DIRIGENTE - Settembre 2019

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SETTEMBRE 2019

LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

NON PROFIT: MANAGER, COMPETENZE E RISORSE NICCOLÒ CONTUCCI direttore generale Fondazione Airc per la ricerca sul cancro

ANGELO MARAMAI direttore generale Fai, Fondo ambiente italiano

VALERIO NERI direttore generale Save the Children Italia

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)


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Editoriale a cura del presidente Manageritalia

SI APRE UNA NUOVA PARTITA

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l nuovo governo si è insediato ed è già al lavoro sulla legge di stabilità 2020 ormai prossima e che, ancora una volta, si preannuncia complessa e piena di nodi da sciogliere. Che ne sarà, per esempio, dei 23 miliardi che servono per disinnescare nel 2020 le clausole di salvaguardia che prevedono l’aumento dell’Iva? Quali interventi il nuovo governo metterà in campo per rendere il nostro mercato del lavoro più rispondente alle esigenze delle persone e delle aziende? Come dare nuova linfa alle politiche attive del lavoro per accompagnare e formare in modo più incisivo i lavoratori nel periodo di transizione? L’Italia è ferma e l’economia ristagna. Le priorità sono tante. Certamente occorre partire dalla ormai improcrastinabile riduzione del cuneo fiscale, il cui rapporto, quando va bene, è di uno a due e si spinge fino a uno a tre per i manager. Questo cronico difetto del sistema italiano va riportato in cima all’agenda politica. Tutto dipenderà dalle risorse economiche a disposizione della manovra e, conseguentemente, della sua portata selettiva o generalizzata. Sarebbe bene anche che il nuovo governo ripartisse da un progetto di recupero della competitività. Fare aumentare la produttività è l’unica via per tornare a crescere. Entro il 2050 i pensionati saranno più numerosi dei lavoratori quale effetto dell’aumento del numero di over 50 inattivi unito al buco demografico che farà mancare circa 6 milioni di potenziali lavoratori. Auspichiamo che il governo più giovane di sempre abbia un’attenzione particolare verso i giovani e verso il lavoro dei giovani. Servono poi una giustizia con tempi certi e fatti concreti contro l’evasione. L’obiettivo primario è alleg-

gerire la pressione fiscale, nel rispetto dei vincoli di equilibrio del quadro di finanza pubblica: auspicando si ricordino anche di chi le tasse le ha sempre pagate, e tante. Anche noi, come il premier Conte, vorremmo, più che una nuova stagione riformatrice, recuperare sobrietà e rigore per invertire gli indirizzi meno efficaci delle azioni pregresse e condividiamo la necessità di attuare una robusta manutenzione del sistemaPaese, intervenendo sulle reti infrastrutturali, materiali e immateriali. Una partita complessa nella quale Manageritalia, e l’intera comunità manageriale, farà sentire la propria voce, anche attraverso i tavoli di confronto istituzionale a cui partecipiamo direttamente o attraverso la Cida. Nel mese di ottobre avremo gli appuntamenti dei Precongressi delle associazioni territoriali, momento fondamentale per avviare un confronto attivo e costruttivo sulle linee strategiche della Federazione in vista del Congresso nazionale che si svolgerà il 15 e il 16 novembre a Milano. I Precongressi costituiscono l’occasione per fornire nuovi spunti alle numerose discussioni auspicando che facciano emergere idee chiare, innovative e condivise su come affrontare le sfide future della Federazione, che nel corso dell’Assemblea nazionale della primavera del 2020 rinnoverà le cariche federali. Per questo, ancora una volta, vi invito a seguirci, ad animare gli incontri e a condividere le decisioni che verranno prese. È fondamentale poter contare sulla partecipazione di tutti gli iscritti alla vita associativa: di persona, ma anche tramite la piattaforma Open 2.0 già online (www.meeting.manageritalia.it). Guido Carella guido.carella@manageritalia.it

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Sommario Cfmt   Copertina  6 La galassia del terzo settore 40 Il valore della diversità generazionale Intervista a Claudia Fiaschi Imprese  8 Numeri in crescita 44 Brunello Cucinelli: 12 L’Italia non profit: un’utopia possibile noi ci siamo! Intervista Intervista a Niccolò Contucci, Paolo Le Pera Angelo Maramai, Valerio Neri 48 Accendiamo l’innovazione? 14 A tu per tu con i manager Economia del terzo settore 52 Lavoro: politiche attive, Eventi vera priorità 20 In vista del SingularityU Uno di noi Italy Summit 2019 Silvano Joly Consumi 56 Fare il manager nell’Ict 24 Le aziende riscoprono gli older? Innovazione RUBRICHE 30 Il neo manager: 28 Osservatorio legislativo caro Matrix, sono io l’eletto! 34 Filosofia in Previdenza 58 Arte 36 I pensionati 59 Letture per manager fuggono all’estero?

InfoMANAGER Manageritalia Executive professional 71 Al via la 14a associazione Manageritalia Manageritalia 74 Innovation manager: ci siamo! Quadri 76 Formazione 2019-2020 Assidir 78 Le responsabilità di amministratori e dirigenti d’azienda Cfmt 80 Scuola di management 81 Governare l’impresa con il capitale umano

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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

NON PROFIT: MANAGER, COMPETENZE E RISORSE

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NICCOLÒ CONTUCCI direttore generale Fondazione Airc per la ricerca sul cancro

ANGELO MARAMAI direttore generale Fai, Fondo ambiente italiano

VALERIO NERI direttore generale Save the Children Italia

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali

Fondo di previdenza Mario Negri

CFMT Centro di formazione management del terziario

Associazione Antonio Pastore

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)

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LA GALASSIA DEL TERZO SETTORE Fotografia di una dimensione dinamica del nostro sistema economico e sociale. Lo stato dell’arte secondo alcuni protagonisti: manager, istituzioni e Manageritalia

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ERZO SETTORE, non profit, onlus, associazioni senza scopo di lucro e altro ancora. Sono tanti i nomi con i quali oggi identifichiamo quella parte del nostro sistema economico e sociale che non produce profitti ma tanto valore. Un settore che non è né pubblico né privato, ma un ponte tra le due dimensioni poiché eroga servizi di interesse collettivo, a partire da quelli sociali e sanitari, passando dalla gestione degli impianti sportivi fino ad arrivare alla ricerca scientifica. Secondo l’Istat (come ci spiega a pagina 8 Claudia Fiaschi, rappresentante del Forum del Terzo settore), in Italia i volontari sono più di 5 milioni e mezzo, le istituzioni non profit 336mila, i dipendenti quasi 800mila. Notevole il giro d’affari: supera i 64 miliardi, pari al 3,5% del pil secondo l’Istat, 67 miliardi e il 4,3% del pil secondo altre fonti. Un capitale anche umano: sono migliaia le persone che dedicano il loro tempo e la loro professionalità all’associazionismo sociale, sportivo e culturale, alla cooperazione e alla rappresentanza. Si tratta dunque di una galassia di competenze molto vasta che costituisce un’ossatura portante per la nostra coesione sociale e territoriale. E i manager? Pochi: i dirigenti sono oltre un centinaio. Hanno tutti il nostro ccnl del terziario e operano in realtà che ogni giorno si occupano di aspetti sociali, culturali, di ricerca scientifica e assistenza. È il caso di Niccolò Contucci di Airc, Angelo Maramai del Fai e Valerio Neri di Save The Children. Abbiamo raccolto le loro testimonianze nelle pagine seguenti. L’aumento della managerialità diventa cruciale per uno sviluppo del terzo settore, sempre più capace di mettere a fattor comune il valore che crea. Ecco perché, come ci ricorda a pagina 12 il segretario generale di Manageritalia Massimo Fiaschi, la nostra Organizzazione da tempo lavora insieme a manager e organizzazioni non profit per sostenere questa crescita.

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NUMERI IN CRESCITA I numeri del non profit sono molto positivi. Sempre più i manager coinvolti, risorse fondamentali con competenze chiave, accostabili a quelle delle attività profit. Secondo l’Istat, in Italia i volontari sono più di 5 milioni e mezzo, le istituzioni non profit 336mila, i dipendenti quasi 800mila. Il giro d’affari supera i 64 miliardi, rappresentando il 3,5% del pil (il 4,3 secondo altre stime). Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del terzo settore, ci spiega quali sono le sfide da cogliere per le imprese e il ruolo cruciale dei manager nel loro percorso di sviluppo. Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del terzo settore.

Segnaliamo ai nostri lettori che questa intervista è stata erroneamente attribuita alla portavoce del Forum del terzo settore Claudia Fiaschi invece che al direttore Maurizio Mumolo. Ci scusiamo per il disguido non dipendente da noi. Quanto è importante per le organizzazioni del terzo settore avere logiche gestionali simili a quelle profit? «Le organizzazioni del terzo settore devono fare i conti con una dimensione finanziaria più modesta del mondo profit e sono spesso sottocapitalizzate. A maggior ragione, quindi, devono avere modalità gestionali che puntino all’efficienza oltre che all’efficacia, e che si avvicinino il più possibile alle pratiche delle migliori organizzazioni profit». Sempre più manager passano

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dal profit al non profit. I manager nati nel non profit o con una forte esperienza in questo settore cosa possono dare al profit? «Visione strategica, competenze personali, capacità organizzative. Dall’altra parte il terzo settore dà un forte impianto valoriale, il senso della prossimità sociale e dell’impegno civico, indubbiamente asset strategici per lo sviluppo anche delle organizzazioni profit». Quindi sta aumentando il ruolo e lo spazio per i manager? «Sta aumentando la cultura ma-


nageriale. I manager prima curavano la gestione delle associazioni o delle imprese sociali da autodidatti mentre oggi impiantano la loro competenza su una solida base formativa. Le università da anni formano manager per il non profit con specifici corsi di laurea. Le competenze per operare nel sociale sono sempre più richieste, anche in conseguenza di una legislazione recente più complessa da comprendere e implementare». Insomma, cosa possiamo fare insieme per aumentare l’appetibilità del settore per i manager e dare a tante società le giuste opportunità di crescita? «Un giovane manager si avvicina al terzo settore perché ha l’opportunità di coniugare le proprie capacità con i propri valori. Creare le condizioni per la crescita sociale e civile e promuovere iniziative che rispondano a situa-

zioni di disagio sociale, accanto a una giusta ed equa retribuzione, sono elementi incentivanti di attrazione». I dirigenti del non profit hanno il ccnl dirigenti terziario gestito da Manageritalia. Un giusto riconoscimento del ruolo e, viste le caratteristiche del nostro contratto, un valore per entrambi, azienda e dirigente. Cosa ne pensa? «È un valore e un punto di riferimento, però vale per i soli dirigenti. Invece i contratti di lavoro che vengono applicati nel terzo settore per tutti gli altri dipendenti sono troppo numerosi. Il nostro auspicio è che si arrivi presto alla creazione di un contratto nazionale unico per i lavoratori di questo comparto». Per un’organizzazione non profit applicare sempre più spesso il contratto dirigenti del terziario può essere un incentivo per at-

«Un giovane manager si avvicina al terzo settore perché ha l’opportunità di coniugare le proprie capacità con i propri valori. Creare le condizioni per la crescita sociale e civile e promuovere iniziative che rispondano a situazioni di disagio sociale, accanto a una giusta ed equa retribuzione, sono elementi incentivanti di attrazione»

trarre manager validi e quindi lavorare per crescere? «Dobbiamo fare i conti con la dimensione organizzativa delle organizzazioni del terzo settore, la cui gran parte sono piccole o piccolissime. Il 75% ha un bilancio annuale al di sotto dei 50mila eu-

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I numeri del non profit 336.000 istituzioni

5,5 milioni

800.000

volontari

dipendenti

64 miliardi 3,5% pil giro d’affari

ro e quindi il tema della posizione e dell’impiego di figure qualificate deve fare i conti con questa realtà». Il contratto dirigenti del terziario prevede il Cfmt per erogare formazione. È un valore anche per i manager e le aziende del vostro settore e un possibile interlocutore per una formazione sempre più al passo con le esigenze? «Il terzo settore è naturalmente portato alla collaborazione, sia al proprio interno che all’esterno. La collaborazione fra manager è positiva perché porta trasmigrazione della conoscenza, scambio e arricchimento, cultura e formazione: è una leva strategica di crescita

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sia per manager non profit che profit». È anche una sicurezza in termini di ruoli e responsabilità in un mondo sempre più complesso dove il dilettantismo non paga? «Non è più possibile adottare un approccio autodidatta. Oggi la realtà è molto più complessa. Quadri e dirigenti devono avere competenze più sofisticate, anche di tipo accademico, oltre che esperienziale. Siamo consapevoli di questa necessità e da quasi un decennio organizziamo un’attività formativa per i quadri e i dirigenti che operano nelle regioni del Mezzogiorno: Fqts, Formazione quadri del terzo settore, un progetto realizzato in collabora-

zione con la Fondazione Con il Sud, che ogni anno coinvolge oltre 300 persone in un percorso formativo basato sull’accrescimento di competenze e la consapevolezza di ruolo». Tanti manager, in attività o in pensione, operano a supporto di onlus donando tempo e competenze proprio per farle crescere. Noi abbiamo gruppi nelle nostre associazioni territoriali e questo è un ottimo punto di contatto e partenza… «È vero: vanno rafforzate le iniziative di collaborazione con figure manageriali in settori affini a quelli del mondo del terzo settore, in modo sistematico e non solo episodico». Che il profit e tutta la società guardino sempre più alla sostenibilità rafforza il vostro ruolo? «Sì, lo sviluppo sostenibile è da sempre al centro dell’impegno programmatico delle organizzazioni del terzo settore: dal volontariato all’impresa sociale. E come terzo settore rivendichiamo un merito nel fatto che la sostenibilità sia entrata a far parte delle agende dei governi e delle pratiche del mondo profit. Quello che vediamo oggi è merito anche del lavoro fatto dagli enti del terzo settore, non solo attraverso un lavoro di denuncia ma soprattutto attraverso l’applicazione di buone pratiche». 


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Copertina

L’ITALIA NON PROFIT: NOI CI SIAMO! La rappresentanza e il ruolo dei dirigenti nel terzo settore. Prospettive e competenze per favorire la contaminazione tra due mondi oggi sempre più vicini Massimo Fiaschi segretario generale Manageritalia

F

ACCIAMO il punto sul terzo settore, che rappresenta una realtà molto vasta alla quale fanno riferimento, per esempio, associazioni di volontariato e servizio civile, imprese sociali, ex onlus. Vi rientrano, in generale, quegli enti di natura privata che perseguono finalità solidaristiche o sociali senza scopo di lucro. Una realtà in continua evoluzione che storicamente ha coperto aspetti della nostra vita collettiva nei quali lo Stato e il privato non erano presenti o lo erano in modo insufficiente. Il settore oggi cresce grazie alla potente spinta valoriale di persone che decidono di mettersi insieme e associarsi per rispondere a una duplice esigenza – collettiva e personale – con l’obiettivo di voler fare qualcosa per gli altri in modo disinteressato e senza profitto, offrendo un contributo concreto alla società. Proprio per rafforzare, sostenere e moltiplicare il valore del mondo del non profit, come dice la rappresentante del Forum del Terzo settore (vedi pagina 8), oggi c’è bisogno di dargli una struttura più solida, anche con maggiore cultura e presenza manageriale.

Il nostro contratto è un asso nella manica Da anni Manageritalia vive intensamente questo settore perché le poche organizzazioni internazionali e quelle nazionali che hanno dirigenti all’interno applicano il nostro contratto dirigenti terziario. Una scelta dettata non solo dalla natura dell’attività svolta, ma anche e soprattutto dalla capacità di rispondere al meglio alle esigenze degli attori. Un contratto che, come testimoniano le organizzazioni e i manager stessi (vedi pagine 14-18), permette di avviare su solide basi e con la massima flessibilità un rapporto di fiducia, distinguendo bene responsabilità e ruolo dell’ente e del dirigente. Il contratto è un valido strumento per riconoscere il ruolo a chi cresce nel terzo settore, ma anche per attrarre validi professionisti dal profit. Welfare, flessibilità in ingresso e retributiva, supporto alla formazione, crescita professionale del manager e dell’organizzazione e politiche atti-

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ve sono le basi portanti del ccnl terziario, che nel non profit assumono oggi un ulteriore plus per supportare la crescita trattenendo e inserendo validi manager. Le esperienze di osmosi e scambio manageriale tra i due settori crescono, ma devono moltiplicarsi sempre più.

Siamo al passo coi tempi L’azione continua di Manageritalia è volta ad adeguare proattivamente il contratto dirigenti, ma anche tutti i servizi extra contratto per i manager associati a una realtà economica e professionale in vorticoso mutamento. Lo facciamo vivendo e condividendo insieme ad aziende e manager esigenze e risposte. Un modus operandi che vogliamo fare sempre di più anche con il terzo settore, un ecosistema che conosciamo bene anche per l’azione che tanti nostri manager in attività e in pensione svolgono donando competenze a

organizzazioni del non profit. Anche per la frequentazione quasi quotidiana che manager di questi due mondi, profit e terzo settore, hanno nelle aule del nostro ente contrattuale (Cfmt), che sviluppa formazione per manager e aziende. Qui i manager, incontrandosi, hanno scambi di valore e sottolineano sempre più spesso come la particolarità di dover gestire e motivare personale dipendente e volontari del non profit sia un’esperienza e una competenza determinante, anche dove il profitto e la retribuzione non sono più capaci di rispondere al meglio a clienti e dipendenti. Cresce inoltre l’esigenza di tutte le aziende di scambiare valore non solo economico con i clienti e il sistema e quindi prendono piede la corporate social responsibility e le benefit corporation. Proprio per questo prevediamo percorsi formativi ad hoc per il terzo settore, in modo che questo pos-

sa contaminare il profit. Una flessibilità che può arrivare a personalizzare non solo l’aspetto formativo ma anche altri ambiti del welfare contrattuale.

La persona al centro Queste le basi della nostra azione che a livello sindacale, e quindi di relazioni tra attori del mondo del lavoro e dell’economia e della società, vuole costruire insieme un ecosistema che, con il contratto e il lavoro al centro, sviluppi quelle innovazioni prima di tutto di dialogo e collaborazione. E proprio in vista dell’ormai prossimo rinnovo contrattuale stiamo ascoltando e dialogando con questi manager per cogliere ancor meglio istanze e spunti di lavoro. L’obiettivo è andare verso un vero sviluppo che ponga la persona al centro, senza mai dimenticare il valore, non solo economico, che deve essere creato da tutti gli attori. 

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A TU PER TU CON I MANAGER DEL TERZO SETTORE

Foto di Francesca Leonardi per Save the Children

NICCOLÒ CONTUCCI

direttore generale Fondazione Airc per la ricerca sul cancro

ANGELO MARAMAI

direttore generale Fai, Fondo ambiente italiano

VALERIO NERI

direttore generale Save the Children Italia

Qual è oggi il ruolo del terzo

plemento delle politiche pubbli-

nelle istituzioni scientifiche del

settore e quale il suo valore

che (primo settore, lo Stato) e del

nostro Paese, per la quasi totalità

economico in un paese svilup-

sistema economico (secondo set-

enti pubblici; 130 milioni proven-

pato come il nostro?

tore, il Mercato). Nel solo ambito

gono dalla Fondazione Airc e so-

CONTUCCI «In tutti i paesi svilup- della ricerca scientifica biomedi- no assegnati secondo un metodo

14

pati il terzo settore presidia

ca, gli enti del terzo settore italia-

di selezione meritocratico e rigo-

l’ambito dell’economia sociale e

ni destinano circa 600 milioni di

roso, disciplinato da una ferrea

assolve alla funzione di com-

euro all’anno ai ricercatori attivi

protezione dei fondi da ogni for-

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ma di conflitto d’interesse, sulla

su più di 318 presidi di volonta-

cora, così come il numero degli

base del giudizio di 600 valutatori

riato sul territorio per promuo-

impiegati».

non italiani».

vere e vigilare il nostro immen-

MARAMAI «Il terzo settore è oggi so patrimonio storico, artistico

Com’è fare il manager in una società del terzo settore?

un’importante realtà economica

e paesaggistico».

in Italia: più del 3,5% del pil ita-

NERI «Credo che il ruolo del ter-

CONTUCCI «Una delle principali ca-

liano, oltre 800mila dipendenti in

zo settore crescerà ancora al

ratteristiche distintive del terzo

340mila organizzazioni diffuse

decrescere della spesa pubblica

settore, rispetto allo Stato e al

in tutto il territorio italiano. Que-

sia nel welfare sia nella conser-

sti sono solo alcuni dei numeri

vazione del patrimonio cultu-

delle organizzazioni non profit

rale e naturale. In questo senso

che, attivandosi per l’interesse

le polemiche sulle Ong degli

della collettività, affiancano le

ultimi tempi dimostrano una

istituzioni pubbliche secondo il

totale cecità. Distruggere la fi-

principio della sussidiarietà san-

ducia della gente su questo set-

cito dall’art. 118 della Costituzio-

tore significa promuovere l’ab-

ne italiana. Il Fai, ad esempio,

bandono dei più deboli e la di-

gestisce con le proprie strutture

struzione dei nostri patrimoni

professionali l’apertura quotidia-

nazionali. Anche il valore eco-

na di 30 beni e può inoltre contare

nomico del settore crescerà an-

Mercato, è il ricorso al volontariato. I volontari siedono negli organi di governo degli enti del non profit e si attivano nelle funzioni di supporto e di missione di ciascuna delle 330.000 organizzazioni attive in Italia. Nell’ultimo ventennio molte di queste hanno deciso di investire in strutture operative professionali per dare maggiore continuità, efficienza ed efficacia alle proprie attività.

