Linee guida Master Plan

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Linee Guida del Master Plan della Costa del Parco del Delta del Po Emilia-Romagna

“Piano di Azione Ambientale per un futuro sostenibile 2004/2006�


Linee Guida del Master Plan della Costa del Parco del Delta del Po Emilia-Romagna A cura di Attilio Rinaldi ARPA Emilia-Romagna - Presidente del Centro Ricerche Marine di Cesenatico Michele Fabbri Giornalista scientifico, Docente Master in Comunicazione della Scienza, Scuola Internazionale Superiore Studi Avanzati, Trieste

Coordinamento redazionale Lucia Felletti Fotografie Valter Arbali Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi strumento. I testi e la loro elaborazione anche se curati con scrupolosa attenzione, non possono comportare specifiche responsabilità per involontari errori o inesattezze.

Parco Delta del Po Emilia–Romagna Corso Mazzini, 200 44022 Comacchio, Ferrara parcodeltapo@parcodeltapo.it www.parcodeltapo.it © Consorzio del Parco Regionale del Delta del Po - febbraio 2008 Giari advertising, Codigoro, Ferrara



“Master Plan della Costa del Parco Regionale del Delta del Po” Progetto finanziato dall’Asse 2 Misura 2.1 del DoCup delle Aree Obiettivo 2 - 2000/2006 - della Regione Emilia-Romagna

Schematica distribuzione della zonizzazione proposta ai fini del MP del Parco. Legenda: primarie zone omogenee, sia di comportamento che di risposta a vulnerabilità, criticità, rischi e potenziale evoluzione revisionale = 1) Sacca di Goro; 2) Boscone della Mesola, compresa l’antistante area marina ed il circostante reticolo idrografico; 3) Valle Bertuzzi- Lago Nazioni- Foce Volano; 4) Valli di Comacchio - Bellocchio - Foce Reno (suddivisibile in 3 subzone); 5) Pineta S. Vitale - Piallasse - Porto di Ravenna Pineta Marina Romea ( suddivisibile in 2 sub zone); 6) Alberete- Valle Canna - Bardello - Foce Lamone; 7) Foce Bevano - Ortazzo/Ortazzino - Pineta di Classe; 8) Aree umide interne (subzona Campotto); 9) Pineta - Saline di Cervia; 10) Sistema delle Dune. Base informativa Corine land Cover 2000 - Apat, 2005 (http://www.clc2000.sinanet.apat. it).


MASTER PLAN DELLA COSTA DEL PARCO DEL DELTA DEL PO EMILIA-ROMAGNA Struttura organizzativa Provincia di Ferrara e di Ravenna; Comuni di Alfonsine, Argenta, Cervia, Codigoro, Comacchio, Goro, Mesola, Ostellato, Ravenna. CTS Parco del Delta

Parco Delta del Po Emilia-Romagna Coordinamento e Direzione Tecnica Gestione e responsabilità amministrativa Resp. Arch. Lucilla Previati

Progetto GIZC Progetto Coste Italiane Protette

Coordinamento Tecnico-Scientifico Prof. Giovanni Gabbianelli SETTORE ABIOTICO Scienza Ambientali, Ravenna Università di Bologna Resp. Prof. G. Gabbianelli

CTS Master Plan M. Bondesan, A. Rinaldi, R. Gambino, P. Bianchi, G. Gabbianelli, R. Rossi, J. Serra

SETTORE BIOTICO Biologia Evolutiva Università di Ferrara Resp. Prof. R. Rossi

Consulenti - Acquisizione dati ARPA, Università, CNR, Società di Servizio, Enea, ecc. Banca dati - GIS Comacchio - S. Alberto, Ravenna Validazione GIS Politecnico di Torino - Prof. Franco Vico Redazione Linee Guida Master Plan A. Rinaldi e M. Fabbri

Ringraziamenti: Autorità di Bacino del Fiume Po Autorità dei Bacini Regionali Romagnoli Autorità di Bacino del Reno Comuni: Alfonsine, Argenta, Cervia, Codigoro, Comacchio, Goro, Mesola, Ostellato, Ravenna Consorzio di Bonifica della Romagna Centrale Consorzio Generale di Bonifica di Ferrara Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali dell’Emilia-Romagna Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara Provincia di Ferrara Provincia di Ravenna Regione Emilia-Romagna: Servizio Geologico, Servizio Meteorologico, Servizio Cartografico, Servizi Tecnici di Bacino Po di Volano – Fiumi Romagnoli - Reno Università di Bologna Università di Ferrara Hanno collaborato: Abiotico: Enrico Dinelli, Carlo Del Grande, Francesco Mancini, Andrea Minchio, Pauline Mollema, Pietro Pasini, Francesca Sangiorgi, Carla Ascani, Laura Caruso, Beatrice Giambastiani, Francesco Stecchi, Elisa Ulazzi, Nicola Berti, Anna Cavaggion, Marco Pavan, Massimiliano Nurra - Architettura: Francesca Leder, Gianfranco Franz, Luca Lanzoni, Maria Grazia Murru - Biotico: Michele Mistri, Elisa Anna Fano, Simone Modugno, Cristina Munari, Marilena Leis, Paola Mazza, Giuseppe Castaldelli - Economia: Lucio Poma, Marika Macchi, Daniela Freddi, Francesco Nicolli - Parco Delta Po: Giacomo Benelli, Michele Fabbri, Lucia Felletti, Paolo Vincenzo Filetto, Roberta Galli, Cristina Veratelli, Filippo Zanni, Stefano Zannini.



Indice

Presentazione, Massimo Medri

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Parte I Il quadro di riferimento

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1. L’inquadramento del MP nel suo contesto

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3. Le opzioni di fondo 3.1. Una nuova idea del Delta 3.2. Nuovi approcci metodologici

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Parte II Linee guida

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1. Indirizzi strategici delle linee guida

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2. Linee guida, matrici - Difesa costa: tutela, ripristino e conservazione - Qualità delle acque: carichi inquinanti e gestione delle risorse idriche - Valorizzazione e tutela degli habitat e della biodiversità - Turismo responsabile - Pesca ed acquacoltura responsabile - Agrozootecnia responsabile - Il sistema insediativo, infrastrutture e mobilità

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3. Integrazioni delle matrici

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2. La conoscenza e l’interpretazione strutturale della fascia costiera 2.1 Obiettivi e campo d’attenzione 2.2 Caratteri e problemi specifici del Delta 2.2.1 Assetto e le dinamiche geomorfologiche e idrogeologiche 2.2.2 Aspetti connessi a biodiversità, ed ecosistema 2.2.3 Aspetti specifici del sistema insediativi e infrastrutturali 2.3 L’interpretazione strutturale e gli scenari evolutivi



Presentazione

Il territorio del Parco del Delta del Po risulta molto complesso e altresì soggetto ad una continua azione dell’uomo che ne ha determinato, in parte consistente, il paesaggio. La parte emiliano-romagnola si estende per circa 54.000 ettari e si affaccia lungo 90 chilometri sul Mare Adriatico, racchiudendo nei suoi confini alcune fra le più importanti zone di valore naturalistico d’Europa. Ottimi valori, quindi, per rendere credibile e necessaria l’elaborazione e la redazione di un Master Plan del Parco che ne guidi l’attività di programmazione. Si tratta di uno studio integrato e multidisciplinare, che mette insieme e riconduce per la prima volta a una visione unitaria i molteplici aspetti presenti nell’areale del Parco, lasciando intravedere e delineando in alcuni casi in modo chiaro, sia la necessità della ricostruzione di una rete ecologica, sia l’opportunità di una sua armonizzazione con le attività umane in una prospettiva di sviluppo sostenibile. Un eccellente studio che la Comunità Europea ha sostenuto con i suoi programmi, dimostrando lungimirante attenzione ad una delle sue aree naturalistiche più sensibili. Ne è emerso un compendio di studi mirati coordinato da Giovanni Gabbianelli, Ordinario di Geologia presso l’Università di Bologna, per gli aspetti chimicofisici e idrogeologici, e Remigio Rossi, Ordinario di Ecologia presso l’Università di Ferrara, per i temi della biodiversità. Inoltre, le facoltà di Architettura e di Economia dell’Università di Ferrara hanno curato gli studi di settore storico-economico e le componenti di architettura del paesaggio. Un Comitato Scientifico di alto profilo, presieduto da Giovanni Gabbianelli, e composto da Patrizio Bianchi, Marco Bondesan, Roberto Gambino, Lucilla Previati, Attilio Rinaldi, Remigio Rossi e Jordi Serra y Raventos, ha fornito preziosi indirizzi di approfondimento metodologico, individuandone le prospettive strategiche. Il Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna presenta conseguentemente le Linee Guida del Master Plan, scaturite dall’analisi e dalla ricerca condotte sulla base di dati rilevati con metodi innovativi e scientifici, nella sintesi elaborata da Attilio Rinaldi, Direttore della Struttura Oceanografica Daphne, in collaborazione con Michele Fabbri. Tali Linee rappresentano, altresì, un ulteriore arricchimento delle indicazioni regionali GIZC - Gestione Integrata delle Zone Costiere - e si propongono di costituire un utile strumento di lavoro per tutti coloro che operano sul Delta o che hanno responsabilità territoriali. Le Linee Guida non presuppongono nessun obbligo per gli Enti locali, ma tendono a indicare una strada da seguire per mantenere un certo equilibrio e per evitare rischi di ulteriore degrado o, nei casi più drammatici, di perdita dei tratti caratteristici dello straordinario patrimonio naturale e culturale di cui è dotato il grande “Delta”. Per il Parco rappresentano il punto di riferimento per la propria attività istituzionale e per le azioni che dovranno essere intraprese per la difesa e la valorizzazione delle aree e dei territori tutelati. Qualsiasi livello di programmazione in futuro non potrà non tenere conto delle dinamiche ambientali in continua evoluzione e delle ripercussioni possibili sulle attività umane. La lunga fascia di sviluppo costiero del Parco presenta una grande varietà di ambienti naturali: boschi termofili e igorofili, pinete, zone umide d’acqua dolce e salmastra, saline e dune. Nel corso degli studi realizzati per la compila-

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zione del Master Plan della costa del Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna sono state censite 441 specie di vertebrati, di cui 317 specie di uccelli, con 152 specie nidificanti. La flora è rappresentata da circa mille specie e oltre 50 tra associazioni e aggruppamenti vegetali. La ricchezza della biodiversità del Parco emerge anche dalla varietà e dal numero di aree protette che si trovano all’interno dei suoi confini: 10 Zone Ramsar, 18 Siti di Interesse Comunitario (SIC), 16 Zone a Protezione Speciale (ZPS) e 11 Riserve Naturali Statali. “Il mosaico di habitat descritto è certamente alla base dell’elevato numero di specie oggi presenti nel territorio del Parco, del suo valore naturalistico e anche della bellezza e varietà del suo paesaggio. Ne costituisce uno dei punti di forza, ma, paradossalmente, anche uno dei principali elementi di debolezza soprattutto a causa dell’elevata frammentazione del territorio … Ne segue che proprio la costruzione di una “rete ecologica” che riconnetta gli elementi di naturalità è uno degli obiettivi del Parco” annota Michele Fabbri. L’altro obiettivo da perseguire è quello di rendere compatibile il complesso delle attività economiche e sociali intimamente e profondamente connesse alle caratteristiche del territorio con gli elementi più spiccati di naturalità presenti e con le tipicità di un paesaggio unico nella sua accezione storicoculturale. L’agricoltura, l’acquacoltura, la pesca e, da ultimo, il turismo, non possono essere considerati e pensati come “corpi estranei” ma, al contrario, elementi imprescindibili per uno sviluppo sostenibile. Massimo Medri Presidente Parco Delta del Po Emilia-Romagna

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Linee Guida del Master Plan della Costa del Parco del Delta del Po Emilia-Romagna

a cura di Attilio Rinaldi e Michele Fabbri 11



Parte I Il quadro di riferimento

1. L’inquadramento del Master Plan nel suo contesto Il Master Plan della Costa del Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna (MP) riguarda una situazione per molti aspetti estrema, una situazione che mette a dura prova la gestione ordinaria. La particolare intensità e complessità dei dinamismi naturali configura una condizione di “emergenza continua”, nella quale l’accelerazione dei processi di trasformazione è difficilmente prevedibile. Le dinamiche naturali sono lontane dalla possibilità di auto-mantenimento. Soprattutto per gli effetti dei mutamenti climatici che si intrecciano in modo incontrollato ed imprevedibile con le attività antropiche insistenti sul territorio costiero. Nell’insieme, il Delta, nonostante le sue straordinarie valenze naturali, si presenta come una complessa realtà antropica nella storia millenaria la cui sopravvivenza dipende crucialmente da un sistema molto articolato di dispositivi gestionali. A questo si aggiunga la frammentazione del territorio, che trova riscontro nella stessa frammentazione del Parco in 6 Stazioni distaccate, circostanza eccezionale in Italia e in Europa. Da questa condizione, emerge con forza l’esigenza di approcci e strategie integrate, coerenti con le politiche ambientali sviluppate in tutto il mondo (The World Conservation Union, 2003 - IUCN 2004; United Nations Environment Programme - UNEP, 2005). Approcci e strategie che trovano gli elementi fondanti dell’azione nei principi di globalità, di limite e di precauzione, poiché: a) il primo prevede l’ “… intrinseca unitarietà di ambiente e territorio alle diverse scale”, b) quello di limite sottende che “… nel contesto storico-geografico la componente antropica dei sistemi naturali non può estendersi ed intensificarsi senza limiti; il progresso tecnologico non può risolvere tutti i problemi, né proteggere da ogni rischio, né continuare a sfidare la natura tentando di controllarla settorialmente e sottostimandola”; c) quello di precauzione richiama come “limitare gli interventi sull’ambiente a quelle azioni delle quali possiamo prevedere, ragionevolmente, effetti non distruttivi e delle quali comunque possiamo assicurare la reversibilità… La conseguenza più razionale è quindi quella di evitare di compiere azioni di cui non si conosca l’effetto”. La via obbligata per l’integrazione delle strategie è la pianificazione che coordini gli interventi di tutte le Istituzioni implicate nella gestione del territorio, con l’efficace coinvolgimento delle Comunità locali. La pianificazione si articola in tre missioni chiave: 1. la missione conoscitiva, volta a descrivere e rappresentare il territorio e le sue risorse, a individuarne valori, opportunità e criticità, a motivare le scelte che si propongono, e a valutarne gli effetti attesi; 2. la missione regolativa, volta a controllare i processi di trasformazione, a

