MARZO 2020
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
Speciale branding
TI FARÒ INNAMORARE DI UN BRAND Intervista con Giuseppe Mastromatteo chief creative officer Ogilvy Italia
Ne parliamo con i marketing manager TikTok... ci sei?
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Editoriale a cura del presidente Manageritalia
L’EMERGENZA CORONAVIRUS E LE PRIORITÀ DELL’ITALIA
L’
epidemia di COVID-19 esige grandi sacrifici collettivi procurando effetti disastrosi sulle nostre attività produttive e sul nostro sistema di welfare pubblico. Le politiche economiche, finanziarie, sociali e ambientali degli ultimi decenni hanno già evidenziato scarsa visione prospettica. Tuttavia è dimostrato (molti comportamenti di oggi ne sono la riprova) che le crisi offrono grandi opportunità, penalizzate in tempi normali dalla gestione del consenso a breve per dare risposte ai bisogni immediati. La crisi dovuta al coronavirus ha accelerato un processo recessivo già in atto nel nostro Paese, per di più in uno scenario mondiale di contrazione della crescita. I danni sono inevitabili e ancora non quantificabili e vanno a cumularsi con problemi da tempo irrisolti. Non è cosa facile conciliare la limitazione dei contagi e tenere viva l’economia. Cogliamo questa occasione per affrontare in modo razionale alcuni nodi cruciali, sviluppando la famosa resilienza che sappiamo essere fondamentale per affrontare le crescenti incertezze del mondo. Il dibattito sulle conseguenze del cambiamento forzato di questi giorni sulle organizzazioni è vivace, anche nella comunità manageriale. Innoviamo prassi e norme per arrivare al lavoro del futuro, organizzato in modo più intelligente grazie alle nuove tecnologie e a una managerialità più diffusa. Le aziende e i lavoratori, in particolare i manager, sono chiamati a partecipare coralmente a questa evoluzione. L’epidemia ha portato alla luce cambiamenti che erano già in essere da anni, come lo smart working, che slega la produttività dalla presenza fisica. Tante aziende e lavoratori hanno positivamente risposto all’emergenza con quella flessibilità del lavoro che dobbiamo mettere in campo per tornare a crescere e creare occupazione. Le
parti sociali, le associazioni datoriali e sindacali possono dare un contributo determinante. Dobbiamo essere uniti per fronteggiare le difficoltà che potrebbero diventare più serie di quelle attuali e mostrarci all’altezza della situazione. Superato lo shock iniziale, adesso è il momento di costruire un clima di coesione di fronte ai problemi e ritrovare il senso di comunità per il bene nazionale. Ora è necessario ricreare le condizioni per riprendere l’attività. Gli incentivi all’economia vanno bene, ma con ratio, pianificando e progettando, senza elargire sussidi a pioggia, secondo un collaudato modello propagandistico. L’Italia non deve fermarsi e deve ripartire a qualunque costo. Servono messaggi chiari e forti. L’unione fa la forza e la voglia di sconfiggere il virus deve essere contagiosa. Ognuno può fare il suo, a maggior ragione i manager. La grande attenzione e preoccupazione per il coronavirus, tuttavia, non ci distoglie dalle altre emergenze, a partire dalla vicenda Conad/Auchan. Manageritalia ha sottoscritto un accordo per gestire l’uscita da Auchan per la totalità dei dirigenti in esubero. Anche i quadri hanno manifestato grande preoccupazione per la situazione di stallo in cui sembrava versare la trattativa e hanno sollecitato la nostra presenza al confronto in atto. Siamo interessati a dare un supporto nel cercare soluzioni in questo momento di grande trasformazione dell’organizzazione della grande distribuzione. Siamo certi di poter dare il nostro contributo per un accordo sindacale tra tutte le parti che aiuti a trovare risposta ai problemi occupazionali. Anche per questo vi invitiamo a firmare la petizione lanciata dai dipendenti Auchan per sollecitare la proprietà a valutare la possibilità di assorbimenti infragruppo per i bisogni occupazionali presenti e futuri. http://bit.ly/petizioneauchan
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Sommario
Speciale branding Intervista a Giuseppe Mastromatteo 6 Ti farò innamorare di un brand Interviste a Luca Altieri, Roberto Felici, Mauro Frantellizzi, Giacomo Giacani, Clarice Pinto, Massimo Riggio, Ilenia Ruggeri 12 L’anima creativa sotto i riflettori 18 TikTok... ci sei? Previdenza 22 Pensioni 2020 Formazione 28 Quale scuola per i centennials? 33 Leader by heart Management 36 Un mentor si racconta 39 Finanza Il denaro va in analisi?
Finanziaria 42 Novità sull’Irpef dei lavoratori dipendenti Organizzazioni 48 Inspiration for innovation Giovani 53 Un progetto per i Neet targato Unicef Focus 54 Manageritalia executive professional: piacere di conoscerci!
RUBRICHE 46 Osservatorio legislativo 58 Pillole di benessere 59 Arte 60 Libri - Quando il manager incontra l’autore 61 Letture per manager 62 Lettere
InfoMANAGER Fondo Mario Negri 71 Un 2019 decisamente positivo Manageritalia Associazioni territoriali 73 Manageritalia Campania a HospitalitySud Antonio Pastore 74 I rendimenti 2019 Fasdac 76 I servizi nella tua area riservata Assidir 78 Occhio all’infortunio Cfmt 80 Scuola di management 81 Sales best practice trend e scenari
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TI FARÒ INNAMOR ARE DI UN BR AND
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Intervista con Giuseppe Mastromatteo chief creative officer Ogilvy Italia
Ne parliamo con i marketing manager TikTok... ci sei?
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Your Brand
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TI FARÒ INNAMORARE DI UN BRAND La cassetta degli attrezzi di un comunicatore: oltre alla creatività, c’è di più. Dalla miriade di dati oggi disponibili all’engagement dei clienti, dalle sfide per chi fa del marketing e dell’advertising una professione al rapporto tra arte e business. A tu per tu con il nostro associato Giuseppe Mastromatteo, chief creative officer per Ogilvy Italia e artista Enrico Pedretti 6
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Your Brand
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Chi è e cosa fa il chief creative Dai dati sappiamo tutto o quasi officer in tempi di digital e nudei clienti e di quello che fanno, meri imperanti? ma questo basta per coinvolger«È responsabile dell’output li, fargli vivere emozioni ed creativo dell’agenzia, ma non esperienze? solo. Passa molto tempo a con«Non possiamo chiedere ai dati tatto con i creativi, che in le soluzioni di tutti i problemi di Ogilvy sono più di 50, e i planbusiness. I dati sono importanti, ner, costruendo storie di coci danno delle evidenze e sicuramunicazione per i brand. Con mente delle direzioni. Ma i dati l’amministratore delegato – in lavorano per natura su ciò che è Ogilvy Italia è Roberta La Selstato e non su ciò che sarà. Se per va – delinea anche le strategie una settimana guardo su Netflix dell’agenzia di posizionamenfilm d’azione, non è così automato, comunicazione o espansiotico che la settimana successiva ne sul mercato. continui a vedere quel genere di Ma a me piace pensare al chief film, anzi. Ma l’algoritmo, ad ogGiuseppe Mastromatteo, chief creative officer per Ogilvy Italia e artista. creative officer anche come un gi, funziona così, anche con il curatore d’arte: per seguire cibo, la musica, l’abbigliamento bene un brand e la sua comunicazione è necessario saecc. Diciamo che le risposte sono ancora un po’ troppo pere comprendere e intercettare le tensioni culturali semplici, troppo lineari e razionali, mentre noi, come della società, proprio con una sensibilità più “artistica”, esseri umani, siamo molto più sfaccettati, complessi, utile anche per interpretare i numeri». imprevedibili. E questo non è necessariamente un male, anzi». Nel mondo di oggi, qual è il ruolo della creatività in ambito comunicazione/marketing? Insomma, quanto la creatività può pesare nella fideliz«La creatività è ancora il motore di ogni agenzia, il suo zazione e nell’appartenenza? cuore pulsante. Ed è, secondo me, più che mai una ne«I brand oggi, e alcuni l’hanno capito da tempo, non cessità per ogni brand e per ogni cliente. Perché gli possono solo vendere cose, ma devono abbracciare un stessi brand e le aziende sono in fondo il risultato di un valore, possibilmente sociale. Pensiamo al tema delle atto di creatività. E i loro prodotti nascono da un penplastiche, esploso negli ultimi due anni, e all’impegno siero creativo. La creatività è un punto di partenza: anche le persone stanno chiedendo ad alcune aziende in che se a volte è vista come un rischio, è un rischio che questo senso. vale la pena correre, proprio come quello d’azienda». La sostenibilità non è più un problema morale per le
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Speciale branding aziende, è un problema economico. Le agenzie di comunicazione si devono sedere a fianco delle aziende con uno spirito di collaborazione e partnership e non di mero fornitore: questo è un punto chiave per poter dare vita a progetti di valore e d’impatto sulla società».
sibilità di portare una campagna esperienziale ben oltre l’organizzazione di un evento». Basta la parola? «Non basta più. Serve un’azione».
I brand e le politiche di branding come stanno evolvendo oggi? «Abbracciando valori condivisi, mettendo al primo posto le persone. Le aziende dovrebbero considerare sempre di più il proprio purpose come fondativo per ogni strategia di comunicazione. Il purpose spiega perché un brand esiste, perché è qui in mezzo a noi, e rispondere a questa semplice domanda è fondamentale. Non è un caso se all’ultimo festival dei Cannes Lions l’hashtag più diffuso è stato #purpose». Cosa significa comunicare in tempi di sovraffollamento a ogni livello e come si fa? «L’immutevole potere dello storytelling ha reso eterna l’opera di poeti, scrittori e artisti, opponendosi alla forza distruttiva del tempo. È il mezzo più potente su cui fa leva il politico per entrare in contatto col proprio elettorato, per esempio. È la ragione per cui un genitore legge la favola della buonanotte al proprio figlio. «Raccontare una storia Raccontare una storia è condividere è condividere la visione la visione di un nuovo mondo ed di un nuovo mondo entrare in empatia con altri esseri umani. ed entrare in empatia I brand devono far vivere una stocon altri esseri umani. ria, si parla infatti negli ultimi tempi di “story living”, portando quindi I brand devono far vivere in vita l’esperienza di marca. una storia portando Le persone sono molto più sofisticain vita l’esperienza te di un tempo, serve quindi originalità, autenticità, empatia e predi marca. Serve originalità, senza. Il settore esperienziale sta autenticità, empatia prosperando grazie all’evoluzione dei contenuti e all’espansione dei e presenza» touchpoint e i brand hanno la pos-
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Il digitale, per voi creativi e in generale, è un’opportunità, e come, per comunicare, vendere e alla fine fidelizzare? «Fidelizzare è un investimento a lungo termine, un patto autentico tra brand e consumatore. Non è un percorso rettilineo, è una strada lunga e faticosa e piena di tentazioni che portano le persone a provare prodotti alternativi, a prendere in considerazione anche i concorrenti. Oggi la
fidelizzazione e l’affezione per un brand non passano solo attraverso il prodotto o i servizi, ma anche dai valori incarnati. E devono essere valori etici, trasparenti, verificabili. Patagonia è un caso esemplare di fidelizzazione basata sulla fiducia, sulla trasparenza, sulla coe-
renza. La fiducia è una risorsa straordinaria e non una merce di scambio, perché la fiducia si guadagna e non si acquista». Come si diventa e si sta sull’onda oggi nella sua professione? «Il nostro lavoro ogni giorno è nuovo, quindi aggiornarsi e studiare ciò che succede è fondamentale. In un mondo così frammentato e pieno di touchpoint che nascono e muoiono in continuazione, serve tenere le antenne sempre ben dritte e sintonizzate. E poi, conoscere bene se stessi, i propri pregi e i propri limiti, e circondarsi di
persone competenti e valide: questo secondo me è il modo migliore di interpretare il ruolo». Quali sono le migliori palestre e percorsi? «In questo mestiere non ci si improvvisa, anche se dall’esterno potrebbe sembrare così. Anche qui bisogna studiare e cercare la propria strada. Le scuole di specializzazione possono essere utili, ma poi il lavoro vero si impara sul campo. C’è ancora una componente “artigianale” che viene trasmessa in agenzia alle nuove leve. Ovviamente bisogna sviluppare la propria unicità, il proprio stile. Quando incontro un candidato, do per scontate le capacità tecniche di base. Quello che invece mi interessa davvero è capire chi ho davanti, che cosa ha dentro, cosa ama, cosa ha da dire, quanta curiosità ha del mondo. Un altro consiglio che mi sento di dare è di non considerare il primo posto di lavoro come un punto di arrivo, ma di partenza. Cambiare, vedere altre “scuole” – ogni agenzia, grande o piccola, ha il suo dna – per arricchirsi e per offrire un pensiero ai clienti sempre più completo e vasto». Lei è anche un famoso artista, fotografo nello specifico: quanto conta e contribuisce questo a comunicare marchi e prodotti? «Per me fare fotografia è una naturale estensione del mio lavoro. Amo l’immagine, la fotografia e l’arte contemporanea. Penso che sia un pezzo in più del mio bagaglio. A volte la comunicazione e l’arte si intrecciano magicamente e allora un progetto diventa ancora più interessante per me. Non è un caso se Elio Grazioli, uno dei più autorevoli critici d’arte, ha indagato il forte legame fra questi due mondi proprio con “Arte e Pubblicità”. Alcuni marchi come Campari, con il quale sto collaborando, hanno nel proprio dna l’arte, basti pensare ai primi cartelloni pubblicitari commissionati dalla famiglia Campari a Dudovich. Sempre più marche oggi si stanno muovendo nel mondo dell’arte contemporanea, del design e della fotografia con nuove, interessanti possibilità. Ovviamente essere anche artista mi aiuta meglio a dialogare con clienti che vogliono intraprendere questa direzione».
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Speciale branding Arte e business si sono sempre incontrati con l’antico mecenatismo, ma oggi questo accade più spesso. Un matrimonio da rafforzare e come? «Provando a raccontare a clienti sensibili una storia diversa di comunicazione, mostrando loro le potenzialità di un modo di operare diverso dall’ordinario, citando alcune case history del passato che, giustamente, sono storicizzate e inserite nei manuali di comunicazione. Pensiamo ad alcune operazioni di Benetton, Lavazza o Campari. L’arte contemporanea attinge sempre più spesso dalla pubblicità e viceversa. Alcuni marchi sono
particolarmente coraggiosi, prendono la via dell’arte contemporanea proprio per provare a sconfinare in un mondo diverso da quello consolidato». La sostenibilità è diventata un must, come può un brand prima praticarla e poi comunicarla e farne un suo tratto distintivo? «Sempre di più le persone – che frettolosamente e cinicamente molto spesso chiamiamo consumatori – chiedono alle marche un impegno diverso dal passato. Non
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basta più comunicare il prodotto e cercare di convincermi che sia il migliore. Ora importa sempre di più come questo prodotto è arrivato sul mercato, quanto impatta sull’ambiente e se rispetta determinate condizioni di lavoro. Alcuni marchi sono stati pionieri in questo: Stella McCartney, per esempio, si è impegnata a fondo per la sostenibilità, per il rispetto dei lavoratori, per attuare soluzioni di economia circolare, e ha avuto uno straordinario successo. I consumatori sono persone e abitanti del mondo: stanno chiedendo ai brand e alle agenzie di considerarli. È una rivoluzione che esige consapevolezza sui grandi temi e posizioni ben definite». Oggi si parla tanto di brand activism: ma è davvero importante per le aziende schierarsi su temi politico-sociali? «Non è necessario per tutte le aziende, ma per alcune non è più possibile starne alla larga o far finta di nulla, non partecipando alla conversazione sociale intorno ai grandi temi. Alcune aziende, infatti, non possono più restare neutrali su questioni di grande impatto: basti pensare alle pubblicità del passato, che non si preoccupavano – e sembravano, anzi, quasi compiaciute – di diffondere messaggi maschilisti. Il brand activism sembra la naturale evoluzione della corporate social responsibility. Siamo passati da consumi funzionali a consumi sempre più identitari, cioè appartenenti a una certa cultura e a un certo sistema di pensiero, e la domanda che sempre più spesso viene fatta, soprattutto dai giovani davanti a un prodotto, è: mi riconosco nei valori di questo brand? Questa semplice domanda è una vera e propria sfida per alcune aziende e un tema al quale sono chiamate a rispondere senza troppo indugiare. Forse è solo un trend o una moda passeggera, ma sicuramente c’è una consapevolezza molto forte su ciò che oggi chiediamo ai brand e sostenere o boicottare un’azienda è diventato molto più facile».
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L’ANIMA CREATIVA SOTTO I RIFLETTORI Come si parla oggi al cliente? Lo abbiamo chiesto a sette marketer con una lunga carriera manageriale alle spalle e osservatori attenti dei mutamenti in atto: Luca Altieri (director of marketing, cmo - Ibm Italia), Roberto Felici (head of market management - Allianz Italia), Mauro Frantellizzi (marketing director Galbani - Gruppo Lactalis Italia), Giacomo Giacani (marketing manager Nestlé Waters), Clarice Pinto (senior marketing director Italian market - Campari Group), Massimo Riggio (chief marketing officer Nice Group) e Ilenia Ruggeri (Sanpellegrino International marketing director).
Roberta Roncelli Oggi, in tempi di digital e big data, quanto conta la creatività per i brand e perché? Luca Altieri «Nell’epoca della diffusione, non solo di digital e big data, ma anche delle tecnologie esponenziali, direi che la creatività è fondamentale per un brand. La tecnologia è anche un mezzo per relazionarci con un “individuo” con necessità e bisogni». Roberto Felici «I dati sono e saranno sempre più fondamentali per il business, ma restano al servizio dell’intuizione e dell’invenzione. L’uomo si ritiene razionale, ma agisce in modo emozionale». Mauro Frantellizzi «Penso che oggi la creatività valga ancor più che nel passato. In un contesto caratterizzato da un’altissima frammentazione dei media e da moltissimi messaggi a cui è esposto il consumatore, il ruolo della creatività è ancora più decisivo per generare l’impatto necessario che fa passare il messaggio».
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«In un nuovo studio sulle tendenze dei consumatori a livello globale, un terzo degli intervistati ha affermato che, qualora un brand non ispirasse più fiducia, smetterebbe di acquistarne i prodotti. Un altro terzo, invece, ha affermato che nel corso del 2019 ha già "chiuso" con i propri marchi preferiti. Nel processo di acquisto le priorità sono oggi la sostenibilità, la trasparenza e la coerenza con la propria scala di valori». Luca Altieri director of marketing, cmo - Ibm Italia
Giacomo Giacani «La trasformazione digitale rappresenta un’opportunità. Nelle campagne digital possiamo customizzare i messaggi sulla base dei profili dei consumatori. Alcuni anni fa potevamo capire solamente ex post se le campagne erano state più o meno efficaci o se dovevamo cambiare qualcosa».
«La maggioranza delle persone che si assicurano non sperimenta l’esperienza di un sinistro. È nella natura del prodotto assicurativo. Quindi per molti clienti il consumo/fruizione nelle assicurazioni non è ciò che può confermare il valore delle scelte di acquisto. Allianz è famosa per la sua serietà nei momenti della verità. Questa fiducia nel brand, legata alla sua reputazione e alle sue equities, al sistema valoriale di chi lavora per Allianz, e all’opinione diffusa delle persone, sono le motivazioni per cui siamo preferiti sul mercato. Motivazioni che valorizziamo con orgoglio». Roberto Felici head of market management - Allianz Italia
Clarice Pinto «I big data ci aiutano, in qualità di marketer, a conoscere meglio le esigenze e le abitudini dei nostri consumatori, permettendoci così di realizzare idee creative che vadano incontro alle loro necessità. Il digital consente invece di creare un dialogo diretto con i consumatori, condividendo esperienze e costruendo un legame più stretto». Massimo Riggio «Da una recente ricerca di mercato risulta che trascorriamo 3 ore e 40 minuti al giorno con-
sultando lo smartphone e 2 ore e 24 minuti sui social media. Inoltre ci sono 3,8 miliardi di utenti attivi sui social media. La maggior parte del tempo viene trascorsa guardando video. La creatività è fondamentale per trasferire i valori del brand e creare coinvolgimento e memorabilità». Ilenia Ruggeri «Nell’era di internet e degli smartphone, le persone sono esposte ogni giorno a centinaia di messaggi da parte dei brand. In questo contesto sfidante, la creatività svolge, e svolgerà, un ruolo fondamentale per poter raccontare al proprio target qualcosa di rilevante, qualunque sia il punto di contatto o piattaforma di comunicazione». Cos’è oggi per voi e per il vostro settore la creatività? È quella che serve davvero alle aziende per posizionarsi sul mercato e nella mente dei clienti? E come? Luca Altieri «Alimenta il nostro immaginario, ci fa sognare e suscita emozioni, ma deve essere sempre legata a un valore, uno scopo, sia per chi la esprime sia per chi ne beneficia. Creatività e valori sono infatti due elementi inscindibili. A questo proposito noi parliamo di “Good tech”: progetti e iniziative realizzati da Ibm a
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Speciale branding supporto dell’individuo e della società che comunichiamo anche attraverso le nostre campagne». Roberto Felici «È un ingrediente fondamentale del nostro business. L’assicurazione è praticamente l’unica categoria merceologica sul pianeta che sostanzialmente non ha esperienza d’uso per la stragrande maggioranza dei suoi clienti. Per rendere i nostri prodotti rilevanti e al passo coi tempi occorre dunque tanta innovazione, ogni giorno, e pensiero laterale». Mauro Frantellizzi «Rappresenta uno degli elementi “chiave” che rende possibile tradurre la nostra strategia in un messaggio chiaro e rilevante da veicolare al nostro target. Nel settore dei beni di largo consumo la creatività deve avere l’ambizione di differenziare la marca descrivendone anche la personalità e i valori secondo la strategia condivisa». Giacomo Giacani «È l’unico strumento che riesce a generare emozioni che vadano oltre la logica del pensiero razionale. Attraverso la creatività riusciamo a esprimere i valori e il purpose dei nostri brand cercando di parlare a quello che Daniel Kahneman ha definito “System One”, ovvero la parte più veloce e istintiva del nostro cervello». Clarice Pinto «È un aspetto fondamentale che consente ai brand di differenziarsi nel settore di riferimento. In un contesto di continua sovraesposizione a stimoli diversi, è necessario sorprendere il consumatore con linguaggi «La marca deve porsi nei confronti del consumatore come un insieme valoriale con comportamenti che spaziano dalle scelte degli imballaggi alle scelte produttive e delle materie prime fino ad alcune prese di posizione sociali, superando dunque il concetto di mero produttore o marca industriale. La nostra marca Galbani può in tal senso rappresentare un esempio rilevante: il nostro storico pay-off “vuol dire Fiducia” rappresenta oggi più che mai un’importante guida per migliorare i nostri prodotti». Mauro Frantellizzi marketing director Galbani - Gruppo Lactalis Italia
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«Oggi e nel futuro solamente i “brand with purpose” avranno l’opportunità di competere e vincere nei mercati. È fondamentale costruire e comunicare valori rilevanti e coerenti su ogni brand passando da una logica del “come lo facciamo” a una del “perché lo facciamo”. Oggi i consumatori, specialmente i Millennials, scelgono sempre di più i brand per il loro impegno nella società, per i valori che rappresentano o per le cause che sposano. Il “purpose” spiega il “perché” esistiamo ed è in grado di lavorare proprio sulle emozioni, alla base del successo di lungo termine di prodotti e servizi». Giacomo Giacani marketing manager Nestlé Waters
e messaggi nuovi, che parlano al suo cuore più che alla sua mente». Massimo Riggio «Può essere uno strumento straordinario di comunicazione ma, al contrario, non deve essere un puro esercizio estetico: deve inserirsi coerentemente nella strategia di marketing, che comprende prodotti e servizi per il cliente, cuore della proposta e del business, e la distribuzione, ormai omnichannel». Ilenia Ruggeri «Oggi ogni brand deve avere ben chiaro prima di tutto la propria reason why, ovvero la “ragione d’essere” per cui esiste, poi che cosa offre al suo target e, infine, come opera per portarlo fino al consumatore. La creatività rende possibile tradurre tutto ciò in un contenuto rilevante per il consumatore e coerente con il dna della marca». Come e quando chiedete aiuto alla creatività nel costruire un rapporto con i clienti? Luca Altieri «Le nostre campagne di marketing hanno sempre comunicato i principi fondanti di Ibm (capacità di innovare, di anticipare i trend e di portare valore alle aziende, alla società e agli individui). Da qualche anno questi messaggi si arricchiscono di una forte connotazione etica e “umana”. Parliamo di rendere l’innovazione disponibile per tutti e migliorare non solo il business, ma anche la vita quotidiana di ognuno di noi, anche in termini di sostenibilità ambientale».