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Questa decisione ha determinato la necessità di acquisire figure manageriali in grado di gestire in modo professionale le risorse umane ed economiche dell’organizzazione. Esiste in Italia una leva di manager di ottimo livello formati e impiegati fin dal primo contratto in un’organizzazione non profit. A questi si sono uniti tanti manager e professionisti provenienti da aziende profit che hanno introdotto nel nostro settore una contaminazione positiva in termini di metodi e regole ed efficiente nel perseguimento degli obiettivi caratteristici delle aziende più strutturate».

Di fatto un’organizzazione senza scopo di lucro oggi deve essere efficiente ed efficace come un’azienda profit, avere una gestione manageriale e fare molto di più, vero? CONTUCCI «Un ente del terzo settore può fare un deciso salto di qualità se riesce a integrare un corretto metodo manageriale con l’anima non profit dell’organizzazione. Uno dei punti più delicati da gestire è infatti la relazione tra i professionisti e i volontari. Sono pochi i responsabili hr in Italia con un’esperienza approfondita di questo cruciale livello di relazione interna».

MARAMAI «Fare il manager nel ter-

MARAMAI «Efficienza ed efficacia

zo settore è un’esperienza complessa nella quale si deve essere sempre capaci di mettere assieme esigenze ideali e culturali, tipiche delle nostre “missioni” di pubblico interesse, con le esigenze di sostenibilità e di perseguibilità effettiva di progetti che, per loro natura, non sono prodotti per il singolo consumatore ma valori per la collettività e per le future generazioni». NERI «È una bellissima esperienza che costringe a tenere insieme valori ideali e logiche imprenditoriali, cercando un bilanciamento tra etica e marketing. E poiché si ha a che fare con valori sociali, significa anche avere un ruolo politico in senso ampio, esaltato purtroppo anche dall’insipienza crescente della classe politica».

sono pilastri imprescindibili del management del non profit, soprattutto quando si vogliono raggiungere risultati davvero apprezzabili e su scala nazionale e internazionale. Inoltre molte organizzazioni (e il Fai è una di queste) hanno raggiunto importanti dimensioni in termini di personale attivo e di totale dei proventi. Qualsiasi attività deve essere adeguatamente progettata e valutata per gli impatti che avrà in termini di budget e impegno organizzativo». NERI «Certo! L’efficienza gestionale e la capacità di comunicazione e marketing sono essenziali quanto l’efficacia dei progetti in campo per il raggiungimento della missione. Svolgere bene il nostro ruolo sociale crescente signi-

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fica anche dimostrare al pubblico serietà, onestà ed efficienza». Avete anche esperienze nel profit? La contaminazione tra profit e non profit a livello manageriale è un plus? CONTUCCI «Non ho mai lavorato nel profit. Prima di intraprendere la carriera manageriale nel non profit ho lavorato per quasi 10 anni nell’organizzazione di un festival musicale, fino a diventarne il direttore organizzativo».

MARAMAI «Personalmente ho sempre lavorato in organizzazioni non profit. Sono invece testimone di molti passaggi dal profit al non profit. Molte storie di successo ma anche plateali fallimenti. Credo di poter dire che per un manager dell’uno o dell’altro settore valga-


no gran parte degli stessi strumenti manageriali, ma che questi vadano “interpretati” in maniera molto diversa. L’errore che non deve essere mai fatto da un manager del profit che volesse fare il grande salto è pensare che nel non profit le cose siano più semplici, con meno pressione e stress: il nostro settore ha complessità e difficoltà che possono risultare sorprendenti».

NERI «Sì, ho avuto anche esperienze nel profit che mi sono tornate utili nel non profit. Tuttavia i due mondi sono diversi e l’inserimento di persone provenienti dal profit non è sempre facile nel terzo settore, ma quando riesce è di straordinario beneficio». Voi avete il contratto dirigenti del terziario gestito da Managerita-

lia. Lo ritenete un buon punto di partenza per iniziare un rapporto di fiducia con un’organizzazione non profit? CONTUCCI «Il contratto dei dirigenti è solido e dà ottime garanzie al dirigente e all’organizzazione che lo assume. Credo debba passare ancora qualche anno prima che le attuali medie organizzazioni crescano e possano prendere in considerazione l’opportunità di assunzione di dirigenti nelle posizioni apicali della struttura interna».

troppo da molti anni non riesco più a seguirne i corsi, ma all’inizio della mia carriera il Cfmt è stata per me una vera scuola di formazione manageriale che mi ha fornito moltissimi strumenti rivelatisi indispensabili per il mio lavoro. Le occasioni dei corsi, inoltre, mi hanno permesso di conoscere e confrontarmi con molti colleghi del profit e questa esperienza è stata per me molto importante».

NERI «Certamente sì. Più scambi tra i due settori sarebbero utilissimi».

MARAMAI «Ho sempre trovato adeguato il contratto Manageritalia basato su una solida esperienza e tradizione». NERI «Sì, certo. Tuttavia occorrerebbe procedere a un contratto specifico sia impiegatizio sia dirigenziale per il non profit. Ci sono troppe specificità del settore che il contratto del commercio non vede». Tra i punti di forza un ottimo welfare, compresa la formazione del Cfmt che permette anche scambi intersettoriali e con manager del profit. CONTUCCI «Colpevolmente da anni non riesco a seguire più gli ottimi corsi professionali gestiti dal Cfmt. Sono stati cruciali per la mia formazione all’inizio della mia carriera». MARAMAI «Ho sempre trovato particolarmente importante la formazione offerta dal Cfmt. Pur-

Questo contratto può essere anche un plus per trattenere e ancor più attrarre manager anche dal profit? CONTUCCI «Direi di sì, anche se le condizioni economiche offerte ai dirigenti del non profit sono meno ricche di quelle offerte dalle aziende profit. Quando un dirigente proveniente dal profit decide di avvicinarsi al non profit normalmente ha forti determinazioni culturali, sociali e umane che lo spingono in questa direzione, ma sa a priori che guadagnerà di meno e che la sua carriera cambierà direzione. Invece che puntare a crescere nella gerarchia aziendale, lavorerà per far crescere la comunità civile nella quale è inserito in uno dei tanti ambiti presidiati dal non profit, dalla ricerca scientifica all’assistenza sociale, dall’ambiente alla cultura ecc.».

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MARAMAI «Che il contratto unico to sulla necessaria revisione del profit e non profit possa essere un ponte fra i due mondi è assolutamente evidente». NERI «Anche qui la risposta è positiva. E del resto io stesso ho visto crescere negli ultimi anni la forza attrattiva del non profit sui quadri provenienti dal profit. Ciò è stato possibile anche per l’aumento della capacità di riconoscere stipendi più adeguati, se non concorrenziali, nel non profit». Cosa si potrebbe fare per aumentare la managerialità del non profit/terzo settore e per renderlo sempre più capace di rispondere adeguatamente alle aspettative della società? CONTUCCI «Si devono fare molte cose, la prima delle quali è sensibilizzare il governo e il Parlamen-

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codice unico del terzo settore, di recente emanazione, in cui è stato introdotto un tetto ai salari massimi per gli enti del terzo settore. È una misura che non ha eguali in nessun altro paese dell’Unione europea, crea un’evidente discriminazione salariale tra i lavoratori del non profit e quelli del profit, pur essendo entrambi settori dell’economia italiana a cui si applica lo stesso diritto privato, con diversi inquadramenti fiscali, ma soprattutto determina un irrigidimento dei salari verso l’alto, tale per cui le figure professionali più senior e competenti con maggiore difficoltà lasceranno le posizioni che ricoprono nelle aziende». MARAMAI «Il non profit ha un problema di managerialità molto le-

gato alle dimensioni (troppo spesso piccole o minime) delle organizzazioni. In Italia c’è una sorta di opinione comune che nel nostro settore tutto debba essere piccolo e “non costare nulla”. Questo può anche essere vero per le piccole organizzazioni “di prossimità”, ma se si alza il tiro, se si vogliono ottenere grandi risultati, si devono formare buoni ed eccellenti manager che sappiano sviluppare strategie di crescita. Purtroppo l’opinione del “piccolo e senza costi” è molto forte nel nostro Paese e anche la recente legge sugli enti del Terzo settore ne risente pesantemente. Ci sarebbe bisogno di una bella battaglia culturale che aiuti a far capire agli italiani che quanto maggiori sono i risultati delle nostre organizzazioni tanto meglio è per tutta la società».

NERI «Andrebbe fatta più formazione di alto livello e attivate ancor più le università. Attrarre l’attenzione non solo sulla macchina operativa ma anche sulla governance, cioè i consigli di amministrazione degli enti, che spesso svolgono un ruolo assai delicato, sia positivo che negativo. Tutti credono di sapere quali siano le particolarità del non profit e quindi che sia facile entrarvi e performare con successo, ma non è così. Il diavolo è nei dettagli e, come tutti i campi complessi, anche il non profit è fatto di tanti dettagli che fanno la differenza fra successo e insuccesso». (E.P.) 


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Eventi

IN VISTA DEL SINGULARITYU ITALY SUMMIT 2019

Focus su senior e tecnologie

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IUTARE I LEADER a usare in modo innovativo le tecnologie che stanno generando cambiamenti esponenziali nell’economia e nella società: robotica e intelligenza artificiale, biotech & salute, manifattura digitale, mobilità autonoma, blockchain e fintech solo per citarne alcune. Elementi disruptive che pongono grandi sfide, pratiche ed etiche, all’umanità. Sfide che, per essere comprese e affrontate, richiedono una preparazione specifica e la capacità di elaborare nuove visioni. Di tutto questo si parlerà al Singu-

larityU Italy Summit 2019 in programma al MiCo Milano Convention Centre l’8 e 9 ottobre 2019. Due giorni di conferenze che si presentano come “punto di incontro e ispirazione, catalizzatore per accelerare una cultura locale dell’innovazione, piattaforma per quanti lavorano a iniziative di impatto”, secondo la definizione dell’organizzatore SingularityU Italy. Manageritalia è partner dell’evento, mobilitandosi con la comunità dei manager del terziario e proseguendo il percorso avviato lo scorso anno, che ha portato, tra l’altro, a essere partner della Seniors Impact Initiative, un ciclo di


incontri gratuiti aperti al pubblico che racconta come lo sviluppo tecnologico migliora la qualità e la sostenibilità della vita quotidiana, in particolare degli over 60.

Tecnologie esponenziali a vantaggio di tutti «Manageritalia – ci spiega il nostro presidente Guido Carella – collabora con SingularityU Italy sin dall’anno scorso, il secondo in Italia per questa community nata nella Silicon Valley nel 2008 con l’obiettivo di rafforzare informazione e cultura volte a utilizzare le forti potenzialità delle nuove tecnologie per un’economia e una

società che guardino a uno sviluppo sempre più inclusivo e sostenibile. In questo senso, il principale impegno è quello di portare ai manager e con i manager tutta l’Italia verso una vera trasformazione digitale, che migliori in modo esponenziale il lavoro e la capacità di competere e crescere delle nostre aziende. Altrettanto importante è, a livello sociale, condividere le enormi potenzialità di queste tecnologie e portarle a vantaggio di tutti, anche dei senior, che fuori da ogni stereotipo hanno alte capacità di utilizzo e, quindi, di trarne vantaggi su vari fronti».

Seniors Impact Initiative L’ultimo degli incontri sui senior del 2019 si svolgerà proprio durante il Summit, mercoledì 9 ottobre, e sarà l’occasione per fare il punto su questioni connesse all’invecchiamento della popolazione e alla silver economy. «Un tema particolarmente importante per l’Italia, il secondo paese al mondo per aspettativa di vita e tra quelli con la popolazione media più anziana» spiega Diego Gil, MD di SingularityU Italy. «È per questo – continua – che abbiamo pensato di concentrarci sui senior, di costruire un format dedicato per spiegare loro cosa sono le tec-

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Eventi

COS’È SINGULARITYU ITALY SingularityU Italy è country partner italiana di Singularity University (SU), community mondiale di innovazione e cultura che utilizza le tecnologie esponenziali per affrontare le grandi sfide dell’umanità e produrre un futuro di abbondanza per tutti. SingularityU Italy aggrega intorno a sé pensatori, scienziati, divulgatori, imprenditori attenti alle tecnologie esponenziali e alle loro applicazioni, con l’obiettivo di formare la business community italiana e accelerare una cultura locale dell’innovazione. Scopri l’offerta riservata agli associati in area riservata My Manageritalia / Servizi Professionali / SingularityU Italy eventi 2019

nologie esponenziali, come si sono evolute e quali cambiamenti apporteranno alla nostra vita quotidiana».

Identikit degli over 60 Come emerso dall’indagine Doxa presentata al Summit lo scorso anno, i 13,7 milioni di 60-80enni possono essere considerati “perlopiù dinamici, curiosi, moderni e a sorpresa… digitali”. Analizzando usi e costumi dei senior, la ricerca ha smentito alcuni diffusi stereotipi sugli anziani, intesi come una categoria debole e/o di cui prendersi cura, facendo emergere alcuni fattori chiave della loro percezione di sé. Il primo è il benessere psico-fisico: ben il 75% del campione dichiara di avere uno stato di salute soddisfacente, il 19% ottimo. Il secondo è l’autonomia quotidiana: l’88% degli italiani over 60 svolge per conto proprio visite mediche ed esami, l’86% fa la spesa e l’84% svolge personalmente i

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lavori domestici. Il 64%, inoltre, fa attività fisica regolarmente, quota che scende al 55% tra i 76-80enni. Il terzo fattore è la socializzazione: famiglia e amici hanno una importanza vitale per gli anziani. Il 71% vive con il partner (moglie o marito), l’85% ha figli e il 65% nipoti. Circa la metà vede o sente i figli tutti i giorni. Il 41% incontra “spesso” gli amici. Un elemento fondamentale evidenziato dallo studio è l’importanza della tecnologia: quasi tutti gli ultrasessantenni italiani hanno un cellulare e il 48% usa lo smartphone, per un totale di 6 milioni di dispositivi connessi a internet nelle mani dei senior. Il 39% possiede e usa abitualmente un pc e il 10% un tablet. Email e social network, Facebook in primis, sono usati ogni giorno rispettivamente dal 39% e dal 24% degli intervistati. Il 40% si informa sull’attualità online, il 29% guarda video su YouTube e il 20% consulta app e/o siti dedica-

ti ai propri hobby. L’attività online è sensibilmente più diffusa tra gli uomini e decresce con l’avanzare dell’età: se l’80% dei 60-65enni svolge almeno una attività online, tra i 71-75enni si scende al 52% e tra i 76-80enni al 37%. Gli interessi di ambito tecnologico più gettonati sono salute e sicurezza: il 57% troverebbe molto utile poter “parlare con i medici da casa, visualizzando i loro volti e gli esami fatti”, e il 48% indosserebbe volentieri “braccialetti in grado di rilevare le principali funzioni vitali”. Il 50% vorrebbe avere dei “sensori in casa per la gestione delle utenze e la sicurezza”.

Servizi dedicati con Poste italiane Proprio sulla salute e sulla sicurezza si concentra anche il gruppo Poste italiane, partner di Seniors Impact Initiative, che durante gli incontri illustra gli strumenti e l’approccio con cui le diverse aziende del gruppo, tra cui PostePay, disegnano servizi dedicati agli over 65. «Un target da sempre molto importante – dice Sara De Vincenzo, manager dell’innovazione presso Poste italiane – una comunità a cui ci rivolgiamo con un’attenzione specifica progettando soluzioni dedicate per facilitare l’utilizzo delle nuove tecnologie in diversi ambiti: dalla gestione del risparmio all’amministrazione economica, dagli acquisti online ai servizi di cura alla persona». 


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Consumi

LE AZIENDE RISCOPRONO GLI OLDER? I brand comunicano sempre più i loro messaggi attraverso testimonial over 60. L’offerta silver friendly è però ancora scarsa

Anna Zinola docente di psicologia del marketing all’Università di Pavia

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LTRO CHE millennials. Il target a cui guardare sono i baby-boomers, ovvero coloro che sono nati tra la fine della Seconda Guerra mondiale e i primi anni 60. Una generazione che ha vissuto gli anni del boom economico e ha avuto occupazioni fisse e, in linea di massima, ben remunerate. Una generazione che, dunque, oggi gode spesso di una disponibilità economica (oltreché di tempo) superiore a quella dei più giovani.

In aumento testimonial over 60 Le aziende, che per lungo tempo hanno dato la “caccia” ai millennials, si sono accorte dell’importanza degli older e hanno comin-

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ciato a coinvolgerli, almeno sul piano della comunicazione. Lo dimostra l’incremento delle testimonial over 60 nel settore della cosmesi. Si va da Jane Fonda e Helen Mirren, che pubblicizzano le creme anti-age di L’Oréal, a Charlotte Rampling, testimonial di Nars. E poi Isabella Rossellini, richiamata da Lancôme che l’aveva “rottamata” agli inizi degli anni 90 poiché, a 40 anni, era considerata troppo vecchia.

Protagonisti nella moda Anche nella moda qualcosa sta cambiando. Così Benedetta Barzini è la protagonista della campagna di Rodo, Marina Cicogna compare in quella di Gucci e Lauren Hutton sfila per Bottega Veneta a fianco di


di sanità o sicurezza, ma desidera divertirsi, consumare, apparire, viaggiare. In altre parole, vivere”». Un peccato e un’opportunità di business perduta. Sì, perché i baby-boomers spendono per la cura di sé (si può trattare del filler per il viso, dell’abbonamento in palestra o di un trattamento nella spa) e per le proprie passioni (i viaggi, l’attività fisica, l’enogastronomia).

Turismo d’argento e attività fisica

Gigi Hadid. Allo stesso modo gli influencer in là con gli anni spopolano su Instagram. Personaggi come Helen Ruth Van Winkle, aka Baddywinkle, e Sarah Jane Adams, aka saramaijewels, con milioni di follower su un social in cui oltre la metà degli utenti ha meno di 35 anni. Senza dimenticare Sciuragram, l’account IG che celebra le signore (sciure, in milanese) agée.

Un’offerta povera Se però dalla comunicazione passiamo all’offerta, il panorama non è altrettanto ricco. Esclusi gli ambiti tradizionalmente rivolti agli over (come l’healthcare), i prodotti ad hoc per loro sono pochi. Le aziende – come afferma Nicola Palmarini nel libro Immortali. Economia per nuovi highlander

(vedi box) – sembrano non rendersi conto che questa fascia demografica «non ha solo bisogno

Prendiamo, per esempio, le vacanze. Gli over 65 che, nell’estate di quest’anno, si sono concessi una vacanza sono 7,5 milioni, vale a dire mezzo milione in più del 2014. Solo nel periodo giugno-

Un paese di anziani o, addirittura, immortali. Non è l’idea alla base di una nuova serie di Netflix ma ciò che potrebbe divenire l’Italia nei prossimi decenni. Lo racconta, con il supporto di dati e numeri, Nicola Palmarini in Immortali. Economia per nuovi highlander (Egea). Un libro che affronta uno dei temi a lungo rimossi dal dibattito contemporaneo: che cosa significa invecchiare. E lo fa senza cadere in stereotipi in un senso (per intenderci: invecchiare non ci rende necessariamente più saggi) né nell’altro (la vecchiaia non è per forza sinonimo di disabilità e malattia). Al contrario, evidenzia in maniera lucida quali sono le conseguenze del fenomeno per la società e per le aziende. Non solo, come prevedibile, le imprese che operano nel settore della sanità e dei servizi alla persona, ma anche quelle attive nel food, nel turismo o nel comparto delle attività per il tempo libero.

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Consumi

L’ITALIA OVER 65

13,8 mio > 65 anni

2,2 mio

della popolazione

della popolazione

10,5%

15mila

> 85 anni

22,8%

3,6%

> 100 anni

persone tra i 65 e i 74 anni che praticano regolarmente sport

0,025%

della popolazione

FONTE: dati Istat 2019

settembre il turismo d’argento, come è stato ribattezzato, genera un giro d’affari pari a 5,8 miliardi di euro (fonte Swg per Fipac Confesercenti). Soldi che vengono spesi soprattutto in Italia, visto che il 74% opta per una località nostrana. E allora perché non pensare a un’offerta silver friendly che coinvolga tanto le strutture ricettive quanto quelle

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BY

ricreative? Non sarebbe ora di andare oltre allo stereotipo del “nonno” che passa le sue vacanze alle terme o passeggiando con aria mesta sul lungomare di qualche località balneare? Lo stesso discorso vale per lo sport. Complice la diffusione di nuovi stili di vita, gli over 65 hanno via via ridotto i comportamenti sedentari. Così se nel 2008 la

MANAGERITALIA

quota degli older che praticava regolarmente attività fisica si attestava intorno all’8%, oggi supera il 12%, con un picco nella fascia dei giovani anziani che hanno tra 65 e 69 anni (fonte Istat). Tuttavia i player del settore (le palestre ma anche le società che producono abbigliamento e accessori per lo sport) non si sono (ancora) accorti di loro. 