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fissare le regole e le condizioni da rispettare presidiando i valori e le scelte non negoziabili di tutela; 3. la missione strategica, volta a delineare gli scenari del cambiamento, le visioni-guida e le strategie per inseguirle, gli accordi e le alleanze per attuarle col coinvolgimento di tutti gli attori operanti nel territorio in esame. Il MP si concentra sulla prima e sulla terza missione. Esso lascia ai Piani territoriali delle Province e ai Piani locali dei Comuni, oltre che ai Piani di Stazione del Parco, le funzioni regolative. Nei confronti delle Linee guida per la Gestione Integrata delle Zone Costiere - GIZC regionale, il MP pone in rilievo i caratteri e i problemi peculiari della costa del Delta e specifica le relative strategie. Per questo motivo, il MP è uno strumento atipico, un piano sostanzialmente “informale”. Esso non fa parte dei piani “istituzionali” previsti dalla legislazione nazionale e regionale né degli strumenti “speciali” (come i Piani paesistici, i Piani dei parchi, quelli per la tutela e la gestione delle acque o le linee guida della GIZC), e di conseguenza può concorrere a orientare le politiche di gestione solo nella misura in cui “dialoga” con gli altri piani, portando ragioni delle proprie scelte. Per dialogare efficacemente con gli altri piani, il MP, partendo da un vasto studio interdisciplinare (che si è concretato in un ampio ventaglio di contributi raccolti in 12 volumi e in una banca dati georeferenziata, Geographic Information System-GIS (1)) offre un’interpretazione strutturale del territorio, complessiva e olistica, tale da mettere in evidenza i “punti fermi” e le condizioni irrinunciabili da rispettare. Di qui una griglia interpretativa interdisciplinare, nella quale far convergere le valutazioni dei diversi profili analitici. Essa evidenzia quei caratteri strutturali del territorio dotati di relativa stabilità o permanenza (“invarianti”), che possono assumere valore condizionante nei processi di trasformazione, concorrendo a definire le “regole costitutive” o gli “statuti dei luoghi”, e, proiettandosi nelle fasi successive di gestione del piano, ad avviare un “processo di gestione della qualità”. L’interpretazione strutturale mentre identifica le “invarianti”, non comporta

(1) Volume 1 - Introduzione e Quadro di riferimento Progettuale Volume 2 - Il sistema informativo a riferimento geografico (G.I.S.) Volume 3 - Il quadro dei caratteri fisico- naturali abiotici: introduzione Volume 3/2 - Il sistema di transizione o “litorale” (dune e spiagge) Volume 3/3 - Idrologia e idrogeologia superficiale e sotterranea Volume 3/4 - Acque di transizione, Boschi e Pinete, Suoli e rischi di desertificazione Volume 4 - Il quadro dei caratteri bio-ecologici: Quadro di riferimento normativo Volume 4/2 - Quadro delle conoscenze settoriali Volume 4/3 - Struttura del territorio Volume 4/4 - Sistema di valutazione e controllo Volume 4/5 - Progetti Operativi Volume 5 - Il profilo territoriale e le caratteristiche fisico-spaziali Volume 6 - Aspetti socio-economici e principali Pressioni Volume 7 - Alcuni aspetti dell’agricoltura nel Parco del Delta del Po Volume 8 - Potenziali Scenari Evolutivi Volume 9 - Zonizzazione Volume 10 - Linee Guida Volume 11 - Monitoraggio Volume 12 - Sintesi non Tecnica

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Bibliografia Banca Dati in ambiente GIS Cd Animazioni: 1) Evoluzione geomorfologia fascia costiera zona Foce Reno- Vene di Ancona/ Bellocchio, 1814- 1999; 2) Evoluzione geomorfologia fascia costiera zona Foce Reno- Vene di Ancona/ Bellocchio, 1954- 2020; 3) Evoluzione geomorfologia Foce Bevano 1892- 2003; 4) Evoluzione geomorfologia Aree Umide ferraresi 1814- 2003; 5) Evoluzione geomorfologica Sacca di Goro, 18142003; 6) Possibili assetti altimetrici del territorio costiero per sopraelevazioni del livello marino pari a 0.25- 0.50- 0.75 -1.0- 1.25-1.50- 1.75- 2.0 metri: 6.1) Zona di Foce Bevano; 6.2) Zona Foce Reno- Ancona/Bellocchio; 6.3) Zona Foce Volano);


però alcuna sottovalutazione dei dinamismi che agiscono nel Delta. Al contrario, essa apre la porta alla definizione degli scenari evolutivi coi quali le politiche d’intervento devono confrontarsi (cambiamento nel rapporto tra terra ed acque, ingressione del cuneo salino, erosione costiera, rischio alluvionale, sviluppo del turismo e dai processi d’urbanizzazione e sviluppi delle reti infrastrutturali - come la nuova Romea, i completamenti ferroviari o l’idrovia - che sfuggono al controllo delle Istituzioni locali). In questo quadro, la definizione delle Linee guida comporta una precisazione delle scelte di fondo. Si tratta in sostanza di proporre una “nuova idea del Delta”, più dilatata spazialmente e temporalmente di quelle implicite negli approcci tradizionali: più lungimirante e carica di sensibilità storica, più aperta nei confronti dell’intera fascia costiera che ingloba il “grande Delta”, più all’altezza delle sfide che le tendenze evolutive in atto comportano. Per queste ultime una particolare attenzione va posta riguardo ad una minaccia incombente: i mutamenti climatici. Tali obiettivi non sono raggiungibili con misure di basso profilo, tese a smorzare gli esiti meno desiderabili e a salvare soltanto le risorse di maggior pregio. Ciò vale per il patrimonio naturale, e per il paesaggio, nell’ampio significato attribuitogli dalla Convenzione europea del paesaggio. Quanto più stringente è l’opzione conservativa, tanto più essa va interpretata in senso innovativo. In questo senso le strategie di conservazione possono e debbono concorrere allo sviluppo sostenibile.

2. La conoscenza e l’interpretazione strutturale della fascia costiera 2.1. Obiettivi e campo d’attenzione Il MP deve prendere in considerazione non solo gli ecosistemi comunque implicati nelle particolari interazioni terra/mare che caratterizzano il Delta, ma anche i territori direttamente o indirettamente connessi al Parco ed ai Siti d’Interesse Comunitario (SIC). Secondo il Protocollo dell’UNEP per la GIZC nel Mediterraneo (UNEP, 2005) il concetto di “zona costiera” fa riferimento (art. 2) ad “un’area geomorfologica su entrambi i lati del fronte a mare in cui l’interazione tra le parti marittime e terrestri prende forma di complessi sistemi ecologici costituiti da componenti biotiche e abiotiche, spazi di vita per comunità umane e per le loro attività socio-economiche”. Il Protocollo avanza un criterio di delimitazione molto semplice, includendo nella fascia costiera tutte le “acque territoriali” e, verso terra, i territori delle “unità amministrative locali” (art.3), nel nostro caso, presumibilmente, i Comuni. Altri criteri di delimitazione (quali ad es. quelli proposti dalla US Commission on Marine Science, Engineering and Resource) mettono l’accento sull’influenza reciproca e quantificabile tra dinamiche marine e terrestri. A questi prìncipi e obiettivi generali si associano, per il MP, quelli relativi alle peculiarità del Delta e, ancor più, quelli derivanti dalla presenza di forme specifiche di protezione istituzionale, quali il Parco ed i Siti d’interesse comunitario (SIC). Per quanto concerne gli obiettivi specifici, il compito del MP si traduce nell’impegno di: 1) identificare e proteggere speciali habitat; 2) inquadrare le attività economiche; 3) formulare possibili scenari evolutivi; 4) predisporre conseguenti linee guida. Impegni che si specificano in rapporto ai problemi e alle criticità considerate, quali: l’aumento dei traffici e delle pressioni, la frammistione di impianti produttivi, l’erosione costiera, l’infiltrazione di acqua salata, la subsidenza e i rischi di esondazione, il previsto innalzamento del livello marino, la frammentazione del territorio naturale, l’isolamento degli habitat e l’antropizzazione del territorio che hanno nel tempo lasciato

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profondi riflessi negativi sulla biodiversità e sui potenziali riproduttivi e di crescita (nursery) di molte specie marine e lacustri di interesse anche commerciale. 2.2. Caratteri e problemi specifici del Delta Le Linee guida elaborate per la GIZC in Emila-Romagna sono un punto di riferimento fondamentale per il MP del Delta del Po dell’Emilia-Romagna. Occorre però porre in evidenza i problemi specifici del Delta, utilizzando a questo scopo gli studi condotti per il MP, che hanno prodotto una mole considerevole di conoscenze sul Delta. I caratteri e i problemi specifici del Delta - ma anche le istanze istituzionali, locali e internazionali, di protezione - obbligano a perseguire obiettivi più precisi e vincolanti di quelli che hanno orientato le Linee guida per la GIZC regionale. 2.2.1 Assetto e dinamiche geomorfologiche e idrogeologiche specifiche Rilevanti specificità concernono l’assetto e le dinamiche geomorfologiche e idrogeologiche di un territorio che presenta peraltro spiccate differenziazioni interne, tra il Delta attivo (sostanzialmente il settore veneto più la zona di Goro), il Delta antico (non più attivo da almeno 4 secoli), e la costa a sud del Reno, non strettamente legata alle dinamiche deltizie. Parti diverse, che tuttavia condividono l’esposizione acuta ai fenomeni di subsidenza (sia naturale che prodotta dalle pregresse estrazioni di acque e gas sottocosta) i cui effetti si faranno ancora sentire a lungo, all’aumento del livello marino per effetto delle anomalie climatiche su scala globale, all’ingressione del cuneo salino e alle conseguenti alterazioni dei valori di salinità nell’acqua di falda, nel suolo e nelle acque di transizione, all’aumento dei fenomeni alluvionali e all’aggravamento dei processi erosivi a carico delle spiagge e dei sistemi dunosi. Soltanto una capillare e sempre più impegnativa attività di manutenzione e di controllo impedisce la perdita degli originari caratteri deltizi. Nel corso dei secoli (dalla grande bonifica a tutt’oggi) una gigantesca modificazione antropica ha radicalmente spostato il rapporto tra le terre sommerse e quelle emerse, riducendo le terre sommerse a meno di un quarto dell’estensione ottocentesca. Un processo che comporta la progressiva trasformazione degli specchi d’acqua in bacini artificiali regolati dal sistema dei canali che si inquadra in una più generale perdita di naturalità e in una crescente vulnerabilità e fragilità del contesto ambientale. 2.2.2 Aspetti specifici connessi a biodiversità ed ecosistema Le stazioni del Parco regionale del Delta costituiscono un mosaico di habitat disposte in successione dall'interno fino al mare e nel mare ricco di gradienti ambientali, di specie che lo popolano, e, di conseguenza, di elevata biodiversità (2).

(2) Sono state individuate più di 300 specie animali di vertebrati, oltre 100 specie floristiche significative e oltre 50 tra associazioni e aggruppamenti vegetali. Numerose specie sono incluse tra le specie della Direttiva “Habitat” 92/43, alcune fra quelle prioritarie, e per gli uccelli numerose sono le specie di interesse europeo, alcune fra le quali hanno nel Parco le popolazioni principali.

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L’area comprendente le sei delle sei Stazioni del Parco risulta caratterizzata da alti Valori di naturalità totale - VT (3), dato confermato per alcuni habitat anche da altri indici (come gli Indici di Struttura di Comunità). La pianificazione del territorio di norma si è poco occupata di ecosistemi naturali. Che al di fuori del territorio urbanizzato esista una struttura ecologica, costituita da componenti biotiche e da una complessità di catene trofiche di interscambio di energia, incide poco sulla disciplina urbanistica e sulla normale prassi professionale. Le tradizionali politiche di protezione della natura indirizzate alle singole cause di degrado (conservazione di ciò che resta attraverso vincoli/leggi e interventi di bonifica e depurazione, ma anche di prevenzione, di specifici siti) non si rivelano da sole sufficienti. È necessario avviare un miglioramento degli equilibri ambientali compromessi attraverso una gestione integrata delle aree di importanza naturalistica con le attività antropiche interagenti. In questo particolare contesto territoriale, la fascia marina costiera e le acque di transizione – che sono una specifica caratteristica del Parco - rappresentano siti di straordinaria importanza per la vita di molti organismi, per la biodiversità, per la riproduzione e la crescita e per il reclutamento di specie di interesse commerciale (pesca, acquacoltura). Tali potenzialità sono legate a meccanismi complessi che dipendono dal sinergismo di più fattori: le condizioni di media ed altra trofia, (quindi con alta produttività); la buona illuminazione sull'intera colonna d'acqua (acque mediamente poco profonde); la presenza di ecosistemi fisicamente diversificati (immissioni fluviali, lagune, aree deltizie). Tutta la fascia marina e le acque di transizione condividono elevati fattori di rischio. Il rischio da inquinamento è presente in tutte le matrici considerate (acqua, sedimenti, biota), soprattutto nelle lagune e nelle fasce di mare costiere. I bacini drenanti, le immissioni fluviali, gli apporti diretti provenienti dagli insediamenti costieri (civili, industriali, porti, ecc.), rappresentano le potenziali sorgenti di generazione/immissione. L’eutrofizzazione, soprattutto per carichi eccessivi di fosforo e azoto, può generare numerose conseguenze indesiderate: sottosaturazione nei valori di ossigeno disciolto (ipossie, anossie); comparse invasive di macroalghe; proliferazione di specie microalgali ittiotossiche; comparsa e proliferazione di specie microalgali tossiche per l'uomo. La scarsa manutenzione e interventi strutturali non adeguati alle esigenze di tutela di ambienti a elevato pregio ambientale (non sufficiente manutenzione dei canali sublagunari e degli sbocchi a mare) incidono in maniera negativa su: mancato o ridotto ricambio delle acque attraverso i flussi di marea (aumento dei processi di ristagno, impaludamento); impedimenti fisici nei flussi migratori di specie ittiche (ad es. anguilla); modificazioni nei popolamenti floristici e faunistici; modificazione nelle granulometrie dei sedimenti. Da evidenziare inoltre l’introduzione di specie alloctone con conseguenze spesso imprevedibili a causa della complessità delle interazioni tra organismi e habitat (sono documentati casi di competizione con specie indigene). Tra le cause di inserimento di specie non native si segnalano: acquacoltura; acque di zavorra dei mercantili; ripopolamento; lotta biologica; acquariologia.

(3) Per il MP è stata utilizzata la legenda di CLC (Corine Land Cover), che elenca 10 biotipi in ordine di naturalità crescente. Ad ogni biotopo viene attribuito un valore di naturalità (Indice di Naturalità), normalizzato tra 0 e 1. Secondo il modello proposto da OCS, devono essere preposte due assunzioni: a) il grado di naturalità di un biotopo è direttamente proporzionale alla sua superficie; b) il Valore di Naturalità totale VT di un territorio è dato dalla somma dei Valori di Naturalità dei biotopi che ne costituiscono l’ecomosaico. Per una corretta interpretazione del VT delle Stazioni del Parco, va tenuto presnte che esso risulta elevato anche grazie alla vasta superficie che ricoprono aree con un valore di naturalità medio-basso: campi seminati, viticoltura e valli salse (che, pur avendo indici abbastanza bassi, alzano l’indice totale grazie alla loro vasta estensione).

