La prima di Bruce Vladimir Burns
La notte di halloween non è mai tranquilla, ma se c’è una cosa che Bruce disprezza, quella è proprio la tranquillità. Cresciuto a film, telefilm e fumetti carichi di violenza, investigazioni degne di film gialli, si imbarca in un’ avventura al limite del televisivo. Tra allupati mannari, teste di cazzo mozzate e killer dell’ultimora, un viaggio nella nera Bologna del vero giorno dei morti.
Capitolo 1 Il telefono squillò proprio nel momento meno opportuno; come sempre. Avevo appena finito di lavare tutti i piatti accatastatisi in una settimana, incrostati di uno sporco leggendario che avevo dovuto distruggere col sudore di sette magliette, visto che non uso camice. Avevo anche sistemato la montagna di vestiti che teneva ostaggio il mio letto, e per festeggiare mi ero stappato una gran birra, adagiato sul letto, creato l’atmosfera giusta spegnendo la luce principale e lasciando accesa solo la lampada sul comodino ed ero pronto a leggermi l’ultimo numero di Dylan Dog acquistato il giorno prima, ma che mi ero tenuto in serbo apposta deciso a passare la notte di Halloween immerso nell’unico vero orrore italiano alla faccia (mascherata probabilmente) di questa festa americana, che come tale, ci sta invadendo. Una bella nottata di solitudine. Fuori chissà cosa sarebbe successo tra allupati mannari, teste di cazzo mozzate e infermierine mozzafiato… non mi importava! Mi piace la solitudine; cioè, me la sono fatta piacere nel corso degli anni serata dopo serata passata da solo; me la sono fatta piacere così tanto che adesso ne sono quasi
geloso: ora, quando mi capita di passare un periodo sempre in giro, in compagnia, indaffarato, guardandomi allo specchio mi sgrido per essere così “puttana” e per non passare abbastanza tempo con me stesso. E così eccomi lì, nella classica occasione in cui si suppone si debba stare in compagnia a divertirsi, da solo: Halloween, la notte degli orrori; e cosa c’è di più spaventoso della solitudine? L’amarla forse… Mi ero organizzato in tutto e per tutto per passare la nottata in tranquillità, a leggere sotto le coperte mentre fuori diluviava, sorseggiando litri di birra scadente comprata al mio discount di fiducia, con sottofondo a tema dei Cypress Hill, avvolto dalle tenebre che solo l’impavida lucetta della mia lampada osava sfidare ed incredibilmente vincere. Una nottata da gustare fino in fondo a cui non avrei rinunciato per nulla al mondo. Fu appunto in quel momento che il telefono squillò. “Che problema c’è?” si direbbe, basta non rispondere; purtroppo per me non è così facile: IO NON RIESCO A NON RISPONDERE AL TELEFONO. E’ questa la condanna che il cielo ha gettato su di me , insieme a molte altre, il giorno della mia nascita. Quando sento il telefono squillare, anche se sono appena uscito di casa magari chiudendo a chiave, o in doccia, o agonizzante sul pavinmento, non riesco a sbattermene il cazzo: devo sapere chi mi cerca! Il non rispondere lo vedo come buttare via un’ occasione che mi auguro arrivi a portare una ventata di avventura in questa eistenza troppo piatta. Ovviamente di solito si tratta solo di gente che ha sbagliato numero, di pubblicità e di minacce, ma la mia speranza non dermorde. La prossima volta potrebbe sempre essere una modella in cerca dell’uomo della strada, o un miliardario impazzito che ha deciso di regalare il suo patrimonio al primo che passa. Solo una volta non risposi: erano le dieci di mattina e visto che ero andato a dormire solo un paio d’ore prima pensai che la mia priorità fosse la salute del mio corpo, e che se era davvero importante avrebbero richiamato. Era la telefonata di un agenzia che voleva ingaggiarmi per un lavoro dopo il colloquio che avevo superato brillantemente. Non richiamarono. E allora eccomi qui ancora disoccupato, con l’acqua alla gola, ma con un sacco di tempo libero. Mi ero appena adagiato sul letto, bevuto una bella sorsata della bionda tedesca, aperto il Dylan Dog quando sentii: “La vida loca è malata/La gente lo sa ma ne è innamorata/Va dal madama fino al pusher di strada…”. La mia suoneria. - E mo chiccazzo eh?! - mi venne da esclamare. La mia ragazza era tornata a casa sua in Francia per il ponte dei morti, i miei amici erano proprio morti, in senso figurato ovviamente, ed ero l’unico che conoscessi rimasto in città. Chi poteva essere? Guardai il display: numero sconosciuto. - Chi è? - risposi. - Pronto? - Si sono proprio pronto a sapere chi è! - Si pronto.. parlo con il detective Bruce? - Ehh?? - Proontoo? Signor Bruce?
Fu a quel punto che fui folgorato dalla rivelazione. Non potevo crederci. Qualche mese prima, in estate, vincendo un concorso letterario a cui avevo erroneamente partecipato visto che non prevedeva un conguaglio in denaro, con il primo premio mi ero aggiudicato il diritto ad un’ inserzione gratuita sulle Pagine Gialle 2008, e non sapendo che farmene, vi avevo fatto scrivere: DETECTIVE BRUCE Specialista in casi logicamente rifiutati a prezzi rifiutati dalla logica umana Bologna (BO) 333/3325466 A dire il vero me ne ero bello che dimenticato probabilmente il giorno stesso a causa della classica sbronza della vittoria. Mi ricomposi, e senza neanche sapere perchè ressi il gioco. - Oh si, mi scusi, non la sentivo bene. Mi dica pure, sono Bruce! Una voce di donna, che putroppo ancora una volta non apparteneva né a una modella né tanto meno a una miliardaria, rimandando ogni minima spegazione, mi diede un appuntamento mezz’ora dopo in una villa dispersa sui colli. Nulla di più irragionevole e sconsiderato. Ovviamente accettai.
Capitolo 2 Si guardò allo specchio: nessuno l’avrebbe potuto riconoscere così vestito, nemmeno sua madre, come si dice. Tanto più che giaceva a terra senza vita e con gli occhi cavati. Indossava una maschera da teschio, un camicione da boscaiolo sporca di sangue che per una volta non era un trucco, guanti di pelle, jeans, e un pesante impermeabile nero come la notte. In qualsiasi altro giorno dell’anno certo avrebbe dato un pochino nell’occhio, ma non quella sera. Raccolse il pesante machete e uscì dalla casa. La festa era appena cominciata.
Capitolo 3 In mezz’ora fui sul luogo dell’appuntamento. Con mezzora di ritardo. Una grande villa stile 50cent si ergeva di fronte a me, corcondata da sempreverdi invalicabili tranne che per un viottolo di piastrelle che penetrava il bosco magico. Suonai il citofono.