Creatività: ciliegina o lievito della torta e, quindi, del brand? Luca Altieri «Potrebbe essere lo zucchero, necessario nell’impasto e all’esterno della torta per decorarla. La creatività deve essere capace di trasmettere in modo più efficace, diretto e coinvolgente il valore di un’azienda, per questo non può prescindere dai suoi elementi distintivi». Roberto Felici «Mi occupo di innovazione, seguo il prodotto dalla creazione del “concept” alla sua implementazione promozionale. Per me la creatività scientifica è anzitutto il punto di partenza di ogni progetto. Poi è anche lievito e alla fine ciliegina». Mauro Frantellizzi «È il lievito perché, oltre a generare impatto, deve ren-
dere interessante e differenziante il messaggio definito all’interno della nostra strategia aziendale. La creatività deve rendere possibile che la ricetta definita possa svilupparsi e diventare realtà». Giacomo Giacani «La creatività è l’essenza della torta stessa perché è alla base del processo decisionale dei consumatori. Le persone potranno scordare quello che diciamo o facciamo ma difficilmente scorderanno le emozioni che abbiamo suscitato in loro». Clarice Pinto «Il lievito, perché non si tratta di un Nice to have ma di un aspetto fondamentale per costruire un rapporto con il consumatore». Massimo Riggio «È il lievito, la ma-
«I consumatori non desiderano più guardare alle aziende in modo aspirazionale sentendosi raccontare monologhi di marca, bensì interagire a pari livello con un brand. La sfida maggiore oggi consiste nel saper ingaggiare gli interlocutori ai quali ci si rivolge condividendo interessi e passioni, trasferendo il patrimonio delle competenze aziendali attraverso contenuti ed esperienze sempre più innovativi. Solo così potremo veramente toccare i loro cuori e creare legami più profondi e longevi». Clarice Pinto senior marketing director italian market - Campari Group
Roberto Felici «Sempre, e in tutti gli ambiti, se per creatività intendiamo l’andare oltre le evidenze razionali, il pensare fuori dagli schemi, l’intelligenza emotiva e soprattutto l’innovazione continua. La classica polizza assicurativa non è propriamente il prodotto “più desiderato” del mondo, e dunque servono soluzioni creative per relazionarsi ai clienti». Mauro Frantellizzi «La creatività per noi rappresenta un modus operandi in moltissime delle nostre iniziative. È un supporto costante nelle nostre attività di innovazione, di promozione della marca e, ovviamente, a quelle di comunicazione al consumatore».
teria prima sono i prodotti, i servizi, i clienti e la missione dell’azienda». Ilenia Ruggeri «La creatività, supportata da una conoscenza profonda delle esigenze del proprio target, è ingrediente fondamentale della torta, non ne è la farcitura».
Giacomo Giacani «La creatività è essenziale per creare una relazione con i nostri consumatori: un consumatore che è emotionally connected con i nostri brand ha un valore doppio rispetto a un consumatore molto soddisfatto. Questa tipologia di consumatori compra di più e più spesso i nostri prodotti, presta una maggiore attenzione alla comunicazione dei nostri brand e si trasforma in un vero e proprio ambassador, pronto a raccomandarci ad altre persone». Clarice Pinto «Sempre. La creatività è uno dei principali filtri che usiamo per raccontare ai nostri consumatori chi siamo, come vediamo il mondo e come possiamo essere rilevanti nelle loro vite. Si conferma una leva indispensabile per garantire una costante tensione verso il nuovo e individuare soluzioni che, in ciascuna attività, offrano al consumatore una vera esperienza». Massimo Riggio «In Nice abbiamo l’esempio dell’efficacia di una campagna pubblicitaria di successo sui nostri social media. Abbiamo iniziato una presenza attiva gestita dall’headquarter sui principali social solo a metà del 2019 e abbiamo già avuto un ottimo riscontro. Mantenere ingaggiati i clienti è la sfida successiva e la creatività può portare a un coinvolgimento e a uno stile unici e irripetibili». Ilenia Ruggeri «I nostri partner creativi conoscono e in parte hanno contribuito a definire in modo semplice
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Speciale branding la citata reason why dei nostri brand. E in qualità di profondi conoscitori di questa essenza, ci aiutano a presentarla ai nostri consumatori ogni volta che interagiamo con loro». Quando e quanto un brand può e deve mettere in campo un activism che tocchi aspetti politico-sociali? Luca Altieri «Ogni Ibmer annualmente deve firmare delle linee guida che riguardano il proprio comportamento negli affari. Queste prevedono anche che non ci sia alcun legame tra interessi politici e attività di business. Ibm, dalla sua fondazione, è attenta e attiva in tutti i paesi in cui opera con progetti a favore della comunità. Siamo impegnati nella diversity, dal gender al mondo Lgbt, alla disabilità. Promuoviamo, inoltre, iniziative in collaborazione con le scuole per le professionalità del futuro». Roberto Felici «Le marche stanno assumendo sempre più una dimensione di sostenibilità e di responsabilità sociale ed è dunque importante corredarle “nei fatti” di un profilo valoriale in queste aree. Questo è vero soprattutto per quei grandi brand ai quali le persone si rivolgono per bisogni cui il sistema pubblico talvolta fatica a dare le risposte e le tutele che garantiva in passato». Mauro Frantellizzi «Non c’è una regola che vale per ogni marca e per ogni mercato e settore. Penso però che sia diventato un elemento imprescindibile per le marche riuscire a comunicare la vicinanza valoriale di responsabilità sociale del proprio target in merito a temi che riguardano la società in generale e, in maniera differente, anche il proprio settore di appartenenza».
«Il brand è sia anima che corpo, è una persona , con il suo carattere e le sue azioni, i suoi sogni. Coinvolgere in questo unicum i clienti e, in generale, tutte le persone che vengono in contatto con la marca e l’azienda, è indispensabile per una relazione duratura con essi». Massimo Riggio chief marketing officer - Nice Group
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«Oggi il consumatore sceglie un brand non solo per quello che offre ma anche per come agisce. Ne consegue che i valori in cui crede un brand determinano il suo modo di operare: le storie “dietro” – o meglio “dentro” – a una marca al giorno d’oggi sono sempre più importantinel guidare le scelte del consumatore finale». Ilenia Ruggeri Sanpellegrino International marketing director
Giacomo Giacani «Il brand activism è parte integrante del business. Ora più che mai i consumatori chiedono alle aziende di fare la cosa giusta. Con Levissima abbiamo lanciato il progetto Regeneration: un impegno concreto del brand sulla sostenibilità attraverso la preservazione del ghiacciaio e della bio diversità nell’area della sorgente, il trasporto su mezzi innovativi alimentati a gas liquido, lo sviluppo del concetto di economia circolare con la creazione della filiera selettiva per le bottiglie di plastica». Clarice Pinto «Le generazioni più giovani mostrano molta più sensibilità alle tematiche ambientali e sociali rispetto a quelle precedenti. Penso che un brand debba sposare una causa sociale solo se ciò viene fatto in modo del tutto sincero e con coerenza da parte di tutti i livelli dell’organizzazione. Diversamente, l'effetto che si ottiene può essere più negativo che positivo». Massimo Riggio «Sicuramente ci sono settori e business più sensibili a queste tematiche, in base alla loro offerta e al pubblico che coinvolgono. In generale, il brand deve riferirsi a una missione sostenuta da valori positivi ed etica». Ilenia Ruggeri «Molti brand hanno manifestato negli ultimi anni la propria ambizione di creare valore per la comunità in cui operano. Questo valore è portato dal servizio o prodotto che le aziende offrono, ma sempre più spesso è accompagnato da iniziative dedicate ad aspetti di responsabilità sociale che evidentemente sono vicine al target di riferimento».
Le interviste integrali verranno pubblicate su manageritalia.it
30 Giugno & 1 Luglio 2020 Hotel Meliá Milano wobi.com/wmsf-milano
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Reinventare il marketing e le vendite nel nuovo mondo digitale
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Trasformazione digitale
Kevin Roberts Ex CEO di Saatchi & Saatchi
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Speciale branding
TIKTOK... CI SEI? Una vera e propria palestra di marketing innovativo. Per i brand si apre una nuova frontiera nella comunicazione digitale che sfrutta il coinvolgimento diretto del nostro pubblico. L’app sviluppata in Cina che impazza tra i giovanissimi – e non solo – permette di realizzare video brevi e senza filtri raccontando cosa facciamo in modo rapido, interattivo e scanzonato.
Alfonso Emanuele de León
partner presso FA Hong Kong Consulting
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A
VRETE sicuramente sentito parlare di TikTok, ma se avete più di venticinque anni è anche molto probabile che non l’abbiate ancora utilizzato! Ed è un peccato, perché secondo molti TikTok presto spodesterà sia Facebook che Instagram come principale social media al mondo. Nato in Cina solo nel 2016 con il nome di Douyin, inizialmente permetteva agli utenti, attraverso l’app, di creare video musicali di meno di 15 secondi con la musica in background in lip sync (in playback). Successivamente, anche attraverso acquisizioni negli Stati Uniti, ha esteso le sue funzionalità permettendo di creare video buffi, o di balletti, imitando quelli delle band pop più conosciute e permettendo di aggiungere filtri
ed effetti speciali ai propri video, che si possono poi caricare e condividere sull’app. Allo stesso tempo, TikTok utilizza l’intelligenza artificiale per analizzare le preferenze e i video visitati in passato da ciascun utente, per creare un continuo feed di proposte di contenuti personalizzati per ciascuno di noi.
Spodesterà Facebook e Instagram? I numeri parlano chiaro
Con una crescita nella diffusione senza precedenti tra i social media, TikTok rischia di spodestare Instagram come piattaforma più popolare tra i rappresentanti della Generation Z (meno di 25 anni).
Il vero potenziale per i brand e per le aziende risiede nel modello partecipativo di TikTok
TikTok offre diverse opportunità ai brand e alle aziende
Il terzo punto di differenza e di successo di TikTok è forse quello più potente e dove risiede il maggior potenziale per le aziende: il suo modello partecipativo.
Il target Gen Z: un investimento sul futuro Nel 2018, al suo solo terzo anno di vita, TikTok è stata l’app più scaricata negli Stati Uniti e la settima più scaricata nel decennio scorso, e nel 2019 ha raggiunto il miliardo di utenti a livello mondiale. La crescita di TikTok rispetto agli altri social media è ancora più evidente dal punto di vista degli utenti attivi mensili: laddove Facebook e Instagram hanno impiegato sei anni per raggiungere il mezzo milione, a TikTok sono bastati solo due anni, e tutto indica che la crescita e la sua diffusione non sono destinate a rallentare, con il 90% degli utenti che la aprono ben 8 volte al giorno, con un uso medio di 52 minuti. Il successo di TikTok risiede in tre
principali innovazioni e differenze rispetto a Facebook e Instagram. In primis, TikTok utilizza un formato più dinamico e al passo con i tempi, i video anziché a foto statica.
Basta filtri: non mostriamo più il nostro lato “perfetto”
In secondo luogo, ironicamente TikTok rappresenta l’antitesi di Instagram. Laddove Instagram proietta un’immagine filtrata e artificiale con uno stile di vita artefatto e irraggiungibile, TikTok non pretende di mostrare il nostro lato più perfetto, anzi, ci mostra come noi siamo nel quotidiano, a volte un po’ goffi e divertenti, trasmettendo le emozioni in modo molto più spontaneo e diretto.
In primis TikTok recluta le persone al loro ingresso nel mercato del consumo. Promuovere il proprio brand su una piattaforma dove il 52% degli utenti in Cina e il 41% in Occidente ha meno di 25 anni, rappresenta un investimento sul futuro della propria marca, con diversi studi che confermano che i Gen Z entro il prossimo decennio diverranno il primo gruppo demografico acquirente di beni di alta gamma in Occidente e addirittura in Cina lo diverranno nei prossimi tre anni. Ma il vero fattore differenziante nella fruizione rispetto a Facebook e Instagram è che, anziché visionare passivamente centinaia di immagini e video, gli utenti di TikTok sono coinvolti e partecipi attivamente nel
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Speciale branding storytelling dei brand, TikTok è riuscito a trovare la chiave di volta per far coinvolgere e divenire i propri consumatori parte delle loro sponsorizzazioni e nel fondo dei valori del brand. Se infatti su TikTok esistono diverse opportunità commerciali per brand, dalla semplice pubblicità ad aprire account ufficiali, link a e-commerce e negozi pop up virtuali, la vera innovazione e il vero valore aggiunto di engagement risiede nel far partecipare i consumatori alle challenge virali dei brand. Forse due esempi possono aiutarci meglio a capire questo modello partecipativo di coinvolgimento.
TikTok ha di fatto aperto un nuovo canale di comunicazione e coinvolgimento ancora più profondo col consumatore, proprio come fece Facebook un decennio fa
processo attraverso la creazione e condivisione di video.
Un modo coinvolgente per fare storytelling
Se il format video sta divenendo lo strumento principale di
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Come le aziende stanno già usando TikTok creando brand ambassador
Nel 2019, il brand di make up cinese Carslan, anziché fare della semplice pubblicità decise di sponsorizzare i Nex7, una band di un talent show cinese, invitando i fan a riprodurre il loro video musicale in playback mettendo a disposizione dei nuovi filtri ed effetti speciali creati appositamente da Carslan assieme ai Nex7 per gli utenti di TikTok. Improvvisamente una sponsorizzazione tradizionale diviene una potente forma per ingaggiare e motivare i consumatori creando una miriade di versioni del contenuto originale del brand, dove questa volta il consumatore è
partecipe e non più semplice fruitore passivo. Un secondo caso è stata la maison di moda britannica Burberry che ha aperto un account ufficiale su TikTok lanciando la Burberry challenge (#TBChallenge) invitando gli utenti a ricreare con le loro mani il monogramma di Burberry, generando ben 57 milioni di visualizzazioni esclusivamente con contenuti generati dai suoi consumatori (gli user generated content), ulteriormente svecchiando il proprio marchio e aggiungendogli un cool factor. TikTok ha di fatto aperto un nuovo canale di comunicazione e coinvolgimento ancora più profondo col consumatore, proprio come fece Facebook un decennio fa. È anche vero che TikTok nel corso della crescita vertiginosa che l’aspetta nei prossimi anni dovrà risolvere alcuni problemi etici che risiedono proprio nel suo modello partecipativo: dal ciberbullismo, all’emulazione di comportamenti pericolosi e sbagliati, ed essendo l’azienda ancora molto giovane non si è ancora organizzata per moderare i contenuti con una sensibilità culturale idonea ad ogni paese. Ma in fondo è veramente incoraggiante osservare una piattaforma che apre una nuova modalità di comunicazione e un nuovo strumento di coinvolgimento dei consumatori con i brand.
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Previdenza
PENSIONI 2020 Conferma Quota 100, proroga Opzione donna e Ape sociale. Mancato rinnovo invece per l’Ape volontaria... Vediamo tutti gli aggiornamenti introdotti quest’anno dalla legge di bilancio e i requisiti che bisogna possedere per raggiungere la pensione
Daniela Fiorino
responsabile ufficio sindacale Manageritalia
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Pensione di vecchiaia L’età per accedere al pensionamento di vecchiaia per tutti i lavoratori privati, uomini e donne, è 67 anni. Rimane invariato il requisito contributivo minimo, non soggetto ad adeguamenti periodici, pari a 20 anni di anzianità. Per i lavoratori con primo accredito contributivo successivo al 31 dicembre 1995, l’importo della pensione deve risultare non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale, ovvero a 689,74 euro mensili. Se non si soddisfa tale condizione, il lavoratore potrà accedere alla pensione di vec-
chiaia contributiva al compimento dei 71 anni di età. In tal caso sarà sufficiente possedere almeno 5 anni di anzianità contributiva. Resta in vigore il requisito di 66 anni e 7 mesi di età, ma con 30 anni di contributi, per chi ha svolto attività gravose o usuranti.
Pensione di anzianità Fino al 31 dicembre 2026 sono confermati i requisiti di 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne e il meccanismo delle “finestre di uscita”, che prevede un posticipo di 3 mesi della decorren-
By Manageritalia
za del pensionamento una volta raggiunti i requisiti suddetti. Coloro che rientrano nel sistema contributivo pieno (primo accredito successivo al 31 dicembre 1995) possono accedere al pensionamento anticipato avendo compiuto 64 anni di età, con almeno 20 anni di anzianità contributiva effettiva (obbligatoria, volontaria, da riscatto, con esclusione di quella accreditata figurativamente a qualsiasi titolo), se la pensione mensile non risulta inferiore a 2,8 volte l’importo mensile dell’assegno sociale, ovvero a 1.287,52 euro.
Sono fatti salvi i requisiti ridotti previsti da norme transitorie.
Quota 100 Possibilità di accedere alla pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi, di cui almeno 35 di contribuzione effettiva, con esclusione dei periodi coperti da disoccupazione e malattia/infortunio. Per il raggiungimento del requisito contributivo si può fare ricorso anche al cumulo gratuito dei periodi assicurativi, ma solo all’interno delle gestioni Inps. Non è possibile cumulare periodi di
contribuzione versati nelle casse professionali, nel Fondo Clero e nell’Inpgi. Si tratta di una misura sperimentale in vigore per il triennio 2019/2021, con delle caratteristiche peculiari rispetto a quanto previsto per le altre forme di accesso al pensionamento. Innanzitutto la decorrenza del pensionamento: è prevista una finestra mobile di 3 mesi per i lavoratori privati (6 mesi per i pubblici). Il diritto conseguito entro il 31 dicembre 2021 può essere esercitato anche successivamente a tale data, salvo futuri
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Previdenza interventi normativi. Fino al raggiungimento dell’età pensionabile (67 anni), non è possibile cumulare il trattamento pensionistico con i redditi da lavoro, a eccezione delle prestazioni occasionali, quelle che prevedono l’emissione di ricevute con ritenuta d’acconto fino a un massimo di 5.000 euro lordi annui. In caso di mancato rispetto di tale divieto, la pensione sarà sospesa nell’anno in cui sono stati prodotti i redditi. L’Inps ha infine chiarito che non è possibile accedere alla pensione Quota 100 con lo strumento dell’Isopensione.
Opzione donna Prorogata la possibilità per le lavoratrici dipendenti di anticipare il pensionamento esercitando l’opzione di calcolo della pensione integralmente con il sistema contributivo. A tal fine occorre aver maturato, entro il 31 dicembre 2019, un’anzianità contributiva almeno pari a 35 anni e un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni per le dipendenti e a 59 anni per le autonome. Si applica, inoltre, la finestra di decorrenza pari a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e a 18 mesi per le autonome. Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo, è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurata, fermo re-
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stando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione al netto dei periodi di malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti, ove richiesto dalla gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico.
Lavoratori precoci Anche il requisito contributivo previsto per i lavoratori precoci è confermato in 41 anni. È tuttavia prevista una finestra di decorrenza di 3 mesi e l’impossibilità di cumulare la pensione con redditi da lavoro, fino al raggiungimento dell’età pensionabile, come per Quota 100. Sono considerati lavoratori precoci coloro che possono fare valere almeno un anno di contribuzione per periodi di lavoro effettivo svolti prima del compimento del 19° anno di età e soddisfino una delle condizioni previste dal legislatore. http://bit.ly/lav-precoci
Altre possibilità di anticipo del pensionamento Prorogata per un anno la possibilità di fruire dell’Ape sociale, mentre l’Ape volontario e aziendale non sono più in vigore. L’Isopensione e la Rita hanno invece carattere strutturale. Ecco i requisiti richiesti per poterli utilizzare.
Ape sociale
Non si tratta di una pensione anticipata quanto di un trattamento assistenziale erogato dallo Stato per un importo massimo di 1.500 euro mensili fino al raggiungimento della pensione, il cui importo di conseguenza non sarà ridotto. Possono farne richiesta i lavoratori con 63 anni d’età e 30 di contributi per i disoccupati e 36 per chi assiste da almeno 6 mesi familiari disabili; chi ha invalidità al 74% e più; chi svolge attività gravose da almeno 7 anni negli ultimi 10 o 6 anni negli ultimi 7. La concessione è subordinata alla cessazione dell’attività lavorativa. È compatibile con la percezione di redditi da lavoro dipendente o parasubordinato nel limite di 8.000 euro annui e derivanti da lavoro autonomo, nel limite di 4.800 euro annui. Non spetta a chi è titolare di trattamento pensionistico diretto.
Isopensione
Possibilità di incentivare l’esodo di lavoratori “anziani” da parte di datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti, per il tramite di accordi aziendali, ad adesione individuale. L’azienda corrisponde ai lavoratori, attraverso l’Inps, una prestazione di importo pari alla pensione che spetterebbe loro in base alle regole vigenti al momento della cessazione e versa all’Inps la contribuzio-
ne figurativa necessaria al raggiungimento del pensionamento effettivo, che può essere sia anticipato per anzianità sia di vecchiaia (no Quota 100). L’anticipo è fino a 7 anni rispetto all’età pensionabile, dal 2021 torna ad essere di 4 anni. Nell’eventualità di una successiva nuova occupazione del lavoratore come dipendente o autonomo, non viene meno l’obbligo del versamento da parte del precedente datore di lavoro. L’isopensione pertanto continuerà ad essere erogata e andrà a cumularsi con tali redditi.
a 24 mesi. In questo caso non è richiesto il requisito dei 20 anni di contribuzione Inps. La fruizione della Rita è compatibile con eventuali attività lavorative intraprese successivamente alla richiesta della rendita e anche con il percepimento della pensione anticipata per anzianità.
gimento dei requisiti anagrafici e contributivi generali e non è prevista la finestra di decorrenza di 18 mesi. Il calcolo può essere misto (retributivo e contributivo), mentre nella totalizzazione le diverse gestioni pensionistiche calcolano la quota di pensione di propria compe-
Cumulo e totalizzazione dei periodi assicurativi
tenza in proporzione all’anzianità contribuiva maturata dal lavoratore in ciascuna di esse. Il tutto secondo il sistema di calcolo previsto dal loro ordinamento solo se si è raggiunto il diritto a un’autonoma pensione, altrimenti applicano il sistema contributivo. I requisiti per chi ricorre alla totalizzazione sono pari ad almeno 20 anni di contribuzione e 66 anni di
Rita
Possibilità, per gli iscritti ai fondi di previdenza complementare, di anticipare – integralmente o parzialmente – l’erogazione delle prestazioni pensionistiche in forma di rendita temporanea, soggetta alla tassazione agevolata del 15-9%. I requisiti richiesti sono: aver cessato l’attività lavorativa ed essere in possesso di almeno 20 anni di contributi nella previdenza pubblica o di almeno 5 anni di anzianità contributiva nella previdenza complementare. La rendita può essere richiesta con un anticipo massimo di 5 anni rispetto alla data di maturazione dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia, oppure di 10 se dopo la cessazione dell’attività lavorativa si è stati inoccupati per un periodo di tempo superiore
Il cumulo dei periodi assicurativi prevede la possibilità di riunire gratuitamente i contributi non coincidenti presenti in gestioni previdenziali diverse, compresi quelli versati nelle casse professionali. Diversamente dalla totalizzazione, il diritto si matura al raggiun-
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Previdenza età, oppure a 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età.
Riscatti Per i lavoratori che hanno iniziato a contribuire alla previdenza pubblica sono previste due nuove opportunità per incrementare la propria anzianità contributiva.
Riscatto periodi di vuoto contributivo
In via sperimentale, fino al 31 dicembre 2021, viene riservata ai soli soggetti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 la possibilità di riscattare periodi in cui non risultano accrediti contri-
butivi, antecedenti l’entrata in vigore del decreto legge che ha istituito Quota 100 (29 gennaio 2019). Possono essere riscattati al massimo 5 anni, anche non continuativi. Il relativo onere è detraibile al 50%, in 5 quote annuali costanti e di pari importo, nell’anno in cui si è sostenuta la spesa e in quelli successivi. Per i lavoratori del settore privato l’onere per il riscatto può essere sostenuto dal datore di lavoro ed è deducibile dal reddito di impresa. Il versamento può essere effettuato in unica soluzione o in massimo 60 rate mensili, ciascuna di importo non inferiore a 30 euro, senza applicazione di interessi per la rateizzazione. La rateizzazione dell’onere non può essere concessa nei casi in cui i contributi da riscatto debbano essere utilizzati per l’immediata liquidazione della pensione diretta o indiretta o nel caso in cui gli stessi siano determinanti per l’accoglimento di una domanda di autorizzazione ai versamenti volontari; qualora ciò avvenga nel corso della dilazione già concessa, la somma ancora dovuta sarà versata in unica soluzione.