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Gli effetti di tali fattori di rischio sono rilevanti per la riduzione negli indici di biodiversità (scomparsa/rarefazione delle specie più sensibili, proliferazione di specie resistenti/opportuniste); per problematiche igienicosanitarie (accumulo e magnificazione – trasferimento attraverso la catena alimentare - di sostanze pericolose ad alta persistenza quali i principi attivi di particolari pesticidi, metalli pesanti, PCB, IPA, diossine, ecc, inquinamento batteriologico generato da reflui mal depurati o non depurati, comparsa e proliferazione di specie microalgali capaci di sintetizzare tossine); per il turismo balneare e ambientale (perdita di interesse per la caduta dei valori di biodiversità e del paesaggio, alterazione delle caratteristiche organolettiche - colore, odore, trasparenza - dei corpi d’acqua costieri); per la pesca/acquacoltura (morie diffuse di organismi bentonici - uova, larve, adulti - provocate dalle anossie delle acque, diminuzione nei quantitativi di specie di interesse commerciale). Per quanto riguarda la fauna non ittica, sensibile allo stato di qualità delle acque e degli habitat, gli uccelli sono la componente più appariscente della fauna selvatica, e la diversità e l'abbondanza ornitica sono particolarmente elevate (4) nelle aree del Parco del delta del Po, soprattutto in riferimento alle specie acquatiche. Negli scorsi decenni vi è stata, tra l’altro, una dinamica positiva nella presenza degli uccelli acquatici nidificanti. Le principali minacce all’avifauna del Parco sono costituite dalla distruzione dei siti idonei allo svernamento ed alla nidificazione per attività produttive (ad es. l’innalzamento del livello idrico nelle valli per scopi ittici può causare la scomparsa di isole per la nidificazione e l’alimentazione di sterne, gabbiani, dell’Avocetta e della Pettegola, lo sfalcio anticipato di ambienti umidi e bruciatura primaverile dei canneti sono deleterie per varie specie di anatre e altri uccelli selvatici), dalla riduzione degli ambienti di nidificazione per erosione e subsidenza e per crescita e modificazione della vegetazione di isole e dossi, importanti per laridi e caradriformi, dal regresso per subsidenza e accresciuta salinità dei canneti ove nidificano gli aironi rossi e dall’impoverimento delle biomasse alimentari (e delle prede). Fra i mammiferi, sono legati alla presenza del Parco i cervi del Bosco della Mesola, (il Cervus elaphus è specie certamente autoctona), fra gli anfibi e rettili, la Rana di Lataste, che vive in pochissimi ambienti residui, è presente in un sito del Parco, il Pelobate fosco italiano (Pelobates Fuscus insubricus) e sono significative le presenze di Tartaruga acquatica, terrestre e, nel mare antistante il Parco, la Testuggine marina (Caretta caretta). II Parco presenta un elevato numero di specie floristiche e un'ampia varietà di associazioni vegetali. Le comunità di vegetazione alofite (che crescono nelle superfici perennemente o stagionalmente inondate da acque salmastre o salate) sono molto diffuse. Altro ambiente peculiare è quello delle dune costiere che ospitano ancora una flora decisamente diversificata. Sono territori che necessitano di misure di protezione su vasta scala finalizzate al mantenimento degli habitat, più che puntuali interventi. 2.2.3 Aspetti specifici del sistema insediativo e infrastrutturale L’intero sistema territoriale costiero ha risentito e risente delle crescenti pressioni derivanti dallo sviluppo urbano, industriale e turistico-balneare. Il sistema insediativo - con le rilevanti eccezioni della città di Ravenna e delle appendici meridionali, Cervia e Milano Marittima - si presenta in forme frammen-

(4) Le varie presenze si alternano nelle “stagioni ornitologiche”annuali: in inverno decine di migliaia tra anatidi, folaghe, aironi e gabbiani svernanti; in primavera migliaia di coppie di aironi, gabbiani e sterne nidificanti; e nella stagione della migrazione, divisa tra primavera e fine estate/autunno, transita un numero elevatissimo di individui delle più diverse specie, alcune anche molto rare

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tate e a bassa densità demografica e urbanistica. Nell’insieme: un “territorio senza centri” e un sistema insediativo relativamente separato dall’entroterra regionale ed esposto a ricorrenti minacce di estensione, fin nel cuore del Delta, della “città lineare” già affermatasi nella costa a sud. Il territorio è inoltre interessato da un sistema infrastrutturale d’interesse sovralocale destinato a subire rilevanti modificazioni nel prossimo futuro (nuovi attestamenti ferroviari, la “nuova Romea”, l’idrovia e il consolidamento del porto di Ravenna, ecc.) 2.3 L’interpretazione strutturale e gli scenari evolutivi A fronte dei problemi specifici del Delta sopra enunciati, occorre ora definire quali sono i “punti fermi” che il MP deve individuare in funzione degli obiettivi del Parco, e quindi quali aspetti o elementi o relazioni “strutturali” debbano essere rispettati nelle politiche d’intervento, pena la perdita di valori irrinunciabili o di caratteri identitari non riproducibili. L’interpretazione di questo territorio – sviluppandosi per questo aspetto in maniera originale rispetto alla GIZC regionale, di cui fa contestualmente proprie tutte le analisi per l’insieme della costa - individua come dato strutturale di fondo la peculiare interazione tra quei fattori geomorfologici e idrogeologici e i fattori di connotazione storico-culturale che caratterizzano un contesto secolarmente segnato dall’opera dell’uomo, che ha lasciato tracce cospicue non solo nelle eccellenze d’interesse storico-culturale ma anche nella forma della rete idrografica principale e secondaria, nelle strutture della vallicoltura, o della produzione del sale o delle stesse bonifiche. In una prospettiva dinamica, che proietta i problemi e le criticità attuali negli scenari evolutivi per il prossimo futuro, è probabile che tra dieci o vent’anni la situazione territoriale ed ambientale sarà assai più critica di oggi, e che tali scenari potranno divergere significativamente nel Delta assumendo nei territori interessati dal MP connotazioni più preoccupanti di quelle verificabili nella costa sud. Ovviamente, in quest’ottica, gli “scenari” possono costituire una descrizione possibile del futuro e fornire al decisore un ventaglio di possibili situazioni in modo da poter effettuare un’analisi più ampia circa le variazioni che ci si possono aspettare.

3. Le opzioni di fondo 3.1. Una nuova idea del Delta I caratteri identitari, le tendenze evolutive e i problemi specifici del Delta sopra delineati rendono necessaria una svolta nella concezione e nella gestione di questo territorio. Occorre sviluppare una nuova idea del Delta. La prima questione di fondo riguarda il concetto di “conservazione”, essendo insufficiente quello di “manutenzione” dell’esistente teso al mantenimento di un costante livello di sicurezza e sostenibilità. Gli indirizzi a livello internazionale (Iucn, 2003 e 2004) indicano la necessità di attuare politiche d’intervento attivo a fronte di quelle meramente difensive. La conservazione deve essere intrinsecamente innovativa (Convenzione Europea del Paesaggio), affiancando alle azioni di protezione quelle di una vera e propria “creazione” di nuovi paesaggi. La seconda questione concerne il rapporto tra gli interessi culturali e quelli naturali da tutelare. La complessa rielaborazione antropica avvenuta nel corso dei secoli fa del Delta un “paesaggio culturale” di valore mondiale (riconoscimento Unesco) in cui quello che conta non sono tanto le singole risorse naturali quanto piuttosto la matrice ecosistemica complessiva. La terza questione è il rapporto terra/acqua. Questione intimamente legata

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alle due precedenti, da un lato per i problemi di conservazione del territorio in presenza di gravi processi di degrado idrogeologico e dall’altro per la straordinaria peculiarità del secolare paesaggio culturale della bonifica. L’ultima questione di fondo concerne il rapporto tra continuità dell’urbanizzazione del litorale (la “città lineare” del turismo) e la discontinuità dell’ecosistema. In che modo debbono saldarsi le strategie di contrasto al completamento tendenziale della “città lineare” litoranea (come auspicato dalla GIZC regionale) e le strategie di ricostruzione della continuità delle reti ecologiche e paesistiche? 3.2. Nuovi approcci metodologici Per realizzare una “nuova idea del Delta”, occorre affrontare con visione sistemica e integrata gli interventi nei diversi settori. Una visione sistemica implica la considerazione, a livello regionale, della fascia costiera come una struttura relativamente coesa ed unitaria e, a livello del MP, la considerazione del Delta come un unicum ricco di connessioni e interferenze tra le sue componenti. Le politiche di sistema (riferite a tutto il grande Delta) devono armonizzare e non sottovalutare l’apporto creativo dei progetti locali, l’articolazione locale in Unità di paesaggio e il peso assunto dai Progetti di Sviluppo Locale. Le politiche di gestione sistemica e integrata devono basarsi, a causa della complessità degli ecosistemi, della difficoltà di conoscerne adeguatamente il funzionamento, dell’incertezza delle previsioni (in particolare gli effetti locali dei cambiamenti globali) e della necessità di armonizzarsi con i progetti specifici, sull’informazione, il monitoraggio, la valutazione e il controllo. Anche per queste ragioni, il MP non può avere valore definitivo e vincolante. Esso è piuttosto uno strumento di lavoro per i soggetti a vario titolo interessati per favorire l’esercizio delle loro competenze.

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Parte II Linee guida

1. Indirizzi strategici delle Linee guida Le singole Linee guida (Lg) esposte in questa II Parte esprimono tutto il proprio valore di indirizzo programmato coerente con l’interpretazione strutturale del territorio sviluppate nella I Parte solamente se: 1) vengono interpretate nel contesto di indirizzi strategici generali coerenti con tale interpretazione; 2) vengono lette nella loro reciproca interdipendenza. (vedi Parte II, cap. 3) Gli indirizzi strategici generali per Lg coerenti con l’interpretazione strutturale del territorio del Parco possono essere così sintetizzati: • Rete ecologica. Il mosaico di aree a diverso contenuto di biodiversità e geodiversità, dalle aree protette a quelle a naturalità diffusa, deve essere considerato nella sua unità e programmato e pianificato come un corpo unico per mantenere la sua fisiologica funzionalità. Il modo per elaborare le Lg è quello della pianificazione a vasta scala di una rete di aree a diversa valenza tra loro interconnesse. Non si tratta solo di individuare connessioni fisiche tra aree, quanto di identificare, restaurare e proteggere una matrice ambientale di naturalità diffusa che serva da collante per le aree protette con più alti valori di biodiversità e riesca a contenere al proprio interno anche aree di maggiore sfruttamento di risorse naturali e non. Da qui la necessità di censire attraverso apposite ricerche, i vari frammenti di naturalità relitta. • Paesaggio. Le Lg non devono indicare solamente interventi per tutelare un territorio vulnerabile ma anche per rigenerare un paesaggio in aree ad elevata concentrazione insediativa, se è vero che la popolazione tende sempre più ad essere attratta dalla costa per raggiungere standard più elevati di qualità della vita. Oggi riprogettare il rapporto terra/acqua vuol dire restituire le pertinenze paesistiche a tutti quei luoghi-matrici del sistema insediativo di antico impianto, particolarmente in quegli ambiti in cui le dinamiche naturali morfogenetiche si sono intrecciate intimamente ai processi antropici di “acculturazione paesistica”. Il campo d’intervento dei progetti a ciò tesi deve essere convenientemente esteso al di là dei perimetri amministrativamente definiti per ciascuno di essi, con particolare attenzione per le connessioni che legano gli ambiti fra loro, ai rispettivi contesti e alla struttura complessiva delle Stazioni del Parco.

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Gli strumenti di pianificazione devono quindi recepire la dinamicità delle trasformazioni dei siti naturali, il loro evolversi da uno stato ad un altro, ovvero assecondare le dinamiche ecologiche. • Approccio strategico alla valutazione ambientale. Le variazioni climatiche future saranno certamente molto significative, ma di non facile previsione. Nella definizione delle Lg, dovrà essere prestata attenzione alla valutazione e pianificazione di medio termine (15-25 anni) dei processi di erosione costiera e di variazioni del livello marino. Il rischio e l’incertezza debbono essere pensati e affrontati come termini di riferimento piuttosto che partire da soluzioni pre-determinate e di limitata visione temporale. Un approccio strategico nella “valutazione ambientale “ deve inoltre ricomprendere nelle procedure di verifica tutti quegli impatti che, pur essendo determinati a livello puntuale da singole attività ed opere, tendono ad assumere una valenza più ampia rispetto ad obiettivi di conservazione e tutela del patrimonio naturale di scala più vasta. In estrema sintesi quindi, attivare al meglio anche le componenti connesse alla valutazione di possibili “effetti cumulativi”. • Soluzioni realistiche. L’entità dei cambiamenti futuri e il volume crescente delle risorse economiche necessarie per tutelare e riqualificare il territorio consigliano di puntare su strategie di intervento legate alle possibilità di: a) adattamento; b) stabilizzazione dei tratti in erosione; c) recupero dei tratti più vulnerabili; d) progettazione, sin d’ora, di arretramenti programmati e gestiti. • Ruolo fondamentale delle acque dolci. Particolare attenzione deve essere posta alla gestione delle acque dolci (superficiali e sotterranee) e alle conseguenti esigenze del loro razionale utilizzo, sia per quanto riguarda la diminuzione di questa risorsa in rapporto alla domanda in costante aumento, sia per la diffusione di processi di avanzamento del cuneo salino nei fiumi, nei canali e in falda. • Analisi e rappresentazione dei territori con metodi GIS. Ad ogni livello programmatorio, pianificatorio e gestionale possibile si dovranno sistematicamente applicare metodi di analisi e rappresentazione del territorio del tipo Geographical Information Systems (GIS) o meglio, se possibile, GIS.DSS (Decision Support Systems); ciò con il duplice obiettivo di creare le basi per il monitoraggio delle tendenze e mantenere attiva una rete di consultazione e discussione tra decisori (dal livello locale al centrale), ma anche con realtà scientifiche, operatori, e soggetti coinvolti nella pianificazione.

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2. Linee guida, matrici Le Lg sono organizzate e raggruppate per matrici. Quelle individuate sono sette: 1) Difesa costa: tutela, ripristino e conservazione; 2) Qualità delle acque: carichi inquinanti e gestione delle risorse idriche; 3) Valorizzazione e tutela degli habitat e della biodiversità; 4) Turismo responsabile; 5) Pesca ed acquacoltura responsabile; 6) Agrozootecnia responsabile; 7) Sistema insediativo, infrastrutture e mobilità. Le singole Lg vanno sempre rapportate agli indirizzi strategici generali sopra esposti. Le matrici debbono essere fra loro interconesse per superare la settorialità (vedi II Parte Cap. 3. Integrazione delle matrici).