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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia

RAPPORTO SULLO STATO SOCIALE

osservatorio

Welfare pubblico e welfare occupazionale

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resentato il Rapporto sullo Stato sociale 2019 Welfare pubblico e welfare occupazionale, redatto dal dipartimento di Economia e diritto della Sapienza di Roma. Il Rapporto contribuisce al dibattito sulle problematiche strutturali e congiunturali del welfare state collegate al più complessivo contesto economico-sociale. Le tematiche specifiche analizzate nel testo di quest’anno riguardano il welfare aziendale, le sue motivazioni e la sua diffusione nei diversi paesi, in particolare in Italia; le sue connessioni con il welfare pubblico, con le relazioni industriali, con la produttività e le dinamiche salariali, con le diseguaglianze nell’accesso ai beni e servizi sociali. Il rapporto approfondisce poi le problematiche attuali dello stato sociale in Europa e in Italia collegate alle politiche economico-sociali attuate. Si analizzano le dinamiche demografiche e migratorie, le politiche nel mercato del lavoro, l’andamento delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito, le tendenze nei settori dell’i-

struzione, della sanità, dell’assistenza e degli ammortizzatori sociali. Particolare attenzione è dedicata ai cambiamenti in corso nel settore previdenziale pubblico e privato e nelle politiche per il reddito minimo e di cittadinanza. Il rapporto lancia l’ennesimo allarme sui giovani di oggi e il trattamento pensionistico che potranno avere un domani. Viene messo in evidenza il fatto che oltre la metà dei lavoratori dipendenti assunti dopo il 1995, avendo sperimentato retribuzioni saltuarie e basse, rischiano di maturare una pensione del tutto inadeguata a tute-

larli dalla povertà. Le analisi sono accompagnate da valutazioni, previsioni e proposte che interagiscono con il dibattito economico, politico e sociale europeo e nazionale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, commentando il Rapporto sullo Stato sociale, ha lanciato un monito affinché il legislatore impedisca che i profondi cambiamenti che hanno investito la nostra struttura sociale ed economica si trasformino in esclusione ed emarginazione. http://bit.ly/RapportoStatoSociale2019

FINANZIAMENTI AGEVOLATI PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE

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l Mise ha messo a disposizione nuove agevolazioni a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese italiane. Il decreto del ministro Di Maio dell’8 aprile 2019 e le successive circolari attuative consentono alle società di capitali, in forma singola o in rete d’impresa, di accedere a finanziamenti a tassi agevolati per l’inserimento temporaneo in azienda di un Temporary export mana-

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ger (Tem), oppure per lo sviluppo di soluzioni e-commerce attraverso l’utilizzo di un market place o la realizzazione /implementazione di una piattaforma informatica propria. Il finanziamento riguarderà progetti da realizzare in paesi extra UE. Per l’inserimento temporaneo in azienda di un Tem, il finanziamento

dovrà essere compreso fra 25.000 e 150.000 euro e i progetti dovranno essere finalizzati all’erogazione di servizi volti a facilitare i processi di internazionalizzazione d’impresa. Si tratta di un servizio di affiancamento temporaneo erogato da una società di servizi per il tramite della figura professionale del Tem (il contratto sarà stipulato tra la società richieden-


SYMBOLA, UNIONCAMERE E FONDAZIONE EDISON PRESENTANO IL RAPPORTO I.T.A.L.I.A. 2019

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a IV edizione del rapporto I.T.A.L.I.A. 2019 - Geografie del nuovo made in Italy, acronimo e racconto dell’identità produttiva e sociale italiana, dall’industria al turismo, dall’agroalimentare al localismo, dall’innovazione all’arte e alla cultura, è un viaggio di scoperta in un paese che ha i talenti e le risorse per guardare negli occhi il futuro. L’indagine all’interno del rapporto condotta da Ipsos è sulla percezione e consapevolezza delle capacità del Bel Paese. Scorrendo le pagine della ricerca scopriamo che spesso l’Italia non sa di essere innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente: non ha piena coscienza delle proprie potenzialità. Tanto che è una delle nazioni al mondo in cui è maggiore la forbice tra percezione interna, spesso negativa, e percezione esterna, positiva e favorevole. Il Rapporto mette in luce un volto dell’Italia che non è conosciuto a sufficienza. Due esempi: l’export nazionale, che è aumentato di quasi il 60% in 10 anni, e gli investimenti in ricerca e sviluppo per cui l’Italia è tra i primi 10 paesi al mondo, ma solo il 13% degli italiani ne è consapevole. Da qualche anno questo Rapporto racconta come nelle nostre società la produzione di valore economico e quella di valore sociale non sono più disgiunte ma camminano assieme attivando dinamiche collaborative trasversali e multidirezionali che coinvolgono una pluralità di soggetti. Uno di questi è senza dubbio il settore non profit: un comparto che negli ultimi anni non solo è cresciuto in termini di occupati e di rilevanza economica, ma è stato in grado di esprimere un dinamismo che ha senza dubbio aiutato il nostro

Paese a contrastare gli effetti della crisi economica e occupazionale. Dati dimostrati da “Coesione è competizione” di Symbola e Unioncamere, report biennale che misura proprio il vantaggio competitivo delle imprese coesive che curano le relazioni con i propri lavoratori e con i soggetti che fanno parte del loro ecosistema. Per le imprese coesive sono attese migliori performance economiche (fatturato ed export) e occupazionali. Il turismo continua a essere una delle principali leve di attrazione del nostro Paese e il contributo diretto del turismo al prodotto interno lordo dell’Italia, secondo i dati elaborati dal World travel and tourism council (Wttc), è pari al 6% circa della produzione nazionale, mentre se consideriamo anche le ricadute dirette e indirette (prodotti e servizi intermedi, spesa pubblica, investimenti ecc.) l’intero comparto “viaggi e turismo” arriva a rappresentare il 13,2% del pil. L’Italia è il primo paese per numero di siti classificati dall’Unesco nella lista del patrimonio culturale mondiale, ben 54. Una vocazione alla cultura che si fa economia e che contamina anche altri settori. Le imprese che costituiscono il sistema produttivo culturale e creativo italiano sono 416.080, corrispondenti a una quota del 6,8% su quelle complessivamente registrate nel nostro Paese. La cultura ha un effetto moltiplicatore, pari a 1,8, sul resto dell’economia: per ogni euro prodotto dalla cultura se ne attivano 1,8 in altri settori. http://www.symbola.net/ricerca/i-t-a-l-i-a-2019/

DELLE IMPRESE (Temporary export manager ed e-commerce) te il finanziamento e la società di servizi). Per lo sviluppo di soluzioni di e-commerce è previsto un finanziamento da 25.000 a 300.000 euro e i progetti dovranno riguardare beni o servizi prodotti in Italia o con marchio italiano. Sono considerate ammissibili le spese di creazione e sviluppo della piattafor-

ma, di gestione/funzionamento della piattaforma o del market place e le attività promozionali e di formazione. In entrambi i casi il finanziamento potrà coprire il 100% delle spese a un tasso d’interesse pari al 10% del tasso di riferimento europeo (attualmente pari a 0,089%), con durata massima di 4 anni. Alla gestione degli interventi provvede la Simest.

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Innovazione

IL NEO MANAGER: CARO MATRIX, SONO IO L’ELETTO! Andiamo verso una parziale automazione della conoscenza: le macchine fanno il lavoro degli umani, non solo quelli ripetitivi e meccanici ma anche quelli intellettuali. Sta a noi scegliere se vogliamo ancora decidere qualcosa. Ma facciamo presto, il tempo stringe.

Thomas Bialas futurologo

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ORO, sono sempre loro a vincere i tornei del Grande Slam e le partite che contano. Loro sono i grandi vecchi Federer, Nadal e Djokovic. Vincono perché sono bravi e perché da bravi analogici (cresciuti da bambini in tale contesto) sono bravi a evitare lo smartphone, il cui uso sfrenato è invece caratteristica peculiare dei nativi digitali, dunque della cosiddetta Next Gen (Tsitsipas, Shapovalov ecc.), ancora al palo. I talentuosi giovincelli twittano, postano, si distraggono e faticano a rimanere concentrati per ore di fila in uno sport notoriamente mentale dove bisogna pensare in modo

tosto ma ponderato. “Oggi ci sono troppi dispositivi che pensano al posto nostro”. Molti coach e preparatori sono d’accordo con questa tesi. Non solo. Judy Murray, mamma del famoso tennista scozzese e allenatrice, ha notato un deterioramento delle capacità fisiche: molti bambini iniziano a giocare a tennis senza normali abilità di coordinamento che noi abbiamo sempre avuto perché siamo cresciuti giocando per strada. Dipendenza, assuefazione e sottrazione di capacità. Forse bisogna partire dall’oscura trama delle macchine per comprendere la nostra condizione e attendere che il neo manager si manifesti.

Delega in bianco Don’t make me think è il titolo di uno dei più famosi libri di interface e interaction design di Steve Krug. Non pensare. Siamo totalmente app-dipendenti: un’applicazione per ogni decisione da svolgere senza più pensare. Il viaggio una volta era esperienza, oggi innumerevoli app forniscono in anticipo in-


formazioni che in passato venivano sperimentate in prima persona. Prima ero io mamma, ora sei tu infallibile sensore nel pannolino collegato allo smartphone a decidere se cambiare il bimbo e perfino sentenziare sulle sue condizioni di salute. Ma come caro genitore, non senti la puzza che invade il soggiorno? E dove è finito il tuo fiuto e sesto senso? Le cose stanno così: qualsiasi cosa abbia senso connettere verrà inevitabilmente connessa, escluso, ovvio, il nostro cervello, sempre più sconnesso e impigrito. Nel frattempo libri come L’algoritmo e l’oracolo ci inchiodano al presente e pretendono che solo la nuova scienza può predire il futuro (adeguarsi, please). Come se non bastasse la recente epidemia di antidolorifici e calmanti oppiacei che ha visto coinvolta anche la multinazionale Johnson & Johnson e stroncato negli Usa, secondo le cifre del Washington Post, la vita a 400mila persone per overdose, ci porta alla delega più subdola: la dipendenza. Deleghiamo e abdichiamo

cedendo al nostro “nemico” vasti territori cognitivi conquistati nei secoli con estrema e paziente fatica. “Non siamo più Homo Sapiens” sentenzia lo storico e saggista israeliano Yuval Noah Harari. Concordo e rincaro la dose. Fra venti o forse trent’anni “brainternet”, ovvero la possibilità di connettere direttamente il cervello al computer, sarà realtà. E quando la tecnologia contenuta in uno smartphone sarà inserita direttamente nei nostri cervelli tramite elettrodi e sensori biometrici sarà un gioco da ragazzi monitorare, controllare e dirigere quello che accade all’interno del nostro corpo e cervello, compreso desideri, sensazioni e paure.

La grande matrice Totalitarismo delle macchine. Se pensate che Matrix sia solo un film e una metafora di un futuro dispotico a venire, sbagliate di grosso. Matrix è veramente ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, mentre leggi questa frase. Certo, le catene non sono quelle

Qualsiasi cosa abbia senso connettere verrà inevitabilmente connessa

del film, ma l’energia ce la stanno risucchiando eccome. Le macchine già hanno preso il nostro posto. Le macchine già decidono per noi. Le macchine già impongono le loro logiche, anche esistenziali. Le macchine, e la loro narrativa dell’intelligenza artificiale, già ci hanno convinti della nostra inadeguatezza e inferiorità rispetto a loro. Soprattutto il loro esserci (ed essere all’opera in ogni ambito, anche per prendere appunti all’università con un’app che automatizza il riassunto della lezione) ci sottrae giorno dopo giorno delle nostre capacità e competenze. Siamo già figli di un dio minore. Ma non lo sappiamo. Trainato dal cocchiere spacciatosi scienziato il carretto meccanico porta le amebe

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Innovazione umane a destinazione senza più nessuna auspicata ribellione. Guardate dall’alto e con distacco questo perfetto mondo dei trasporti intelligenti. Ogni cosa viene portata a destinazione senza rischi e sussulti, senza emozioni o spaventi. Il mondo delle macchine è un mondo statico che si perpetua all’infinito sempre uguale nella sua perfetta prevedibilità. Nessu-

na evoluzione. Intanto l’uomo si involve e si ricurva di nuovo. Nessuno spavento o allerta mentre giochi, magari saltando da un garage all’altro con la bici (fatto) e nessun azzardo nella vita quotidiana. La strada è vita, diceva Jack Kerouac. Ma quella vita è finita. C’è qualcosa di diabolico in tutto ciò perché la mancanza di adrenalina

che sale per la corteccia cerebrale addomestica la mente che inerte segue il motto delle macchine. Faremo la fine dell’inerte umanità tutta rasata a zero e vestita di bianco del film L’uomo che fuggì dal futuro, opera prima di George Lucas, dove la claustrofobica e perfetta routine privata dai sentimenti regna sovrana.

La grande decisione

So che avete paura. Paura di cambiare. Noi non conosciamo il futuro, non siamo venuti qui a dirvi come andrà a finire. Siamo venuti a dirvi come comincerà. Andiamo verso una parziale automazione della conoscenza: le macchine fanno il lavoro degli umani, non solo quelli ripetitivi e meccanici a basse competenze ma anche quelli intellettuali ad alte competenze. I manager e i loro collaboratori devono andare in un luogo dove la mente viene messa in condizione di pensare e creare autonomamente in modo “superiore”. Non abbiamo infatti più bisogno di una fornitura di conoscenze per diventare esecutori, ma di abilità per diventare creatori. Dobbiamo ricaricarci e puntare come Neo, nel film Matrix, agli immensi superpoteri che sono dentro di noi. Parleremo del reloaded umano ma anche di quello artificiale, del cervello quantico e di Kill skill e ovviamente di una neo leadership. Allacciati la cintura manager, che il 30 ottobre di meraviglie ne vedrai un bel po’. In esclusiva per noi il keynote speaker del World Business Forum Stewart D. Friedman, fondatore del Wharton Leadership Program. Sul palco Luca De Biase, Thomas Bialas, Andrea Granelli e due inedite testimonianze d’impresa.

30 ottobre - ore 10,30/13 - MiCo Milano Congressi La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento degli appositi contributi. Per informazioni: www.cfmt.it - Anna Scirea - anna.scirea@cfmt.it - 02.5406311

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Automazione, oppure autodeterminazione. It’s up to you. Sta a te scegliere se vuoi ancora decidere qualcosa. Ma fai presto, il tempo stringe. Vuoi tu prendere in sposa la qui presente volontà? Da quando il trionfo della volontà evoca solo follie naziste nessuno ha più veramente voglia di qualcosa. Intendo in modo netto, profondo e autonomo. Volontà: filosoficamente parlando è il pezzo forte della nostra compilation spirituale. Se sappiamo ancora manifestarla allora la macchina ci fa solo un baffo. E poi che grandi decisioni sanno prendere le macchine? Prendiamo il mercato azionario e l’High-frequency trading gestito da sofisticati algoritmi matematici: gli “agenti di software” durante le interrelazioni automatizzate spesso e volentieri prendono decisioni altamente irrazionali e le azioni cadono senza motivo apparente. In sostanza, le macchine aumentano notevolmente la complessità del sistema, tant’è che molti anali-


sti si fidano più del fiuto umano. A essere poi precisi le macchine non prendono decisioni nel senso letterale della parola. Prendere una decisione richiede un’intenzione. I sistemi software non possono perseguire le proprie intenzioni perché non hanno interessi propri o coscienza. Di fatto simulano le decisioni e ottimizzano le decisioni simulate in base agli obiettivi programmati. Tutto qua.

Complesso, dunque suona? Ancora oggi mi diverto con i traduttori online superdotati e super intelligenti. Tipo: “Judith Mary Murray is a tennis coach” diventa “È una vettura da tennis britannica dalla Scozia”. Fantastico. Lo so che rallegrarsi delle altrui disgrazie è una roba indegna, ma se l’artificiale se la va a cercare alla fine trova figuracce per i suoi denti, come per esempio il recente flop del riconoscimento facciale: secondo i test della Metropolitan Police di Londra l’algoritmo sbaglia nell’80% dei casi. E arriviamo al dunque. Più aumenta la complessità e più le macchine fanno cilecca (anche se imbottite di grandi dati e grandi modelli). C’è una grande differenza fra complicato e complesso. Le situazioni complicate possiamo descriverle con delle regole e qui l’algoritmo con il suo approccio logico può dare ottimi risultati. Invece le situazioni complesse (il mondo!) sfuggono a ogni catalogazione e

L’UOMO CON LA SORPRESA DENTRO «Sapete perché ai bambini piacciono tanto le uova di Pasqua? Perché hanno le sorprese dentro... Allora, sapete che cosa dobbiamo fare? Diamogli la Pasqua tutti i giorni». Così parlò Michele Ferrero e così nacque nel 1974 il famoso ovetto Kinder. Un’idea geniale e, per certi versi, figlia di una precisa peculiarità. Difatti, non solo l’uovo ma anche l’uomo ha in serbo sorprese di ogni genere (compreso invenzioni azzardate e scoperte scientifiche impreviste) e questo fin dalla nascita della specie, diciamo per insita vocazione. Se le cose vanno diversamente da come augurato e prospettato, dietro c’è spesso lo zampino di un irriverente guastafeste umano. Il che è un bene nella competizione con la macchina, che odia l’inatteso e lo stupore. “Sorpresa! Sono una competenza”.

precisione e qui gli umani fanno la differenza perché sanno cogliere interazioni e dipendenze, l’algoritmo riconosce le correlazioni ma ignora i contesti. I computer possono fare una sola cosa: simulare la realtà conosciuta e spesso neanche così bene. Lo statistico britannico Sir David John Spiegelhalter ha fatto notare come molti studi hanno già dimostrato la fallibilità della piattaforma Watson di Ibm nella pratica medica, esempio prognosi del cancro (e relative cure). Fondamentalmente, per capire sarebbe necessario avere un clone genetico che funga da alter ego con lo stesso cancro alla stessa età. Inoltre, per peggiorare situazione e complessità, ancora capiamo troppo poco sul cancro per sapere quali dati vanno

raccolti per permettere ai computer di supporre giuste proposte terapeutiche. L’unica cosa certa è che quando gli uragani devastano gli Stati Uniti, la Casa Bianca chiama una catena di fast food per capire quanto è davvero grave. Perché nessuno ne sa più di Waffle House, nota per la sua colazione a buon mercato e per il suo apprezzato “Uragan Waffle House Index”.

Kill skill Se ti è piaciuto Kill Bill, volume 1 e volume 2, allora non può che piacerti Kill skill: competenze imbrattate di sangue, fatte a fette con inaudita violenza. Giusto così. Dobbiamo essere spietati con le competenze à la carte, le

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Innovazione

Raffaele Tovazzi filosofo esecutivo

A L C H I M I A

V

A Z I E N D A L E

iviamo in una società additiva, patologicamente ossessionata dall’accumulo e dall’implementazione, in una bulimia culturale diffusa che si riflette anche

sul modo di fare impresa e comunicazione. Eppure, osservando attentamente il proprio mercato di riferimento, le realtà o i professionisti di maggior successo non sono specializzati in tante attività o in una gamma molto ampia di prodotti. Magari fanno solo una cosa, probabilmente la fanno meglio degli altri, riuscendo a soddisfare al meglio l’esigenza specifica di un pubblico specifico. Lo stesso discorso vale per le campagne di comunicazione, in cui spesso si commette l’errore di appesantire il proprio messaggio, cercando di dire “tutto a tutti”… E finendo così a vendere “niente a nessuno”. L’eccellenza è un processo sottrattivo, non additivo, e spesso togliendo il disfunzionale si ottengono più risultati che aggiungendo ciò che in un primo momento appare utile. Per fare qualche esempio specifico: allontanando un commerciale improduttivo si produce spesso un incremento di fatturato; rinunciando a certi clienti (accetta un consiglio personale: quelli che pagano poco, quelli che pagano tardi e quelli che non pagano affatto) si migliora la qualità del proprio lavoro; scegliendo di tagliare alcune slide dal proprio PowerPoint si ottiene una presentazione più efficace. Goethe sosteneva che “innovare è ricordare” e forse per fare innovazione basterebbe ricordare il processo in due fasi con cui gli alchimisti trasformavano il piombo (fuor di metafora, l’azienda in difficoltà) in oro (l’azienda di successo): solve et coagula. Solve et coagula si può tradurre in italiano con “dividi e solidifica”: dividi l’utile dal superfluo e migliora ciò che sai far bene! Ecco quindi una domanda per te: quale prodotto, servizio, cliente o collaboratore migliorerebbe all’istante la tua produttività se venisse “dissolto”?

