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PENNABILLI STORIA TERRITORIO MUSEI

a cura di Associazione Pro Loco Pennabilli




Pennabilli Storia, territorio, musei a cura di Associazione Pro Loco Pennabilli www.pennabilliturismo.it info@pennabilliturismo.it Pro Loco Pennabilli Tel: +39 0541 928659 Piazza Garibaldi, 1 47864 Pennabilli (RN) Con la collaborazione di MUSSS Museo Sasso Simone e Simoncello Prima edizione 2011 Ricerca storica e stesura Giuliana Lucarini Luca Fucili Seconda edizione 2019 Coordinatrice Giovanna Priarone Aggiornamento e integrazione contenuti Collaboratori Pro Loco e Musei di Pennabilli (Nei rispettivi argomenti di interesse)

Fotografie Archivio fotografico della Provincia di Rimini Simone Antonelli Valentina Baldisserri Fabio Barile Filippo Bovi Enrico Cangiotti Silvia Caroni Tommaso D’Errico Isabella Ferlini Luca Fucili Giuseppe Giannini Stela Horvan Alessandro Ligi Dorin Mihai Sergio Paolucci Enrico Partisani Antonio Piccinini Roberto Sartor Irene Valenti Progetto grafico e impaginazione Mara Femia

Edizione finanziata da Destinazione turistica Romagna, nell’ambito del Programma Turistico di Promozione Locale (PTPL 2019).

MUSEO NATURALISTICO DEL PARCO SASSO SIMONE E SIMONCELLO


PENNABILLI Storia, territorio, musei


INDICE


LA CITTÀ Introduzione

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Pennabilli - Collocazione geografica

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Pennabilli - Cenni storici

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Visita guidata alla cittĂ  di Pennabilli

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I MUSEI Visita guidata al museo diffuso I Luoghi dell’Anima

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Museo e Associazione Culturale Il Mondo di Tonino Guerra

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Museo del calcolo - Mateureka

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Museo I luoghi di Fra’ Orazio e il Tibet

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Brevi note sulla vita di Padre Francesco Orazio Olivieri della Penna di Elio Marini

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Museo del Montefeltro - Segni di un passaggio

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MUSSS (Museo Naturalistico), CEAS (Centro di educazione ambientale e alla sostenibilitĂ ) e Centro visite del Parco Interregionale del Sasso Simone e Simoncello

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Parco Naturale Interregionale del Sasso Simone e Simoncello

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Museo Ricordi di una comunitĂ 

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LE FRAZIONI Bascio

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Ca’ Romano

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Maciano

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Miratoio

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Ponte Messa

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Scavolino

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Soanne

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Gastronomia

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AttivitĂ  sportive

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I.A.T. Pennabilli - Pro Loco Pennabilli

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GLI EVENTI Mostra Mercato Nazionale Pennabilli Antiquariato

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Artisti in Piazza - Festival Internazionale di Arti Performative

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Gli Antichi Frutti d’Italia s’incontrano a Pennabilli

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Calendario delle principali manifestazioni

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LA CITTÀ


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INTRODUZIONE

« È bello se puoi arrivare in un posto dove trovi te stesso. » Con un’unica e sintetica espressione, il poeta e sceneggiatore Tonino Guerra inquadra tutto il bello di Pennabilli. Deliziosa cittadina posta su uno dei versanti della Valmarecchia, alle spalle di Rimini, dove storia, arte, cultura e natura sono ampiamente testimoniate, Pennabilli offre un ambiente armonioso e riposante e consente di percorrere le terre dell’Alta Valmarecchia, cuore antico del Montefeltro, ricco di colline, picchi e rupi che custodiscono torri e castelli, testimoni della straripante ricchezza di accadimenti storici. Molti di questi scorci si ritrovano nei quadri dei grandi maestri del Rinascimento, come Piero della Francesca, e persino alle spalle della Gioconda di Leonardo da Vinci, se si dà credito ad alcune recenti ricerche. La città di Pennabilli è raggiungibile dalla Toscana e dalle Marche e fa parte di quella eccezionale congerie di piccoli centri, custodi di arti e saperi, che sono il motore di un turismo esigente e consapevole, rispettoso dell’ambiente, curioso di emozioni, autenticità, e qualità della vita. Pennabilli è definita “culla dei Malatesta” perché, stando ad alcune interpretazioni storiche, ha dato i natali alla celebre stirpe che successivamente dominò sulla Signoria di Rimini e su vari territori della Romagna. Nel corso dei secoli, la città è riuscita a preservare la propria identità storica, ancorandola fortemente alle origini medievali. Passeggian-

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do per le antiche vie del borgo, tra le rovine del guasto Malatestiano, sulla sommità dell’antico castello di Billi sede del cinquecentesco monastero agostiniano sant’Antonio da Padova, o visitando l’antichissimo santuario della Madonna delle Grazie, si possono scorgere angoli che danno alla nostra vita lo spessore di millenni. L’ambiente offre il contesto ideale per un soggiorno in armonia con la natura. Le numerose testimonianze storiche, racchiuse in uno scenario naturale a volte spettacolare, a volte fiabesco, creano affascinanti percorsi “dell’anima”, che si sovrappongono ai percorsi “della gola”, frutto dell’ospitalità e dell’abilità dei ristoratori locali nella preparazioni di cibi tradizionali e piatti tipici, e delle diverse sagre paesane dedicate a prelibatezze come: il primaverile fungo prugnolo, tagliatelle e tortelli fatti a mano, cascioni farciti e piadina, salumi del territorio, carni di pregiate razze marchigiane, specialità a base di cinghiale, mais e grani antichi coltivati nelle campagne circostanti. Nel 2010, il Touring Club Italiano ha assegnato al Comune di Pennabilli la Bandiera Arancione, il marchio turistico ambientale destinato alle piccole località, che si distinguono per la valorizzazione del patrimonio culturale, la tutela dell’ambiente, la cultura dell’ospitalità, l’accesso e la fruibilità delle risorse, la qualità della ricettività, della ristorazione e dei prodotti tipici. Pennabilli è la capitale della bellezza, dove la poesia della tradizione si sposa con la magia delle moderne creazioni del poeta Tonino Guerra, dove un’escursione diventa l’occasione per un viaggio nelle magie della storia, per volgere lo sguardo dentro se stessi, o addirittura per toccare con le mani l’infanzia del mondo. Pennabilli è una cittadina tranquilla, che si regge economicamente su alcune unità artigianali e industriali, su agricoltura e allevamento. Grazie ad associazioni culturali longeve e attive, la città ha saputo imporsi, con importanti iniziative di risonanza internazionale come la Mostra Mercato Nazionale d’Antiquariato o Artisti in Piazza - Festival Internazionale di Arti Performative. In seguito al prestigio datole da un cittadino d’eccezione come Tonino Guerra, residente in questa antica città dalla fine degli anni ‘80, Pennabilli ha proposto un modello di tu-

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rismo ambientale e culturale che trova la sua più originale espressione nella manifestazione a tutela della biodiversità e dell’antica sapienza contadina, dal titolo poetico Gli antichi frutti d’Italia s’incontrano a Pennabilli. Dal punto di vista sociale infine, essere Città Vescovile, capitale religiosa del Montefeltro, unitamente alla costante presenza del seminario feretrano e di numerose confraternite, rende il carattere cittadino particolarmente legato alla religiosità, tratto che si esprime anche nelle sacre rappresentazioni di carattere popolare come la storica Processione dei giudei, la sera del Venerdì Santo, e nelle numerose feste a carattere religioso. Pennabilli, inoltre, è stretta da un forte legame con il Tibet che risale al XVIII secolo, quando Fra’ Orazio Olivieri della Penna partì per fondare una Missione cattolica a Lhasa. Grazie a questo antico rapporto con il lontano oriente, la città ha potuto invitare per ben due volte, nel 1994 e nel 2005 il XIV Dalai Lama lasciando all’intera valle un ricordo straordinario carico di significati di pace, di comprensione e soprattutto di dialogo tra confessioni diverse. Ma è nei musei che Pennabilli riesce a offrire ai suoi visitatori un percorso culturale di ampio prestigio tanto da essersi meritata nel tempo il titolo di Città Museo. Cercando più a fondo i suoi segreti, camminando per le sue antiche strade, ritmate dal suono perenne dei campanili, scoprirete ben sette musei: il museo diffuso I Luoghi dell’Anima, composto da realizzazioni artistiche e poetiche disseminate nel centro storico e in alcune frazioni, luoghi dove fermare la nostra fretta e aspettare l’anima, ideati da Tonino Guerra; Mateureka - Museo del Calcolo, dedicato all’affascinante mondo del calcolo e della matematica ed alla storia di essi; il MUSSS - Museo Naturalistico, CEAS (Centro di Educazione Ambientale e alla Sostenibilità) e Centro Visite del Parco naturale interregionale del Sasso Simone e Simoncello; il museo Il Mondo di Tonino Guerra, ricco di opere del poeta, sceneggiatore romagnolo, allestito nei sotterranei dell’antichissima Chiesa della Misericordia; il museo I luoghi di Fra’ Orazio e il Tibet, che ricorda la figura del frate cappuccino missionario in Tibet nel 1700, la visita del Dalai Lama a Pennabilli, il cammino della scoperta e il rispetto dell’altro. Infine, il Museo del Montefeltro, che conserva

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la memoria della fede in questo territorio, attraverso opere provenienti dalle Parrocchie dell’intera Diocesi e il recente museo Ricordi di una comunità nella frazione di Scavolino, che raccoglie attrezzature e oggetti antichi, legati alle attività rurali. A pochi chilometri, lungo la strada che da Maciano porta a Villagrande, è adagiato tra il verde un piccolo specchio d’acqua, il lago di Soanne. In un paesaggio incantevole, circondato da querce, frassini, carpini e salici, il lago di Andreuccio è al centro di un’oasi di quiete. Non lontano, i confini del Parco naturale del Sasso Simone e Simoncello, unico Parco interregionale d’Italia, che racchiude i rilievi dei Sassi Simone e Simoncello, Monte Canale, Monte Palazzolo e del Carpegna, vetta del Parco e spartiacque tra la Valmarecchia e la Valle del Foglia. L’imponente mole dei due Sassi e del Monte Carpegna, una delle cerrete più estese d’Europa, la varietà del paesaggio, sono capaci di sorprendere e affascinare anche il più consumato tra gli escursionisti. Il territorio del comune spazia, su una superficie di 69 km², dai 295 ai 1375 metri s.l.m. Le sette frazioni offrono numerosi spunti di interesse a partire da quieti orti e campi coltivati, fino a punti panoramici mozzafiato. Un paesaggio geografico e umano ricco di suggestioni primordiali, e di visioni favolose. La bellezza del paesaggio assume il valore di monumento, così come lo sono i tanti alberi centenari, i “patriarchi” arborei che sono disseminati nell’intero territorio. Dalle frazioni di Miratoio, di Scavolino e di Soanne, porte naturali di accesso al Parco sopra citato, si snodano sentieri che permettono di immergersi appieno nel Mare verde della Valmarecchia e scoprire sporgenze rocciose che sembrano zattere galleggianti, calanchi, o grandi massi precipitati nei torrenti durante l’infanzia del mondo. Esplorando il territorio pennese si scorgono alture da cui svettano luminosità architettoniche: torri millenarie come la torre di Bascio o di Maciano, o antichi insediamenti religiosi posti negli snodi viari principali come la pieve romanica di Ponte Messa, oppure piccole cellette votive cariche di sacralità e mistero, disseminate per strade e crocicchi, che tenevano compagnia ai viandanti.