Riscatto agevolato della laurea
Per chi rientra al 100% nel sistema contributivo, anche riscattando i periodi di studio universitario che hanno portato al conseguimento della laurea, è possibile utilizzare
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una forma agevolata di riscatto di tali periodi, ai soli fini dell’incremento dell’anzianità contributiva, senza effetti rilevanti sulla misura della pensione. Se si intende anche agire sulla misura della pensione, si può fare ricorso alla normativa generale sul riscatto della laurea, a un costo più elevato. L’agevolazione prevede il versamento di un contributo, per ogni anno da riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo (15.953 euro nel 2020), moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche (33%) e corrispondente, quindi, a circa 5.264 euro. L’Inps ha precisato che i periodi riscattabili possono collocarsi anche prima del 1996, purché l’interessato decida di optare per il calcolo dell’intera pensione con il sistema contributivo, rinunciando a quello misto o ex retributivo a cui si avrebbe diritto in base all’anzianità previdenziale maturata prima del 1996. Questa opzione è riservata a chi ha maturato almeno 15 anni di contributi, di cui almeno uno prima del 1996 e 5 anni dopo. È inoltre possibile chiedere il riscatto agevolato degli anni di laurea antecedenti il 1996 anche nella gestione separata, nel caso in cui si decida di fare confluire tutti i contributi in tale gestione, con conseguente applicazione del calcolo contributivo sull’intera
Perequazione 2020 - importi per fasce di trattamento pensionistico Pensione mensile
Rivalutazione salvaguardia mensile fino a**
Aliquota perequazione
Annuo
fino a 4 volte il minimo
2.052,04
8,21
2.060,25
0,4%
100%
106,73
+ di 4 e fino a 5 volte il minimo
2.565,05
7,9
2.572,95
0,308%
77%
102,7
+ di 5 e fino a 6 volte il minimo
3.078,06
6,4
3.084,46
0,208%
52%
83,2
+ di 6 e fino a 8 volte il minimo
4.104,08
7,72
4.111,80
0,188%
47%
100,36
+ di 8 e fino a 9 volte il minimo
4.617,09
8,31
4.625,40
0,180%
45%
108,03
+ di 9 volte il minimo
4.617,09
7,39*
0,16%
40%
96,07
* Rivalutazione minima. ** Le fasce di garanzia operano quando, calcolando la perequazione con la percentuale della fascia, il risultato ottenuto è inferiore al limite perequato della fascia precedente.
pensione. A tal fine è necessario che la domanda di riscatto sia presentata all’atto del pensionamento, contestualmente alla domanda di pensione, con la facoltà di computo integralmente contributivo. La convenienza se esercitare o meno tale opzione va valutata con riferimento ai singoli casi personali, con l’aiuto degli esperti di un Patronato.
L’aliquota di perequazione provvisoria per il 2020 è stata fissata allo 0,40% e non è dovuto alcun conguaglio, né in positivo, né in negativo, con riferimento alle rivalutazioni erogate nel 2019. Per il calcolo si prende a riferimento il trattamento minimo Inps in vigore nel 2019, pari a 513,01 euro (vedi tabella).
Perequazione automatica delle pensioni
Il massimale contributivo per chi non ha anzianità contributiva prima del 1° gennaio 1996, per chi opta per il calcolo della pensione con il sistema contributivo e per chi è iscritto alla Gestione separata per i lavoratori subordinati, viene fissato in 103.055 euro. La fascia di retribuzione contributiva e pensionabile, al di sopra della quale i lavoratori dipendenti versano il contributo aggiuntivo dell’1%, viene elevata a 47.379 euro, il trattamento minimo men-
La legge di bilancio per il 2020 ha riproposto il modulo perequativo meno favorevole per gli importi superiori a 3 volte il minimo, introdotto in via transitoria nel 2014. Rispetto al sistema adottato lo scorso anno, è stata estesa alle pensioni fino a 4 volte il minimo Inps l’applicazione della perequazione al 100%, precedentemente riservata alle pensioni fino a 3 volte il minimo.
Altri adeguamenti
sile a 515,58 euro, l’assegno sociale mensile a 457,99 euro.
Prelievo sulle pensioni d’oro Confermato il prelievo “straordinario”, per un periodo di 5 anni a decorrere dal 2019, in percentuale crescente al crescere del reddito pensionistico: 15% sulla parte di assegno superiore a 100mila e fino a 130mila euro; 25% sulla parte compresa tra 130mila e 200mila euro; 30% tra 200mila e 350mila euro; 35% tra 350mila e 500mila euro; 40% oltre i 500mila euro. Queste fasce di reddito dovrebbero essere adeguate all’inflazione nel corso del quinquennio. La riduzione interessa tutte le pensioni dirette a eccezione solo di quelle interamente calcolate con il sistema contributivo. Contro tale iniquo provvedimento sono ancora in svolgimento le azioni giudiziarie portate avanti da Cida.
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Formazione
QUALE SCUOLA PER I CENTENNIALS? La generazione dei ragazzi nati dal 1996 in avanti ha valori ed esigenze specifiche. Le nuove sfide per proporre un’offerta formativa al passo coi tempi e in grado di garantire un futuro professionale
Valentina Aprea
componente della Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati
“I
L MONDO è cambiato”. “I ragazzi di oggi sono diversi da quelli delle generazioni precedenti”. “A scuola i ragazzi si annoiano”. Luoghi comuni? Quanto di vero c’è in queste affermazioni? Chi sono veramente i ragazzi di oggi, quelli che vengono chiamati Centennials? Da che cosa percepiamo che possono essere capaci di dare risposte nuove a problemi vecchi? I segnali non mancano. Partiamo da Greta Thunberg, nata in Svezia nel 2003, a soli 16 anni è divenuta l’attivista per lo sviluppo sostenibile e contro il cambiamento climatico più conosciuta al mondo. Nel mondo si stanno facendo notare con la stessa velocità anche tanti altri giovanissimi e giovanissime che, come Greta, lottano per la salvaguardia dell’ambiente, dall’Europa agli Stati Uniti: la mobilitazione non ha confini territoriali e la connessione planetaria è divenuta strumento della protesta pacifica ma tenace di questi giovani.
Sempre connessi
Nati dal 1996 in poi, i Centennials non hanno conosciuto il mondo
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senza internet, sono dunque nativi digitali. Sono la generazione dell’euro e della cittadinanza europea, ma anche quella che sta pagando più di ogni altra le conseguenze economiche e sociali delle recenti crisi, con tassi di disoccupazione molto alti, mai registrati prima d’ora nel nostro continente. Non c’è dubbio, poi, che questa sarà ricordata anche come la generazione della rete, sempre connessa (rapporto Istat 2016) perché costituita da coloro che sono nati e cresciuti nel periodo in cui le nuove tecnologie informatiche hanno raggiunto la loro maggiore diffusione. Una generazione, come tale, che ha quindi percorso tutto o buona parte del proprio iter formativo nell’era di internet. Ma quanti sono i Centennials che frequentano le nostre scuole? Nel 2018, secondo l’Istat, i Centennials dai 3 ai 18 anni erano 8.084.362, di cui 4.158.100 maschi e 3.926.262 femmine. Questi bambini e ragazzi arrivano nelle scuole italiane come la generazione più multiculturale che il nostro Paese abbia mai conosciuto. Gli stranieri dai 3 ai 18 anni sempre nel 2018 (dati
Istat) erano infatti 886.733, di cui 542.447 al Nord, 213.480 al Centro e 130.086 al Sud.
Una convergenza di valori
Per saperne di più su che cosa pensano e come vivono questi ragazzi, molto utile è la ricerca Teen’s voice: miti e valori dei giovani tra scuola, società e lavoro, curata dal Salone dello Studente “Campus Orienta” in collaborazione con La Sapienza Università di Roma1: con cadenza annuale, dal 2015, dà ascolto e restituisce voce alle ragazze e ai ragazzi che visitano il Salone. La maggior parte degli intervistati si dice convinta che la riuscita nella vita dipenda dalle qualità personali e dalla forza della motivazione e dell’impegno. Manifestano un’inattesa attenzione alla politica, intesa però nella sua dimensione alta di impegno civile. Chiedono equità, correttezza, sapienza, impegno, merito, equilibrio. E per loro il mondo è un villaggio globale. Uno dei dati più significativi è la convergenza di valori e di opinioni che si registra lungo tutta la penisola e tra città grandi e piccole.
La scuola e il lavoro
Rispetto alla scuola, la ricerca offre la fotografia di una generazione per cui questa rappresenta un’esperienza valoriale positiva e che si attende dall’università un’esperienza formativa qualificata. I ragazzi vogliono allargare i loro orizzonti, imparare e scoprirsi attraverso un percorso che li faccia crescere come persone. Il ruolo della scuola emerge con forza soprattutto come fattore di indirizzo culturale (libri da leggere, film da vedere, personaggi a cui ispirarsi) e come punto di riferimento e di mediazione con la società. Parallelamente, però, i giovani sono consci del digital mismatch, lamentano lo scarso utilizzo di strumenti tecnologici nel percorso scolastico e ritengono di essere tecnologicamente più aggiornati dei loro professori. Il dato certamente più preoccupante è che la maggior parte degli studenti intervistati è ben consapevole che la scuola non prepara al lavoro. Il tema del lavoro è diventato cruciale in questi anni: oggi l’attenzione è sul lavoro e la scelta dei per-
La maggior parte dei Centennials si dice convinta che la riuscita nella vita dipenda dalle qualità personali e dalla forza della motivazione e dell’impegno. Manifestano un’inattesa attenzione alla politica, intesa però nella sua dimensione alta di impegno civile
corsi formativi dipende sempre più dalle previsioni occupazionali. Insomma, la scelta del percorso scolastico prima e universitario poi è determinata dalla volontà di «acquisire una professionalità», «diventare più competenti», «crescere come persone», secondo quanto dichiarano gli intervistati – che peraltro, quando parlano di lavoro, pensano a un’attività utile per se stessi e per gli altri. La Generazione Z (un altro nome con cui i Centennials sono stati designati) sembra considerare il
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Formazione lavoro un’esperienza importante ma non totalizzante della propria vita, nella quale tempo libero, flessibilità, autonomia, qualità ambientale, possibilità di dedicare tempo alla famiglia contano sicuramente molto. Un altro dato importante è che i giovani dicono di aspirare a un lavoro stabile, ma non necessariamente uguale per tutta la vita. Si conferma il tramonto del mito del posto fisso che apparteneva ai loro nonni e quello di una carriera spesso esasperatamente competitiva dei loro padri.
La necessità di un nuovo modello formativo
Sarebbe sicuramente sbagliato insistere con modelli relazionali ed educativi che stentavano già a essere accettati dalla generazione precedente, nata a cavallo tra il XX e XXI secolo. Il primo problema è rappresentato tuttora dalla durata eccessiva dei percorsi di studio: siamo tra i pochi paesi all’interno dell’Ocse in cui sono richiesti 13 anni di istruzione per accedere all’università.
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Il secondo rimanda alla concezione lineare e sequenziale dell’istruzione e della formazione, secondo una logica ormai inservibile e superata. Infatti, come è ormai chiaro, ai lavori del futuro non ci si può preparare come si faceva in passato. Se nell’epoca dell’innovazione digitale cambiano i luoghi, i tempi e la natura stessa del lavoro, non può essere solo l’apprendimento scolastico a garantire l’occupabilità delle persone e, di conseguenza, la piena occupazione. Per tutti serviranno un aggiornamento continuo ed esperienze maturate in contesti reali. È indispensabile, insomma, come suggerisce Giuseppe Bertagna (Scuola e lavoro, tra formazione e impresa. Nodi critici e (im?)possibili soluzioni, La Scuola), passare a qualsiasi livello (sociale, istituzionale, ordinamentale, culturale, metodologico-didattico) dal modello diacronico-separativo (prima il percorso di studi poi il percorso lavorativo in momenti e fasi assolutamente separati) a quello sincronico-integrativo (in cui il percorso di studi può incontrare, in alcune fasi, il percorso lavorativo). Questo significa che non deve venire prima la scuola – fino all’esame di Stato e magari fino ai 24-27 anni in università, come accade ora – e poi (solo poi) il lavoro.
La formazione tra scuola e lavoro
Dal 2003 in avanti, numerose leggi hanno introdotto nell’ordina-
mento scolastico italiano, con sfumature e prescrizioni diverse, l’alternanza scuola-lavoro. Purtroppo il bilancio – eccezion fatta per alcuni casi eccellenti – non può dirsi positivo. In che modo ne usciamo? Per non aumentare le patologie di cui soffre e presumibilmente continuerà a soffrire il nostro sistema educativo, occorre cambiare focus e centrare sempre più la formazione iniziale delle giovani generazioni, e quella continua degli adulti, sull’apprendistato educativo. Volendo, sarebbe già possibile, poiché non mancano nella nostra legislazione riferimenti normativi in grado di favorire questa svolta. Dalla legge 30/2003 (la cosiddetta legge Biagi) alle più recenti norme introdotte dal Jobs Act, e soprattutto dal decreto attuativo 81/2015, che ha rilanciato un nuovo apprendistato che tiene conto anche delle competenze regionali in materia, il nostro Paese può infatti rivendicare il fatto che mette a disposizione dei giovani, a partire dai 15 anni di età, un sistema duale per l’acquisizione dei titoli di studio: quello scolastico-universitario con l’alternanza scuola-lavoro e i tirocini, e quello in apprendistato formativo di primo e terzo livello, centrato sull’impresa. Con l’apprendistato non si tratta soltanto di far lavorare i giovani e di far loro incontrare il lavoro in impresa. Si tratta piuttosto di farli lavorare e di far loro incontrare
il lavoro in un certo modo, appunto formativo: unendo sempre, cioè, teoria e pratica, esecuzione e critica riflessiva, dato e senso, allievo-apprendista e maestro-anziano, mansione e contesto non solo professionale ma anche più generalmente sociale e culturale. E viceversa. Cosicché nessuno apprenda senza insegnare e pensi di poter insegnare senza apprendere. Sempre, in ogni età della vita. Ci sono nella società tre esigenze aperte che cercano risposta: l’esigenza delle imprese che hanno bisogno di nuove competenze e di intelligenza creativa; l’esigenza dei giovani che cercano di lavorare continuando a imparare da ciò che fanno; l’esigenza di un numero crescente di educatori e formatori che cercano di adeguare il proprio modo di educare innovando la didattica. Più che in passato, bisogna puntare sull’educazione permanente, lungo tutto l’arco della vita (lifelong learning) e su una maggiore contaminazione tra gli apprendimenti scolastici e le realtà produttive e della ricerca che anticipano il futuro.
Generare alleanze
Volendo sintetizzare il nuovo paradigma formativo per i Centennials, potremmo allora dire così: occorre costruire in tempi rapidi un sistema educativo di istruzione e formazione non più incentrato soltanto sull’insegnamento, ma an-
che sull’apprendimento per tutto l’arco della vita. Insegnare ad apprendere, dunque. Insegnare certamente a elaborare cultura, ma insegnare anche a interpretare i cambiamenti, a essere lavoratori intraprendenti, più “indipendenti” e meno “dipendenti” quando entreranno nel mercato del lavoro. In sintesi: inaugurare una scuola del futuro. Il punto di partenza per raggiungere questo obiettivo diventa allora quello di introdurre policy che incentivino, finanzino, premino e indichino come esempio le iniziative educative e formative capaci di generare alleanze fra educatori e imprese, ma, prima di tutto, tra adulti e giovani. Quando i Centennials, infatti, dialogano con gli adulti e questi ultimi accettano di imparare da loro, in virtù delle conoscenze tecnologiche possedute quasi naturalmente, possono accadere cose sorprendenti e positive.
Un mondo a portata di app
Gli strumenti tecnologici a disposizione dei Centennials rappresentano un’evoluzione delle tecnologie che solo dieci anni fa non esistevano, a cominciare dal mondo delle app. Come evidenzia Aica10 (l’Associazione italiana informatica e calcolo automatico), le app degli smartphone hanno funzionalità più circoscritte e limitate rispetto ai software tradizionali, ma questa ca-
La Generazione Z sembra considerare il lavoro un’esperienza importante ma non totalizzante della propria vita, nella quale tempo libero, flessibilità, autonomia, qualità ambientale, dedicare tempo alla famiglia contano molto
ratteristica più che essere un limite è un vantaggio. Infatti, la curva di apprendimento per l’utilizzo dell’applicazione è minima e i prezzi di acquisto sono bassissimi (molte applicazioni sono addirittura gratuite). Attraverso le app, i Centennials sono divenuti davvero una generazione on demand, capace di soddisfare in modo personalizzato ogni esigenza di comunicazione, di in-
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Formazione formazione, di studio, di svago, di vita, senza limiti di tempo e di spazio. Questo nuovo modo di vivere ha sicuramente molti vantaggi, anche se non vanno trascurate le conseguenze indesiderate che possono limitare la privacy. Resta, comunque, un processo che si evolve e che sta modificando gli stili di vita: non conoscerlo e non comprenderlo significa non essere pronti a entrare nel terzo millennio. La differenza tra la nostra generazione, nata nella seconda metà del Novecento, e i Centennials sta proprio nella capacità di utilizzare queste tecnologie, il cui funzionamento ai giovani risulta ovvio. Naturalmente smart e sempre geolocalizzati, alternano con disinvoltura le fonti orali e scritte a quelle digitali per risolvere problemi o per assumere informazioni e consigli che orientano le loro scelte finali. Ormai gli smartphone hanno sosti-
tuito decine di singoli strumenti separati che si usavano nel Novecento. Ma non è finita qui, perché il mondo fisico sarà sempre più connesso con quello digitale. Si parla da tempo di internet of things e ormai ci siamo, presto assisteremo alla connessione in rete di oggetti di qualsiasi tipo. Lo smartphone arriverà in breve tempo a essere sempre più un vero e proprio telecomando di differenti dispositivi domestici e ci consentirà di impartire comandi ed effettuare controlli e monitoraggi a distanza. Insomma, sarebbe sciocco da parte nostra non accettare il fatto che i Centennials si rifiutano di vivere e studiare come chi è nato nel Novecento, e non è più neanche auspicabile perché il progresso non si ferma e non aspetta coloro che lo ignorano. E quando i nostri giovani cercheranno un lavoro dovranno dimostrare di essere ben
attrezzati in materia di competenze tecnologiche e scientifiche e quindi pronti per iniziare a lavorare. Se il mondo è cambiato così tanto in pochi anni, è legittimo pensare che nel 2032, quando usciranno dalle scuole superiori i bambini che nel 2019 hanno iniziato a frequentare la scuola primaria si ritroveranno a vivere in una realtà molto diversa dall’attuale, ancora più smart, più multiculturale, più planetaria. Il tempo che già oggi trascorrono a scuola deve allora diventare un tempo per allenarsi al futuro. Basterebbe riflettere su questo per comprendere che, se non modifichiamo in fretta i nostri modelli culturali e istituzionali, rischiamo di mantenere in piedi “cattedrali nel deserto”, con costi improduttivi e non utili ai giovani e alla crescita del Paese. La scuola del Novecento ha le ore contate. Diamoci da fare.
CONOSCI FOOD4MINDS? È l’iniziativa di Manageritalia che ha come principale obiettivo quello di migliorare la sinergia tra la scuola e il mondo del lavoro e avere così risorse giovani in linea con le richieste del mercato, accrescendo l’occupabilità delle nuove generazioni e la competitività delle imprese. La peculiarità dell’iniziativa sta proprio nella figura del manager che fa da ponte tra ragazzi e aziende. L’iniziativa in pillole: Favorisce uno scambio virtuoso tra scuole, studenti e aziende. Aiuta le scuole ad ampliare il perimetro delle discipline trattate nei programmi di studio e a integrarle con quelle di maggiore attualità e interesse nel mondo del lavoro. Aiuta gli studenti a programmare e attuare consapevolmente il loro futuro ingresso nel mondo del lavoro, entrando direttamente in contatto con i manager d’azienda. Aiuta i manager e le aziende a comunicare con gli studenti per indirizzarli verso il mondo del lavoro e favorire contemporaneamente lo sviluppo delle competenze nelle aziende. Scopri di più, visita il portale di Manageritalia: http://bit.ly/iniziativa_food4mindsds
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Formazione
LEADER BY HEART Siamo vulnerabili, camminiamo in pendenza in un mondo che ci chiede di stare dritti. Per questo ai manager è richiesto, oggi più che mai, di prendersi cura e ascoltare per poter essere guide autorevoli oltre che tecnicamente preparate
“G
LI ESSERI umani sono instancabili cercatori di senso ovunque”. Leggendo questa frase dell’economista Luigino Bruni penso al senso di ciò che sta accadendo in questi giorni, mentre scrivo e forse anche quando questo articolo sarà
pubblicato, giorni di infodemia da possibile epidemia. I siti di informazione danno comunicazione di città spettrali, ma camminando per strada la gente continua la sua vita, rallentata e sospesa dall’incertezza del cosa accadrà domani. E ci si chiede che senso ha tutto questo. In due giorni soltanto siamo stati
Valeria Cantoni Mamiani presidente di ArtsFor
messi come collettività violentemente di fronte alla fragilità del nostro essere, dove le priorità si sconvolgono e il sentimento di incertezza diviene lo stato normale. Daniel Libeskin lo ha messo in scena con maestria nel suo Jewish Museum di Berlino, creando un giardino con asse diagonale in penden-
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Formazione za, dove chi cammina si aggira tra alti pilastri in cemento con la sensazione fisica dello spaesamento. Siamo fragili e vulnerabili, camminiamo in pendenza in un mondo che ci chiede di stare dritti e non perderci. Di certo le organizzazioni si stanno riorganizzando, c’è chi si sta prendendo del tempo per sé, chi
“Diventa ciò che sei”, diceva Nietzsche, un invito a vivere i fatti della vita come possibilità di realizzarsi pienamente come persone, liberandosi delle sovrastrutture che influenzano ogni scelta rendendo l’essere umano prigioniero di un divenire funzionale, performante, privo di originalità
per progettare il futuro visto che il presente è congelato. Chi è antifragile e pensa di utilizzare questa situazione per divenire migliore, come persona, team, organizzazione.
Esistere e non solo funzionare in un mondo vulnerabile
“Diventa ciò che sei”, diceva Nietzsche, un invito a vivere i fatti della vita come possibilità per potersi pienamente realizzare co-
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me persone, liberandosi di molte sovrastrutture che influenzano ogni scelta rendendo l’essere umano prigioniero di un divenire funzionale, performante, privo di qualcosa di nuovo e originale. Quella condizione che nel suo libro Funzionare o esistere? lo psicanalista Miguel Benasayag dice essere la causa della sconfitta della società moderna, che promette felicità ma produce distanza, conflitti, stress e difficoltà a trovare il senso esistenziale. “C’è una via di resistenza a tutto questo? Un modo per trovare un compromesso tra l’esistere e il funzionare?” si chiede lo psicanalista argentino. Siamo immersi in un mondo Vuca (vulnerabile, incerto, complesso e ambiguo) all’interno del quale ogni azione altrui impatta su tutti; ogni nostra azione impatta su un sistema di cui abbiamo scarsissimo controllo e in cui l’ambiguità ci invita a interpretare il futuro senza gli strumenti noti. Tutti i cigni neri ci sembrano abitualmente eventi anomali lontani, che non ci toccano. Con l’arrivo del coronavirus in Italia, invece, ogni distanza emotiva, cognitiva e informativa si è ridotta e siamo noi europei, italiani, al centro della vulnerabilità e della fragilità di un sistema globale che ci pone degli interrogativi sempre più urgenti. Prima ancora di “come agire?”, ci si deve chiedere “con chi agire?”.
Come divenire comunità in un contesto in cui il valore dell’individuo è stato portato a religione pagana.
