save” dopo ogni missione!

I soldati, in guerra, sono letteralmente “carne da cannone”

Le casse possono essere fatte esplodere: ottimo per eliminare un po’ di nemici, un po’ meno se siete a corto di munizioni.

MORTO UN SOLDATO, SE NE FA UN ALTRO Ciò che ha reso memorabile Cannon Fodder, al di là del gameplay praticamente perfetto, è il forte messaggio pacifista nascosto tra le pieghe di un gioco violento, immediato e indiscutibilmente divertente. A cominciare dalla schermata principale, dove non si possono scegliere le missioni: si va solo a combattere, senza sapere dove o perché. Si obbedisce solo agli ordini. Diversamente dai vari Call of Duty e Medal of Honor moderni, che spettacolarizzano la guerra in ogni frame, Cannon Fodder fa vedere nemici che si trascinano feriti a morte in una pozza di sangue, lasciando al giocatore la scelta se abbandonarli al loro (breve) destino o mettere fine alle

loro sofferenze con un clic del mouse. Senza premi – o punizioni – per l’una o per l’altra azione. Ancor di più, ciò che lascia il segno è la collina che si vede nella schermata di apertura, che all’inizio è totalmente verde, e man mano si riempie di piccole croci bianche, una per ogni soldato morto. All’inizio quasi non ci si fa caso, ma non ci vuole molto affinché il numero delle lapidi aumenti, fino a diventare quasi insostenibile. “Cosa diavolo ho fatto?”, vien da pensare osservandole. Ma i soldati, in guerra, sono letteralmente “carne da cannone”: morto uno di loro, fuori c’è la fila di giovanotti pronti a prenderne il posto. E si vedono arrivare, da lontano, baldanzosi, convinti di avere tutta la vita davanti, anche se dinnanzi ai loro occhi c’è solo il portone che conduce alla caserma. E alla collina.

Occhio ai carri armati nemici, ai campi minati e alle sabbie mobili!

CONTROVERSIE VIDEOLUDICHE Diversamente da Jon Hare e Sensible Software, che di ironia e umorismo ne sanno qualcosa, molto più seriosi sono la stampa inglese e l’esercito di sua Maestà, che all’epoca dell’uscita del gioco avevano dichiarato pubblicamente di non apprezzarlo affatto, in particolare per l’uso del papavero in apertura, simbolo del ricordo dei soldati caduti in guerra. Polemica nata per bocca di chi non ha giocato Cannon Fodder, evidentemente, ma che alla fine ha costretto Virgin, all’epoca publisher del titolo, a sostituire l’immagine di copertina con quella di un generico soldato. Novembre 2012

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A cura di: Roberto “il Cinese” Turrini (turrini.roberto@tgmonline.it)

Per segnalazioni, osservazioni e insulti, il mio indirizzo di posta elettronica vi è amico. turrini.roberto@tgmonline.it

Indie e Zon

No hardplay, no party? A

me piacciono, ma non sono l’unico; ad altri no, e anche loro non sono gli unici. Parlo dei giochi pieni di atmosfera, con meccaniche assenti o ridotte all’osso, senza un particolare livello di sfida o un’accessibilità prossima allo zero, sacrificata all’altare del coinvolgimento emotivo, questo sconosciuto. Qualcuno può scrivere il proprio dissenso in Italiano, qualcun altro con gli smile o le immagini GIF... la Rikkomba Vivente (sempre sia lodata), invece, lo f[acev]a così: “[OMISSIS] Cinese, spero in una pubblicazione, esigo anzi che la mia lettera venga pubblicata sulla prima pagina di TGM, sulla home di Games Village e anche sulle occhiaie del ToSo (no, quello non te lo concedo. ndToSo). Non sono io a chiederlo: è il pubblico (forse). Sono originale, quindi valgo, che è anche un po’ l’ultima carta rimasta al PC gaming (amen). Spero di non averti imbruttito con questa Battuta. Anzi: mi auguro di non averti fatto arrabbiare con questa ironia. Anzi: mi auspico di non averLe cagionato danno alcuno col mio sardonismo. D’altronde scrivo alla IndieZone, mica allo Xam. Quando ero giovane io la potenza era nulla senza un controller: il mio fido Neo-Geo umiliava chiunque.

Umiliava i miei compagni di classe, proletari in perenne attesa di una risposta dal Commodore 64. Umiliava i miei amici, che ogni volta che venivano a trovarmi perdevano sempre quando giocavamo a Spinmaster, Sengoku o Otorotoc. Mio padre invece andare fiero di me: anni di sacrifici e di discussioni, ma averne di figli in grado di individuare al volo le differenze tra un Metal Slug su CD e l’originale Arcade!! Era tutto molto bello. Poi per colpa della pirateria siamo arrivati alla traggedia odierna: con poche migliaia di euro si può’ ottenere la miglior grafica sul mercato e ci sono centinaia, se non migliaia di persone in grado di giocare a Crysis Col Massimo Del Dettaglio. Addio, Punteggio; addio, Potenza; addio, Roccacaramanico. Non è più sufficiente invitare qualcuno nella tua cameretta e accendere lo schermo, sono capaci tutti. Eppure, Caro Cinese, tu mi hai salvato dalla tristezza e dalla solitudine. Mai più dovrò sentirmi uguale a tutti gli altri; mai più dovrò uscire dalla mia cameretta per mostrare al mondo quanto valgo. Da quando mi hai fatto scoprire gli indy games la Felicità è tornata. Perché comprarsi il plasma da 30 pollici quando posso godermi i titoli migliori su un Mivar? Perché ammassare periferiche quando bastano due pulsanti? Perché seguire il gregge e farsi una cultura quando esistono i giochi indy? Limbo, anzi, LIMBO mi ha reso finalmente un videogiocatore cosciente dell’artisticità del medium. Mai Più dovrò giustificare il mio hobby: l’Esperienza videoludica vera non e’ certo per il mainstream. Mai più dovrò vergognarmi della mia passione: il Videogioco Vero non è certo Angry Birds o Call of Duty. Basta con poligoni, cell shading e texture: non è la grafica quella che conta.

Dato che il patetico non può essere espulso dalla vita umana, per renderlo sopportabile mi pare che sia sempre utile accompagnarlo con un po’ d’ironia” (Ignazio Silone - Pane e vino, 1936).

Max di Benjamin F. Guy (funbeard.blogspot.fr)

Basta con colonne sonore a pesare sulle nostre tasche: il sonoro dev’essere funzionale all’Esperienza. Basta con gli sceneggiatori da quattro soldi: l’Esperienza viene proprio arricchita dal lasciare l’interpretazione al Videogiocatore, a dargli quel qualcosa in più che la società mainstream ci nega. Ricordo ancora l’emozione di quando ho caricato LIMBO per la prima volta: le cinquanta sfumature di grigio erano un toccasana rispetto agli accecanti miliardi di sfumature di rosa, e quando ho capito che potevo CAMMINARE A SINISTRA mi si è aperto un Mondo. Se qualcuno non capisce la magia di LIMBO, peggio per lui. E quando tutti giocheranno a LIMBO, sarò già pronto con Bastion. E quando tutti giocheranno a Bastion, grazie a te, Caro Cinese, sarò già altrove, sempre interessante, sempre informato, sempre unico: Godendo di quella Esperienza che esula dal solito, volgare multiplayer mainstream. Perché niente ti rende solo come un gioco indie. Io”. E voi?

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»Sviluppatore: brucefilm.it

A cura di: Carola Cudemo info@indies4indies.com

BOTTE DA ORBI È da poco uscito Stay Dead, un gioco che gli stessi italici produttori definiscono un Motion Picture Game, cioè il punto di unione tra film e videogiochi. Che sarà mai?

P

rima di storcere il naso e pensare alla solita baggianata multimediale in arrivo direttamente dagli anni ‘90, sappiate che Rob Fulop, ovvero colui che praticamente inventò il genere dei full motion video games (FMV) con il suo controverso Night Trap, ha detto di Stay Dead: “È il miglior esempio di gioco live action che io abbia mai visto, si ha proprio la sensazione di controllare il protagonista di un film!”. Che sia la volta buona per un genere così sottostimato? Giriamo la domanda a Fabrizio Digiovinazzo, game designer di Stay Dead e proprietario della BRUCEfilm, software house che ha prodotto il gioco insieme alla Playstos. TGM: Ciao, Fabrizio! Innanzitutto... dicci che cos’è un Motion Picture Game! FD: Ciao a tutti! Dunque... un Motion Picture Game (MPG) è un brand, un’idea di intrattenimento che ha come concetto base l’interazione in tempo reale all’interno di una scena cinematografica. Giocare a un MPG è come guardare un film di Indiana Jones ed essere in grado di controllarne il protagonista durante le sue scene d’azione, proprio come se fosse il personaggio di

un videogioco. Non si tratta di un’avventura grafica, di un film interattivo o di un laser game, ma di un vero e proprio arcade. Per spiegare velocemente il concetto di MPG uso sempre questo esempio: se due persone sono davanti a un MPG e una sta giocando mentre l’altra sta guardando, il giocatore avrà l’impressione di giocare a un videogioco di ultima generazione, mentre allo spettatore sembrerà di assistere a un film. TGM: Perché fare un gioco utilizzando delle immagini video? FD: L’idea l’ho avuta a 14 anni circa (ora ne ho 36!) leggendo la mitica rivista Zzap! Lì,

nella stessa pagina, erano presenti due immagini: la schermata di un gioco di baseball per Commodore e la foto di una vera partita di baseball. Non so perché, ma quella strana coppia mi stregò: da quel momento in poi ho investito tutti i miei studi (scuole di cinema e di informatica) e i miei risparmi nel tentativo di sovrapporre quelle due immagini in un’unica esperienza. Volevo, e voglio tutt’ora, poter muovere i giocatori di una partita reale come se fossero i personaggi di un videogioco. Parlando più in generale devo dire inoltre che non sono un grande fan della grafica 3D real-time: anche al giorno d’oggi è troppo povera per essere comparata a riprese dal vero o anche solo a grafica 3D pre-renderizzata. Se si compara il film Avatar con il videogioco Avatar, la differenza è troppo grande perché io riesca a immedesimarmi nel personaggio del gioco. Ovviamente ci sono un sacco di giochi stupendi fatti in 3D, ma ho sempre pensato che le immagini reali possano fare altrettanto bene, se non meglio in alcuni casi, nel mondo dei videogiochi. Il problema degli anni ‘90 erano i limiti tecnici e l’enorme budget per produrre un video rispetto a fare grafica tradizionale. Ma al giorno d’oggi non ci sono più scuse: non esistono limiti tecnici e il budget di un gioco tripla A può essere comparato a quello di un film.

Quando la grafica 3D diventerà fotorealistica, l’uso di grafica prerenderizzata si estinguerà come i dinosauri dopo l’era glaciale

Lo stage del nazista, così come quello del ninja, è stato interamente girato in studio su sfondo verde e poi compositato con il background ripreso a parte.

Il regista/direttore della fotografia/game designer dice ai lotta(t)tori di non preoccuparsi di restare in maglietta a 0 gradi... l’importante è che la scena venga bene!

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Backstage delle riprese nel rottamaio.

TGM: Com’è nato Stay Dead e quali difficoltà tecniche hai incontrato? FD: La creazione è stato un processo molto lungo che ha visto il primo prototipo nel 2001, quindi più di undici anni fa! Uno dei problemi è stato trovare il giusto tipo di gameplay. Il primo demo, infatti, era visivamente incredibile (almeno ai miei occhi!), sembrava davvero di poter muovere il personaggio di un film, ma l’interazione non era affatto divertente. Ho quindi sperimentato diversi tipi di giocabilità e di tipologie di gioco, fino ad arrivare a Stay Dead, che in pratica è la fusione di un picchiaduro a round tipo Street Figther con un rhythm game alla Rock Band. In ogni caso la parte più difficile dell’intero processo è stata senza dubbio la creazione di quella che io chiamo “la regia multistrato”: l’effetto finale di un MPG, infatti, DEVE essere un film credibile, non un collage di piccoli spezzoni di inquadrature messe in fila una dopo l’altra. I brutti film o (sigh) i film interattivi degli anni ‘90 fanno purtroppo parte di questa categoria, non sono dei veri e propri film montati. La differenza la si può notare subito. Ma io volevo veramente che qualcuno pensasse di vedere un film mentre osservava una persona giocare a Stay Dead. Ecco quindi la sfida: fare un buon montaggio ma in tempo reale e, ancora peggio, senza sapere in anticipo come il giocatore avrebbe deciso di muoversi! Ho dovuto girare, montare e testare il risultato per più di quattro anni (non tutti i giorni, fortunatamente!) per poter scrivere le nuove regole della grammatica utili a riprendere sequenze montabili come scene cinematografiche, ma con decisioni di montaggio in tempo reale.

Giocare a un Motion Picture Game è come guardare un film di Indiana Jones ed essere in grado di controllarne il protagonista! mi sono stati fonte di ispirazione (Elite Beat Agent e Rock Band su tutti), ma, anche se non sembrerebbe dal risultato finale, i giochi che mi hanno ispirato di più il gameplay sono Made in Wario e Space Invaders Extreme. Dal lato film c’è solo l’imbarazzo della scelta: qualsiasi inguardabile B movie d’azione è stato una fonte di ispirazione. Dopo tutto, nel secondo stage di Stay Dead bisogna affrontare un nazista armato di bastone con una cicatrice in faccia realizzata con della carta igienica... Il gusto dell’operazione è sicuramente più vicino a Grosso guaio a Chinatown che a The Avengers! TGM: Pensi che ci sia un futuro per questo genere di giochi? FD: Quando la grafica 3D diventerà fotorealistica, l’uso di grafica pre-renderizzata si estinguerà come i dinosauri dopo l’era gla-

ciale. Ma fino a quel momento spero di poter sviluppare ulteriormente il mio concetto, magari fino a farlo diventare un genere a sé. Dopo tutto l’innovazione di Stay Dead, e la cosa di cui vado più fiero, non è l’utilizzo di immagini riprese dal vero: il concetto nuovo è che ho tolto dal centro dello schermo il personaggio principale del gioco, lasciando comunque la possibilità di giocarci in tempo reale; ho introdotto la grammatica cinematografica all’interno di un’interazione con libertà di movimento: posso letteralmente mettere la camera dove voglio per cercare di ottenere l’inquadratura più spettacolare, senza preoccuparmi di mettere il personaggio principale sempre in campo, riuscendo a ottenere una giocabilità da gioco moderno. Penso che questo concetto possa sopravvivere all’era glaciale e possa contribuire a creare dei giochi molto interessanti! 8

TGM: C’è stato qualche videogioco o qualche film in particolare che ti hanno ispirato? FD: Certo! Dal lato picchiaduro lo sforzo è sempre quello di avvicinarmi il più possibile al perfetto gameplay di The Way of the Exploding Fist, che ancora adesso considero IL beat ‘em up a round. Anche i rhythm game

Nel primo stage il nostro eroe dovrà affrontare un demone cinese esperto di thai boxe!