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L’abitato di Pennabilli è ricco di borghi rurali isolati e silenziosi. Piccoli mondi colmi di bellezza. Paradisi montanari dove percepire la lentezza antica che permea la valle, e vagabondare lungo i sentieri della memoria, per approdare, magari, a chiese in pietra nascoste nel bosco come la Madonna del rettangolo di neve a Ca’ Romano. Il borgo offre al visitatore un’atmosfera di paese, dove tutto è a misura di incontro e ospitalità. La gentilezza e disponibilità dei suoi abitanti, infine, fanno di Pennabilli un luogo accogliente dove trovare ristoro e conforto, di bellezza e armonia, vere anime di questa terra, così che si dica: vado in Valmarecchia a far riposare gli occhi, e a ritrovare me stesso, per poi tornare a casa rigenerati e colmi di meraviglia. Alfredo Spanò Si ringrazia l’associazione Mostra Nazionale d’Antiquariato per la concessione del testo introduttivo. N.d.R. le citazioni in corsivo sono tratte da testi del poeta Tonino Guerra o da interviste di Salvatore Giannella al medesimo.

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PENNABILLI COLLOCAZIONE GEOGRAFICA

La città di Pennabilli, in provincia di Rimini, è situata sul versante occidentale del monte Carpegna, il suo territorio è compreso tra i 295 e i 1375 metri s.l.m., all’interno del Parco naturale interregionale del Sasso Simone e Simoncello. Nella sua giurisdizione sono comprese sette frazioni: Ca’ Romano, Maciano, Miratoio, Molino di Bascio, Scavolino e Soanne ed il popoloso borgo di Ponte Messa. Pennabilli è il comune più alto della provincia di Rimini ed il secondo comune più a Sud della regione Emilia-Romagna, preceduto da Casteldelci. È situata in una posizione dominante l’Alta Valle del fiume Marecchia, che nasce dal monte della Zucca (provincia di Arezzo, 1263 metri) e sfocia a Rimini, dopo un percorso in una suggestiva vallata. Il comune di Pennabilli è appartenuto alle Marche (provincia di Pesaro e Urbino) fino al 15 agosto 2009, quando ne è stato distaccato, congiuntamente ad altri sei comuni dell’Alta Valmarecchia, in attuazione dell’esito di un referendum svoltosi il 17 e 18 dicembre 2006, che ha sancito l’appartenenza alla regione Emilia Romagna (provincia di Rimini).

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Pennabilli è compresa nel territorio denominato Montefeltro, regione storica (sub-regione) che si estende in Emilia-Romagna, nelle Marche e nella Repubblica di San Marino. Talvolta si riscontra, nel linguaggio comune, l’uso improprio del termine Montefeltro, utilizzato anche per indicare i territori appartenuti alla Signoria dei Montefeltro (“da Montefeltro”), ossia il ramo dei conti di Carpegna che, a partire dal 1213, ebbe in feudo Urbino, concesso a Bonconte I primo conte di Urbino, figlio di Montefeltrino I da Montefeltro e fratello di Taddeo I - dall’imperatore Federico II. “Montefeltro” deriva, probabilmente, da Mons Feretrius, identificabile con l’attuale città di San Leo, sul quale, il console romano Marcello vincitore sui Galli nel 220 a.C. avrebbe eretto un tempio in onore di Giove Feretrio. Secondo altre teorie, il termine Mons Feretrius o Mons Feretri, è da ricondurre alla voce umbro-sabellica Fell eter che significa monte delle pecore. Nel lontano IX secolo il territorio del Montefeltro e di San Marino costituiva la Diocesi Feretrana. Nel territorio feretrano erano in piedi 25 chiese-madri, chiamate pievi (da plebs, cioè popolo), comprendenti ciascuna varie parrocchie e punto di riferimento per i Battesimi di tutti i bambini della zona. Con decreto del 1977 (Papa Paolo VI) veniva poi data alla diocesi la nuova denominazione di San Marino-Montefeltro. Il territorio diocesano comprende l’alta Valmarecchia, in provincia di Rimini, parte della valle del Conca e parte della valle del Foglia in provincia di Pesaro-Urbino, e tutto il territorio della Repubblica di San Marino. I patroni della diocesi sono san Leo, sacerdote (Leone) e san Marino, diacono. La prima sede storica e monumentale è stata la celebre fortezza di S. Leo. Dopo alcuni passaggi in altre sedi, nel 1572 la sede vescovile fu definitivamente trasferita a Pennabilli, dove si trovano: il palazzo episcopale, la cattedrale di San Leone, gli uffici diocesani, il seminario diocesano con l’Archivio e la Biblioteca, che racchiude un patrimonio librario di storia e cultura, e il museo del Montefeltro, che conserva un patrimonio artistico notevole raccolto da tutto il Montefeltro. Per informazioni più approfondite sulla diocesi si invita il lettore a consultare il sito www.diocesi-sanmarino-montefeltro.it.

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PENNABILLI CENNI STORICI

Luigi Dominici, ricercatore e divulgatore di antiche glorie e autore di numerose pubblicazioni, in un testo sulla storia di Pennabilli, edito nel 1956 dall’associazione Pro Loco Pennabilli , dal titolo: “Pennabilli - Culla dei Malatesta” esordiva con parole altisonanti: “Pennabilli, che è posta nel bel mezzo del Montefeltro mistico e guerriero, rinserrata da una chiostra di monti sui quali si scorgono corruschi ruderi chiomati d’edera, mistiche pievi, gravi per secolari silenzi, e massicci castelli che ci ricordano la Feltresca progenie (...), non poteva non avere un posto notevole nella storia. E aggiungeva: Pennabilli - abitata un tempo da uomini che bussarono alle porte dell’immortalità - ha potuto avere una nobile storia, che bisognava portare alla luce a diletto e ammaestramento nostro e dei venturi”.

Veduta di Billi

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Acquerello Francesco Mingucci, 1626

Con questa pubblicazione la Pro Loco propone al giorno d’oggi una guida turistica, ma prosegue nell’intento di diffondere la conoscenza della storia della città di Pennabilli, seppur qui in maniera meno approfondita. La sintetica ricostruzione storica dei fatti più lontani riportati in questo testo, tiene conto della narrazione tramandata dagli storici locali e dalla vulgata. In assenza di documentazione certa, si vuole fornire solo un inquadramento sufficiente per conoscere ed apprezzare vicende e personaggi appartenuti al nostro passato. Ritrovamenti archeologici fanno risalire i primi insediamenti abitativi nel territorio di Pennabilli all’epoca etrusco-romana. Billi: il pago o vico dei Billi era situato nell’attuale borgo di San Lorenzo. La sua denominazione deriverebbe da Bel, nome etrusco del dio Baal venerato da alcuni popoli orientali, al quale venivano offerte vittime umane sacrificate sul fuoco. Secondo altre interpretazioni, il termine Billi deriverebbe invece dal termine etrusco bilia che significa cima tra gli alberi. In favore della prima versione, la tradizione narra che, in epoca romana, il culto per il dio Bel venne sostituito da quello per Vulcano, dio del fuoco, al quale subentrò, in epoca cristiana, il culto per San Lorenzo, martirizzato, a sua volta, col fuoco. Gli abitanti di Billi si rifugiarono sulla naturale altura della Rupe che, per le asperità del terreno, offriva maggior sicurezza alle incursioni barbariche e vi costruirono un primo nucleo abitativo che, per successive fortificazioni, si trasformò in castello.

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Veduta di Penna

Penna - Le popolazioni stanziate lungo il fiume Marecchia e gli abitanti del foro di Messa, durante le incursioni barbariche, trovarono invece rifugio sull’altura, denominata attualmente Roccione, per dare origine all’insediamento di Penna, che significa vetta. La tradizione narra che, successivamente, intorno all’anno mille, un discendente della famiglia Carpegna, soprannominato “Malatesta” per intemperanze di carattere, edificò il castello della Penna e diede inizio all’omonimo casato. Per tale motivo, Pennabilli viene definita dal Dominici (autore nel 1956 di un testo sulla storia di Pennabilli, edito dall’associazione Pro Loco Pennabilli) “Culla dei Malatesta”. Vi sono tuttavia diverse interpretazioni sul capostipite della celebre stirpe, data la scarsità di fonti documentarie. La nascita della Signoria malatestiana si può far risalire ai primi decenni del Duecento. Il primo Malatesta di cui si hanno notizie certe, è Malatesta I Malatesta, detto della Penna (Pennabilli, 1183 – Rimini, 1248). La prima apparizione del Malatesta in documenti pubblici risale al 1197, quando si trovò al centro di una delicata trattativa con il Comune di Rimini, fiancheggiato dallo zio Giovanni - signore di Verucchio e autorevole membro del Consiglio generale del Comune di Rimini - e dai Verucchiesi. Malatesta della Penna successivamente fu podestà di Pistoia nel 1228 e di Rimini nel 1239 e 1247. Egli fu padre del dantesco Malatesta da Verucchio, detto Mastin Vecchio, che fu Signore di Verucchio, (Verucchio, 1212 – Rimini, 1312) e nonno quindi degli altrettanto celebri