Matrice 1 - Difesa costa: tutela ripristino e conservazione Il “sistema litorale” è uno dei primari elementi di controllo e condizionamento ambientale e territoriale della componente transizionale (tra mare e terra). L’evoluzione spazio-temporale di breve-medio periodo del “sistema spiaggia o litorale” assume specifica rilevanza quale basilare indicatore strutturale di vulnerabilità e rischio e, dunque, degli interventi di programmazione, pianificazione e gestione dalle Lg. Tra gli impatti socio-economici non vanno sottovalutati prioritariamente quelli relativi a: a) maggior rischio di allagamento con probabile perdita di beni; b) danni alle opere di protezione della costa, alle infrastrutture turistiche, ecc; c) danni economici alle attività turistico-ricreative, ecc; d) perdita di beni culturali e valori non monetizzabili; e) degrado degli habitat costieri con perdita di risorse rinnovabili; f) danni all’agricoltura per ridotta qualità del suolo (salificazione). Peraltro, in settori fondamentali del Parco del Delta del Po, il “sistema spiaggia o litorale” rappresenta solamente una porzione o “sottosistema contiguo” di un più ampio ed articolato “insieme duna-laguna”. Sono proprio queste le zone di maggiore valenza naturalistico–ambientale, riconosciuta ai più diversi livelli normativo-vincolistici (Stazione, SIC/ ZPS, RNS, ecc). Nel territorio del Parco, la difesa della costa deve comprendere unitariamente queste zone nelle proprie strategie di tutela, ripristino e conservazione. Per questa matrice le Lg sono finalizzate a prevedere e, per quanto possibile, contrastare: a) l’aumento della sommersione ed erosione della zona costiera; b) più intensi fenomeni di storm surge ed estese inondazioni della costa; c) intrusioni d’acqua marina negli estuari e nelle falde acquifere; d) peggioramento nella qualità delle acque superficiali e di falda; e) cambiamenti significativi nell’assetto fisico e nelle caratteristiche floro - faunistiche delle lagune e delle aree umide; f) trasformazione/inibizione nei processi di produzione primaria.

Linea guida 1 Operare con una visione unitaria ed integrata Ricondurre la visione unitaria ed integrata a una coerente attività di pianificazione, secondo la consolidata prassi internazionale. Integrare ad ogni livello del processo progettuale e negli strumenti di pianificazione regionale e locale (territoriale, urbanistico generale, di settore e di bacino) le indicazioni strategiche e le Lg del MP (coinvolgendo i soggetti

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che operano nei diversi settori nella valutazione ed espressione di pareri sui piani medesimi). Recepire negli strumenti di pianificazione la dinamicità delle trasformazioni dei siti naturali, il loro evolversi da uno stato a un altro, ovvero assecondare le dinamiche ecologiche (che vanno costantemente monitorate). Considerando le interrelazioni tra i processi naturali e le attività umane ed economiche, occorre prevedere, al momento della formulazione di progetti e nell’implementazione di azioni e interventi, meccanismi di valutazione dei valori e degli impatti economici e ambientali in gioco, definendo scenari di causa-effetto correlati a profili di responsabilità dei diversi enti e soggetti coinvolti. Individuare strumenti di partecipazione e concertazione volti a “raffreddare” le conflittualità fra i diversi interessi in gioco, nell’ottica dello sviluppo economico sostenibile, salvaguardando l’obiettivo prioritario della conservazione delle zone naturalistiche e della ricostruzione delle reti ecologiche e del paesaggio.

Linea guida 2 Azzerare o mitigare la componente antropica della subsidenza Tenuto conto che la subsidenza è un fenomeno irreversibile e che la componente naturale è ineliminabile, occorre azzerare o ridurre drasticamente nel più breve tempo possibile la subsidenza dovuta a cause antropiche. A tale scopo è necessario: - ridurre l’estrazione di fluidi dal sottosuolo; - evitare la concessione allo sfruttamento di nuovi pozzi di metano a terra e a mare, in una fascia bifronte di 3 miglia marina dalla linea di costa. - ridurre ulteriormente il prelievo di acqua da falda, evitando nuove concessioni alla realizzazione di pozzi e chiudendo i pozzi abusivi; Dal punto di vista territoriale, si dovrà soprattutto mitigare, con particolare attenzione e urgenza, gli effetti negativi che si ripercuotono nelle aree di Goro-Volano, Foce Reno, Foce Fiumi Uniti, intervenendo sulle loro cause. Lo stesso dicasi per le zone di subsidenza di Codigoro e di Alfonsine – Lugo. Contrastare le cause di subsidenza che influiscono direttamente sul degrado delle aree boschive e delle zone umide. Le prime potrebbero essere fortemente compromesse per salificazione del suolo, le seconde trasformarsi da dolci a salmastre. Portare a sistema l’iniziativa sperimentale avviata recentemente da ENI di reintroduzione di fluidi all’interno di pozzi esistenti per riequilibrare la pressione isostatica, in particolare per quei pozzi che sfruttano giacimenti costieri.

Linea guida 3 Favorire il trasporto solido da parte dei fiumi Mantenere il divieto delle escavazioni in alveo e verificare, laddove i fenomeni di sovralluvionamento ostruiscono o modificano la sezione di deflusso, la possibilità di superare la pratica di asportare i materiali dagli alvei, rimettendoli nel fiume più a valle e/o rimuovendo le cause che generano tali depositi. Evitare la realizzazione di nuove opere di sbarramento capaci di ostacolare il trasporto solido (in particolare il trasporto sul fondo) e rimuovere, dove possibile, o modificare gli sbarramenti esistenti che abbiano tali caratteristiche negative, favorendo studi e introducendo meccanismi di valutazione di tali opere che tengano conto degli aspetti di sistema a scala vasta (erodibilità dei versanti e trasporto solido fluviale). Attuare periodicamente la pulizia degli alvei, garantendo una continuità di 24


risorse agli uffici competenti per svolgere tali compiti. Ripristinare, quando ed ove necessario, le sezioni di deflusso dei fiumi e dei canali nei tratti di pianura, garantendo le necessarie risorse agli uffici competenti (considerando che con l’eliminazione della vegetazione ripariale peggiora la qualità delle acque superficiali, e poi costiere, per il mancato o minore assorbimento di nutrienti da parte delle piante).

Linea Guida 4 Contrastare l’irrigidimento della linea di costa con nuove infrastrutture Deve essere “normata” la considerazione che la spiaggia non è un elemento fisso e inamovibile ma variabile e dinamico nel tempo. Adeguare pertanto le normative urbanistiche (sulla base dei Piani degli arenili) tenendo conto delle dinamiche evolutive. Prevedere in alcuni casi i cosiddetti “arretramenti o ritiri programmati”: un’azione pianificatoria già oggi prevista e messa a punto in alcuni Paesi europei. Promuovere progetti di riqualificazione della fascia costiera che prevedano l’arretramento degli stabilimenti balneari e delle strutture di servizio, nell’ambito dei piani spiaggia comunali scongiurando comunque il rischio di distruggere l’ambiente retrostante (dune, pinete, specchi lagunari). Evitare, nei limiti del possibile, la costituzione di nuovi insediamenti, assoggettando quelli presenti a precise condizioni conservative. Accogliere la forte spinta che le comunità e le categorie economiche esercitano per realizzare opere nelle zone costiere soltanto se coerenti con un contesto sufficientemente garantito di salvaguardia del sistema ambientale litoraneo. Salvaguardare e favorire la formazione di una spiaggia sufficientemente larga, con dune al retro. Particolare importante in tal senso è la valenza oggi assunta sia della spiaggia che, soprattutto, del sistema dunoso residuo, anche in termini di salvaguardia di tale habitat, di contrasto all’erosione costiera ed all’intrusione di aerosol marino.

Linea guida 5 Opere di difesa degli arenili e ripascimenti Evitare di difendere le spiagge in erosione con opere rigide, scogliere emerse e sommerse perché alterano la dinamica litoranea, non garantiscono il mantenimento della spiaggia, peggiorano il quadro paesaggistico, la qualità delle acque di balneazione e dei fondali, creano problemi di sicurezza per i bagnanti, e inoltre, nella maggior parte dei casi, non sono le opere economicamente più convenienti. Attuare interventi sperimentali di rimozione delle scogliere emerse o di trasformazione delle scogliere emerse in altre tipologie di opere meno impattanti (barriere soffolte). Evitare il prolungamento dei moli esistenti e la costruzione di nuovi moli. Nei casi di rischio per la sicurezza nei confronti della navigazione, debbono essere attivati dei meccanismi di valutazione dei progetti di tali opere che tengano conto in modo stringente degli aspetti di sistema a scala vasta connessi alla dinamica costiera e al trasporto lungo costa. Intervenire ove possibile sui moli e sulle strutture esistenti che esercitano una drastica interruzione del trasporto litoraneo con opere di bypass. Attuare programmi organici di ripascimento e allargamento delle spiagge, e di ricostruzione di cordoni dunosi. Promuovere l’utilizzo delle sabbie litoranee e portuali, in una logica di sistema che coinvolga le autorità portuali e gli uffici preposti, per il ripascimento delle spiagge emerse e sommerse (solo con materiali salubre e di buo-

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na qualità). Programmare attentamente la gestione della sabbia degli accumuli litoranei ottimizzandone l’utilizzo ai fini del ripascimento delle spiagge in erosione.

Linea guida 6 Salvaguardia delle spiagge ancora libere e dei sistemi dunali Salvaguardare le spiagge libere esistenti, non rilasciare nuove concessioni (neppure per uso temporaneo), vietare le difese invernali degli stabilimenti dove non strettamente necessario, regolamentare le strutture per la balneazione in termini di transitorietà e provvisorietà. Avviare la ricostruzione degli apparati dunosi, laddove possibile, a tergo delle spiagge. Introdurre/rafforzare norme per la salvaguardia e la conservazione dei sistemi dunosi esistenti. Migliorare la resilienza del litorale con rimboschimenti degli incolti o campi recuperabili attorno alle dune con vegetazione boschiva ed arbustiva autoctona (anche ai fini del restauro dell’antica selva litoranea) mantenendo la copertura vegetale dell’avanduna, Escludere l’accessibilità veicolare indiscriminata con opportune barriere. Regolamentare l’accessibilità equestre e ciclopedonale, realizzando (nelle zone dunose) passerelle e pedane sopraelevate a scavalco, orientando i flussi con sentieri e segnaletica (anche didattica).

Matrice 2 - Qualità delle acque: carichi inquinanti, gestione delle risorse idriche La disponibilità delle risorse idriche sarà indubbiamente uno dei primi settori interessati dai cambiamenti climatici di livello globale. Cambiamenti nelle precipitazioni potranno modificare notevolmente il ciclo idrologico e, in definitiva, la disponibilità della risorsa acqua per usi domestici, industriali, agricoli e, non ultimo, per le “aree naturali”. Già oggi il sistema idrografico superficiale e sotterraneo ha perso gran parte della propria capacità ma, cosa ben più preoccupante, presenta una progressiva tendenza alla diminuzione nelle disponibilità. Le acque superficiali che in passato alimentavano le zone umide, vengono sempre più utilizzate per scopi irrigui e acquedottistici aggravando progressivamente, nel contempo, l’intrusione del cuneo salino. Il problema della quantità è strettamente collegato al raggiungimento dell’obiettivo prioritario di una qualità accettabile per i corpi idrici, in ottemperanza alle vigenti normative nazionali e in linea con la GIZC regionale e con gli orientamenti comunitari. Raggiungere tale obiettivo significa prioritariamente contenere e rendere accettabile il rischio eutrofico. Il sistema terracqueo deve essere in grado di garantire elevate capacità fitodepuranti delle acque/reflui provenienti dal territorio antropizzato e dirette, come ultimo recettore, verso il mare. Gli ambienti palustri fungono da bacini naturali di fitodepurazione e le lagune da collettori secondari. L’abbondante presenza di flora palustre e ripariale, i flussi laminari indotti dalle basse profondità e dalle ampie superfici e i processi di sedimentazione costituiscono un insieme di condizioni favorevoli alla sottrazione (per assimilazione e per sedimentazione) di importanti quote dei carichi di sali nutritivi ad effetto eutrofizzante. Un analogo potere viene attribuito all’abbattimento dell’inquinamento batteriologico. Motivi che attribuiscono a tali ecosistemi, oltre all’oggettiva necessità di tutelare questi habitat e la biodiversità ad essi associata, un valore aggiunto anche in termini di approccio integrato tra esigenze di conservazione e miglioramento della qualità delle acque.

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Il reticolo idrografico superficiale, oltre a una primaria funzione per la quantità e qualità delle acque, assume altre funzioni di sostanziale importanza per il Parco: rappresenta un potenziale “corridoio ecologico”, attiva i rapporti con le acque marine e le connessioni con gli habitat. Particolare valenza in questo contesto è assunta dalla estesa e fitta rete di canali di drenaggio/ irrigazione, gestiti dal punto di vista idraulico dai vari enti di competenza (Servizi di bacino, Consorzi di bonifica). In tal senso sono da contemplare virtuosi processi di gestione idraulica capaci di contrastare l’intrusione d’acqua marina e la progressiva perdita di ferilità dei suoli È pertanto necessario sviluppare specifici piani d’azione integrati in un’unica strategia e programmazione. Elementi prioritari in questa logica sono quelli di mantenere, soprattutto per il futuro ed in funzione dei previsti cambiamenti climatici, l’equilibrio fra disponibilità e richiesta.

Linea guida 1 Completamento del collettamento delle acque reflue urbane Estendere il servizio di fognatura agli agglomerati attualmente non serviti o alle aree che saranno oggetto di espansione urbanistica. Ridurre le perdite delle reti fognarie per limitare l’inquinamento dei corpi idrici sotterranei. Rimodulare le reti fognarie idraulicamente insufficienti al fine di contenere le portate meteoriche e pertanto ridurre/eliminare i carichi di sostanze inquinanti nei corpi idrici recettori. Limitare l’ingresso delle acque meteoriche nelle reti fognarie (siano esse unitarie o separate), sia per problemi di costi sia per non depauperare le risorse idriche del sottosuolo Incentivare l’attuazione delle misure per la gestione delle acque di prima pioggia che raccolgono la maggior quota di carico inquinante. Le acque di prima pioggia dovrebbero essere accumulate in apposite vasche ed inviate gradualmente agli impianti di trattamento. Gli scolmatori di piena dovranno essere adeguati alle esigenze di protezione del corpo recettore, anche attraverso la progettazione di dispositivi idonei a garantire la funzionalità degli scaricatori in coerenza con le esigenze di tutela dei corpi idrici recettori, prestando anche attenzione ai parametri connessi alle attività balneari. Definire le forme di controllo e la disciplina degli scarichi delle acque di lavaggio di aree esterne di impianti o comprensori produttivi che per le attività svolte creino pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici Monitorare i flussi in tempo reale (telecontrollo), definendo la struttura gestionale sia per le proprie componenti specifiche (dotazione HW/SW, personale operativo, gestione delle emergenze, ecc), sia per i collegamenti con strutture esterne (laboratori d’analisi, enti operativi sul territorio), sia per gli aspetti organizzativi (procedure operative di manutenzione, indagine, trattamento-dati). Definire nuove regole per la gestione dei sistemi porto-canale con lo scopo prioritario di eliminare tutti gli scarichi fognari diretti. In relazione più specificamente all’attività portuale e peschereccia, deve essere incentivato il divieto di liberarsi degli “scarti di pesca” direttamente nei canali. A tale scopo è da incrementare la raccolta mirata dei rifiuti e scarti prodotti dalle attività di pesca, la raccolta degli olii esausti e altri prodotti in uso nel settore meccanico-navale (officine, cantieri, scali di alaggio, ecc.). Lo scarico dei reflui scolanti dal lavaggio delle chiglie e dal rinnovo delle vernici anti-vegetative deve essere assolutamente evitato, queste acque di rifiuto (altamente tossiche) devono essere raccolte e stoccate, in attesa di un loro adeguato trattamento.