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A cura di: Danilo “Dan Hero” Dellafrana danilo.dellafrana@gmail.com

»Sviluppatore: Ben Mallahan »Sito: silkgames.com/nestalgia/

Nestalgia Ricordate i pomeriggi passati a giocare Dragon Quest in doppio assieme agli amici? Neanche io, ma Silk Soft si permette di dissentire. stri dopo. Se invece chiediamo un parere ad un collega del sol levante probabilmente la risposta ci sorprenderà: verso la fine degli anni 80 i videogiocatori giapponesi amavano classificare come RPG qualsiasi videogioco vantasse un paio di statistiche. Merito del seminale successo di Dragon Quest di Yuji Horii, un gioco che nel 1986 colpì il popolo nipponico come un tiro critico di un dado a venti facce. Ma si trattava di un’avventura per giocatori solitari, quantomeno fino ad oggi...

Best of both worlds

A

memoria d’uomo, il primo “vero” CRPG multigiocatore occidentale fu Bloodwych della Image Works, un clone di Dungeon Master che permetteva a due giocatori di affrontare una serie di segrete contemporaneamente, grazie allo split screen orizzontale. Un signor clone, dato che offriva un’alternativa al capolavoro FTL anche agli Amiga inespansi e a diverse piattaforme ad otto bit, ma non è questo il punto: erano anni pionieristici e per vedere espanso il concetto di gioco di ruolo multigiocatore, avremmo dovuto attendere gli anni dei mud e di Neverwinter nights; quello della AOL del 1991, non il remake di Bioware uscito quasi tre lu-

I primi passi nel villaggio: nabbo come pochi e accompagnato da uno squallido slime verde.

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Con qualche annetto di ritardo, giunge nel 2011 Nestalgia: un titolo che si prefigge di unire vecchio e nuovo, amalgamando l’estetica e lo schema di gioco di classici ad otto bit come Dragon Quest con l’aspetto

multigiocatore e il sistema di missioni dei moderni MMORPG. Inizialmente nasce come progetto amatoriale ad opera della Silk Soft, per poi divenire qualcosa di più serio: giocare non costa nulla ma è possibile versare una retta extra per sbloccare nuove classi e opzioni che comunque non compromettono la fruizione del titolo da parte dei giocatori “free”. I soldi che arrivano nelle tasche di Silk Soft servono comunque per mantenere attivo il progetto, con i suoi continui aggiornamenti ed espansioni in dirittura d’arrivo. Scaricato l’esecutivo è necessario creare un account; i più titubanti potranno invece giocare come ospiti, senza la possibilità di salvare i progressi. Qualunque sia la scelta, è qui che possiamo iniziare a toccare con mano l’effettiva validità della visione di Ben Mallahan e compagni.

Intrappolato in una cosmesi volutamente retro, il mondo di NEStalgia deve affidarsi ad una scrittura convincente per ottenere la sua potenza narrativa Non è la versione NES di Micromachines: un mago mi ha rimpicciolito per affrontare alla radice un fastidioso ratto.


Non temano i lupi solitari: il gioco è godibile anche da soli, grazie alla possibilità di reclutare i mostri incontrati durante l’avventura Un nuovo inizio Creo il mio personaggio scegliendo tra una soddisfacente rosa di classi. Alle più classiche come guerriero e ranger si affiancano scelte più inusuali per chi vorrà pagare la sottoscrizione annuale, con interessanti elementi quali mercante, ninja e stregone. Tengo la carta di credito a freno e opto per il classico soldato e sono pronto a flettere i miei pixellosi muscoli, non prima di aver deciso aspetto e colori del mio avatar. La grafica, come già detto, si ispira a Dragon Quest (Dragon Warriors nel paese a stelle e strisce) su NES e svolge discretamente il suo lavoro, forse in maniera fin troppo zelante: andare a zonzo per il dungeon introduttivo attenta seriamente ai miei nervi grazie ad uno scrolling tanto scattoso da rendere fiero il buon vecchio Ultima IV. Stringo i denti e vado avanti, notando nel frattempo come anche il sonoro riesca a omaggiare i classici del passato con motivi ed effetti riusciti. Terminato il dedalo ritorno a riveder le stelle, con il mio prode guerriero perso in un bucolico panorama ad otto bit. Ma gli eroi non hanno tempo per contemplare il paesaggio, né per litigare con lo scorrimento esasperante: a nord della caverna dalla quale spunto mi attende un borgo dove iniziare ufficialmente il mio viaggio.

L’arte dello storytelling Impressioni iniziali a parte, una volta messo piede in città ci si rende conto di che pasta sia fatto effettivamente NEStalgia: dietro ogni angolo è facile imbattersi in qualche NPC smanioso di proporre un notevole numero di missioni. Le prime sono poco più che tutorial, ma andando avanti sono rima-

sto piacevolmente sorpreso dall’inventiva delle stesse e dalla qualità della narrazione, tanto reticente sul traguardo della storyline principale quanto brava nel bilanciare serietà e salubri dosi di humor. Non potrebbe essere altrimenti, a conti fatti: intrappolato in una cosmesi volutamente retro, il mondo di NEStalgia deve affidarsi ad una scrittura convincente per ottenere la potenza narrativa che al giorno d’oggi è ad appannaggio di filmati e doppiaggio. Funziona tutto molto bene, così mentre si cerca di comprendere l’origine della misteriosa voce che veglia su ogni nostro passo, è facile farsi miniaturizzare da un mago esasperato dall’infestazione di un famelico roditore. La situazione migliora ulteriormente dal quinto livello, quando sarà possibile personalizzare le abilità del nostro protagonista, investendo punti guadagnati ad ogni livello in una nutrita lista di perks. E sarà bene farlo il prima possibile, perché il mondo pullula di nemici agguerriti. Sfortunatamente dai classici del genere, NEStalgia riprende gli odiatissimi incontri casuali, tra l’altro inizialmente piuttosto frequenti. È quindi pericoloso avventurarsi da soli...

…o in compagnia Fortunatamente NEStalgia vanta un discreto numero di giocatori: dipende anche dall’orario, ma qualcuno si incontra sempre. È fantastico giocare a quello che sembra un JRPG di vent’anni fa e imbattersi in un altro giocatore umano: Silk Soft ha fatto davvero centro sotto questo aspetto. Va detto che prima di iniziare a giocare viene posta la scelta tra server PVE e PVP con le differen-

Il ranch in cui depositare i mostri reclutati: la mia invidiabile collezione di slime cresce a vista d’occhio.

Voto:

commento

NEStalgia è una buona idea realizzata come si deve. Chiunque sia cresciuto con Dragon Quest o Final Fantasy non faticherà a trovarsi a casa, apprezzando nel frattempo la possibilità di unire le forze con amici e sconosciuti. Incontri casuali e una realizzazione tecnica non eccellente anche nel contesto “retro a tutti i costi” allontaneranno indubbiamente quella fetta di pubblico più giovane, anche perché NEStalgia è un osso duro che necessita di ore investite in grind sfrenato per ottenere personaggi competitivi. Niente che gli appassionati non avessero già messo in conto, del resto. il meglio di entrambi i mondi scrolling da mal di mare

4/5

+-

ze del caso; anche senza venire alle mani però, l’interazione con gli altri giocatori è caldamente consigliata: i nemici sono tanti, gli incontri si susseguono rapidamente e i boss picchiano durissimo. Formare un party significa decretare un leader, che è quello che guiderà il gruppo attraverso la mappa, e poi combattere all’unisono durante gli scontri a turni, scegliendo solamente le azioni del proprio personaggio. I combattimenti si svolgono tramite menu, con i nemici ben visibili in prima persona come succedeva in Dragon Quest, Phantasy Star e tanti altri RPG del passato. Le abilità dei personaggi vengono attivate con particolari condizioni: il mago usa il classico mana ad esempio, mentre il guerriero la volontà, che cresce turno dopo turno. Non temano i lupi solitari: il gioco è godibile anche da soli, grazie alla possibilità di reclutare i mostri incontrati durante l’avventura. Dopo ogni scontro, infatti, c’è una probabilità che il poveraccio appena bastonato decida di offrire i propri servigi al giocatore; è possibile portarsi dietro un massimo di due mostri e affidare quelli in eccesso ad un’opportuna struttura in attesa che venga il loro turno. Le bestiacce reclutate guadagnano esperienza, livelli e abilità esattamente come i giocatori umani, in modo da fornire un supporto che cresce di pari passo con quello del nostro alter ego. 8

Ecco come si combatte in NEStalgia: ricorda Dragon Quest, ma anche Phantasy Star, Wizardry e tanti altri classici.

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A cura di: Roberto “il Cinese” Turrini turrini.roberto@tgmonline.it

»Sviluppatore: Brendon Chung »Sito: blendogames.com

Thirty Flights of Loving “Tutti gli uccelli che devono volare hanno le ali della giusta forma” (Daniel Bernoulli, 1700 - 1782). re (Chris Remo), a un montaggio superiore a quello di tantissime di produzioni tripla A e a una sceneggiatura che stringe l’occhio all’exploitation di Tarantino. Eppure, in quello che fino ad ora ho tratteggiato come il paradiso dello storytelling...

...manca qualcosa

M

i accingo a recensire l’ennesimo capolavoro di Brendon Chung dopo Flotilla, Atom Zombie Smasher e Gravity Bone. Taglio corto sulla genesi del progetto o sulle sue implicazioni nella campagna di raccolta fondi lanciata dal podcast di Idle Thumbs (idlethumbs.net) per gettarmi a pesce in [parziale] difesa del fatto che Thirty Flights of Loving è un videogioco senza gameplay.

De te fabula narratur

Voto:

4/5

L’autore, infatti, vuole solo raccontarci la storia di una rapina andata male, di un amore fatto alla “boia d’un Giuda” (Eskimo, Francesco Guccini - 1978) e di un’amicizia più forte dell’istinto di sopravvivenza. La peculiarità di Brendon Chung è proprio quella di essere bravissimo a sfruttare il lessico videoludico per costruire un fraseggio articolato e non banale, con personaggi complessi e situazioni credibili nonostante il loro esaurirsi nel giro di una manciata di minuti (circa quindici, in totale). In un contesto del genere, quindi, è giusto godere del singolo dettaglio, del particolare, del non-ripetuto: tutti elementi che in Thirty Flight of Loving sono stati scelti con attenzione e mestiere, senza rinunciare ad una colonna sonora di spesso-

Se in una stanza quadrata senza uscite c’è solo un oggetto su cui interagire, lo si può ancora chiamare gameplay?

90

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Thirty Flight of Loving costa cinque euro scarsi; nel pacchetto sono compresi anche una sua versione commentata e la possibilità di fruire di Gravity Bone direttamente dal menù di gioco. Ora, per quanto quest’ultimo dovrebbe esserne un prequel, tra i due c’è una differenza sostanziale. Nel titolo del 2009, infatti, il giocatore non era solo “spettatore” di quanto stava accadendo, ma veniva coinvolto da un gameplay anche solo accennato, comunque capace di abbagliare lo spettatore illudendolo di essere il vero artefice del proprio destino digitale. In Thirty Flight of Loving ciò non accade mai: azioni come scegliere se andare a destra o a sinistra, gettarsi nel vuoto o evitare di raccogliere le munizioni della pistola non influenzeranno in alcun modo il continuum temporale, ora attivato dalla mera pressione del tasto E su trigger tutt’altro che invisibili. Intendiamoci, non è che in un Call of Duty qualsiasi il giocatore abbia davvero il potere di far succedere realmente le cose, anzi, giochi come quelli sono venduti un tanto al chilo alla fiera dello script che si tiene due volte l’anno a Paullo, ma rispetto a Gravity Bone (che tra l’altro rom-

commento

Il videogioco è uno strumento duttile e foriero di un nuovo modo per esprimere se stessi o le proprie idee; Brendon Chung è un game designer frizzante e capace: insieme hanno fatto e faranno grandi cose. Thirty Flights of Loving, nonostante ne sia una sorta di prototipo, è stato rilasciato ufficialmente come il seguito spirituale di Gravity Bone e del quale conserva una narrazione ritmata ed esilarante. Purtroppo, per quanto riguarda l’interazione con l’ambiente di gioco, esso rappresenta un piccolo passo indietro rispetto a quanto visto nel predecessore, riportando l’intera operazione su di un piano meno sensazionale, anche considerati i cinque euro che costa [e di questi tempi…]. ritmo, emozioni e... sesso?! meno interattivo di quanto avrebbe potuto essere

+-

peva con classe infinita il limite della quarta parete) lo sviluppatore ha fatto un deciso passo indietro nel campo del coinvolgimento uomo/macchina. Stessimo parlando di autori meno brillanti non ci sarebbe stato niente da segnalare, ma al cospetto di uno dei game designer più significativi della scena indie, anche le piccole defaillance sono importanti da evidenziare... specie se c’è un precedente [gratuito] in cui erano del tutto assenti. 8

Brendon Chung sa sfruttare il lessico videoludico per costruire un fraseggio articolato e non banale Grazie ai commenti, si scoprirà che alcune sequenze di grande impatto sono in realtà frutto di microscopici bug.


A cura di: Roberto “il Cinese” Turrini turrini.roberto@tgmonline.it

»Sviluppatore: Paul “Farmergnome” Greasley »Sito: farmergnome.blogspot.it “Hello, Dolly!” (Gene Kelly, 1969) ...e chi capisce il perché della citazione vince un mappamondo!

Soul Jar

Voto:

commento

R

ealizzato per la 24° edizione della Ludum Dare (competizione della quale, ormai, dovreste sapere tutto, corretto?), Soul Jar è un platform bidimensionale costituito da un solo livello lineare, della durata di pochi minuti, con tre colori in croce, nessun testo a video ed un numero di pixel tanto ridicolo da essere contenuto in un eseguibile di appena 2,7 MB. Perché consigliarne il download, quindi?

IA Perché Soul Jar è un bel videogioco; corto, semplice, tecnicamente mediocre, incompleto, abborracciato, difficile da controllare... tutto quello che volete, ma rimane un bel videogioco. Il merito è dello sviluppatore, che con 48 ore a disposizione per confezionare un prodotto ispirato al tema dell’evoluzione ha avuto

la malsana idea di far precipitare sulla terra un’immensa astronave popolata da un solo minuscolo robot senziente, capace però di apprendere dal comportamento degli altri e desideroso di tornare sul suo pianeta natale. Come se non bastasse, il giovane Paul ha pensato bene di popolare la zona dello schianto con un ragazzino dal cuore buono che si sarebbe lasciato facilmente intenerire dal pianto del piccolo alieno meccanico e che, di conseguenza, avrebbe deciso di aiutarlo a superare le asperità del deserto in cui era finito e a tornare a bordo della grande nave sulla quale viaggiava.