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Antico stemma di Pennabilli

Giovanni Malatesta, detto Gianciotto, noto per essere stato autore dell’omicidio degli amanti Paolo e Francesca, Paolo Malatesta, detto il Bello, ucciso dal fratello Gianciotto insieme con la moglie di questo, Francesca da Polenta (la storia è narrata in un memorabile passo dell’Inferno di Dante - Canto V) e Malatestino, detto dell’occhio, immortalato, anch’esso da Dante Alighieri nell’episodio di Paolo e Francesca e dallo stesso definito “Mastin nuovo” (Inf. XXVII, 46). I Malatesta, furono tra le più importanti ed influenti famiglie del Medioevo, da Pennabilli si insediarono a Verucchio, e dominarono sulla Signoria di Rimini e su vari territori della Romagna e dell’Italia centrale fino al 1500 circa. I due castelli di Penna e di Billi costituirono due comunità distinte per molti anni, finché, nel 1350, divenuti liberi comuni, per volontà popolare decisero di fondersi. Il patto fu sancito presso quella che fu poi denominata “Pietra della pace” interrata nei pressi dell’attuale fontana nella piazza principale. Lo stemma del paese di Pennabilli, così costituitosi, è rappresentato da un’aquila appollaiata su due rocche, visibile sulla facciata del palazzo sede dell’ufficio Turistico IAT e sulla chiave di volta di antichi portali della città. Le denominazioni storiche della città sono Penna dei Bili, Pennabilli, Penna, Pinnae Billorum. Nel medioevo e fino al 1498, Pennabilli subì il dominio di varie dinastie, alternandosi il predominio ora dei Malatesta ora dei Montefeltro e dei Medici. Quando i Montefeltro diedero origine al ducato di Urbino, Pennabilli entrò a farne parte. In questo periodo, vennero edificate mura ed altri accorgimenti difensivi, in parte ancora visibili, per opera del pennese Giovanni Battista Mastini, probabile discendente di un ramo cadetto dei Malatesta. Poco dopo, il Montefeltro, ad eccezione di San Leo, venne occupato da Cesare Borgia, detto il Valentino, per essere poi riconquistato da Guidobaldo da Montefeltro. Successivamente, nel 1516,

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Apparizione miracolosa

papa Leone X conferì a Lorenzo De’ Medici il titolo di duca di Urbino. Pennabilli si oppose alla nuova dominazione e fu cinta d’assedio da 20.000 soldati delle truppe medicee. Il 23 febbraio del 1517 la Vergine Maria apparve miracolosamente sulle mura della città mettendo in fuga gli assalitori. Nel 1521, alla morte di papa Medici, il comune di Pennabilli tornò ai Montefeltro; seguì la riconquista del Montefeltro ad opera di Giovanni De’ Medici, detto Giovanni Dalle Bande Nere; breve ritorno dei Montefeltro, quindi dei Della Rovere ai quali subentrò definitivamente lo Stato pontificio, per mancanza di una discendenza maschile nelle due dinastie. Nel 1572 papa Gregorio XIII trasferì la diocesi del Montefeltro, per motivi di sicurezza, da San Leo a Pennabilli. Il trasferimento venne ratificato sotto il pontificato di Pio V che, proclamato santo, divenne il patrono di Pennabilli, divenuta Città in quanto sede della diocesi. Nel 1814, alla fine del regno italico di Napoleone, sotto il papato di Pio VI, la Santa Sede provvide al distacco di Pennabilli e di tutto il Montefeltro dalla terra di Romagna, fino a che si giunse all’unificazione del regno d’Italia del 1860. Una targa, affissa in piazza Garibaldi a sulla facciata del palazzo che un tempo ospitava il Municipio, ricorda quanto avvenne nel 1860: con la battaglia di Castelfidardo ed i successivi assedio e caduta di Ancona, le Marche escono definitivamente dallo Stato Pontificio e, con il plebiscito del 4 e 5 novembre 1860, vengono annesse al Regno d’Italia con Regio Decreto del 17 dicembre 1860. Il comune di Pennabilli è appartenuto alle Marche (pro-

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vincia di Pesaro e Urbino) fino al 15 agosto 2009, quando ne è stato distaccato, congiuntamente ad altri sei comuni dell’Alta Valmarecchia, in attuazione dell’esito di un referendum svoltosi il 17 e 18 dicembre 2006, che ha sancito l’appartenenza alla regione Emilia Romagna (provincia di Rimini).

Veduta di Pennabilli

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VISITA GUIDATA ALLA CITTÀ DI PENNABILLI Il percorso di visita guidata alla città di Pennabilli comincia dalla piazza centrale: seguendo le indicazioni, si potrà conoscere ed apprezzare ogni angolo di questo splendido borgo. Si specifica che le cinque tappe dei Luoghi di Fra’ Orazio e il Tibet sono qui di seguito descritte, mentre il percorso al museo diffuso I luoghi dell’anima, ideato da Tonino Guerra, è qui solo accennato, e descritto in dettaglio nei capitoli successivi. I restanti musei sono meglio descritti nelle pagine ad essi dedicate. Il nucleo storico di Pennabilli conserva una struttura medioevale cinquecentesca di città fortificata con peculiarità che lo rendono unico. Le antiche mura malatestiane si conservano in via della Vigna, in via dei Pensieri sospesi e in via del Roccione. Di particolare rilievo il torrione. Piazza Vittorio Emanuele II, è la piazza principale, in cui convergono le vie del centro storico è uno spazio pianeggiante, l’antico “Pian del mercato”, sovrastato, ai lati, da due picchi rocciosi sui quali un tempo si ergevano i castelli di Billi e di Penna. Il primo, denominato La Rupe, è riconoscibile per la presenza dell’imponente monastero cinquecentesco delle monache Agostiniane e per la croce di ferro, innalzata in occasione del giubileo del 1900. Sul lato opposto, il secondo, denominato Il Roccione su cui sono an-

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Piazza Vittorio Emanuele II


cora visibili alcuni ruderi dell’antico fortilizio detti Guasto malatestiano. Le vicende storiche che hanno portato nel corso dei secoli alla costruzione dei due castelli, sono descritte nel paragrafo precedente. Al centro della piazza domina una fontana eretta nel 1350 a ricordo della fusione dei due castelli e la nascita della nuova comunità di Pennabilli. Non a caso lo stemma della città di Pennabilli è rappresentato da un’aquila appollaiata su due rocche. Al di sotto della fontana è conservata una pietra commemorativa dell’evento. La fontana è stata più volte rimaneggiata e quella attuale è la riproduzione di un modello cinquecentesco; solo la pigna sulla sommità è originale. Particolare attenzione meritano il cinquecentesco Palazzo della Ragione, sede del governo cittadino, e la sottostante Loggia dei mercanti, (detta Le logge) entrambi edificati durante la signoria medicea. Nella prima metà del febbraio 2012 il territorio comunale è stato uno dei più colpiti da un’eccezionale nevicata (“Il nevone”), che ha raggiunto anche i 3/4 metri nel centro del paese, alcune foto esposte lungo il percorso, a partire dal log-

Il “Nevone” febbraio 2012

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giato in piazza, ricordano l’evento. A dominare la piazza è il duomo di Pennabilli, la cattedrale di San Pio V della diocesi di San Marino e Montefeltro. San Leone sacerdote (San Leo) è patrono della cattedrale, compatrona della cattedrale è l’Immacolata Vergine Maria, mentre la parrocchia è intitolata a San Pio V. I tre patroni sono raffigurati nella grande tela dell’abside. Fu edificata fra il 1577 ed il 1588, in occasione del trasferimento della sede della diocesi da San Leo a Pennabilli. Il trasferimento avvenne per opera del vescovo mons. Giovanni Sormani, sotto il pontificato di Papa S. Pio V, divenuto in seguito patrono della città. La facciata attuale, in cotto imolese, risale al 1904, negli anni del vescovo Alfonso Maria Andreoli, e riporta l’iscrizione latina Cinquanta anni dopo la definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione. L’interno, ristrutturato nel 1910, e più recentemente, sul finire degli anni ‘90, si presenta a croce latina in stile neo-classico. A destra della navata una serie di tele sono raffigurati, in successione: S. Francesco che riceve le stim-

Interno della Cattedrale

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Via Roma - La cittĂ  di Pennabilli accoglie Papa benedetto XVI

mate, Madonna con Bambino, S. Stefano e S. Marco (in un fascio di luce si intravede una veduta di Pennabilli), ed infine la Madonna del Carmine (copia del Barocci). A fine navata è situato un confessionale con pulpito del XVII secolo. Nella cappella laterale destra, dedicata alla Madonna del rosario, sono affrescati a sinistra una scena della battaglia di Lepanto ed a destra S. Pio V in preghiera. Nell’abside è collocata una tela raffigurante l’Immacolata Concezione con S. Leone e S. Pio V; sul lato opposto, è situata la seconda cappella laterale dedicata al Sacro Cuore; sulla parete di destra i bassorilievi rappresentano la Temperanza e la Fortezza, a sinistra la Prudenza e la Giustizia; sul soffitto è affrescata l’Ultima cena. Dirigendosi verso l’uscita, le altre tele raffigurano il Primato di S. Pietro, la Crocefissione (copie del Barocci), ed infine il martirio di S. Bartolomeo. Nella cantoria è collocato un organo classico a canne, opera di Filippo Franci di Pistoia e risalente al 1841. Il 19 giugno del 2011 un avvenimento straordinario ha visto protagonisti la città di Pennabilli, la sua Cattedrale e l’intera Diocesi: Papa Benedetto XVI ha trascorso una giorna-

Il Santo Padre in visita a Pennabilli

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ta nel territorio di San Marino e Pennabilli per proporre un evento di riflessione e fede dedicato alla Diocesi di San Marino e Montefeltro. In tale occasione, a Pennabilli ha ricevuto i giovani. In molti l’hanno definita una giornata indimenticabile, un evento epocale, un fatto che segnerà la storia della Diocesi sammarinese-feretrana, un punto di non ritorno. Mons. Luigi Negri, vescovo della Diocesi, ha sintetizzato la straordinaria visita con l’espressione «Gioia della Fede». Nella piccola piazza del paese si erano radunate migliaia di giovani, «Non abbiate paura, il Signore è con voi» ha detto il Papa a quei ragazzi, uno dei momenti più emozionanti della giornata. Nel bellissimo discorso, il Santo Padre, rivolto ai 4000 giovani di piazza Vittorio Emanuele, ha detto tra l’altro: «... imparate a riflettere, a leggere in modo non superficiale, ma in profondità la vostra esperienza umana: scoprite con meraviglia e con gioia che il vostro cuore è una finestra aperta sull’infinito. Questa è la grandezza dell’uomo e anche la sua difficoltà. Impegnatevi per il bene comune, non cedete a logiche individualistiche ed egoistiche...» La giornata si è conclusa fra i canti e i cori dei giovani che in-

Sede Pro Loco Pennabilli, ufficio turistico I.A.T. e Mateureka - Museo del calcolo.