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Linea guida 2 Applicazione di tecniche innovative nella depurazione delle acque (lagunaggio fitodepurazione, fertirrigazione) Arretrare il sistema depurativo rispetto alla linea di costa incentivando la fertirrigazione. Nel periodo estivo di forte presenza turistica, quando è massima la richiesta di risorsa idrica per uso irriguo, i reflui trattati possono essere destinati verso il comparto agricolo (fertirrigazione). La fertirrigazione rappresenta anche un significativo potenziale di sviluppo e di ricaduta positiva in termini di risparmio idrico. Va verificata comunque la qualità dell’acqua, in particolare per il rischio “salinità” dovuto a eventuali infiltrazioni. Prevedere trattamenti di finissaggio degli effluenti ricorrendo a tecniche di lagunaggio e fitodepurazione, che devono assumere carattere di trattamento complementare alle procedure depurative tradizionali. L’applicazione di queste tecniche si dimostra particolarmente efficiente nella rimozione dei nutrienti e determina, parimenti, un efficace abbattimento delle cariche batteriche residue. Creare o ricreare “morte” nei pressi degli angoli dei campi, delle confluenze tra canali di drenaggio o ovunque sia possibile, dove lasciar sviluppare la vegetazione palustre. Ciò consentirà di utilizzare la rete di fossi e canali come eco-filtri e sistemi di fìtodepurazione (tenendo presente la salvaguardia idraulica del territorio e il ruolo dei Consorzi di bonifica). Controllare e ridurre le sorgenti di inquinamento, soprattutto quelli di provenienza agricola, adottando specifici accordi per programmare al meglio, insieme agli agricoltori, l’uso ottimale di fertilizzanti e pesticidi. Sarà utile, a tal riguardo, favorire ed incentivare metodi di agricoltura ecocompatibile come l’agricoltura biologica e l’agricoltura integrata. Promuovere la creazione di fasce tampone boscate lungo i corsi d’acqua (canali di scolo, grandi fossi aziendali), al fine di intercettare i nutrienti e le frazioni di terreno (erosione) che dai campi coltivati sono veicolati nelle acque superficiali.

Linea guida 3 Adozione di pratiche agrozootecniche a basso impatto ambientale Contenere la generazione di carichi di sostanze nutrienti, soprattutto di azoto, ottimizzando l’uso dei fertilizzanti in modo da assicurare alle colture agricole un livello produttivo economicamente competitivo ed ambientalmente sostenibile e, nel contempo, limitare al massimo le possibili perdite attraverso il dilavamento e il drenaggio superficiale e profondo. Diffondere appropriati ordinamenti colturali, favorendo l’avvicendamento delle colture allo scopo di incrementare la fertilità del suolo, migliorarne lo strato superficiale e limitarne l’erosione. Le rotazioni colturali devono assicurare la copertura del terreno durante le stagioni piovose e possono aumentare le disponibilità di azoto attraverso l’impiego di specie azotofissatrici (leguminose). Favorire la copertura vegetale del suolo nel periodo autunno invernale, attraverso la realizzazione di colture idonee (cover crops e catch crops), allo scopo di limitare il dilavamento dell’azoto presente nel terreno e di ottenere biomassa da sovescio con incremento della sostanza organica del suolo. Adottare tipologie di lavorazione del terreno atte a contenere la dispersione di nutrienti e l’erosione. L’azione deve essere finalizzata all’incremento della frazione di sostanza organica contenuta nel terreno con lo scopo di aumentare la porosità e la permeabilità all’acqua e, di conseguenza, diminuire il ruscellamento. Adottare tecnologie e procedure atte ad ottimizzare l’efficienza della ferti-

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lizzazione organica e/o minerale. Procedura necessaria per contrastare la progressiva “mineralizzazione” dei suoli e a contenere gli apporti di concimi, in particolare di quelli azotati. Incentivare dispositivi di spandimento dei liquami e altre matrici organiche idonei alla riduzione delle perdite di nutrienti per ruscellamento superficiale, riducendo nel contempo le emissioni di odori molesti, ottenere una buona uniformità di distribuzione e contenere le perdite di azoto in atmosfera. Impiegare prodotti fitosanitari a basso impatto (insetticidi, fungicidi ed erbicidi) con ridotta tossicità nei confronti dell’uomo e della fauna e più selettivi nei confronti dell’artropodofauna utile. La distribuzione dei prodotti fitosanitari dovrà essere realizzata con attrezzature idonee, tarate e preferibilmente con bassi volumi d’acqua. Adottare tipologie di stabulazione che assicurano la riduzione del volume e il miglioramento della qualità agronomica del liquame prodotto e, al tempo stesso, il contenimento delle emissioni in atmosfera. Riequilibrare il rapporto tra capi allevati e superficie aziendale attraverso l’aumento della superficie aziendale, permettendo così un’efficace applicazione delle misure di tutela ambientale e riducendo l’immissione di nitrati nei corpi idrici superficiali e sotterranei. Favorire, nelle misure possibili, l’adozione di biocarburanti e biolubrificanti per le macchine e attrezzature agricole, con l’obiettivo di utilizzare fonti energetiche rinnovabili e di ridurre l’impatto di eventuali inquinamenti nel caso di sversamenti, rotture, perdite; ecc…

Linea guida 4 Applicazione di pratiche di rinaturalizzazione delle aree di pertinenza fluviale Mantenere, per quanto possibile, un livello minimo d’acqua nei canali artificiali principali (la ricchezza specifica della biodiversità risulta sempre maggiore rispetto a quelli periodicamente svasati) anche ai fini depurativi del sistema idrico. Realizzare fasce tampone boscate interposte tra gli ecosistemi acquatici e terrestri con l’uso di specie autoctone tramite la messa a riposo di strisce di terreno lungo le sponde dei corsi d’acqua. Le fasce tampone boscate sono particolarmente efficaci nell’assorbimento dei nutrienti dilavati dai terreni agricoli e per intrappolare i sedimenti e i contaminanti ad essi associati. L’associazione con zone umide a macrofite o con fasce inerbite può implementare la capacità di abbattimento dei nutrienti, in particolare di fosforo. Le fasce tampone boscate possono anche contribuire alla rimozione di metalli, di residui organici (ad esempio prodotti fitosanitari) e dei microrganismi patogeni presenti nei deflussi superficiali. L’ampiezza della fascia ripariale rimane comunque il fattore più importante nel condizionare l’efficacia di rimozione. Ripristinare e mantenere i prati alluvionali, allagati in inverno e durante le piene e asciutti in estate, prevedendo un solo sfalcio annuale, indispensabile sia per esigenze economiche e idrauliche che conservazionistiche. Realizzare ecosistemi filtro di tipo palustre impiegando zone umide naturali e artificiali per il miglioramento delle caratteristiche qualitative delle acque superficiali. Progettare e gestire ecosistemi filtro in quanto elementi del paesaggio rurale di notevole importanza dal punto di vista ecologico e naturalistico. Rappresentano tra l’altro habitat trofici e riproduttivi per alcune specie vegetali e animali altrimenti a rischio di estinzione. Gestire il reticolo idrografico come parte integrante della rete ecologica, con particolare riguardo per le foci fluviali come connessioni ecologiche tra terra e mare, e con programmi estesi di rinaturalizzazione delle fasce di contatto terra/acqua.

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Contrastare l’interramento dei canali per effetto della subsidenza e di altre cause, vietandone la “tombinatura”. Inserire negli atti di concessione delle golene apposite clausole per assicurare che gli interventi agronomici, che spesso implicano un utilizzo elevato di sostanze chimiche e distruzione degli habitat fluviali naturali o semi naturali, vengano eseguiti in modi compatibili sia con le esigenze di sicurezza idraulica sia con quelle di conservazione anche finalizzate al miglioramento delle acque superficiali (es. prati piuttosto che seminativi).

Linea guida 5 Corretta gestione idraulica ed aumento della capacità di invaso nelle reti scolanti Realizzare casse di espansione in grado di contenere e rilasciare lentamente i volumi idrici confluiti a seguito di eventi di piena con prefissati e adeguati tempi di ritorno al fine del contenimento del rischio idraulico. Possono essere progettate per costituire una riserva idrica per l’irrigazione, per il ripristino di habitat a scopo naturalistico, per riqualificare il paesaggio (es. cave abbandonate) e per creare zone umide da adibire ad uso sportivo, socio-ricreativo, didattico-ambientale. Ripristinare i meandri e aumentare la diversificazione dell’alveo per contribuire ad accrescere i tempi di corrivazione delle acque, favorire l’innesco dei processi di mineralizzazione della sostanza organica e consentire l’insediamento di comunità acquatiche più strutturate e funzionali. Provvedere, per quanto possibile, a risagomature degli alvei che aumentino l’eterogeneità spaziale (compatibilmente con le opere di manutenzione idraulica), ad esempio attraverso la creazione di irregolarità lungo le rive o di stagni laterali alle sponde. Tale opzione facilita l’insediamento della vegetazione acquatica e restituisce al corso d’acqua quei caratteri di naturalità che permettono il ripristino delle sue capacità autodepurative. Stabilire come dovranno essere gestite, in termini d’apporto complessivo e locale, le acque dolci e salate durante l’anno e soprattutto per le zone dove sono presenti attività di vallicoltura. Programmare l’uso dell’acqua insieme agli agricoltori. Verificare l’utilizzo, anche dilazionato nel tempo, di altri tipi di colture meno idroesigenti e più resistente alla siccità.

Matrice 3 - Valorizzazione e tutela degli habitat e della biodiversità Le attuali politiche di protezione attraverso vincoli specifici e riduzione delle cause di degrado attraverso interventi di bonifica, depurazione e prevenzione non sempre si sono rivelate, da sole, sufficienti. Pur traducendosi in un freno del degrado ambientale, non bastano per riportare l’ambiente a livelli di qualità desiderabile. Risulta quindi sempre più necessario puntare al miglioramento degli equilibri naturali e ambientali compromessi, attraverso il recupero, è ove possibile, la ricostruzione di elementi naturali di pregio e qualità. Nel territorio del Parco, la frammentazione del paesaggio produce una serie di aree naturali relitte circondate da una matrice territoriale di natura più o meno diversa (es. zone coltivate). Inoltre non si può pensare di conservare le aree di importanza naturalistica presenti senza tenere conto delle attività umane territorialmente incluse. Il Delta è un sistema aperto e complesso che necessità di una gestione integrata e condivisa.

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Questo percorso ha l’obiettivo di meglio armonizzare la realtà del Parco con il territorio che lo comprende, anche attraverso la rimozione delle discontinuità, fratture e barriere che nel tempo hanno frammentato gli ecosistemi costieri e determinato la progressiva “insularizzazione” delle aree protette e delle risorse naturali in esse comprese. Per l’ottimale assetto sistemico dell’attuale rete ecologica regionale deve essere assicurata un’adeguata connettività sia in senso longitudinale che trasversale, ripristinando la funzionalità delle interrelazioni tra aree terrestri, marine e di transizione. Diviene importante a questo riguardo contrastare la saldatura tra i vari centri abitati costieri, in particolare tra i centri balneari, onde permettere la costruzione di corridoi ecologici tra entroterra e mare. Per la costruzione della rete ecologica occorre agire sia sulle aree protette oggi esistenti e su altri serbatoi di biodiversità o su aree degradate da recuperare, sia sulle loro connessioni (principalmente la rete dei canali, le fasce arginali, le aree di transizione, le trame minute dei paesaggi agrari come siepi e filari). Un apposito progetto d’azione deve proporre le modalità più opportune – da verificare con specifiche “valutazioni ambientali strategiche” e da realizzare tramite progetti d’intervento particolareggiato – per integrare la rete nel contesto ambientale del Delta, considerando altresì le opportunità di connessioni d’interesse turistico e culturale, terrestri e marine. Alla realizzazione della rete ecologica si accompagnano azioni più direttamente riferite al miglioramento delle condizioni ambientali, quali quelle per il trattamento dei reflui e dei rifiuti solidi, la razionalizzazione delle reti fognarie, o per il disinquinamento e il recupero/bonifica delle aree degradate.

Linea guida 1 Salvaguardia degli habitat e conservazione della biodiversità Favorire un corretto governo della natura all’interno degli strumenti normativi ed urbanistici attuali, utilizzando i residui lembi di habitat naturale per la costruzione di una rete ecologica specifica del Parco e considerando, nella pianificazione del territorio, gli elementi ecosistemici a un analogo livello di importanza di quelli antropici. Individuare e realizzare nuove unità di natura, ovvero di neo-ecosistemi in grado di costituire i mattoni di una qualità naturalistica diffusa sul territorio e non limitata a poche aree protette. Accettare che i nuovi “ecomosaici” abbiano anche una polivalenza di utilizzi (ricreativi, produttivi, di compensazione degli impatti in atto) in grado di fornire anche opportunità economiche e di stabilizzare condizioni sostenibili di compresenza tra uomo e ambiente naturale. Utilizzare come unità funzionali per la costruzione della rete sia quelle naturali residue, sia quelle ricostruibili artificialmente (es. attraverso il recupero di cave o altre aree degradate). Disporre un insieme di unità naturali tutelate attraverso specifici istituti di salvaguardia (es. riserve orientate o integrali), nell’ambito del più generale strumento di tutela del territorio. Progettare e costruire la rete ecologica del Parco secondo una geometria che combini (e colleghi) gli elementi di “massa” (es. paludi, nuclei boscati, ecc.) con quelli di tipo lineare (es. corsi d’acqua, fìlari, ecc.). Facilitare, con una appropriata progettazione della rete ecologica, le connessioni ecologico-funzionali tra i due grandi comprensori principali: quello settentrionale (Mesola/Goro - Bertuzzi - Comacchio – Piallasse - zone umide Ravennati) e quello meridionale (Pineta a sud di Ravenna - Saline di Cervia), collegando possibilmente anche la stazione esterna Argenta/Campotto, e ridurre

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la frammentazione ambientale al loro interno. Rivolgere attenzione e adottare misure conservative verso le specie ittiche sensibili (e pertanto minacciate) presenti in ambiti fluviali, deltizi e lagunari. Tra queste si ricordano: lo storione di Naccari, endemico del Po, il Gobide Pomatoschistus canestrinii, la Tinca tinca, l’Esox lucius, l’Alosa fallax, e l’Aphanius fasciatus. Il decremento nei popolamenti di queste specie viene per lo più attribuito agli ostacoli in termini di continuita fluviale, ai processi di eutrofizzazione acuti (anossia delle acque) ed al degrado ambientale degli ecosistemi lagunari.