Post Mortem Come sia possibile che in poco meno di 3 MB sia stata inserita un’intelligenza artificiale dotata di un seppure elementare meccanismo di apprendimento automa-

Quali sono le competenze necessarie per sviluppare un titolo tanto complesso in sole 48 ore? Se utilizzeremo lo shotgun per proteggerci, il robot imparerà che “sparare al nemico” è una valida alternativa alla morte.

Alla mia età, un videogioco deve appassionarmi: la trama deve incuriosirmi, le meccaniche non devono stufarmi, le immagini aprirmi gli occhi, gli sketch farmi sorridere, i puzzle farmi riflettere senza frustrarmi e la sera, specie quando c’è umido, è d’obbligo l’utilizzo della maglia della salute, che mi evita quei fastidiosi e ricorrenti dolori cervico-dorsali. Soul Jar riesce a fare tutto questo in pochi minuti, senza chiedermi nemmeno un centesimo in cambio. Posso pensare di non essere l’unico anziano a cui piacciono le “sveltine”? curioso tecnicamente improvvisato

4/5

+-

tico non mi è chiaro, così come non ho la più pallida idea di quali siano le competenze necessarie per sviluppare un titolo tanto complesso in sole 48 ore; sta di fatto che sulla pagina ufficiale della competizione l’autore si scusa con i videogiocatori per essere stato costretto a tagliare sulla trama, sui livelli, sui dialoghi, sui controlli, sulla colonna sonora, su... (e meno male, ché altrimenti mi toccava dargli 6). Insomma, considerato il contesto in cui è stato realizzato, Soul Jar è un videogioco che esplicita chiaramente quale sia il livello di qualità a cui è arrivata la scena dello sviluppo indie underground. Sarà anche uno stupido “platform bidimensionale costituito da un solo livello lineare, della durata di pochi minuti, con tre colori in croce, nessun testo a video. un numero di pixel tanto ridicolo da essere contenuto in un eseguibile di appena 2,7 MB, corto, semplice, tecnicamente mediocre, incompleto, abborracciato e difficile da controllare...” (cit. autoreferenziale), ma sul perché ve ne consiglio il download non voglio dilungarmi oltre: me lo saprete dire voi. 8

Quando i suoi scudi saranno sufficientemente carichi, il robot ci proteggerà dalle tempeste di sabbia altrimenti letali.

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HARDWARE Le nostre prove

T

he Games Machine valuta l’efficienza di schede video e computer completi con diversi videogiochi, caratterizzati dall’adozione di tecniche e librerie differenti: Crysis 2, Batman: Arkham City, Metro 2003, Alien Vs Predator e altri, pronti a intervenire in caso di necessità, tutti aggiornati alle loro ultime versioni. I test di velocità vengono effettuati, salvo in casi particolari, su un testbed composto da una scheda madre Intel DX79SI Extreme, con un processore Core i7 3960 a frequenza standard, 16 GB di RAM e un disco fisso Seagate Barracuda da 7200 giri/minuto, il tutto alimentato da un Enermax Revolution 85+ da 1050 W. Le risoluzioni di riferimento sono 1680x1050, 1920x1080 e 2560x1600 pixel: le impostazioni sono scelte in modo che i giochi offrano la massima qualità visiva e un framerate

ottimale, per cui possono cambiare in base al titolo e alla risoluzione. Secondo la tradizione, l’occhio umano percepisce un movimento fluido quando riceve dai 30 ai 60 fotogrammi al secondo, in base al proprio “allenamento” e alle proprie capacità soggettive. Per questa ragione, abbiamo fissato il traguardo della fluidità a 45 fotogrammi al secondo, un valore medio al di sotto del quale riteniamo le prestazioni insufficienti. Evitiamo tuttavia di mostrarvi grafici e benchmark poiché, a lungo andare, abbiamo notato che i valori possono cambiare sensibilmente in base ai driver utilizzati e, alla fin fine, differenze del 5 o del 10% fra un prodotto e l’altro non cambiano la vostra esperienza di gioco, che è il risultato su cui abbiamo deciso di concentrarci invece che su futili lotte all’ultimo frame.

il prodotto del mese

L

a scheda video GeForce GTX 660 Windforce è il prodotto che, nelle prove di questo mese, ci ha convinto di più.

Ecco i suoi pro, in pillole: · Buona memoria (2 GB di memoria video a 6 GHz permettono di giocare fino a 2560x1600 pixel) · Dissipatore silenzioso (il Windforce è efficiente, bello da vedere e il rumore prodotto si attesta tra i 36 e i 38 dB) · Nuova GPU (la GK106 arriva a 1.098 MHz in boost)

NEWS IN BREVE APPLE E SAMSUNG: LA GUERRA CONTINUA Chi pensava che la recente condanna di Samsung a pagare 1 miliardo di dollari bastasse ad Apple per terminare la guerra, si sbagliava di grosso. Rincuorata da una sentenza inversa in Giappone e dal recente sblocco delle vendite del Galaxy Tab 10.1, Samsung ha denunciato Apple per aver infranto, con il suo iPhone 5, ben otto brevetti appartenenti all’azienda coreana. Il processo si terrà nuovamente in California nel corso del 2014.

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LI CHIAMAVANO TRINITÀ Ha finalmente debuttato la nuova famiglia di APU – CPU con GPU integrata – per computer desktop targata AMD, precedentemente nota come “Trinity”. Si tratta di sei processori a 2 e a 4 core con frequenze variabili fra i 3,4 e i 3,8 GHz, dotati di GPU Radeon HD7000 integrata e con prezzi che variano da 50 a 120 dollari. Vedremo nei prossimi mesi se riusciranno a dare del filo da torcere ai Core i3, i loro naturali concorrenti.

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GLI ULTRABOOK DELUDONO ANCORA Non è bastata la nuova generazione di processori Ivy Bridge a scatenare il boom delle vendite degli Ultrabook, i portatili super-sottili fortemente voluti da Intel. Le previsioni di vendita per quest’anno si sono ridotte da 22 a 10,3 milioni di unità, mentre quelle per il 2013 da 61 a 44 milioni. Il motivo non è tanto legato all’appetibilità del prodotto, quanto al suo prezzo: gli ultrabook sono ancora troppo cari per scalzare tablet e notebook tradizionali.

IL BORSINO

DELL’hardware

The Games Machine tiene sotto osservazione una ventina di componenti hardware di qualità, segnalando le loro variazioni di prezzo col passare del tempo. Di tanto in tanto cambiano, escono o rientrano in classifica, a seconda delle occasioni. Così con un colpo d’occhio è possibile individuare subito gli affaroni del mese!

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INTEL CORE i7 3960X GEFORCE GTX 690 INTEL CORE i7 3930 GEFORCE GTX 680 RADEON HD7970 GHz Edition RADEON HD7970 GEFORCE GTX 670 INTEL CORE i7 3770K INTEL CORE i7 3820 INTEL CORE i7 3770 GEFORCE GTX 660 ti RADEON HD7950 GEFORCE GTX 660 RADEON HD7870 AMD FX-8150 RADEON HD7850 RADEON HD6870 AMD FX-8120 INTEL CORE i3 2100 AMD FX-4100

€ 910 € 890 € 539 € 439 € 409 € 350 € 329 € 310 € 275 € 275 € 270 € 269 € 215 € 210 € 170 € 165 € 149 € 145 € 110 € 95

LEGENDA: cpu = processore centrale; scm = scheda madre; vid = scheda video; ssd = unità storage a stato solido; mem = memorie; hdd = disco fisso; mon = monitor; var = varie ed eventuali Dopo un mese di folle crescita generalizzata dei prezzi, il mercato ha cominciato a raffreddarsi (sentirà pure lui l’incombere dell’inverno?), mostrando anche qualche timido ribasso – a tutto vantaggio del nostro portafogli. Cambiamenti di poco conto, però, a cui i pochi prodotti nuovi introdotti nel frattempo non sono riusciti a contribuire, lasciando il settore grosso modo nella medesima condizione del mese scorso. Vedremo se, con il Natale alle porte e le nuove tecnologie in arrivo, qualcosa riuscirà a smuoversi nelle prossime settimane...


A cura di: Paolo Besser (paolone@sprea.it)

AMD FX-8150

€ 170

Il nuovo arrivo di AMD delude un po’le aspettative ma colpisce nel segno, rivelandosi un formidabile “motore”per una macchina da gioco. Otto core e ampia possibilità di overclock sono le sue armi vincenti.

INTEL CORE i3 2100

€ 110

L’offerta di schede madri basate su chipset X79 si è ampliata esponenzialmente, ma per affidabilità e possibilità di espansione questa piattaforma resta una delle migliori. Consigliatissima.

Volete il massimo? Ma proprio il massimo? E allora non c’è niente di meglio di un paio di GeForce GTX 680 in SLI. Possibilmente con tre monitor full-HD da usare in stereoscopia...

GIGABYTE GA-990XA-UD3

€ 95

Una scheda madre con socket AM3+ ottimale per la piattaforma “Scorpion”, dotata di USB 3.0, porte SATA a 6 GB/s e possibilità di usare più schede video in Crossfire o SLI, a un prezzo davvero incredibile.

ASROCK H67M

€ 65

€ 890

€ 215

GEFORCE GTX 660

La nuova proposta di Nvidia riesce a essere abbastanza convincente da scalzare la Radeon HD7870 da questa invidiabile posizione. Ma alla fine le due si equivalgono.

€ 129

RADEON HD6850

Economico ma potente, questo dual-core con HyperThreading è un vero asso nei videogiochi. 3,1 GHz spesi molto bene, con cui è possibile giocare degnamente a qualsiasi cosa.

Piccola ma efficiente, questa scheda madre ha tutto l’indispensabile e consente l’alloggiamento di un processore Sandy Bridge, di 2 moduli di memoria e di una scheda video PCI Express.

Con un inspiegabile colpo di coda, le ultime HD6870 rimaste sono tornate a lambire i 150 euro, lasciando alle sorelline minori lo scettro delle più ottimali schede video di fascia bassa.

MEMORIE

DISCO FISSO

MONITOR

16 GB PC XPG GAMING SERIES V2 € 170

OCZ VERTEX 3 MAX IOPS EDITION 240 GB € 380

EIZO SX3031W-BK

Coi prezzi che corrono, conviene comprare 4 moduli da 4GB di velocissima RAM DDR3 da 2.000 MHz, perfetta per gli overclock più spinti. 16 GB in totale dovrebbero bastare per tutti...

Il drive SSD preferito da chi non vuole compromessi! Fino a 550 MB al secondo in lettura su porte SATA-III a 6Gbps e 500 MB/s in scrittura: un vero fulmine.

30 pollici, 2560x1600 pixel, rapporto di dimensioni 16:10, immagini molto chiare, tempo di risposta di 6 ms e chiave HDCP compresa nel prezzo. Costoso ma grande.

8 GB KINGSTON KHX1800C9D3K2 € 90

2x SEAGATE BARRACUDA 7200.12 1 TB € 150

SAMSUNG SYNCMASTER T24B350EW € 240

Un quantitativo ideale di memorie DDR3 che unisce l’ottimo prezzo a buone prestazioni. La frequenza di lavoro è 1.800 MHz.

Il costo dei dischi fissi è calato, quindi vale la pena metterne due in una più veloce configurazione RAID: chi predilige la capienza userà un Raid-0, chi la sicurezza un Raid-1.

Un interessantissimo monitor Full-HD da 24”, di pregevole fattura, con pannello LED, risposta di 5 ms, sintonizzatore TV digitale integrato, ingressi HDMI e D/SUB.

4 GB KINGSTON KHX1800C9D3K2 € 45

SEAGATE BARRACUDA 7200.12 1 TB € 75

ACER V223W

Due moduli da 2 GB ciascuno della stessa memoria RAM DDR3, che costituisce il minimo indispensabile per un PC dei giorni nostri.

Oltre alla capienza, questo disco assicura buone prestazioni grazie a 32 MB di cache e rotazione di 7200 giri/minuto.

Anche i PC economici possono tranquillamente gestire le risoluzioni Full-HD, perché dunque non approfittarne, se esistono buoni monitor da 22” a questi prezzi?

Novembre 2012

€ 930

€ 119

The Games Machine

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TOP

GEFORCE GTX 690

OTTIMALE

La nuova “fuoriserie” di Intel si piazza al vertice delle prestazioni, dall’alto dei suoi 6 core con HyperThreading e dei suoi 3,3 GHz che salgono a 3,9 in modalità Turbo.

INTEL DESKTOP BOARD DX79SI € 300

ECONOMICA

€ 910

Scheda Video

TOP

INTEL CORE i7 3960X

Scheda Madre

OTTIMALE

PROCESSORE

I componenti giusti per creare tre configurazioni da gioco: top (per i maniaci), ottimale (miglior rapporto prezzo/prestazioni) ed economica (per risparmiare).

ECONOMICA

IL PC IDEALE


HARDWARE OPACO DA + SCHERMO 1600x900 PIXEL

Anche se gli schermi “glossy” hanno un aspetto migliore, condividiamo la scelta di usare uno schermo standard, privo di fastidiosi riflessi. La risoluzione di 1600x900 pixel può rendere disagevole la lettura in soli 13,3”, ma permette di mostrare molti contenuti.

+ USB 3.0

Non sono presenti unità ottiche, ma una delle due USB a disposizione adotta lo standard 3.0.

+ Tastiera Comoda

La tastiera è comoda e non prevede tasti numerici. Il touchpad sottostante è ampio e piuttosto sensibile al tocco.

Series 9 NP900X3C Produttore: Samsung Prezzo indicativo: € 1.399

L

a superstizione associa al numero 13 una serie indefinita di disgrazie ma, nel caso di questo portatile, sembra aver portato davvero fortuna a Samsung. Il nuovo Series 9 NP900X3C è spesso soltanto 13 millimetri e dispone di uno schermo di 13,3 pollici, eppure nasconde al suo interno un meraviglioso concentrato di potenza, leggerezza e comodità d’uso. Sebbene i videogiocatori più esigenti difficilmente potrebbero accontentarsi della pur buona HD4000 integrata nel processore centrale Intel, tutti gli altri concorderanno con noi che si tratta di un valido ultrabook: la potenza del processore centrale consente, infatti, di usare questo portati-

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The Games Machine

le per qualunque genere di applicazione, magari sfruttando la modalità boost della CPU a 2,6 GHz, con due core che “sembrano quattro” grazie all’ormai collaudatissima tecnologia HyperThreading. Chi ha bisogno di usare le macchine virtuali troverà nel Core i5 3317U un fedele alleato e l’unico limite, in questo caso, può essere rappresentato dal drive SSD su cui è installato il sistema operativo: è velocissimo nei caricamenti e nei

USB 3.0, Ivy Bridge e uno schermo da 13.3” in poco più di un Kg

Novembre 2012

riavvii, ma offre decisamente poco spazio rispetto agli standard attuali. Poco male: la porta USB 3.0 consente l’uso di drive esterni cui è possibile accedere a gran velocità, perdendo poco rispetto a un collegamento diretto. Ciò che, invece, può non piacere è il limite di due sole porte USB, a cui però si pone facilmente rimedio infilando un hub nella borsa. Insomma, non sarà il laptop migliore per giocare, ma è un vero piacere da portarsi in giro, visto che pesa solo un chilo e 160 grammi. Peccato per il prezzo, non proprio “accessibile”, giustificato dalla leggerissima e resistente scocca in duralluminio.