- Chi è? Non resistetti - Dolcetto o scherzetto? Il cancello si aprì. Attraversai il sentierino di piastrelle che penetrava il muro di alberi e mi trovai di fronte all’entrata di quella che più che una casa sembrava un tempio. Era enorme, più alta dei pini che la circondavano, apparentemente infinita. Due piccole fontanelle poste ai lati del portone sorvegliavano il ciglio del quale un maggiordomo mi aspettava. Credetti di essere in un film. Io che ho sempre cercato di vivere la mia vita come se fossi il protagonista di un movie forse finalmente ce l’avevo fatta? Guardai il pinguino e sfoderai un bel sorrisone. - Chi ho il piacere di introdurre? - disse. - Sono Bruce… ho un appuntamento con i signori. - Si, ce l’aveva trenta minuti fa… - aggiunse acido. - Attenda qui un momento Dalla mia postazione potei notare che l’interno della villa era arredato in stile liberty, molto english. Soffitto in legno, parquet, tende ricamate, lunghissime scale che portavano al piano di sopra e a chissà quali segreti. Fui tentato di cercare da qualche parte il ritratto di Doryan Gray ma fui interrotto dal ritorno del mio nuovo nemico. - Mi segua - mi disse con tono sprezzante. - Ma certo, Ambrogio - replicai. Mi condusse proprio su per le fantomatiche scale, dopodichè percorremmo un corridoio zeppo di ogni tipo di decorazione che aveva tutta l’aria di valere un mucchio di soldi, fino a che ci fermammo di fronte ad un ampia porta. Ambrogio bussò e gli fu intimato di entrare, ma egli rimase sulla porta e mi spinse con lo sguardo a precederlo. Entrai così in quello che sembrava l’ufficio del dottor Jekyll e vidi i due cogniugi seduti ad una scrivania ingombra di mezzi busti e bigiotteria del genere. Il maggiordomo se ne andò chiudendo la porta alle mie spalle.
Capitolo 4 - Prego si accomodi - mi disse Jekyll - e lasci che mi presenti. Piacere - disse stringendomi la mano - Cletus; e questa è mia moglie Guendaline. - Piacere Bruce… - e mi guardarono come a dire “Bruce e poi?” - Ehm.. Bruce. - Detective giusto? - Oh si si certo. - Mmm, sembra piuttosto giovane. Dimostra quasi vent’anni! - Ahh si, molto me lo fanno notare. No, in realtà ne ho ventuno - fortunatamente la presero come una battuta. - Ah ah ah… Prego si sieda pure - intervenne la moglie - E’ stato difficile trovare la
casa? - Ehm, no non direi. Sarebbe difficile non trovarla - ormai ero lanciato. - Ah ah, è proprio simpatico Bruce. Gradisce qualcosa da bere? - Una birra grazie! - l’abitudine quasi mi tradì. Mi guardarono piuttosto esterefatti, salvo poi mettersi a ridere ancora. - Ah aha hahahaha… esilarante davvero - fortunatamente ormai erano miei. - Che ne dice di uno scotch invece? - Oh si, andrà benissimo - ero proprio finito in un poliziesco. - Dunque, veniamo a noi. Mi dica pure di cosa si tratta - decisi di prendere subito l’iniziativa per sembrare pratico di situazioni del genere. - Bene. Signor Bruce deve sapere che la nostra piccola Paris è scomparsa! Fu una rivelazione abbastanza agghiacciante. Cosa stavo facendo? Prendendo in giro due poveri (beh, in senso figurato) genitori spacciandomi per un detective, quando invece non c’era tempo da perdere! - Come? Sparita? - risposi con tono forse più allarmato dei miei clienti. - Si, scomparsa! Questo pomeriggio, verso le cinque! Ero in panico completo. Ma la cosa che più mi disturbava era il perchè un coppia di borghesi dalle infinite possibilità economiche si stesse rivolgendo a un ciarlatano come me! - Avete avvisato la polizia? - Si, ma ci hanno risposto che hanno cose più importanti a cui pensare. Ma come? Cosa c’è di più importante della sparizione, forse il rapimento di una dolce bambina!? - Ma aspetti! Ecco, le mostro una foto della nostra povera creatura. Rimasi pietrificato. - Signora, poteva dirmelo subito che Paris è un cane!
Capitolo 5 Si stava truccando. Mancava poco alla festa ed era in ritardo, ma non se ne preoccupava. Sarebbe stata la fatina più bella della pista da ballo. Qualcuno entrò in casa, e lei sentì i passi dal bagno. - Kendra sei tu? Hai dimenticato qualcosa? Nessuna risposta. Continuò a truccarsi e quando ebbe finito uscì dal bagno in cerca di consensi. - Hey… Kendra?? Che ne dici? Ma dove sei? Si diresse nella camera della coinqulina, ma al suo posto trovò un poco accogliente machete che, abbattendosi su di lei, invece di fare apprezzamenti sul suo costume lo rovinò, sporcandolo col sangue delle sue cervella. Purtroppo per lei non morì sul
colpo; in fondo lo aveva sempre saputo di avere la testa dura, e in preda al delirio causatogli dalla mazzata si mie a barcollare gridando e agitandosi, dando fondo alle sue corde vocali, andando a sbattere contro le mensole, la scrivania, e tutto ciò che c’era da colpire in quella stanza mentre l’assassino se ne andava velocemente, non lasciando alcuna traccia di sè. Povera fatina, se almeno per una volta fosse stata in orario non si sarebbe trovata in casa da sola, a quell’ora, ad affrontare il suo destino.