Linea guida 2 Conservazione degli elementi di naturalità delle foci fluviali e dei sistemi dunali In tutte le foci fluviali gli interventi di protezione della costa devono essere realizzati tenendo conto degli elementi di naturalità residui, presenti nelle foci stesse o nelle loro adiacenze e del loro ruolo di connessione territoriale ed ecologico, soprattutto nei casi di foci molto rimaneggiate o degradate o funzionali e connesse alle lagune interne (canali di interscambio vallivo). Ogni singolo progetto dovrebbe essere preceduto dall’analisi territoriale e naturalistica della foce, finalizzata ad evidenziare le emergenze da mitigare mediante modalità di intervento che ne garantiscano la conservazione. Gli interventi mirati alla realizzazione di strutture turistiche (porticcioli, rimessaggi, imbarchi, ecc…) dovrebbero essere vietati o realizzati esclusivamente nelle foci che hanno perduto ogni valenza naturalistica. Garantire assoluta priorità alla foce del torrente Bevano, unica foce che ancora conserva forti elementi di naturalità. Qui non deve essere prevista alcuna struttura insediativa (neanche temporanea) di tipo turistico-balneare ed eventuali interventi di protezione civile debbono considerare la conservazione degli elementi naturali e l’evoluzione spontanea della foce. Particolare attenzione dovrà essere posta anche per la foce di Volano, zona di forte valenza naturalistica che comprende ambienti molto diversi (dalla Pineta alla laguna salmastra, dall’incolto agli scanni sabbiosi ed alle spiagge). Caratterizzati da associazioni vegetali quanto mai diverse e numerose. Per i canali adduttori ed i sistemi lagunari, occorre bilanciare la conservazione della naturalità anche attraverso attività responsabili di ittiocoltura e fruizione turistica. Realizzare infrastrutture a basso impatto nel caso di servizi adibiti alla fruizione turistica ed escludere la realizzazione ex novo di strade. Vietare la realizzazione di nuovi insediamenti di pesca (capanni) e lo sfalcio, taglio, potatura e asportazione indiscriminata della vegetazione ripariale e acquatica. Per garantire la tutela dell’avifauna nidificante, nei mesi di marzo, aprile, maggio e giugno vietare tutti i tipi di lavori relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria. Censire tutti i tratti di litorale con residui di dune, retrodune e spiagge naturali, anche di piccole dimensioni. Mantenere il più possibile intatto e, soprattutto, ripristinare il sistema dunoso deteriorato e incrementare per quanto possibile la costruzione di nuovi segmenti anche attraverso interventi artificiali. Realizzare un database relativo agli indicatori dello stato ambientale di ogni cordone dunoso analizzato. Acquisire, quando possibile, i terreni circostanti con allentamento delle pressioni antropiche in un’adeguata zona di rispetto intorno al sistema dunoso. Recintare le dune di primaria importanza (Cakileto e retroduna compresi) attraverso tecniche di ingegneria naturalistica o misure di conservazione per la ricostituzione dei ginepreti dunosi degradati

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Linea guida 3 Salvaguardia degli habitat e uso sostenibile delle risorse connesse alla pesca e all’acquacoltura Attuare azioni di tutela urgenti sull’esistente per salvaguardare le fasi di riproduzione e nursery dell’ittiofauna e, nei limiti del possibili, ricostituire nuove aree umide utilizzando gli strumenti finanziari comunitari indirizzati al sostegno di tali azioni. Riconvertire in zone umide aree incolte o destinate ad altri usi di scarso interesse economico e sociale. In molti casi si tratta di aree bonificate in cui l’attività agricola è spesso caratterizzata da una limitata produttività o da particolari forme di coltivazioni intensive che stanno incontrando criticità di mercato (barbabietola, graminacee) Eliminare lo scarico di sostanze chimiche inquinanti (metalli pesanti, idrocarburi, organo alogenati, ecc.), ridurre l’utilizzo, e conseguentemente l’immissione, nelle acque percolanti di fitosanitari (erbicidi, insetticidi, anticrittogamici), ridurre l’immissione di scorie organiche e rifiuti plastici direttamente nella rete idrica; contenere lo scarico di sostanze eutrofizzanti (fosfati, nitrati). Tutelare e ripristinare la morfologia (rinaturalizzazione) dei corsi d’acqua; tutelare la vegetazione spontanea idrofitica e alofitica nei corsi d’acqua, almeno in alcuni tratti non interessati da prese di captazione. Mantenere la circolazione e il flusso idrico in zone più profonde in cui i pesci possano rifugiarsi e sopravvivere nei periodi di secca, sia causati da eventi naturali (siccità estiva), che da interventi umani (gestione dei canali, emungimenti, taglio dei canneti). Gestire in maniera responsabile la pesca, soprattutto quella sportiva. Vietare la pesca per alcune specie minacciate di estinzione (Storioni); restringere il periodo di pesca per alcune specie in declino (Cheppia); vietare l’ utilizzo come esca viva di alcune specie ittiche protette da direttive dell’Unione europea (Cobite, Ghiozzetti); intensificare la vigilanza; sensibilizzare i pescatori a rilasciare gli individui immaturi o di scarso interesse alimentare appartenenti alla ittiofauna autoctona (es. Nono e Spinarello) Bloccare l’introduzione di specie alloctone, di nuova importazione o già acclimatate; vietare l’allevamento, l’immissione in laghetti per la pesca sportiva di specie alloctone; avviare progetti per la eliminazione delle specie alloctone dannose mediante sensibilizzazione dei pescatori professionisti e sportivi sui possibili danni arrecati da queste specie al patrimonio ittico.

Linea guida 4 Razionalizzazione degli interventi di gestione idraulica Gestire la rete dei canali di drenaggio dai terreni agricoli come elementi ecologici e paesaggistici. Questi corsi d’acqua minori possono costituire un importante segmento della rete ecologica del Parco, infrastrutture già presente sul territorio e che necessita solamente di una gestione più mirata. Nel reticolo idrico superficiale minore attuare programmi di conservazione, riqualificazione e gestione ambientale evitando ulteriori tombinature dei fossi, ridisegnandone, per quanto possibile, il tracciato per limitatare al massimo i tratti rettilinei, gli angoli retti ed altri elementi artificiali. Promuovere la ricostituzione di siepi e fìlari ripariali per facilitare lo spostamento della fauna e diffusione della flora selvatica. Nel reticolo idrico minore migliorare la qualità delle acque di drenaggio provenienti dai terreni agricoli sviluppando la presenza di macrofite acquatiche e di vegetazione palustre attraverso interventi di manutenzione non distruttivi. Creando o ricreando, ove possibile, “morte” nei pressi degli angoli dei campi,

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delle confluenze tra canali di drenaggio, dove lasciar sviluppare la vegetazione palustre. Predisporre un manuale per gli agricoltori sulle tecniche per realizzare di tali interventi, evidenziandone l’interesse per il sistema agricolo e per il miglioramento della produzione. Nei corpi idrici consorziali migliorare e, nel caso, riconvertire i metodi irrigui. Adeguare, in una logica che tende al risparmio idrico, le reti di adduzione e distribuzione e riordinare i bacini e le utenze irrigue. Realizzare inoltre sistemi di telecontrollo e di teleregolazione dei deflussi allo scopo di mantenere il Deflusso Minimo Vitale per favorire la ricchezza della biodiversità e la capacità autodepurativa del sistema idrico. In tutti questi casi vanno considerate le conmetenze dei Consorzi di bonifica. Nei corpi idrici fluviali procedere alla manutenzione e protezione delle sezioni di deflusso, incrementare la protezione delle risorse idriche e delle capacità di invaso delle reti scolanti, potenziare il sistema costiero di casse d’espansione e laminazione fluviale con potenziamento dei sistemi di fitodepurazione.

Linea guida 5 Conservazione e tutela delle specie “totem”: il caso dell’anguilla In tale contesto occorre segnalare le più recenti determinazioni comunitarie in termini di tutela e conservazione della specie Anguilla anguilla: la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo (Bruxelles, 01.10.2003 – COM(2003) 573 definitivo) avente per titolo “Verso un piano d’azione comunitario per la gestione degli stock di anguilla europea”; e il Regolamento (CE) n. 1100/2007 del Consiglio del 18 settembre 2007 che istituisce misure per la ricostruzione dello stock di anguilla europea. Tra le altre cose, viene messo in evidenza che: “….. La conservazione e la gestione dell’anguilla costituisce un problema assai complesso. Da un punto di vista biologico, la tutela di questa specie dipende dallo sfruttamento commerciale come pure dalla conservazione degli habitat naturali, per cui è necessario tener conto sia di considerazioni ambientali che degli aspetti inerenti alla gestione della pesca. …..”. Viene pertanto sottolineato il preoccupante calo di questa risorsa nell’intero continente europeo, e vengono proposte misure di recupero raccomandando ai Paesi membri di adottare adeguate ed urgenti misure di tutela. Tra quelle di carattere generale, ma applicabili ovviamente anche su scala locale, vengono segnalate: Contrastare il progressivo degrado (inquinamento) dei corpi idrici superficiali. Regolamentare tecniche, periodi di pesca, limiti e rilasci programmati nelle fasi migratorie verso il mare. Rimuovere quegli elementi che tendono ad ostacolare la “continuità fluviale” (dighe, e sbarramenti) o affiancarvi delle idonee vie di passaggio per l’ittiofauna. Elaborazione da parte dei Paesi membri di adeguati piani di gestione della risorsa “anguilla”. A queste note di carattere generale occorre inoltre segnalare: Nelle valli di Comacchio occorre superare la difficoltà gestionale di tale risorsa dovuta al sovrapporsi di interessi privati che tendono a sottrarre significative quote degli stock. Programmare, a medio termine, l’acquisizione dell’intero specchio acqueo e su di esso attuare efficaci forme integrate di tutela e pesca sostenibile.

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Matrice 4 - Turismo responsabile Il turismo ambientale mostra negli ultimi lustri tendenze caratterizzate da un progressivo incremento. Funziona il settore dell’agriturismo, attraggono i prodotti locali e a denominazione di origine controllata, sono sempre più richieste le visite guidate da esperti nelle aree protette e nei parchi. Nuovi interessi, recenti forme di turismo (definite in modo improprio nicchie turistiche) che, tra l’altro, nelle nostre aree, vengono spesso associate nelle loro forme opzionali al turismo balneare. Sono sempre più numerosi i turisti che dai Lidi si spostano per passare ore, se non giorni, in aree di pregio ambientale facilmente raggiungibili e fruibili. Anche per il Parco valgono gran parte delle Lg della GIZC elaborate per il controllo e la guida degli sviluppi turistici, quali: l’attenzione per il rapporto tra insediamenti residenziali permanenti e insediamenti a uso turistico (anche per le rilevanti impennate che ne discendono sui consumi idrici ed energetici e sulla produzione di reflui e rifiuti), l’opposizione al consolidamento e alla prosecuzione della “città lineare”, l’orientamento a spostare gli investimenti dagli alloggi privati alla ricettività imprenditoriale, l’impegno per la riqualificazione del sistema ricettivo (anche mediante obbligo di certificazione di qualità), la riorganizzazione dei sistemi di mobilità (“trasporto rapido costiero” e nuova Romea, sistemi leggeri di rete), ecc. Guardando più specificamente al Delta, il Mp del Parco porta l’attenzione, da un lato, agli impatti che il turismo omologato di massa esercita su ambienti e risorse di particolare sensibilità, dall’altro, alle prospettive di valorizzazione turistica a più elevato contenuto qualitativo, come il turismo ecologico o naturalistico, il bird watching, il turismo culturale o comunque il turismo capace di apprezzare l’offerta “di qualità” che il Parco del Delta del Po è in grado di proporre. Il turismo e l’educazione ambientale dovrebbero essere le attività principali, più diffuse e adatte a connettere le diverse parti dell’offerta del sistema. La presenza di un pubblico vasto e diversificato stabilizzerebbe la domanda di prodotti e servizi che il sistema potrebbe offrire. Anche in questo caso l’etichettatura ecologica di tutti i prodotti e di tutti i servizi, in parte da inventare, dovrebbe certificare sul mercato europeo una particolare qualità.

Linea guida 1 Promuovere le necessarie connessioni tra turismo balneare e naturalistico. Modificare il modo di intendere e di fruire la vacanza nelle località balneari. La “città balneare” si dovrebbe trasformare in “città del tempo libero”, posizionata fra tante “occasioni”, le principali delle quali sono il sistema mare-spiaggia e le attrattive naturali. Superare la conflittualità che interpreta la risorsa ambientale come vincolo. Attivare una politica che generi sinergie e interessi collettivi interpretando il complesso dei beni disponibili come risorsa. Attivare e potenziare progetti di sviluppo delle attività in seno al Parco per favorire l’aumento dei flussi turistici legati alla fruizione dell’ambiente. Sviluppo del turismo naturalistico: divulgare, studiare e rendere fruibili le attrattive naturali dei paesaggi visitati, attraverso qualsiasi attività atta a promuovere la conservazione della flora e della fauna limitandone gli impatti su di esse per mezzo di un coinvolgimento attivo e responsabile dei visitatori e delle popolazioni locali, con un beneficio socio-economico su di esse. Rendere disponibile la fruizione dei valori naturalistici ai turisti, al grande pubblico e soprattutto agli utenti in età scolastica. Far crescere negli studenti una responsabile conoscenza naturalistica rende loro e di conseguenza

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ai turisti, i vettori di quella consapevolezza che li vedrà sostenitori di un futuro turismo eco-sostenibile ed eco-compatibile. Rendere fruibile la ricerca scientifica applicata al mare e alle specie protette agli studenti, ai turisti e al grande pubblico attraverso l’utilizzo di imbarcazioni, creare centri di accoglienza sulle tematiche rivolte al mare per lo studio e la conoscenza delle specie ittiche, dei metodi di pesca e della biologia marina, per introdurre i fruitori ad un maggior rispetto del mare vissuto da un punto di vista più consapevole. Potenziamento delle strutture dedicate all’accoglienza (centri visita) e al soggiorno. Sistemare i canali di transito all’interno del Parco. Favorire lo sviluppo di attività sportive e ricreative legate al diporto ed al canottaggio. Migliorare le piste ciclabili e creare centri di assistenza.