8.5


-

GRAFICA INTEGRATA

Pur desiderando sempre che, insieme alla grafica integrata, ci fosse una GPU dedicata ai giochi, la HD4000 di Intel supporta le DirectX 11 e se la cava abbastanza bene: soddisferà chi vuole farsi una partita ogni tanto, senza pretendere il massimo del framerate.

+ DRIVE SSD DA 128 GB

Il “disco fisso” non è molto capiente, solo 128 GB, ma è di tipo SSD, quindi risulta molto veloce e capace di caricare il sistema operativo in pochissimi secondi. Inoltre, permette di riprendere il lavoro da uno stato di ibernazione quasi istantaneamente.

Fritz! Powerline 500e Produttore: AVM Prezzo indicativo: € 129

O

rmai le reti wireless la fanno da padrone e, in qualsiasi condominio, non è inusuale imbattersi in una selva di reti a cui, alle volte, è perfino facile connettersi a scrocco... Ma ci sono casi in cui l’uso del wi-fi diventa impraticabile, vuoi per le dimensioni dell’ambiente, vuoi per la suddivisione in più piani. Allora, la soluzione migliore è affidarsi a una powerline, cioè usare la rete elettrica per trasportare anche i dati. L’installazione è davvero alla portata di tutti: si prendono i due filtri nella scatola e se ne mette uno vicino al router e l’altro nella stanza che dobbiamo collegare. Fine del problema. La velocità

massima teorica consentita da questo kit è 500 Mbps, ma le prestazioni degradano mano a mano che ci si allontana e in relazione alla qualità dell’impianto stesso, che può essere “sporcato” da derivazioni fatte male, cavi troppo vecchi, prese montate con noncuranza e così via. Al punto che, nei casi peggiori, si possono ottenere velocità fino a 10 volte inferiori. Poco male, considerando che 50 Mbps sono sempre più di quelli offerti dalle migliori linee ADSL, permettendo la condivisione dell’accesso a internet senza particolari problemi.

8.0

3 DI ULTIMA + CPU GENERAZIONE

1

Il processore centrale è un potente Core i5 3317U, una CPU dual core che può eseguire fino a 4 processi per volta, con un range di frequenze da 1,7 a 2,6 GHz. Dispone di tutte le istruzioni per la virtualizzazione e del sistema di sicurezza Intel Anti-Theft technology.

2 4

HIDDEN FEATURE

O

sservando bene il portatile sul suo lato destro, noteremo una piccola“scanalatura” nella parte inferiore dell’unità. Si tratta in realtà di un drive per schede di memoria SD che Samsung ha saputo includere nell’apparecchio senza dare troppo nell’occhio.Apochicentimetrididistanza,c’è ancheunconnettoreEthernetnonstandard, che permette il collegamento a una LAN tramite un adattatore proprietario.

+ 1 INDICAZIONI CHIARE

Basta collegare gli adattatori alle prese di corrente con la spina integrata, e ai computer tramite un cavo ethernet, per stabilire una connessione nel giro di 5 secondi, comprovata dall’accensione di alcune spie.

PER - 3 PESSIMO I TRASFERIMENTI

Per una connessione point-2-point fra due nodi, finalizzata a trasferire file o stream dati ad alta velocità, purtroppo, questa soluzione non va bene. Meglio tirare un cavo di rete se possibile. Per condividere internet è OK.

+ 2 SEGNALE CRITTOGRAFATO

Se temete che il vicino di casa possa appropriarsi dei vostri dati... state pure tranquilli: la comunicazione fra i due terminali è crittografata secondo gli standard AES, con una chiave a 128 bit.

+ 4 CONSUMI RIDOTTI

Gli apparecchi consumano un massimo di 4 W durante il funzionamento e 1 W in standby. Non rappresentano quindi una voce di rilievo sulla bolletta a fine mese. Ah, se si potessero usare le powerline dappertutto!

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The Games Machine

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HARDWARE + EFFICIENTE E SILENZIOSO

Con un rumore di esercizio pari a 37 dB, l’ottimo dissipatore TwinFrozr usato da MSI riesce a mantenere le temperature di esercizio della GPU in un intervallo compreso fra i 30 e i 65° C. Ovviamente questo non considera gli eventuali overclock aggiuntivi dell’utilizzatore.

+ GPU COLLAUDATA

La GPU fornita in dotazione con le schede GeForce GTX 660ti è l’ormai rodata GK104, la stessa presente nelle sorelle maggiori GTX 670, GTX 680 e, in duplice esemplare, GTX 690. Anche in questo caso monta 1344 core, ma le ROP sono ridotte da 32 a 24.

Best Buy

+ CONSUMI NELLA MEDIA

Con i suoi 150W di consumo complessivo, la GTX660ti di MSI riesce a contenere il dispendio energetico. Ha bisogno di un alimentatore da circa 600W per funzionare stabilmente e va collegata con due spinotti da 6 contatti.

- BUS CASTRATO, MA SUFFICIENTE

L’ovvia differenza con il modello superiore GTX 670 è rappresentata dalla “riduzione” del memory controller, che passa da 256 a 192 bit. Ma la frequenza di lavoro dei 2 GB di VRAM GDDR5 resta sempre la stessa: 6 GHz.

GeForce GTX 660 Ti Power Editon Produttore: MSI Prezzo indicativo: € 299

A

qualche mese di distanza dall’introduzione della nuova architettura Kepler, capace a nostro avviso di risolvere tutti i problemi della precedente Fermi (soprattutto sul fronte del consumo energetico), Nvidia ha finalmente deciso di rimpolpare la sua offerta di “fascia media”, quella compresa fra i 200 e i 300 euro per capirci, notoriamente di grande importanza strategica. Il primo modello con cui lo ha fatto è la GeForce GTX660ti che forse, a ben vedere, avrebbe potuto chiamarsi GTX 670 LE, SX, Value Edition o qualunque altra corbelleria partorita dal marketing. Si tratta, infatti, di una versione ridotta della GTX 670, che sfrutta la medesima GPU e, nella proposta di riferimento, adotta addirittura le stesse frequenze di lavoro della sorella maggiore! Ciò che cambia

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The Games Machine

è la disattivazione di uno dei quattro memory controller che formano il bus a 256 bit, con il passaggio a un’ampiezza totale di 192 bit. Questo comporta anche lo “spegnimento” di 8 ROP, che da 32 scendono a 24. E le prestazioni? Le prestazioni, in realtà, cambiano di poco o niente, al punto che basta overcloccare la GPU come ha fatto MSI in questo modello, per raggiungere di fatto le sorelle maggiori. Certo, i benchmark continueranno a mostrare qualche barretta leggermente più lunga con le GTX 670, ma l’esperienza di gioco sarà quasi del tutto indistinguibile, per

Costa meno di una GTX 670, e rischia di essere più veloce!

Novembre 2012

non dire sostanzialmente identica. MSI ha aumentato la frequenza di clock della GPU da 915 a 1.020 MHz, permettendole anche di lambire i 1.100 MHz in modalità boost. Le poche differenze si sentiranno nei titoli che sfruttano a più non posso la banda di trasmissione verso la memoria, ma non sono poi così tanti e le differenze, lo ripetiamo, non saranno mai marcate. In definitiva, ci troviamo di fronte a un’ottima scheda in grado di rivaleggiare direttamente con le sorelle GTX 670 e addirittura con le concorrenti Radeon HD7970, proposte ancora oggi a prezzi sensibilmente superiori. I consumi sotto controllo e l’ottimo dissipatore sono altri due punti a favore da tenere assolutamente in considerazione.

9.0


GeForce GTX 660 Windforce Produttore: Gigabyte Prezzo indicativo: € 239

L

e nuove GeForce GTX 660 (senza la sigla “Ti”) rappresentano la seconda, interessante novità autunnale di Nvidia per quanto riguarda la cosiddetta “fascia media”. Il prezzo, in questo caso, si attesta fra i 200 e i 250 euro, e le prestazioni sono sicuramente invidiabili in quanto superano, sensibilmente, quelle medie delle Radeon HD7870, le loro principali concorrenti. Stavolta, però, Nvidia non si è limitata a prendere un chip già esistente e a “ritagliarlo” un po’, ma ha prodotto una GPU tutta nuova chiamata in codice GK106, più piccola rispetto a GK104 e quindi più economica da produrre. La nuova arrivata mette a disposizione 960 CUDA core, un numero sensibilmente inferiore rispetto ai 1.344 delle sorelle GTX 660ti e 670, ma comunque

Best Buy

!

sufficiente a garantire una velocità d’azione in qualche modo comparabile e, in alcuni casi, addirittura sugli stessi livelli. La modalità SLI, inoltre, è un vero punto di forza: sebbene sia possibile installare solo due di queste schede, il connubio è perfetto e garantisce un effettivo raddoppio delle prestazioni alle risoluzioni più alte, consentendone un impiego ideale nelle configurazioni multi-monitor, magari in stereoscopia. Due di queste schede costano meno di 500 euro e offrono prestazioni comparabili

Il confronto nella fascia media si fa davvero interessante!

a quelle delle Radeon HD6990: un bel risultato, considerando che queste ultime sono ormai introvabili. GigaByte, inoltre, ha fornito una bella interpretazione di queste schede, portando la frequenza di base da 980 a 1.033 MHz, e arrivando a lambire i 1.100 MHz in modalità boost. Non solo: ha aggiunto un bel dissipatore che, oltre a essere oggettivamente fashion, riesce a mantenere sempre basse le temperature di esercizio di GPU e memorie, pur restando sostanzialmente in silenzio anche nelle sessioni di gioco più intense. Insomma, un altro prodotto che ci è piaciuto moltissimo, e che ci sentiamo di consigliare a chiunque stia cercando una scheda video sotto i 250 euro.

9.0

+ BUONA MEMORIA

2 GB di memoria video sono più che sufficienti per una scheda di questo livello e, grazie alla velocità effettiva di 6 GHz, consentono di giocare a qualunque risoluzione, fino a 2560x1600 pixel.

PUÒ SOLTANTO “RADDOPPIARE”

Con un solo pettine per la modalità SLI, è possibile installare soltanto due di queste schede per raddoppiarne virtualmente le prestazioni. Si tratta però di un’opzione interessante, perché con 500 euro ci si avvicina alle prestazioni di una ben più costosa GTX 690.

SILENZIOSO + BELLO, ED EFFICIENTE

Il dissipatore Windforce che dà il nome alla scheda è pratico, silenzioso e molto bello da vedere, con le sue enormi ventole che si estendono per tutta l’ampiezza della base metallica. Le temperature di esercizio variano fra i 30 e i 60°C, e il rumore fra i 36 e i 38 dB.

+ NUOVA GPU

La nuova GPU GK106 ha un’architettura piuttosto strana: adotta 5 cluster di CUDA core per un totale di 960 unità, ma mantiene un bus verso la memoria di 192 bit e i 24 ROP del modello GTX660ti. La frequenza di clock è 1.033 MHz, ma può salire in boost a 1.098.

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TECNO TGM Intel e AMD:

uno sguardo al futuro

Tempo di anticipazioni sulle nuove architetture per i due grandi produttori di CPU x86...

La fotografia di un prototipo di processore Haswell, mostrato all’ultimo IDF. Prepariamoci a cambiare scheda madre, però, visto che il socket sarà diverso.

C

on i processori Ivy Bridge in vendita ormai da diversi mesi e i Bulldozer in procinto di lasciare spazio ai Piledriver, Intel e AMD possono cominciare a diffondere notizie in merito alle architetture che, in futuro, ne prenderanno il posto. E nelle ultime settimane sono emersi alcuni dettagli che, presi singolarmente, non stupiscono più di tanto ma, se li mettiamo in parallelo fra di loro, mettono in evidenza le diverse problematiche e le finalità che le due aziende hanno deciso di affrontare e raggiungere per prime. Sono molto diverse fra loro.

Intel sempre più “verde” Accantonata la corsa ai benchmark e alla velocità assoluta, Intel ha cambiato progressivamente rotta, cercando di produrre processori sempre più efficienti e capaci di risparmiare energia

quando la medesima non è davvero necessaria. Un’inversione di tendenza cominciata con i Core 2, proseguita senza sosta per gli ultimi cinque anni, e che con la nuova architettura Haswell, successiva a Ivy Bridge, apparirà più chiara che mai. Secondo la famosa ciclicità di Intel, Haswell costituisce un “tock” per l’azienda, ovvero l’introduzione di una nuova famiglia di CPU realizzata con il processo produttivo introdotto all’ultimo “tick”, in questo caso i transistor “3D” da 22 nanometri. Come prevedibile, i dettagli sull’architettura sono ancora top secret, ma già si sanno molte cose. Per esempio, che sarà introdotto un nuovo set di istruzioni che estenderà l’attuale AVX, chiamato con molta fantasia AVX2. Gli scopi restano i medesimi, ma cambierà l’implementazione: si potranno effettuare 32 operazioni in virgola mobile a singola precisione e 16 a doppia per ogni ciclo di clock, esattamente il doppio rispetto a Sandy Bridge, come doppia è la banda di trasmissione dei dati da e verso la cache L1: 64 byte al secondo in fase di caricamento e 32 byte al secondo in fase di scrittura, contro i 32 e 16 delle architetture precedenti, con un impatto sulle performance complessive che Intel stima intorno al 10%. Un altro piccolo passo avanti e non una rivoluzione, insomma, un po’ come avvenne qualche mese fa con il passaggio da Sandy a Ivy Bridge.