Capitolo 6 Ora ero più calmo e rilassato. Non ero più un ciarlatano che stava prendendo in giro due poveretti bisognosi, ma un ciarlatano che in fondo poteva dare una mano a due ricconi in cerca del loro cane viziato. Feci mente locale alle mie conoscenze nel settore dell’investigazione, ovvero i film e telefilm, i libri, i fumetti. - Bene. Cioè, male. Insomma… dov’è stato avvistata l’ultima volta Paris? - Questo pomeriggio: l’avevamo portata con noi per la passeggiatina pomeridiana e passando di fronte a un negozio di vestiti di halloween abbiamo pensato che alla povera Paris sarebbe piaciuto un vestitino da principessina. Nostra nipote Mary Ann ci aveva informato dell’esistenza di quel negozio, e che aveva anche dei travestimenti per animali. Purtroppo però paradossalmente non erano ammessi cani all’interno del negozio, così abbiamo lasciato Paris legata fuori, ma solo per poco! La voce le si ruppe dal pianto. - E quando siamo usciti lei non c’era più! - e scoppiò del tutto in lacrime. - Calmati cara - intervenne il marito. - Sono sicuro che Paris sta bene, e che il signor Bruce ci aiuterà a ritrovarla. Vero? Siamo disposti a pagare molto bene! - Certamente! Non potrei mai tirarmi indietro davanti a una simile sciagura! - Ohh la ringrazio, lei è un eroe! - ora si stava esagerando. - Di quanto consiste il suo ingaggio? Questa domanda mi lasciò spiazzato. Non mi ero preparato a questo, e non avevo tempo per pensarci sul momento, avrei fatto la figura dell’approfittatore! Mi venne così in mente la mia unica referenza in materia. - Cinquanta sterline al giorno più spese - Dylan Dog. - Sterline? - mi ero lasciato prendere la mano. - Ehm, euro, volevo dire euro. E’ che ho lavorato tanto in Scozia - salvo per un pelo. - Davvero? Abbiamo dei parenti in scozia! - merda! - Ah si? E dove di bello? - ero riuscito ad anticiparli su quella domanda; forse l’avevo scampata. - Glasgow. - Ah no mi spiace, io ad Edimburgo. - Ahh abbiamo anche degli altri cugini a Edimburgo! - cazzo! - No quelli sono di Inverness - stavo rischiado troppo, dovevo cambiare discorso. - Bhe poco importa, in fondo non c’è tempo da perdere. Se non avete altre informazioni da darmi io comincerei subito le mie indagini.
Fu così che mi congedai finendo lo scotch in un sorso, e mi dileguai in poco tempo promettendo che mi sarei fatto sentire non appena avessi avuto qualche notizia e rassicurandoli sul fatto che non c’era niente da temere. Quando fui di nuovo in strada feci chiarezza nei miei pensieri annebbiati dalla botta dell’alcol: non avevo la minima idea da che parte cominciare.
Capitolo 7 La polizia fu in fretta sul luogo del delitto, avvisata dai vicini di casa allarmati dalle urla della povera vittima che era finalmente spirata. Si scoprì che era un appartamento di studentesse, una delle quali, un anno prima, era stata vittima di violenze da parte del ragazzo il quale però non era mai stao incriminato per mancanza di prove. Visto il disordine proprio nella camera della ex abusata, il commissario concluse che l’idea più plausibile fosse quella che fosse stato l’ex boyfriend venuto in cerca della sua ex ragazza, e non avendola trovata si fosse sfogato contro la coinquilina. Probabilmente si era introdotto in casa con facilità dato che in passato aveva avuto tutto il tempo di farsi una copia delle chiavi, o forse si era semplicemnete fatto aprire. Il problema ora stava nel rintracciare la ragazza, e in una serata in cui tutti sono mascherati per non farsi riconoscere, sarebbe stato davvero difficile.
Capitolo 8 Conclusi, con un ragionamento che stupì anche me stesso, che dalle parole dei cognugi si evinceva che il negozio davanti al quale era sparita la cagna era il più rifornito della città, nel quale si era probabilmente servita la maggior parte dei babbi che ora stavano festeggiando quella che sarebbe diventata la numero uno in cima alla lista delle feste da me odiate. Decisi di chiamare il mio contatto con la B.B. (la Bologna Bene) per saperne qualcosa di più. - Pronto? La calda voce di Selly mi rinfrancò; forse ero proprio tagliato per quello che stavo fingendo di fare. Tutti i veri investigatori hanno i loro informatori, e io, un finto investigatore, avevo la mia finta informatrice. Finta perchè il nostro rapporto non è quello classico tra un informatore e un detective. L’avevo conosciuta un anno prima in un discopub, e ovviamente ero stato io ad approcciarla. Si, ovviamente volevo provarci. Non so perchè al tempo ero fissato con l’idea di volermi trovare una tipella
molto cool, decisamente IN, rispetto alla Bologna che conta. Niente di più pacco. Ero andato incontro solo a menose del cazzo, finte intellettuali, e troiette strafatte. Lei era diversa. Forse è per questo che non ci stette. Rimanemmo comunque in contatto, e nell’ultimo anno, visto il suo ingresso nel mondo universitario, la sua popolarità era cresciuta ancora ed era una perfetta referenza per sapere cosa pensasse la massa. - Pronto, ciao Selly. Puoi parlare o sei già sbronza? - Macchè! Non sono neanche le dieci! Sono a casa, mi sto preparando. - Uuu quindi sei nuda! - See, ti piacerebbe… - Ovvio. Ascolta ho bisogno di chiederti un favore. - Dimmi pure caro. - Cosa mi dici del negozio di vestiti di halloween del centro? Mi pare si chiami All’ovale Carneween (bel gioco di parole tra l’altro). - Eh missà che sei in ritardo bello mio.. - Ehm no, non hai capito. Non ci voglio andare, mi servono informazioni su di lui. - Ahh sempre in cerca di lavoro eh? Dunque… E’ as-so-lu-ta-men-te FANTASTICO! Dovresti vedere che vestito che mi sono comprata! - Guarda vorrei proprio vedere come non ti maschera bene, ma intendevo dire, è una cosa di nicchia o ci vanno tutti? - Tutti tutti! Dagli sfigati liceali alla créme dell’università. - Mmm, chebbello. E cosa mi dici di questa sera? - Ahh allora anche tu che fai sempre lo scontroso alla fine hai deciso di divertirti un po’ eh? - Ehh… ehggià. - Allora devi assolutamente venire al Century, c’è la festa più cool della città! Da fare invidia agli americani! - Cacchio non vedo l’ora… - Dai allora a dopo, devo sbrigarmi. - Aspè, un ultima cosa. Cosa mi dici di una certa Mary Ann? - Ahh è una sciaqquetta del mio ex liceo. Si c’è anche lei non ti preoccupare. Dunque non sono più io la tua preferita? - Come no! Era solo per farti ingelosire. Grazie mille, a dopo! - Ciao amore mio. Ok, ora sapevo cosa mi serviva. Se qualcuno aveva preso la povera cagnolina fuori dal negozio sicuramente lo avrei trovato a quella dannata festa. Avrei potuto anche chiedere alla nipote dei cogniugi. Purtroppo non avevo tempo per travestirmi e ci dovetti andare al volo, sapendo che comunque sarei arrivato tardi: mi trovavo dall’altra parte della città, e aveva ricominciato a diluviare.
Capitolo 9
Camminava a un paio di metri da un cane che lo precedeva. Aveva ricevuto molti complimenti dai passanti per il suo travestimento, soprattutto per l’effetto del sangue sulla camicia e il machete. Aveva fretta. Non vedeva l’ora di arrivare alla festa più IN della città.