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L’Orto dei Frutti Dimenticati (esterno)

neggiavano: Benedetto! Benedetto! Una lapide a memoria dell’evento è posta all’ingresso della Cattedrale, inoltre sulla rivista “Montefeltro”, consultabile online, sono pubblicate notizie e riflessioni relative a questa meravigliosa esperienza (Montefeltro - periodico della Diocesi di S. Marino Montefeltro - Anno LVII - N. 7 - luglio-agosto 2011). Dirigendosi lungo la breve discesa che costeggia il palazzo della ragione, si raggiunge la sede della Pro Loco, e ufficio turistico I.A.T. Pennabilli. Lo stesso palazzo ospita Mateureka - Museo del calcolo, ove si trovano oggetti e calcolatrici che, dalla preistoria ai giorni nostri, documentano l’evoluzione degli strumenti di calcolo. Si rimanda alle pagine che seguono, per la descrizione specifica del museo. L’edificio fu convento dei frati missionari del Preziosissimo Sangue e successivamente sede del municipio. Sulla facciata, nel 1910 è stata affissa una targa, a ricordo del Regio decreto di annessione delle Marche al Regno d’Italia il 17 dicembre 1860. Al centro, in alto, lo stemma della città di Pennabilli. Superata porta S. Filippo si incontrano l’omonima chiesa settecentesca e l’Orto dei frutti dimenticati, che raccoglie gli alberi da frutto appartenenti alla flora spontanea delle campagne appenniniche. L’orto è parte integrante de I luoghi dell’anima, un museo diffuso che si snoda attraverso la città di Pennabilli e parte dell’Alta Valmarecchia. Si rimanda alle pagine dedicate al museo sopra citato, per la descrizione dettagliata delle installazioni presenti nell’Orto.

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Meridiana ad ore canoniche

All’interno dell’Orto si trova inoltre la prima tappa del museo I luoghi di Fra’ Orazio e il Tibet: Il gelso del Dalai Lama. L’albero è stato messo a dimora il 15 giugno 1994 dal XIV Dalai Lama, in occasione del 250° anniversario della morte del frate cappuccino Orazio Olivieri della Penna, che partì alla volta del Tibet nel 1712 in missione evangelizzatrice. La missione è meglio illustrata nelle pagine dedicate al suddetto museo, mentre le cinque tappe del museo sono descritte in questa sezione. Ritornati in piazza Vittorio Emanuele II, sotto il loggiato, la seconda tappa del museo I luoghi di Fra’ Orazio e il Tibet: sulle pareti è collocato un dipinto su pietra, realizzato dal pittore tibetano Tashi Lama, accompagnato da un testo poetico di Tonino Guerra, che ricorda la commozione di Sua Santità Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama. Le vicende di padre Orazio sono illustrate nelle pagine che seguono, dedicate al museo sopra indicato. Da piazza Vittorio Emanuele II, si risale via Carboni,

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Porta Carboni


Teatro Vittoria (esterno)

dal nome del capitano della milizia, Girolamo Carboni, vissuto nel 1600. Nell’edificio all’inizio della via sulla destra, un tempo adibito a albergo, una targa ricorda il soggiorno del poeta americano Ezra Pound. Via Carboni è anche conosciuta come La strada delle meridiane, perché lungo il suo tragitto sono collocate alcune meridiane, orologi solari che scandiscono il tempo disegnando un’ombra sui muri delle case. Le meridiane sono meglio descritte nelle pagine che seguono, dedicate al museo I luoghi dell’anima. Lungo la via si incontrano le meridiane con i dipinti Il sole sopra le colline opera del pittore naïf Rabuzin, la riproduzione del quattrocentesco Martirio di san Sebastiano di Antonello da Messina e la libera riproduzione di Putti intorno a un pozzo, particolare della Camera degli sposi del pittore quattrocentesco Mantegna. I pannelli sottostanti ciascuna meridiana, ne descrivono il funzionamento. Proseguendo sino in cima alla via, si raggiunge Porta Carboni. La ricca e potente famiglia Carboni fu quella che diede il nome alla porta principale di Pennabilli. Detta porta, fu restaurata due anni dopo la visita di Donna Isotta Malatesta con un manipolo di guerrieri a cavallo e precisamente nel 1454, nell’occasione in cui Sigismondo Malatesta si recò alla città di Penna per la festa di San Bartolomeo, poi nuovamente nel 1853, ponendovi l’iscrizione al centro, oggi illeggibile. Più recentemente la porta è stata ristrutturata nel 2018. Ai lati, più in alto, gli stemmi dei Malatesta e Federico da Montefeltro, duca d’Urbino. Sulla facciata dell’edificio posto a sinistra della porta, infine, sono collocate Le parole sui muri, piccole biografie di personaggi, noti e meno noti, che hanno lasciato una memoria nella storia e nei costumi della città, se ne incontrano altre lungo il percorso, elencate nella sezione dedicata al Museo diffuso i luoghi dell’anima. Oltrepassa-

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Disegni di Tonino Guerra

ta la porta, si raggiunge la piazza intitolata a G. B. Mastini, vissuto nel XV secolo e appartenuto probabilmente ad un ramo cadetto dei Malatesta, eccellente architetto militare, che fortificò Pennabilli con solide mura. In questa piazza è ubicato il teatro cittadino, il Teatro Vittoria, così chiamato a ricordo della vittoria della prima Guerra Mondiale. Il teatro fu ricavato nel 1922-23 all’interno dell’antico Palazzo Fuffi (XV sec.) che venne utilizzato in precedenza come caserma e come scuola elementare, poi gravemente lesionato dal terremoto del 29 giugno 1919. Furono 33 famiglie pennesi a contribuire alla ristrutturazione di palazzo Fuffi ed alla trasformazione in teatro. All’antico palazzo apparteneva il bel portale ad arco decorato a bugne, riutilizzato come ornamento dell’avancorpo che ospita l’attuale foyer, allestito

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dal poeta e sceneggiatore Tonino Guerra. Dell’antico edificio rimane inoltre il portale dell’ingresso laterale di via Olivieri, che accede al palcoscenico, sull’arco è scolpito il motto Ostium no hostium, epigrafe benaugurale ricorrente all’entrata di antiche abitazioni, che invita ad entrare in amicizia (lett. porta non dei nemici). Dalla sua fondazione, il teatro è stato centro di un’intensa attività, documentata dai registri degli spettacoli e delle operette messe in scena, che tuttora si conservano presso il locale archivio. È inoltre documentata la modalità relativa ai sorteggi mediante i quali venivano assegnati i palchi ai cittadini. Sono andati purtroppo perduti gli scenari e gli arredi originali. Nel

Teatro Vittoria (interno)

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secondo dopoguerra il teatro è stato prevalentemente utilizzato come sala cinematografica e locale da ballo. La platea con pianta a U è circondata da tre ordini di palchi (48 in totale), con solai in legno e balaustre a fascia decorate da specchiature rettangolari dipinte a tempera. I parapetti del secondo ordine hanno specchi con uno stemma inserito in una ghirlanda affiancata da iris, fatta eccezione per il palco centrale, che ha una giovane donna, allegoria d’Italia, e sullo sfondo i due castelli di Penna e di Billi. I palchi del terzo ordine presentano invece una finta cornice a dentelli, recante nel fregio una sequenza di aquile ad ali aperte e, nel palco centrale, lo stemma di Casa Savoia affiancato da leoni e bandiere. Sul fronte dei due palchi di proscenio figurano i ritratti di Dante e Manzoni, mentre al centro è raffigurata Santa Cecilia, protettrice della musica. Sulla volta è riprodotta una grande lira ove sono raffigurate le nove muse, figlie di Zeus, protettrici delle arti. La lira è attraversata da una fascia con festoni che culmina con due figure mitologiche e sette putti danzanti, che rappresentano le sette note. Il boccascena è sovrastato dall’iscrizione Amor ci-

Targa in memoria della visita del XIV Dalai Lama

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Via del Seminario

vium Decus patriae - L’amore dei cittadini è il decoro della Patria, a testimonianza della dedizione dei cittadini di Pennabilli che si impegnarono nella ricostruzione del teatro - e dallo stemma comunale di Pennabilli posto al centro. Autori di tutte le ornamentazioni, furono il pittore nonché poeta Oreste Mazzoni, all’epoca segretario comunale, ed il genero Cornelio Francioni, che, prestandosi gratuitamente, si ispirarono allo stile liberty, non senza influssi novecenteschi e art déco, riscontrabili soprattutto nella rigida impostazione geometrica degli elementi decorativi e delle figure. Sempre in piazza Mastini si trova la quinta meridiana, lo sfondo della meridiana è tratto dall’opera Isola sul mare dell’illustratore contemporaneo Tullio Pericoli. La meridiana è collocata sulla facciata della casa natale di padre Francesco Orazio Olivieri, il frate cappuccino che partì alla volta del Tibet nel 1712 e salvo una breve interruzione, vi rimase fino alla sua morte nel 1745, dedicando 33 anni alla missione cristiana. Proseguendo lungo via Olivieri, terza tappa del museo I luoghi di Fra’ Orazio e il Tibet. Sulla facciata è incastonata la lapide che, con le parole di Tonino Guerra, ricorda la visita di Sua Santità Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama: il poeta descrive il Dalai Lama come un Uomo che cammina sorridendo per portare a tutti la medicina dell’amore e della compassione. La targa ricorda inoltre la redazione nel XVIII sec. del primo dizionario Tibetano-Italiano. Le vicende di padre Orazio sono illustrate nelle pagine dedicate al museo sopra indicato. Parallela a via Olivieri, si snoda via del Seminario, che