La grafica raddoppia Come prevedibile, un altro elemento di distinzione rispetto a Ivy Bridge sarà la GPU integrata nei nuovi processori, che raddoppierà il numero di unità di esecuzione rispetto all’attuale HD4000. Si tratta di un passo dovuto: le soluzioni grafiche di Intel fino a Sandy Bridge hanno sempre deluso le aspettative, assestandosi su livelli incapaci di competere perfino con le schede video più economiche, ed è solo con l’ultima generazione che hanno cominciato ad alzare la testa. AMD, però, forte di più di vent’anni di esperienza di ATi, ha sempre proposto soluzioni migliori nelle sue APU. Superare le pur buone prestazioni di HD4000 è tuttavia doveroso nell’ottica complessiva del prodotto che Intel vuole vendere: l’ultrabook. Non si può proporre al pubblico dei portatili stilosi, sottili e inaspettatamente potenti, e poi cadere sulle prestazioni nei videogiochi. Non a caso, molti produttori accostano alla grafica integrata anche una GPU dedicata di altre marche, allo scopo di darle manforte quando da sola non riesce a reggere il carico di operazioni richieste. E, dato che stiamo parlando ultrabook, va necessariamente preso in considerazione un ultimo aspetto fondamentale: il risparmio

Lo schema di funzionamento della nuova GPU integrata nei processori Haswell. Oltre al raddoppio delle unità di elaborazione, conterrà texture unit più efficienti e sarà compatibile con DirectX 11.1, OpenCL 1.2 e OpenGL 4.0.

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The Games Machine

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A cura di: Paolo Besser (paolone@sprea.it)

E ora, con l’aiuto del sole, vincerò! AMD ha parecchia strada da recuperare sul fronte dell’IPC (istruzioni per giri di clock): con Steamroller andrà a ottimizzare diversi elementi delle architetture Bulldozer e Piledriver.

Probabilmente, in questo periodo, il cruccio maggiore di Intel è rappresentato dalla sua scarsa presenza nel settore mobile, dovuto principalmente al ritardo con cui ha presentato valide alternative ai prodotti basati su ARM, in un settore dove i consumi ridotti costituiscono una priorità sulle prestazioni generali. Diciamocelo francamente: di telefoni e di tablet basati su Atom se ne sono visti veramente pochi. Sarà per questo che con Haswell l’azienda americana ha cambiato drasticamente rotta e, per fugare qualunque residuo di dubbio, ha mostrato un prototipo di computer basato su CPU Haswell alimentato a pannelli solari, come le calcolatrici tascabili.

energetico. Haswell introdurrà un nuovo power state chiamato S0ix, soprannominato anche “active idle”, in cui i nuovi processori verseranno praticamente sempre. Il passaggio da S0ix a S0 (attività), sarà infatti 20 volte più veloce rispetto al passaggio a qualunque altro power state, e garantirà una maggiore autonomia dalla rete elettrica, oltre a un consumo complessivamente inferiore da parte della CPU. Una cosa, dice Intel, mutuata dal mondo dei tablet e degli smartphone.

Mezzi pesantissimi... Avrebbero voluto evocare i potenti mezzi da lavoro impiegati nei cantieri edili, ma alla fine i primi processori Bulldozer di AMD sono riusciti al massimo a ricordare un famoso film con Bud Spencer. Il vecchio Bud, però, le dava di santa ragione, mentre i processori FX nei benchmark hanno preso un sacco di mazzate, ritagliandosi comunque una considerevole fetta di pubblico grazie all’intelligente (e doveroso) posizionamento sulla fascia medio-economica del mercato. Non stupisce nessuno, quindi, se la prima preoccupazione di AMD con la successiva famiglia Piledriver sia stata l’aumento dell’IPC (istruzioni per giro di clock) e delle performance generali, piuttosto che la riduzione dei consumi. La prossima generazione ancora, chiamata in codice Steamroller, proseguirà sulla strada dell’ottimizzazione delle risorse e dell’efficienza dell’architettura, a partire dalla velocità con cui le pipeline dei vari core saranno riempite di istruzioni. Se avete ancora presente l’architettura di Bulldozer, dovreste ricordare che i core sono raggruppati a due a due, e ogni coppia si “contende” una FPU in comune. In capo a ciascuna coppia di core c’è una singola unità di decode che, con Steamroller, verrà suddivisa in due, in modo che ogni core ne abbia una dedicata. Inoltre, verranno ridotti sia gli usi impropri della cache, sia il numero di predizioni errate da parte della branch prediction unit, con incrementi dell’efficienza stimati intorno al 25%, che però non implicano affatto un analogo miglioramento delle prestazioni generali. Un altro intervento importante riguarda la dimensione della cache L1 per le istruzioni, aumentata rispetto ai 64 Kbytes nei core Bulldozer, mentre il vero colpo di genio riguarda la cache L2: ora questo componente può cambiare dimensioni dinamicamente, in blocchi da 1/4 del totale, in base al carico di lavoro richiesto al sistema. Si può dunque disattivare un singolo blocco per ridurre al minimo i consumi.

pologia di prodotti a cui queste soluzioni sono destinate: tablet, notebook, piccoli desktop, ma anche stavolta il primo obiettivo di AMD è stato l’incremento dell’IPC rispetto alla generazione precedente, cercando di raggiungere frequenze maggiori a parità di voltaggio e di contenere i consumi. I core Jaguar saranno molto più sofisticati dei Bobcat, visto che supporteranno una maggiore quantità di istruzioni (SSE4.1, SSE4.2, AES, CLMUL, MOVBE, AVX, XSAVE/XSAVEOPT, F16C e BM1), e avranno a disposizione una cache L2 unificata e in grado di dimezzare la sua velocità operativa rispetto a quella del processore, quando non è richiesto uno sforzo maggiore. Non manca, infine, un nuovo power state anche per lei: il CC6, in grado di consumare meno corrente rispetto al “più usuale” C6. .

...e piccole pesti AMD ha parlato anche di Jaguar, l’architettura che prenderà il posto di Bobcat nella “parte x86” delle APU per piccoli notebook e dispositivi tascabili. In questo caso, oltre alle prestazioni, è indispensabile contenere al massimo i consumi energetici, vista la ti-

Uno schema comparativo delle due architetture Bulldozer e Steamroller. Come si nota, le novità maggiori sono rappresentate dal raddoppio delle unità di decode e dalla maggiore specializzazione della FPU di ciascun modulo.

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consolemania corner

DISHONORED D

all’incontro fra Harvey Smith (Deus Ex), Raphael Colantonio (Arx Fatalis e Dark Messiah – Might and Magic) e Viktor Antonov (il grafico dietro la City 17 di Half-Life 2) non poteva che venire fuori un gran gioco. Non voglio ribadire i concetti espressi nella lunga e accurata recensione a opera del ToSo, anche perché dopo otto pagine risulterei finanche ridondante. Mi concentrerò quindi sugli aspetti relativi alle versioni console, in particolare quella PS3, che ho avuto la fortuna di sviscerare a dovere, pur temendo di dovermi confrontare ancora una volta con un adattamento poco curato e/o frettoloso. Nulla di tutto ciò, anche perché gli Arkane Studios non hanno certo passato il tempo a canticchiare Drunken Sailor gonfi di rum, impestando i devkit in preda ai fumi dell’alcol (cosa che io avrei fatto senza la benché minima vergogna). Facezie a parte, per una volta l’Unreal Engine 3 si comporta degnamente anche sulla console Sony, presentando una grafica decisamente pulita e dettagliata (del resto lo stile simil-dipinto aiuta molto), grazie a un utilizzo accorto dell’antialias (probabilmente di tipo FXAA) e a un texture streaming davvero ottimo, che solo in rare occasioni mostra i livelli di rendering progressivi (un problema piuttosto noto del motore di Epic). Buono anche il frame rate, quasi privo di incertezze, con il pad che si comporta bene in ogni occasione, anche se bisogna ammettere che i vari aiuti alla mira semplificano non poco la vita. Per me è un sì (per dirla alla Maionchi). TMB

MARK OF THE NINJA

U

n titolo fortemente stealth in 2D non è cosa di tutti i giorni. Se poi aggiungiamo il filtro “capolavoro” alla ricerca, allora si rischia di restare con una sola mano a tenere il conto. Se guardate bene, una delle dita è inesorabilmente occupata da Mark of the Ninja, uscito al momento solo su Xbox 360 (ma una versione PC è in arrivo a breve, forse già mentre state leggendo queste parole). Vestiremo i panni di un assassino silenzioso, che non ox 360 -Xb solo deve muoversi nell’ombra, ma 3 anche sfruttare le possibilità offerte da un buon numero di gadget e dallo scenario per avanzare il più possibile non visto. Un level design sopraffino e tanto stile sono gli ingredienti principali di un gioco imperdibile. Parola di Kikko. Kikko

Vita - PS PS

DS - DS -3

95 i - PSP Wi

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A cura di: ToSo, TMB & Kikko

onostante il buon Itagaki sia passato ad altro, Team Ninja non molla il colpo su quella che è la serie più “pruriginosa” di sempre, cioè Dead or Alive. Dopo il pessimo Ninja Gaiden 3, fortunatamente il team di sviluppo è riuscito questa volta a confezionare qualcosa di decoroso, il che è un notevole passo avanti. -Xbox 3 S3 Niente che possa impaurire i mostri sacri del genere picchiaduro, intendiamoci; tuttavia, DOA5 fa quello che deve, ossia diverte senza troppi pensieri grazie a un’azione veloce e frenetica, lontana dai tatticismi a volte estremi di altri celebri concorrenti. Vi farei comunque un torto se non segnalassi come il vero plus sia rappresentato dalla solita pletora di figliole in abiti talmente succinti da far scandalizzare persino Maria Ozawa, ma che ve lo dico a fare... Kikko

S Vita -P P

80

60

3DS - D

S

S Vita -P P

60

90

DEAD OR ALIVE 5 N

3DS - D

S

-Xbox 3 S3

i - Wi - PSP

i - Wi - PSP

RESIDENT EVIL 6 S Vita -P P

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S

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-Xbox 3 S3

3DS - D

Tocca farsene una ragione, quei tempi sono andati e non torneranno mai più. Abbiamo però un buon action-game, pieno zeppo di scene mozzafiato, esageratissime e cialtrone, immerse in una storia incasinata come non mai. Ci sta tutto, ma non bisogna approcciarlo sperando di respirare quell’atmosfera di terrore e inquietudine che caratterizzava Raccoon City. TMB

60

6

00 persone hanno lavorato duramente per dare vita al Resident Evil più grande di sempre. Tre campagne (più una segreta) uniche, dedicate rispettivamente a Leon Kennedy, Chris Redfield, Jake Muller e Ada Wong, per un totale di oltre 25 ore di gioco. Tanta, tantissima carne al fuoco, con il rischio di creare scoramento fra i fan storici, quelli, per intenderci, che si aspettavano un ritorno alle origini. Ve lo diciamo una volta per tutte: son passati 7 anni dal quarto capitolo della saga, quello che ha messo una pietra sepolcrale sullo stile survival horror di RE.

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TIME MACHINE »Sid Meier

La nascita di Microprose

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ello scorso numero, in occasione dei 30 anni del Commodore 64, abbiamo parlato di John Twiddy, ma rimanendo in tema di anniversari illustri, nel 2012 anche Sid Meier soffia le candeline sul trentennale della sua carriera nell’industria. Un traguardo di per sé significativo, impreziosito dagli obiettivi raggiunti strada facendo, come la fondazione di una delle più influenti softco degli Anni ‘80 e un catalogo di iconici titoli all’attivo. Perché il gioco, per Sid, è una passione saldamente insita nel DNA: soldatini, boardgame e giochi di carte erano i suoi compagni durante l’adolescenza, e la scoperta dell’informatica al college fu la porta per un nuovo mondo. Qui imparò i rudimenti della programmazione, creando, strada facendo, semplici videogiochi per svago. La scintilla che permise il suo ingresso nel mercato scoccò durante una noiosa conferenza per l’azienda in cui lavorava negli Anni ‘70, sorbita letargicamente assieme al collega John Wilbur “Wild Bill” Stealey, ex colonnello dell’aero-

nautica militare. In un momento di pausa si trovarono di fronte a un simulatore di volo dove Sid riusciva costantemente a sconfiggere il computer, indovinando i pattern di attacco del rozzo avversario binario. Deluso dalla scadente performance, dichiarò di poter creare un gioco migliore in un paio di settimane. Wild Bill raccolse la sfida al volo: questo evento gettò le basi per la nascita della leggendaria Microprose. Spitfire Ace (1982) è il nome del gioco, un simulatore ambientato nella Seconda Guerra Mondiale che mette l’utente alla cloche di uno Spitfire inglese nei cieli sopra Londra a caccia di incursori tedeschi. Sviluppato da Sid inizialmente su Atari a 8 bit, il titolo vanta alcune trovate che sarebbero divenute col tempo un marchio di fabbrica di Microprose, come scenari diversi e un debriefing/medagliere in seguito a ogni sortita. Gli inizi furono piuttosto modesti, considerata la futura importanza della softco: a quei tempi Sid programmava i giochi, li imbustava, e Bill scorrazzava con il prezioso carico per tutta la East Coast, commerciando direttamente con i vari rivenditori. Nel giro di qualche anno, però, il gigante si sarebbe destato, diventando LA softco per eccellenza per tutti coloro che cercavano software simulativo di qualità, ma non solo. A fianco di classici come Gunship o F-15 Strike Eagle, Microprose avrebbe anche pubblicato prodotti più “leggeri” ma non per questo sotto gli alti standard raggiunti, come Microprose Soccer, a cura di Jon Hare e della

sua Sensible Software. Sid, da parte sua, era in prima linea e sfornava simulatori di buon livello, sebbene le conversioni fossero spesso opera di altri programmatori, come Dale Gray. Erano i tempi della grafica in wireframe, espediente che presentava scenari crudi controbilanciati da un aggiornamento dello schermo sufficientemente veloce; non a caso, il Freescape a poligoni solidi di Driller, Dark Side o Castle Master, negli anni successivi sarebbe stato visto come una vera meraviglia, donando fama a Incentive che, però, non lo concesse mai ad altri sviluppatori. Sid riuscì comunque a creare ambientazioni convincenti anche grazie al know-how militare del collega: F-15 Strike Eagle (1984) porta i giocatori nelle zone più “calde” dell’epoca, lassù tra i cieli della Libia, del Vietnam e del Golfo Persico. Duelli aerei e missioni di bombardamento donano una buona varietà alla simulazione anche grazie al variegato armamento del caccia, che affianca a missili e bombe anche contromisure come i chaff, rendendo in questo modo gli scontri ben più complessi di quelli che gli smanettoni dell’epoca erano abituati ad affrontare. Il gioco lasciò il segno, generando, negli anni, due seguiti nonché la prima e unica sortita di Microprose nel campo dei giochi da sala. La versione arcade di F-15 Strike Eagle uscì, infatti, nel 1991, sullo stesso hardware proprietario che l’anno dopo avrebbe fatto girare B.O.T.T.S. (Jaleco), un gioco di combattimento a bordo di robot in stile MechWarrior. Un esperimento tanto impressionante quan-

Nei cieli dell’Inghilterra in Spitfire Ace. NATO Commander è il primo strategico di Sid: la strada per il successo di Civilization comincia qui.