Capitolo 10 Solitamente mi piace la pioggia. Quando sono in casa o in macchina. Non quando sono in giro a piedi a farmi kilometri per raggiungere una cazzo di festa piena di universitari di merda travestiti da coglioni, quando neanche ce ne sarebbe bisogno, che si atteggiano a persone più felici del mondo. Meno male che Bologna ha i portici, ma non dove serve. Venni infatti accolto da una interminabile fila per entrare nel cazzo di locale, che si estendeva interamente sotto una pioggia battente. Fanculo, ne valeva la pena? Probabilmente quel cane del cazzo aveva semplicemente colto l’occasione di una vita per svignarsela da quei due psicopatici e io ero lo stronzo che lo avrebbe riportato in gabbia. Stavo quasi per abbandonare la missione, più per scoglionamento che per motivi etici, quando intravidi un cagnolino farsi largo tra le gambe dei babbi in fila ed entrare nel club. Cazzo! Era Paris! Non potevo perdere l’occasione, né tanto meno avevo voglia di farmi un’ ora di fila sotto la pioggia bastarda.Mi accorsi contemporaneamente di una gentil donzella che solitaria stava in fila sotto un grande ombrello attraente almeno quanto lei. Mi avvicinai furtivamente e la colsi di sorpresa. - Ehilà, bel travestimento! - Ma se non sono vestita da niente! - Neanch’io! Vedi che abbiamo già qualcosa in comune? La feci ridere ancora un po’ grazie alla tecnica imparata nei libri di Pinketts e affinata in innumerevoli occasioni, col segreto scopo di ripararmi sotto il suo ombrello. E come piano ancor più segreto, quello di provarci con lei. - Allora come mai non sei vestita? - Aspetto una mia amica, dobbiamo vestirci assieme. - Ahh capisco. E’ una di quelle cose che le donne fanno in coppia; come andare in bagno. - Esatto - aveva un minimo di umorismo. - Come ti chiami? - Mary Ann, tu? Tra tutte le tipelle che affolavano questa merda di festa, guarda te se non dovevo incontrare l’unica che mi avrebbe colmplicato il lavoro. Ero in dubbio sul mantenere la mia identità segreta e continuare a provaci, o dirle la verità per avere qualche informazione in più sul caso. Da bravo stakanovista, e con la consapevolezza che non ci sarebbe mai stata, svuotai il sacco. - Mary Ann! Wow, lo sai che io lavoro per i tuoi zii? - Coosa??
- Si bhe insomma non da molto. Da stasera. - E che cosa fai? Sei l’ennesimo schiavo di quegli esponenti della classe borghese? doveva avere qualche rotella fori posto. - Ehm, non proprio. Indago sulla scomparsa di Paris, la loro cagnolina. Mi sa che la conosci. - Oddio, è scomparsa finalmente? - lo disse con una strana eccitazione; il che fece eccitare me ancora più del dovuto. - Perchè finalmente? - Perchè ora è libera dalle catene dell’oppressore umano! Ogni animale ha il diritto a vivere in natura, mentre loro la costringevano a vestirsi, lavarsi, pettinarsi e altre diavolerie del tutto contronatura per un cane! Non aveva tutti i torti ma anche lei mi sembrava un po’ contronatura. Cacchio, allora mi vedrai come un orco che la vuole riportare in prigione. - Più o meno, ma so che non ce la farai - disse quest’ultima frase con un po’ di malizia e scomparendo di botto tra i due enormi buttafuori che sorvegliavano l’ingresso. Senza neanche accorgermene avevamo fatto tutta la file ed era finalmente arrivato il momento di entrare. - Un momento - disse uno degli energumeni - è una festa in maschera questa, e tu non mi sembri vestito da niente. - Come no? Sono vestito da Vladimir Burns! Il personaggio della serie tv. Non mi riconoscete? - Ed è un personaggio dell’orrore? - Il peggiore! - probabilmente per non fare la figura degli ignoranti mi lasciarono passare.
Capitolo 11 Ero dentro, e fui subito investito da una marea di gente che ballava accalcata l’una sull’altra. Ci saranno stati almeno cinquanta gradi e cominciai a sudare notevolmente. Notai con piacere che compresso nell’ingresso c’era uno shot al bar e mi diressi subito lì. Ingerii in un fiato uno strano miscuglio di vodka, sciroppo e peperoncino che mi procurò ancora più caldo, così, visto che mi trovavo già al bancone, decisi di calmare i miei bollenti spiriti con una birra ghiacciata. - Una media! - dovetti urlare per farmi sentire. - Sono quattro euro, ma se ne prendi due sono sei euro. Non è che hai un amico… - No, ma due vanno benissimo! Mi ritrovai così a vagare per il locale colle mie due birre medie sorseggiando un po’ da una e un po’ dall’altra vicendevolmente e chiedendo qua e là se qualcuno aveva visto una cagnolina aggirarsi tra la folla. Molti mi dettero dell’ubriacone molesto, molti altri mi chiesero se avevo fumato, e via così.
Era più dura di quanto pensassi, e per di più la luce soffusa mi impediva di vedere chiaramente a un metro di distanza. La festa più cool della città. Bellammerda! Era come cercare un cane in un carnaio. Preso dallo sconforto di non sapere più da che parte girarmi, e dal fatto di essere a secco di birra, mi diressi verso il bagno con il bisogno di scaricare la tensione e qualcos’altro, e proprio durante il tragitto verso questo sentii delle urla fortissime venire da quella direzione e un’ ondata di gente spingemi verso le urla. Ci fu un attimo di panico collettivo con gente che volava da tutte le parti, maschere che si toglievano, gonne che si alzavano. Poi tra uno spintone e l’altro giunsi finalmente di fronte al cesso e all’orribile spettacolo che conteneva. No, non era il solito orribile spettacolo che ci si aspetta di vedere in un bagno, ma qualcosa di più macabro: una ragazza era stata decapitata e la testa era infilata nel cesso all’ingiù. Sul momento mi venne quasi da vomitare, ma poi riuscii a trattenermi. Ovviamente in torno a me c’era un sacco di gente in preda ai peggiori spasmi intestinali, ma ormai avevo superato il momento, e quindi cercai di andarmene velocemente, deciso ad abbandonare questa stupidata della ricerca del cazzo di cane fatta alla cazzo di cane. Ma, ancora una volta, sul punto di lasciar pedere, notai nella macchia fotografica digitale della fantasmina ignara di tutto, che di fianco a me mostrava i suoi preziosi scatti agli amici ingrifati che le guardavano la scollatura, proprio Paris. - Hei hei aspetta un attimo. Torna in dietro di una foto. Lo fece e vidi sullo sfondo del primo piano di un idiota vestito da Dracula, un altro idiota vestito da cane con in braccio la piccola Paris. - Cazzo! Lo conosci questo qui? - le chiesi indicando il canuomo (il migliore amico di sé stesso). - Ehm no, però gli ho fatto una foto se vuoi… Eccola. Mi fece vedere la foto del simpaticone vestito da cane che con in braccio la mia preda sorrideva in buona compagnia. Non li si vedeva la faccia purtroppo perchè indossava una maschera di gomma. Supposi che avesse trovato in giro da qualche parte Paris e che se la fosse presa per fare il buffone in giro con l’unica cagnetta che se lo filava. - Sai dov’è ora? - chiesi alla mia fotografa preferita del momento. - Ehm non so. Ti piace così tanto il suo travestimento? Secondo me era un po’ trash. Comunque l’ho visto andare via con una ragazza vestita da pacchetto di sigarette. Non puoi sbagliare. Ma cosa è successo in bagno che tutti urlano? - Oh niente di bello. Grazie e addio. Mi fiondai verso l’uscita quasi contento di uscire da quella bolgia infernale e tornare sotto la pioggia purificatrice, e subito fuori dall’entrata incappai proprio nel maxi pacchetto di paglie.