Comunità e individuo
Quel senso del tragico che per Benasayag la nostra epoca ha perso, quella dimensione di sentirsi parte di un tutto che portava mia nonna a digiunare se dall’altra parte del mondo c’era un’epidemia, un terremoto o un attentato, quella dimensione oggi ci dice che è tempo di tornare a essere con gli altri e non solo guardare distratti da lontano, perché occupati a funzionare. Luigino Bruni, nel suo Il capitalismo e il sacro, parla dell’economia di Comunione, fondata da Chiara Lubich nel maggio 1991 a San Paolo, come a un nuovo modello economico che include la gratuità e la reciprocità nelle dinamiche sociali ed economiche, vivendo uno stile di vita alternativo a quello dominante. “Nelle culture cinesi, l’elemento del tragico si manifesta nel fatto che, quando un uomo o una donna commette un peccato, questo si ripercuote sull’ordine dell’universo”, scrive Benasayag. È una metafora, ma mette in chiaro l’idea che non è mai vero che esistono individui separati da un certo contesto, anche se i modelli economici e organizzativi basati sul prevalere della competizione sulla cooperazione hanno portato a disfunziona-
lità di cui oggi paghiamo il prezzo. “La nostra vita presente è dominata dalla dea Ragione che costituisce la nostra maggiore e più tragica illusione” scriveva Gustav Jung in L’uomo e i suoi simboli. Noi esseri umani siamo pienamente irrazionali e agiamo in tal modo. In poche ore la Borsa ha bruciato 30 milioni di euro. Perché? Su quale base reale se non la paura, che è una delle emozioni primarie che guidano le nostre scelte e spesso ci induce in errore? L’irrazionalità governa e l’inconscio fa da padrone in mancanza di consapevolezza. Ha ragione Bruni quando scrive che “la sapienza nasce dalla scoperta che la realtà, se ben guardata, contiene regole, leggi, parole che svelano il senso della vita e insegnano il mestiere di vivere”. Ma la realtà va appunto guardata e osservata e questo richiede tempo, attenzione, desiderio, cura. Quella cura che la filosofa Luigina Mortari in La filosofia della cura scrive “essere nell’ordine delle cose essenziali, perché per dare forma al nostro essere possibile dobbiamo aver cura di noi, degli altri e del mondo. Siamo quello che facciamo e quello di cui abbiamo cura”. E allora chi più dei manager è oggi chiamato a prendersi cura e ad ascoltare per poter essere guida autorevole e non solo tecnicamente preparata, performante ed efficiente?
Promosso da Cfmt in collaborazione con ArtsFor torna a Milano il ciclo di eventi Pensieri Stupendi, che nel 2020 è alla sua nona edizione, per incontrare persone che hanno fatto della consapevolezza e della cura il proprio centro di ricerca, di azione, di leadership, di professione. I dialoghi, moderati da Valeria Cantoni Mamiani, presidente di ArtsFor, avranno come protagonisti uno psicanalista, un economista di comunità, una filosofa e un avvocato penalista vignaiolo. Si inizia il 22 maggio parlando di Funzionare o esistere? con Miguel Benasayag, psicanalista e saggista che vive in Francia da quando è stato liberato dalle prigioni argentine del regime; si prosegue il 18 giugno con l’economista Luigino Bruni per riflettere su come conciliare business e sostenibilità; il 6 luglio l’avvocato Guido Carlo Alleva ci racconterà la sua visione sulla trasmissione dell’esperienza con la doppia veste di penalista e agricoltore, abituato a coltivare, che siano talenti o vigne. Chiude il ciclo, il 28 settembre, la filosofa Luigina Mortari, teorica della cura come primaria fonte di relazione e costruzione di senso.
Prendersi cura
Acquisire la consapevolezza del proprio impatto sugli altri significa poter divenire un “leader by heart”, capace di imparare e trasmettere con il cuore e di saper vedere al di là della propria specifica azione o parola. Guido Carlo Alleva, tra i più rinomati avvocati penalisti del nostro Paese, nei suoi 40 anni di carriera ha incontrato centinaia di manager, molti dei quali ha difeso e ha oggi una visione articolata di cosa significa essere consapevoli del proprio impatto come manager, come professionista e come coltivatore. Anche grazie alla passione per la terra, per il vino e per i giardini,
Acquisire la consapevolezza del proprio impatto sugli altri significa poter divenire un “leader by heart”, capace di imparare e trasmettere con il cuore e di saper vedere al di là della propria specifica azione o parola
Guido Alleva sa infatti che ci vuole tempo, costanza, perseveranza e umiltà, perché essere al servizio degli altri è un modo per fare Comunità e non solo abitare nella collettività.
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Management
UN MENTOR SI RACCONTA Continua l’attività di affiancamento dei manager associati a Manageritalia alle startup finanziate con il programma Smart & Start Italia. Un supporto a micro, piccole, medie imprese come Innovation manager, grazie al voucher del Mise. L’obiettivo è sostenere i processi di trasformazione tecnologica digitale. Il nostro associato Danilo Belletti, che ha messo le sue capacità manageriali al servizio di startup e/o aziende con la voglia di innovare, ci racconta la sua esperienza, offrendoci consigli utili e riflessioni interessanti, ma anche traguardi raggiunti e una buona dose di ottimismo.
Danilo Belletti
business mentor a Invitalia & Mise Innovation Manager
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S
ONO STATO coinvolto in più di una iniziativa offerta da Invitalia con il programma Smart & Start Italia. L’impresa, grazie al mentor, acquisisce competenze gestionali, organizzative, commerciali ed economico-finanziarie, mentre il mentor completa le sue conoscenze approfondendo spesso ambiti a elevato contenuto innovativo. Lo sguardo del mentor è curioso, privo di pregiudizi e permeato da uno spiccato ottimismo che coinvolge e rassicura circa le capacità innovative del Paese. Se poi ha anche l’opportunità di far leva sul proprio network per fornire qualche contatto che ridu-
ca i costi nascosti che una startup deve affrontare, è tutto di guadagnato per l’impresa, che limita anche i tempi e i rischi associati alla sua crescita.
Cosa migliorare
Penso che i programmi finanziati dal pubblico per promuovere lo sviluppo economico delle startup siano positivi. Talvolta, gli startupper si lamentano dell’eccesso di burocrazia e dei tempi abbastanza dilatati. Ritengo inoltre che occorra valorizzare al meglio le competenze manageriali con un percorso di qualificazione per aree specifiche. A tal proposito, Manageritalia go-
porto positivo di manager provenienti da settori diversi e con competenze forse non immediatamente percepibili come utili all’impresa. Applicare processi gestionali alternativi può solo apportare benefici importanti all’impresa e motivare maggiormente il manager, favorendone la creatività, la curiosità e lo sviluppo di nuovi stimoli.
Lavoratore della conoscenza
verna due asset importanti su cui fare affidamento: XLabor e Cfmt. La prima ha svolto un ruolo significativo nella selezione degli Innovation manager per il conferimento del voucher del Mise e può da subito garantire una prima classificazione circa le esperienze consolidate dei manager. Il secondo ha già sviluppato una serie di questionari per rilevare il profilo di competenze dei manager consigliando, poi, un adeguato percorso formativo per approfondire i punti di forza e colmare le eventuali lacune individuate. Queste esperienze potrebbero essere ritagliate e personalizzate per evidenziare al meglio i profili da
utilizzare a fronte di specifici ambiti di interesse. Suggerisco un processo di qualificazione non particolarmente rigido in quanto credo molto nell’ap-
Nelle mie esperienze ho sempre accuratamente evitato di essere percepito come esperto e consulente, privilegiando l’ascolto e sollecitando gli interlocutori a condividere le criticità che stavano affrontando in quel momento. Nei successivi momenti di riflessione ho fornito una metodologia sistemica per affrontare la problematica, facendo uso soprattutto di storytelling su esperienze analoghe vissute nel mio trascorso professionale. Il mio obiettivo è tra-
Sulla base delle mie esperienze, per promuovere lo sviluppo economico e favorire la mentorship dei manager... È importante che lo stato favorisca le imprese che indirizzano le iniziative di innovazione. È responsabilità dello startupper garantire che i finanziamenti erogati vengano spesi in maniera oculata e impegnarsi nell’impresa full time, creando un team coeso che lo segua e ponga al centro dell’attenzione lo sviluppo dell’impresa e la sua sostenibilità nel tempo. Il mentor deve mantenere un comportamento empatico e comprendere che non si deve sostituire allo startupper, ma limitarsi ad affiancarlo in un percorso di condivisione delle esperienze e facilitarlo nel compito di innovare e cogliere quelle opportunità già intraviste nel mercato.
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Management sferire un metodo e un approccio riutilizzabile dallo startupper a fronte di altre situazioni, anche diverse. Ovviamente, sono poi seguite anche analisi che descrivono tecnicamente l’approccio metodologico o il processo che era stato inconsapevolmente seguito in modo da fissare definitivamente i fondamentali, ma sempre evitando di salire in cattedra. Non nascondo che, oltre all’esperienza professionale, sono stati molto importanti per me gli spunti raccolti nei vari corsi del Cfmt che mi hanno permesso di strutturare le mie conoscenze pratiche e di semplificare una serie di processi complessi che ben si adattano alle realtà multinazionali e poco hanno a che vedere con le realtà quo-
tidiane vissute dagli startupper. Formazione, conoscenza, competenza, volontà di ascoltare e condividere, umiltà: credo che un buon manager debba possedere il giusto mix di questi elementi per garantire la sua autorevolezza e leadership in un ambiente di lavoro in continua evoluzione, ma sempre rispettoso di valori imprescindibili quali l’educazione, l’impegno, la meritocrazia, l’onestà, la fedeltà, lo spirito di collaborazione e cooperazione.
Cosa mi sono portato a casa
Da queste esperienze mi sono portato a casa una visione ottimistica dello sviluppo delle nostre imprese. Il made in Italy è un brand importante con una lunga tradizione
Ciò che ho apprezzato è che Manageritalia non si limita a esprimere i suoi valori come sindacato di una categoria di lavoratori, ma si prefigge traguardi molto più ambiziosi, ponendo attenzione al pubblico, evidenziando e cercando di colmare quel gap di managerialità che impedisce all’Italia di confrontarsi adeguatamente con le altre organizzazioni di rappresentanza in Europa, e all’associato, che si trova spesso costretto in un ruolo difficile, complesso e oggi anche contestato. Tutti gli interventi di Manageritalia hanno come messaggio fondamentale il riconoscimento del manager come un professionista competente, capace di aggregare l’impresa che, sempre di più, deve abbandonare l’ottica della conduzione familiare, del recinto nazionale del proprio mercato per aprirsi all’innovazione e all’internazionalizzazione. La digitalizzazione ha introdotto nuove tecnologie per garantire questo cambio di passo. Sono necessari manager per individuare le soluzioni migliori e strutturare progetti complessi che garantiscano ritorni adeguati a fronte di investimenti dimensionati sulle reali necessità dell’impresa. Manageritalia si pone al centro di questo dibattito aumentando le proprie collaborazioni con le associazioni pubbliche e di impresa, stilando accordi che favoriscano l’incontro fra domanda e offerta di managerialità, facendo leva sui propri associati per testimoniare sul campo la positività e il beneficio legati a questi valori.
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che mantiene e rinnova la sua validità anche nel futuro, grazie alla creatività e all’impegno dei nuovi imprenditori con cui ho collaborato in questi ultimi due-tre anni. Abituato a operare all’interno di multinazionali complesse, ho avuto modo di misurarmi in realtà molto più piccole che non gestiscono grandi capitali e non possono permettersi tempi lunghi nel decidere gli investimenti e realizzare progetti che devono garantire loro ritorni economici (e non) praticamente immediati. Tutto si gioca in pochi mesi, si deve privilegiare la flessibilità a seguire le procedure, il problem solving è la quotidianità, l’organizzazione e il team fanno la differenza, il coraggio è un obbligo. Solo un impegno costante e totale, solo un lavoro di team con il giusto mix di competenze, molto focalizzato e basato sulla reciproca collaborazione e fiducia possono garantire il successo dell’impresa. Molto più di un business plan che entra nel dettaglio delle tecnologie, delle previsioni economicofinanziarie, dei flussi di cassa, dei capitali e/o dei finanziamenti che si raccolgono. Il fattore umano è decisamente preponderante, il team vince sempre sul singolo, la promozione del cambiamento è un must. Questi elementi comportano un cambiamento di mentalità anche (e soprattutto) per un corretto approccio del manager.
Finanza
IL DENARO VA IN ANALISI? Il sottile rapporto tra soldi e psicologia. L’educazione finanziaria dovrebbe regolare investimenti, contenere le nostre paure e ossessioni e indirizzare al meglio la gestione dei nostri risparmi
Paolo Legrenzi
professore emerito di Psicologia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia
I
N UN LAVORO sperimentale di Ayelet Fishbach e Lauren Eskreis-Winkler, pubblicato sul numero di novembre 2019 della rivista Psychological Science, si dimostra che soltanto in alcuni casi le persone imparano dagli errori del passato. Se le persone hanno forte autostima, se sono convinte di fare sempre bene e se non vogliono confessare a se stesse di aver sbagliato, allora non si danno le condizioni necessarie per “imparare dai propri errori”. Questo è proprio ciò che succede con il “fai da te” nelle decisioni d’investimento. Le persone credono di saper “fare-da-sé” e di solito trovano conferma alle loro decisioni perché, inconsapevolmente, scelgono di preferire la tranquillità a forme d’investimento più redditizie. Non è che i risparmiatori preferiscono consapevolmente perdere denaro: non sanno che ci sarebbero modalità di investimento più proficue. Quello che sanno è che sono molto avversi al rischio, al punto
da non possedere azioni. Eppure le azioni nel secondo semestre 2019 hanno oscillato meno delle obbligazioni, cioè sono state meno volatili (anche se sui tempi lunghi lo sono di più). Sanno che non vogliono “vedere” perdite, accorgersi cioè di un calo di valore dei loro investimenti. Di conseguenza, premiano gli investimenti immobiliari, il più delle volte le case in cui vivono o vanno in vacanza. Di que-
ste case, spesso, conoscono solo il valore d’acquisto perché quello di vendita è, per loro fortuna, assai distante nel tempo ed è difficile fare i calcoli esatti per procedere a confronti con le altre forme di investimento.
Più sicurezza, meno rendimenti?
Oggi assistiamo stupefatti a quello che Vito Lops, sul Sole 24 Ore, defi-
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Finanza nisce il “grande paradosso”. Nell’era dei tassi zero, i depositi nelle banche dell’Eurozona superano per la prima volta i 10.000 miliardi: Germania, Francia e Italia in testa. E così Lops: «Tutte le indagini mostrano che ormai gli italiani non vogliono più rendimenti ma sicurezza e tranquillità». E conclude: «Nell’Europa dei tassi sottozero “cash is the King” (il contante è re). Ma con questo andazzo il Re sarà presto povero». Perché ci si dimentica il resto del detto che cade cruciale per un’alfabetizzazione finanziaria, il filo che lega la A alla Z dell’alfabeto dei soldi: “timing is the Queen”, e cioè il senso del tempo è la Regina. Ed è la Regina – aggiungo io – che dà scacco matto. Gli italiani, più che altri, sembrano dimenticare questa seconda parte del detto e lo confermano i dati riportati dal giornalista Marco Lo Conte: «Lo dicono i numeri: sui conti correnti degli italiani giacciono 1.557 miliardi di euro, più 4,7% rispetto allo scorso anno. Basta un’inflazione allo 0,3% a produrre una “tassa” di 4,6 miliardi di euro sul potere d’acquisto degli italiani. Basso costo della vita e del denaro rischiano di appannare questo onere, ma se si allunga questa dinamica a cinque, dieci o venti anni, la perdita sale rispettivamente al 3,3%, al 12,5% e al 41%». Ecco un’altra volta in azione la “trappola del tempo”, la nostra tendenza a ragionare sui tempi corti e su spazi ristretti. Questo è il motivo per cui
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non ci fidiamo né ci affidiamo ai tempi medi e lunghi, che è poi l’abc del tutto. Ma non basta.
L’educazione finanziaria è un must
La cecità che deriva dalla trappola del tempo porta a una vera e propria forma di stupidità. Ed ecco perché l’educazione finanziaria apre al tema dell’educazione tout court, al tema della buona educazione che conduce alla serenità; al saper aspettare; alla calma e non all’impazienza; alla consapevolezza dei limiti delle nostre conoscenze; al dubbio che è il contrario della prosopopea; all’accettazione della vulnerabilità che è l’opposto della perniciosa illusione d’invulnerabilità. In conclusione, proprio le persone che avrebbero più bisogno di consigli, non solo non credono d’averne bisogno, ma non riescono neppure ad auto-correggersi, nel senso che non “vedono” letteralmente gli errori commessi in precedenza. Questa è una variante dell’effetto Dunning-Kruger e una sua conseguenza: chi meno sa meno s’accorge di non sapere, ed è convinto della bontà delle sue prestazioni molto di più di chi invece è bravo. Un devastante circolo vizioso. In questa nuova prospettiva gli errori nel campo degli investimenti sarebbero non più che un caso particolare di meccanismi più generali che agiscono in altri campi. Ha senso dire che l’educazione finanziaria
è un caso particolare dell’educazione tout court? Come spiegare altrimenti la sistematicità nel ripetere sempre gli stessi errori? Il ciclo è spesso ineludibile e, nell’ottica degli investimenti, prende tragicamente questa forma: 1) paura; 2) conseguente uscita dai mercati azionari; 3) salita delle borse; 4) rientro in costante ritardo. Sempre fuori tempo. Nel corso di tutto il 2019 si sono verificate ingenti uscite dai più rilevanti Etf (exchange-traded fund) corrispondenti ai mercati europei. Solo alla fine dell’anno, quando ormai era maturata una salita di più del 20%, gli investitori hanno cominciato timidamente a rientrare. L’effetto è molto forte perché colpisce anche chi è abbastanza maturo da non credere di essere capace di saper scegliere i titoli migliori e quindi acquista Etf. Ma, come si diceva, è un errore ricorrente: non solo il “fai da te” ha perso l’occasione più importante del 2019. Questo è avvenuto anche nel 2012 e nel 2016, quando la mag-
gioranza degli investitori sono usciti dopo cali temporanei, non approfittando così di un decennio storicamente eccezionale.
Un gap di competenze da colmare
Il percorso da fare verso l’alfabetizzazione economica, a mio parere, è ancora lungo. L’Italia è soltanto al 63° posto su 148 paesi al mondo per competenza su temi di inflazione, diversificazione e tassi di interesse. Se però ribaltiamo la prospettiva e ci mettiamo dal punto di vista degli italiani “incompetenti”, scopriamo che questi ultimi sono giustificati, se non assolti, dal fatto che un lungo passato li ha “male educati”. Essere “bene educati” non consiste tanto e soltanto nel conoscere alcune nozioni e informazioni, ma anche nel bloccare sul nascere alcune strategie intuitive che, nei tempi lunghi, risultano controproducenti. Una prima dote richiesta è la pazienza, accompagnata da una visione ampia: en-
trambe derivano dall’estensione degli spazi (mercati diversificati per gerarchia di importanza delle rispettive economie) e dall’estensione dei periodi temporali presi in considerazione (avere pazienza vuol dire saper aspettare). Quando ero giovane, decenni fa, non si parlava di educazione finanziaria. Gli italiani, se avevano risorse da investire, prima si compravano la casa e poi, accumulati altri risparmi, spesso grazie a uno stile di vita frugale memore di un passato contadino, acquistavano titoli di Stato e, se possibile, altri immobili con l’intenzione di metterli a reddito. Non di servirsene.
Partiamo dall’abc
Da questi ambienti e in questi modi erano stati “educati”, e la loro era una saggezza diffusa e condivisa, anche perché molto altro non si poteva fare. Allora, in effetti, c’era un persistente e rimarchevole aumento dei prezzi. Le persone se ne accorgevano, malgrado la scala mobile correggesse gli effetti della forte inflazione (chi se le ricorda le lotte per la scala mobile?). Peraltro, non era facile tenere veramente conto delle conseguenze dell’inflazione quando si confrontavano i prezzi a distanza di ampi intervalli. Non è agevole, almeno sui tempi brevi, bloccare la forte tendenza a ragionare con i cosiddetti prezzi nominali. I prezzi nominali sono quelli con cui esprimiamo il valore delle cose nella vita di tutti i giorni. Se, tutta-
via, l’intervallo tra il momento dell’acquisto e quello della vendita è molto lungo, come spesso avviene nel caso degli immobili, il computo del valore reale diventa pressoché impossibile perché bisognerebbe, a distanza di tempo, fare il rapporto tra un prezzo di un bene o servizio e gli altri prezzi.
Il percorso da fare verso l’alfabetizzazione economica è ancora lungo. L’Italia è soltanto al 63° posto su 148 paesi al mondo per competenza su temi di inflazione, diversificazione e tassi di interesse
Si tratta in realtà di informazioni e cognizioni assai semplici, nozioni che chiunque potrebbe conoscere e fare sue. Ma le paure, purtroppo, il più delle volte non si vincono con i ragionamenti. In molti ambiti, tra cui gli investimenti, abbiamo timore delle cose che ci appaiono come paurose, e non di quelle che sono oggettivamente pericolose. In conclusione, la maleducazione finanziaria va ben al di là dell’ignoranza delle basi di economia e finanza, per investire tutta una mentalità e un insieme di distorsioni cognitive ed emotive che ritroviamo in altri campi.
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Finanziaria
NOVITÀ SULL’IRPEF DEI LAVORATORI DIPENDENTI Una traccia per semplificare l’imposta e comprenderla nel dettaglio Luciana Marino
funzionario tributario del MEF
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L
A DISCUSSIONE di questi primi mesi del 2020 su quella che si era abituati a chiamare “politica dei redditi” ha visto succedersi numerosi interventi. La struttura fondamentale dell’imposta sul reddito, risalente al Tuir del 1986, presenta evidenti segni di irrazionalità, allontanandosi dal principio dell’equità orizzontale tra contribuenti (in particolare tra lavoratori autonomi e dipendenti) con regole decisamente complicate. È quindi fondamentale semplificare la struttura dell’imposta: tra regimi sostitutivi, detrazioni per oneri particolari e bonus fiscali ad personam, risulta sempre più distante dal modello dell’imposta generale omnicomprensiva su tutti i redditi e poco in linea con l’altro principio della worldwide taxation. Tra le varie proposte, sembrerebbe emergere la necessità di ridisegnare la curva della progressività. In che modo? Definendo gli scaglioni e le aliquote insieme alla rimodulazione delle detrazioni e deduzioni che variano in base al reddito. Tralasciamo l’intervento di mag-
giore consistenza quantitativa presente nella legge di bilancio, cioè la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia Iva, sintetizziamo le principali modifiche in tema di Irpef dei lavoratori dipendenti.
L’intervento sul cuneo fiscale
Il decreto legge 5 febbraio 2020, n. 3, utilizza le risorse predisposte dall’art. 1, comma 7, della legge di bilancio per il 2020, che ha istituito il fondo per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti con una dotazione di 3 miliardi di euro per il 2020 e di 5 miliardi di euro annui a decorrere dal 2021. Va ricordato che la riduzione del carico fiscale sul lavoro è tra le prime raccomandazioni specifiche avanzate dal Consiglio Ue nei confronti dell’Italia il 9 luglio del 2019. Definito come differenza tra il costo del lavoro sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta percepita dal lavoratore (Ocse, Taxing Wages 2019), il cuneo fiscale si calcola come rapporto percentuale della somma delle imposte sul reddito, dei contributi sociali a
carico del lavoratore e quelli a carico del datore di lavoro, al netto di ogni beneficio monetario goduto dal lavoratore e il costo del lavoro totale. Con un cuneo fiscale per un lavoratore medio senza figli pari al 47,9% del costo del lavoro, l’Italia si colloca nel 2018 al terzo posto (dopo il Belgio e la Germania) nella classifica dei paesi Ocse. Nel 2018 il costo del lavoro è aumentato dello 0,2% rispetto all’anno precedente, interamente a causa delle imposte sul reddito. Anche nella maggior parte degli altri paesi Ocse, tuttavia, la variazione del costo del lavoro è principalmente dovuta alla variazione dell’imposta sul reddito. In media, il cuneo fiscale dei paesi Ocse nel 2018 è risultato pari al 36,1%, in diminuzione di 0.16 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
Se si guarda tuttavia alla composizione assoluta del cuneo fiscale dell’Italia nel 2018 (vedi grafico a pagina 34), si nota che la maggior parte di questo è riconducibile ai contributi sociali a carico del datore di lavoro (24% del costo del lavoro totale), quindi alle imposte sui redditi (16,7% del costo del lavoro) e, infine, ai contributi sociali a carico del lavoratore (7,2% del costo del lavoro). Tale composizione rispecchia quella media dei paesi Ocse.
