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Perequazione automatica delle pensioni
Ulteriori possibili interventi peggiorativi per il 2024
Con la legge di bilancio per il 2023, si era stabilito per l’intero biennio 2023-2024 di abbandonare nuovamente il calcolo della perequazione per scaglioni di reddito pensionistico e tornare al sistema più penalizzante delle fasce che era stato introdotto, in via provvisoria, nel 2014 e poi prorogato fino al 2021. Il governo, quale novello Robin Hood che toglie ai “ricchi” per dare ai poveri, aveva così motivato questo ennesimo intervento di riduzione della rivalutazione degli assegni pensionistici: l’intento era di incrementare le pensioni minime del 120% per il 2023 e il 2024 e occorreva quindi reperire risorse.
Tutto ciò in sfregio alla raccomandazione a non reiterare tale tipologia di interventi contenuti nella sentenza ottenuta, lo ricordiamo, dai ricorsi promossi dalle organizzazioni della dirigenza (la n. 250/2017 della Corte costituzionale) per non produrre uno scorretto bilanciamento tra le esigenze di risparmio della finanza pubblica e l’interesse dei pensionati alla conservazione del potere d’acquisto dei trattamenti pensionistici. Non assicurando la proporzionalità e l’ade -
Rivalutazione delle pensioni 2023
guatezza degli stessi in relazione alla diminuzione di tale potere di acquisto causata dall’inflazione.
Rivalutazione pensioni
fino a 4 volte il minimo Si è quindi stabilito di riconoscere la rivalutazione, stabilita in via provvisoria al 7,3% (a fronte di un tasso di inflazione definitivo per il 2022 pari all’8,1%), sugli importi di pensione fino a 4 volte il minimo Inps in vigore nel 2022, ovvero fino a circa 2.100 euro mensili lordi, corrispondenti a circa 1.600 euro netti.
Per le altre fasce di reddito, sono state applicate aliquote inferiori, decrescenti al crescere del reddito pensionistico. L’indicizzazione è passata quindi dal 100% all’85% per gli assegni pensionistici tra 4 e 5 volte il minimo, al 53% tra 5 e 6 volte, al 47% tra 6 e 8 volte, al 37% tra 8 e 10 volte e, infine, al 32% oltre le 10 volte.
2023-2025: ai pensionati
tolti 10 miliardi di euro
Il governo ha così ricavato 10 miliardi al netto dell’Irpef nel triennio 2023-25, mentre le previsioni su un più lungo periodo (decennio 2023-2032) sono di un risparmio che si dovrebbe assestare intorno ai 37 miliardi. E si tratta di somme perdute per sempre, che i pensionati non potranno più recuperare. Un’importante penalizzazione per il 2024, oltre che per quest’anno, è perciò già prevista dalla legge di stabilità per il 2023.
Ma non finisce qui: in arrivo ulteriori penalizzazioni
Nonostante ciò, in base ad anticipazioni della stampa confermate anche da fonti istituzionali, sembra che si stia ragionando su ulteriori penalizzazioni da applicare ai trattamenti pensionistici che complessivamente superano 4 volte il minimo Inps.
In sostanza, per reperire le risorse necessarie a realizzare interventi di natura sociale, nel cui merito non intendiamo in questa sede entrare, si continua a fare cassa sui pensionati, piuttosto che decidersi – una volta per tutte – ad avviare un serio contrasto alla sempre più estesa evasione fiscale che depaupera il nostro Paese. Auspichiamo che la questione possa essere affrontata nel prossimo incontro sulle pensioni presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, a cui Cida parteciperà, unitamente alle altre sigle sindacali. Ma non faremo solo proclami, agiremo, proporremo cause di fronte a giudici diversi e promuoveremo azioni volte a porre la giusta attenzione per evitare che venga messa in atto questa ennesima rapina a danno dei pensionati.