- Heilà, proprio te cercavo! - Astinenza da nicotina? - era carina. Oltre che simpatica. - No, astinenza da qualcos’altro, ma lasciamo perdere. Ti ho vista con un mio amico, quello vestito da cane con in braccio un cane vero. - Ah, simpatico! - Ehm si, credo. Sai dov’è? - Guarda mi ha piantato in asso due minuti fa senza neanche salutarmi! Mi ha semplicemente lasciato un biglietto tra i capelli con scritto che se mi rompevo come lui di questa festa, ce ne era un’ altra in via della Barca. Ma io sono senza macchina! - E’ davvero una disdetta. Mi serviva un passaggio. Grazie, addio. Via della Barca, il ghetto di bologna. Che palle, come tutti i ghetti si trova in periferia e non ci sono autubus che li collegano al centro di notte. Ero indeciso se rubare una bicicletta o un motorino pensando che mi sarei bagnato comunque sotto quel diluvio universale, quando per magia mi sgommò di fianco la nuova fiammante auto di Sally. - Ciao bello, come va? - Sally! L’ho sempre detto che sei la donna della mia vita! Non dirmi che sei appena arrivata e vuoi entrare in questo schifo di festa? - Sei pazzo? Non ci penso neanche. Mi hanno detto che è qualcosa di abominevole. - E se ti proponessi un’ altra festa, diciamo in zona La Barca? - Uuu le feste dei ghetti sono sempre le migliori! Vedo che ti stai applicando caro mio. - Merito della mia maestra. Posso scroccarti un passaggio? - Ovvio! Salta su!
Capitolo 12 Quando la polizia arrivò al Century, il locale era stato completamente evaquato e il commissario ebbe campo libero, e la conferma di ciò he temeva. La vittima era un’ altra coinquilina della ragazza che stavano cercando, e che supponevano fosse con lei. Interrogando i testimoni venne a sapere che Kendra, la ragazza da salvare, quella sera non si era vista, e che probabilmente era a qualche altra festa. Niente di peggio. Ci sarano state una dozzina di feste quella maledetta notte, e un pazzo ex ragazzo malato di gelosia se le stava girando tutte in cerca della ragazza che gli aveva spezzato il cuore per ricambiarle il favore in senso letterale; e per di più, se incontrava le sue coinquline le uccideva senza pensarci due volte. Ora anche il commissario si sentiva in un film, solo che lui non era all’ultimo giorno di servizio prima della pensione come vorrebbe la tradizione, anche se lo desiderava davvero.
Capitolo 13 In pochissimo tempo fummo sul luogo. Pioveva con una violenza tale che avrebbe fatto dire a Noè “Allora io non avevo capito un cazzo!”: fiumi di acqua scorrevano tra una macchina e l’altra comodamente posteggiate e in preda alla vendetta divina. Riuscimmo anche noi a trovare un buco, ma non il coraggio di scendere dalla nave della nostra salvezza. Ero di fronte all’ennesimo dilemma della mia lunga carriera di investigatore. Se fossi uscito subito dall’auto sfidando l’ira divina sarei arrivato all’entrata non più fatto del settanta percento d’acqua, ma del nonvantanove; se attendevo però rischiavo di perdere le traccie dei due cani figli di un cane che stavo inseguendo per tutta la città. Mi ritornarono in mente le belle immagini dei miei sogni, di un detective duro, senza il minimo timore della morte, figuriamoci della pioggia, deciso ad andare in fondo alla questione più spinosa. E io invece mi ritrovavo depresso dal fatto di non vedere l’ombra di un ombrello, e di essere un hombre senza sombrero. Dovevo agire. - Ascolta carissima, ti ringrazio davvero tanto del passaggio ma io devo entrare. - Ma sei fuori?? Io finche non si calma un po’ non metto il naso fuori di qua, ci ho messo un eternità a truccarmi. - Fai come vuoi, magari ci si vede dopo e ti ringrazio a dovere, ora devo scappare. Così dicendo mi fiondai fuori dalla macchina e cominciai a nuotare verso il locale, e con il nuovo record mondiale dei cento metri piani annaccquati raggiunsi l’entrata pronto a ristorarmi tra le calde mura del posto. Ma, e c’è sempre un maledettisimo “ma”, la confraternita dei buttafuori che infesta, ovviamente, le feste, aveva deciso di rompere i coglioni a trecentosessanta gradi. Era peggio di quel che pensassi: non facevano entrare più nessuno! - Hei dai zio, per uno cosa ti cambia? - Ho detto no! - Ma guarda che io ero già dentro, ero solo uscito per fumare una siga, solo che non sono neanche riuscito ad accenderla! - Peggio per te! Erano proprio degli stronzi. Suppongo sia una prerogativa per aspirare a diventare buttafuori; quello, e l’essere dei frustrati. Non sapevo più che pesci pigliare, e la cosa era strana visto che praticamente mi trovavo in mezzo al mare; infatti la pioggia non ne voleva sapere di rallentare e la prospettiva di aspettare fuori l’uscita dei due cani non mi allettava affatto. Ad un tratto però arrivarono di corsa dei ragazzi dall’interno visibilmente sconvolti, chiamando a gran voce i bodyguards. Tra l’altro
giungevano fino all’entrata delle urla di panico. Cosa cazzo stava succedendo ancora? Un altro cadavere nel bagno? Si, proprio così.