Integrazioni finanziarie previste dal decreto legge
L’intervento del decreto legge introduce, in via sperimentale, per le prestazioni rese dal 1° luglio 2020, una somma di 600 euro, che diventa 1.200 dal 2021. La somma è corrisposta a titolo di trattamento integrativo ai percettori di redditi di
lavoro dipendente. Il decreto legge introduce inoltre per lo stesso periodo un’ulteriore detrazione per redditi di lavoro dipendente. L’importo del trattamento integrativo è determinato secondo lo schema indicato nella tabella 1. La legislazione vigente prevede, rapportata allo stesso periodo 1° luglio 2020-31 dicembre 2020, la seguente determinazione del credito di cui al comma 1-bis dell’art. 13 del Tuir (tabella 2). Il trattamento integrativo e il credito spettano ai soggetti percettori di redditi di lavoro dipendente, la cui imposta lorda risulta maggiore della detrazione per reddito di lavoro dipendente spettante ed è rapportato al periodo di lavoro nell’anno. L’importo dell’ulteriore detrazione per redditi di lavoro dipendente è determinato secondo lo sche-
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Finanziaria Composizione assoluta del cuneo fiscale dell’Italia nel 2018 e confronto con paesi Ocse 0
10
% sul costo del lavoro 20 30 40
50
Belgio Germania Cuneo fiscale 47,9%
ITALIA Francia Austria Ungheria Rep. Ceca Slovenia Svezia Lettonia Finlandia Rep. Slovacca Grecia Portogallo Lituania Spagna Turchia
La limitazione degli oneri detraibili
Lussemburgo Paesi Bassi Estonia Cuneo fiscale 36,1%
Media Ocse Norvegia Polonia Danimarca Islanda Irlanda Giappone Gran Bretagna Canada Stati Uniti Australia Corea del sud Israele Svizzera Messico Nuova Zelanda Cile
ma indicato nella tabella 3. Dal 1° luglio 2020 il bonus di 80 euro aumenta quindi a 100 euro mensili per chi ha un reddito annuo fino a 26.600 euro lordi. Coloro che percepiscono un reddito da 26.600 euro a 28.000 euro beneficeranno per la prima volta di un incremento di 100 euro al mese in busta paga. Per i redditi a partire da 28.000 euro si introduce invece una detrazione fiscale equivalente che decresce fino ad arrivare al valore di 80 euro in corrispondenza di un reddito di 35.000 euro lordi. Oltre questa soglia, l’importo del beneficio continua a decrescere fino ad azzerarsi al raggiungimento dei 40.000 euro di reddito.
Imposta sul reddito Contributi sociali a carico datore di lavoro Contributi sociali a carico lavoratore
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Il comma 629 dell’art. 1 della legge di bilancio riduce il grado di detraibilità dall’imposta lorda sui redditi degli oneri detraibili ai sensi dell’art. 15 del Tuir per i contribuenti con reddito complessivo, al netto di quello relativo all’abitazione principale e alle relative pertinenze, superiore a 120.000 euro. Rimangono invece immutati gli importi detraibili per interessi relativi a prestiti e mutui agrari, all’acquisto e alla costruzione dell’abitazione principale e alle spese sanitarie per patologie gravi. Come è noto, infatti, ai sensi del previgente art. 15 del Tuir, la detrazione degli oneri indicati dall’im-
posta lorda sui redditi spettava per l’intero importo. A tal fine, il comma 629 integra l’art. 15 del Tuir in modo da ridurre il grado di detraibilità dall’imposta lorda degli oneri detraibili ivi indicati per i contribuenti con reddito complessivo superiore a 120.000 euro. In particolare, viene aggiunto all’art. 15 il comma 3-bis, ai sensi del quale, a decorrere dall’anno di imposta 2020: a. la detrazione spetta per l’intero importo qualora il reddito complessivo non ecceda 120.000 euro; b. la detrazione spetta in misura minore e specificamente pari al rapporto tra 240.000 euro, diminuito del reddito complessivo del dichiarante, e 120.000 euro, qualora il reddito complessivo sia superiore a 120.000 euro. Per i redditi superiori a 120.000 euro, pertanto, la detrazione spettante diminuisce all’aumentare del reddito.
La tracciabilità delle detrazioni
I commi 679 e 680 della legge di bilancio dispongono che, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, la detrazione dall’imposta lorda nella misura del 19% degli oneri spetta a condizione che l’onere sia sostenuto con versamento bancario o postale, ovvero mediante altri sistemi di pagamento tracciabili.
In particolare, il comma 679 subordina la fruizione della detrazione del 19%, prevista per gli oneri di cui all’art. 15 del Tuir e da altre disposizioni normative, al pagamento della spesa con strumenti tracciabili. Pertanto, tutte le spese che danno luogo allo sconto fiscale del 19% nella dichiarazione dei redditi, a decorrere dal 2020, non potranno più essere effettuate con l’utilizzo del contante, pena la perdita della detrazione stessa. A titolo di esempio, va ricordato che il richiamato art. 15 del Tuir dispone la detraibilità dall’imposta lorda per un importo pari al 19% per gli oneri sostenuti dal contribuente per spese sanitarie; interessi per mutui ipotecari per acquisto immobili; spese per istruzione; spese funebri; spese per l’assistenza personale; spese per attività sportive per ragazzi; spese per intermediazione immobiliare; spese per canoni di locazione sostenute da studenti universitari fuori sede; erogazioni liberali; spese relative a beni soggetti a regime vincolistico; spese veterinarie; premi per assicurazioni sulla vita e contro gli infortuni; spese sostenute per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale. La disposizione specifica che per strumenti tracciabili sono da intendersi i versamenti bancari o postali, ovvero quelli avvenuti tramite carte di debito, di credito
Tabella 1 Reddito (euro)
Importo del trattamento integrativo 600 per il 2020
Fino a 28.000 1.200 dal 2021
Tabella 2 Reddito (euro)
Importo del credito (euro)
Fino a 24.600
480
Oltre 24.600 fino a 26.600
480*[1-(rdt-24.600)/ (26.600-24.600)]
Oltre 26.600
0
Tabella 3 Reddito (euro)
Ulteriore detrazione (euro)
Fino a 28.000
0
Oltre 28.000 fino a 35.000
80+(600-480)*[1-(rdt-28.000)/ (35.000-28.000)]
Oltre 35.000 fino a 40.000
480*[1-(rdt-35.000)/ (40.000-35.000)]
Oltre 40.000
0
e prepagate, assegni bancari e circolari. Si ricorda che già in passato il legislatore ha concesso la possibilità di fruire di detrazioni fiscali, solo a condizione che i pagamenti risultino tracciabili. A titolo di esempio, si segnala che per ottenere la detrazione prevista dall’art. 16-bis del Tuir in materia di ristrutturazione edilizia è necessario che i paga-
menti siano effettuati con bonifico bancario o postale. Esiste un’eccezione. Il comma 680 dispone che resta ferma la possibilità di pagare in contanti, senza perdere il diritto alla detrazione, i medicinali e i dispositivi medici, nonché le prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o da strutture private accreditate al Servizio sanitario nazionale.
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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia
7° RAPPORTO DI ITINERARI PREVIDENZIALI
osservatorio
Il bilancio del sistema previdenziale italiano 2018
G
iunto alla sua settima edizione, il documento, curato dal Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, fornisce sia una visione d’insieme del complesso sistema previdenziale del nostro Paese sia una riclassificazione della spesa per il welfare inserita nel più ampio bilancio dello Stato, con previsioni per gli anni successivi e di medio-lungo periodo. Con l’obiettivo di inquadrare tendenze, criticità e peculiarità del sistema di protezione sociale italiano, con un occhio di riguardo nei confronti della sua sostenibilità futura, il Rap-
porto affianca infine a un’analisi puntuale della spesa pensionistica, delle entrate contributive e dei saldi delle differenti gestioni pubbliche e privatizzate che compongono il sistema pensionistico obbligatorio del Paese, anche un approfondimento sulla spesa sanitaria e per Long term care (pubblica e privata) e sui principali trend riguardanti il welfare complementare. Dal settimo rapporto emergono, tra le altre, alcune interessanti notizie. Nel 2018 il numero dei pensionati è risultato il più basso dal 1997: 16.004.503, dovuto all’effetto congiunto della cancellazione di pensioni erogate in giovane età, e che duravano da oltre 35 anni, e delle riforme degli ultimi 27 anni che stanno producendo effetti positivi sul sistema. Il numero dei lavoratori attivi regolari che pagano i contributi e le imposte è stato nel 2018 il più alto di sempre (23.215 milioni), superiore anche al record del 2008, ultimo anno positivo prima della grande crisi. Il tasso di occupazione è stato pari al 58,5%, tra i migliori di sempre insieme proprio a quello del 2008 (era il 58,7% a fronte però di una popolazione meno numerosa); quello femminile tocca quota 49,6%, anch’esso tra i più elevati in assoluto. Entrambi i
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dati segnano un record storico con l’occupazione ai massimi e i pensionati ai minimi. Il rapporto tra attivi e pensionati, fondamentale per la tenuta del nostro sistema, si porta a 1,4505 e rappresenta il miglior risultato degli ultimi 22 anni e molto prossimo all’1,5 indicato come soglia necessaria per la stabilità di mediolungo termine del sistema. Tuttavia, dobbiamo specificare che si tratta di dati al 31 dicembre 2018 e pertanto è ancora da valutare l’impatto di Quota 100 sia sul numero complessivo dei pensionati sia sul delicato e fondamentale rapporto attivi/pensionati. Manageritalia ritiene che vada comunque superato il meccanismo di Quota 100 e si debba intervenire sulla flessibilità in uscita, per evitare i rischi dello scalone e per consentire ai lavoratori più anziani di mettere le proprie competenze al servizio del mondo del lavoro, anziché di escluderli come accade attualmente. In Italia i percettori di pensioni superiori a 39.579 euro lordi l’anno, corrispondenti a circa 2.300 euro netti al mese, sono 923.027, il 5,77% del totale. Su di loro poggia gran parte dell’onere fiscale sulle pensioni, visto che circa la metà dei pensionati (8 milioni) paga meno del 9% dei 51,5 miliardi di Irpef, mentre il 33% ne paga quasi l’80%. Il grosso dell’imposizione fiscale (oltre il 36%) grava quindi su circa un milione di pensionati. Si conferma, ancora una volta, quanto da tempo sosteniamo circa l’iniquità del welfare italiano, un sistema che, nonostante si alimenti principalmente con le tasse pagate dai contribuenti del ceto medio, li continua a penalizzare pesantemente. Per far sentire la loro voce, i manager, rappresentati da Cida, hanno partecipato agli incontri tecnici che il governo ha fatto nel mese di febbraio con le parti sociali sul sistema previdenziale e che possono rappresentare l’occasione per rendere il sistema più sostenibile ed equo. Evitando strumentali contrapposizioni sulla base dei redditi percepiti e rifuggendo da demagogiche “controriforme” che aumenterebbero, invece di ridurli, gli squilibri esistenti. http://bit.ly/7rapportoitinerariprevidenziali
IL MISE FOTOGRAFA LE STARTUP INNOVATIVE IN ITALIA
È
online la nuova edizione del Report di monitoraggio trimestrale dedicato ai trend demografici e alle performance economiche delle startup innovative. Il rapporto, che presenta dati aggiornati al 31 dicembre 2019, offre una vasta panoramica sul mondo delle startup, a poco più di sette anni dall’introduzione della policy dedicata (DL 179/2012). Tra le principali informazioni contenute nel rapporto, segnaliamo che le startup iscritte si assestano ormai stabilmente sopra quota 10mila, rappresentando il 3% di tutte le società di capitali di recente costituzione. Per quanto riguarda la distribuzione per settori di attività, il 73,7% delle startup innovative fornisce servizi alle imprese (in particolare prevalgono: produzione di software e consulenza informatica al 35,6%; attività di R&S al 13,9%; attività di servizi d’informazione al 9,2%), il 17,6% opera nel manifatturiero, mentre il 3,4% opera nel commercio. La Lombardia ospita poco più di un quarto di tutte le startup italiane (26,9%). La sola provincia di Milano, con 2.075, rappresenta il 19,1% della popolazione, più di qualsiasi altra
regione: solo il Lazio supera quota mille, in gran parte localizzate a Roma (1.110, 10,2% nazionale). La Campania, con 896 startup (8,2%), è di gran lunga la prima regione del Mezzogiorno. Tuttavia, la regione con la maggiore densità di imprese innovative è il Trentino-Alto Adige, dove il 5,3% di tutte le società costituite negli ultimi 5 anni è una startup. Sotto il profilo occupazionale, risultano presenti 4.372 startup innovative con almeno un dipendente, pari al 41,2% del totale. Il numero medio degli addetti per startup innovativa è pari a 3,2. Il numero complessivo di soci e addetti coinvolti nelle startup raggiunge più di 61mila persone. Elevata la rappresentazione di imprese fondate da under35 (il 19,8% del totale), mentre risultano sottorappresentate le imprese femminili. Le startup innovative sono soprattutto micro-imprese, vantando un valore medio della produzione di poco superiore ai 175mila euro. http://bit.ly/miserapportostartup
MODIFICATO IL CODICE SULLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA
U
n anno fa è stato approvato il Nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) che ha introdotto nel nostro ordinamento il sistema di allerta, già previsto in altri paesi europei come Francia, Germania e Spagna (Early Warning). Il nuovo codice, dopo poco più di un anno dall’approvazione, ha avuto bisogno di alcune misure correttive. Da segnalare che sarà prorogato da un decreto correttivo al 15 febbraio 2021 l’obbligo di segnalazione dello stato di crisi all’Organismo di composizione della crisi d’impresa (Ocri) per le aziende che si trovano al di sotto di determinate soglie dimensionali ed economiche (4 milioni dell’attivo patrimoniale o dei ricavi delle vendite e delle prestazioni e 20 dipendenti occupati in media durante l’esercizio) il che consentirà un’applicazione più graduale alle piccole realtà imprenditoriali. Sotto questo profilo segnaliamo che il
decreto legge del 2 marzo 2020, n. 9, recante misure urgenti derivanti dall’emergenza del coronavirus, ha ulteriormente esteso la proroga a tutte le pmi (fino a 43 milioni di attivo dello stato patrimoniale, fatturato annuo di 50 milioni e fino a 250 dipendenti). Infine, sarà il debitore a indi-
care una rosa di tre nominativi all’interno dei quali la sua associazione di categoria sceglierà il componente dell’Ocri. Nella formulazione vigente, invece, la scelta doveva essere effettuata dalla Camera di commercio, sentito il debitore, all’interno di un elenco trasmesso dalle associazioni di categoria. http://bit.ly/modifichecrisiimpresa
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Organizzazioni
INSPIRATION FOR INNOVATION Abbiamo incontrato Gijs van Wulfen, innovatore riconosciuto a livello mondiale e fondatore del metodo di innovazione FORTH, a un evento organizzato da XLabor in Manageritalia Lombardia, in occasione della presentazione del volume La spedizione per innovare (versione italiana del suo bestseller curata da Evidentia, società di consulenza e management innovation). È stata una vivace conversazione sull’innovazione, con racconti e spunti dalla sua vasta esperienza internazionale. Sui medesimi temi, riportiamo di seguito un estratto del suo ultimo libro Inspiration for Innovation. 101 lezioni per gli innovatori. Buona innovazione a tutti!
Gijs van Wulfen
innovatore e fondatore del metodo di innovazione FORTH
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È
MOLTO DI MODA definirsi un innovatore. Mi chiedo come sia possibile, con tutti questi innovatori in giro, che il nostro mondo non sia molto più innovativo di quello che è. Wikipedia definisce un innovatore, in senso generale, come “uno dei primi a introdurre nella realtà qualcosa che sia meglio di prima”. Sulla base di questa definizione e della mia esperienza personale, incontrando veri innovatori, vi invito a rispondere a queste cinque domande per verificare se voi lo siete davvero: Sei curioso e in grado di esprimere idee originali quando i
colleghi hanno un blocco creativo? Hai il coraggio di correre dei rischi reali nella vita di tutti i giorni con la tua carriera, la tua reputazione e il tuo denaro? Le altre persone sono disposte a seguirti quando le porti su un sentiero che nessuno ha mai percorso prima? Cambi idea e la stravolgi quando non funziona e ti viene dimostrata come sbagliata? Perseveri e fai diventare la tua idea una realtà, anche quando tutti ti dicono che non si può fare e hai fallito le prime sette volte?
Questione di età?
Molti manager ritengono che stabilire una cultura dell’innovazione richieda di portare persone giovani nella propria organizzazione. Secondo me si sbagliano. L’innovazione non ha nulla a che fare con l’età. Viaggio in tutto il mondo e osservo in pratica che l’innovazione è di tutte le età. Io stesso penso di essere diventato un innovatore migliore con l’avanzare dell’età, per cinque motivi:
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ho dovuto imparare e sperimentare i modelli prima di metterli in discussione; oso di più, non mi interessa più di tanto quello che gli altri pensano di me; imparo dai miei fallimenti, poiché le mie idee iniziali non sempre hanno successo; sono ancora molto creativo, la mia creatività non è affatto diminuita rispetto a trent’anni fa; i capelli grigi suscitano autorevolezza.
E tu? Stai diventando più innovativo? L’innovazione ha bisogno della creatività di un bambino di cinque anni, della passione di un trentenne e della saggezza di un settantenne.
Coniugare tradizione e innovazione
“Senza tradizione nessuna innovazione. Senza innovazione nessuna tradizione”: questo detto mi è tornato in mente ricordando la mia prima visita in Russia. Lì ho
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Organizzazioni visto come lo stile di vita tradizionale russo si fonde con comportamenti moderni e alla moda. Come si fa a far sì che i tradizionalisti siano più innovativi? Ogni azienda agli inizi ha infranto delle regole. Il mio consiglio è: andate là fuori e parlate con la vecchia guardia della vostra organizzazione, scavate nei vostri archivi. Sono abbastanza sicuro che troverete alcune grandi storie di innovazioni rivoluzionarie sepolte nella storia della vostra organizzazione. Trovatele, e raccontate quelle storie. Aiuta davvero a creare fiducia
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e slancio per le nuove scoperte. Se poi parliamo del reale bisogno di una struttura organizzativa dedicata all’innovazione per innovare con successo, possiamo dire che tutto dipende dal tipo di struttura che avete in mente: una che facilita l’innovazione o una che la monopolizza? Quello che succede spesso è che le persone più creative vengono concentrate in una struttura dedicata e si chiede loro di innovare l’azienda. Specializzare l’innovazione in questo modo ha il grande vantaggio che, attivando una responsabilità specifi-
ca, l’innovazione diventa il focus di un team di persone dedicate. La cattiva notizia, tuttavia, è che il resto dell’organizzazione tende a tirarsi indietro. Per reazione, il team dell’innovazione tende a monopolizzare le iniziative di innovazione per accelerare. Non appena si arriva alla fase di esecuzione dei progetti, però, in azienda è necessario coinvolgere molte altre strutture interne per sviluppare, produrre e mettere sul mercato le nuove iniziative. Ed è allora che si verifica un grosso problema. Le persone non coinvolte
nei progetti di innovazione inizieranno a criticare e lo respingeranno in quanto non vedranno alcun valore aggiunto e non si sentiranno responsabilizzati. Quindi, quando si avvia una struttura dedicata all’innovazione, siate sicuri di darle un ruolo di facilitazione, consentendo al resto dell’azienda di sviluppare l’innovazione in modo diretto. Formate facilitatori che possano guidare i team e i responsabili di progetto di altri dipartimenti nel loro percorso di innovazione con gli strumenti e i metodi giusti. In questo modo, il resto dell’organizzazione mantiene la giusta tensione e si sente responsabile del processo, sostenuto da uno staff centrale esperto di innovazione.
Il momento “giusto”
Solo circa il 10% delle innovazioni sono davvero nuove per il mercato o per il mondo. Un motivo importante per cui così poche innovazioni hanno successo nel mercato è che le persone sono avverse al rischio.
Mi piace citare il ceo di Bmw AG, il produttore tedesco di auto di lusso Norbert Reithofer. Alla domanda sul perché Bmw abbia avviato il progetto di auto elettriche rischioso con il Bmw I-3 e I-8, ha risposto: «Perché non fare nulla era ancora più rischioso». Per essere efficace come innovatore, si dovrebbe cercare questi momenti, giusti per far partire l’innovazione. Un innovatore efficace in una grande organizzazione agisce con la pazienza di un cacciatore. Ma così facendo si dovrà affrontare un dilemma. Non si può aspettare troppo: il completamento del processo di innovazione in una grande azienda richiede da 18 a 36 mesi. Quindi, è estremamente importante anticipare e non aspettare che i ricavi siano in calo. Le perdite nel tetto sono facili da individuare quando piove, ma è meglio che le riparazioni siano fatte in anticipo. Il processo di ideazione può avere successo solo se l’azienda è finanziariamente e mentalmente solida per farlo. Nel
bel mezzo di una crisi, in cui le persone sono sotto pressione, si dovrebbe pensare due volte prima di iniziare un progetto di innovazione. Scegli invece uno dei due momenti ideali: il momento “vuoi innovare” o il momento “è necessario innovare”.
Sii innovativo, agisci in modo tradizionale!
Questo è uno dei miei principali slogan: ho visto molte persone presentare nuove idee imprenditoriali in modi molto originali come girare un film, fare una danza, dipingere un quadro, scrivere un enorme post-it, fare un giornale e persino realizzare un flash mob. Naturalmente è una grande idea essere originali, ma quando presenti la tua idea imprenditoriale innovativa agli altri è saggio tenere a mente che i tuoi dirigenti sono ancora conservatori come sempre. Solo dopo aver accettato la cultura avversa al rischio si può lavorare al suo interno. Gestire l’innovazione ha a che fare
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Organizzazioni
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Il modello di business: sarà redditizio? La tecnologia: può essere prodotto? Il rischio: e se fosse un fallimento?
con la gestione delle aspettative e la riduzione dei rischi. Anche se i tuoi manager ti hanno chiesto di portare loro idee innovative, presenta qualcosa di meglio: un po-
tenziale tangibile di crescita! La tua idea sarà valutata da almeno quattro punti di vista: Il cliente: gli piacerà?
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Un metodo comune per presentare le iniziative di business al management è quello di redigere un business case: un piano chiaro, strategico, commerciale, professionale e finanziario per la vostra iniziativa innovativa. Gli innovatori efficaci sono davvero innovativi, ma spesso agiscono in modo conservativo elaborando la nuova idea sottoforma di business case.
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Giovani
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ECONDO gli ultimi dati Istat, i Neet (Not in education, employment or training), ovvero tutti quei giovani che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione nella fascia d’età 15-29 anni, sono 2.116.000, il 23,4% del totale dei giovani della stessa età sul territorio. L’Italia vanta un triste primato in tal senso: risulta al primo posto in Europa per il numero dei Neet, seguita con distacco da Grecia (19,5%), Bulgaria (18,1%), Romania (17%) e Croazia (15,6%). I Neet vivono in una condizione di disagio ed esclusione sociale. Con il progetto Neet Equity, Unicef ha voluto capire a fondo il fenomeno, contribuendo a delineare con precisione le caratteristiche di una categoria che da sempre risulta difficilmente definibile e per questo non abbastanza supportata. Il progetto Neet Equity si propone di riattivare la capacità dei ragazzi di essere cittadini attivi e si realizza in tre città – Carbonia, Napoli e Taranto – individuate per l’alta percentuale di Neet ma anche per-
ché sono realtà con tessuti socio-economici simili. Neet Equity si prefigge tre obiettivi: aumentare il grado di conoscenza e informazione sul fenomeno dei Neet nei territori coinvolti; intercettare i giovani Neet e ri-attivare la loro partecipazione attraverso l’esperienza del volontariato sociale; attivare “spazi di concertazione territoriale” in cui possano confrontare le diverse parti interessate, inclusi i ragazzi e i giovani, e in cui sia possibile costruire, in modo partecipato, piani locali di politiche attive a favore dell’inclusione dei giovani Neet.