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A cura di: Danilo Dellafrana

to scarsamente diffuso: sebbene gli pseudo simulatori fossero, all’epoca, ben accetti nelle sale giochi, grazie a titoli quali Steel Talons o Hard Drivin’ di Atari, F-15 riuscì a farsi conoscere a stento dal solo pubblico a stelle e strisce. Ma torniamo ai nostri home computer: Sid non si dedica solo a simulatori, e decide di tentare qualcosa di diverso con NATO Commander (1983), il suo primo strategico. È un grande titolo ambientato in un instabile clima da Guerra Fredda, pronto a degenerare nella terza guerra mondiale. Le scelte devono essere prese in tempo reale, con la possibilità di mettere in pausa l’azione per ponderare la prossima mossa, sia che si parli di schierare le truppe sia che si pensi di utilizzare armi di distruzione di massa. Notevoli gli eventi casuali, come eventuali dichiarazioni di neutralità dei Paesi coinvolti o scioperi che influiranno sull’approvvigionamento di armamenti. Nel 1985, il nostro Sid scrive Kennedy Approach, un titolo ancora più particolare, visto che si tratta di un simulatore di torre di controllo. Il giocatore deve governare il traffico aereo, gestendo atterraggi e decolli negli spazi aerei di Dallas, Atlanta, New York, Washington e Denver. Diversi aerei hanno differenti velocità di approccio, le distanze tra i velivoli vanno ponderate e, ai livelli seguenti, situazioni climatiche avverse si sposano con situazioni di emergenza per rendere più frenetica la gestione. Kennedy Approach viene anche ricordato per il massiccio utilizzo di voci digitalizzate che riproducono gli scambi di informazioni tra apparecchi e torre di controllo. Silent Service, sempre datato 1985, cambia radicalmente l’ambientazione, mettendoci ai comandi di un sommergibile americano nel Pacifico, durante la Seconda Guerra Mondiale. Anche questa volta, una buona varietà di scenari e tattiche sono a disposizione dei novelli capitani, che fareb-

bero bene a sorbirsi il corpulento manuale prima di entrare nel battello. Silent Service è un osso duro, specialmente negli stage avanzati, dove le navi giapponesi girano con notevoli scorte, capaci di mandare in crisi giocatori e gioco, dato che per i limiti dell’epoca solo quattro torpedini potevano essere visualizzate sullo schermo contemporaneamente, rendendo le battaglie contro diversi natanti più difficili del dovuto. Il seguito, uscito nel 1990 e scritto da Roy Gibson, risolve buona parte dei problemi anche grazie all’hardware più performante: il titolo è uno dei primi a vantare l’uso della VGA a 256 colori, appena in tempo per affrontare la diretta concorrenza di 688 Attack Sub di Electronic Arts. Gunship (1986), d’altra parte, è privo di punti deboli. Stavolta si pilota un elicottero AH-64A Apache, e le strategie di volo sono completamente nuove rispetto a quelle del passato. La spina dorsale dell’esperienza è la massiccia campagna in cui combattere per tutto il Globo, salendo di grado e conquistando medaglie dopo ogni missione, ma anche la flessibilità della simulazione permette nuovi approcci. L’assenza di limiti di tempo consente, ad esempio, di atterrare per rifornimenti e riparazioni e riprendere il volo nella stessa missione; a tal proposito entra in gioco il sistema anti-pirateria, con il personale di terra che richiede parole d’ordine scritte sul manuale durante l’avvicinamento, pena l’abbattimento da parte dei nostri stessi alleati. Se Silent Service raggiunge il NES grazie alla conversione di RARE, Gunship conquista il mondo, venendo adattato anche su macchine giapponesi come Megadrive, X68000 e FM Towns. Il vero cambio di rotta avviene con Sid Meier’s Pirates!, così chiamato su suggerimento di Wild Bill: Sid aveva fino a quel momento legato il suo nome alle simulazioni di mezzi vari, e l’affezionato pubblico

doveva sapere che anche questo originale gioco ambientato nei Caraibi era farina del suo sacco. Pirates! ha superato a pieni voti la prova del tempo, con le recenti, ottime conversioni per iDevice che completano l’impressionante lista di adattamenti, tra cui quella per NES, dove il tabacco veniva sostituito dal frumento per venire incontro al rigore di Nintendo of America. Stavolta il giocatore sguazza nel mare, con un mondo aperto dove prendere le proprie decisioni al fine di condurre una gloriosa e danarosa carriera, in bilico tra le potenze inglesi, spagnole, francesi, olandesi e la pirateria dilagante. Il traguardo è raggiungere il punteggio più alto al momento di appendere il timone al chiodo, con qualsiasi mezzo possibile. Salire di grado con la nazione alleata, voltare faccia e divenire fedeli a un’altra bandiera, commerciare beni, cercare tesori, dedicarsi alla pirateria oppure fare tutte queste cose insieme: Pirates! offriva varietà e rigiocabilità assolutamente innovative, elementi che avevano già garantito lo stato di cult a Elite di David Braben. Colpo d’occhio nei duelli e decisioni tattiche a lungo termine rendono ogni partita diversa dalla precedente; tuttavia, il gioco dovette attendere addirittura il 2004 per un seguito spirituale, ma di questo parleremo nel prossimo numero… `

L’interfaccia semplicistica viene valorizzata dal significativo uso della sintesi vocale in Kennedy Approach.

Una sosta sulla terraferma, ponderando la prossima mossa in Pirates!

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BOVABYTE la robba dura del pastore

IL mouse indispensabile

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arra una leggenda che i computer abbiano un’anima. Non si sa se sia vera o meno, ma di sicuro hanno un corpo fisico fatto di plastica e silicio che, immaginiamo, avrà sicuramente le sue necessità. Dovrà essere pulito di tanto in tanto, per esempio. Dovrà essere lucidato, potremmo aggiungere. Ma se teniamo conto anche del fattore “anima nascosta”, ecco che sarà opportuno moltiplicare queste necessità all’infinito. Pensiamo per esempio a cosa succede nella trilogia di Toy Story: chi ci dice che alla Pixar non conoscano una scottante verità, e che i giocattoli non prendano davvero vita, facendoci le boccacce, quando non li guardiamo? Potrebbe capitare anche agli accessori del computer. E, infatti, è successo. Dall’improbabile storia d’amore fra una vecchia tastiera e un mouse, è nato un ibrido che faceva senso un po’ a tutti: non aveva abbastanza tasti, e le tastiere lo disprezzavano; aveva troppi tasti, e gli altri mouse si impaurivano. Finché non passò di lì il signor Logitech, che raccattò il freak e lo mise in produzione, dandogli pure un nome (G600) e markettandolo come “il mouse perfetto per i MMORPG alla World of Warcraft”, dove notoriamente servono tanti tasti per giocare. Ma, per amor di chiarezza, facciamo due passi indietro. Cos’è il G600? È il nuovo mouse del Pastore. Appena lo ha visto se n’è innamorato e, al lancinante grido di “Beeeeeeelloooooo! Com’è professionaaaaleeeee!” se n’è appropriato e non ha più voluto restituircelo. Cos’abbia di diverso rispetto a tutti gli altri mouse è presto detto: ha ben 20 (sì, avete letto bene, venti) tasti programmabili, di cui 12 (sì, dodici) direttamente

raggiungibili con il pollice della mano destra. Le restanti funzionalità si possono ottenere combinando questi ultimi con il pulsante a cui assegnerete la cosiddetta funzione “G-Shift”, una sorta di tasto Shift per per il mouse. Ma non è certo l’unica feature di questo meraviglioso apparecchio. Come ci tiene il Pastore a sottolineare, “ha pure la retroilluminaziooooneee, e può cambiare colore da una palette di 16 milioni di tonalitàaaaaaa!”, intonandosi perfettamente con il fondale del desktop o con qualunque altro inutile dettaglio a cui il nostro pecoraio redazionale dia una momentanea importanza capitale. E non è finita qui, perché se i venti tasti e l’illuminazione in technicolor non bastassero, è sul sensore che si è concentrato veramente il feticismo del Pastore: ben 8.400 punti per pollice, un record di precisione in grado di polverizzare qualunque “topo” abbia usato in precedenza: “Oraaaa, solo il mio futuristico progetto di mouse con microscopio elettroooonicoooo sarà più preciiisooo”. Ma tranquilli, come sempre c’è il pulsante per ridurre questa precisione a livelli effettivamente usabili, prima che il puntatore cominci a schizzare come un matto per tutto lo schermo, alla minima vibrazione tellurica che abbia avuto luogo dall’altra parte del pianeta. L’unica questione su cui restava da indagare era: dato che il Pastore NON gioca MAI con i MMORPG, né a qualunque altro videogioco, a cosa diavolo gli potrà mai servire un mouse del genere? Alla fine, abbiamo approfittato della sua assenza e abbiamo scoperto la sua configurazione, che riportiamo tale e quale nella prossima pagina...

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A cura di: Noi Bovas (noibovas@bovabyte.com)

LA CONFIGURAZIONE DEL PASTORE...

CON E SENZA G-SHIFT!

G15: Esegui benchmark sintetico per valutare le prestazioni del processore centrale/Esegui benchmark sintetico per valutare le prestazioni del RAID di drive SSD. G16: Esegui benchmark sintetico per valutare le prestazioni della scheda video nel calcolo parallelo/ Esegui benchmark sintetico per valutare le prestazioni del sistema di raffreddamento. G17: Collegati al forum di hwupgrade.it sotto mentite spoglie per bullarti/Lancia il traduttore istantaneo dal Pastore all’Italiano.

G9: Lancia IE e collegati al sito di YouPorn/Chiudi IE G10: Scarica il video precedentemente visualizzato/ Il video non mi piace più, cancellalo. G11: Metti immediatamente a pieno schermo una schermata farlocca di Microsoft Excel/Metti immediatamente a pieno schermo il desktop di Windows

Rotella per i close-up

G18: Apri il VoIP e chiama i Bovas al telefono per comunicare loro la tua nuova idea infelice/Apri il VoIP e chiama la Ditta Airons™ di Vigevano. G19: Apri il Media Player e riproduci le tue suppliche precedentemente registrate/Chiudi Media Player istantaneamente. G20: Chiama il tecnico per rimediare alla tua ultima azione sconsiderata/Chiama il servizio delle pompe funebri e organizza il funerale del cluster.

G12: Collegati al sito Intel per vedere se è uscito un processore Xeon “più poteeenteee”/Collegati al sito di AMD per vedere se è uscito un Opteron “più velooooceee”. G13: Collegati al sito di Nvidia per vedere se è uscita una scheda Tesla “più professionaaaleee”/Collegati al sito di Matrox per non perdere le vecchie abitudini. G14: Collegati al sito www.trovaprezzi.it per comprare qualche pataccata nuova/Collegati al sito di Engadget per vedere le ultime novità tecno-fetish.

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tgm mail Prosopopea - 3 ottobre 2012

A CHI LO SPEDISCO? DAI, CHE È FACILE!

[Corri, ragazzo laggiù]

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ome spesso mi accade, l’entusiasmo mi coglie d’improvviso, in genere nel cuore della notte, in genere in un contesto di esplorazione del nuovo, in genere con enorme ritardo sul resto del mondo giocante. La causa del mio pernottare alle 6 di mattina, questa volta è stato il più volte commentato e già ampiamente scoperto Minecraft. Non sono dunque qui a spiegarvi alcunché di nuovo, solo a condividere l’entusiasmo come spesso fate con me. Uno dei romanzi d’avventura che ho preferito in gioventù è stato L’isola misteriosa di Verne. Ricordo ancora distintamente alcuni personaggi (Cyro Smith, mai un ingegnere ebbe tanto fascino, Pencroff...) e nel tempo ho cercato quel sapore un po’ ovunque, trovandolo ora qua (Robinson’s Requiem) ora là (la ben più nota serie Lost). Ebbene, è tornato prepotente laddove non credevo, in mezzo allo stile allegorico di Minecraft. Superato l’impatto straniante di un universo cubettoso, ho percepito di nuovo il

Il mio ‘amico’ Steam Un nero vessillo e come emblema un meccanismo composto da omero e radio meccanici innestati e alimentati dal vapore. Questo dunque è Steam: un iconico Jolly Roger issato contro la pirateria, di più: gestore di DRM, negozio virtuale, officina di sconti e offerte, centro di manutenzione e pratica installazione automatica delle patch; punto di raccolta e focolare elettronico per le comunità di amici. Ma Steam non è solo rose e fiori: aggiornamento di Steam in corso, aggiornamento non riuscito, errore 1316, gioco non disponibile al momento, lag di internet, installazione di Steam non riuscita e questo al primo tentativo, un inizio scevro di buoni auspici. Verrebbe da dire: «Si poteva tranquillamente farne a meno», tuttavia è impossibile arrestare l’avanzata di internet, contrastare il mutamento di tutto ciò che aveva una

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fisicità nel suo equivalente virtuale. Scatole, dischi, manuali, mappe e ultime, ma non ultime, riviste di settore: tutto diventa immateriale; lo spazio improvvisamente è diventato tiranno e i negozi reali sono troppo lontani dalle nostre comode postazioni ultraconnesse. Lasciate che questo caparbio nostalgico dischiuda ancora una volta la *sua* scatola di Planescape: Torment e ne riveli i tesori perduti, ne saggi con il tatto la dura consistenza, dacché il vapore è sostanza impalpabile. Luca Sartori Luca, guarda, uso steam da 7 anni, l’ho installato con Half-Life 2 e non ero entusiasta dell’idea. Poi ho iniziato adusufruirne sempre più frequentemente, trovando periodicamente un botto di titoli a prezzi stracciati o comunque ottimi prezzi. Ho giocato titoli su Steam qui a Cagliari, sui miei

senso di pericolo, la necessità di sopravvivere, il tepore di un cantuccio, nonché la voglia e la gioia dello sperimentare. In coda a questa TGM Mail, Luca ci parla di sandbox; Minecraft ne incarna lo spirito in modo esemplare. Pur non ricercando il realismo estremo (in particolare dal punto di vista estetico), è straordinariamente ricco di possibilità e di cura del dettaglio. Credo che il tilt maturi nel momento in cui la sperimentazione arrivi a premiare; quante volte vi è capitato di pensare “proviamo a fare questa cosa, sarebbe bello se fosse possibile” per restare poi irrimediabilmente delusi? La forza di questo titolo sta nel dare risposte, dove ce le si aspetta, ma anche oltre. Nel sorprendere. È pieno di “prime volte”, nonostante il meccanismo reiterato della raccolta di materie prime (anche solo scovare una nuova nuova materia prima è momento di gioia). Elaborare, cuocere, realizzare, costruire nuovi strumenti. E poi far correre la fantasia oltre i limiti. Massimo Svanoni storici computer fissi, e nella mia parentesi milanese su un laptop che non era il massimo. Scrissi una mail a Massimo anni fa, in cui lamentavo una politica di prezzi, in digital delivery, per nulla diversa dal GameStop vicino casa mia. Però continuo a trovare occasioni a buonissimi prezzi (ultimo acquisto: Rome Total War a UN EURO). Non ho mai avuto un problema di installazione con un gioco o altro. I problemi di Steam venivano dalla MIA connessione: se cadeva, le patch o i giochi non si scaricavano, oppure semplicemente venivano giù molto lenti, con un lag che qui spesso è la norma. Però, in sette anni, Valve ha fatto un lavoro di supporto costante al suo servizio di DD; tanto di cappello a Gaben per aver visto più lontano di altri molto prima degli altri. Alberto Suella Anch’io la penso come Alberto, sono pienamente soddisfatto di Steam, che