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insipide pietanze gonfia-cervello servite dalle famose e costose catene di montaggio cognitive. Per le skill a catalogo e le immancabili mode manageriali c’è solo una cosa da fare: impugnare una spada Katana e agire di conseguenza. Non per vendetta, chiaro, ma come atto liberatorio per sopravvivere. Quali competenze cerca il futuro? Nessuna in particolare, se ci pensi bene. Suona strano, ma ora serve un manager incompetente ma con molta mente. C

Neo skill

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Agilità a velocità sovrumane. Non devi per forza far levitare gli oggetti o fermare pallottole a mezz’aria, ma diamine qualche sforzo devi pur farlo se sei tu l’eletto. Abbiamo spesso parlato, nel format evento Fmt di Cfmt, di nuove competenze, per esempio con Humanager, humanize your skills. È l’ora di alzare l’asticella. Vedere oltre il fumo il vero arrosto indigesto che le macchine e i loro lustrascarpe finto eruditi vogliono rifilarci. La digitalizzazione e automatizzazione aumenteranno il carico lavorativo mentale degli uomini. E questo va bene. Ma se così è, allora diventa fondamentale il brain recovery. Recuperare il cervello e vedere il backstage della missione tecnologica. Dobbiamo riprenderci il ruolo che più ci compete: vivere decidendo liberamente come vogliamo vivere, anche come impresa. 

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29 - 30 OTTOBRE 2019 MiCo Milano Congressi wobi.com/wbf-milano SIMON SINEK

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Previdenza

I PENSIONATI FUGGONO ALL’ESTERO? Un fenomeno in costante crescita. I dati a nostra disposizione e un’analisi dei motivi dietro a questa scelta

Nicola Quirino docente di finanza pubblica Luiss e Accademia GdF

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V

IVERE all’estero con la pensione italiana? Molti hanno preso questa decisione. La documentazione statistica oggi disponibile parla chiaro: negli ultimi anni è sensibilmente cresciuto il numero dei cosiddetti “migranti previdenziali”, cioè dei pensionati che si sono trasferiti in un altro paese. Si tratta di un fenomeno – denominato nella letteratura anglosassone “international retirement migration” – che interessa la generalità dei paesi occidentali e che è riconducibile a un insieme di fattori sia di natura economica che extra-economica. Pur avendo un ruolo molto importante nell’ambito dei flussi migratori, non sono infatti solo il costo della vita, i prezzi delle abitazioni e il livello della tassazione a spingere i pensionati a prendere la residenza all’estero, ma anche altre caratteristiche dei paesi di destinazione quali le condizioni climatiche e l’ambiente naturale, la dotazione di infrastrutture economiche e sociali, la sicurezza personale e patrimoniale, l’acces-

sibilità alle cure sanitarie, la presenza di una comunità nazionale e così via.

Un fenomeno recente Rispetto agli Stati Uniti, al Canada e ai paesi dell’Europa settentrionale, in Italia il fenomeno dei “migranti previdenziali” è relativamente recente. Il che non sorprende se si considera che nel nostro paese spesso gli anziani partecipano attivamente alla vita della famiglia allargata, svolgendo una funzione di sostegno per le generazioni più giovani. A conferma di quanto appena detto, basti esaminare i risultati dell’ultima indagine condotta dalla società Ipsos per conto della Fondazione Korian (“I senior di oggi in Europa. Sentirsi utili per invecchiare bene”), dai quali emerge che in Italia il 40% degli anziani aiuta economicamente i figli e il 35% si prende cura dei nipoti, contro una media europea rispettivamente pari a 24 e 28%. Un altro punto degno di nota è che nel nostro paese i trasferimenti all’estero hanno riguardato


dapprima soprattutto i pensionati con redditi medio-bassi – gran parte dei quali ha oggi più di 80 anni – e solo nel periodo più recente anche i pensionati con redditi medio-alti.

Cosa dicono i dati Inps Secondo i dati dell’Inps, nel 2018 il numero delle pensioni di Ivs pagate all’estero si avvicina alla soglia delle 392mila unità – comprese quelle corrisposte ai lavoratori stranieri che, dopo aver conseguito in Italia il diritto alla pensione, hanno deciso di rientrare nel loro paese di origine o di trasferirsi altrove. Circa l’85% degli assegni sono assorbiti dai dieci paesi in cui più ampia è la comunità dei nostri connazionali, vale a dire: Canada (54mila), Germania (52mila), Svizzera (47mila), Australia (46mila),

Francia (44mila), Stati Uniti (36mila), Argentina (21mila), Belgio (14mila), Regno Unito (12mila) e Brasile (8mila). Tuttavia, la più sostenuta crescita del numero dei trattamenti non si registra nei tradizionali paesi di emigrazione delle generazioni passate, ma in quei paesi che esercitano oggi una maggiore attrazione su chi ha cessato l’attività lavorativa, e cioè Portogallo, Cipro, Malta, Emirati Arabi, Thailandia, Tunisia, Marocco e Repubblica Dominicana. Com’è noto questi paesi si caratterizzano soprattutto per il fatto di avere, oltre a un livello dei prezzi molto più basso di quello dell’Italia, un regime fiscale molto più vantaggioso. A tale proposito, basti rilevare che: • le pensioni degli italiani residenti in Portogallo beneficiano

per un decennio dell’esenzione fiscale; • quelle degli italiani residenti in Tunisia godono di un abbattimento dell’80%; • vengono colpite con un’aliquota marginale massima del 3,5% le pensioni degli italiani residenti a Cipro e del 15% quelle dei residenti a Malta; • per prendere la residenza nel paradiso fiscale di Dubai bisogna percepire una pensione superiore a 4.800 euro al mese.

Un incentivo a trasferirsi all’estero per manager e professionisti Se si tiene conto di ciò, si capisce allora quanto possa essere forte l’incentivo, soprattutto per i manager, i medici, i professionisti ecc., a trasferirsi all’estero una volta cessata l’attività lavorativa.

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Previdenza Pensione lorda e netta di un ex dirigente Dichiarazioni fiscali presentate nel 2018 Pensione lorda (migliaia di euro)

Irpef (migliaia di euro)

Addizionali (migliaia di euro)

Pensione netta (migliaia di euro)

Aliquota media (%)

50.000

14.440

1.240

34.320

31,4

60.000

18.030

1.520

40.450

32,6

70.000

22.170

1.820

46.010

34,3

80.000

25.950

2.100

51.950

35,1

90.000

29.980

2.380

57.640

36,0

100.000

34.350

2.680

62.970

37,0

Fonte: elaborazione Manageritalia su dati Mef

Non bisogna infatti dimenticare che nel nostro Paese, come si rileva dai dati di fonte Mef contenuti nella tabella in alto, l’Irpef e le addizionali incidono complessivamente per il 31,4% su un reddito pensionistico di 50mila euro, per il 35,1% su un reddito di 80mila euro e per il 37% su un reddito di 100mila euro. Si tratta di un livello di prelievo che, sommandosi all’Iva, alle accise e agli altri innumerevoli balzelli del nostro

sistema tributario, contribuisce in misura apprezzabile alla fuga dei pensionati all’estero.

Una comparazione tra i paesi La spesa sostenuta dall’Inps per il complesso delle pensioni erogate all’estero supera di poco la soglia degli 1,2 miliardi di euro. Il 53,5% di tale cifra è assorbito dai paesi europei, il 17,9% da quelli dell’America centro-meridionale, il

14,5% da quelli dell’America settentrionale, il 7,4% da quelli dell’Oceania, il 3,5% da quelli dell’Asia e il rimanente 3,2% da quelli dell’Africa. Gli importi medi mensili dei trattamenti sono molto contenuti (attorno a 234 euro), tenuto conto di due circostanze, e cioè: da un lato, che più del 75% delle pensioni pagate all’estero ha periodi di contribuzione in Italia inferiori a tre anni; dall’altro, che più del 40%

Graduatoria dei primi 10 paesi per importo della pensione corrisposta agli italiani residenti Importi medi mensili in euro (anno 2018)

Fonte: elaborazione Manageritalia su dati Inps

6.000

5.000

4.000

3.000

2.000

1.000

0

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Cipro

Emirati Arabi

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Portogallo

Turchia

Malta

Cina

Thailandia

Tunisia

Russia

Monaco


delle pensioni sono di invalidità e superstiti. Come si rileva dal grafico, in genere i paesi che fanno registrare gli importi medi mensili più alti sono anche quelli in cui più consistente è risultato negli ultimi anni l’afflusso dei “migranti previdenziali”, e cioè Cipro (5.481 euro), Emirati Arabi (3.606), Portogallo (2.545), Malta (2.000), Thailandia (1.444), Tunisia (1.376) ecc.

I trend per i prossimi anni Un indicatore di quelle che potrebbero essere le tendenze future del fenomeno migratorio in esame è dato dagli acquisti di abita-

zioni all’estero. Ebbene, secondo le valutazioni effettuate da scenari immobiliari, il numero delle seconde case acquistate fuori dai confini nazionali è più che raddoppiato nel periodo 2006-2017, scavalcando la soglia delle 46mila unità (corrispondenti a un investimento di oltre 6,5 miliardi di euro). A comprare all’estero sono soprattutto persone in pensione o prossime alla pensione che cercano una località (quale, ad esempio, Algarve in Portogallo, Santo Domingo nella Repubblica Domenicana o Tenerife in Spagna) in cui possono godere di un clima mite tutto l’anno e di un tenore di

vita migliore di quello del nostro Paese. Pur essendo ancora un fenomeno di dimensioni piuttosto contenute, è lecito supporre che negli anni a venire aumenteranno sensibilmente i pensionati all’estero e con essi le perdite per il bilancio pubblico e per l’economia nazionale. Per scongiurare tale circostanza, i policy maker devono non solo rafforzare la capacità del nostro territorio di intercettare i flussi internazionali dei “migranti previdenziali”, ma anche prevedere adeguati sgravi fiscali per arginare la fuga dei nostri connazionali. 


Cfmt

IL VALORE DELLA DIVERSITÀ GENERAZIONALE Engagement e formazione per motivare e attrezzare le persone di gruppi generazionali differenziati. Sinergie vincenti Raoul C. D. Nacamulli professore di Organizzazione aziendale Università Milano-Bicocca

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P

ARLARE di digital divide significa sottolineare le differenze di valori, modelli cognitivi, stili di relazione e modelli di apprendimento tra i nativi digitali, cresciuti nell’era di internet, e gli immigrati digitali, formati nelle epoche precedenti. Sebbene le diversità tra generazioni siano sempre esistite, oggi sono più rilevanti per la velocità esponenziale del progresso tecnologico (la digital transformation) e l’allungamento della vita media. È la combinazione di questi due fattori che rende obsoleta l’idea tradizionale di staffetta tra generazioni, mentre rende necessario e urgente che gli esponenti delle differenti generazioni al lavoro imparino reciprocamente a riconoscere e valorizzare il proprio sapere distintivo. La diversità generazionale, se gestita opportunamente, mette a disposizione delle imprese un valore aggiunto fatto di capitale intellettuale e sociale frutto della combinazione di patrimoni di esperienze e competenze distintive differenziate. Questo processo virtuoso, però, non avviene automaticamente. Al

contrario, per potere utilizzare profittevolmente le differenze fra generazioni bisogna che siano sviluppate delle politiche attive di gestione delle risorse umane e di formazione mirate a fare sì che le persone di gruppi generazionali differenziati siano tutte motivate e attrezzate a lavorare assieme in maniera sinergica. Questo deve avvenire sulla base di rapporti di reciproca fiducia, così come accade in un team evoluto e in crescita. Si tratta insomma di costruire un “ponte intergenerazionale” che porti gli individui a conoscere e legittimare i punti di vista e il know-how di generazioni differenti.

Identikit delle generazioni al lavoro e formazione esperienziale Progressivamente la popolazione


Le diversità fra generazioni sono sempre esistite ma oggi sono più rilevanti per la velocità esponenziale del progresso tecnologico e l’allungamento della vita media. La combinazione di questi due fattori rende necessario e urgente che le differenti generazioni al lavoro valorizzino reciprocamente il proprio sapere distintivo

al lavoro è diventata sempre più differenziata in termini di orientamenti e di valori di riferimento. Oggi nella maggior parte delle imprese lavorano assieme ben quattro generazioni. La generazione dei baby boomers, nati fra il 1943 e il 1960, che assume come prioritari fattori come l’identità istituzionale e organizzativa e la profusione dell’impegno personale per raggiungere obiettivi significativi. La generazione X, che comprende i nati tra il 1961 e il 1981 che tendono ad avere una minore fiducia nei valori e nelle istituzioni tradizionali e un ottimismo più ridotto nel futuro. La generazione Y (i Millennials) raggruppa gli individui nati dal 1982 fino al 2000 ed è caratterizzata dall’essere “nativa digitale”, poiché sperimenta, fin dalle prime fasi di crescita e di sviluppo

personale e sociale, i social media e le tecnologie digitali. I nativi digitali tendono ad avere fretta e un più scarso senso di appartenenza alle istituzioni e amano mettersi in gioco. Tuttavia risultano attenti ad ascoltare e a legittimare i feedback purché siano motivati e argomentati. La generazione Z comprende coloro che sono nati dopo il 2000. Si tratta di una popolazione che è appena o non ancora entrata nel mondo del lavoro e rappresenta la prima generazione di persone ad avere familiarizzato, fin da subito, con le tecnologie touch e la diffusione massiccia dei social media e del social networking. Comprende inoltre individui consapevoli delle difficoltà che dovranno affrontare ma che intendono comunque lottare per emergere. Lo sviluppo del capitale sociale entro un contesto

organizzativo che vede quattro generazioni differenti lavorare assieme e la diffusione di nuove tecnologie digitali deve puntare, in maniera particolare, sulla formazione esperienziale (il learning by doing), facilitata da metodi basati sul dialogo intergenerazionale inclusivo che puntino su un approccio capace di favorire il coinvolgimento e la collaborazione, in maniera da generare valore e poter mantenere e sviluppare il vantaggio competitivo dell’organizzazione.

Formazione e sviluppo organizzativo nell’era della longevità Il progressivo aumento della longevità nel mondo dei paesi sviluppati, unito a un significativo declino della natalità e all’accelerazione del progresso tecnologico, fa sì che

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Cfmt

BIG

è il business game intergenerazionale di Cfmt, un progetto innovativo che coinvolge attivamente giovani appassionati del mondo del business e manager. L’obiettivo? Unire generazioni diverse per arricchire entrambe le parti. BIG vede impegnarsi, in un ambiente aziendale simulato, studenti universitari e giovani laureati (la generazione dei Millennial) assieme a dirigenti aziendali (le generazioni più senior) allo scopo di apprendere attraverso il fare competenze implicite ed esplicite e un linguaggio intergenerazionale. Le attività sono all’insegna del reverse mentoring con obiettivi concreti sufficientemente sfidanti ma raggiungibili in un contesto organizzativo ad alta collaborazione, così come accade nelle organizzazioni dell’era della digital transformation. Nella seconda edizione di BIG, la sfida è risanare un albergo che versa in condizioni economiche sfavorevoli, riuscendo a trarre vantaggio dall’unione dell’esperienza pluriennale dei manager con le skill digitali e l’entusiasmo di ragazzi nati con la tecnologia in mano. Per raggiungere l’obiettivo nel modo più efficace, i partecipanti avranno a disposizione una piattaforma web 24h su cui sperimentare strategie senza limiti di tempo e di spazio. Non c’è un luogo fisico di riferimento, è quindi possibile partecipare a BIG collegandosi alla piattaforma in qualunque posto ci si trovi. Da un lato i giovani hanno così l’occasione di sperimentare la realtà aziendale e poter applicare nel concreto le nozioni che apprendono sui libri all’università. Dall’altro i senior, invece, hanno l’occasione di acquisire dai nativi digitali le competenze che lo sviluppo incessante della tecnologia richiede di aggiornare ogni giorno.

BIG

si gioca in 4 round in 4 settimane. Ogni squadra è formata da: JUNIOR - giovani fino a 29 anni iscritti alle principali università italiane o laureati; SENIOR - manager (dirigenti, executive professional e quadri) e imprenditori. È possibile iscriversi sia come squadra che come singolo partecipante, e in tal caso sarà poi Cfmt a creare una squadra.

BIG

si svolgerà dal 21 OTTOBRE AL 17 NOVEMBRE. Le iscrizioni sono aperte fino al 6 OTTOBRE 2019. Per il regolamento e le iscrizioni: www.cfmt.it/big big@cfmt.it - 025406311 Maggiori informazioni: Luigia Vendola - luigia.vendola@cfmt.it; Luisa Panariello - luisa.panariello@cfmt.it

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le persone debbano ripensare i propri modelli di riferimento, mentre le organizzazioni devono accogliere la sfida di far leva sulle sinergie prodotte dal capitale umano di generazioni differenti in maniera da assicurare il proprio sviluppo nel corso del tempo. Questa è la tesi sostenuta nel libro The 100 year life, living and working in an age of longevity, scritto da Lynda Gratton e Andrew Scott della London Business School (Bloombury, 2016). Secondo gli autori, l’accelerata crescita delle aspettative di vita rende attuale e sempre più necessaria la messa in discussione del modello tradizionale di vita in tre fasi: studio, lavoro, pensione. Questo sia sul versante delle persone che su quello delle organizzazioni. Tutto ciò richiede delle politiche di human resource capaci di aumentare le energie psicologiche vitali (vitality asset) e gli “asset trasformazionali” che implichino delle azioni rivolte all’empowerment delle persone e allo sviluppo di pratiche organizzative capaci di favorire il dialogo, lo scambio di conoscenze e il trasferimento di esperienze fra generazioni differenti.

Mutual mentoring: un’alleanza tra generazioni per crescere assieme Nell’era della trasformazione digitale l’idea e le pratiche di mentoring tradizionale devono fare spazio a un’alleanza tra generazioni


basata sulla condivisione delle conoscenze, delle competenze e delle esperienze. Una modalità che va in questa direzione è il “mentoring reciproco” (mutual mentoring): una metodologia di formazione che prefigura un percorso di apprendimento guidato entro cui i senior possono fare da mentore verso i giovani e nel contempo i giovani possono farlo nei confronti dei senior. Più in particolare, il mentoring reciproco sottende l’idea che sia i senior che i junior di-

spongano di competenze, capacità, esperienze utili all’altra parte e inoltre che senior e junior insieme possano riuscire ad apprendere cose nuove e crescere assieme per riuscire ad affrontare congiuntamente sfide particolarmente complesse. Quindi, il mutual mentoring si svolge attraverso la costruzione di un rapporto a due vie tra generazioni differenti orientato al passaggio reciproco di esperienze e competenze e anche di valori culturali.

In questo modo si crea nelle organizzazioni una vera e propria comunità di apprendimento entro la quale i rappresentanti di generazioni differenti arrivano ad abbattere le barriere relazionali e i pregiudizi riuscendo ad assumere, a turno, il ruolo di mentor (insegnante) e di mentee (allievo) attraverso la legittimazione e l’incoraggiamento reciproco e lo scambio di feedback sul conseguimento degli obiettivi e l’adeguatezza dei comportamenti messi in campo. 

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Imprese

BRUNELLO CUCINELLI: UN’UTOPIA POSSIBILE Il libro autobiografico Il sogno di Solomeo: la ricetta del capitalismo umanistico

Ilaria Grasso cultrice di letteratura aziendale e saggistica del lavoro

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RUNELLO CUCINELLI è l’imprenditore umbro noto in tutto il mondo per il cachemire. La sua carriera inizia a impennarsi quando ha l’idea di tingere le lane dei suoi maglioni. Da quel momento e da quando l’ha quotata in borsa l’azienda Cucinelli non smette di sorprendere per innovazione, creatività e per cultura del lavoro. Il libro autobiografico Il sogno di Solomeo - La mia vita e l’idea di capi-

talismo umanistico spiega come la parola “capitalismo” si possa legare con l’aggettivo “umanistico”: un ossimoro e difficilmente realizzabile nella pratica. Il libro è ben scritto e avvolge nelle sue trame proprio come un pullover di cachemire di ottima qualità. Cucinelli non nasconde nulla di sé e della sua storia, neanche le esperienze più drammatiche. Come il riferimento al costante riportare quanto fosse stato per lui doloroso


vedere il padre operaio piangere per i soprusi e la frustrazione. Con immenso stupore, vedendo alcuni suoi video su YouTube, ho scoperto che quella sofferenza non era una semplice confessione che stava facendo al lettore per creare una certa intimità, ma la base da cui partiva ogni suo discorso e la molla della sua filosofia nella vita e nel lavoro. Ha saputo trasformare il suo dolore personale in qualcosa di più grande andando al di là del proprio ombelico, creando per sé e per gli altri qualcosa di unico e straordinario. Solomeo è un borgo a pochi chilometri da Perugia. Cucinelli lo ha rilevato assieme alla sua famiglia e all’omonima fondazione per ristrutturarlo e fondarvi una scuola per artigiani. Con il tempo il progetto di Solomeo si è evoluto con il Bosco della spiritualità, la chiesa di San Bartolomeo, una cantina e un teatro. Queste ultime strutture sono state definite da Cucinelli i “primi quattro elementi del progetto”. Quinto elemento è rappresentato da un’esedra di travertino alta cinque metri e lunga ventiquattro, al di sopra della quale è riportata la dicitura “Tributo alla dignità dell’uomo” e sotto ogni arco c’è il nome dei cinque continenti del pianeta: Africa, Europa, Asia e Oceania.