Capitolo 14 L’ispettore era rimasto al Century, sul luogo del delitto, per interrogare qualche ragazzo nel caso avesse qualcosa di interessante da dire. Ad un tratto gli arrivò la telefonata che non voleva ricevere. Era Jenkins, di postazione alla festa in via della Barca; pare che un’ altra ragazza fosse rimasta vittima dello stesso killer: stesso modus operandi, e anche lei era una coinqulina di Kendra. Ma la cosa peggiore era che la vittima poco prima si trovava proprio in compagnia di Kendra. L’ispettore si arrabbiò come non mai con il suo Jenkins, chiedendogli perchè li avesse lasciati scappare. Una di quelle domande retoriche da poliziotti frustrati. Probabilmente era arrivato sul luogo troppo tardi. Decise di andare sulla nuova scena del crimine all’istante, non c’era tempo da perdere.
Capitolo 15 Approfittando del marasma generale penetrai nella fortezza e mi diressi non so neanche perchè proprio in bagno dove uno spettacolo atroce mi fece rimpiangere una volta di più di avere accettato quel maledetto caso. La vittima era stata uccisa con la stessa modalità del Century: decapitata e con la testa infilata all’ingiù nel cesso. Merda! C’era in giro un cazzo di spicopatico che tagliava la testa alle ragazzine e poi cercava di libararsene buttandole nel cesso! Ma dov’era la polizia? E perchè nessuno aveva notato niente di strano? Che domande, in un posto dove tutti sono mascherati, si atteggiano a killer e sono sporchi di sangue, chi mai poteva notare qualcosa di strano?! Ma soprattutto perchè il mio sesto senso, che avevo appena scoperto di avere, mi suggeriva che la serie di delitti fosse collegata al tipo travestito da cane che stavo inseguendo? Forse mi stavo semplicemente lasciando trasportare dai miei pensieri che deformavano la realtà in torno a me addobbandola a film noir, o forse non ero ancora disposto ad ammettere a me stesso di essere sulle tracce di un pericoloso maniaco, e di essere l’unico ad averlo notato.
Cosa potevo fare? Chiamare gli sbirri e dirgli che inseguivo una cagnolina e il suo fidanzato canemannaro?!?! E anche se lo avessi fatto, o non mi avrebbero creduto, o mi avrebbero sospettato, o comunque non sarebbero arrivati in tempo per fermarlo. Dovevo cercarlo, cosa che stavo facendo dall’inizio, e prenderlo. Ma come fare a braccarlo, anche solo a vederlo in mezzo a una massa di gente impanicata che corre da tutte le parti urlando e agitandosi? Detti un’ occhiata molto sommaria in giro e ipotizzai che dopo aver commesso il delitto se ne fosse dileguato come aveva fatto precedentemente all’altra festa. Tornai fuori dunque, a forza di spintoni e gomitate alla frankenstein junior e discendenti della famiglia Addams. Come trovarlo? Lo sconforto mi investì ancora una volta; probabilmente era già fuggito alla ricerca di un’ altra vittima con la mia cagnolina come complice. Sperai solo di sbagliarmi e sconsolato mi diressi verso il parcheggio incurante della pioggia che ormai affogava ogni mia speranza. Lungo il tragitto notai una ragazzina vestita da Sailor Moon sbraitare a un altro idiota vestito da poliziotto che lei era stata anche all’altra festa in cui c’era scappato il morto e che la ragazza stecchita nel bagno e la prima vittima erano entrambre coinquiline di una terza ragazza che fino a poco tempo prima era con loro, una certa Kendra, la quale però era andata via poco prima della scoperta del cadavere con un tizio vestito da cane con cagnolino al seguito. Rimasi esterrefato. Cazzo! Il mio nuovissimo sesto senso purtroppo aveva fatto centro! Quello stronzo, oltre che il vizio di rubare le cagnette viziate, aveva anche quello di assassinare delle ragazze che viveano assieme! Rimasi lì nascosto dietro a un albero ad ascoltare la telefonata che il finto poliziotto, che a quel punto capii che era vero, fece all’istante. - Pronto? Comandante? Sono Jenkins… Ho una brutta notizia. Disse al suo superiore quello che avevo origliato, e in più aggiunse un particolare che mi mancava: il fatto che probabilmente l’assassino era l’ex ragazzo di questa Kendra che tutti cercavano. Non so perchè non dissi nulla al poliziotto, forse ero talmente stanco e provato dalla pioggia che non ragionavo più tanto bene; o forse ero solo in cerca dei miei quindici minuti di fama. Feci due più due e mi venne fuori uno: l’uno era quello stronzo che il travestimento da cane nascondeva l’ex ragazzo di Kendra. Corsi verso la macchina in cui Sally resisteva alle intemperie di un giorno dei morti realmente tale, dato che ormai la mezzanotte era passata da un po’. La trovai addormentata sul sedile.