Linea guida 2 Valorizzazione dei prodotti di nicchia e delle produzioni tipiche e rilancio delle Fiere tematiche. Cogliere la tendenza alla valorizzazione della vita in comune registrata negli ultimi anni e sviluppare politiche in grado di incontrare tale tendenza elaborando un “marchio del territorio” riconoscibile ed efficace. Inserire in un sistema di imprese che siano tutte certificabili ed etichettabili l’uso multiplo delle valli risanate, basato su pesca ed acquacoltura estensiva, conservazione della natura, fruizione dell’ecosistema per turismo naturalistico ed educazione ambientale, nuove occasioni per la ricerca scientifica e per la formazione. Cogliere il successo della fiera dedicata al birdwatching per promuovere analoghe iniziative su altri tematismi (la biodiversità delle aree protette, la vallicoltura, l’anguilla, ecc.). Promuovere forme mirate di “pescaturismo” e “ittiturismo” coerenti con le realtà vallive.

Matrice 5 - Pesca ed acquacoltura responsabile Lo stato di crisi in cui, ormai da tempo, versa il settore della pesca e i significativi cambiamenti che esso ha subito negli ultimi anni, rendono necessari interventi di due tipi: l’uno prettamente economico, l’altro di tipo ecologico ambientale. I due problemi sono fra loro strettamente intrecciati e non vanno affrontati separatamente. L’aspetto ecologico ambientale pone l’accento sulle possibilità di sfruttare le risorse esistenti senza incidere sull’equilibrio biologico da cui dipende la loro rinnovabilità. L’aspetto economico, che già può ritenersi minacciato dall’eventualità di una futura riduzione delle risorse, deve comunque garantire alle famiglie e alle comunità locali impegnate in queste attività di poterle proseguire. Vanno pertanto individuati settori innovativi ed esplorate nicchie di mercato coerenti con le caratteristiche e le opportunità che un Parco come quello del delta del Po può offrire. Mentre il comparto ittico, in generale, si sta orientando verso forme e tecnologie più moderne, capaci di garantire reddito per le famiglie che vi operano, e, mentre a livello comunitario sono stati compiuti sforzi affinchè la pesca venisse ridimensionata nelle unità di sforzo e riqualificata nelle componenti attive per renderla maggiormente compatibile con la riproduzione delle risorse ambientali, questo tipo di indirizzo non ha coinvolto particolarmente la pesca nel territorio del Parco. Lungo la fascia costiera, la risposta che è stata

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data in questi anni è stata quella di affiancare alla pesca tradizionale forme di maricoltura (mitili e vongole veraci). Queste si sono sovrapposte - e solo in parte integrate - all’acquacoltura estensiva praticata tradizionalmente in ambienti lagunari. Il settore della produzione ittica deve far propri i concetti di qualità totale, di recupero del territorio, di convivenza con i modelli economici caratterizzati dal contesto locale e di lotta allo sfruttamento intensivo delle risorse naturali. Nelle acque interne del Parco, il recupero di economicità é stato in un primo tempo tentato affiancando alla pesca tradizionale (vallicoltura) varie forme di acquicoltura intensiva. Esauriti tali tentativi, che pressoché ovunque hanno dato esiti negativi, si é tornati ai modelli produttivi tradizionali. Nonostante i significativi contributi economici, solo in alcuni casi si sono ottenuti risultati apprezzabili. Il futuro della produzione ittica, oltre al miglioramento dei processi produttivi e alla riduzione dei costi di produzione, dovrà considerare la qualità e le opportunità di certificazione della stessa come fattore competitivo. La nuova azienda ittica deve badare all’ambiente, curando il paesaggio e offrendo “servizi ambientali” di interesse collettivo. Le risorse locali sono costituite anche dalla cultura e dalla qualità della formazione degli abitanti, dalla loro capacità di adattarsi alle tendenze e dalla qualità del territorio: proprio queste risorse devono costituire il vantaggio competitivo delle attività economiche locali, identificando nicchie di mercato in cui inserirsi. E’ sempre più forte il legame fra la qualità dei luoghi, la qualità delle attività che in essi si svolgono e la qualità dei prodotti di tale attività.

Linea guida 1 Istituzione di un sistema di Zone di Tutela Biologica (ZTB). Nel ribadire il concetto che il Parco del Delta del Po è di fatto un parco costiero, assume valore l’impegno di tutelare la fascia costiera marina in quanto sede di riproduzione e nursery di molte specie marine e lagunari. Occorre sempre più difendere l’area costiera dalla pesca a strascico (illegale e consentita), soprattutto attraverso la costituzione di Zone di Tutela Biologica (ZTB) e trasferire questa attività oltre sei miglia dalla costa (ad eccezione del piccolo strascico entro 10 TSL e 150 HP). Trasferire le attuali Ztb che non risultano localizzate in aree di riproduzione e di nursery a ridosso della fascia costiera, dando vita ad una zona protetta che dalla linea di riva raggiungerebbe le sei miglia dalla costa. Favorire l’istituzione di una rete di ZTB opportunamente distribuite, anche temporanee, attraverso il riutilizzo di piattaforme metanifere dismesse, per le quali esistono esperienze consolidate.

Linea guida 2 Realizzazione di esperienze pilota di ripopolamento attivo. Favorire esperienze di ripopolamento per alcune specie individuate sulla base di parametri bio-ecologici ed economici. Avvio di sperimentazioni pilota: semina di avannotti di spigola, orata, ombrina ecc., provenienti da riproduzione artificiale, autoctoni, da effettuare preferibilmente presso le aree deltizie, le zone di tutela biologica e/o insediamenti di molluschicoltura. Posizionamento temporaneo, anche presso impianti di molluschicoltura, di substrati idonei all’attecchimento delle sacche ovigere di cefalopodi commerciali, ad esempio seppie e calamari, per i quali l’area di riproduzione e nursery ricade nella fascia più strettamente costiera. A tal fine

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sarà indispensabile il coinvolgimento degli operatori della pesca e dell’acquacoltura. Per quanto concerne l’anguilla, si rimanda alle raccomandazioni già descritte nella Lg. 5 della Matrice 3 “Valorizzazione e tutela degli habitat e della biodiversità”.

Linea guida 3 Operare nel rispetto della carrying capacity (capacità trofica portante dell’ecosistema) negli ambienti lagunari e nell’area marina costiera. Nei canali che mettono in comunicazione le acque interne con il mare, la pesca (soprattutto quella professionale) dovrebbe svolgersi secondo modalità maggiormente compatibili (tipo e numero degli attrezzi, quantità del pescato massime giornaliere e/o annuali, eventuali periodi di fermo pesca). Questo per consentire alle specie ittiche di migrare da e verso il mare. Sviluppo di studi e monitoraggi rivolti alla valutazione della carrying capacity (capacità trofica portante dell’ecosistema), anche attraverso modellizzazione e simulazioni degli effetti dei diversi interventi gestionali. La “carryng capacity” é il livello di abbondanza ottimale della popolazione ittica. Il suo valore dipende dalla capacità trofica dell’ecosistema, ma non solo: sono altresì determinanti la qualità ambiente, i competitori, i predatori, ecc. Qualsiasi forma di allevamento intensivo in valle non è perseguibile, va invece potenziata la produzione con tecniche “ecologiche” di giovanili destinati al ripopolamento delle valli stesse. Ciò al fine di evitare lo stoccaggio di biomasse elevate con effetti negativi sulla qualità delle acque. Su questo aspetto si dovrebbe applicare uno sforzo notevole, per identificare le relazioni ottimali tra l’impresa valliva ed il suo ruolo ambientale. Anche nel caso di attività che consumano risorse, come la pesca e l’acquacoltura, lo sforzo per identificare modalità che difendano simultaneamente consumatore e ambiente dovrebbe, in breve tempo, dimostrarsi remunerativo. Nel caso particolare delle Valli di Comacchio, il quadro generale è quello di un ambiente che non riesce a progredire verso soluzioni migliorative per il quale si impone una riflessione sul tipo di vocazione per il futuro. L’attuale modalità di gestione è particolarmente indicata per una itticoltura estensiva, pur non trascurando gli aspetti conservazionistici. Tale visione, tuttavia, potrà essere ulteriormente implementata mediante più decisi interventi strutturali. Tale serie di azioni non solo non contrasteranno le attività umane che tradizionalmente vengono svolte nelle Valli e che ne costituiscono l’importantissimo eredità culturale, ma verosimilmente le avvantaggeranno.

Linea guida 4 Favorire lo sviluppo del pescaturismo. Il pesca-turismo deve aiutare la definizione di attività innovative per la valorizzazione delle produzioni e la conservazione ambientale. Chi pesca o mangia pesce delle valli dovrebbe partecipare ad un processo più ampio, godendo del contesto naturale e culturale, partecipando come consumatore ad una sfida per la salvaguardia ambientale. Questa sfida dovrebbe essere basata su un modo nuovo di produrre e non soltanto su vincoli. Utilizzare le imbarcazioni da pesca per il trasporto di gruppi a scopo ricreativo nell’ambito della pesca sportiva o diving. In quest’ultimo caso si potrebbe fare riferimento alle strutture artificiali presenti in Zone di Tutela Biologica da istituire in ambiente marino (vedi il caso del relitto “Paguro”). Andrebbero altresì valorizzate e incentivate esperienze in ambito vallivo e lagunare.

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Stimolare il riutilizzo del by-cath (biomassa pescata in eccesso o di nessun interesse commerciale) e dello scarto della pesca.

Linea guida 5 Adottare ed istituire “Marchi di qualità” su prodotti tipici. La certificazione di qualità deve valorizzare le produzioni locali facendone risaltare: originalità, elevate qualità organolettiche e di salubrità e la funzione di “messaggeri” della cultura, della storia e delle tradizioni del luogo. Riprodurre casi analoghi a quello dell’anguilla di Comacchio. La certificazione di qualità deve impegnare i soggetti economici a una forte collaborazione per il raggiungimento di fini comuni. I vantaggi sarebbero quelli di dimensionare le produzioni in relazione ai bisogni di un sistema produttivo che garantirebbe la massima valorizzazione delle produzioni stesse, attraverso una rete di consumi programmati, destinati soprattutto al turismo. I prodotti ittici della valle, dovrebbero essere garantiti da marchi di qualità e da certificazioni appropriate, per informare i consumatori e aiutarli a orientarsi verso consumi eco-compatibili. Lo stesso criterio certificatorio dovrebbe trovare applicazione sui giovanili prodotti da destinare al ripopolamento.

Matrice 6 - Agrozootecnia responsabile Grazie anche alla grande espansione conseguente alle bonifiche, le zone agricole occupano oggi gran parte del territorio del Parco del Delta e delle sue adiacenze. Assumono inoltre un ruolo di primo piano nell’economia e nell’ecologia del Delta influendo sull’ambiente e sui bilanci idrici. Il controllo degli usi e delle trasformazioni che interessano lo spazio rurale e le acque di transizione nel Parco del Delta del Po, ancora poco densamente abitato e urbanizzato, è di grande importanza ai fini della “manutenzione” del paesaggio e delle tradizioni culturali. Tale controllo può avvalersi di misure limitative e soprattutto di incentivazione e sostegno, da inserire nei programmi di settore regionali, nei piani provinciali e comunali, volte a ridurre all’origine le pressioni inquinanti, a sviluppare i “servizi ambientali” di queste attività, a migliorarne la compatibilità con gli obiettivi di qualità paesistica e ambientale. La considerazione critica sulle attività agricole deve comunque andare oltre questi obiettivi e misurarsi con le esigenze di valorizzazione dell’identità naturale e culturale del Delta. Ciò suggerisce di porre particolare attenzione al contenimento dei consumi idrici (privilegiando le colture meno idroesigenti), alle possibilità di ri-allagamento di aree impegnate da colture di scarsa qualificazione, alle opportunità d’integrazione dell’agricoltura (come anche dell’acquacoltura) in forme innovative di economia locale auto-propositiva. Questi obiettivi più specifici e mirati possono essere perseguiti con appositi progetti d’azione. Oltre alle indicazioni dei programmi settoriali della Regione e delle Linee guida emerse dal progetto sulla GIZC regionale, il MP mette l’accento sulla necessità di: migliorare l’efficienza del reticolo idraulico, anche con tecniche innovative, onde ridurre gli sprechi; realizzare nuovi bacini di stoccaggio; puntare su coltivazioni poco idroesigenti; controllare e contenere le emissioni di residui agricoli inquinanti e promuovere le buone pratiche agricole. Va inoltre focalizzata e sottolineata l’attenzione sull’importanza fondamentale dell’agricoltura come “elemento tampone” circostante le aree del Parco e le sue intrinseche disponibilità in termini di ecotoni e di corridoi ecologici.

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Linea guida 1 Incentivare le colture a basso uso di fertilizzanti e prodotti fitosanitari. Contenere l’inquinamento da fonti diffuse razionalizzando l’uso di fertilizzanti e prodotti fitosanitarii nei bacini afferenti ai sistemi lagunari e nella fascia costiera; Introdurre nelle aziende del Parco, e nelle zone circostanti, meccanismi di “buone pratiche” orientate soprattutto alla riduzione di inquinanti e al risparmio idrico. Favorire l’apporto di materiale organico nel suolo, la mitigazione dei processi erosivi e di compattazione del suolo, sviluppando e incentivando l’agricoltura biologica, adeguate pratiche di lavorazione del terreno, gestione integrata delle colture e apporto di fertilizzanti organici (compost, letame, fanghi di depurazione, residui industria agroalimentare, ecc..) Favorire la realizzazione di interventi di rinaturalizzazione, con realizzazione di siepi, boschetti, stagni, ecc. al fine di limitare ulteriormente la pressione dell’agricoltura sull’ambiente e contribuire allo sviluppo di reti e connessioni ecologiche con le aree naturali. Qualora si richieda agli agricoltori di conseguire obiettivi di protezione dell’ambiente che superano il livello di riferimento delle “buone pratiche” agricole, con conseguenti costi o riduzioni di reddito per gli agricoltori, essi dovrebbero ricevere in cambio aiuti a titolo compensativo.

Linea guida 2 Estendere le pratiche di risparmio idrico e di fertirrigazione attraverso il riuso delle acque depurate. Migliorare l’efficienza del reticolo idrico, anche con tecniche innovative, onde ridurre gli sprechi. Realizzare nuovi bacini di stoccaggio basati su progetti che tengano conto degli aspetti ambientali (fitodepurazione) e naturalistici (conservazione della biodiversità). Risparmio idrico anche attraverso l’utilizzo di modelli per la stima del bilancio idrico suolo-coltura e per il controllo della massima efficienza agronomica, a scala aziendale, e per la gestione ottimale delle disponibilità, a scala territoriale. Adottare metodi irrigui a basso consumo di acqua e ad alta efficienza, privilegiando ove possibile impianti a microportata e abbandonando metodi tradizionali ad alto impiego di acqua quali, ad es., irrigazione per infiltrazione da solchi o a pioggia. Promuovere le “buone pratiche agricole” anche attraverso la coltivazione di specie e cultivar poco idroesigenti. Individuare risorse idriche alternative attraverso il recupero di acque reflue da impianti di depurazione; di acque di lavaggio da piccole aziende agroalimentari; trattamenti di fitodepurazione a scala aziendale locale. Arretrare i depuratori dalla linea di costa offrendo in tal modo un più razionale utilizzo dei reflui per fini fertirrigui delle acque (di qualità certificata) generate dagli impianti. Controllare in modo puntiforme e limitare i prelievi da falde sotterranee anche al fine di mitigare/contrastare i fenomeni di subsidenza.