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ospita il ricchissimo Museo del Montefeltro nel quale, il vescovo Antonio Bergamaschi, corrispondendo ad una direttiva della Pontificia commissione per l’arte sacra, raccolse, nel 1962, opere e oggetti storico-artistici provenienti dalle parrocchie dell’intera Diocesi di San Marino-Montefeltro per evitarne la dispersione e garantirne la salvaguardia. Mobili, tele, cornici, ceramiche, vasi sacri, reliquiari, pale d’altare compongono questa preziosa collezione in cui non spiccano opere di autori famosi o capolavori ma che è importante nel suo insieme come testimonianza della vita e della storia del territorio. Per la descrizione, si rimanda alle pagine seguenti, dedicate al museo sopra citato. Tra via Olivieri e via del Seminario, si trova via dei Fondacci, sulla cui parete (all’altezza di piazza Malatesta), il poeta Tonino Guerra ha collocato alcune Madonne in ceramica, realizzate dalla ceramista faentina Carla Lega. La targa con la scritta Vicolo delle Madonne indica il titolo dell’installazione. Percorsi pochi passi, si raggiunge piazza Malatesta (ex piazzetta S. Agostino), dove è situato il Santuario Diocesano della Madonna delle Grazie così chiamato per una serie di eventi miracolosi compiuti dalla Vergine qui venerata. La chiesa, ubicata dentro le mura del castello di Penna, sorge sui resti dell’edificio religioso più antico della città. Nata come chiesa parrocchiale dedicata a S. Cristoforo, era sicuramente già eretta nell’anno 1100 come risulta da un documento notarile, redatto nel giugno del 1200 dal titolo Acta a sancto Ristofano a la Pinna ed era probabilmente coeva ad altri edifici romanici della zona che però si sono mantenuti intatti, come la pieve di San Leo, la Pieve di Carpegna, e San Pietro in Messa. Sottoposta, nel corso dei secoli, a numerose modifiche architettoniche ed a cambi di gestione ecclesiastica, è stata testimone della vita religiosa, e dell’evoluzione sociale, politica e storica della città. Ristrutturata già dalla prima metà del XIV sec., fu profondamente modificata ed ampliata nei primi decenni del XV sec. forse in concomitanza con il trasferimento, dal convento di Miratoio alla chiesa di S. Cristoforo, dei frati Agostiniani. Da allora, denominata chiesa di S Agostino, divenne luogo di culto per la santa Vergine, e conseguentemente trasformata da chiesa parrocchiale in santuario Mariano,

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Affresco della Madonna delle Grazie

anche in occasione dello sviluppo della cattedrale di S Bartolomeo prospiciente la piazza del mercato nel 1500. I vari rifacimenti si sono resi necessari per ampliare l’edificio e renderlo più idoneo ad un afflusso sempre più alto di fedeli, e per effettuare opere di consolidamento, verso il 1550 assunse la sua forma attuale. L’ultimo restauro risale al 2008 e recentemente è stata ripristinata la Cantoria. L’immagine della Vergine con Bambino, venerata per la particolare protezione sulla città ed i suoi abitanti e per i numerosi miracoli e grazie, è riprodotta su un affresco situato immediatamente sulla sinistra di chi entra dall’ingresso secondario di piazza Malatesta. È di epoca quattrocentesca, in stile gotico fiorito, di incerta attribuzione. Al di so-

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pra dell’immagine si intravvede l’annunciazione alla Vergine della stessa mano pittorica e sulla lunetta, Dio benedicente, di epoca seicentesca. Nel 1528 l’affresco raffigurante la Madonna è stato racchiuso in una tribuna marmorea ad arco; sorretta da due colonne con capitelli dorati, e una ricca decorazione ad affresco. Sul lato destro sono stati aggiunti affreschi rappresentanti, al centro, l’Ultima cena; in alto, due miracoli eucaristici (la profanazione dell’ostia ed il miracolo della mula), in basso Abramo che offre a Melchisedec pane e vino. Sul lato sinistro della tribuna marmorea, due medaglioni (attribuiti alla scuola di Raffaellino del Colle) raffiguranti l’Arcangelo Gabriele e la Madonna, sotto una iscrizione latina che ricorda il primo evento miracoloso: il 20 marzo 1489, di fronte a numerosi testimoni, la Madonna versò lacrime ripetutamente dall’occhio destro. Era il terzo venerdì di marzo e da allora questo giorno viene annualmente commemorato con cerimonie civili e religiose con il nome di venerdì bello perché prevalse, sul presagio di sventure collegabili alle lacrime versate dalle immagini Mariane, il senso di festosità suscitato dall’evento prodigioso. Sul lato opposto si può ammirare un monumento ligneo: un tabernacolo ricco di numerose sculture a tuttotondo, che nel 1600 fu sovrapposto all’edicola marmorea. Al centro dell’imponente monumento ligneo è visibile una tela raffigurante l’Assunzione, opera del pittore pennese Marco Bistolli. L’altare maggiore, collocato nell’abside, è sovrastato da un altro monumento ligneo coevo, da cui purtroppo sono state trafugate alcune decorazioni. Antistante l’altare maggiore si trova la porta dell’ingresso principale, ai lati del quale sono posizionati due tabernacoli lignei. Risalendo lungo la navata, si trova, a sinistra, una tela raffigurante l’adorazione dei Magi del XVIII al centro la resurrezione di Cristo del XVII con S. Cristoforo, S. Agostino, S. Nicola da Tolentino ed alcuni membri della famiglia Palmerini che finanziò parte del primo ampliamento della chiesa, Fra le diverse tele che abbelliscono il tempio, merita particolare attenzione la buona copia del dipinto con la Deposizione di Cristo dalla Croce eseguito da Federico Barocci per la cattedrale di Perugia. Sul lato opposto della navata, Madonna con Bambino e i santi Nicola ed Agostino del XVIII al centro un crocefis-

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so ligneo del 1580 ed infine Madonna con Bambino e i santi Francesco e Antonio Abate. La Madonna è venerata anche per altri interventi miracolosi in favore della cittĂ , dei suoi abitanti e di tutti coloro che la invocano: il 23 febbraio 1517 ed il 23 febbraio 1522, durante gli assedi da parte delle truppe medicee, apparve sfolgorante sulle mura della cittĂ , mettendo in fuga i nemici. Per questi miracoli, riconosciuti dalla chiesa, la Vergine delle Grazie di Pennabilli fu incoronata dal Capitolo Vaticano nel 1694. Per sua intercessione durante l’ultima guerra mondiale gli uomini pennesi rastrellati per essere deportati nei lager tedeschi, ritornarono incolumi alle loro case.

Chorten Tibetano

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In piazza Malatesta si trova anche il cinquecentesco palazzo del Bargello, sede delle antiche prigioni e delle milizie cittadine. Da piazza Malatesta si imbocca la piccola strada in salita sulla sinistra e si raggiunge un altro Luogo dell’anima: la ex Cappellina dei Caduti ospita L’angelo coi baffi, meglio descritto nella sezione dedicata al Museo di cui l’opera fa parte. All’esterno, alla sinistra dell’ingresso, si può notare un’epigrafe quattrocentesca che testimonia la signoria di Federico, duca di Urbino. Ritornati sui propri passi, si imbocca via del guasto Malatestiano, così denominata perché alla sommità sono conservati i ruderi dell’antico castello malatestiano di Penna, si arriva così al Pianetto. All’inizio della salita verso il Roccione sulla destra, la quarta tappa del museo I luoghi di Fra’ Orazio e il Tibet: un piccolo giardino dedicato al Chorten ORAZIOni per il Tibet. Il Chorten o Stupa è un monumento spirituale, visibile in tutti i paesaggi himalayani e asiatici, simbolo della mente illuminata e del superamento di ogni ostacolo. Lo spazio è dedicato al Tibet e ai Tibetani. Nelle pagine dedicate al suddetto museo, è descritta l’installazione e il suo significato. Dalla sommità di Penna è visibile uno straordinario scorcio panoramico di tutta la città, della Valmarecchia, della vallata del torrente Messa e del monte Carpegna. Dagli abitanti del luogo il complesso roccioso viene denomina-

Veduta panoramica dal Roccione

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to Roccione. Sul Roccione si trova la quinta ed ultima tappa del museo I luoghi di Fra’ Orazio e il Tibet: il monumento della Campana di Lhasa inaugurato il 30 luglio 2005 dal XIV Dalai Lama, nel corso della seconda visita a Pennabilli, rinnovando così il dialogo di pace e fratellanza intrapreso da padre Orazio. La campana esposta a Pennabilli è la copia esatta di quella che, nel 1700, si trovava nel convento dei frati Cappuccini costruito a Lhasa in Tibet, quando padre Orazio da Pennabilli era Prefetto della missione. Sul monumento, accanto alla campana, come segno di incontro tra religioni, per la pace e l’armonia tra gli uomini, sono stati posti 3 manikorlo o mulini di preghiera tibetani sui quali è inciso il mantra buddista Om Mani Padme Hūm. I mulini di preghiera si trovano in tutti i Templi del Tibet e il gesto di farli ruotare equivale a rivolgere una preghiera al cielo, come il suono della campana. Ai piedi della campana inoltre, una targa testimonia l’affetto del VII Dalai Lama verso padre Orazio, che viene descritto come Lama testa bianca che possiede tutte le virtù e un cuore d’oro. Le vicende che legano Pennabilli al Tibet sono meglio descritte nella sezione dedicata al museo sopra citato. Sulla sinistra, nel punto più alto, si nota un pannello con l’immagine del dipinto La Gioconda, dell’artista, scienziato e inventore quattrocentesco, Leonardo Da Vinci. Le studiose del progetto Montefeltro Vedute Rinascimentali, cacciatrici di paesaggi, avrebbero identificato la Valmarecchia e in particolare la zona nei dintorni di Pennabilli quale paesaggio che fa da sfondo al celebre dipinto. L’intuizione delle due studiose, arricchisce ulteriormente il territorio dal punto di vista culturale e turistico. Rosetta Borchia, pittrice e fotografa di paesaggi, e Olivia Nesci, docente di Geografia fisica presso l’Università di Urbino, dopo lunghe ed accurate ricerche, hanno infatti rilevato nel dipinto il paesaggio di Pennabilli, Casteldelci e le località Gattara e Senatello: il paesaggio non è subito riconoscibile in virtù del “codice” usato da Leonardo, che le due studiose chiamano “compressione”. Ma, identificato il codice e “distesi” i paesaggi compressi, i luoghi ritornano nella loro forma reale e diventano riconoscibili. Ritornati in piazza Malatesta, si supera l’omonima porta

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Bassorilievo rappresentante la Madonna del Soccorso

sulla cui sommità è riportato lo stemma dei Montefeltro e si imbocca la suggestiva via Borgo San Rocco all’inizio della quale si può ammirare una elegante e preziosa loggetta rinascimentale sul cui architrave è menzionata la signoria dei duchi di Montefeltro. Imboccando il piccolo sentiero antistante la loggia rinascimentale, si raggiunge il successivo luogo dell’anima, il Santuario dei pensieri, delimitato dalle mura perimetrali di una stanza appartenuta ad un’antica dimora malatestiana. Nelle pagine che seguono, dedicate al museo I luoghi dell’anima, si trova la descrizione specifica. Si scende quindi lungo la via borgo san Rocco e si raggiunge la chiesa della Misericordia, antica sede di un trecentesco ospedale fondato da Lancellotto di Pennabilli, cavaliere degli Ospitalieri cui si aggiunse, in seguito, un oratorio dedicato alla Vergine. Venne fondata una Confraternita i cui membri ebbero il privilegio di portare croce e cappa; tale congregazione nel ‘600 fu denominata “della Misericordia“, perchè curava l’ospitalità dei pellegrini e l’assistenza agli ammalati infetti. A breve distanza esisteva l’oratorio di San Rocco, protettore degli appestati. Il portone è sovrastato da una quattrocentesca lunetta in pietra con bassorilievo rappresentante la Madonna del Soccorso. L’interno è stato completamente rinnovato all’inizio del 1900. Da qui parte l’antichissima processione del Venerdì Santo, detta “dei Giudei”. Di interesse artistico una veneratissima seicentesca Pietà in cartapesta policroma che viene portata in processione la sera del Venerdì Santo.