Gli step del progetto
La ricerca sociale conclude il primo anno di attività del progetto e ha avviato una riflessione collettiva verso una progettazione comune: i dati e le domande emerse saranno fondamento per i Laboratori urbani di partecipazione. Il volontariato sociale è uno strumento di riattivazione delle potenzialità dei ragazzi e dei giovani e occasione di vedere
riconosciuti quei talenti non adeguatamente valorizzati. Lo spazio dei Laboratori urbani di partecipazione è il luogo in cui agire collettivamente per costruire una contro narrazione sul proprio futuro, sui talenti, sulle città stesse. I Lup sono comunità progettuali che mettono al centro il benessere e il futuro dei ragazzi e delle città, in relazione con gli attori coinvolti e individuati tramite la ricerca sociale. Il progetto Neet Equity si rivolge a 300 ragazzi e ragazze tra i 16 e i 22 anni nella fase di transizione dalla scuola secondaria al mondo del lavoro e intende incidere sulla loro capacità di ri-attivazione, qualora fossero stati espulsi dal percorso formativo e non siano riusciti a entrare in quello lavorativo; o qualora siano a rischio di esclusione. Il progetto è stato avviato a maggio 2018 e si concluderà quest’anno.
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Focus MANAGERITALIA EXECUTIVE PROFESSIONAL:
PIACERE DI CONOSCERCI! Ci sono spazi per un executive professional nel mercato del lavoro? Cosa fare per ampliare le opportunità di crescita del territorio? Cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro? Le risposte a queste e altre domande ai responsabili regionali della
nuova associazione di Manageritalia, nata a giugno dello scorso anno, che rappresenta figure chiave per la crescita e lo sviluppo del nostro tessuto economico, imprenditoriale e manageriale.
Ci sono spazi per un executive professional che operi a supporto di proprietà e/o management aziendale nel vostro territorio? E oggi, in particolare, in quali ambiti? Donatello Aspromonte «La digital transformation e il turnaround organizzativo e finanziario sono gli ambiti più importanti in cui un executive professional può affiancare l’impresa con soluzioni innovative per affrontare con successo le sfide del prossimo decennio». Stefano Benci «Le aziende, orientate sempre più
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alla qualità del servizio e alla ricerca di competenze di alto livello, possono avvalersi di queste figure, flessibili e malleabili, in grado di uniformarsi anche per brevi periodi alle aziende». Antonio Borghetti «Assolutamente sì, dall’hr all’amministrazione e finanza». Giuseppe Castellana «Occorre sempre più il ricorso a figure specialistiche per competenze elevate non presenti all’interno dell’azienda. Pressanti anche le
Donatello Aspromonte Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna e Umbria
Stefano Benci Friuli Venezia Giulia
esigenze di gestire correttamente i rischi d’impresa a tutti i livelli, per cui gli spazi d’inserimento e operativi per l’executive professional sono molto ampi». Fabio Fabietti «Potrebbero aprirsi interessanti spazi per attività di change management, indirizzo strategico, marketing e sviluppo digitale, sempre che culturalmente ci si apra a manager e specialisti esterni anche temporanei». Daniele Ferrari «Sicuramente sì. La difficoltà è spesso l’incontro tra domanda e offerta. Non c’è ancora un’ampia apertura mentale in merito a formule elastiche di collaborazioni, come già avviene in altre realtà europee, ma la necessità di stare sul mercato ci darà una mano». Paolo Fiorentino «La necessità di aumentare competenze e cultura manageriale nelle pmi dovrebbe favorire anche l’inserimento di executive professional. Ancor più in ambiti nei quali prevalgono competenze sull’innovazione e sulle relative tecnologie abilitanti». Guido Giaume «Ci sono vaste praterie per l’inserimento di manager, così come per cambiare il freno culturale a farlo. Dobbiamo lavorare su entrambi i fronti!». Gianpaolo Lapesa «Sì, in particolare nelle pmi, per contribuire a una visione strategica in linea con le nuove aspettative dei mercati, le nuove tecnologie, i nuovi metodi di controllo e di gestione, anche dei collaboratori». Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata* «Pochissimo spazio e nel caso in ambito servizi». Carlo Romanelli «Certamente sì, nell’ambito dello sviluppo organizzativo, nell’organizational design, nella digitalizzazione dei processi e in ogni ambito che rappresenti innovazione manageriale. C’è poi tutto il mondo delle soft skills, come ad esempio il tema della resilienza, che oggi è chiaro come sia tra le questioni più importanti che riguardano ogni tipo di organizza-
Antonio Borghetti Trentino-Alto Adige
Giuseppe Castellana Sicilia
Carlo Romanelli è responsabile regionale di Manageritalia Emilia-Romagna Executive Professional. Carlo è anche il rappresentante nazionale dell’associazione nata lo scorso giugno, supportato da due vice rappresentanti: Donatello Aspromonte (responsabile Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna e Umbria) e Daniele Ferrari (responsabile Lombardia). zione, dato il momento che si sta affrontando, unico e con implicazioni sconosciute. O se ne esce più forti di prima, o se ne uscirà a pezzi. Direi che questa oggi diventa improvvisamente una hard skill». Carmelo Scimone «Sì, soprattutto in quelle aziende in cui non c’è un volume di lavoro tale da giustificare la presenza di un dirigente e tuttavia vengono richieste in modo discontinuo professionalità esterne. Paolo Ulivieri «Ci sono grandi spazi perché prevalgono piccole aziende, spesso cresciute e gestite direttamente dal fondatore, che in molti casi si avvale di operatori professionali senza esperienze e competenze manageriali». Qual è stata la molla che l’ha fatta entrare in Manageritalia come executive professional? Donatello Aspromonte «Sono entrato in Manageritalia dopo aver partecipato a degli incontri territoriali ai quali ero stato invitato da amici. Mi è piaciuta fin da subito, sia per il livello di progettualità, sia per la capacità della struttura locale di creare momenti di aggregazione e conoscenza reciproca». Stefano Benci «Manageritalia ha saputo guardare al futuro del lavoro e dare un posto di rilievo anche a quelle figure che lavorano come professio-
* Il responsabile regionale è in via di definizione. Le risposte a questa intervista sono state date da una rappresentanza di associati executive professional del territorio.
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Focus
Fabio Fabietti Veneto
Daniele Ferrari Lombardia
nisti assieme ai vertici decisionali delle imprese. Condivido l’azione in corso e il suo forte collegamento con un mondo del lavoro che cambia vertiginosamente». Antonio Borghetti «La molla che mi ha fatto entrare in Manageritalia come executive professional è stata la possibilità di condividere esperienze con colleghi e dirigenti». Giuseppe Castellana «Ho pensato, e poi constatato, che in Manageritalia c’è la presenza di contigue alte professionalità con cui fare rete, all’interno di una grande organizzazione strutturata, qualificata e riconosciuta». Fabio Fabietti «La nostra community costituisce un’importante opportunità per un più ampio scambio di conoscenze ed esperienze professionali. In prospettiva questo può assicurare una maggiore rappresentanza degli interessi e delle esigenze specifiche di noi executive professional». Daniele Ferrari «Manageritalia è un’associazione solida e ben strutturata sia per il ventaglio di servizi offerti sia per le relazioni a livello nazionale. L’oppor-
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Paolo Fiorentino Campania
Guido Giaume Piemonte e Valle d’Aosta
tunità di certificazione delle esperienze ottenuta nel 2017 e poi il processo di nascita dell’associazione, mi hanno sempre più convinto della mia iscrizione». Paolo Fiorentino «L’interesse di entrare in contatto con altri colleghi con i quali condividere esperienze ed esigenze e di far parte di una community riconosciuta a livello nazionale». Guido Giaume «L’occasione si è presentata quando il presidente della mia associazione territoriale mi ha detto: “In Manageritalia stiamo pensando di coinvolgere e associare anche degli executive professional perché il presidente federale ha avuto una grande intuizione”. Io sono curioso e ho deciso di vedere di cosa si trattasse». Gianpaolo Lapesa «Un’organizzazione sempre in ascolto della società e dei cambiamenti, con la volontà di gestirli e non subirli, e l’azione guidata da un solido piano operativo che viene declinato anche nei territori. Un’associazione viva, moderna, che ha una visione a medio-lungo termine, con attenzione anche alla realtà internazionale». Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata «Una solida e organizzata struttura associativa». Carlo Romanelli «Sono in Manageritalia dal 2002, cioè dal momento in cui l’associazione ha deciso di aprirsi anche alla rappresentanza della nostra categoria. Sono uno dei fondatori di Manageritalia Executive Professional dopo tanti anni di militanza. Quindi la risposta è il bisogno di rappresentanza». Carmelo Scimone «Manageritalia mi ha consentito di affrontare e gestire la mia trasformazione professionale anche aggiornandomi». Paolo Ulivieri «Ho sempre creduto essenziale mantenere e sviluppare le competenze, per farlo ho ritenuto importante continuare a essere parte di una community che fornisse strumenti idonei per affrontare le sfide dei mercati con consapevolezza e conoscenza».
PUGLIA, CALABRIA e BASILICATA
Gianpaolo Lapesa Marche
Il responsabile regionale è in via di definizione
Cosa si aspetta per il futuro? Donatello Aspromonte «Ci sono sfide mostruose che ci aspettano in apertura di questo decennio, ma credo che, per quanto riguarda le professioni, la giusta qualificazione professionale, unita alla capacità di fare sistema, possano portare a risultati soddisfacenti». Stefano Benci «Mi aspetto che le richieste di certificazione professionalizzante aumentino costantemente e che le aziende attingano sempre più a tali risorse fruendo del canale dell’associazione». Antonio Borghetti «Gli executive professional cresceranno ancora e assumeranno un peso significativo». Giuseppe Castellana «Vorrei contribuire a far conoscere e trasferire ai giovani non tanto le competenze, quanto le esperienze, che non si apprendono sui libri, su internet o con la formazione a distanza. Penso che in Manageritalia potremmo anche realizzare questa solidarietà intergenerazionale». Fabio Fabietti «Dobbiamo dotarci di un assetto organizzativo più funzionale e attività di comunicazione per incentivare visibilità e credibilità della nostra associazione. Importante anche la creazione di un sistema di welfare dedicato». Daniele Ferrari «Non dobbiamo aspettare, ma cavalcare il futuro. La nuova associazione può diventare la community principale di una serie di alte figure professionali che saranno sempre più richieste». Paolo Fiorentino «Uno sforzo a operare di concerto con le altre associazioni di rappresentanza delle alte professionalità per individuare strumenti di tutela e sviluppo a favore del mondo delle professioni». Guido Giaume «Mi aspetto che mi aiuti a diventare vecchio lavorando, anche perché questo è quello che attende tutti, che si riesca a farlo insieme con qualità e innovazione, anche se sarà un percorso lungo e difficile». Gianpaolo Lapesa «Mi aspetto che gli executive pro-
Carmelo Scimone Liguria
Paolo Ulivieri Toscana
fessional possano essere rappresentati ai più alti livelli istituzionali e che possano contribuire alla crescita del Paese con arricchimenti professionali, crescita, sinergie, osmosi e contaminazioni». Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata «Ci aspettiamo una sana e strutturata crescita sia degli associati sia dell’associazione». Carlo Romanelli «Un importante allargamento della base associativa e un grande lavoro principalmente sul tema del welfare». Carmelo Scimone «Un aiuto per conoscere opportunità di lavoro e per aggiornarsi sulle scelte politiche ed economiche della nostra nazione». Paolo Ulivieri «Nuove opportunità e sfide, che è sempre più difficile affrontare da soli». Le interviste integrali verranno pubblicate su manageritalia.it
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PILLOLE DI BENESSERE Giancarlo Sacripanti professional cuddler
benessere
LA CUDDLE THERAPY
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La terapia sembra una risposta a una società asettica e individualistica
L
La parola cuddling deriva dal verbo to cuddle, che significa stringere teneramente con affetto. La cuddle therapy classica prevede abbracci reciproci statici. Una versione alternativa può essere definita dinamica, si integra nel massaggio muscolare o rilassante ed è eseguita in un’amalgama ben ritmata di manipolazioni decontratturanti e passaggi avvolgenti, in un’armoniosa sintonia con la persona massaggiata, con la musica e l’ambiente. Questo esalta le sensazioni e le emozioni rispetto al semplice abbraccio. Nel massaggio alla base della cuddle therapy si fondono una serie di tecniche e la persona avverte una sensazione di cura profonda. In senso lato, ogni massaggio dovrebbe essere una cuddle therapy, perché, se lo si fa col cuore, raggiunge l’anima ancor più dei muscoli. Il professional cuddler è colui che esegue questa terapia ed è innanzitutto una persona empatica, amante del genere umano, generosa e non discrimina. Per questo dovremmo imparare dagli animali, che amano il loro padrone a prescindere, chiunque esso sia. Lo scopo del cuddling è quello di fornire alle persone uno spazio sicuro e confortevole in cui sentirsi rispettate, accettate per ciò che sono e “amate” in senso platonico (non sessuale), pertanto il consenso è il fondamento di ogni azione. Oggi più che mai, dove i rappor-
ti tendono a essere sempre più effimeri, distanti fisicamente, se non addirittura virtuali, le persone hanno un disperato bisogno di contatto fisico non sessuale autentico. Molti manager, uomini e donne, richiedono questa terapia. All’inizio del mio trattamento di massaggio-cuddle therapy si possono valutare le differenze culturali e talvolta le barriere al contatto fisico, pertanto è fondamentale utilizzare approcci diversi a seconda di chi si ha di fronte, allo scopo di far sentire la persona a proprio agio in ogni singolo istante della sessione. Tuttavia, generalmente le diversità culturali si appiattiscono man mano che ci si addentra nel trattamento e quando la fiducia e l’anima prendono il posto della mente. Anche se non esiste ancora una forma di proposte esperienziali che siano il compendio di tutto ciò, ci sono miriadi di tentativi fatti di spa per la cura e il relax o seminari spirituali in cui si sperimentano intimità attraverso i contatti fisici. La terapia dell’abbraccio è oggi in un certo senso di moda e viene proposta anche in seminari di formazione per il team building. La strada è dunque aperta affinché queste realtà che coniugano discipline olistiche, oasi di benessere e coccole possano nascere e svilupparsi, intercettando il crescente bisogno di amore e cura di una società sempre più individualista.
ARTE Claudia Corti
I
La Fornarina, Roma, Galleria Nazionale di Arte Antica, Palazzo Barberini, 1518-1519
arte
RAFFAELLO, L’ARSENICO E LE BELLE DONNE: UN CASO IRRISOLTO DA 500 ANNI DOVE “Raffaello” Roma, Scuderie del Quirinale fino al 2 giugno
Il 6 aprile 1520, nel giorno stesso del suo compleanno e a soli 37 anni, si spegneva a Roma Raffaello Sanzio da Urbino, uno degli artisti più promettenti e osannati di sempre. Una morte improvvisa che sconvolse tutti, al punto che molti cronisti dell’epoca, nel voler ribadire la sua natura di “pittore divino”, riferirono addirittura della comparsa di crepe nei muri nel momento esatto della sua morte, e di un cielo oscuratosi all’improvviso (esagerazioni mediatiche... la storia è sempre la stessa!). Giorgio Vasari, nelle sue Vite degli artisti, apertamente commosso per la scomparsa di un pittore che riteneva a dir poco geniale, scrisse che la morte di Raffaello era da imputare a una febbre durata 15 giorni, causata dai suoi “eccessi amorosi”. Cherchez la femme, dunque! Ed eccola, la femme: una giovane donna ritratta seminuda, coperta solo da un leggerissimo velo e un turbante all’orientale, secondo la moda dell’epoca. Tra i capelli una perla, la stessa che si trova anche in un altro celebre ritratto, La Velata, la cui modella sembra essere proprio la stessa. Si chiama Margherita Luti, ha circa vent’anni, ed è la figlia di un fornaio di Trastevere, da cui il nome Fornarina. È una ragazza bellissima, forse una prostituta; Raffaello se ne sarebbe innamorato perdutamente rendendola musa ispiratrice e modella per opere memorabili.
Bellissima sì, ma donna del popolo, e ciò avrebbe causato non pochi problemi al nostro artista, il quale era promesso sposo a Maria Bibbiena, nipote di un potentissimo cardinale. Lo zio faceva pressione per le nozze, il futuro sposo rimandava adducendo tra le scuse l’enorme mole di impegni professionali! Eppure, da sempre, qualcuno ha avanzato ragionevolmente dei dubbi: quando due secoli dopo il corpo fu riesumato per essere trasferito al Pantheon, la salma si presentava perfettamente intatta, come purtroppo accadeva in caso di avvelenamento da arsenico. Raffaello dunque non sarebbe morto per eccessi amorosi, ma sarebbe stato vittima di un omicidio! Sbarazzarsi di personaggi scomodi, d’altronde, era pratica comune nella Roma degli artisti: Baldassarre Peruzzi, architetto in San Pietro, morì avvelenato, Rosso Fiorentino, poco tempo dopo Raffaello, morì in circostanze altrettanto misteriose. Invidie professionali, rivalità, questioni economiche: chi avrebbe tratto più vantaggio dalla morte dell’urbinate? Sicuramente il pittore Sebastiano del Piombo, si è sempre detto! Naturalmente si tratta solo di ipotesi; e poiché da sempre la penna di chi scrive (o il pennello di chi dipinge!) spesso ferisce più di una spada, sospendiamo ogni giudizio, e nell’attesa della verità ci godiamo la meraviglia di opere d’arte eterne.
CURIOSITÀ Nel ritratto la Fornarina avrebbe indossato l’anello nuziale, particolare cancellato in seguito dagli allievi di Raffaello. Si è sempre vociferato di un matrimonio segreto; negli archivi parrocchiali non vi è traccia, ma dopo la morte di Raffaello la giovane si sarebbe ritirata nel convento di S. Apollonia a Trastevere.
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LIBRI Speciale Cfmt – Centro di formazione management del terziario
2 QUANDO IL MANAGER INCONTRA L’AUTORE È il nuovo ciclo di eventi Cfmt dedicato al mondo letterario, nato con l’obiettivo di ispirare i manager attraverso storie, racconti e autori.
INCONTRO CON
libri
MANUEL BORTUZZO
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2 febbraio 2019. Sono passate le due di notte, pochi secondi che segnano al tempo stesso una fine e un nuovo inizio: alla periferia di Roma, vittima di uno scambio di persona, Manuel Bortuzzo, giovanissima promessa del nuoto in lizza per un posto alle Olimpiadi, viene colpito alla schiena da un proiettile. Le immagini, riprese da una telecamera di sorveglianza, le conosciamo tutti: il ragazzo si accascia a terra, la sua fidanzata, Martina, si china su di lui. Poi la corsa in ospedale, le operazioni e una volta scongiurato il pericolo di vita, la diagnosi: lesione midollare completa. Quindi la sedia a rotelle, la riabilitazione, il sorriso di Manuel, nonostante l’assurdità di quello che gli è accaduto, rilanciato da tv e giornali. Il libro Rinascere. L’anno in cui ho ricominciato a vincere racconta ciò che di Manuel non sappiamo: la sofferenza, lo sconforto, la rabbia dopo “quella notte” e, sopra ogni altra cosa, la forza che ha dovuto trovare dentro di sé, gli insegnamenti che ha saputo riconoscere anche in questa vicenda, la determinazione dello sportivo e del ragazzo speciale che ha dimostrato di essere. Con un solo obiettivo, ci dice Manuel: vivere al meglio la nuova condizione, lottando fino in fondo, con tutte le energie fisiche e mentali, per riprendersi quello che gli è stato tolto. Sono pagine di dolore e di gioia incontenibile. Oggi Manuel Bortuzzo ci racconta una storia ancora da scrivere. Rinascere per lui significa questo: “imparare di nuovo, da uomo nuovo, a camminare”. Cfmt inaugura il nuovo format Segnalibro: quando il manager incontra l’autore ospitando nella sede di Roma Manuel Bortuzzo. Il 9 giugno 2020 Manuel presenterà il suo libro Rinascere. L’anno in cui ho ricominciato a vincere, che racconta di quei giorni difficili, ma anche di come è possibile trovare la forza anche nei momenti peggiori che la vita ci mette davanti. Con Manuel Bortuzzo parleremo di quei momenti di rabbia e sconforto, ma soprattutto di come è possibile trovare la forza nei momenti di difficoltà e dell’importanza della determinazione e della resilienza per andare avanti. L’incontro sarà coordinato dalla giornalista Maria Cristina Origlia.
Segnalibro: Manuel Bortuzzo Cfmt Roma, Via Palestro 32 - 9 giugno Il programma 13.00 Accoglienza partecipanti e welcome lunch 13.30-15.00 Dialogo con Manuel Bortuzzo e firmacopie Per informazioni e iscrizioni: http://bit.ly/bortuzzo Luisa Panariello luisa.panariello@cfmt.it - 06 5043053
LETTURE per MANAGER
...permanager
Marco Lucarelli
IL FATTORE UMANO NEL MONDO DIGITALE
S
Siamo entrati nell’età della conoscenza, postmoderna, ipercomplessa, caratterizzata da una globalizzazione dell’economia. Il concetto di società postmoderna compare già nel 1979 quando il sociologo e filosofo francese Lyotard, nel suo libro La condizione postmoderna, ipotizzava la fine dell’epoca moderna e l’ingresso, appunto, in quella postmoderna. L’epoca moderna aveva l’obiettivo di dare un senso unitario e globale alla realtà, affidando alla scienza il compito di spiegare i fondamenti di questa realtà. Un quadro di riferimento, questo, che si è consumato nel tempo senza essere sostituito da principi altrettanto forti e unitari. Anzi, la frantumazione del “sapere unico” ha fatto emergere pluralità e differenze moltiplicando le forme di sapere. Bisogna quindi riconoscere la positività del molteplice, del frammentato e dell’instabile, prendere atto di questa nuova realtà e contribuire alla sua affermazione in modo attivo. Perché quest’epoca postmoderna nella quale siamo immersi ha una velocità sconvolgente, fatta da rapidi mutamenti dove la stabilità ha caratteristiche provvisorie e i vantaggi di un’impresa in un certo mercato lo sono solo per tratti brevissimi. Questo rappresenta una sfida importante per chi si occupa di budget e pianificazione strategica, non avendo più serie storiche, dati certi sui quali fare affidamento per prevedere le evoluzioni future. In un contesto del genere è necessaria una nuova governance in grado di muoversi in una realtà fluida con orizzonti temporali sempre più ridotti. Le imprese, i manager, le persone, devono acquisire
una nuova consapevolezza: un futuro imprevedibile si può affrontare solo con la formazione continua. Formazione come strumento per formare leader creativi e critici, capaci di gestire le complessità di un business fluido, globalizzato e frammentato. La conoscenza, quindi, come chiave di lettura della complessità, che richiede intelligenze multiple e competenze trasversali coma la capacità di “imparare a imparare” lo spirito di iniziativa e l’imprenditorialità oltre a una ormai scontata competenza digitale. Ed è in questo contesto che va inquadrato il nuovo contributo di Filippo Zizzadoro, psicologo, formatore, consulente di direzione e autore di Futuro: istruzioni per l’uso. Il fattore umano nel mondo digitale (Franco Angeli Edizioni, 2019). Come ci ricorda l’autore, la formazione non deve riguardare solo l’upskilling (ossia l’arricchimento delle vecchie professioni con nuove competenze digitali, ma sarà fondamentale accompagnare i lavoratori nello human reskilling, “ovvero nell’acquisizione o riscoperta di competenze umane come l’innovazione e la creatività, il pensiero critico e il problem solving, l’intelligenza sociale e l’affidabilità, che caratterizzano i lavori dove l’intervento umano resta prevalente”. E ancora sarà necessario lavorare sulle meta-competenze, ossia quelle competenze e attitudini come la flessibilità, la capacità di iniziativa e la leadership, le uniche a poter offrire un vantaggio occupazionale di lungo periodo anche in un futuro incerto e mutevole.