Un imprenditore “umanista”? Il capitalismo umanistico è prima di tutto un’operazione di filologia

culturale. Inconsueto trovare nella cultura di un imprenditore riferimenti come Platone, Seneca, Virgilio, Kant, Baumann, San Benedetto o ancora termini come “dono”, “bellezza” o “anima”, o anche l’utilizzo di verbi come “custodire” e “tramandare”, eppure Cucinelli li utilizza con competenza e li fa scivolare nei suoi discorsi con naturalezza, come stesse poggiando una sciarpa leggera sul divano. Non trovo mai la parola “merito” e questo la dice lunga su quanto sia importante considerare un dono qualsiasi cosa si riceva. Il concetto di “merito”, molto utilizzato dalla classe dirigente, nasconde in sé la presunzione che ogni cosa sia dovuta per forza. Così facendo perdiamo tutti. Facciamo evaporare l’umiltà necessaria per imparare e la capacità di ascolto incondizionato che è indice di amore, la vera ricchezza (lusso) che al mondo tutti possiamo produrre, a vari livelli. Una ricchezza invisibile agli occhi ma solida e reale. Il metodo utilizzato da Cucinelli è la gentilezza, ben consapevole che una persona che riceve un complimento o in altre parole un lavoratore che vede riconosciuto il suo valore sente la responsabilità di un agire corretto e si comporta di conseguenza. Cucinelli non ha studiato, o meglio, non ha frequentato l’università, ma ha vissuto numerosi anni al bar ascoltando e lasciandosi incuriosire da ciò che ha ascoltato leg-

gendo in totale autonomia i libri e facendosene un’opinione critica e personale. Lo ha fatto evitando ogni pregiudizio e nel tempo questo approccio gli ha consentito di approdare a una dimensione inclusiva e a una concezione universalistica di matrice economica, politica, religiosa e morale.

Il concetto di merito, molto utilizzato dalla classe dirigente, nasconde in sé la presunzione che ogni cosa sia dovuta per forza. Così facendo perdiamo tutti. Facciamo evaporare l’umiltà necessaria per imparare e la capacità di ascolto incondizionato che è indice di amore, la vera ricchezza che al mondo tutti possiamo produrre, a vari livelli

Un’etica del lavoro Fondamentale nel pensiero cucinelliano è la figura di San Benedetto da Norcia. Quella del monaco fondatore dell’ordine dei Benedettini non è solo per una prossimità geografica (Solomeo e Norcia sono a un’oretta e mezza di strada). Difatti trovo nella Regola Santa Benedettina un apparato organizzativo molto simile a quello aziendale e una modalità di gestione delle cose terrene che sanno aspirare a

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Imprese un bene non solo individuale ma di comunità. Molti imprenditori pensano al bene delle zone che ospitano le loro aziende in termini di responsabilità sociale d’impresa ma il concetto di responsabilità sociale d’impresa, per come è declinato in Italia e in altre parti del mondo, è spesso inteso solo come contratto economico su base risarcimentaria tra gli abitanti della zona che ospi-

La responsabilità sociale d’impresa, per come è declinata in Italia e in altre parti del mondo, è spesso intesa solo come contratto economico su base risarcimentaria tra gli abitanti della zona che ospita l’impresa e l’impresa rappresentata dall’imprenditore

ta l’impresa e l’impresa rappresentata dall’imprenditore o dalle fondazioni spesso demandate a tale funzione. Questa però è solo una forma di accomodamento che nulla ha a che fare con l’etica e meno che mai con la salvaguardia della natura e del mondo. Altre volte invece si pensa solo ad azioni volte a una “captatio benevolentiae” di matrice demagogica più affine al paradigma individualistico dell’uomo che opera in economia e che nulla ha a che fare con la tutela e la conservazione della flora e della fauna del nostro Pianeta. Come se l’uomo fosse sempre eterno predatore. È proprio qui che in Cucinelli troviamo un enorme balzo del pensiero e nell’azione rispetto agli altri. Cucinelli compra dei terreni deturpati nel loro aspetto paesaggistico da capannoni di lamiere e costruzioni (forse anche non in regola) nel tentativo di restituire loro l’antico splendore.

Riferimenti letterari Nella voce narrante del Sogno di Solomeo si ritrova la stessa amorevolezza dei pensieri di Etty Hillesum, scrittrice e mistica ebrea la cui cultura si colloca a cavallo tra cristianesimo ed ebraismo. Cucinelli e la Hillesum sono affini perché parlano del valore del “dono”, dell’importanza di “custodire” il mondo e noi stessi per donarci agli altri. Il sogno di Solomeo è un libro ricco di spunti e tra le pagine si respira una cultura che sembra

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estranea all’attuale classe imprenditoriale che sembra avere come unica ragion d’essere il soldo e la finanza. Man mano che si procede con la lettura, le espressioni “fare impresa” e “fare comunità” fanno pensare alla concezione che Adriano Olivetti aveva del lavoro e dell’organizzazione aziendale, ma si viene smentiti in un lungo passaggio del libro in cui Cucinelli chiarisce questo punto distaccandosi apertamente dalla “comunità” di Adriano Olivetti. La matrice a cui fa riferimento, afferma, è di tutt’altra natura. È un altro Adriano a essere fonte ispirativa: l’imperatore protagonista delle Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, grande scrittrice e prima donna a essere ammessa all’Accademia di Francia. In lei, come in Cucinelli, si trova una meticolosa attenzione ai temi esistenziali.

L’estetica della moda L’imprenditore umbro si occupa di moda e la moda deve essere attenta non solo all’estetica dei suoi prodotti ma anche e soprattutto alla loro bellezza. Un imprenditore che vuole occuparsi di moda deve interrogarsi continuamente sul senso della bellezza, oltre che della qualità e dei metodi di produzione. Cucinelli, da quel che leggo, è molto consapevole di questo e soprattutto di quanto la bellezza possa provocare emozioni nell’essere umano e rappresentare un utile strumento di conoscenza. 


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Intervista

ACCENDIAMO L’INNOVAZIONE? A tu per tu con Paolo Le Pera, director People & Culture Philip Morris Italia e Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna. La trasformazione della multinazionale, i nuovi prodotti, i cambiamenti dei modelli organizzativi e il ruolo chiave dei manager.

Paolo Le Pera, director People & Culture, Philip Morris Italia e Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna

Enrico Pedretti

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Philip Morris nel 2014 ha lanciato IQOS, un prodotto che punta sul tabacco che non brucia. Quali sono gli obiettivi? «In Philip Morris stiamo vivendo una profonda trasformazione che riguarda la nostra mission e identità. Il nostro obiettivo è quello di costruire un futuro senza fumo grazie a una gamma di prodotti che eliminano la combustione, tra i quali, appunto, IQOS, che abbiamo lanciato proprio qui in Italia in anteprima mondiale nel 2014. Ciò per cui siamo impegnati è quindi un futuro in cui tutti i fumatori adulti, che diversamente continuerebbero a fumare, decidano di abbandonare le sigarette per passare ai nuovi prodotti senza fumo. Si tratta di un obiettivo estremamente ambizioso, che ha richiesto all’azienda una vera trasformazione del proprio modello di business e della propria organizzazione e che richiede com-

petenze nuove e di altissimo livello in ogni ambito di business». Una grande novità: come lavorate all’innovazione continua e come è nata l’idea di IQOS? «IQOS, come tutti i prodotti alternativi su cui Philip Morris vuole basare il proprio futuro, nasce dalla consapevolezza che a causare i danni da fumo sia principalmente la combustione. La nicotina, che causa dipendenza e non è priva di rischi, non è la causa principale delle malattie correlate al fumo, come molti credono. L’obiettivo era dunque quello di creare dei prodotti che riuscissero a soddisfare i fumatori adulti che altrimenti continuerebbero a fumare, eliminando però i composti derivanti dalla combustione. I nostri prodotti non sono quindi privi di rischio, ma rappresentano una scelta valida rispetto alle sigarette e questo è testimonia-


to dal fatto che ormai oltre 11 milioni di persone hanno deciso di passare ad IQOS, oltre il 70% dei quali in maniera pressoché esclusiva». Un profondo cambiamento, visto che il prodotto in un certo senso cannibalizza quello storico: come lo avete gestito a livello culturale, considerando che il target dei fumatori è particolarmente conservatore? «Nel lungo periodo l’obiettivo è quello di smettere completamente di vendere sigarette. Abbiamo preso l’impegno affinché almeno il 30% dei nostri consumatori, che altrimenti continuerebbero a fumare, passino ai prodotti senza fumo entro il 2025. Ad oggi siamo sulla strada giusta per raggiungere questo target, a testimonianza del fatto che i consumatori cercano una valida alternativa rispetto alle sigarette».

In tutto questo l’Italia ha un ruolo guida: a Milano c’è stato il lancio in anteprima mondiale di IQOS e a Bologna si è realizzato l’unico sito produttivo. Come e perché? «L’Italia rappresenta senza dubbio il cuore pulsante di questa trasformazione, in primis perché è proprio qui che abbiamo lanciato in anteprima mondiale IQOS, insieme a Nagoya (Giappone), ma anche perché qui abbiamo investito oltre 1 miliardo di euro in quello che ad oggi è il primo e più grande stabilimento su larga scala di produzione di HEETS (gli stick di tabacco da utilizzare con IQOS). L’impianto, che sorge alle porte di Bologna, impiega oltre 1.600 persone, di cui 1.200 assunte ex novo, e rappresenta un’eccellenza manifatturiera oltre che un polo di innovazione e ricerca sui nuovi prodotti. A Bologna, infatti, oltre a esportare in più di 48 mercati nel mondo,

«L’Italia rappresenta senza dubbio il cuore pulsante di questa trasformazione, in primis perché è proprio qui che abbiamo lanciato in anteprima mondiale IQOS, insieme a Nagoya (Giappone)»

sviluppiamo tutte quelle conoscenze e competenze utili per produrre i nostri prodotti senza fumo. Sempre in Italia, infine, a partire dai primi anni 2000 sosteniamo il settore tabacchicolo nello sviluppo di un modello innovativo di gestione agricola, il cui centro è rappresentato dai coltivatori, che garantisca prevedibilità commerciale, sostenibilità di lungo periodo e una migliore competitività. A questo pro-

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Intervista posito lo scorso marzo abbiamo sottoscritto un verbale d’intesa programmatica con il ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo al fine di garantire investimenti fino a 500 milioni di euro complessivi in 5 anni da parte di Philip Morris sulla filiera tabacchicola italiana: si tratta del più alto investimento nel settore da parte di un’azienda privata, finalizzato all’acquisto di tabacco in foglia italiano e alla valorizzazione, innovazione e sostenibilità della filiera, la più importante d’Europa, con oltre 50.000 addetti nelle fasi di coltivazione e trasformazione primaria». Come ha risposto il mercato al lancio di IQOS e quali sono i primi risultati? «Siamo molto soddisfatti della risposta dei consumatori. Dopo una prima fase test di commercializzazione nelle città di Milano e Nagoya la commercializzazione nel resto dei due paesi è stata estesa nei mesi successivi. Dal 2015, IQOS è stato gradualmente introdotto nel resto del mondo per raggiungere gli attuali 48 mercati tra Europa, Sud America e Asia. Nel 2018 le vendite del prodotto nei mercati sono quasi raddoppiate rispetto all’anno precedente (+93,2%), passando dai 22,9 miliardi di unità nel 2017 a 44,3 nel 2018. Nel primo trimestre del 2019 hanno raggiunto 12,7 miliardi di unità, aumentando del 10,6% rispetto all’ultimo trime-

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stre del 2018, e del 34,6% rispetto al primo trimestre dello stesso anno. In Italia ad oggi contiamo oltre mezzo milione di consumatori, con una quota del 4,7% sul totale dei prodotti del tabacco venduti, numeri che ci indicano che siamo sulla giusta direzione». Significativo anche il cambio in termini strategico-organizzativi: una nuova strategia di marketing e commerciale? «Questo processo di enorme trasformazione richiede quotidianamente nuove risorse e competenze, dato che mai come oggi la nostra organizzazione è chiamata ad affrontare nuove sfide, indotte non solo da una crescente digitalizzazione del lavoro, ma da un vero e proprio cambio di paradigma che necessita di un cambio culturale forte che lo possa accompagnare. L’azienda negli ultimi anni è cambiata moltissimo, ripensando completamente la propria struttura e cultura organizzativa». Come siete strutturati a livello organizzativo nel mondo e in Italia per rispondere e magari anticipare un mercato sempre più mutevole, rapido e sfidante? «Per raggiungere il nostro obiettivo di creare un mondo senza fumo abbiamo necessariamente dovuto ripensare i modelli classici di organizzazione aziendale, sia a livello globale che a livello nazionale. Solo a titolo esemplificativo, negli ulti-

mi anni abbiamo visto il nascere e prosperare di dipartimenti completamente nuovi, come quello dedicato allo sviluppo digitale o ancora quello dedicato esclusivamente ai nostri prodotti senza fumo. La nostra azienda opera su una catena lunga del valore, dal mondo tabacchicolo all’utilizzatore finale dei nostri prodotti, ed è proprio sulla base di ognuno dei nostri interlocutori che abbiamo dovuto strutturarci e organizzarci, sempre tenendo a mente il nostro consumatore». In un’azienda come la vostra, qual è il ruolo del management? «Siamo circa 77mila persone in ol-


tenuto in Italia e nel mondo la certificazione Equal Salary, che testimonia come a parità di lavoro svolto uomini e donne vengano retribuiti in egual misura.

tre 180 paesi. Crediamo nell’importanza di avere una struttura ben definita per facilitare i processi, ma siamo anche consapevoli che solo attraverso la collaborazione e l’inclusione incondizionata potremo ottenere i risultati migliori. Il nostro management è molto dedicato a far sì che i principi sui quali si basa la nostra cultura aziendale siano alla base delle attività quotidiane di ciascuno di noi. In particolare, per quanto riguarda l’attenzione alla diversità e all’inclusione, il nostro management ha preso l’impegno affinché il 40% delle posizioni manageriali sia ricoperto da donne entro il 2022 e recentemente Philip Morris ha ot-

Come gestite i talenti e lo sviluppo delle persone? «Per noi è importante avere dei processi uguali per tutti, che ci aiutino non solo a identificare il potenziale delle persone che vogliono entrare a far parte del nostro mondo, ma anche di coloro che già lavorano con noi. Ogni persona è diversa e ha un talento proprio e il nostro compito è di rafforzare, sviluppare e potenziare ciascuno di questi talenti. A questo scopo abbiamo sia processi di talent management che di performance management con i quali accompagniamo le nostre persone durante la loro carriera professionale in un lavoro di sincronia tra il dipartimento che rappresento in Italia, People and Culture, e i supervisor. Crediamo molto anche nella crescita delle persone e a questo fine offriamo corsi di formazione, di lingua e di potenziamento delle competenze». Cosa fate a livello di sviluppo professionale per i manager? «Lavoriamo attraverso l’esperienza e la collaborazione con gli altri. Nell’ottica della grande trasformazione che Philip Morris sta attraversando, è fondamentale che i nostri leader siano in grado di

guidare e sostenere questo cambiamento. In questi ultimi due anni sono stati realizzati programmi di sviluppo della leadership con lo scopo di accompagnare i nostri manager nella trasformazione e per testimoniare la cultura cui tutti dobbiamo tendere in questo momento di profondo cambiamento. Uno degli elementi chiave di questa nuova cultura è l’inclusività. Oltre a ciò, in Philip Morris mettiamo a loro disposizione specifici percorsi sia di coaching, con dei coach esterni, sia di mentorship con mentor interni all’azienda. Ultimo, ma non meno importante, è la volontà di esporre i nostri leader alla cultura internazionale di Philip Morris, dando loro la possibilità di prendere parte a un international assignment in una delle nostre affiliate sparse in tutto il mondo». Insomma, dopo il jolly di IQOS quali altre sorprese dobbiamo aspettarci? «Come anticipato, IQOS è solo una delle piattaforme che stiamo studiando e validando scientificamente. Il nostro obiettivo è quello di smettere di vendere sigarette e potremo farlo solo nel momento in cui avremo dato a ogni fumatore adulto, che altrimenti continuerebbe a fumare, un’alternativa che sia per lui valida. Non posso dare anticipazioni ma sono sicuro che vedrete insieme a noi un mondo senza fumo». 

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Economia

LAVORO: POLITICHE ATTIVE, VERA PRIORITÀ I punti salienti del nuovo studio Ocse e le strategie di Anpal

Carla Panizza

Rapporto Ocse

responsabile centro studi Manageritalia L’Italia dovrebbe incrementare i fondi dedicati alle politiche attive del lavoro e rafforzare la cooperazione tra autorità nazionali e regionali per fornire un accompagnamento più adeguato alle persone che cercano lavoro e ridurre l’alto tasso di disoccupazione secondo un nuovo studio Ocse. Il rapporto “Rafforzare le politiche attive del mercato del lavoro in Italia” mostra come il nostro paese si trovi di fronte a sfide più importanti rispetto alla maggior parte degli altri paesi Ocse. Il tasso di occupazione e la produttività del lavoro sono bassi, la disoccupazione giovanile è ancora intorno al 30% e il divario occupazionale tra uomini e donne, così come la disoccupazio-

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ne di lunga durata, diminuiscono lentamente. Inoltre, le disparità regionali sono alte e persistenti rispetto alla maggior parte degli altri paesi Ocse. La spesa per politiche attive del mercato del lavoro (0,51% del pil) è vicina alla media Ocse, ma ben al di sotto della media dei paesi dell’Unione europea e di paesi con tassi di disoccupazione simili. Inoltre, le risorse per le politiche attive del mercato del lavoro si concentrano su incentivi all’occupazione e non su programmi più efficaci


I

di aggiuntivi hanno il potenziale di migliorare le prestazioni dei servizi per l’impiego in Italia. Tuttavia, perché si vedano miglioramenti sostanziali per il mercato del lavoro, il sistema dovrebbe beneficiare di maggiore cooperazione e coordinamento tra i vari livelli amministrativi. Nel quadro di governance decentralizzata previsto dalle norme in vigore, le auto-

L’Italia deve incrementare i fondi dedicati alle politiche attive del lavoro e rafforzare la cooperazione tra autorità nazionali e regionali per fornire un aiuto adeguato alle persone che cercano lavoro e ridurre l’alto tasso di disoccupazione

come l’orientamento e la formazione dei gruppi di disoccupati più svantaggiati. Solo il 2% del budget è speso in servizi che si sono dimostrati più efficienti in termini di costi a livello internazionale, come l’intermediazione di lavoro (job mediation), l’inserimento lavorativo (job placement) e i servizi correlati. Al momento, i servizi pubblici per l’impiego svolgono un ruolo modesto. Solo la metà circa dei disoccupati è registrata presso un centro per l’impiego e solo la metà di que-

sti utilizza servizi per cercare lavoro. Inoltre, l’accesso e la qualità dei servizi per l’impiego varia notevolmente tra le regioni del Paese. «Per migliorare le prestazioni dei servizi per l’impiego sono necessarie maggiori risorse, un potenziamento del personale degli uffici locali, delle loro competenze e un ammodernamento dell’infrastruttura informatica», sostiene Stefano Scarpetta, direttore del direttorato per l’Occupazione e gli affari sociali dell’Ocse. La riforma in corso avviata dal Jobs Act e i recenti fon-

rità nazionali e regionali dovrebbero concordare un patto di responsabilità per misurare le prestazioni dei centri per l’impiego in base a una serie di indicatori e valutare il raggiungimento di obiettivi definiti per regione. I fondi nazionali per i centri locali dovrebbero essere legati non solo al numero di persone da servire, ma anche in base al miglioramento degli indicatori di performance, così da inserire incentivi per migliorare la qualità e l’efficacia dei servizi forniti. La recente introduzione del reddi-

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Economia to di cittadinanza aggiunge ulteriori responsabilità ai centri per l’impiego in quanto i nuovi beneficiari dovrebbero ricevere adeguate misure di supporto e accompagnamento nella ricerca di un nuovo lavoro. Il miglioramento del funzionamento e delle prestazioni del sistema dei servizi per l’impiego è dunque oggi più urgente che mai.

Lavoro e trasformazione digitale

Domenico Parisi, presidente Anpal.