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La Casa dei Mandorli

Sull’edificio adiacente alla chiesa della Misericordia si trova la sesta meridiana, sul quadrante è rappresentato L’orologio sulla spiaggia del pittore contemporaneo Giulio Turci. Si rimanda alle pagine dedicate al museo Luoghi dell’anima per la descrizione ed il significato delle meridiane. Si imbocca la prima strada sulla destra e si raggiunge la sede dell’associazione culturale e museo Il mondo di Tonino Guerra, meglio descritto nelle pagine ad esso dedicate. L’Associazione trova ospitalità nei sotterranei del trecentesco Oratorio di Santa Maria della Misericordia. Ritornati sui propri passi, si imbocca via Canavina da cui si scorge La casa dei mandorli dimora pennese del Maestro e della moglie Lora Guerra e si prosegue a sinistra per via del Roccione, oggi via Tonino Guerra. Lungo la passeggiata di via Tonino Guerra si gode di un paesaggio spettacolare: campi coltivati, borghi arroccati, zone boschive e sentieri incorniciati dal monte Carpegna e dalla Rupe. Lungo la via è collocata l’impronta su terracotta dei passi compiuti dal funambolo Andrea Loreni. Andrea Loreni ha partecipato nel 2011 al festival Artisti in Piaz-

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Impronta su terracotta dei passi compiuti dal funambolo Andrea Loreni nel 2011.

za - Festival Internazionale delle Arti Performative - ed ha stabilito il record italiano di camminata su cavo: 250 metri di lunghezza, ad un’altezza da terra di 90 metri, riunendo così idealmente i castelli di Penna e Billi: un’esibizione straordinaria, che ha lasciato impressa per sempre una grande emozione nelle migliaia di persone che assistevano alla traversata in religioso silenzio, per poi accogliere il funambolo all’arrivo con un grido di entusiasmo e un applauso scrosciante. Proseguendo lungo la via, poco prima di raggiungere di nuovo piazza Vittorio Emanuele II, si incontra sulla sinistra l’ultima e settima meridiana riportata su di un pastello di Guerra dal titolo L’anatra dal collo azzurro e un pannello con l’omaggio al Maestro per la generosità con cui ha disseminato a Pennabilli e in Valmarecchia le sue creazioni artistiche. Di fronte alla rocca di Penna svetta la Rupe su cui si erge il monastero delle monache Agostiniane. Il Monastero è intitolato a Sant’Antonio da Padova, il santo francescano vicino alla famiglia agostiniana (iniziò a studiare con i Canonici Regolari di Sant’Agostino), conosciuto e venerato in tutto il mondo. Tuttora risiede una comunità di monache, la vita monastica è ritmata dalla liturgia e dalla preghiera, dal lavoro e dall’accoglienza a visitatori e pellegrini in un clima di amicizia e fraternità ecclesiale. L’imponente e caratteristica costruzione, edificata sui resti del castello di Billi, è visitabile solo all’esterno. Sorse nel 1500 per volere e con il finanziamento di un signore del luogo, Giovanni Lucis il cui stem-

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Monastero delle monache Agostiniane sulla Rupe

ma è visibile all’interno della porta d’ingresso al monastero. Si accede al complesso dall’antica porta del castello di Billi sovrastata dallo stemma dei Montefeltro. È possibile risalire fino al piano su cui è eretta la croce di ferro per ammirare lo scenario offerto dalla natura e il borgo medievale di Penna. Per approfondire le notizie riguardanti il monastero, si invita a consultare il sito www.osapennabilli.net. Scendendo dalla Rupe e percorrendo pochi metri in direzione del Passo Cantoniera, si raggiunge il MUSSS Museo naturalistico del Parco Sasso Simone e Simoncello, le cui caratteristiche sono meglio specificate nelle pagine ad esso dedicate.

Il monastero della monache Agostiniane

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I MUSEI


VISITA GUIDATA AL MUSEO DIFFUSO I LUOGHI DELL’ANIMA

www.museoiluoghidellanima.it Salita Valentini, 1 47864 Pennabilli (RN) Tel. +39 0541 928578 info@museoilughidellanima.it

Luoghi dell’anima è un museo diffuso che percorre l’intero paese di Pennabilli e la Valle del Marecchia, ideato e realizzato dal poeta, sceneggiatore e artista Tonino Guerra, che scelse di abitare in questa antica città dalla fine degli anni ‘80. L’associazione Mostra Mercato Nazionale d’Antiquariato Pennabilli, con il contributo di enti pubblici e sponsor ha realizzato promosso e gestito fin dai primi anni il museo. Sette luoghi che la fervida vena poetica e, in un certo senso, anche filosofica del Maestro ha riempito di significati e messaggi rivolti agli abitanti ed ai visitatori. Luoghi che predispongono all’introspezione perché: è bello se puoi arrivare in un posto dove trovi te stesso. Luoghi che invitano alla riflessione sulle tematiche più care al Maestro, come la natura, la civiltà contadina, il tempo, i pensieri: bisogna trovare dei luoghi dove fermare la nostra fretta e aspettare l’anima.

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I luoghi dell’anima realizzati a Pennabilli sono: • L’orto dei frutti dimenticati • Il rifugio delle Madonne abbandonate • La strada delle meridiane • L’angelo coi baffi • Il santuario dei pensieri • Il giardino pietrificato in località Bascio • La Madonna del rettangolo di neve in località Ca’ Romano. Accanto a queste opere, percorrendo il centro storico, sono visibili altre tracce che il genio poetico del Maestro ha pensato di imprimere. Ad esempio La gabbia dei pensieri che volano, illustrata in seguito; oppure Le parole sui muri: parole dolci del poeta, piccole biografie di personaggi noti e meno noti, che hanno lasciato una memoria nella storia e nei costumi della città. Targhe in ceramica per non dimenticare coloro che hanno segnato il passaggio del tempo con la loro presenza laboriosa e affascinante. Tra queste figure, la signorina Lucrezia custode del Santuario Mariano, la Peppa eccellente cuoca, oppure Scociarèl che creava la magia dei lampioncini pasquali, padre Besi confessore di due papi, e il vescovo Riccardi chiamato “piccol Dante”. Completa il percorso la visita alla Roccia del poeta situata nel giardino di casa Guerra, luogo particolarmente caro al poeta, indicato da lui stesso come ultima dimora. La moglie Lora Guerra, in un’intervista, cita le parole di Tonino: “Voglio

Tonino Guerra nel giardino della Casa dei Mandorli

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ricordare ai lettori ciò che disse Tonino nei suoi ultimi giorni: «Io sarò utile dopo. Sarò utile poi. Quando all’umanità serviranno le favole e quando l’infanzia conquisterà di nuovo la fantasia che le è stata sottratta dalla modernità.»”. Si suggerisce, infine, per ampliare la conoscenza delle opere del Maestro, che spaziano in diversi campi artistici e letterari, la visita al Museo Il mondo di Tonino Guerra, lo spazio in cui trovano ospitalità le sue creazioni. Il suddetto museo è descritto nelle pagine ad esso dedicate.

L’orto dei frutti dimenticati

Realizzato nel 1989, l’Orto è il primo intervento voluto a Pennabilli da Tonino Guerra, non è un orto botanico, ma un Museo. Fu realizzato con il contributo delle associazioni Mostra Mercato Nazionale dell’Antiquariato, Amici della Valmarecchia, Pro Loco Pennabilli, e con la collaborazione dell’amministrazione comunale e allestito su un terreno appartenuto, un tempo, ai frati missionari del Preziosissimo Sangue, adiacente al monastero. Senz’altro quest’orto è stato uno tra i primi in Italia.L’orto è stato realizzato con la consulenza scientifica di Carlo Pagani, vivaista di Flora 2000 di Budrio, che ha donato piante da frutto e specie arboree oggi scomparse e appartenenti alla flora spontanea appenninica. Nella veranda all’ingresso dell’Orto ci accoglie un’immagine di Tonino Guerra, e l’invito poetico a compiere un ge-

L’Orto dei Frutti Dimenticati

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sto di gentilezza e di rispetto verso la natura. Sulle vetrate sono impressi alcuni colorati dipinti. Oltrepassata quest’area, compare uno spazio di favola compreso fra la parete scoscesa ed aspra della Rupe e lo scenario incantevole della valle del torrente Messa che si apre sullo sfondo. Gli alberi da frutto coltivati all’interno dell’orto comprendono antichi frutti della campagna appenninica: svariate specie di mele, la pera cotogna, il giuggiolo, l’uva spina, il biricoccolo, il sorbo, il nespolo, l’azzeruolo. Ho pensato che fosse necessario un museo dei sapori per non dimenticare il gusto di quelle piante che stavano addosso alle vecchie case contadine e che oggi sono scomparse – spiega il poeta. Un piccolo museo dei sapori per farci toccare il passato, perché è bello avere in bocca i sapori che gustavano i nostri nonni. Gustarli può essere un tramite poetico per ricordare il passato, perché conoscere la nostra storia è una risorsa indispensabile per andare incontro al futuro, ripeteva instancabilmente il Maestro. La manifestazione Gli antichi frutti d’Italia si incontrano a Pennabilli voluta e ideata da Tonino Guerra, che si tiene ogni anno a fine settembre a Pennabilli, celebra proprio questi aspetti: la sapienza contadina, la biodiversità, il rispetto della natura. Con il tempo l’Orto si è arricchito di altri arbusti, come le Buddleie con i loro fiori a grappolo colorati di viola e rosa, che compongono il Sentiero delle farfalle attirando generosi questi meravigliosi insetti.