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LETTERE Daniela Fiorino daniela.fiorino@manageritalia.it
Il congedo di paternità
lettere
Sono un dirigente di azienda commerciale che a breve diventerà padre. Vorrei sapere se anche i dirigenti hanno diritto a congedi o permessi retribuiti e in quale misura. C.T. – Bologna A decorrere dal 2020, il padre lavoratore dipendente ha diritto a sette giorni di congedo obbligatorio retribuito, da fruire entro i cinque mesi dalla nascita del figlio o dall’ingresso in famiglia o in Italia del minore (in caso di adozione e affidamento nazionale o internazionale). I giorni di congedo possono essere goduti anche in via non continuativa. È prevista, inoltre, la possibilità per il padre lavoratore dipendente di fruire di un ulteriore giorno di congedo facoltativo, sempre retribuito, in sostituzione del periodo di astensione obbligatoria spettante alla madre. Tali diritti non possono essere sottoposti a valutazioni discrezionali da parte del datore di lavoro. Il padre ha inoltre diritto a fruire di due mesi di congedo di maternità post partum, retribuito al 100%, riservato alla madre, in specifiche situazioni a seguito delle quali viene meno la figura materna: morte o grave infermità della madre; abbandono del figlio da parte della madre; affidamento esclusivo del figlio al padre e, in caso di adozione o affidamento di minori, di rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità alla stessa spettante. Al padre è sempre riservata la possibilità di usufruire del congedo parentale, anche se l’altro genitore non è un lavoratore dipendente. Tale congedo può essere fruito nei primi 12 anni di vita del bambino in modalità continuativa o frazionata, per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 10 mesi, aumentabili a 11 qualora il padre lavoratore si
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astenga dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi, così articolati: 6 mesi per la madre; 6 mesi per il padre, elevabile a 7, dalla nascita del figlio, se lo stesso si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi; 10 mesi all’unico genitore (padre o madre). Se fruito fino al compimento del sesto anno di età del bambino, il congedo parentale è retribuito al 30% per un massimo di 6 mesi complessivi per entrambi i genitori. Nel corso del primo anno di vita del bambino, il padre può fruire delle due ore giornaliere di permesso retribuito per allattamento se la madre lavoratrice dipendente non se ne avvalga o nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre o la madre sia deceduta o gravemente inferma, oppure se la madre non è una lavoratrice dipendente e quindi non ha diritto ai permessi. Sempre in alternativa alla madre, il padre può assentarsi in caso di malattia del bambino, senza limiti fino al compimento dei 3 anni di età del piccolo, o per un massimo di 5 giorni lavorativi all’anno per ciascun genitore, dai 3 agli 8 anni del bambino (6/12 in caso di adozione e affidamento). Tali assenze non sono retribuite.
L’ufficio sindacale di Manageritalia è di supporto alle Associazioni territoriali per quesiti relativi al contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti e quadri associati e chiarimenti di natura fiscale e previdenziale in relazione al rapporto di lavoro dipendente. Per gli executive professional è un servizio di consulenza di carattere informativo e orientativo su aspetti legati al contratto di lavoro libero-professionale.
Inserto mensile di Dirigente n. 3 / 2020
a cura di Thomas Bialas
Numero Speciale / Climate change
DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #61 02/ GREEN PRESSURE 04/ CLIMATE SOLUTIONS 06/ CLIMATE TRANSFORMATION MANAGER SAVE THE DATE: FUNZIONARE O ESISTERE? MILANO, 22 MAG 2020
Il cigno nero verde di rabbia Mandi giù, mandi giù, mandi giù e a un certo punto esplodi di rabbia e presenti il conto. Che nel caso del nostro pianeta non è salato, ma infuocato. Riscaldamento globale. Gli eventi ad alto impatto altamente improbabili diventano sempre più probabili, dunque la norma. Roba grossa, fra l’altro, come: una città sott’acqua, un paese in fiamme, un mondo nel contagio. La proliferazione dei cigni verdi ha in parte oscurato quelli neri. Tecnicamente un cigno verde è un cigno alterato dal cambiamento climatico. Una specie di Hulk in versione pennuta che spacca
tutto. Comprensibile. Noi umani spacchiamo il pianeta (per esempio con il fracking) e lui ricambia “franando e terremotando”. Intanto alcuni scienziati e osservatori affermano che il coronavirus e la diffusione o scongelamento di nuovi (antichi) microrganismi sono legati a doppio filo con il cambiamento climatico. Plausibile. “What coronavirus teaches us about climate change” si chiede il New York Magazine (https://tinyurl.com/ uuz2cld). Anche Business Insider e Il Sole 24 Ore si sono posti in questo periodo nefasto domande analoghe. Giusto così, anche
http://bit.ly/cfmtpensieri
perché i cigni verdi potrebbero essere ben peggiori dei cigni neri, e non solo per le assicurazioni (vedi gli incendi in Australia). La morale è semplice – la natura può fare allegramente a meno di noi, noi invece no – e la verità altrettanto: se vogliamo avere ancora un futuro, allora dobbiamo azzerare tutto e ripartire da una nuova economia e (meglio) una nuova civiltà. E non date retta alle roboanti promesse delle super intelligenze artificiali, super singolarità tecnologiche, super Iot e super 4.0. Spesso sono, per citare una famosa battuta di un film, “solo chiacchiere e distintivo”.
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––Green Pressure Il trend del secolo
https://tinyurl.com/ph4ntgn https://tinyurl.com/wyotord https://tinyurl.com/rqmtm5r https://tinyurl.com/taozgfe
Certo le normative più stringenti, certo le sostenibilità pretese dalle Nazioni Unite, certo il green deal europeo invocato da Ursula von der Leyen, certo le campagne di Greta Thunberg, certo i nuovi modelli di consumo, certo le nuove green policy – vedi Frecciarossa ora plastic free – ma la vera pressione viene dal pianeta stesso che ci ricorda che la pacchia è finita. Resettare, please.
––Green pressure 01: Prendere coscienza Dalla difficoltà di reperire materie prime alla minore disponibilità di risorse naturali, ai danni agli impianti e alle infrastrutture per eventi meteorologici estremi, al calo e/o peggioramento di molti prodotti fino ad apocalittiche migrazioni climatiche. Unilever, Bmw, Allianz, Adidas ecc.: la preoccupazione è alta e i rischi climatici già stimati in almeno un costo potenziale di circa un trilione di dollari. Questo almeno il responso di un sondaggio condotto da CDP (ex Carbon Disclosure Project) sul gotha mondiale delle imprese. Prendere coscienza, dunque, perché è fin troppo evidente che ogni discorso politico ed economico è, per citare un vecchio brano dei Queen con David Bowie, Under pressure, verde ovviamente. Non solo il riscaldamento globale è un fenomeno globale ma è anche globalmente mainstream. Nessuno ha più voglia di scherzare quando è in gioco la sopravvivenza. Scenario: l’azione ecologica sta per diventare uno standard, una routine quotidiana per ogni impresa e istituzione.
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––Green pressure 02: Prendere decisioni C’era una volta l’ambientalismo battagliero, stile Greenpeace per intenderci, che si batteva per denunciare rischi (esempio scorie radioattive) e suggerire soluzioni (esempio energie rinnovabili). Acqua passata. Mezzo oceano affoga nella plastica, l’intero pianeta impazzisce di clima. C’è poco da denunciare e suggerire ma solo da fare, e anche in fretta. Non dovremmo neanche dirlo, talmente è ovvio, ma le imprese devono abbandonare la forma (greenwashing) per puntare (solo) alla sostanza (green solution). Per le imprese questa è l’epoca della Corporate climate responsibility. Poi al limite si può anche comunicare, forse, ma dopo i fatti concreti. Fatti che possono essere piccoli gesti, come dei profilattici vegani o cespi di lattuga a “metro zero” coltivati fuori dal punto vendita (Ikea) o grandi gesti, come un’intera produzione e distribuzione a impatto ed emissioni (quasi) zero.
––Green pressure 03: Prendere posizione Se un governo prende posizione e mette al bando i sacchetti di plastica (Germania), allora anche le imprese devono non solo adeguarsi, ma anche “mutarsi” e prendere posizione per evitare un futuro peggiore e garantirne (idealmente) uno migliore. Oggi il cambiamento climatico richiede molta prontezza. Ogni impresa deve essere pronta al peggio ma anche al meglio, immaginando un altro modo di fare economia. Plastic free economy, circular economy, reconomy, wasteconomy. Tanti approcci, un unico obiettivo: sostenere un mondo (e modello) che dura nel tempo. Senza entrare nel merito di quello che uno può e deve fare – per esempio se ti chiami Margaritelli e produci parquet lo fai con una gestione che rispetta il ciclo di crescita e rigenerazione della foresta – resta il fatto che una posizione di neutralità climatica presa va anche comunicata in un’ottica di PurposeDriven-Marketing: il marketing per una buona causa sarà la vera causa di futuri clienti.
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––Clima teso Chi salverà il pianeta? Sperimentale Watson. Coloro che ci provano. Con ogni mezzo. Il tempo è poco ma la voglia è tanta, perché anche i cinici hanno capito che ciò che è buono per il pianeta è buono anche per il business.
––Fatale Torna il revival survival
Scarica il White Paper del Copenhagen Institute for Futures Studies https://tinyurl.com/tcl5fby
https://tinyurl.com/sn3ew4m https://tinyurl.com/rlfd2ez https://tinyurl.com/tgox7ke https://tinyurl.com/ydb7hlca https://tinyurl.com/yx3ws44m https://www.climatechange.ai https://www.awhere.com https://plantix.net/en/ https://tinyurl.com/yx53wk2v https://bteam.org https://tinyurl.com/v6gas7s https://www.ipcc.ch https://aiforgood.itu.int https://www.cdp.net/en
Quando la natura passa al “terrorismo” sono guai seri con effetti devastanti anche sull’economia. Torna dunque di moda la sopravvivenza. Una condizione o esercizio che non è familiare a noi nati dopo la guerra e durante i fasti del boom economico e della crescita perpetua. Non siamo pronti e attrezzati per il tramonto climatico. Ma è meglio abituarsi all’idea. Non ci sarà la tanto sognata o auspicata linearità, perché è una parola del passato. Stiamo assistendo a una colossale destrutturazione del pianeta e della società. Sopravvivere all’impatto, dunque. Perché il problema non è la caduta, ma l’atterraggio. Le cose poi si complicano se si continua a cadere. Il mondo è in ricaduta libera? Certo. Una volta tutto questo si chiamava variabile esogena, oggi, che la complessità vertiginosa rende tutto possibile, ma anche rischiosamente imprevedibile, semplicemente wild cards. Un’espressione meno elegante ma che rende bene l’idea: rischi fantomatici, imprevisti mutanti del business aziendale. Terremoti che scuotono il futuro e che cambiano radicalmente la nostra percezione della realtà e le aspettative (anche dei consumatori) per il domani. Nessuna impresa può più permettersi di restare dietro la porta ad aspettare. Quando una wild card bussa è già troppo tardi per barricarsi in casa. Meglio stare alla finestra a scrutare. Tracciare scenari estremi e allenarsi alla reattività non è un lusso, ma un bisogno primario per sopravvivere in un mondo il cui clima cambia.
DIRIGIBILE #61
––Circolare Approcci per un impatto globale Solo il 9% dell’economia globale è circolare. Insomma, circola ben poco fra gli addetti ai lavori, industria o terziario che sia. Peccato, perché sono approcci sistemici – come per esempio anche la biomimesi che prende la natura come modello, misura e guida per la progettazione e l’innovazione di prodotti, edifici ecc. – possono rigenerare il pianeta e probabilmente salvare la nostra esistenza e dunque economia. Un buon contributo in tal senso, ovvero esplorare e selezionare soluzioni sistemiche e plausibili per mitigare i cambiamenti climatici, viene dall’Innovation Fund Denmark climate solutions panel, con un sintetico libro bianco che potete scaricare integralmente da queste pagine. Il termine chiave di questa sfida sistemica è, giustamente, cross-sector initiatives: iniziative ad ampio spettro che prevedono sei approcci chiave.
––Naturale L’intelligenza artificiale ci salverà Ma non è detto. Certo, a leggere i proclami di AI for Good, la piattaforma delle Nazioni Unite, che promuove discussione e accelerazione di soluzioni sostenibili grazie all’intelligenza artificiale, o di Climate Change AI, basterà affidarsi ad algoritmi superdotati per togliere le castagne dal fuoco. Ma per la nota rivista scientifica Nature le cose non sono così semplici. In base a un recente paper (vedi primo link), l’AI può abilitare, ma anche inibire la realizzazione di obiettivi di sviluppo sostenibile. Questione di sfumature etiche e della necessaria comprensione e supervisione normativa della tecnologia (tecnicamente responsible and trustworthy AI) ben documentate anche dal rapporto Sustainable AI (secondo link). Cautela, dunque, ma anche cauto ottimismo, almeno a giudicare da nuove app su smartphone come quella di Plantix, che consentono in pochi secondi di rilevare malattie alle piante o dagli esempi segnalati da Winnov (terzo link) che ci raccontano storie di riduzione dei consumi energetici (-40% nel data center di Google grazie a DeepMind), dell’utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura (-90%) e degli sprechi che vanno da quelli alimentari alla pesca selvaggia (overfishing). Nel frattempo aumentano le iniziative per riunire esperti di intelligenza artificiale con pionieri della protezione ambientale e sostenibilità, come la piattaforma EarthLab lanciata dal Fraunhofer in collaborazione con Microsoft, università e Ong.
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––Future Job Il climate transformation manager
www.unive.it/pag/7155/ https://tinyurl.com/vw7wjy4 https://tinyurl.com/ph4ntgn
Per i fenomeni meteorologici estremi ci vuole un fenomeno di manager. Ci sta bene il digital transformation manager, ma vorremmo vedere all’opera anche il climate transformation manager. Un ruolo per sopravvivere al “riscaldamento d’impresa”. Un ruolo tutto da inventare e definire.
––Climate transformation manager 01 Sostenibile e resiliente
––Climate transformation manager 02 Medico e terapeuta
Sostenibile, perché contrasta il cambiamento climatico con scelte di contenimento che coprono tutta la filiera (dall’approvvigionamento all’erogazione dei servizi). Dunque ridurre, riciclare, riusare, risparmiare e gestire l’impresa in perfetta sintonia con le varie economie circolari e obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu. Resiliente, perché assorbe il cambiamento climatico con scelte di adattamento e mutamento. Per dire: fa troppo caldo in montagna. Sparare con i cannoni neve artificiale (minimo sindacale), sparare nuovi servizi e nuovi intrattenimenti (massimo imprenditoriale). C’è troppo maltempo sulla costa. Trombe d’aria, ombrelloni che volano e turisti che fuggono. Dopo 8 ore la spiaggia è di nuovo accessibile. Adattamento. Ormai ogni attività è in costante competizione con il tempo. Il climate change è rischio, ma anche opportunità per riconfigurare l’attività: nuovi modelli di business basati sul clima possono infatti aprire nuovi mercati.
Multare la cultura d’impresa per allinearla al cambiamento climatico, ma come? A ben guardare il climate transformation manager altro non è che un medico in camice verde che assicura il benessere climatico dell’impresa con la prevenzione e il rafforzamento del sistema immunitario. Il tutto in quattro mosse. Primo: l’anamnesi, ovvero sondare e setacciare tutti i comparti aziendali alla ricerca di problemi, vulnerabilità, necessità, comprese eventuali resistenze culturali. Secondo: l’analisi dei dati, ovvero elaborare una strategia di trasformazione basata su informazioni predittive e scenari multipli (anche estremi). Terzo: la ricetta, ovvero prescrivere accorgimenti per prevenire guai futuri e tamponare emergenze riducendo i sintomi del climate change. Quarto: formazione, ovvero diffondere a tutti i livelli sufficienti competenze e padronanza del tema.
DIRIGIBILE #61
ALFABETIZZAZIONE CLIMATICA ELABORAZIONE SCENARI ANALISI GEOPOLITICA
METEOROLOGIA AZIENDALE FACILITAZIONE ADATTAMENTO
MONITORAGGIO NORMATIVO BUSINESS REMODELLING SPACE DATA ANALYTICS
URBAN RESILIENCE
GESTIONE VULNERABILITÀ
VALUTAZIONE OPPORTUNITÀ
CLIMATE CHANGE MANAGEMENT CLIMATE RISK MANAGEMENT
––Le climate skills Nuove competenze in arrivo Un po’ futurologo, climatologo, geologo, ecologo, tecnologo, antropologo, statistico, chimico, economista… e ovviamente innovatore, stratega e sì, anche esperto di marketing e comunicazione. Insomma, tanta roba per un ruolo inter, o multidisciplinare, che modella la nuova manager task force pronta a intervenire sempre just in time per adattare prodotti e servizi. E intanto nelle università italiane nascono i primi corsi e master sui cambiamenti climatici.
08
IPEROGGETTO QUANDO TUTTO CLIMATICO VA SOTTO Come scrive l’eclettico filosofo Timothy Morton nel libro Iperoggetti, uscito in Italia solo nel 2018, “l’iperoggetto per eccellenza è proprio il riscaldamento globale, la cui caratteristica principale è quella di esistere su dimensioni spazio-temporali troppo grandi perché possa essere visto o percepito in maniera diretta”. Detto diversamente: il cambiamento climatico è così grande e così diffuso nel tempo e nello spazio che possiamo solo percepirne dei pezzi, glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu lu glu glu glu glu glu glu glu glu glu
volta per volta, senza coglierne le infinite correlazioni. Da qui molto negazionismo stolto che non comprende che un’ondata di caldo nelle Filippine può avere, come conseguenza, un’estate particolarmente fredda in Texas. Comprensibile che la complessità sia incomprensibile, soprattutto quando si parla di riscaldamento globale che è un fenomeno, ma anche un’idea-percezione, ma allo stesso tempo anche un oggetto concreto che riguarda tutti gli umani glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu
e tutte le attività connesse, eppure è percepita ancora come lontanissima nella nostra esperienza, anche aziendale. E mentre nel libro di fantascienza New York 2140 l’intera città è sommersa e ogni grattacielo è un’isola a se stante, nella New York 2020, spaventata dall’idea di diventare una sorta di nuova Venezia, viene alla fine accantonato il progetto di un esagerato “Mose” di protezione. Iperoggetti che dominano la scena dei problemi e delle presunte soluzioni glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu glu gl glu glu glu glu glu glu glu glu glu u
Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione
FONDO MARIO NEGRI
UN 2019 DECISAMENTE POSITIVO Recuperate le perdite dell’anno precedente. Qualche utile chiarimento per gli iscritti al Fondo
Alessandro Baldi
presidente Fondo Mario Negri
M
olti dirigenti, preso atto del rendimento negativo dell’anno 2018, mi hanno contattato per ottenere spiegazioni e, in ultima analisi, rassicurazioni. Ho cercato di spiegare loro che, purtroppo, non sempre si riesce a soddisfare le aspettative di tutti gli iscritti, nonostante l’impegno profuso e
la forte responsabilità assunta e sentita nei confronti dei dirigenti. Gli obiettivi che il Fondo Mario Negri si è dato nel lungo termine prevedono un rendimento medio del 3% annuo. Questo comporta, nell’attuale situazione di mercato di tassi bassi e spesso negativi, la necessità dell’assunzione di un
MARZO 2020 MAGGIO - DIRIGENTE 2016 71
FONDO MARIO NEGRI
predeterminato, limitato e costantemente controllato livello di rischio. In tale contesto è ritenuto accettabile sfruttare le condizioni favorevoli (rendimenti 2017, pari al 6,50%), proprio a mediare situazioni negative impreviste e improvvise come il 2018. Il conto individuale e i comparti a medio e lungo termine investono, attraverso mandati specializzati a gestori di importanza internazionale, sui mercati mobiliari liquidi in modo bilanciato, con un profilo di rischio medio/basso. La valorizzazione del portafoglio, in termini di legge, è al prezzo di mercato corrente (fair-value). Ovviamente il valore del nostro attivo non può risentire dell’andamento dei mercati finanziari.
L’anno delle turbolenze è passato Il 2018 è stato un anno di turbolenze, con debolezza sui mercati obbligazionari e due significative flessioni dei mercati azionari. In particolare, nell’ultimo trimestre, praticamente tutte le classi investibili hanno realizzato consistenti perdite. Di conseguenza, il risultato comunicato agli iscritti per il 2018 è stato obiettivamente deludente e penalizzante, con una perdita realizzata sia nei conti individuali sia nei due comparti Tfr medio e lungo termine (il comparto Tfr garantito ha maturato un risultato positivo). Il fondo pensione è per definizione un investitore previdenziale istituzionale di lungo termine e pone più attenzione e considerazione ai fondamentali e all’economia reale che alle variazioni di breve perio-
72 DIRIGENTE - MARZO 2020
DISTRIBUZIONE DEL RENDIMENTO AI VARI COMPARTI Comparto Conti individuali
Lordo (%)
Netto spese e imposte (%)
10,48
8,50
Comparto garantito
2,57
1,99
Comparto medio termine
7,96
6,30
Comparto lungo termine
11,88
9,42
do. Infatti, già nei primi mesi del 2019 i mercati hanno messo a segno un significativo e generalizzato rialzo, mentre gli spread obbligazionari si sono ridotti. Ovviamente, anche l’attivo investito del Fondo ha seguito l’andamento rialzista, maturando un risultato positivo molto soddisfacente.
Interventi per ridurre i rischi Il Fondo ha preso atto che le caratteristiche strutturali dell’economia dei principali paesi lasciavano prevedere quantomeno un rallentamento e si è rivolta l’attenzione su alcuni interventi di ulteriore riduzione dei rischi e sul puntuale monitoraggio dei mercati e dei loro sviluppi, nella convinzione di aver posto le basi affinché il 2019 registrasse il ritorno degli usuali soddisfacenti rendimenti per le risorse degli iscritti investite. Il 2019 non è stato un anno facile: la crescita mondiale è effettivamente rallentata, il conflitto sui dazi e la Brexit hanno gravato sulla fiducia, gli investimenti si sono ridotti, il clima preoccupa, la stabilità politica di molti paesi è compromessa. Eppure, malgrado questa sfida, i mercati hanno archiviato un anno brillante, sospinti dall’aiuto delle banche centrali.
La distribuzione del risultato Gli attivi investiti dal Fondo per conto degli iscritti hanno pienamente beneficiato dello scenario positivo; sono state premiate le pur misurate esposizioni del portafoglio, rispondendo alle attese di un pronto recupero dei ristorni subiti dai mercati che aveva contrassegnato l’ultimo trimestre del 2018. Pertanto, è con vero piacere che anticipo che il consiglio di amministrazione del Fondo Mario Negri ha deliberato la distribuzione agli iscritti del risultato complessivo realizzato nell’esercizio 2019 di 215 milioni di euro, come riportato nella tabella in alto. Inoltre, ai pensionati è stata riconosciuta una perequazione pari allo 0,50% sulle rendite in essere all’1 gennaio 2020. I suddetti risultati non solo hanno permesso il completo recupero delle perdite del 2018, ma anche di conseguire e superare, per il conto individuale, il rendimento obiettivo prefissato per il mediolungo termine.
Gli estratti conto sono disponibili nell’area riservata del Fondo Mario Negri www.fondonegri.it
Elena Simonetti
responsabile sindacale Manageritalia Campania
I
l 25 e 26 febbraio scorsi alla Stazione Marittima di Napoli si è svolta la terza edizione di HospitalitySud, l’unico appuntamento del Meridione dedicato alle forniture, ai servizi e alla formazione per gli operatori dell’ospitalità. Due giornate di confronto per 80 aziende espositrici, con ben 50 seminari e 120 relatori. «Un momento di aggiornamento professionale, per gli addetti ai lavori, molto importante, per recepire le nuove tendenze e modalità di accoglienza dei turisti» come ha sottolineato Chiara Marciani, assessore alla Formazione e alle Pari opportunità della Regione Campania. Manageritalia Campania insieme a Mpi Italia Chapter è stata partner di Convention Bureau Napoli che ha organizzato una sessione di formazione dal titolo Meeting Design: un futuro strategico per gli albergatori?. Abbiamo chiesto al relatore Mike Van der Vijver, meeting designer, consulente, formatore e fondatore di MindMeeting, di raccontarci di più di questa figura. Cos’è il meeting design e che ruolo svolge un meeting designer? «Il meeting design è pura tecnica di progettazione del meeting, qualunque meeting, per ottenere
al meglio risultati verificabili e per centrare gli obiettivi. I meeting sono una forma potentissima di comunicazione. Il compito del meeting designer è quello di affiancare l’organizzatore nella realizzazione del miglior programma per raggiungere gli obiettivi desiderati». Che tipo di valore aggiunto viene dato agli albergatori e attraverso quali canali? «Nel momento di concepire la maggior parte dei meeting, quali congressi, convegni o seminari, avviene uno scollamento curioso. La parte di organizzazione e logistica viene affidata ai professionisti del settore: alberghi, pco e in generale fornitori di servizi. La parte dei contenuti, invece, appartiene all’organizzatore, il quale di solito ha un altro mestiere, non legato alla comunicazione. Questo scollamento offre alla filiera congressuale delle ottime opportunità di aggiungere valore: affiancarsi al “proprietario” del meeting, per creare programmi più efficaci tenendo conto degli obiettivi dell’organizzatore e delle esigenze dei partecipanti. L’albergatore può distinguersi se non considera la propria struttura come un mero contenitore che offre “in affitto”, ma ponendosi
come consulente del suo cliente per i meeting e offrendogli servizi fortemente migliorativi». Quali sono le risorse chiave e quali integrazioni esterne sono necessarie per generare valore in particolare in Campania? «La neuropsicologia ci insegna che l’essere umano ricorda soltanto ciò che vive attraverso delle esperienze, appunto, memorabili. Fa parte delle nuove modalità di programmazione dei meeting creare quelle esperienze. L’integrazione dei contenuti nelle esperienze (o viceversa) comporta un rapporto diverso e potenzialmente più ricco con il territorio. La filiera potrà esplorare infinite modalità di offrire ai partecipanti dei convegni esperienze autentiche in uno scambio attivo di conoscenze».