Nella giornata di apertura del Forum Pa 2019, il presidente Anpal Mimmo Parisi ha illustrato la sua ricetta per rendere “smart” le politiche attive del lavoro in conseguenza della trasformazione digitale. Da un lato c’è la necessità di far fronte al rischio di una crescita economica senza incremento dell’occupazione, dall’altro l’ob-

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bligo di ridurre le diseguaglianze attraverso un sistema in grado di accompagnare i giovani e sostenere le fasce deboli. La necessità di “governare” tale fase di transizione impone lo studio e l’attuazione di nuove forme di intervento che riducano le diseguaglianze, puntino alla crescita del capitale umano del Paese e creino occupazione di qualità. È necessario non lasciarsi cogliere impreparati e capire per tempo quale risposta dare alle domande che questa trasformazione porta con sé: come affrontare le sfide della trasformazione digitale evitando il rischio di una crescita economica senza incremento dell’occupazione? Come fronteggiare il potenziale aumento delle diseguaglianze attraverso un sistema in grado di accompagnare i giovani e sostenere le fasce deboli? Come governare la transizione con interventi che riducano le diseguaglianze, puntino alla crescita del capitale umano del Paese e creino occupazione in quantità? I cambiamenti nel mondo del lavoro si riconducono innanzitutto a due aspetti: occupabilità e nuove competenze, ha spiegato Parisi. L’occupabilità è legata al nuovo modo di concepire la stabilità del lavoro, che sarà sempre più stabilità nel mercato del lavoro e non semplicemente nel posto di lavoro. La competenza più richiesta ai lavoratori del futuro sarà

quella cognitiva legata alla creatività e all’immaginazione, alle capacità logiche e a quelle analitiche, nel saper delineare piani strategici di intervento che tengano insieme e diano un senso a una grande molteplicità di aspetti e di dimensioni. Le macchine eseguiranno i compiti specifici di routine, guidate da tecnologie che usano big data. Secondo Parisi l’insorgere di questi cambiamenti porta a dover ricollegare le politiche attive del lavoro a due fattori fondamentali: la capacità di aiutare le persone a imparare e disimparare di continuo (per far fronte alla continua comparsa e scomparsa di nuove occupazioni) e la necessità di intervenire già nei primi anni di vita (early childhood development). Quel che serve davvero per permettere al nostro Paese di fare un salto di livello è creare sistemi digitali che utilizzino la massa di dati raccolti sulle diverse piattaforme informative per codificare le attività umane in processi automatizzati e al tempo stesso per personalizzare i servizi e renderli continuativi nel tempo. Questo approccio viene chiamato case management. La figura del navigator dovrebbe essere quella che può aiutare i centri per l’impiego ad adottare questo modello, dove l’utilizzo dei dati in tempo reale è fondamentale in tutti i processi e soprattutto nel favorire l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. 


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FARE IL MANAGER NELL’ICT Cosa devono fare i manager per essere vincenti sul mercato Ict? Come presidiare il settore? Il punto di vista di Silvano Joly, country manager per un’azienda fornitrice di soluzioni product lifecycle management e associato a Manageritalia Piemonte e Valle D’Aosta.

Silvano Joly è country manager Centric Software Italia, fornitore di soluzioni di Plm (Product lifecycle management) per l’industria della moda, del lusso e dei beni di consumo.

Enrico Pedretti

Cosa vuol dire oggi essere country manager in Italia per una multinazionale straniera dell’Ict? «Evitare di “fare l’americano”, lavorando invece per localizzare la proposta della corporation, che è globale, al mercato italiano rendendola coerente alle logiche e all’ecosistema del made in Italy». Quali sono i punti di forza da mettere in campo? «Il valore delle soluzioni di un vendor internazionale sono gli input di centinaia di clienti in tutto il mondo. Ma non basta: per costruire una proposta aderente alle aziende italiane servono anche le competenze specifiche di partner locali che vanno arruolati e formati adeguatamente». Il vostro software supporta la progettazione del prodotto dall’idea alla produzione. Vi rivolgete anche alle pmi?

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«Anche e soprattutto alle pmi, la linfa del made in Italy, uno dei mercati di riferimento che “coccoliamo” direttamente con la nostra rete di partner certificati». Quale il contributo dei manager per essere vincenti sul nostro mercato? «Dare l’esempio con il “manus agere” e indicare la via con il “dirigere”. In sintesi: 1) fare e insegnare; 2) dare una direzione chiara; 3) ascoltare e delegare; 4) non essere un controllore ma avere sempre una classifica dei collaboratori e un piano di miglioramento della squadra». Come presidiare un settore come quello dell’Ict che cambia alla velocità della luce ed è in piena digitalizzazione? «Bisogna anticipare i tempi e i trend se si vuole portare valore. Imporsi come visionari non follo-


wer, concretamente. Ad esempio, in Centric Software studiavamo il tema della circular economy da tempo. Oggi, ben prima di altri concorrenti, abbiamo una proposta, elaborata con Accenture, che è solida e pronta ad essere adottata dalle aziende italiane che vogliono sviluppare prodotti in modo sostenibile».

MANAGERITALIA PIEMONTE E VALLE D’AOSTA

L’associazione in numeri Dirigenti 1.127 Quadri 157 Executive professional 292 Pensionati 764 TOTALE 2.340 Maschi 1868

Lei è sempre stato nell’Ict: un percorso premiante e cercato? «Il mio primo impiego in effetti è stato in Bolaffi, dove ho imparato parecchio. Dal ’96 lavoro nell’Ict, un settore stimolante che mi ha dato molto e può ancora dare grandi gratificazioni ai giovani dirigenti. Ancor più oggi, nell’era digitale, dove l’innovazione è il biglietto per il futuro». Cosa fare per continuare a crescere professionalmente? «Studiare e aggiornarsi. Il Cfmt è un ottimo veicolo, ho sempre investito e fatto investire tempo per seguire almeno un paio di corsi all’anno». Bisogna guardare anche all’estero? «Bisogna guardare in tutte le direzioni. Dall’estero, consiglio letture e business blog come Heinz Marketing, la Harward Business Review e seguire organizzazioni come Startup bootcamp per conoscere il mondo delle startup eccellenti».

Femmine 472 dati agosto 2019

Lei vive a Torino, che ambiente professionale c’è e come sfruttarlo? «Torino è cambiata, scrollandosi di dosso una certa patina, ma subendo anche pesanti tagli e diaspore. È un’area di eccellenza, con grandi scuole sia professionali che universitarie, grandi aziende con un know-how. Penso che Torino debba continuare ad aprirsi e avvicinarsi a Milano, l’unica vera metropoli italiana, unendo le forze. Questa è l’era della coesione, non dei campanili». Quali i modi per fare networking con vantaggi per sé e l’azienda, magari anche divertendosi? «Fare networking è fondamentale, ma non solo online. Ad esempio, partecipare alle attività di Manageritalia è un’ottima occa-

sione per conoscere e fare rete, vendere, comprare, assumere». Managerialmente parlando, l’Italia che lei conosce e frequenta come esce dal confronto con l’estero? «Ci si ripara dietro al made in Italy ma si pensa troppo poco all’innovazione. Chi dice “abbiamo sempre fatto così” non riflette sul “cost of doing nothing”. Chi non innova è perduto, che sia un’azienda o un dirigente». Lei è associato a Manageritalia Piemonte e Valle d’Aosta: che rapporto e quali vantaggi ha? «L’ufficio di Torino è molto ben gestito ed è il luogo dove trovare assistenza, consigli e anche tanti amici-colleghi con cui confrontarsi in occasione delle iniziative sociali». 

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ARTE Claudia Corti

Infinity Mirror, Legno, specchi, acrilico, LED. 2016

IL CORAGGIO DI SEGUIRE CIÒ CHE RENDE LIBERI: YAYOI KUSAMA

arte

DOVE Love is calling, ICA Boston, fino al 7 febbraio 2020

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È

È l’artista vivente più popolare al mondo: 5 milioni di visitatori delle sue mostre in 5 anni, gallerie costrette a limitare la permanenza di ogni spettatore in mezzo alle sue opere a soli 45 secondi per consentire il defluire delle code chilometriche, e un record di prevendita, 90.000 biglietti in un solo pomeriggio, stabilito dal Broad Museum di Los Angeles. A muovere questo complesso meccanismo è un’artista giapponese, 90 anni compiuti da poco, che non rilascia mai interviste dirette e risponde al nome di Yayoi Kusama. Che arte e follia procedano di pari passo è cosa nota, ma riuscire a rendere arte le proprie allucinazioni è sublime. Pochissimi ci sono riusciti, e una è proprio lei, Kusama, che da ben 42 anni vive (volontariamente!) nell’ospedale psichiatrico di Tokyo, da cui esce ogni giorno per raggiungere il suo atelier sul lato opposto della strada, dove realizza opere che oggi si vendono a milioni di dollari. Nata nel 1929 da una famiglia benestante e conservatrice, ha un’infanzia particolarmente difficile, un padre fedifrago e una madre che la manda a spiarlo, riversando su di lei la propria rabbia. La stessa madre che qualche anno più tardi le strapperà di mano i pennelli per impedirle di distrarsi dall’unica attività concessa a una signorina di buona famiglia giapponese, ovvero la ricerca di

un buon marito. Nasce probabilmente così la sua proverbiale foga nel voler concludere le opere e la velocità di esecuzione nonostante la complessità geometrica. A 27 anni lascia il Giappone per New York con pochi spiccioli cuciti nella fodera del vestito e affronta la povertà e la difficoltà di vivere in un paese che ostenta libertà, ma è ancora profondamente sessista. Tra mille lavori saltuari disegna ossessivamente fiorellini, onde e pois, e combatte per cambiare il mondo, come quando disegna corpi nudi sui gradini della statua della Libertà per protesta contro la guerra del Vietnam o mette in scena il primo matrimonio gay. Ma la vera energia che muove tutto il suo lavoro, che siano zucche o altri soggetti, è l’infinito, la consapevolezza di quanto sia piccolo l’uomo di fronte agli infiniti spazi: i suoi pois gialli, rossi o neri non rappresentano altro se non le stelle del firmamento. È la prima artista a creare nuovi spazi artistici in cui far muovere lo spettatore attraverso l’uso di specchi; così come è la prima a mettere in vendita alla Biennale del ‘66 per pochi spiccioli piccole sfere riflettenti al grido di “Compra il tuo ego”... lo stesso ego che oggi spinge milioni di appassionati a scattare un selfie tra le sue opere, rendendola l’artista più “instagrammabile” di sempre.

CURIOSITÀ L’inizio ufficiale della sua carriera si deve all’artista americana Georgia O’Keeffe. Kusama vide il suo celebre Iris e ne rimase colpita al punto da scrivere all’autrice, la quale rispose all’ammiratrice invitandola a seguire i suoi sogni e a fare della pittura una ragione di vita.


LETTURE per MANAGER

...permanager

Marco Lucarelli

UNA STELLA A CINQUE PUNTE Questo non vuole essere l’ennesimo necrologio per la morte precoce di una giovane e valida professionista conosciuta dal grande pubblico come inviata e presentatrice del programma televisivo “Le Iene”. Certo, la volontà di leggere questo libro nasce anche dal capire come una persona così forte e determinata abbia affrontato la malattia ma Fiorire d’inverno. La mia storia scritto da Nadia Toffa e pubblicato da Mondadori non è solo questo. È un libro a forma di “stella” come descritto nella prefazione. Una stella dove ognuna delle cinque punte racconta una storia diversa. La prima punta parla dell’energia, la seconda dell’entusiasmo, la terza dell’importanza del vivere nell’istante, la quarta parla della felicità e la quinta della sincerità. Cinque caratteristiche sempre presenti nella vita professionale di Nadia Toffa, dagli esordi in una piccola televisione locale fino a diventare un volto noto a livello nazionale. Questo però è anche un racconto del “dietro le quinte”, su come lavorano a “Le Iene”, come si preparano i programmi, le interviste, gli appostamenti per smascherare il “cattivo” di turno, la consulenza degli avvocati prima di mettere in onda un servizio, gli autori e il montaggio. Un libro quindi anche sul fare televisione. Inevitabile che la storia professionale si intrecci anche con quella personale e con la malattia innescando riflessioni sul senso del lavoro all’interno della propria vita. Riflessioni sulla necessità di “restare umani”, anche in contesti molto competitivi, dove è necessario combattere per vedere riconosciuti i propri meriti professionali

spesso contro persone che impegnano tutte le loro energie a tenere “schiacciati” verso il basso i possibili competitor. Energie sprecate, come ci racconta Nadia, perché utilizzate per togliere il meglio a qualcuno piuttosto che aggiungere a se stessi, come manager e come persone. E poi l’importanza dello studio, della formazione soprattutto per una donna, perché, come i suoi genitori hanno insegnato a lei e a sua sorella «i soldi finiscono ma se avete la capacità di fare e lavorare, potete scegliere e anche decidere se stare con un uomo o non starci. La donna può essere sfruttata e soccombere. Se invece ha il sapere, ti affronta a testa alta e ti manda a quel paese». Discorso questo che supera il discorso di genere e rimarca come lo studio e la formazione continua siano le uniche armi per essere liberi, sia come cittadini che come professionisti e poter scegliere il proprio datore di lavoro. E ancora la determinazione e il coraggio. Davanti a quel colloquio, a quella presentazione, a quella promozione che tanto vi spaventa l’importante alla fine è “buttarsi” perché «se non ti butti finisce che resti al palo ad aspettare. È chiaro che buttarsi fa paura, per questo bisogna coltivare tanto coraggio, così tanto da riuscire a spaventare la paura». Perché a volte pensare troppo a una decisione, a una strategia o a un tatticismo si finisce con l’aggrovigliarsi intorno ai “se” e ai “però”. Come dichiara la stessa Nadia nel suo libro, «quando gli altri si fermano, io vado avanti. Sono programmata in questo modo» e alla fine ognuno di noi ha la sua chiamata e di ogni cosa, nella vita, si può tentare di farne il meglio che si può.

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LETTERE

lettere

Daniela Fiorino daniela.fiorino@manageritalia.it

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Inserto mensile di Dirigente n. 9 / 2019

a cura di Thomas Bialas

DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #57 z n

c

02/ IL TREND DEL MICROLIVING 04/ SOSTIENI IL TUO FUTURO 06/ QUALCOSA SI MUOVE

Internet of drinks Finalmente beviamo qualcosa Ma come? Niente things ma drinks? Esatto. Dai, facciamoci un altro giro. Qualcosa da bere per non sapere come stanno le cose. Sui blog e su Instagram è ormai un classico, ma anche sui grandi giornaloni boccaloni, che da quando sono crollate le tirature è crollata anche la cura degli articoli, pieni di sviste (ipotesi migliore) e di “pubbliche relazioni” pagate (ipotesi peggiore). Nel 2002, in pieno clima antagonista post G8 di Genova, uscì “Tutto quello che sai è falso. Manuale dei segreti e delle bugie” che, almeno negli Stati Uniti, diventò un vero e proprio caso editoriale. Per fortuna non si era ancora affermato il

demenziale slogan “fake news” e si poteva parlare con sobrietà di come l’uomo, grazie all’inganno, cambi il corso della storia. Nel frattempo tutto è diventato sempre più schizofrenico, imprevedibile e difficile da decifrare, soprattutto in politica. Di solito leggo pochissimo di politica interna, ma recentemente un titolo di Italia Oggi mi ha attratto, non tanto per la sostanza ma per la forma: il pezzo “Giornaloni pieni di fake news” prendeva di mira i più blasonati concorrenti elencando dettagliatamente le infinite imprecisioni e sciocchezze scritte a proposito dei voti necessari al Senato per l’approvazione del decreto sicurezza. Ora, anche

SAVE THE DATE: HUMAN RELOADED MILANO, 30 OTT 2019 www.cfmt.it/formazione/eventi/hr-human-reloaded

il “giornalino”, immagino, non è immune alle falsità, soprattutto quando si parla di affari. Le recenti e per certi versi indecifrabili (quasi un thriller) vicende borsistiche di Bio-on, l’unicorno italiano delle bioplastiche, dimostrano quanto sia difficile la valutazione e dunque la decisione. Più che un risk manager qui urgerebbe un “unfake manager” che smaschera le false notizie che invadono i mercati. Ma attenzione: anche l’attribuzione del marchio “fake news” a notizie da denigrare, eliminare o che semplicemente danno fastidio è ulteriore fake news e così all’infinito fino allo stordimento e ubriacatura finale. Cin Cin!


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––Future living Micro e condiviso

––Tribù digitali Abitare in viaggio

https://www.ostelzzz.com http://www.fhs.it https://www.ollie.co https://www.selina.com https://www.welive.com

https://wifitribe.co https://www.thecollective.com https://www.common.com https://www.i-live.de

Con la sua bella estetica e la comunità integrata, Selina è progettata per attirare in particolare i nomadi digitali, coloro che lavorano in remoto e quindi possono vivere ovunque. Questo tipo di stile di vita sta diventando più comune, con conseguenti soluzioni progettate in tal senso. Nomad Cruise, WifiTribe o Wanderbrief - i concetti volti a far vivere insieme e collaborare - stanno proliferando rapidamente. In futuro, idee di ospitalità come queste potrebbero diventare un modo standard di vivere e viaggiare.

––Come vivremo Sei modelli per il futuro Per il Gottlieb Duttweiler Institute, noto think-tank svizzero, queste sono le tendenze del futuro abitare. Collective diversity Una casa, una famiglia, molte storie, è storia del passato. Le forme collettive di abitazione acquisiscono sempre più importanza, soprattutto per i giovani. Mettere in comune, socializzare, condividere spazi e tempo.


DIRIGIBILE #57

––Piccolo è bello Come se lo spazio contasse qualcosa Il microliving non è un micro ma un macro trend. In principio fu Tokyo, ora anche a Milano si può dormire in claustrofobiche capsule. Si chiama Ostelzzz, è a due passi dal centro di Milano, e si pavoneggia da social hostel che interpreta la nuova smart hospitality (perché le parole sono importanti per fare digerire l’assenza di spazio vitale). È tutto un fiorire di micro soluzioni per micro abitazioni per micro budget con micro slogan (come quello di iLive: specialist in micro living). Common, The Collectvive, Ollie, Quarters, Startcity, X Social Communities, WeLive, nata da una costola di WeWork, e il social housing (sempre più diffuso a Milano) con alloggi a canoni calmierati. All inclusive co-living con piccole stanze, monolocali e suite già arredate con spazi in comune, eventi e servizi in perfetto stile hotel, compreso cambio asciugamani e wifi gratuito. In fondo è un ritorno al passato, solo che i nuovi edifici tipo dormitorio hanno con il brand “creative community style” più glam. Solo piccolo marketing?

Peak home Assistiamo progressivamente alla decostruzione della classica abitazione che evolve e muta assieme alla città in un ecosistema dove la casa mantiene solo alcune funzioni (dormire, per esempio) e il resto viene esternalizzato. Platform living L’immobile diventa un po’ mobile e l’abitare sempre più flessibile, estemporaneo e situazionista per soddisfare le esigenze dei nuovi nomadi digitali e figli (coatti) della cosiddetta platform economy. Branded living Il nuovo trend? Vivere in (grazie a) un brand che rappresenta bene il mio stile di vita o lavoro. Il prossimo brand living potrebbe anche abolire numeri civici e vie. Vivo nel quartiere Virgin nella casa Fitness First.

Augmented convenience La futura personalizzazione nella propria abitazione passa per l’automazione, da non confondere con la vecchia domotica. Realtà virtuale e aumentata, riconoscimento vocale e relativi assistenti renderanno la vita comoda e su misura. Somewhere strikes back Più forte il trend (co-living), più forte il controtrend (for me living) che punta (ancora una volta) verso uno stile di vita semplice e radicato. Il ritorno al passato non è solo nostalgica difesa ma pretesa di difendere la vita “privata”, privata dalla sua privacy.


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––Future sustainability Sostieni il tuo futuro

https://www.svart.no https://z9resorts.com https://tinyurl.com/y5slbuzk https://tinyurl.com/y2pdvtp8 https://www.raupeimmersatt.de https://www.smallhold.com/about/ https://tinyurl.com/y5llc47v https://www.inspiredbyiceland.com https://tinyurl.com/y5xon52a

Altrimenti ti sfugge di mano. L’Amazzonia brucia e la Groenlandia si scioglie. Tempo di fare qualcosa. Alcuni timidi tentativi, anche di business.

––Ambientalismo anno zero Da ideologico a logico Logica conseguenza della volontà di sopravvivenza. Anche le grandi multinazionali hanno capito che se vogliono fare (ancora) business as usual devono diventare più unusual. Insomma, consci che la solita minestra riscaldata non fa altro che riscaldare il pianeta, ora le aziende puntano su nuove ricette. La catena di supermercati olandese Albert Heijn sta testando il pricing dinamico e digitale per evitare sprechi in negozio; Unilever testa con la linea Seventh Generation il suo ambizioso obiettivo di utilizzare entro il 2025 solo imballaggi riutilizzabili o compostabili; PepsiCo, con l’iniziativa “Beyond the Bottle”, tenta di eliminare la plastica usa e getta dei distributori con apposite stazioni con bottiglie riutilizzabili e dotate di codice QR individuale. Spesso però le cose più divertenti (e creative) escono dalla testa di piccoli startuppari come il team di Raupe Immersatt, che a Stoccarda ha aperto un food sharing café sostenibile che offre pasti “salvati” dalla pattumiera (ancora ottimi ma non più commerciabili nella grande distribuzione).


DIRIGIBILE #57

––Esercizi di sostenibilità Alberghi che amano l’ambiente

––Soluzioni sostenibili Dal pigiama al fungo Chilometro zerissimo. Mangiare in un locale funghi appena spuntati o insalate appena raccolte. Si può se tutto è indoor. Whole Foods ha iniziato a coltivare funghi in partnership con Smallhold in uno dei suoi punti vendita nel New Jersey, con tanto di bancone trasparente in bella vista, mentre le filiali Ikea di Malmö e Helsingborg hanno recentemente iniziato a coltivare, proprio fuori dal punto vendita, cespi di lattuga in contenitori collegati a un sistema idroponico circolare che sfrutta come liquido nutritivo gli scarti alimentari prodotti dai ristoranti interni. A proposito di liquidi, ottima anche la campagna Kranavatn dell’Islanda che certifica l’acqua che sgorga dal rubinetto come pura e naturale (da preferire alle bottiglie di plastica). E il pigiama? Sostenibile, con il progetto Project Rise: ThreadForward che trasforma la vecchia biancheria d’albergo in nuovi pigiami da regalare ai bambini bisognosi di tutto il mondo.