Capitolo 16
- Hey! Selly! - la svegliai picchiettando sul vetro. - Ohi… già di ritorno? - Eh già, la festa era un mortorio - riuscivo ancora a sdrammatizzare la situazione. - Ah si me l’ha tetto anche un altro tizio. - Chi??? - le chiedetti con un sospetto. - Mha un tipo fuori di testa vestito da cane al quale avevo chiesto com’era la situazione dentro. - Stai scherzando?!?!?! - le urlai in faccia. - Hey calma, non fare il gelosone! - Ti ha detto qualcos’altro quello stronzo? - Ma perchè lo conosci? Mi ha semplicemente detto che andava al Rosso Malpelo; sai il centro sociale qua vicino… Mi ha anche consigliato di andare lì, ma gli ho risposto che io in posti così non ci metto neanche piede! - Cazzo! Io penso di amarti Sally, giuro che se questa nottata finirà mai ti sposo! - Sei ubriaco? Come hai fatto a bere tanto in così poco tempo? Non le risposi neanche se non dicendole di andarsene a casa e di lasciar perdere ogni altra stupida festa di questa stupida celebrazione, e mi diressi a piedi verso la mia nuova meta. Fui tentato di tornare indietro questa volta ad avverire il poliziotto, ma non c’era tempo da perdere, e conoscendo le forze dell’ordine non si sarebbero mosse tanto in fretta; tanto più che era un agente solo, a questo punto bastavo anche solo io. Dovevo arrivare prima che colpisse ancora, o almeno in tempo per non farlo scappare di nuovo. Ero trasportato da mille emozioni, e la più forte era quella di assoluto trasporto nell’eccitazione che accompagnava ogni mio passo. Stavo veramente correndo dietro ad un assassino come in un film, o semplicemente rincorrendo un cane che non voleva tornare dal suo padrone? Il cuore mi scoppiava in gola, ma fortunatamente ero quasi arrivato. Ripresi fiato solo una volta giunto di fronte all’entrata di quella che speravo fosse l’ultima fermata della mia folle corsa. Non vidi decorazioni a tema, ma di zucche vuote ne era pieno. Una di loro mi chiese una tessera speciale per entrare. - Tessera? Credevo che nei centri sociali fossero tutti i beneaccetti. - Si, certo, ma devi fare la tessera. Sono tre euro. - Bhe non fa una piega direi… Pagai la quota di barbonaggine e mi buttai a capofitto nella tana del lupo. Fui accolto da un barista barbone, stavolta nel senso che aveva una gran barba, che mi chiese subito cosa volevo da bere. Presi una “birra bazza”, una specie di Moretti annacquata che costava un euro emmezzo. Mi guardai intorno. Nessuno era travestito da niente, quindi sarebbe stato facile rintracciare il canuomo. Solo che in giro non si vedeva e ciò mi fece pensare che molto probabilmente anche lui si era disfato del suo ridicolo costume per passare inosservato. Era un problema, ma in un istante fui fulminato dalla geniale intenzione che non avrebbe potuto disfarsi di
Paris! Era come un ritorno alle origini: dovevo semlicemente trovare quella cagna (con tutto il rispetto). Chiesi un po’ in giro: - Hei amico, non è che hai visto in giro un tipo con un cane? Quello con un occhiata che significava “Mi prendi per il culo?” mi fece notare che chiunque in quel maleodorante capannone aveva un fottuto cane! Lo sapevo che il mio odio per la mania dei punkabbesti di servirsi del cane accessorio era ben fondata. - Ah, già, che scemo… - cercai di buttarla sul confidenziale - Mi puoi togliere una curiosità? Ma perchè qua nessuno è vestito da halloween? - Oh cioè ma come stai? Cioè è una stupida americanata figlia del consumismo! Le sue parole mi fecero male. Ero come loro! No, non poteva essere, io non odiavo halloween, almeno non fino ad oggi, semplicemente non lo sentivo una festa mia: io ero cresciuto col carnevale, ormai ero irrecuperabile, ma non avevo nulla contro i bambini che lo festeggiavano. Fa niente, non avevo tempo da perdere. Abbordai una ragazza questa volta. Mi ispirava perchè stranamente non era vestita con pantaloni larghi e felponi malandati, e in testa aveva una profumata capigliatura al posto di un groviglio di rasta. - Hei scusa, non è che hai visto in giro un tipo con un barboncino? - questa volta ero stato più preciso. - Certo, eccolo! - mi rispose Mary Ann voltandosi. Non ci potevo credere. Non era possibile. Lei, l’assassino? No no, mi ero sbagliato! - Ah ma sei tu! Cacchio, mi ha beccata! - Hai rubato tu il cane ai tuoi zii? - inveii. - Ah ah, eh si.. - Perchè cazzo l’hai fatto? - ero al limite. - Te l’ho detto già! Perchè sono dei pazzi che lo trattano come un bambino, gli comprano vestitini, gli tagliano i capelli, quando i cani non devono fare altro che correre in giro, sporcarsi, mangiare quello che capita… - Qundi eri tu il tizio vestito da cane che ho visto sia al Century che in via della Barca? - Certo che ero io! Perchè, mi stai seguendo? - Tu cosa dici?! E’ tutta la notte che ti corro dietro! Ma sai che cosa è successo a quelle feste?!?!?!? - Eh? Di cosa stai parlando? - non sapeva niente. Era ignara di tutta la serie di cadaveri che le era passata sotto il naso. Per un momento dubitai che fosse proprio lei l’assassina, ma una stordita figlia di papà che fa l’animalista e va nei centri sociali vestita di kashemire non può commettere quei delitti. - Con chi sei stata tutta la sera? - Con l’amica che aspettavo fuori dal Century. Si chiama Kendra… Allora me lo dici cosa è successo? - Lascia perdere, lo leggerai domani su tutti i giornali! Ora dimmi dov’è Kendra! - Ah allora la conosci! E’ tornata a casa, era molto stanca.
- Coosaaa??? - realizzai tutto. L’ex ragazzo doveva averle seguite tutta la notte aspettando il momento giusto di restare solo con lei, nel frattempo si era esercitato con le coinquline. Mary Ann non era una di queste e si era miracolosamente salvata. Ora però Kendra se ne stava tornando sola soletta a casa e lui l’avrebbe trovata. - Che strada fa di solito Kendra per tornare a casa? E soprattutto, dove abita? - Mmm non molto lontano. Prende la corriera qua fuori che la porta direttamente a casa sua vicino alla stazione. Ci dovrebbe essere il notturno ora. - Con te ci faccio i conti dopo - dissi a Mary Ann prima di fuggire ancora una volta, ma questa volta quasi con piacere, dall’ultima bettola in cui mi ero cacciato. L’ex poteva avere avuto il tempo di intercettarla dal centro sociale alla fermata dell’autobus, ma questa non era molto distante, quindi probabilmente aveva semplicemente seguito il pullmann, o ancora peggio averlo preceduto. Probabilmente la stava aspettando sotto casa per completare l’opera! Dovevo sbrigarmi, e pregai che il notturno passasse in fretta. Mi venne anche in mente di chiamare la polizia ma notai che quei simpaticoni del centro sociale mi avevano fatto il cellulare. Fortunatamente non dovetti aspettare il bus più di cinque minuti. Per tutto il tragitto provai ad immaginarmi cosa mai avrei potuto fare per aiutare la povera Kendra. Avevo bisogno di un piano per cogliere il killer alle spalle e neutralizzarlo. Il mio piano fu: improvviserò. E cosa avrei fatto se una volta arrivato lo stronzo avesse già commesso il delitto? No, non ci volevo nemmeno pensare, almeno una persona quella sera la dovevo salvare cazzo!
Capitolo 17 Quando arrivai in stazione mi diressi di corsa sfrecciando tra le gocce di pioggia che non sembravano avere fine, e quando arrivai al portone della casa vidi ciò che non volevo vedere: la polizia era già sul posto. La aveva usccisa, e io non avevo ancora fatto in tempo a fermarla. Mi avvicinai e chiesi a uno sbirro che cosa fosse successo. - Roba per stomaci forti: hanno ucciso una ragazza - cazzo, lo sapevo! - Come si chiamava? - Juliette. - Coome???? - Perchè la conosci??? - Ehm no scusa. Ha ragione, è davvero troppo per me. Grazie. Chi cazzo era Juliette? Eppure l’appartamento era quello giusto. Forse l’ex boyfriend era andato lì cercando Kendra ma non avendola trovata aveva ucciso
l’ennesima coinquilina. Ma prima o dopo i delitti delle due feste? E dove cazzo era finita Kendra? Qualcosa non quadrava. Decisi di tornare dall’unica persona che ne sapeva più di me. Un brutto presentimento mi tormentava.