Un sandbox, se vogliamo, è equiparabile a un lungo periodo di meritate ferie (spesso in un resort di lusso) dopo il duro lavoro profuso in un’avventura particolarmente ostica o in un rpg ‘duro e puro’ Luca Sartori

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ora come ora sarebbe per me irrinunciabile (in 4 anni ho accumulato una cosa come 150 giochi). Le offerte poi sono spesso imperdibili (Max Payne 3 al 50% neanche 2 settimane dopo l’uscita e cose così). La possibilità di avere i tuoi giochi sempre a disposizione, indifferentemente dal computer. La possibilità di comprare i giochi (e qui ci sarebbe un bel discorso da fare sul “feticcio” della scatola :)) e poterne usufruire su qualunque computer si desideri. La possibilità di fare un backup del gioco duramente scaricato per poterlo installare come e quando si vuole (e non è da dare per scontato, quella porcheria di Origin manco te lo lascia fare il backup. Ora che ho cambiato PC è stata un’odissea di editing del registro di sistema per far capire a quello stupido programma che Battlefield 3 era già presente nella sua cartella e che non lo doveva scaricare un’altra volta!). Certo, ci sono anche i contro: alcuni dicono che il servizio clienti faccia schifo (non ho mai avuto modo di provarlo) e la posizione dominante che sta assumendo fa un po’ paura (un tiranno, per quanto illuminato, resta un tiranno). Ma per ora non cado in certe visioni distopiche e mi godo un

TGM BAZAR: le foglie cadono, tinyurl. com/tgmbazar resta. TGM MAIL: www.tgmonline.it/ contact, selezionando TGM Mail o, attraverso la solita xam@sprea.it con subject [TGM Mail] (parentesi comprese). Dai, dai! il blog: Appete (apps.facebook. com/thegamesmachine/) e blogghete (www. tgmonline.it/). Aggustateveli. LA REDA: Redazione è uno stato mentale (redazione@ tgmonline.it). servizio gratuito e fatto con amore :) Emanuele Fedele Luca, rileggo con interesse ciò che hai scritto. Forse apparteniamo a un mondo in cui lo scatolo aveva una sua “importanza”. Immagino ricorderai le vecchie recensioni dove la confezione aveva parte nel punteggio finale. Sono in accordo, oggi ci adeguiamo e prendiamo ciò che ci serve, ma ho sempre una sensazione da “pirata” quando uso il DD. Forse è per questo motivo, o sull’onda di tale motivazione, che ho sviluppato la passione per le collector’s edition (low cost). È vero che l’esperienza virtuale è immateriale, ma avere un prolungamento nel fisico, con orpelli vari, gli stupendi artbook, è un’esperienza che mi piace vivere ogni volta. Ma, del resto, sono rimasto legato a carta e penna per un lungo periodo, e solo ora che ho un piccolo notebook utilizzo Google Doc come primo strumento. Gli adeguamenti non sono sempre necessari, devi prima passare dentro di


A cura di: Massimo “Xam” Svanoni (xam@sprea.it)

piccoli lettori crescono...

So che non siamo soliti farlo, ma quando mi è arrivata in mail la foto di questo piccolo lettore, non ho potuto fare a meno di chiedere al papà l’autorizzazione per poterla pubblicare. Il piccolo Federico compie un anno proprio il 28 di ottobre, quindi tra una manciata di giorni. A lui, e ai genitori, vanno i migliori auguri da parte di tutta la redazione! ToSo

Io vorrei poster, quadri, altro merchandising compreso nelle riviste e nei giochi. Non è idolatria, è immersione. Quando guardo i miei quadretti di BioShock “paving the future” mi ritornano in mente molti concetti importanti, che esulano dal gioco in sé Gabriele Villa te e vedere se quello che lasci è meglio rispetto a quello che trovi. Il DD, la sua completa immaterialità, mi mette a disagio, mi sembra di poter perdere i dati da un momento all’altro (beh, un’altra generazione la mia). Sono nato con un negozio che vendeva solo giochi pirata ed era legale, allora. La confezione rappresentava un arrivo, un punto di orgoglio, lo è rimasto ancora per me. La scatola posso prestarla, posso rivenderla, posso mostrarla. Questi prodotti lo permettono? Avere salvata in rete la propria libreria di giochi è certamente utile ma non sostituisce il resto. Nostalgia? Non solo, anche praticità, ricerca di estetica e completezza. Io vorrei poster, quadri, altro merchandising compreso nelle riviste e nei giochi. Non è idolatria, è immersione. Quando guardo i miei quadretti di BioShock “paving the

future” mi ritornano in mente molti concetti importanti, che esulano dal gioco in sé. Gabriele Villa Ho percepito la stessa sensazione giusto ieri, quando, dinanzi a una stupida collector di Uncharted 3 (che già possiedo in versione plain), ho vacillato. Giusto per un paio di mappe, stupidate, eccetera. Già. Questa necessità di avere un riscontro fisico delle emozioni tastate con l’anima, all’interno di tutti questi altrove immaginati da altri per noi, mi lascia un pelo perplesso. Credo si tratti semplicemente di un’agevolazione tattile al ricordo, perché di tutto lo scatolame che ho dinanzi mentre scrivo potrei anche fare a meno. So che è lì, so che dentro quelle scatole di cartone ci sono cose, ma è difficile che ne apra una. Ciò anteposto, Steam, nel complesso, è ancora una buona cosa. E, come vi dissi,

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lo attendo impaziente in edizione Linuzza.

Notte d’autunno Ciao Xam, in questa notte d’autunno travestita ancor d’estate lascio qualche input su questo schermo bianco, cercando di cogliere alcuni concetti che mi ronzano in testa: 1) Batman: Arkham Asylum. Lo sto completando ora (un po’ in ritardo lo so, ma ho aspettato di poterlo giocare decentemente, tutti mi dicevano “è un capolavoro”). Commento dopo cinque minuti: wow! Commento dopo 5 ore: uff, ma quanto manca allo scontro finale? Il gioco è realizzato molto bene intendiamoci, però diventa presto ripetitivo. Sarà che dopo i 30 esigo di più, però che te ne fai di tanti gingilli e potenziamenti se poi la strada per andare avanti è praticamente obbligata? Affido le mie speranze a Dishonored e ricordo già con nostalgia Deus Ex. 2) La Funcom continua ad avere buone idee, purtroppo le realizza male e perde un sacco di dobloni. Ma un bel seguito di Dreamfall, no eh? 3) Non è grottesco che nei giochi di guida dedicati alla F1 la migliore IA sia ancora quella di GP3/GP4 e la Codemasters in tre anni di sviluppo e con più fondi a disposizione non sia riuscita minimamente ad avvicinarsi a quei livelli? A dire la verità nemmeno i Simbin hanno fatto mai miracoli in quel settore; possibile che solo Crammond avesse trovato la formula perfetta e mai più replicabile? 4) Che ne pensi di The Walking Dead della Telltale? Imho è un gioiellino (almeno finora), anche se poco interattivo. 5) W i finali chiusi e appaganti, basta finali aperti e/o frettolosi! Noi videogiocatori dobbiamo urlarlo, perché pare tiri una brutta aria già da un po’...

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Batman. Al di là del fatto che ormai

associo l’uomo pipistrello a una serie di vicende di mala politica o nel migliore dei casi a una pellicola che ho trovato noiosa, della sua incarnazione ludica ho sentito e sento dire un gran bene. Lo preciso perché provandolo ho avuto la tua medesima impressione. Ma si è trattato di una prima impressione e la sua bellezza (una delle tante) sta nel modo in cui progredisce il tuo combattere, nel modo in cui concateni movimento, nelle combo, eccetera. La domanda che ti rivolgo è: a quale livello di difficoltà lo stai giocando? Quanto alla Funcom, Tornquist e più in generale il team di Dreamfall sono stati occupati da Secret World (un MMO apparentemente interessante ma anche incompleto). Certo, stando alle sue esternazioni su Twitter, avrebbe voglia di dare un terzo capitolo alla saga di The Longest Journey, ma di qui ad avere qualcosa di concreto ne corre... Circa le simulazioni di motori taccio, ma ti confermo il mio interesse per The Walking Dead. Non ci ho ancora messo sopra le zampette, però.

Nel magico mondo dei Sandbox Parco ludico o riserva virtuale del giocatore esigente, un mondo sandbox affascina per le molteplici possibilità: opportunità di plasmare, di cambiare, di travalicare i confini tracciati dalla consuetudine (laddove in molti titoli le acque di un fiume sono spesso tabù, per l’indolenza dei programmatori, e le staccionate al pari di invalicabili montagne). Sovente costretto, il giocatore avverte la necessità di scuotere le immateriali sbarre che lo intrappolano, forzandolo a partecipare a interminabili battaglie o obbligandolo a lunghe permanenze in dungeon

infestati senza via d’uscita. In simili circostanze nasce l’esigenza di entrare in un universo sandbox, di dire: «Adesso basta!», voglio dirigere *io* il gioco, poiché abbisogno di parlare, cavalcare, esplorare, entrare in una locanda e mangiare una mela, senza un perché, senza che vi sia un termometro dell’appetito e anche se l’azione non sblocca un achievement. Ma soprattutto matura il desiderio di fermarsi, di ammirare il fogliame sugli alberi, di rilassarsi, perché, quando il nobile mestiere dell’eroe ‘stanca’, deve essere sempre possibile ripiegare, pianificare una migliore strategia, essere costantemente padroni delle proprie azioni e del tempo di gioco. Sopraffatto dalla libertà dei mondi sandbox, il giocatore può arrivare a compiere gli atti più folli come impilare soprammobili, apparecchiare un umile tavolo, oppure salire sulla cima di una rocca antica, mentre il sole virtuale concepisce un crepuscolo viola con la linea dell’orizzonte. O ancora, tuffarsi nelle acque tinteggiate dal tramonto a caccia di perle, mentre le alghe vengono accarezzate dalle correnti marine. In questa dimensione sublime, passeggiare per le città restituisce una sensazione prossima alla verosimiglianza, perché insieme al giocatore la gente viene e va, indaffarata nelle faccende quotidiane, orchestrando un traffico simulato, il tutto intessuto di quest ed erbe alchemiche. Il tessuto connettivo, che plasma la realtà dei giochi free roaming, è dimensione aggiunta che acuisce i sensi e stimola a cogliere quei dettagli che nel 90% dei titoli passano inosservati, disciolti nel

Makerando

Questo genere di iniziative ci piace. Trattasi di contest per la creazione di un videogioco per PC, senza vincoli sulla piattaforma. Scadenza 30 Giugno 2013. Sbrigatevi! tinyurl.com/makerando Novembre 2012

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tgm mail Il tessuto connettivo, che plasma la realtà dei giochi free roaming, è dimensione aggiunta che acuisce i sensi e stimola a cogliere quei dettagli che nel 90% dei titoli passano inosservati, disciolti nel blur della frenesia Luca Sartori

3DOF

Ossia, quando l’artigianato sconfina nel pro. Aldo Campodonico ha realizzato questo prototipo di sistema di movimento, adatto alla simulazione delle tre principali forze in gioco nei simulatori di guida e volo: longitudinale, laterale e verticale. Tra i simulatori supportati: la serie Drift, rFactor 1 e 2, Live for Speed, Richard Burns Rally, GRID, F1 2010/11, GTR 1 e 2, GT Legends, Grand Prix 4, Flight Simulator X, X-Plane, Falcon 4.0. zs3dof.jimdo.com/

la scelta è sempre libera, così come è possibile, armati della pazienza del brigante, acquattarsi dietro un cespuglio per un’imboscata; oppure sostare ingannando il tempo in attesa dell’ora più buia per l’omicidio, quando l’ombra cupa scende nel magico mondo dei sandbox. Luca Sartori Il presupposto, ancora una volta, è la bellezza. La qualità. Perché questo concetto di gioco funzioni è necessario sostituire lo sforzo creativo del designer narratore con il nostro. Occorre lavorare di fantasia, inventare, riempire laddove lo “strumento” gioco si fa lacunoso. E questa fatica deve essere supportata dalla qualità. Passeggiare per una cittadina deve risultare credibile; le attività dei PNG devono essere verosimili e devono provare a evitare la macchia della perfezione, magari rendendosi imprevedibili. Lo stesso mondo deve essere ricco, deve presentare nel suo alveo una moltitudine di possibili situazioni. Se la caccia si risolve in un “sparo una freccia a qualcosa che si muove” è interessante la prima volta, la seconda poi stufa. Se diventa pericolosa può essere interessante. Se, dopo qualche reiterazione, ancora sorprende, meglio. Solo sulla base di un mondo verosimile e reattivo può costruirsi la bellezza di un sandbox.