È come la gara per chi costruisce il grattacielo più alto del mondo, solo che qui l’altezza si misura in sostenibilità. Una gara che vogliono vincere gli architetti di Snøhetta, che hanno progettato (a loro dire) il primo hotel a energia positiva ai piedi del ghiacciaio Svartisen, in Norvegia. Si chiama “Svart”, che significa nero in norvegese e si ispira agli scuri ghiacciai di quella zona. La struttura, la cui apertura è prevista per il 2021, è unica non solo per il design rotondo che richiama l’economia circolare, ma soprattutto per la sua sostenibilità. Rispetto a un hotel convenzionale, i consumi energetici saranno inferiori dell’85% e l’intera energia sarà autoprodotta. Giusto: la sostenibilità è oggi un trend “sostenibile” che ha anche effetti significativi sull’estetica alberghiera. “L’edilizia ecologica non è più opzione ma standard” afferma categoricamente l’architetto Matteo Thun. Intanto “Luxury hotels go plastic free”, si legge su molte testate internazionali. Six Senses ha annunciato che SCARICA: tutti i suoi resort saranno privi di plastica FUTURE OF WORK WHITEentro BOOK il https://tinyurl.com/ybnmc3ry 2022, stesso obiettivo, ma due anni prima (entro il 2020), per Akaryn Hotel Group, il cui Akyra TAS Sukhumvit Bangkok è stato il primo hotel in Asia ad aprire senza plastica monouso nelle camere, ristoranti e bar, mentre già nel 2018 il gruppo Meliá Hotels International aveva provveduto a eliminare dai suoi 318 hotel tutti gli oggetti usa&getta in plastica. C’è spazio anche per suite 100% vegan friendly (Hilton London Bankside) e VeggieHotels per vacanze sostenibili in puro stile vegetariano e vegano e per classici “ecologismi” come 1Hotels, che utilizza materiali naturali riciclati e riproposti in tutti gli spazi e proposte “radicali” come il futuro hotel di Haitang Bay, che sarà dotato di una fattoria in loco per la ristorazione a chilometro zero e il Z9 Resort, un eco-resort sospeso a pelo d’acqua dove ogni dettaglio, dai materiali alle tecniche costruttive, dalla disposizione delle strutture al loro orientamento, parla il linguaggio della terra.


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––Future mobility Qualcosa si sta muovendo? Tutti si precipitano ad annunciare nuove e strepitose soluzioni di mobilità sostenibile, la soluzione però è un’altra: ridurre del 50% la mobilità “worldwide”. Certo, potremmo puntare su quella cinetica, ma chi ne ha voglia?

––I grandi movimenti Che pesano sul clima

http://ecoship-pb.com https://tinyurl.com/y4s6e25a https://urban-electrics.com https://pavegen.com https://www.freitag.ch/it

Se non ti muovi, non inquini. Se non ti muovi, non viaggi. Bel dilemma, che però va risolto, anche perché i grandi movimenti pesano sul clima. Secondo uno studio di Transport&Environment le 203 navi da crociera circolanti nelle acque europee inquinano 20 volte di più delle 260 milioni di auto che percorrono le strade dell’Ue e, tanto per gradire, fra le 50 città costiere più colpite dall’inquinamento dei megatransatlantici, 10 sono italiane: con Venezia, Civitavecchia, Napoli e Genova nelle prime 13 posizioni. Va bene, anzi, va male così. Potrebbe andare diversamente? Potremmo applicare la teoria e pratica della mobilità sostenibile anche a questi elefanti del mare? L’Ong giapponese PeaceBot promette di fare pace con l’ambiente con una nave da crociera che mira a diventare un laboratorio galleggiante di sostenibilità e innovazione verde grazie a un funzionamento basato su zero scarichi, zero rifiuti e su una riduzione stimata del 40% delle emissioni di anidride carbonica rispetto a una nave da crociera con propulsione convenzionale. Ecoship è stata progettata da Oliver Design e dovrebbe iniziare il suo viaggio inaugurale nel 2020. Dieci anni dopo dovrebbero iniziare a volare anche i primi aerei elettrici di EasyJet per rotte a corto raggio (meno di tre ore) grazie a una partnership con la startup statunitense Wright Electric. Tutte cose molte belle, ma a venire (forse). Nel frattempo? Tutti a piedi.


DIRIGIBILE #57

––Mobilità quasi illegale E-scooter alla riscossa Dopo anni di divieti ci siamo. Quest’estate pure io ho sfrecciato, come tanti altri, sulle piste ciclabili di Berlino con il nuovo ambito mezzo. Parlo dell’escooter, o monopattino elettrico che dir si voglia, nuova forma di micro mobilità che sta facendo la fortuna di chi ci ha creduto per primo e molto prima dei primi timidi tentavi di concessione alla circolazione (la maggior parte di quelli in vendita, spesso a costi bassi, possono circolare solo in aree private e non in strada). Fra questi c’è il pioniere amburghese Florian Walberg, che con la sua azienda Walberg Urban Electrics, fondata nel 2011, ha avuto la pazienza di attendere che la burocrazia facesse il suo corso. Giusto. La pazienza è virtù accessoria dell’innovazione.

––Datti alla cinetica Sarebbe saggio “Walk down, it’s healthier” sta scritto grande e grosso sulle pareti vicino alle scale dell’albergo CitizenM di New York. È già un inizio, ma si può andare oltre per convincereSCARICA: la gente a muoversi FUTURE OF WORK WHITE BOOK con le proprie gambe. Come? Con creatività, per https://tinyurl.com/ybnmc3ry esempio invitando a rinunciare all’ascensore con un’innovativa scala brucia calorie progettata da esperti di fitness e aerobica con tanto di differenti gradi di difficoltà e sessioni di allenamento per salire da soli o in gruppo. Oppure trasformando i marciapiedi in energia per illuminare la città (per esempio sfruttando i pavimenti Pavegen). Oppure, ancora, muoversi con una borsa da viaggio realizzata con scarti di “cattiva mobilità”, come la splendida e arrotolabile Freitag, fatta con materiali riciclati (teloni di camion usati, cinture di automobili e camere d’aria di biciclette). Una cosa è certa: la vera mobilità sostenibile è cinetica (in primis biciclette a pedalata assistita).


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FUTURETECH

INVENZIONI & INNOVAZIONI

DIGITAL CLOTHING MODA VIRTUALE PER UN MONDO VIRTUALE

il business dell’abbigliamento digitale abbia un sicuro potenziale. Viviamo sempre di più online e ci scambiamo foto con i vestiti indossati. Insomma, se lo scopo è mettere tutto online a che serve un vestito offline? Bella (o balorda) domanda. Sta di fatto che l’abbigliamento, come pura simulazione, raccoglie adepti e solite startup. L’unica nota positiva: l’impatto ambientale nel mondo reale pare essere decisamente trascurabile.

Su Instagram riesci a rifilare qualsiasi cosa, anche un abito che non ha nessuna consistenza fisica. Recentemente l’etichetta The Fabricant, che si definisce digital fashion house, ha venduto a New York il primo abito digitale per 10 mila dollari. Fa molto Secondlife e, dunque, trascurabile notizia da cestinare, se non fosse che molti evangelisti digitali credono che

APEELSCIENCES.COM

Apeel Sciences presenta Edipeel, una pellicola invisibile che protegge frutta e verdura e allunga di cinque volte la loro vita di scaffale. https://www.youtube.com/watch?v=sLuj-UHg5tQ

ICELANDAIR.COM

Teatro in volo tenuto dai dipendenti della compagnia aerea. Ormai un classico del marketing per Icelandair, che da tempo ha capito che volare è noioso. https://www.youtube.com/watch?v=3AcYsnWeFsY

https://www.thefabricant.com

DRINKCOVE.COM

Sempre meno plastica ma con più plastica biodegradabile. Quasi un mantra. Questa volta tocca a Cove dall’omonima bottiglia ricavata da biomasse di scarto. https://www.youtube.com/watch?v=V63bJfTY_Fg

CONDUITCOMPUTING.COM

Un Airbnb per computer. Conduit, spin-off del MIT, lancia un modello di collective cloud computing decentralizzato che sfrutta la potenza della rete. https://www.youtube.com/watch?v=g3WQMaDFMIg

ON-RUNNING.COM

Ammortizzazione, libertà, equilibrio e slancio sono le quattro componenti che rendono singolare e innovativa la nuova scarpa del brand svizzero On. https://www.youtube.com/watch?v=1D7t4z04FTc

REFLECTACLES.COM

Temete il riconoscimento facciale? Ecco il prodotto che fa per voi. Occhiali da sole con lenti che assorbono la luce infrarossa e restituiscono un’immagine imprecisa. https://www.youtube.com/watch?v=giK6mEc667k



Errare è umano.

017.PP01.01.2019.03

Non tutelarsi è diabolico. Polizza “Dual Personal D&O” La responsabilità civile di un dirigente d’azienda è rilevante e può mettere a rischio il suo patrimonio personale. Per questo Assidir offe agli associati Manageritalia “Dual Personal D&O”: la polizza che assicura per i rischi legati alla responsabilità civile che deriva dall’essere dirigente. Un’opportunità unica da non perdere. Informati subito: contattaci al numero verde 800 401345 o vai sul sito www.assidir.it

Le garanzie assicurative della polizza “DUAL Personal D&O” sono fornite da Arch Insurance Company (Europe) Ltd. compagnia di assicurazioni con Rappresentanza Generale in Italia, in Via della Posta 7, 20123 Milano. Assidir distribuisce questa polizza in forza di un accordo di collaborazione orizzontale con Dual Italia. Prima della sottoscrizione, leggere attentamente il set informativo disponibile presso l’intermediario e sul sito www.assidir.it.


Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione

EXECUTIVE PROFESSIONAL

AL VIA LA 14a ASSOCIAZIONE MANAGERITALIA Novità e obiettivi futuri della nuova associazione Manageritalia Executive Professional. Una startup associativa a tutti gli effetti nata a giugno di quest’anno. Ne parliamo con il suo presidente Carlo Romanelli

Qual è il bilancio dell’apertura agli executive professional che Manageritalia ha fatto anni fa a fronte dei forti mutamenti in atto? «Se non ricordo male è del 2002 la decisione di Fendac di trasformarsi in Manageritalia, ampliando la propria offerta di rappresentanza a professional e quadri. Per lunghi anni queste due categorie sono state collocate all’interno dell’Associazione come un tutt’uno, senza grandi distinguo e senza una specifica rappresentanza. Naturalmente questa condizione non poteva persistere per i professional, anche perché nel frattempo il mercato del lavoro manageriale si è modificato radicalmente. Quindi negli ultimi anni è maturata la consapevolezza di dovere (e potere) costruire un processo di rappresentanza peculiare per i professional, che oggi abbiamo denominato executive professional. In prima battuta si è individuato un presidio di rappresentanza all’interno di ogni asso-

ciazione territoriale, per poi istituire un gruppo di lavoro nazionale che ha avviato il processo che oggi ci ha portato qui. Ora in Manageritalia abbiamo la nuova associazione Manageritalia Executive Professional – la 14a Associazione, come si dice nel linguaggio corrente – per cui il bilancio vira fortemente verso lo sviluppo di una forte appartenenza. Naturalmente nella realtà delle cose il vero bilancio lo vedremo e, mi auguro, lo apprezzeremo più avanti». Chi sono e cosa fanno oggi gli executive professional? «Gli executive professional di Manageritalia si posizionano nel segmento che tempo fa abbiamo definito delle “alte professioni”, pertanto sono dei professionisti di elevato livello che collaborano quotidianamente con il management aziendale. Partecipano al raggiungimento di importanti obiettivi organizzativi, svolgendo attività di consulenza di varia natu-

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MANAGERITALIA EXECUTIVE PROFESSIONAL

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ra che va da quella strategica e organizzativa alla formazione manageriale, alla consulenza finanziaria, legale, ai processi d’internazionalizzazione, alla logistica e alla digitalizzazione… In buona sostanza a coprire le varie aree di attività di diverse tipologie di organizzazioni che operano nella nostra economia. Per questo in Manageritalia siamo “Executive Professional”, per qualificare la nostra appartenenza alle alte professioni che operano in ambito manageriale. Mi preme sottolineare che il frazionamento delle carriere manageriali richiede un presidio di rappresentanza che si traduca in un’offerta specifica completa, da costruire nel tempo, sulle quattro dimensioni associative: istituzionale, di membership, movimento e sistema di servizi. All’interno di Manageritalia non vogliamo essere né un’associazione di “transito” o ”parcheggio”, né di destinazione, bensì un “pezzo” di Manage-

ritalia in grado di rappresentare le identità professionali che si collocano nel mondo del management». Quali sono le cose fatte di cui andate più fieri? «Aver lavorato prima di tutto sull’identità degli executive professional all’interno del gruppo di lavoro nazionale. L’identità può apparire qualcosa di vago, ma è irrinunciabile, e vi assicuro che non è stato facile, per esempio, far comprendere fuori e dentro Manageritalia che gli executive professional non sono necessariamente dirigenti che hanno perso il lavoro, ma anche persone che hanno fatto scelte di vita e professionali ben precise, e che vanno annoverate nel mondo del management, alle quali non è precluso nessun iter contrattuale né indirizzo professionale in tale mondo. La declaratoria che abbiamo scritto prima per la Carta associativa e poi per lo Statuto ha ricevuto importanti manifestazioni d’interesse nel gruppo di lavoro sulle professioni presso il Cnel. E di questo ne siamo molto orgogliosi perché significa che, pur essendo arrivati dopo altri, abbiamo le idee molto più chiare su chi siamo. Siamo orgogliosi anche del lavoro fatto per la Certificazione di esperienza degli executive professional, che rappresenta una grande occasione di marketing relazionale in Manageritalia e sono certo che, ora che esistiamo come associazione, aprirà altre opportunità in futuro, se sapremo bene utilizzarla e promuoverla. Un bell’esempio di rappresentanza a km zero». Perché un’associazione ad hoc per gli executive professional?

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«Perché Manageritalia, come in parte ho già detto, ha progressivamente, in maniera lungimirante, maturato la consapevolezza che il mondo del management è cambiato e ancora lo farà, e che esiste un mercato che ha un grande bisogno di nuove forme di rappresentanza, in grado di seguire e anticipare i bisogni emergenti di categorie di soggetti che ruotano intorno al mondo del management e spesso ne costituiscono una componente innovativa. Un’organizzazione come Manageritalia non poteva e non può starne fuori. Rappresentanza 4.0, giusto?». Ufficialmente tutto parte con l’anno nuovo? «Ufficialmente tutto è partito il 10 maggio con la sottoscrizione dello Statuto da parte dei rappresentanti territoriali, alla quale hanno fatto seguito l’accettazione della nuova associazione in occasione dell’Assemblea Manageritalia di giugno e l’istituzione dei collegi dei revisori e dei probiviri, l’individuazione del presidente pro tempore nella mia persona e dei due vicepresidenti con specifiche deleghe, Donatello Aspromonte e Daniele Ferrari. Al contempo abbiamo indicato un gruppo di lavoro interno costituito da presedente, vicepresidenti pro tempore e alcuni colleghi delle associazioni territoriali, per gestire questa fase transitoria che ci porterà all’assemblea elettiva di gennaio o febbraio 2020. A quel punto sarà tutto pronto, nel frattempo ci sono diverse cose da fare. Dal 1°gennaio del 2020 tutti gli associati aderenti passeranno in Manageritalia Executive Professio-


nal, restando territorialmente legati a un’associazione». Quali sono i punti fermi dell’offerta di rappresentanza? «Occorre comprendere e accettare che siamo a tutti gli effetti una startup associativa, per cui non abbiamo ancora un sistema di offerta di servizi strutturata (se non quelli già esistenti e disponibili tramite le associazioni territoriali), perché non possiamo accedere ai servizi erogati tramite gli enti bilaterali del sistema, non essendo noi protagonisti della bilateralità. Non è escluso che nel tempo qualche apertura ci possa essere. Dobbiamo costruire tutto, a partire da quello che esiste già e che possiamo utilizzare data la nostra condizione associativa in Manageritalia, e immaginare e dar corpo a qualcosa di nuovo. Nel frattempo abbiamo già aperto un canale con la Federazione e XLabor per il tema degli Innovation manager, particolarmente congeniale agli executive professional, nella speranza che dia frutti. Sicuramente un punto fermo sarà il tema del welfare per gli executive professional, sia ordinistici che non». Su quali fronti dobbiamo aspettarci le maggiori novità? «Sul welfare, senza dubbio, perché è il punto di maggiore domanda. Qui è tutto da costruire, ma lo faremo, non sappiamo in quanto tempo perché occorrono numeri più ampi, e quindi allargare la base associativa. Con molte probabilità, una volta superato il periodo che ci porterà all’assemblea elettiva del prossimo anno, aderiremo alla consulta delle professio-

ni e continueremo a partecipare al tavolo aperto presso il Cnel. Vogliamo iniziare a esprimere la nostra voce, avere voci in capitolo sulle decisioni che riguardano noi e il nostro futuro. Anche sulla promozione della categoria abbiamo idee, come facilitare l’accesso al mercato del lavoro (vedi caso Innovation manager), ma vogliamo farlo con i canali ufficiali della Federazione, orientandoli per quanto possibile ai nostri fabbisogni, evitando di venire percepiti e “utilizzati” come “servizio di collocamento”, su questo voglio essere molto chiaro da subito. La formazione inoltre è un tema decisivo per gli executive professional e anche su questo lavoreremo». Quali obiettivi vi siete posti per il primo periodo? «Vogliamo solidità organizzativa per poter operare bene in termini di rappresentanza. Vogliamo darci un’organizzazione snella in grado di agire da subito nella maniera più digitale possibile, per contenere al massimo i costi di funzionamento ed essere efficienti nei processi di confronto e decisionali, armonizzando la nostra presenza all’interno delle regole e dei principi del sistema Manageritalia, che ci ha promosso e accolto. Nel frattempo abbiamo costruito una precisa agenda di lavoro da qui a fine anno, spaziando, per l’appunto, dall’assetto organizzativo agli strumenti di supporto alla nostra attività, fino alla progettazione dell’offerta di rappresentanza che avverrà in itinere. La comunicazione sarà molto importante, perché dobbiamo essere conosciuti, visibili sia a livello nazionale

Carlo Romanelli, che nelle singole associazioni territoriali, dove ci impegneremo per fare proselitismo. È un momento unico e un’occasione altrettanto unica».

presidente dell’associazione Manageritalia Executive Professional.

Perché un executive professional dovrebbe entrare in Manageritalia? «Perché ora Manageritalia ha una sua associazione dedicata alle alte professioni in ambito manageriale, che propone un’identità precisa, l’appartenenza a una community di alto profilo e con enormi potenzialità di sviluppo. Perché se vuoi migliorare la tua condizione personale e professionale non puoi farlo da fuori pretendendo che altri lo facciano per te, ma rimboccarti le maniche per avere voce». Insomma, manager che operano come liberi professionisti e alte professionalità possono ora lavorare insieme, avere e animare una casa comune e un network ad hoc? «Ovviamente sì: se stai fuori non conti nulla, se ti unisci a chi condivide i tuoi bisogni puoi fare qualcosa d’importante per te, per chi ambisce a farlo e per il management in generale. Questa è l’associazione di coloro che non chiedono e basta, ma fanno e progettano il futuro per ottenere diritti, lavoro e forza contrattuale».

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INNOVATION MANAGER: CI SIAMO!

MANAGERITALIA

Partono i voucher per l’innovazione e per dotare le nostre pmi delle competenze di un Innovation manager. Ora dobbiamo far partire l’innovazione e la digitalizzazione diffusa della nostra economia. Manageritalia con XLabor e i suoi manager sono in prima linea, per attraversare il Piave dello sviluppo una volta per tutte

I

l 7 maggio 2019 è stato approvato dal ministero dello Sviluppo economico il decreto che destina alle pmi un voucher per finanziare fino al 50% del costo dell’inserimento temporaneo in azienda, per un minimo di 9 mesi, di un Innovation manager, per un massimo di 40mila euro a

impresa. Il voucher (o contributo a fondo perduto per l’azienda), che sarà finanziato e quindi fruibile per gli anni 2019 e 2020, potrà coprire i costi del contratto di consulenza dell’Innovation manager, a seconda delle dimensioni dell’impresa, come segue:

CHI È L’INNOVATION MANAGER Deve avere ampia, recente e provata esperienza manageriale maturata in contesti che hanno sviluppato innovazione, in particolare relativamente ad alcuni ambiti chiave del digitale e dell’industria 4.0. Ecco i 10 Must Have dell’Innovation manager:   1. far comprendere quali tecnologie e modelli organizzativi sia meglio adottare;   2. integrare le tecnologie in tutti gli aspetti del business di un’impresa;   3. ridefinire il modello di business per interpretare i nuovi segnali di mercati e clienti;   4. sviluppare un piano concreto di intervento con priorità e misure per far crescere il business;   5. introdurre nuovi metodi lean e agile nella fase gestionale e produttiva;   6. interpretare mercati e clienti per trasformare i processi di vendita;   7. portare il cambiamento, grazie a un’esperienza non legata a un settore di business specifico;   8. favorire il change management;   9. apportare nuovi approcci manageriali, culturali, organizzativi e creativi; 10. definire gli obiettivi da raggiungere e i kpi per valutare concretamente i progressi. Più un Must Be: approccio visionario, flessibile, creativo. Propositivo, si integra facilmente nell’azienda, si aggiorna costantemente su nuovi trend e tecnologie digitali.