Capitolo 18 L’ispettore si sentì dire dalla ragazzina che Kendra era andata a casa. Bene, gli agenti sul posto l’avrebbero intercettata e portata in salvo. E se il killer l’avesse trovata durante il tragitto? Provarono a chiamarla, ma aveva il cellulare sempre spento. Dovevano correrle dietro.
Capitolo 19 Quando arrivai sul posto purtroppo o per fortuna i miei sospetti furono confermati. - Sapevo che ti avrei trovata qui - le dissi cogliendola alle spalle - Bella camicia. Dov’è la tua amica? - E tu chi sei? - rispose Kendra. Poi, il buio.
Capitolo 20 Mi svegliai poco dopo, legato a una sedia in uno stanzino puzzolente pieno di scritte come “Capitalismo=Razzismo” e disegni di agnelli che mangiavano uomini con scritto “E se a Pasqua fosse così?”. Mi guardai intorno e riconobbi Mary Ann. - Finalmente ti sei svegliato. - Non è stato bello da parte tua colpirmi alle spalle. Non sei un vero uomo. - Ahh fai anche lo spiritoso! E secondo te vorrei essere un uomo? Non sia mai! Sono
fiera di essere donna, e questa sera mi pare di avere dimostrato che siamo il sesso forte e più intelligente visto come abbiamo uccellato te e la polizia. - E’ per questo che lo fate? Femminismo? E allora perchè uccidete solo ragazze? - Non uccidete. Uccide. Io sono solo l’assistente. - E com’è? Si guadagna bene? - Sempre spavaldo eh? - disse tirandomi uno schiaffo. - No guarda non sono il tipo a cui piacciono queste cose, qundi se per piacere puoi anche slegarmi… - Ah! Si certo, come no. - Come credete di uscirne? Con me non reggerà la storia dell’ex ragazzo violento. - Perchè no? Diremo che ti ha sorpreso con Kendra in intimità e che ha ucciso anche te per gelosia. Stavo prendendo tempo facendola parlare perchè avevo notato che le due criminali più sexy della città non mi avevano perquisito prima di legarmi, lasciandomi un paio di forbici che avevo comprato qualche giorno prima nella tasca laterale della giacca. Piano piano sfruttando la penombra riuscii ad agguantarle e a sfilacciare la corda che mi legava. - Senti Mary Ann, facciamo così: ok, guardo in faccia alla realtà, per me è finita. Ma perchè non esaudisci l’ultimo desiderio del condannato? Che poi sarei io. Dai, vieni qui e fammi un bel bocchino! Colta dall’ira si avvicinò per tirarmi un altro schiaffo e fu in quel momento che scattai liberandomi e, prendendole la mano, gliela girai dietro la schiena come avevo visto fare in un sacco di film. - Ehh cara mia, dovresti guardare un po’ meno Sex and the city e più Die Hard! La legai a sua volta alla sedia mentre urlava e scalciava, controllando bene che anche lei non avesse qualche sorpresina nascosta. - E non mi palpare stronzo! - opps. - Dov’è lei? Ha intenzione di riservagli lo stesso trattamento delle sue coinquiline o ha qualcosa di speciale in mente? - la risposta fu uno sputo. - No, non fare così, perdi tutta la tua femminilità. La lasciai lì; in fondo il posto non era molto grande, pobabilmente era in una delle stanze affianco. E fu proprio lì che la trovai. Stava infierendo sui genitali di quello che era stato il suo ragazzo, probabilmente come lui faceva con lei al tempo. Fortunatamente era ancora vivo, lo si capiva dalle urla. - Ora puoi anche smetterla, è finita. - Ancora tu! Dov’è Mary Ann? - Mha sai com’è, le piacciono le emozioni forti: l’ho legata. - Che stupida! Lo sapevo che non dovevo fidarmi di lei!
La guardai dritta negli occhi cercando di penetrare la sua anima e le dissi - Lo sai a cosa andrai in contro quando tutto sarà finito? Ne valeva la pena? - Tu che ne dici? Finalmente ho avuto la mia vendetta! - Si capisco, ma cosa c’entravano le tue coinquiline? - Cosa mi chiedi? Loro stavano nelle loro stanze chiuse dentro a chiave mentre lui mi violentava, e stavano zitte quando lo vedevano andare via. Avevano paura, e non hanno mai fatto niente per me! Come mia madre del resto! Mio padre faceva uguale con lei quando erano giovani, e lei non ha mai avuto il coraggio di fare niente. Se lui non fosse morto di cancro chissà quanto sarebbe andato avanti. Mi diceva di essere forte, che le vere donne sanno sopportare. Bhe, io mi ero stufata di sopportare. Le ho cavato gli occhi a quella stupida, così non avrebbe più potuto stare a guardare. - Non posso neanche lontanamente immaginare cosa tu abbia provato, ma questa non è la soluzione. Perchè non l’hai denunciato alla polizia? - E credi che non l’abbia fatto? Ma sai quante segnalazioni del genere ricevono al giorno? Il mio gesto dev’essere esemplare per tutti quegli stronzi che picchiano le persone che li amano! E tu non mi fermerai! - dicendo così si scagliò verso di me brandendo un pesante machete, ma aspettandomi una reazione del genere riuscii a bloccarle il braccio disarmandola, e non potendo fare altro per fermarla la colpii con un destro stendendola. Mi feci un po’ schifo da solo: era la prima volta che colpivo una donna, e non mi piacque affatto, ma non avrei potuto fare altro. Per lei invece non era la prima volta che veniva picchiata da un uomo, ma speravo davvero fosse l’ultima. Ora era tutto finito. Mi accertai che lo stronzo per terra fosse ancora tra noi, gli fregai il cellulare e chiamai la polizia. Scovai anche Paris in un angolo legata a un lavandino. Avevo risolto il caso, si, ma a quale prezzo. Nei film non si sa mai cosa succede dopo tutta la serie di peripezie, a cosa va in contro l’eroe fisicamente e mentalmente. Ora mi aspettava una lunga spiegazione alla polizia, i processi, i giornalisti, e ogni altra diavoleria che non mi avrebbe lasciato in pace. E i ricordi? Tutto quel sangue, quella violenza. Come avrebbe reagito il mio subconscio? Era la prima volta che incontravo la morte così direttamente, e avevo la sinistra sensazione che avesse vinto lei. Che finale di merda per un film. The End
_______________________________________________ A Story by Vladimir Burns Editing and publishing by ManuBlog _______________________________________________