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Involuzione blur della frenesia; quando invece può palesarsi il desiderio di auscultare la terra per avvertire i passi di un animale furtivo e così attenderlo con la spada

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sguainata, o un incantesimo acceso nel palmo della mano, pregustando il momento della caccia, della sfida. Attaccare con impeto o incoccare una freccia…

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C’è un’involuzione nel modo di giocare, un fine ‘meno nobile’ verso cui indirizzare energie e tempo spesi davanti a uno schermo. Il videogiocatore non è più quel professionista

che si aggirava per casa con la mente nebulosa ottenebrata da un enigma apparentemente insolubile; con il blocchetto di carta e la matita sul mobiletto del computer pronto a prendere appunti perché il diario delle missioni era poco più che una pergamena disorganica. Oggi c’è lui: mister !, amico del giocatore occasionale, segnaletica stradale del semplice. Eppure perché stupirsi? I giochi sono nati per ingannare il tempo, per fare punti e raccogliere fruttini colorati, non per tediare il giocatore con arzigogolate missioni o complicati sistemi RPG. E così anche Diablo (nella sua più recente incarnazione) diventa facile facile. Diciamocelo: non c’è niente di male e forse l’età appena passata era preziosa perché vogliamo ricordarla così, soprattutto perché eravamo giovani. Nondimeno mi piace crederlo, tanto da esserne assolutamente convinto, i videogiochi sono cresciuti e maturati nel tempo: hanno ‘visto’ il periodo d’oro delle avventure grafiche (con the Longest Journey e i mondi onirici di Myst) e hanno reso giustizia a quella bella e aristocratica arte che è il Dungeons & Dragons (Planescape: Torment e KOTOR). Oggi assistiamo a un declino, o forse sarebbe più onesto chiamarlo un ritorno alle origini, dove gli achievement la fanno da padrone e il punteggio torna sovrano. L’obiettivo principale di Mass Effect 3, per esempio, è riconducibile all’incremento di meri

numeri che vestono i roboanti epiteti di war asset e galactic readiness (servissero poi a qualcosa!). Nel terzo capitolo della saga più famosa di Mamma Bioware manca il piacere dell’esplorazione cosmica presente nel primo episodio (per quanto eccessivamente ripetitiva) e neppure troviamo quella meravigliosa complessità dei rapporti interpersonali che tanto mi ha affascinato nella seconda incarnazione. La missione più bella di ME2? Quella dell’Ardat Yakshi che, senza colpo ferire, racconta di personaggi verosimili e degli umani conflitti. Un’involuzione strutturale, dunque, che riguarda tutti gli aspetti del gaming, partendo dalla difficoltà fino a toccare aspetti quali la complessità del level design e la profondità delle quest. E se in Jade Empire, già agevolato, possiamo ancora ricavare un piacere puro dalla scoperta di una cultura aliena, unitamente alla possibilità di decidere se assoggettare o meno un potere divino (in una delle più potenti choices & consequences del videoludo), in Dragon Age II il nostro fine consta giocoforza nello sbloccare il tier successivo di abilità, per poter continuare a fare un ottavo di danni per colpo ai nostri avversari. Luca Questa ve la lascio come pensierino della buonanotte. Ne riparliamo.

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AU REVOIR Una nuotata, ecco quel che ci vuole.


PAROLE DI ADSO La sindrome influenzale di quest’anno è una cosa da paura; io ne so qualcosa. Lo dico perché questa vuole anche essere una pagina di servizio. Ah sì, continua la n-logia della nascita di NGI.

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Enter

Sandman

reve riassunto delle puntate precedenti: skyluke incontra Adso per motivi commerciali; Adso gli fa fare un bel colpaccio e si autoinvita a cena nella di lui dimora; skyluke sfida Adso a giocare a Quake 2 su un server appositamente creato sulla rete; Adso rimane sparaflashato (cit.), si compra un PC adeguato e obbliga i suoi collaboratori ad allenarlo. Adso crea dei server di gioco pubblici usando la connessione aziendale. Skyluke la trova una buona idea e nascono due minisiti. Adso si intrippa duro del “lato server” e quasi dimentica il gioco. Ad Adso frulla un’idea e ne vuole discutere a cena con skyluke, in un noto ristorante cinese varesino dove si decide di creare una società, di nome NGI, e registrare domini internet a cannone. Leader S.p.A., storico distributore di videogiochi, si interessa ai due e chiede di entrare nella società.

due giovani in un garage che hanno un abbozzo di idea e si ritrovano a correre più veloce di quanto mai avrebbero creduto

Ripresici dalla botta di adrenalina dovuta alla proposta di Leader, era tempo di cercare di “fermare le bocce” e capire cosa stava accadendo. La sensazione di “giro

A cura di: Luca Cassia (adso@sprea.it)

sull’ottovolante” non cessava di permearci, visto il mirabolante susseguirsi di eventi la cui gestione, come ho già più volte detto, era relegata a ritagli di un tempo libero oramai in totale esaurimento. Rileggendo i capitoli precedenti pare una di quelle storie frizzanti della Silicon Valley: due giovani in un garage (beh, più o meno via!) che hanno un abbozzo di idea e si ritrovano, in un battibaleno, a correre più veloce di quanto mai avrebbero creduto. Giustappunto in quei giorni skyluke doveva incontrare i suoi soci di I.Net, storico internet provider business milanese e gestore del MIX, Milan Internet eXchange, una specie di “Flusso Canalizzatore” (cit.) di Tutta la Internet italiana, un Santo Crocevia di Dati ove tutti i vari provider – da Telecom a Libero, fino a Canistracci Oil (cit.) – dovevano allacciarsi al massimo delle loro capacità di banda per garantire l’intercambio delle differenti reti, e poi, da lì, collegarsi alle varie backbone internazionali per raggiungere il resto dell’intertron mondiale. La riunione doveva vertere sulle classiche cose di cui si parla in questi casi: l’azienda, i clienti, il business, i problemi, e tutte quelle robe lì. Come è giusto che sia, tuttavia, prevedeva anche dei momenti di ilare cazzeggio. In quegli istanti, skyluke disse agli altri soci: “Sapete, con questo tizio che ho conosciuto in quel distributore di hardware e software che ci ha fatto fare tanto sano business e del quale vi stavo raccontando prima, ho anche messo in piedi una piccola società: una community dedicata al gaming online”. Doveva essere (credo nelle sue intenzioni, in effetti qui sto interpretando e un po’ divinando fatti accaduti anni fa) un classico aneddoto, un “pour parler”, una simpatica burla, qualcosa per cui farsi dire: “Cosa?!?!? Gaming online? Ma ti sei dato ai giochini?”. E invece, apriti cielo! Tutta I.Net si dimostrò interessata, uno dei soci fondatori storici affermò addirittura di essere appena tornato dagli USA dove se ne parlava parecchio di ‘sto

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gaming online, di ‘ste community, insomma di tutte ‘ste cose qui! In un primo momento, nientemeno, la buttarono sull’offeso: “Ma come? Fai una società del genere con un perfetto sconosciuto e non ci dici nulla?” Tanto che skyluke ci rimase un po’ male. Restarono d’accordo che la cosa sarebbe stata ridiscussa e che l’allora presidente di I.Net, Roberto Galimberti, uno dei Padri Fondatori della Internet italiana (anche se, vista l’età, lui ama definirsi “il nonno di internet”) avrebbe dovuto incontrare a quattr’occhi il sottoscritto, per conoscermi meglio e capire dove si andava a parare. Skyluke mi comunicò il tutto e io non ero certo tranquillissimo; in fondo, era una specie di Esame, e gli esami, si sa, non sono certo cose che spargono serenità a grappolini. L’incontro avvenne in una stanza privata degli uffici di I.Net, dove mi intrattenni a piacevole colloquio con “il Galimba” parlando proprio di tutto: visioni sul futuro di internet, passioni, idee, amenità. All’uscita, non sentivo di essere stato esaminato in senso stretto. In tutta onestà, però, non sapevo davvero cosa provare, anche se la sensazione di “giudizio in corso” aleggiava nell’aere. Ma giudizio di cosa? Per cosa? Qualche tempo dopo, anche questa nebbia si dipanò, con una proposta al fulmicotone presentatami concitatamente da un galvanizzatissimo skyluke: I.Net desiderava acquisire il 51% della nostra neonata NGI, ci proponeva di trasferire i nostri server di gioco direttamente sul MIX e ci concedeva spazio per installarne altri. NGI avrebbe goduto di una pletora di server di gioco performanti, collegati direttamente con qualunque Internet Provider italiano (e praticamente europeo), offrendo un’esperienza di gioco veloce, con ping basso e praticamente zero lag. Una potenza di fuoco che ci poneva come leader de facto del settore. Ma di quale settore? s

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BACKSTAGE A cura di: Rikkomba, La Vivente (rikkomba@gmail.com)

E le fettine panate?

Del perché ostinarsi a dare voti ai viggì è roba da 84.

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entornati sulla pagina del Backstage, la rubrica che sta al giornalismo come Megazord a Rita Repulsa. L’altro giorno stavo sfogliando il settimo numero di Console Mania, quando all’improvviso leggo: “Da questo numero, esattamente come avviene nel mondo scolastico, un 70 indica un gioco di cui essere soddisfatti”. Parole sagge, specie considerando che ero in quarta elementare. L’INSOSTENIBILE ILCINESITÀ DEL CINESE Una delle cose che ho imparato in un quintale e mezzo di vita è che quando la gente si lamenta in continuazione, probabilmente c’è qualcosa che non va. Ci si lamentava della speculazione finanziaria e della connivenza della politica e quando non c’era più trippa per gatti la finanza ha steso l’economia mondiale. Ci si lamentava dei voti nel 1992 e vent’anni dopo il Baccigalupi viene colpito da un fulmine ogni volta che qualcuno dice “LIMBO”. Vent’anni fa, per una Rikkomba più giovane e ingenua, un 70/99 giustificava l’acquisto. A 2012 inoltrato, i dibattiti sui voti ai videogiochi imperversano ancora. Ora, i videogiochi, o perlomeno quelli divertenti, sono prodotti di consumo: se paghi, ti diverti. Nel momento in cui l’acquisto è raccomandato, a cosa serve il voto? Vi prego di non fraintendermi: il voto numerico, secondo me, è deprecabile. Un gioco da 72 è meno divertente di

un gioco da 71? E un gioco da 75? Quanta risoluzione è necessaria? Cento punti? Cinque stelline? Da 0 a Ocarina of Time? TGM ha ormai da anni adottato un sistema a quattro cuoricini: <3 = il gioco va provato prima dell’eventuale acquisto (1169); <3<3 = ROTFL (da 70 a 84); <3<3<3 = gioco consigliato (85-99); <3<3<3<3 = capolavoro (Torment). Con una valutazione tanto sofisticata, a che servono altri voti? Skyrim ha preso 96 e Arkham City 93: quel 3% di differenza a cosa è dovuto? È un 3% assoluto, o specifico per i generi? E quali generi? Skyrim è un gioco dove ammazzi nemici in un mondo fantastico, facendo punti e acquisendo abilità sempre più esaltanti. Arkham City è Skyrim ambientato a Baranzate di Bollate (Mi), più mantello da +20 al carisma. Per cosa vale quel 3%, se il genere è così simile? Per l’ambientazione? Quanto possono essere diversi due titoli perché un 3% di differenza sia rappresentativo? Per quanto tempo può valere quel 3%, con la legge di Moore? E varrà ancora quando ci ritroveremo con 4 GB di memoria video? E se quel 3% prescinde la tecnologia, cosa ce ne facciamo dell’hardware?

La verità è che il voto numerico è comodo. È comodo per il recensore, che devia l’attenzione da quello che ha scritto al numerino a fondo pagina. È comodo per il lettore, che anziché leggere criticamente può compiere un atto di fede verso un “più di novanta”. È comodo per l’industria videoludica, che senza numerini farebbe molta più fatica a giustificarsi con gli investitori. I cultori del Videogioco Quello Vero berciano tanto di esperienze videoludiche, soggettive e personali, eppure anche gli appassionati di più lunga data lasciano che sia la soggettività di qualcun altro a decidere. Per poi magari uscirsene con: “TGM non mi basta, vado online e ho gratis decine e decine di opinioni”, ossia: “Il numerino di TGM non mi ha informato a sufficienza, anziché leggermi la recensione preferisco andare a vedere qual è la barra più grossa su Metacritic”. Forse dovremmo soltanto deciderci: il Videogioco è un prodotto complesso e degno di analisi approfondite o un prodotto alla moda come tanti? Pensateci, la prossima volta che verificherete online se un voto del Baccigalupi corrisponde al giudizio più frequente.

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Nel prossimo numero HITMAN: Absolution

L’Agente 47 è pronto per tornare in azione!

Il numero di dicembre sarà in edicola il 24 novembre!

Inoltre, sul prossimo numero... ...trovi anche: WRC 3

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www.gamesvillage.it Mensile – 4,99 euro Direttore Responsabile: Luca Sprea – direttore@tgmonline.it Direttore Editoriale: Stefano Spagnolo Redazione: redazione@tgmonline.it Davide Tosini (Responsabile di redazione) Mirko Marangon Ivan Conte Nicolò Digiuni (impaginazione) Marina Albertarelli (segreteria)

Abbonamenti: Si sottoscrivono in 2 minuti con 2 click via web. Trova l’offerta speciale di questo mese all’indirizzo: www.myabb.it/tgm oppure abbonamenti@sprea.it; puoi anche abbonarti via fax 030-3198412, per telefono 199 111 999 dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 19.00. Costo massimo della chiamata da tutta Italia per telefoni fissi 0­ ,12 + iva al minuto senza scatto alla risposta. Per cellulari costo in funzione dell’operatore. Per chi volesse abbonarsi dall’estero +39 041 5099049. Arretrati: Si acquistano on-line all’indirizzo: www.tgmonline.it/arretrati Per informazioni o richieste: arretrati@tgmonline.it oppure al fax 02.700537672

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Hanno collaborato: Luca Cassia, Paolo Besser, Massimo Nichini, Massimo Svanoni, Mario Baccigalupi, Roberto Turrini Digital Media Coordinator: Massimo Allievi

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THE GAMES MACHINE Pubblicazione mensile registrata al Tribunale di Milano il 19/09/1988 con il n. 587 Tariffa R.O.C. Poste Italiane Spa – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Milano Copyright Sprea Editori S.p.A. La Sprea Editori è titolare esclusiva della testata The Games Machine e di tutti i diritti di pubblicazione e diffusione in Italia. L’utilizzo da parte di terzi di testi, fotografie e disegni, anche

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È QUANDO TI SENTI PICCOLO CHE SAI DI ESSERE DIVENTATO GRANDE. A volte gli uomini riescono a creare qualcosa più grande di loro. Qualcosa che prima non c’era. È questo che noi intendiamo per innovazione ed è in questo che noi crediamo. Una visione che ci ha fatto investire nel cambiamento tecnologico sempre e solo con l’obiettivo di migliorare il valore di ogni nostra singola produzione. È questo pensiero che ci ha fatto acquistare per primi in Italia impianti come la rotativa Heidelberg M600 B24. O che oggi, per primi in Europa, ci ha fatto introdurre 2 rotative da 32 pagine Roto-Offset Komori, 64 pagine-versione duplex, così da poter soddisfare ancora più puntualmente ogni necessità di stampa di bassa, media e alta tiratura. Se crediamo nell’importanza dell’innovazione, infatti, è perché pensiamo che non ci siano piccole cose di poca importanza. L’etichetta di una lattina di pomodori pelati, quella di un cibo per gatti o quella di un’acqua minerale, un catalogo o un quotidiano, un magazine o un volantone con le offerte della settimana del supermercato, tutto va pensato in grande. È come conseguenza di questa visione che i nostri prodotti sono arrivati in 10 paesi nel mondo, che il livello di fidelizzazione dei nostri clienti è al 90% o che il nostro fatturato si è triplicato. Perché la grandezza è qualcosa che si crea guardando verso l’alto. Mai dall’alto in basso.


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