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 per le micro e piccole imprese il contributo è pari al 50% dei costi sostenuti fino a un massimo di 40mila euro;  per le medie imprese è del 30% fino a un massimo di 25mila euro;  nel caso dei contratti di rete il voucher è del 50% fino a un massimo di 80mila euro. Il decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 1° luglio, è stato reso operativo il 29 luglio per quanto riguarda gli Innovation manager con la Formazione dell’elenco dei manager, dal 27 settembre al 25 ottobre, presso il Mise. I manager dell’innovazione dovranno inserire i loro dati, facendo riferimento all’eventuale elenco di un’organizzazione manageriale nel quale siano già registrati e certificati. A seguire (nel momento in cui si scrive) si attende un ultimo decreto per quanto riguarda le aziende e le modalità con le quali accedere ai finanziamenti che dovrebbe prevedere:


COME USUFRUIRE DEL VOUCHER  Se sei un Innovation manager: pre-registrati nell’elenco ufficiale ManageritaliaXLabor per il Mise fornendo informazioni sulle competenze in tema di innovazione per accedere al percorso di valutazione e, solo se in possesso dei requisiti, essere inserito ufficialmente nell’elenco.  Se sei il manager di un’azienda o un’azienda: cerca nel nostro elenco ufficiale l’Innovation manager che fa per te e che dovrai indicare nominativamente nella richiesta di finanziamento al Mise. Tutta l’operazione è gestita da XLabor, la divisione di Manageritalia per il lavoro manageriale, alla quale manager e aziende dovranno rivolgersi. info@xlabor.it - telefono 02 92979470

 vetrina delle competenze – dal 25 ottobre presso il Mise le imprese potranno cercare e individuare l’Innovation manager che soddisfa le loro esigenze;  domande delle imprese per la richiesta dei voucher – partirà con un click day ai primi di novembre;  istruzione e concessione dei voucher – entro fine anno il Mise approverà o meno le richieste di finanziamento.

Come attivare il voucher per l’Innovation manager Le aziende rientranti nei requisiti dovranno inoltrare al Mise una domanda, in forma di progetto, di ammissione al contributo indicando l’Innovation manager di cui intendono avvalersi. In ogni caso, i manager dovranno essere scelti tra quelli presenti nella vetrina delle competenze presso il Mise. Tra questi manager, quelli accreditati anche presso gli elenchi delle organizzazioni dei manager, Manageritalia in testa,

avranno e daranno qualche garanzia in più. L’elenco di Innovation manager per il Mise di Manageritalia-XLabor è in divenire ed è già pronto a rispondere alle domande delle aziende con liste e/o selezioni vere e proprie per permettere di trovare l’uomo giusto in attesa del click day di novembre.

Una trasformazione digitale da fare in ogni caso L’avvento del digitale e della cosiddetta Economia 4.0 impongono a tutte le aziende che vogliono competere di riconsiderare l’organizzazione del lavoro e il loro modello di business per poter cogliere i vantaggi dei processi di innovazione. La trasformazione digitale è il processo di integrazione delle tecnologie in tutti gli aspetti del business di un’impresa, una grande e imprescindibile occasione per le aziende di aumentare la produttività e l’efficienza ed essere più flessibili e competitive. Un vero cambio

epocale per traghettare le imprese nella modernità. E la figura chiave per farlo è l’Innovation manager. Visto che il decreto si rivolge alle pmi è opportuno chiarire, come emerge da chi sta già facendo la trasformazione digitale, che la dimensione dell’azienda non limita i vantaggi dati dalla digitalizzazione. Anzi, per certi versi una pmi potrebbe avere un vantaggio nell’implementazione perché meno complessa di una grande azienda. Determinante sarà quindi il finanziamento, perché serva da volano per far partire questo processo e crei le prime storie virtuose che diano il via a un vero salto culturale e di gestione aziendale. Le imprese possono dunque già trovare i migliori manager dell’innovazione presso l’elenco di Manageritalia-XLabor per il Mise. Siamo quindi in prima linea per far accadere questa virtuosa unione tra managerialità e imprenditoria, anche grazie a questo finanziamento!

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FORMAZIONE 2019-2020

Un modo per crescere integrando e ampliando quanto previsto dalle loro aziende.

MANAGERITALIA QUADRI

Nuove proposte formative studiate ad hoc per i quadri ed estese agli executive professional

A

nche per il 2019-2020 Manageritalia e le sue associazioni territoriali offrono ai propri iscritti un programma di formazione unico in tutt’Italia progettato ad hoc da Right Management (Manpower Group). L’obiettivo del programma è sviluppare le competenze manageriali dei quadri per valorizzare il loro ruolo strategico e sostenere

Novità di quest’anno

la loro crescita professionale e di carriera. Figure ad alto livello di formazione e professionalità che comprendono, diffondono, gestiscono e quindi guidano il cambiamento. Per affrontare le sfide professionali con dimensioni strategiche trasversali quali comunicazione, leadership, teambuilding, negoziazione, teamworking e facilitazione culturale.

Il piano formativo prevede sessioni webinar e/o workshop, a seconda di quanto definito dall’associazione territoriale.

Per iscriversi consultare la pagina “Formazione” della propria associazione territoriale sul portale di Manageritalia, con date, location e tipologia dei corsi (workshop o webinar) selezionati nel territorio.

CORSI E OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO NEGOZIAZIONE E INFLUENZA

• Affrontare ogni tipo di negoziazione interna ed esterna • Sviluppare le tecniche negoziali più avanzate per gestire con sicurezza e successo le trattative quotidiane • Utilizzare un approccio flessibile e creativo • Affrontare ogni situazione di negoziazione avendo ben presenti una gamma di possibili accordi a cui arrivare per essere sicuri di vincere in due • Chiarire tutte le possibili implicazioni quando accetterete una negoziazione o inviterete qualcuno a negoziare.

GESTIONE DELLA PROPRIA CARRIERA

• Consapevolezza rispetto alle proprie capacità • Acquisire strumenti per rafforzare il proprio network • Comprendere il mondo del lavoro attuale • Acquisire strumenti e consapevolezza rispetto al proprio percorso professionale • Individuazione di un piano d‘azione.

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DIVENTARE MANAGER COACH

• Comprendere il proprio ruolo di manager nella human age • Acquisire la conoscenza e gli strumenti necessari per condurre conversazioni efficaci con i propri collaboratori al fine di incoraggiare e guidare la loro crescita • Supporto alle persone per fare scelte di carriera in linea con le proprie aspirazioni e competenze • Strumenti per i manager per aiutare i loro collaboratori a creare un piano di sviluppo professionale.

DIGITAL LEADERSHIP E INNOVAZIONE

• Acquisire il concetto di digital transformation • Dare gli strumenti ai nuovi leader per affrontare la trasformazione digitale • Inquadrare un modello di “guida”/conduzione condiviso per orientare il gruppo di lavoro nelle fasi di trasformazione digitale.

ASSERTIVITÀ

PERSONAL BRANDING

• Uscire ed emergere dalla folla: quali sono i tuoi talenti; come rendere visibile e tangibile il tuo valore? • Concentrarsi sulle caratteristiche che rendono unici e il loro valore per il mercato • Valorizzare l’individualità e le competenze distintive • Progettare e implementare un efficace piano di marketing personale.

• Approfondire la competenza soft dell’assertività • Acquisire consapevolezza rispetto al proprio livello di assertività • Comunicare in modo efficace e rispettoso verso il prossimo • Sviluppare le conoscenze e le abilità necessarie per essere assertivi • Migliorare le proprie capacità comunicative.

COMUNICAZIONE ONLINE

• Riconoscere la comunicazione efficace • Comprendere l’importanza dell’ascolto attivo • Acquisire strumenti e nozioni per riuscire ad adattare il proprio stile comunicativo a vari interlocutori e a differenti situazioni • Acquisire conoscenza rispetto al nuovo canale di comunicazione online.



LE RESPONSABILITÀ DI AMMINISTRATORI E DIRIGENTI D’AZIENDA Come proteggere il proprio patrimonio personale attraverso le polizze D&O, Directors & Officers liability

A ASSIDIR

quali rischi sono esposti i dirigenti e gli amministratori delle aziende e come possono ridurre gli impatti sui loro patrimoni personali? Pur sgombrando il campo da tutti i casi in cui sono state effettuate delle azioni dolose, per le quali la responsabilità personale è assolutamente fuori di dubbio e penalmente perseguibile, è bene sottolineare in quanti altri casi “si rischia” e “cosa si rischia”. Le norme attualmente in vigore prevedono che non solo le società ma anche gli amministratori, il direttore generale e i dirigenti ri-

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spondono con il loro patrimonio personale verso richieste che azionisti, soci, clienti/fornitori, creditori e finanziatori possono avanzare per danni patrimoniali da questi ultimi subiti. Si tratta, in altri termini, di casi nei quali sono stati commessi errori per imperizia, negligenza, disattenzione, mancata vigilanza, errata applicazione di normative ecc., nello svolgimento del proprio incarico all’interno dell’azienda a causa dei quali l’amministratore o il dirigente dell’impresa, indipendentemente dalla dimensione della società, sono chiamati a rispondere

personalmente con rilevanti esborsi economici.

Un fenomeno sconosciuto ai più A livello europeo si è assistito negli ultimi anni a una misurabile crescita del numero di cause promosse dall’azienda o dai soci verso gli amministratori e i dirigenti ma, quasi inspiegabilmente, la conoscenza e la consapevolezza di questo tipo di rischi sono rimaste pressoché vicine allo zero nel nostro Paese. Altrettanto sconosciute, ovviamente, sono le modalità e i mezzi per porre rimedio al problema trasferendo il rischio al mercato assicurativo che, invece, ha da anni messo a punto apposite coperture assicurative per tenere indenne il patrimonio di amministratori e dirigenti.

Le polizze D&O Queste coperture specialistiche, disponibili anche nel nostro Paese ma poco utilizzate, vanno sotto il nome di polizze D&O (Directors & Officers liability). Secondo i dati raccolti da numerosi istituti di ricerca e analizzati da XL Catlin, emergono le principali motivazioni che sembrano limitarne la diffusione in Italia. Tre sono le cause principali che coprono, in maniera praticamente quasi uguale, più del 90% dei casi in cui non viene ritenuto necessario assicurarsi: perché la società non è quotata, perché non si ha memoria di sinistri e richieste di risarcimento in passato, perché la società è a conduzione familiare. Nonostante ciò, c’è anche chi si protegge da questi rischi e il mercato delle polizze D&O ha comunque avuto in Italia una costante crescita


negli anni e, dai 190 milioni di euro di premi lordi nel 2012, si stima possa arrivare a superare i 250 milioni di euro nel 2020. Prima di entrare nel dettaglio delle possibili coperture assicurative vale la pena sottolineare cosa significa “rispondere con il proprio patrimonio personale per aver causato una perdita economica alla società”. Nel caso un procedimento civile intentato dai vertici dell’azienda contro un amministratore o un dirigente e che vede questi ultimi soccombenti, gli stessi dovranno risarcire il danno utilizzando il loro patrimonio personale e cioè disponibilità finanziarie, titoli e beni, inclusa la loro casa di proprietà.

Quando difendersi con la polizza Un quadro normativo che, ovviamente, non lascia adito a dubbi e crea una rilevante preoccupazione quando si scende nel dettaglio delle “cause” che possono portare al rischio di una richiesta di addebito da soddisfare con i propri beni personali o, come minimo, a una rilevante serie di spese per difendersi in giudizio. Ecco alcuni dei più diffusi casi nei quali è possibile difendersi con un’apposita polizza assicurativa da una richiesta di risarcimento da parte dei soci e dell’azienda per azioni di responsabilità a seguito di: n violazione della normativa in materia di dati personali, una casistica particolarmente attuale a seguito dell’entrata in vigore del Gdpr che comprende i contenziosi per errato trattamento dei dati personali (raccolta, registrazione, ela-

CHI È ESPOSTO AI RISCHI D&O Anche se abitualmente si parla di amministratori e dirigenti, ai rischi derivanti dalla responsabilità D&O sono esposte, in effetti, molte altre persone che operano all’interno delle strutture societarie. Eccone un elenco piuttosto significativo: n amministratori, consiglieri di amministrazione n sindaci, membri del collegio sindacale n revisori interni alla società n membri organismo di vigilanza n dirigenti n institori n procuratori n dipendenti, quadri e funzionari con funzioni direttive e di coordinamento n collaboratori esterni con funzioni di coordinamento formalizzate passati, presenti e futuri della società, nonché i relativi eredi.

borazione, conservazione, utilizzo, comunicazione e diffusione); n mancata vigilanza su atti di infedeltà di un dipendente; n errata gestione di controversie in materia di diritto, per esempio licenziamento illegittimo, demansionamento ecc.; n mancata supervisione e controllo su mobbing subito dai dipendenti; n sanzioni comminate all’azienda per errori negli adempimenti fiscali, contributivi, nell’ambito della sicurezza ecc.; n richiesta di risarcimento da parte della Corte dei conti per responsabilità amministrativa e/o amministrativo-contabile in caso di società partecipata da enti pubblici; n procedimenti e spese legali sostenute dalla società nell’ambito di contenziosi relativi a inquinamento e rimborso dei costi di consulenza ambientale.

Le soluzioni assicurative Assidir, in collaborazione con Dual Italia, offre idonee coperture assicurative D&O per rispondere

alle esigenze di tutela del patrimonio personale degli associati Manageritalia e delle aziende in cui operano, che possono essere sottoscritte: n dal dirigente che non fa parte del consiglio di amministrazione né di altri organi sociali dell’azienda presso cui lavora o di altra azienda del medesimo gruppo; n dal singolo membro del consiglio di amministrazione o di altri organi sociali dell’azienda presso cui lavora o di altra azienda del medesimo gruppo; n dall’azienda che intende assicurare nel modo più ampio possibile tutto il proprio management e quello delle aziende da essa controllate. Per saperne di più contatta ASSIDIR

numero verde 800401345 email info@assidir.it www.assidir.it

Le garanzie assicurative delle polizze D&O citate sono fornite da Arch Insurance Company (Europe) Ltd., compagnia di assicurazioni con rappresentanza generale in Italia, in via della Posta 7, 20123 Milano. Assidir distribuisce queste polizze in forza di un accordo di collaborazione orizzontale con Dual Italia. Prima della sottoscrizione leggere attentamente il set informativo disponibile presso l’intermediario e sul sito www.assidir.it.

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SCUOLA DI MANAGEMENT Amministrazione Tax&Finance Welfare aziendale e fringe benefits Una panoramica sulle novità fiscali introdotte ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente Milano

26 settembre

Roma

7 ottobre

La responsabilità degli amministratori Evoluzione dei profili di rischio alla luce del primo impatto del codice della crisi d’impresa Milano

16 ottobre

Roma

30 ottobre

Modelli finanziari in Excel Simulazioni di scenario a supporto delle decisioni 28 novembre

-

-

CFMT

Milano

Marketing e vendite Kpi: misurare e controllare le prestazioni delle vendite Costruire in modo pragmatico e semplice un set di indicatori specifici per il proprio settore Milano

Roma Milano

Roma Genova Firenze

1 ottobre 28 novembre 10 dicembre

Torino Bologna -

13 novembre

Roma

22 ottobre 21 novembre -

18 settembre 16 ottobre

Roma -

PER INFORMAZIONI:

Cosenza Firenze

5 novembre 11 dicembre

3 ottobre

-

-

23 ottobre o 11 dicembre

Leadership e people management

Torino

7 ottobre

-

-

Leadership negoziale Essere leader di se stessi per influenzare gli altri Milano Udine

23 ottobre 10 dicembre

Roma -

28 novembre -

16 dicembre

Leadershop Da capo a leader, cronaca di un’avventura possibile

Megatrend e il loro impatto sui business Le tecniche dell’anticipazione Udine Bologna

11 ottobre 19 novembre

Gli ossimori manageriali: eustress o distress? Imperfezioni manageriali

Mutatis Mutandis Intimi cambiamenti organizzativi Milano

29 novembre

Il marketing è morto Visione cross mediale degli strumenti di comunicazione e tecniche di “martech” nel nuovo mercato digitale Milano

Futurability tour Nuovi trend per le imprese e i manager

Firenze

Marketing digitale Capire, pianificare e guidare l’implementazione di strategie digitali in azienda

Roma

Strategia e organizzazione

19 novembre

Padova

23 ottobre

Matera

29 novembre

1 ottobre -

MILANO

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ROMA

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La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.

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GOVERNARE L’IMPRESA CON IL CAPITALE UMANO Una nuova contabilità per la gestione e lo sviluppo delle competenze

N

ell’attuale contesto sempre più competitivo e mutevole, per uscire dalle ricorrenti crisi economiche i manager devono partire dal miglioramento del proprio valore professionale, del proprio patrimonio di competenze, ovvero il capitale umano. Il capitale umano di un manager (e dei suoi collaboratori) altro non è che l’unione delle sue conoscenze applicative, ovvero le hard skill, e dei suoi comportamenti, e cioè le soft skill. Questo capitale umano va però non solo migliorato, ma anche adattato alle condizioni e alle richieste del mercato di riferimento. Superata la società della produzione, siamo ormai nella società basata sulla conoscenza nella quale si assiste a una continua obsolescenza delle competenze. Per rispondere a questa pressione occorre rendere sempre più rapide ed efficaci le attività di apprendimento delle conoscenze, ma soprattutto delle capacità. Attualmente nei mercati si manifesta sempre più una contrapposizione tra l’economia speculativa (basata sui “giochi a somma zero” con un imponente processo di accentramento monetario della ricchezza e la proletarizzazione degli operatori d’impresa) e l’economia reale, in grado di creare e distribuire ricchezza (basata sull’innovazione e sulla valorizzazione del capitale umano).

In questo scenario imprevedibile e turbolento il manager rappresenta la fondamentale risorsa strategica per competere con successo, ma a patto che dedichi attenzione al proprio valore professionale e a quello dei propri collaboratori in modo tempestivo per evitare di cadere nell’obsolescenza. La sfida del futuro sta nel concentrare gli investimenti, oltre che nelle competenze tecnico-professionali anche e soprattutto nelle soft skill (cioè nell’incrementare il più efficacemente possibile i comportamenti organizzativi) sia a livello d’impresa, sia a livello individuale. Per vincere questa sfida occorre: n collegare la gestione del capitale umano alla strategia aziendale; n ridurre i tempi necessari per

seguire tempestivamente le evoluzioni delle competenze che il mercato impone applicando il time to mind; n misurare la crescita del valore del capitale umano a seguito dell’adozione del nuovo modello di gestione basato sulla contabilità del capitale umano. In questo evento Cfmt – Centro di formazione management del terziario saranno proposti strumenti applicativi per le imprese e per i manager. Ne parleremo con Gian Carlo Cocco, che per l’occasione presenterà il suo libro Governare l’impresa con il capitale umano. Una nuova contabilità per la gestione e lo sviluppo delle competenze, Ferruccio de Bortoli e Giulio Cesareo, insieme ad altre testimonianze.

 MILANO, LUNEDÌ 7 OTTOBRE - orario 18-19,30

PER INFO E ISCRIZIONI:

http://bit.ly/governareimpresa Luisa Panariello - luisa.panariello@cfmt.it - 02 5406311

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Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, cura l’inserto Dirigibile ed è responsabile del progetto Future Manage(30, 61) ment Tools di Cfmt. Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.

(58)

Ilaria Grasso è cultrice di letteratura aziendale e saggistica del lavoro.

(44)

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di opera(59) tori virtuali. Raoul C. D. Nacamulli è professore ordinario di Organizzazione aziendale all’Università di Milano-Bicoc(40) ca e direttore del Bicocca Training & Development Centre. Nicola Quirino è docente di Finanza pubblica all’Università Luiss e all’Accademia della Guardia di (36) Finanza. Raffaele Tovazzi

è il primo filosofo esecutivo italiano, un “pensatore” che fa della filosofia uno strumento pratico di innovazione. Ha fondato a Londra la prima media company che si occupa della creazione di contenuti per il podcasting e le piattaforme voice-first. Con i podcast “Action! Pensiero in azione” condivide citazioni e modi per mettere la teoria in pratica e migliorare la vita degli ascoltatori.

(34)

Anna Zinola si occupa di consumi dal 1993, dapprima all’interno di istituti di ricerca, poi come libera professionista. Dal 2003 insegna Psicologia del marketing all’Università di Pavia. Ha scritto alcuni libri dedicati ai temi dei (24) consumi. Collabora con Corriere.it, Mark up e Micro & Macro Marketing. 40

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FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE

Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta

24

Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it

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Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità

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Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it 52

Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it

da Manageritalia 61

Massimo Fiaschi, segretario generale Manageritalia. (8) Carla Panizza, responsabile centro studi Manageritalia. (52)

Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa

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La diffusione di settembre 2019 è di 36.915 copie


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