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Linea guida 3 Valorizzazione e qualificazione della produzione tipica nel settore agro-alimentare Individuare e valorizzare le produzioni tipiche ed autoctone anche attraverso la tracciabilità per rafforzare l’offerta. Mettere nel contempo a sistema una pluralità di interventi individuando gestori capaci di assicurarne l’unitarietà territoriale (le aziende agricole che offrono agriturismo lo fanno come imprese singole, al massimo utilizzando lo strumento della “strada dei vini e dei sapori”). Incentivare ulteriormente l’azione di valorizzazione di Itinerari enogastronomici e Fattorie didattiche. Coinvolgere le imprese agricole in maniera organica nella diversificazione dell’offerta per indirizzare le proprie attività a offrire al turismo un’immagine di “multifunctionl farm”. Favorire strategie volte alla riduzione della filiera commerciale e vendita diretta dei prodotti. Promuove l’utilizzazione di prodotti agricoli di qualità nella rete della ristorazione con particolare attenzione al consumo di prodotti biologici nelle strutture e nelle offerte collegate all’ecoturismo. Promuovere le “buone pratiche agricole”: produzioni biologiche; difesa e ricostruzione degli elementi tradizionali del paesaggio agrario; salvaguardia degli habitat; ecc. anche in relazione alle nuove PAC.

Linea guida 4 Razionalizzazione e qualificazione nella gestione dei reflui organici di provenienza zootecnica. Adottare tecnologie a basso impatto ambientale in ordine alla produzione e all’estensione aziendale, al trattamento e alla utilizzazione agronomica dei liquami prodotti Adottare sostanziali miglioramenti igienico-sanitari e ambientali per ridurre significativamente, rispetto alla situazione preesistente, gli impatti ambientali complessivi, attraverso l’incremento delle misure di prevenzione igienicosanitaria e di protezione ambientale. Evitare la contaminazione dei suoli e delle acque attraverso l’utilizzazione dei fanghi non certificati di depurazione e l’eccessivo uso di effluenti zootecnici. Favorire la trasformazione dei reflui zootecnici aziendali (attraverso il compostaggio, la produzione energetica, ecc.) per ridurne le emissioni di cattivi odori e per la loro valorizzazione in termini ambientali ed economici.

Linea guida 5 Promuovere lo sviluppo di produzioni energetiche e non food Incentivare le coltivazioni di specie a destinazione energetica e non alimentare, che sono caratterizzate in genere da limitate esigenze in termini di input chimici e che possono essere idonee all’utilizzazione agronomica di matrici organiche di risulta (es. fanghi di depurazione). Favorire l’utilizzazione delle fonti energetiche rinnovabili attraverso la realizzazione di impianti di microgenerazione alimentati a biomasse, impianti fotovoltaici a controllato impatto visivo e paesaggistico. Agevolare la realizzazione di impianti di produzione di biogas al servizio di aziende zootecniche, alimentate con reflui dell’allevamento e con biomasse vegetali da colture dedicate, nel rispetto di dimensioni e caratteristiche costruttive degli impianti compatibili con il territorio. Promuovere l’impiego di biocarburanti e biolubrificanti nelle macchine e nelle attrezzature delle aziende agricole e zootecniche.

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Matrice 7 - Sistema insediativo, infrastrutture e mobilità Il “sistema insediativo” è uno dei settori strategici su cui indirizzare l’attenzione delle Amministrazioni e degli Enti interessati alle funzioni di pianificazione e programmazione. L’assetto del territorio e del suo sistema insediativo costituiscono quindi il contesto di prima applicazione delle Lg settoriali, e gli Enti locali, titolari degli strumenti di governo del territorio, costituiscono gli indispensabili soggetti e referenti per la piena ed efficace attuazione dei contenuti delle Lg del MP del Parco, alla luce dell’insieme delle indicazioni del MP e delle Lg della GIZC regionale. Nessuno dei risultati positivi indicati dal MP sarebbe avvicinabile se non si riuscisse a controllare almeno in parte i processi insediativi e le spinte all’urbanizzazione, che tendono palesemente a saldare in un continuo urbano, omologato e indifferente alle peculiarità del Delta, tutta la fascia costiera. Le Linee guida per la GIZC regionale richiamano l’attenzione sulla necessità di evitare la saldatura degli insediamenti turistici ancora distinti sulla costa settentrionale e sulla necessità di razionalizzare l’integrazione funzionale della “metropoli costiera”, rispettando comunque la differenza tuttora apprezzabile del Grande Delta rispetto alla “Città lineare” che già insiste nell’area centro-meridionale della nostra Regione. Con più specifico riferimento al Delta, il MP propone il riconoscimento della “fascia costiera” come bene paesaggistico d’insieme intangibile. Il MP richiama l’attenzione anche sull’addensamento in corso di rilevanti attività produttive e di commercializzazione lungo la strada statale Romea, addensamento che rischia di vanificare le promesse di un significativo spostamento dei traffici di merci dalla vecchia alla nuova costruenda Romea. Le Lg emerse dal progetto regionale sulla GIZC offrono al riguardo un consistente bagaglio informativo e valutativo, per es. riguardo ai cambiamenti nei flussi di traffico conseguenti alla realizzazione della nuova Romea, o alle opportunità di incremento dei trasporti fluvio-marittimi, o al trasporto ferroviario rapido costiero, o alle possibilità di riuso della vecchia Romea. Data la disponibilità di conoscenze sul contesto ambientale raccolte per il MP, è ora possibile procedere ad alcune valutazioni circostanziate circa i principali interventi attesi nel Delta o comunque interessanti il Delta, ponendone in rilievo i possibili impatti e le opportunità che si profilano.

Linea guida 1 Adeguare gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica ai principi di tutela e conservazione di aree a elevato pregio ambientale. Affermare la necessità di raccordare le diverse strategie di pianificazione che concorrono alla tutela della biodiversità, alla conservazione della risorsa idrica, alla salvaguardia e gestione dei beni ed identità culturali, nonchè degli habitat, nella loro natura di “beni pubblici”. Portare l’attenzione sull’utilità sociale che possono avere misure di controllo urbanistico più efficaci delle attuali, coordinate a scala sovracomunale, nel tentativo di risanare il rapporto tra insediamenti e contesto ambientale, di ridurre le componenti antropiche del rischio idrogeologico, di ristabilire la qualità e leggibilità dei paesaggi culturali del Delta. Adeguare gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle Lg della GIZC recependole e approfondendole all’interno dei Piani territoriali di coordinamento provinciale (Ptcp), formulando, in coerenza con gli specifici as-

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setti ambientali e territoriali locali, gli indirizzi per lo sviluppo e l’assetto del territorio provinciale e comunale.

Linea guida 2 Adeguamento degli strumenti di pianificazione comunale e provinciale. Elaborare una strategia condivisa dalle Amministrazioni e dalle popolazioni locali che privilegi concretamente la fruizione sostenibile del patrimonio ambientale, il recupero delle strutture e delle attrezzature esistenti, l’offerta di ricettività collettiva rispetto a quella in residenze private. Incentivare l’adeguamento degli strumenti di pianificazione comunale e provinciale alla L.R. 20/2000 “Disciplina generale sulla tutela e uso del territorio”: all’interno di tali processi assumere nella procedura di VAL SAT (Valutazione di sostenibilità ambientale e strategica) gli obiettivi posti dalle Lg della GIZC, che presentano interazioni significative con le azioni proprie del campo di competenza della pianificazione urbanistica e territoriale. Incentivare, mediante adeguati strumenti (defiscalizzazione, contributi, ecc.), il recupero dell’esistente e la bioarchitettura, con utilizzo di impianti a basso consumo energetico (solare termico e fotovoltaico) e a controllato impatto visivo e paesaggistico.

Linee guida 3 Orientare l’attuazione delle previsioni urbanistiche. Considerare le valutazioni di impatto ambientale e le valutazioni ambientali strategiche come “strumenti” di lavoro ordinari nelle aree costiere per elaborare correttamente i progetti fin dalla fase iniziale delle previsione urbanistiche, in un processo valutativo che costringa tutti i livelli di governo ad agire per “progetti” ed “obiettivi”, piuttosto che per competenze istituzionali. Orientare la attuazione delle previsioni urbanistiche non ancora attuate degli strumenti di pianificazione vigenti (Prg) attraverso procedure di VAL SAT intese ad evidenziare il possibile manifestarsi di specifiche criticità, ovvero di situazioni che possono rappresentare, motivi di rischio ambientale o territoriale. Mitigare, ridurre o compensare gli impatti delle previsioni urbanistiche non ancora attuate indicando, eventualmente, le condizioni cui subordinare l’attuazione di singole previsioni, promuovendo il miglioramento della qualità ambientale, architettonica e sociale del territorio urbano, attraverso interventi di consolidamento e riqualificazione del tessuto esistente.

Linee guida 4 Promuovere accordi di perequazione e compensazione territoriale. Individuare gli elementi costitutivi del paesaggio, selezionare le risorse ambientali di qualità, connetterle in rete togliendo le cause di frattura e interruzione, utilizzando e sperimentando formule di raccordo innovative tra diversi livelli di governo. Promuovere accordi territoriali, tra Comuni e Province del sistema insediativo costiero dell’intera Regione, ove prevedere forme di perequazione territoriale (ai sensi dell’art. 15, c. 3, L.R. 20/2000) al fine di attivare misure di compensazione concordando obiettivi e scelte strategiche comuni derivanti dalle Lg della GIZC e del MP del Parco e dirette a definire, anche con riguardo alle

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risorse finanziarie disponibili, interventi che attengono: infrastrutture, opere e servizi per il miglioramento della qualità urbana e territoriale; interventi di rinaturazione e di riequilibrio ecologico e dotazioni ecologiche ambientali; progetti di tutela, recupero e valorizzazione delle risorse paesaggistiche ambientali. Assumere la dimensione dinamica dello spazio rurale, come elemento cardine per sviluppare progetti di rigenerazione dei paesaggi costieri, utilizzando gli strumenti programmatici del Piano di sviluppo rurale e dei Fondi strutturali.

Linea guida 5 Monitorare il bilancio urbanistico nelle aree del parco attraverso un apposito “Osservatorio della pianificazione”. Mantenere aggiornato l’Osservatorio della pianificazione e il sistema Gis del MP del Parco per garantire il monitoraggio e il bilancio del sistema della pianificazione dei territori costieri. Promuovere una valutazione integrata tra il sistema della pianificazione e i diversi settori “sensibili/significativi” individuati dalla matrice della GIZC e del MP del Parco attraverso l’integrazione di banche dati “GIS oriented”, la condivisione di indicatori e di modelli di simulazione degli impatti predisporre un efficace sistema di valutazione degli effetti a breve, medio e lungo termine, e monitoraggio e bilancio del reale raggiungimento degli obiettivi predisposti dalle Lg.

3. Integrazioni delle matrici Con questo approccio metodologico si cerca di superare la settorialità radicata nel modo di pensare e operare sulle singole problematiche e sui singoli settori di attività. Il tema della “integrazione” è probabilmente il più complesso, la sua complessità scaturisce dalla debolezza delle prassi e dai metodi che hanno sino ad ora ispirato il governo dei sistemi complessi. Le esigenze legate al superamento delle emergenze hanno in molti casi portato a risposte che spesso hanno risolto solo parzialmente e temporaneamente una determinata emergenza. In molti casi la “cura” ha creato altri problemi: nuovi, inaspettati, spesso più gravi del male rimosso. Il metodo usato (vedi figure di seguito riportate) è quello di inserire in un ipotetico “centro” l’area trattata nelle singole schede ed individuare tutte le possibili interazioni/integrazioni con le altre matrici. Da tale approccio possono meglio emergere sia i punti di forza/risorsa e di debolezza/rischio, sia indicazioni sulle linee strategiche delle Lg e sulle singole Lg da perseguire al fine di risolvere o mitigare le pressioni antropiche insistenti sul sistema.

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Convegno 29 aprile 2008 Centro congressi, Oasi di Canneviè, Volano, Codigoro (Ferrara)

“I cambiamenti climatici e le Zone di Protezione Speciale delle aree umide: prevedere, comprendere e prevenire gli effetti” Ore 9.30 Massimo Medri, Presidente Parco Delta del Po Emilia-Romagna Rita Cinti Luciani, Sindaco di Codigoro Davide Nardini, Vice Presidente della Provincia di Ferrara Eugenio Fusignani, Assessore ai Parchi della Provincia di Ravenna Presiede Lucilla Previati, Direttore Parco del Delta del Po Emilia-Romagna “La strategia dello Stato Italiano per la realizzazione di Rete Natura 2000: Politiche e Strumenti” Anna Maria Maggiore, Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio del Mare “Gli effetti dei mutamenti climatici nei Siti Natura 2000 del delta del Po: le Linee Guida del Master Plan della Costa del Parco del Delta del Po Emilia-Romagna” Stefano Tibaldi, ARPA-Regione Emilia-Romagna “I Piani di Gestione dei Siti Natura 2000 in funzione dei cambiamenti climatici in atto nel Parco Naturale del Delta dell’Ebro” Francesc Vidal Esquerré, Direttore Parco Naturale Delta Ebro, Spagna Ore 12.30 - in barca verso Torre della Finanza Inaugurazione della storica struttura restaurata nell’ambito del progetto Obiettivo 2 “Realizzazione e valorizzazione dei centri visita della Stazione del Parco: Volano-Mesola-Goro” A seguire buffet, Canneviè ore 15.00 “Il monitoraggio dei Siti di Rete Natura 2000 in Italia: lo stato dell’arte e le prospettive” Alberto Zocchi, Consulente Assessorato Ambiente e Cooperazione tra i Popoli della Regione Lazio TAVOLA ROTONDA “Le Misure di Conservazione e di Gestione delle ZPS delle aree umide: esperienze a confronto” Interverranno: Francesco Besio, Regione Emilia-Romagna Graziano Martini, Regione Veneto Francesca Pace, Regione Puglia Nicola Sanna, Regione Sardegna Simonetta Siben, Regione Friuli-Venezia Giulia Coordina Enzo Valbonesi, Responsabile Servizio Parchi e Risorse Forestali della Regione Emilia-Romagna Organizzato da Parco del Delta del Po Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna - Servizio Parchi, Federparchi, Europarc, Delta chiama Delta, con il patrocinio e contributo del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, nell’ambito del “Piano di Azione Ambientale per un futuro sostenibile 2004/2006”

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