Arco delle Favole

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All’interno dell’Orto si trova inoltre la prima tappa del museo I luoghi di Fra’ Orazio e il Tibet: il, Il gelso del Dalai Lama. L’albero è stato messo a dimora il 15 giugno 1994 dal XIV Dalai Lama, in occasione del 250° anniversario della morte del frate cappuccino padre Orazio Olivieri della Penna, che partì alla volta del Tibet nel 1712 in missione evangelizzatrice. La suddetta missione è meglio illustrata nelle pagine dedicate al museo sopra indicato, mentre le cinque tappe del museo sono descritte nella sezione Visita alla città di Pennabilli. L’orto non accoglie solo antichi frutti, ma anche sculture ed opere di artisti contemporanei e dello stesso Tonino Guerra. Appena varcata la soglia, sul muro di cinta, si può ammirare il Rifugio delle Madonne abbandonate, una raccolta di Madonne in terracotta policroma realizzate da ceramisti faentini e imolesi. Il poeta ha immaginato che le Madonne, accolte nelle cellette votive disseminate nei crocicchi delle strade di campagna, si rifugiassero in questo angolo sereno per sfuggire all’incuria dell’uomo ed alle offese del tempo. Questo vuole essere un modo per ricordare

Il Bosco Incantato

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Il Rifugio delle Madonne abbandonate

la loro esistenza ma anche per stimolare la loro salvaguardia. A sinistra dell’ingresso, si erge l’Arco delle favole realizzato dallo scultore riminese Giò Urbinati, rivestito in ceramica multicolore e il Bosco Incantato per perdere la memoria e ritrovare il giorno più bello della tua vita. Superato l’arco, si incontra La voce della foglia, una semplice fontana realizzata in legno di quercia, a forma di foglia, tema ricorrente nella produzione artistica di Tonino Guerra. Le venature sono costituite da tubi di rame da cui zampilla l’acqua che, ricadendo su una vecchia macina da sale, dà voce alla foglia. Questa opera, è una sorta di omaggio alle piante, (così come la frase Buongiorno signor albero all’ingresso accanto al ritratto di Tonino Guerra), ed è stata realizzata da un gruppo di giovani pennesi, “il Gruppo del ferro“, su progetto dell’artista ravennate Luigi Berardi. Poco distante è collocata la Porticciola delle lumache opera dello scultore Aldo Rontini, così definita perché destinata a non essere mai aperta. Questa piccola cappella è dedicata al celebre regista russo Andrej Tarkovskij al quale il maestro Tonino Guerra era legato da un rapporto di la-

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La Porticciola delle Lumache

voro ed amicizia. La facciata, disegnata dall’architetto pennese Celio Francioni, è stata costruita con pietre di chiese diroccate, a ricordo dei muri santi che vivevano nel Montefeltro, a significare che se l’uomo vuole può ricostruire quello che crolla. Sempre sul lato sinistro rispetto all’ingresso, è visibile la Meridiana dell’incontro, una scultura suggestiva e delicata. Nel primo pomeriggio, una scultura in bronzo, raffigurante due colombi, eseguita dallo scultore polacco Krzysztof Bednarski, proietta la propria ombra sopra una pietra bianca, e si trasforma nei profili di Federico Fellini, amico e collaboratore del maestro Tonino Guerra, e dell’attrice Giulietta Masina, moglie del regista. Dall’orto è possibile accedere all’antico lavatoio del pae-

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se le cui pareti sono state tappezzate da formelle in ceramica in cui poeta ha voluto segnare il passaggio del tempo attraverso i pensieri che i mesi dell’anno richiamano alla sua mente: le Parole dei mesi. La ceramista Muky, faentina d’adozione, (Wanda Berasi) ha accompagnato le parole del poeta da segni decorativi e immagini stilizzate. Sul tetto del lavatoio è situata la Meridiana orizzontale, indicante le ore europee, le stesse in vigore al giorno d’oggi. Lo stilo o gnomone che proietta l’ombra del sole sulla piattaforma in cui sono riportate le ore, è il corpo stesso della persona che si colloca nel settore del mese in corso. È ispirata al metodo più antico ed immediato di valutazione del tempo, perché effettuabile anche in assenza di strumentazione; è quello semplice ed elementare che si basa sulle ombre proiettate dagli oggetti nelle varie fasi della giornata. Questo ”orologio umano” è l’unica meridiana in cui lo gnomone non è fisso. L’opera è stata eseguita dal ceramista Giovanni Urbinati. Nel contesto della meridiana sono stati inseriti due rosoni di ceramica, eseguiti dallo stesso artista, rappresentanti la luna ed il sole, nei punti che corrispondono all’alba e al tramonto. Il percorso delle meridiane prosegue nel centro storico. L’orto contiene altre installazioni come le Casette dei colombi in legno colorato appese alle parete rocciosa per dare rifugio a questi messaggeri a cui anticamente l’uomo affidava i suoi pensieri d’amore, di pace, di guerra, o il Villaggio degli uccelli uno dei Progetti sospesi di Tonino Guerra, realizzato successivamente. All’esterno dell’orto, una poetica installazione dal titolo La gabbia dei pensieri che volano. L’arco di San Filippo è decorato da formelle in ceramica che la scuola ravennate ha regalato al Maestro, gli uccellini in mosaico sono collocati tra i travi in legno a rappresentare una gabbia aperta.

La via delle meridiane

La linea d’ombra sui dipinti aspetta di indicarvi il vostro e il nostro tempo che scorre nella valle (Tonino Guerra). Ritornati in piazza Vittorio Emanuele II, si sale lungo la Via delle meridiane che, percorrendo tutto il centro storico di Pennabilli, ci conduce anche agli altri luoghi. È così chiamata perché lungo il suo tragitto sono collocate sei meridia-

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ne. Orologi solari, che scandiscono il tempo secondo metodi appartenenti a diverse epoche storiche. Le meridiane, allestite nel 1991, sono regolate dai calcoli di un esperto del settore, prof. Giovanni Paltrinieri. La prima, di sette meridiane, è ospitata all’interno dell’Orto dei frutti dimenticati, (La meridiana orizzontale sopra descritta), le rimanenti sei, sono collocate sulle facciate di alcuni edifici della città e riportano sullo sfondo rappresentazioni pittoriche di autori famosi riprodotti liberamente da Mario Arnaldi. Ora più che mai – sostiene il poeta - c’è bisogno di ritrovare il segno naturale del tempo, proprio adesso che i tempo viene gettato via e siamo tutti pieni di orologi. Attraverso questi orologi solari, il maestro Tonino Guerra ci conduce a raffrontare la vita del passato, scandita lentamente da eventi naturali, con la frenetica realtà contemporanea. Le meridiane vogliono essere un invito a guardarsi indietro, esorta il poeta. La seconda meridiana è collocata sulla facciata dell’edificio all’inizio di via Carboni Il soggetto su cui è riportato l’o-

Meridiana a ore europee

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Via delle Confraternite

rologio è un’opera del pittore naïf Rabuzin dal titolo Il sole sopra le colline. Si tratta di un orologio verticale, definito ad ore europee od oltramontane, che divide il giorno in 24 ore: la dodicesima ora giace sul meridiano locale, indicando che il sole in quel momento è allo zenit e quindi alla metà esatta del giorno solare. È detto anche ad ore francesi perché questa misurazione del tempo è stato introdotta in Italia con la dominazione napoleonica. Lo gnomone è inclinato. A pochi passi e dallo stesso lato, troviamo la terza meridiana ad ore europee od oltramontane. Lo sfondo è rappresentato dal Martirio di San Sebastiano di Antonello da Messina. Le ore sono indicate dalle frecce dipinte nel costato, mentre lo gnomone è rappresentato da una freccia vera conficcata nel dipinto. La meridiana ha lo stilo perpendicolare al piano, pertanto l’ora va letta all’apice dello stilo. Il 21 giugno, solstizio d’estate, l’ombra della freccia-gnomone, tocca l’apice delle frecce dipinte, mentre il 22 dicembre, solstizio invernale, tocca i punti in cui le frecce si conficcano nel corpo. Segna solo le ore del mattino. Al lato opposto della strada, affacciata su di un giardino, si trova la quarta meridiana, rappresentata da Putti attorno a un pozzo, particolare della Camera degli sposi, libera riproduzione del dipinto di Andrea Mantegna. Si tratta di un orologio ad ore inaequales o canoniche perché indicanti le ore degli uffici religiosi. Questo metodo, in uso presso i popoli del Mediterraneo che suddividevano la giornata in 12 ore, dall’alba al tramonto, è ancora in vigore nei monasteri del monte Athos. Lo gnomone è perpendicolare al piano, come per la meridiana precedente. La sesta ora di questo orologio corrisponde al mezzogiorno, da

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cui il detto “fare la siesta” per indicare l’interruzione per il riposo pomeridiano. Agli equinozi l’ombra dello stilo si proietta sulla barra trasversale su cui si posa l’uccellino, ai solstizi la stessa ombra si proietta sull’apice libero delle linee. La quinta meridiana è collocata sulla facciata della casa natale di padre Francesco Orazio Olivieri, in piazza Mastini. Lo sfondo è tratto dall’opera Isola sul mare dell’illustratore contemporaneo Tullio Pericoli. Si basa su di un metodo di suddivisione del tempo in uso presso le popolazioni italiche dal medioevo. Il giorno era diviso in 24 ore iniziando a contarle al tramonto. Questo sistema ci permette di sapere quante ore ci separano dal tramonto sottraendo da 24 l’ora segnata dallo stilo. È dall’uso di questo tipo di ore che deriva il detto ”portare il cappello sulle ventitré”, ovvero inclinato come la linea omonima. Anche in questo caso lo gnomone è perpendicolare al piano. Al solstizio d’inverno, l’ombra tocca gli apici alti delle linee, al solstizio d’estate tocca gli apici bassi. La linea trasversale segna gli equinozi. Proseguendo lungo via Olivieri si raggiunge piazza Malatesta e, imboccata la piccola strada in salita sulla sinistra, si raggiunge il successivo Luogo dell’anima.

L’angelo coi baffi

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L’angelo coi baffi

Nella ex Cappellina dei Caduti, è ospitato il più piccolo museo del mondo, tale perché contiene un unico quadro dal titolo L’angelo coi baffi.Dalla favola in versi di Tonino Guerra, scritta in dialetto romagnolo e tradotta in italiano, è nata l’idea di creare prima un quadro e poi un museo con un quadro soltanto, definito il più sguarnito e poetico museo del mondo. La grande tela è stata realizzata dall’artista milanese, romagnolo di adozione, Luigi Poiaghi. Il dipinto, collocato dietro una grata, è circondato da uccelli impagliati, che iniziano prodigiosamente a cinguettare all’arrivo dei visitatori. L’angelo coi baffi ostinato e schernito, realizza il suo sogno facendo prendere il volo agli uccelli impagliati, stimolo e testimonianza che i sogni vanno perseguiti e coccolati.