MANAGERITALIA ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
MANAGERITALIA CAMPANIA A HOSPITALITYSUD
Rossella Bonaiti, presidente di Manageritalia Campania che annovera tra i suoi associati molti professionisti del turismo, è intervenuta all’incontro ricordando quanto «questo settore sia molto importante per lo sviluppo dell’economia italiana e soprattutto per lo sviluppo del Sud». Accanto a lei Giuseppe Testa, consigliere Manageritalia Campania.
MARZO 2020 - DIRIGENTE 73
ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
I RENDIMENTI 2019 Buoni risultati per gli accantonamenti destinati, anno per anno, alle gestioni di riferimento della Convenzione Antonio Pastore e della polizza Capitello a cura di Assidir
I
capitali maturati nel 2019 sulle Convenzioni Antonio Pastore, in funzione del momento in cui sono stati pagati i premi, hanno avuto un rendimento, al lordo dell’imposta, del 2,57% per quelli versati dal 2018 (Convenzioni 3175) e del 2,75% per quelli versati fino al 31 dicembre 2017 sulle Convenzioni precedenti (3049, 3108 e 3140). Per accantonamenti tuttora presenti sulla polizza di capitale differito dell’ancora precedente Convenzione Previr, il rendimento riconosciuto è stato il 4%. Per gli accantonamenti volontari nella polizza Capitello, i premi versati
74 DIRIGENTE - MARZO 2020
sulle posizioni aperte fino al 31 dicembre 2017 hanno avuto un rendimento pari al 2,75%, mentre per quelle aperte nel 2018 hanno ottenuto il 2,53%. Le polizze Previr/Pastore con premi versati fino al 31 dicembre 2017 prevedono un rendimento minimo garantito annuo e il consolidamento del capitale maturato. La polizza Vita mista della Convenzione assicurativa Antonio Pastore 3175, in vigore dal 1° gennaio 2018, prevede a scadenza la garanzia, come minimo, del capitale pari al premio investito al netto degli eventuali riscatti parziali effettuati. Permane la possibilità di
trasformare il capitale maturato in una rendita vitalizia con opzione di reversibilità a favore di soggetto differente dall’assicurato.
Le particolarità delle polizze sulla vita Le particolarità delle polizze assicurative sulla vita, che non abbiano carattere finanziario (tecnicamente polizze di Ramo I, mentre quelle finanziarie sono di Ramo III), sono la composizione e il funzionamento delle gestioni patrimoniali che le compagnie di assicurazioni utilizzano per realizzare e riconoscere la rivalutazione. Molti si meravigliano di come possa essere possibile che ci siano polizze vita rivalutabili, che pur essendo costituite per la gran parte (mediamente almeno due terzi) da titoli di stato italiani, di media e lunga durata – che negli ultimi anni al netto delle commissioni e delle tasse in alcuni casi hanno un rendimento negativo – possano riconoscere agli assicurati rendimenti lordi interessanti. È presto spiegato, queste polizze sono legate a “gestioni separate”, strutture che, da quando sono state create dalle imprese assicuratrici, hanno acquistato titoli di stato, titoli obbligazionari governativi e
Rendimenti convenzioni contrattuali* Convenzioni Date di versamento dei contributi Rendimento attribuito
Antonio Pastore
Previr ’95 da 1983 a 31/12/1997
3049 da 1/1/1998 a 31/12/2002
4%
3108
3140
da 1/1/2003 a 31/12/2005
2,75%
da 1/1/2006 a 31/12/2017
2,75%
2,75%
3175 da 1/1/2018 2,57%
* Attribuiti al contratto - ritenuta d’imposta applicata sulla plusvalenza al momento del riscatto/liquidazione
altri strumenti anche in anni in cui i rendimenti erano a doppia cifra (i Btp degli anni ‘80 per esempio). I titoli, mantenuti al “costo storico” (gli attivi sono valutati al valore d’acquisto, consentono alle gestioni separate di ottenere e riconoscere ancora oggi buoni rendimenti. In sostanza, un titolo di stato emesso 30 anni fa produce ancora adesso rendimenti oggi impensabili (per esempio 7%) che elevano la media del rendimento dell’intera gestione separata. Anno per anno però i vecchi titoli scadono e, come si rileva dalla tabella storica a fianco, si assiste a una flessione lenta ma progressiva del rendimento (i titoli acquistati più di recente, per garantire le riserve in gestione, non riescono senz’altro a realizzare le plusvalenze di qualche decennio addietro), determinata principalmente dalle politiche di contenimento dell’inflazione attuate dall’Unione europea a partire dalla nascita dell’euro e la sua successiva stabilizzazione. Il lato positivo da considerare è che le gestioni separate non sono influenzate dalle fluttuazioni improvvise dei mercati (sia positive che negative) e garantiscono nel tempo una linearità di risultati.
Rendimenti polizze Capitello* Polizze Date apertura polizze
Capitello Fino al 31/12/2017
Rendimento attribuito
Nuova capitello Dal 15/9/2018
2,75%
2,53%
* Attribuiti al contratto - ritenuta d’imposta applicata sulla plusvalenza al momento del riscatto/liquidazione
Storico rendimenti polizze “capitale differito” e “mista” (Convenzioni Antonio Pastore)* Anno esercizio finanziario
Tasso di rivalutazione riconosciuto (%)
2009
3,94
2010
3,81
2011
3,77
2012
3,74
2013
3,57
2014
3,61
2015
3,49
2016
3,33
2017
3,23
Convenzioni 3049/3108/3140 - 2018
2,91
Convenzione 3175 - 2018
2,79
Convenzioni 3049/3108/3140 - 2019
2,75
Convenzione 3175 - 2019
2,57
* Attribuiti al contratto - ritenuta d’imposta applicata sulla plusvalenza al momento del riscatto/liquidazione
I relativi estratti conto sono disponibili nell’area riservata di Assidir www.assidir.it Per saperne di più contattare l’ufficio convenzioni al n. 02 277981
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I SERVIZI NELLA TUA AREA RISERVATA L’area riservata My Manageritalia contiene una sezione dedicata ai servizi Fasdac. Vediamo da vicino quali sono e come possono essere utilizzati
FASDAC
La gestione anagrafica dei familiari Questa funzione permette di visualizzare l’elenco dei familiari presenti nell’anagrafica del Fasdac, verificare l’esattezza dei dati, modificarli o completarli. Il sistema verifica la congruità del codice fiscale di ciascun familiare sulla base delle informazioni inserite. Il codice fiscale è la “chiave” necessaria al Fondo per poter trasmettere ogni anno all’Agenzia delle entrate i dati relativi ai rimborsi effettuati. Le informazioni inserite nell’area riservata sono acquisite dal Fasdac in tempo reale. Se devo aggiungere un familiare. Il servizio non consente di aggiungere nuovi nominativi. In questi casi occorre compilare il modulo di autocertificazione (mod. IC/05) e inviarlo per posta o per email alla propria Associazione territoriale, avendo cura di allegare la documentazione di volta in volta richiesta per ciascuna tipologia di familiare. Se devo cancellare un familiare. In questi casi è sufficiente in-
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viare un’email alla propria Associazione.
La gestione dell’Iban Come è noto, l’Iban è il codice che identifica il proprio conto corrente bancario su cui il Fondo effettua i bonifici dei rimborsi. Se l’Iban è italiano (inizia con IT), questa funzione consente di visualizzarlo e di modificarlo. Gli associati che possiedono un Iban estero devono necessariamente comunicarlo alla propria Associazione.
Visualizzazione pratiche Questa funzione consente di visualizzare il tracking di tutte le pratiche presentate, sia in forma indiretta che diretta, relative a tutto il nucleo familiare. Per ciascuna pratica indiretta è possibile conoscere lo stato di avanzamento, dalla data di presentazione all’Associazione territoriale fino all’avvenuto rimborso (“data valuta”) con evidenza dell’Iban utilizzato. Qualora le pratiche siano state sospese o respinte, è possibile conoscerne i motivi (sono gli stessi che sono stati comunicati per
posta/email dall’Associazione). Per ogni pratica rimborsata, il servizio consente di stampare la lettera di liquidazione che riporta il dettaglio delle prestazioni rimborsate e l’eventuale importo rimasto a carico: dati utili per la dichiarazione dei redditi. Lo stato di avanzamento di ogni pratica diretta, invece, inizia dalla data di autorizzazione presso la struttura prescelta fino all’importo del “rimborso”. Nella forma diretta il “rimborso” è la quota a carico del Fasdac, cioè quanto è stato corrisposto direttamente alla struttura sanitaria. Analogamente alla forma indiretta, il servizio consente di stampare il dettaglio delle prestazioni “rimborsate” alla struttura convenzionata. Si tratta di una novità importante poiché viene data la possibilità di verificare analiticamente le prestazioni fruite e l’importo rimasto a proprio carico. Per coloro che ne sono destinatari (al momento i dirigenti in servizio e i prosecutori volontari), la funzione “visualizza pratiche” evidenzia i “pacchetti” di prevenzione ai quali si ha diritto in base all’età e al sesso.
Nella propria area riservata si può verificare se si ha già fruito di un determinato “pacchetto” e si può vedere quali sono le prestazioni previste per ciascuno di essi. Si può stampare il riepilogo delle pratiche sia dirette che indirette, anche dei propri familiari. All’interno della funzione “visualizza pratic he” è presente un’applicazione per la ricerca delle strutture convenzionate sulla base della tipologia di prestazione (assistenza ospedaliera, cure odontoiatriche, diagnostica, …) e della dislocazione territoriale.
Comunicazione dati all’Agenzia delle entrate Così come stabilito dalla vigente normativa, il Fasdac provvede, entro febbraio di ciascun anno, a comunicare all’Agenzia
delle entrate i dati relativi ai rimborsi effettuati con data valuta dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno precedente, a fronte delle prestazioni usufruite dall’iscritto e dai suoi familiari assistiti. I dati sono comunicati in base alle specifiche richieste dell’Agenzia delle entrate e vengono utilizzati dalla stessa per la precompilazione del modello 730. Vengono trasmessi esclusivamente i dati relativi ai rimborsi effettuati in favore dei dirigenti in ser vizio. Qualora nel corso dell’anno l’iscritto abbia rivestito più qualifiche (prosecutore volontario o pensionato), il Fasdac trasmette esclusivamente i dati relativi ai rimborsi delle spese sostenute in qualità di dirigente in servizio. Questa funzione consente di scaricare in formato pdf i pro-
spetti riepilogativi dei dati comunicati all’Agenzia delle entrate. I prospetti non costituiscono “certificazione fiscale”. Potrai quindi tenere il prospetto solo come riferimento per le eventuali modifiche dei dati del tuo modello 730 precompilato dall’Agenzia delle entrate. Il prospetto con i dati relativi al 2019 sarà disponibile entro la fine di aprile 2020.
RICHIESTA INVIO MAV FASDAC Questa funzione è dedicata soltanto agli iscritti in qualità di prosecutori volontari e pensionati. Puoi comunicare o modificare l’indirizzo di posta elettronica al quale desideri ricevere i bollettini Mav necessari per il pagamento dei contributi. Ti ricordiamo che il Fondo invia i bollettini di pagamento Mav soltanto per posta elettronica.
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OCCHIO ALL’INFORTUNIO Siamo sicuri di sapere esattamente ciò che prevede il nostro contratto?
ASSIDIR
S
iete in tanti a chiederci cosa fare in caso di infortunio. Perché spesso non è così chiaro con chi si è assicurati o su cosa si è coperti. C’è chi è convinto di essere assicurato con la Convenzione Antonio Pastore; chi non sa di avere la copertura assicurativa sugli infortuni stipulata dalla propria azienda; chi infine crede di essere automaticamente assicurato con Assidir perché iscritto a Manageritalia. Proprio per questo torniamo a parlare dell’art. 18 (comma 7/a/b/c) del ccnl stipulato da Manageritalia con le parti datoriali, il quale prevede che il datore di lavoro debba stipulare, a proprio carico e nell’interesse del dirigente, una polizza contro gli
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infortuni sia professionali che extra-professionali. In caso di infortunio, quindi, siamo assicurati per un importo pari a sei annualità della retribuzione di fatto (sostanzialmente pari all’imponibile previdenziale), che dovrà essere liquidato senza l’applicazione di alcuna franchigia se si verifica un’invalidità permanente; in caso di invalidità permanente parziale abbiamo invece diritto a una liquidazione proporzionale al grado di invalidità accertato. Infine, in caso di morte causata da infortunio, è prevista una somma a favore degli aventi diritto pari a cinque annualità della retribuzione di fatto. Ricordiamo che per infortunio si intende un evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna che
produce lesioni fisiche obiettivamente constatabili che hanno come conseguenza un’inabilità temporanea, un’invalidità permanente o addirittura la morte. Va da sé che, da questi casi, sono escluse le malattie e le relative conseguenze.
Cosa fare per utilizzare le coperture di questa assicurazione nel caso in cui si incorra in un infortunio? Dopo aver provveduto alle cure del caso, erogate dal Servizio sanitario nazionale, ed eventualmente integrate dagli interventi del nostro Fasdac, è necessario verificare quali sono tutte le coperture assicurative in essere, in quanto le conseguenze dell’infortunio si possono manifestare an-
LE GARANZIE DELLA POLIZZA ASSIDIR INFORTUNI EXTRA CCNL Oltre a soddisfare pienamente tutte le caratteristiche previste dal ccnl per la polizza infortuni dei dirigenti, la polizza di Assidir propone un’elevata componente di servizio, estensioni specifiche a costi particolarmente competitivi: ■ liquidazione dell’intero importo qualora venga accertata una percentuale di invalidità permanente superiore al 50%; ■ diaria giornaliera in caso di ricovero in istituti di cura a seguito di infortunio; ■ rimborso fino a un importo definito delle spese documentate rimaste a carico dell’assicurato per onorari dei chirurghi e dell’équipe operatoria, uso della sala operatoria e materiale d’intervento, rette di degenza in ospedale o clinica, medicinali prescritti dai medici curanti, onorari medici, accertamenti diagnostici; ■ rimborso fino a un importo definito delle spese sostenute dall’assicurato per cure e applicazioni effettuate allo scopo di ridurre o eliminare il danno estetico nonché per interventi di chirurgia plastica ed estetica a seguito di infortunio; ■ rimborso fino a un importo definito delle spese di trasporto (aereo o ferroviario) sostenute dall’assicurato in caso di infortunio.
che dopo un periodo non brevissimo o protrarre nel tempo. Immediatamente dopo aver effettuato le verifiche, è poi indispensabile provvedere a tutte le comunicazioni del caso per far scattare le coperture assicurative e le altre eventuali tutele previste.
E se l’infortunio genera una grave invalidità? Se l’assicurato non potrà più essere in servizio, con un’invalidità riconosciuta pari o superiore al 66%, vengono mantenute in vigo-
re gratuitamente, fino al compimento del 65°/70° anno d’età, le coperture assicurative della Convenzione Antonio Pastore: Temporanea caso morte; Polizza mista; Long term care. Inoltre, nel caso in cui le conseguenze dell’infortunio (o della malattia) portassero alla non auto sufficienza (impossibilità permanente a svolgere 3 delle 6 funzioni elementari della vita quotidiana: Ltc) è prevista l’erogazione di una rendita mensile di 2.582,28 euro. Assidir è a disposizione dei diri-
COSA FARE IN CASO DI INFORTUNIO LAVORATIVO O EXTRALAVORATIVO ■ Il dirigente inoltra immediatamente la denuncia dell’infortunio, anche se extraprofessionale, all’azienda presso cui lavora; ■ l’azienda mette il dirigente in contatto con l’assicuratore, con il quale ha stipulato la polizza, per avviare l’iter di valutazione dei danni; ■ il dirigente conserva con precisione tutta la documentazione, medica e non solo, relativa all’infortunio e alle sue conseguenze; ■ il dirigente verifica presso l’assicuratore che la pratica sia stata avviata; ■ il dirigente tiene sotto controllo il corretto avanzamento della pratica considerando che, una volta che la pratica è stata aperta, per la definizione della stessa sono necessari dei tempi non brevi, soprattutto quando si fa riferimento a conseguenze o postumi di invalidità che si manifestano solamente nel tempo, tenendo conto dei tempi della prescrizione prevista dal codice civile.
genti associati a Manageritalia e delle loro famiglie per fornire tutte le delucidazioni del caso, per esempio per verificare i dettagli della copertura infortuni, per sapere se le garanzie sono corrispondenti a quanto previsto dal ccnl, in caso di decesso dell’assicurato causato da un infortunio, per informare i familiari su come attivarsi con Assidir e con l’azienda presso cui l’associato lavorava. Infine Assidir, in qualità di distributore assicurativo, mette anche a disposizione delle aziende una polizza che risponde ai requisiti previsti dal ccnl dirigenti con l’aggiunta di interessanti estensioni (vedi box in alto).
Le caratteristiche di tutte le coperture sono descritte nel “Vademecum - Gestire presente e futuro”, accessibile online sul sito di Assidir alla pagina “risorse utili – vademecum” o direttamente su www.assidir.it/risorse-utili/vademecum.html
Per saperne di più scrivi a info@assidir.it e visita www.assidir.it
MARZO 2020 - DIRIGENTE 79
SCUOLA DI MANAGEMENT Amministrazione Tax&Finance Economics 4 manager Come gestire le tematiche economico-finanziarie e l’interpretazione del bilancio Milano
24 giugno
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CFMT
14 luglio o 22 settembre Roma
14 maggio
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Digital transformation e industry 4.0 Anticipare il futuro, cavalcare l’onda digitale 13 maggio
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21 aprile 28 maggio
Genova -
PER INFORMAZIONI:
26 maggio
1 aprile 12 giugno
Roma -
23 aprile -
Roma
22 aprile
Milano
17 settembre
Padova
18 novembre
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Leadership e people management Progettare semplicità per gestire complessità Keep it simple 18 giugno
Bologna
20 ottobre
Parlare in pubblico Come preparare e realizzare una presentazione efficace Milano
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22 maggio
Udine
26 maggio
Prova d’orchestra Armonia e ritmo nella direzione aziendale
Mutatis mutandis Intimi cambiamenti organizzativi Milano Roma
Milano
Marketing digitale Il ruolo dei media digitali nel customer journey dei consumatori
Padova
Change management: cambiare il modo di cambiare Allenarsi al cambiamento Milano
17 aprile
19 maggio
Strategia e organizzazione
Milano
Ancona
Firenze Milano
Il cfo tra arte e mestiere Verifiche, accertamenti e gestione del rischio fiscale. Prassi accertativa e strumenti di difesa Roma
Social media marketing Come presidiare i canali di social networking
Paghiamo un prezzo o compriamo il valore? Come rendere più agile e produttiva l’attività della rete vendita
Strategie di business & analisi dei risultati... in game Come allenarsi a verificare gli impatti delle scelte manageriali sui “numeri” economico-finanziari di un’impresa Milano
Marketing e vendite
13 maggio -
MILANO
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18 giugno
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15 ottobre
ROMA
info@cfmt.it, 06 5043053
La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.
80 DIRIGENTE - MARZO 2020
SALES BEST PRACTICE TREND E SCENARI Gli output della SalesFactor Index
Q
uali sono le Sales best practice che meglio rappresentano le competenze necessarie alle organizzazioni aziendali per raggiungere la migliore efficacia commerciale? In virtù del nostro obiettivo di offrire ai leader delle vendite analisi strategiche e supporto decisionale, Cfmt, in collaborazione con il Coe (Centre of excellence) customer platforms di Bip, Business integration partners, ha lanciato la survey SalesFactor Index. Il SalesFactor Index mette in luce le caratteristiche comuni, ma anche le lacune delle aziende che hanno preso parte alla survey, rispetto alle organizzazioni di successo su scala internazionale. Siamo infatti tutti consapevoli della breve durata di fattori distintivi, come quelli legati al prodotto, o a determinati vantaggi competitivi destinati a indebolirsi viste le infinite combinazioni, in ogni ambito e settore, di possibili alternative di offerte, canali e modalità di acquisizione di beni, strumenti e servizi in grado di sostituirli. Per questi motivi, la ricerca del SalesFactor Index di un’organizzazione commerciale non può considerare esclusivamente le performance del momento o le caratteristiche di fattori puramente “sales”, ma deve esplorare in modo sistemico gli elemen-
ti che consentono il perdurare, per quanto possibile, delle performance di successo. La survey ha l’obiettivo di individuare le sales best practice che meglio rappresentano le competenze necessarie alle organizzazioni aziendali per raggiungere la migliore efficacia commerciale. Verranno analizzati ambiti specifici quali: n Collaboration capability In che modo le varie funzioni aziendali e i canali indiretti contribuiscono all’efficacia commerciale. n Marketing capability Quali processi e strumenti migliorano le performance del marketing operativo a supporto dello sviluppo del business. n Sales capability Quali competenze distintive organizzative incidono sull’efficienza e l’efficacia dell’organizzazione commerciale. Dai risultati della ricerca, dal confronto con le Sales best practice internazionali, verranno delineate le più recenti sfide commerciali, le leve strategiche, i modelli di business e le principali capacità organizzative che guidano oggi la competitività nelle imprese. La Survey SalesFactor Index sarà disponibile sul sito di Cfmt fino a fine aprile 2020. Tutti coloro che prenderanno
parte alla survey avranno la possibilità di fotografare lo stato dell’arte della propria realtà aziendale e confrontarla con altre organizzazioni. I dati di confronto sui kpi provengono dal censimento delle migliori organizzazioni commerciali al mondo effettuato negli anni da Cso Insights (Miller Heiman Group). Il test può essere svolto da più colleghi della stessa azienda in modo da ottenere un ulteriore benchmark frutto delle valutazioni interne. Il 17 giugno 2020, presso la learning house di Cfmt a Milano, saranno presentati i risultati completi della survey arricchiti da testimonianze aziendali che si confronteranno sul tema delle competenze necessarie alle organizzazioni per migliorare la propria efficacia commerciale.
PER INFORMAZIONI
info@cfmt.it - 025406311
SCOPRI LA RICERCA
http://bit.ly/cfmtsalesfactorindex
PARTECIPA ALLA SURVEY http://bit.ly/cfmtsalesfactorindex
MARZO 2020 - DIRIGENTE 81
Hanno collaborato a questo numero
Valentina Aprea è componente della Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati. L’articolo pubblicato su questo numero è tratto dal libro La scuola dei centennials (Egea). (28) Alessandro Baldi ha un’esperienza professionale maturata in una importante società di revisione (71) internazionale. È presidente del Fondo Mario Negri. Danilo Belletti è business mentor a Invitalia & Mise Innovation Manager.
(36)
Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.
(59)
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del progetto Future Management Tools di Cfmt e curatore (63) dell’inserto Dirigibile. Alfonso Emanuele de León è partner presso FA Hong Kong Consulting ed è stato tra il 2014 e il
2019 vice president Asia-Pacific e Oceania per diversi brand del gruppo Estée Lauder, vivendo a Hong (18) Kong.
Paolo Legrenzi è professore emerito di psicologia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. È pre-
sidente del comitato scientifico di X-ITE, centro di ricerca Luiss, e firma del Sole 24 Ore. È autore e curatore di numerose pubblicazioni accademiche. L’ultimo suo libro è L’alfabeto dei soldi (GueriniNext), da cui (39) è stato tratto l’articolo pubblicato su questo numero.
Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di operato(61)
ri virtuali.
Valeria Cantoni Mamiani è presidente di ArtsFor.
(33)
Giancarlo Sacripanti
è un massaggiatore professionista e propone il cuddle therapy massage. Oggi opera nel suo studio nel centro di Milano e collabora con la spa del Four Seasons Hotel di Milano. (58) www.massageinmilan.com
Gijs van Wulfen è innovatore riconosciuto a livello mondiale e fondatore del metodo di innovazione (48)
FORTH.
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta
39
Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it
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Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it
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da Manageritalia Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale Manageri(22, 62) talia. Elena Simonetti, responsabile sindacale Manageritalia (73) Campania.
Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa
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La diffusione di marzo 2020 è di 38.230 copie