Il santuario dei pensieri

Ritornati sui propri passi, si supera la porta Malatesta e si imbocca il piccolo sentiero antistante la loggetta rinascimentale. Lungo il sentiero sono collocati I totem: opere in legno e ceramica realizzate dall’artista riminese Giò Urbinati sulle quali il poeta Tonino Guerra ha apposto pensieri, an-

Il santuario dei pensieri

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Il santuario dei pensieri

notazioni, schegge che fanno riflettere, spesso con ironia. Proseguendo, si giunge al Santuario dei pensieri collocato tra le mura che furono del castello dei Malatesta, i signori della Penna, antiche pietre che invitano a riflettere sulla storia millenaria della Valmarecchia. Lo spazio accoglie sette sculture, definite dal maestro sette specchi opachi per la mente. Ognuna delle sette steli invita alla meditazione, una panca permette la sosta, il silenzio e l’intimità del luogo lasciano i pensieri liberi di migrare. È la realizzazione che meglio rivela la spiritualità zen del maestro. È l’idea più vicina alla sua filosofia in cui grande valore ha l’uomo, il bisogno di introspezione e riflessione: abbiamo bisogno di luoghi chesiano uno specchio per le nostre riflessioni. Si scende quindi lungo la via borgo san Rocco e si raggiunge l’edificio adiacente alla chiesa della Misericordia e che secoli fa ospitava un ospedale, dove si trova la sesta meridiana. Sul quadrante è rappresentato L’orologio sulla spiaggia del pittore contemporaneo Giulio Turci. È una meridiana ad ore europee o oltramontane: l’orologio qui rappresentato indica le ore del mattino fino alle ore 13. Le ore 12 ci informano che il sole si trova allo zenit e quindi alla metà esatta del giorno solare. Non solo è possibile conoscere l’ora, ma, a mezzogiorno, anche solstizi, equinozi e segni zodiacali; i primi sono indicati sull’asta del pendolo, gli altri vanno ricercati nella cornice del dipinto. Sul retro dell’edificio è situato il Museo Il mondo di Tonino Guerra, descritto di seguito. Dopo la visita al museo, ritornati sui propri passi, si imbocca via Canavina da cui si scorge La casa

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dei mandorli celebrata dalla poesia La mia casa a Pennabilli, dimora pennese del maestro e della moglie Lora Guerra e si prosegue a sinistra per via del Roccione; oggi via Tonino Guerra. Prima di raggiungere di nuovo piazza Vittorio Emanuele II, si incontra sulla sinistra l’ultima, e settima meridiana riportata su di un pastello di Guerra dal titolo L’anatra dal collo azzurro. È una meridiana ad ore oltramontane e pertanto leggibile come le precedenti del medesimo tipo. I dipinti colorati sulle meridiane, rendono più piacevole l’incontro tra l’uomo e il tempo, perché la società moderna va troppo di corsa - sostiene il poeta - : “Attenti, se ne vanno tutte le cose poetiche che avevamo, non siamo più capaci di fermarci, ascoltare, sognare”.

Porta Malatesta e loggette rinascimentali

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MUSEO E ASSOCIAZIONE CULTURALE IL MONDO DI TONINO GUERRA

www.toninoguerra.org Via dei Pensieri sospesi, 4 47864 Pennabilli (RN) Tel. +39 0541 928846 associazionetoninoguerra@gmail.com

Il museo e associazione culturale “Il mondo di Tonino Guerra” è situato nei sotterranei del trecentesco oratorio di Santa Maria della Misericordia in via dei Pensieri sospesi (già via dei Fossi). La struttura architettonica che ospita il museo offre un perfetto esempio di coesione fra passato e presente, meritevole di essere visitata, oltre che per interesse culturale e artistico, per la straordinaria ambientazione storica. L’Associazione Culturale è stata istituita nel 2005, per l’iniziativa delle province di Pesaro-Urbino e Rimini, i comuni di Pennabilli e Santarcangelo di Romagna, e la Comunità Montana Alta Valmarecchia. Il mondo di Tonino Guerra è il titolo che il poeta stesso ha scelto per definire certamente uno spazio museale, ma che supera l’idea stessa di museo, poiché intende essere un luogo vivo in cui ci si incontra, si discute, si lavora. È il luogo in cui si incontrano gli studenti e viene presentata la produzione letteraria del maestro. Inoltre, grazie all’archivio, alla videoteca, fototeca e biblioteca allestite all’interno, è luogo di studio e approfondimento della sua opera e del contesto in cui si è sviluppata.

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“Il mondo di Tonino”

Nel 2015, l’European Film Academy ha scelto quattro “Tesori della cultura cinematografica europea”, ovvero luoghi simbolo per il cinema. Tra questi c’è, unico italiano, Il mondo di Tonino Guerra, affiancato da Bergman Center a Fårö, Eisenstein Centre di Mosca e Istituto Lumière a Lione. Al suo interno sono accolte, in una disposizione che riflette la vocazione a stupire ed a meravigliare del poeta, alcune sue opere. L’immagine che subito colpisce il visitatore è la farfalla, delicato simbolo della conquistata libertà dopo la prigionia nel campo di Troisdorf in Germania, a fianco la porta di ingresso è possibile leggere la poesia che sintetizza questa importante tappa della vita del poeta. Oltre alle opere pittoriche e artistiche esposte, sono presenti alcuni elementi di arredo progettati da Tonino Guerra come I mobilacci, “mobili non pratici”. Oggetti con cui il poeta punta a valorizzare il lavoro di non professionisti, di artigiani impreparati e anonimi, proprio come ognuno di noi. Lo spazio espositivo, inoltre, ospita dipinti e produzioni artistiche di altri autori in sintonia con la sua vena poetica come lo scultore Ilario Fioravanti.

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“I mobilacci”, e le “Lanterne di Tolstoj”

Sono inoltre collocate, accanto a colorati dipinti mosaici e sculture, le Lanterne di Tolstoj: sculture in ferro per ricordare lo scrittore russo del XIX sec. Quelle luci del capostazione che illuminarono gli ultimi passi di Tolstoj, ora sono delle magiche lanterne giganti realizzate da un fabbro straordinario, il romagnolo Aurelio Brunelli.

Creazioni artistiche di Tonino Guerra

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Artista multidisciplinare, alla stregua dei grandi umanisti del Quattrocento, ha espresso i temi della sua poesia nelle piĂš diverse forme artistiche, come si evince dalla collezione delle sue opere in esposizione nel museo con sede a Pennabilli e a Santarcangelo di Romagna.

Breve biografia di Tonino Guerra

Poeta, scrittore e sceneggiatore, artista poliedrico di fama internazionale, è nato il 16 marzo 1920 a Santarcangelo di Romagna, dove è scomparso il 21 marzo 2012. Vissuto per trent’anni a Roma, con lunghe soste in Russia, divenuta sua seconda patria, alla fine degli anni ’80 si è trasferito a Pennabilli, antica città nel Montefeltro, dove era solito trascorrere lunghi periodi estivi, e nella quale oggi è sepolto. Tonino è il più piccolo di quattro figli. La famiglia vive di commerci, vende carbone, che va a prendere in montagna, dove porta frutta e verdura. Frequenta l’istituto magistrale a Forlimpopoli e si laurea nel ‘46 a Urbino in pedagogia con una tesi orale sulla poesia dialettale romagnola. Durante la seconda guerra mondiale, nel ‘44 viene deportato in Germania e rinchiuso in un campo di internamento. In quella particolare situazione, il giovane Guerra assume il compito di alleviare le sofferenze dei prigionieri con cui condivide la baracca: si fa Omero narrante per i compagni di sventura, componendo poesie e racconti in dialetto romagnolo, lingua che rappresenta il conforto e il calore di casa. Da lì come ripeteva sempre, nasce la necessità della poesia e del dialetto. Nell’immediato dopoguerra pubblica la sua prima raccolta di poesie in dialetto, I scarabócc. A questa ne seguono altre, fra le quali I Bu (1972), pietra miliare nella sua opera letteraria. Tonino viene definito uno dei grandi innovatori della poesia del primo novecento, che rilancia e aggiorna la poesia in dialetto a livello nazionale, rifondando la lingua della tradizione lirica italiana. Come prosatore esordisce nel 1952 con il racconto La storia di Fortunato, edito nella collana Einaudi I Gettoni diretta da Elio Vittorini. Pubblica cinquanta libri fra racconti e poesie, vincendo numerosi premi: il Pirandello, il Pasolini, il Gozzano, il Nonino, il Carducci e il Comisso. Nel 2018 Bompiani ha pubblicato l’opera omnia, curata

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da Luca Cesari, dal titolo “L’infanzia del mondo”: questo testo ne svela le molteplici anime: dalle fiabe al teatro, dai racconti di viaggio ai romanzi fino alle raccolte poetiche che, insieme all’attività di sceneggiatore, lo hanno reso celebre. Dai primi anni ’50 si è dedicato alla sceneggiatura e ha scritto per i più grandi registi dell’epoca, compresi Vittorio De Sica, Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, i fratelli Taviani, Elio Petri, Mario Monicelli, Francesco Rosi, Theo Anghelopulos e Andrej Tarkovskij. Oltre 120 i film da lui sceneggiati, da L’Avventura di Antonioni ad Amarcord di Fellini, vincitore del Premio Oscar. Nella sua lunga carriera ha collezionato quattro David di Donatello, tre nomination all’Oscar, l’Oscar Europeo del Cinema come Miglior Sceneggiatore e una Palma d’Oro a Cannes. Dopo trent’anni a Roma, decide di trasferirsi prima a Santarcangelo, poi a Pennabilli: “lascio Roma - spiega il poeta - un po’ per stanchezza, un po’ per tornare ad avere un rapporto con gli alberi, la pioggia la neve, la natura”. In Valmarecchia, a Pennabilli, Tonino esprime la sua natura geniale e poliedrica con creazioni che spaziano nei più svariati campi artistici, distribuendo poesia a profusione.

a sinistra: Tonino Guerra e Federico Fellini pagina a fronte: “Il mondo di Tonino”

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MUSEO DEL CALCOLO MATEUREKA

www.mateureka.it Piazza Garibaldi, 47864 Pennabilli (RN) Tel. +39 0541 928659 Tel. +39 338 2406649 info@mateureka.it

Il Museo Mateureka fondato e diretto dal prof. Renzo Baldoni si sviluppa sui quattro piani dell’antico palazzo comunale. Il percorso museale espone centinaia di oggetti, originali e preziosi, che servono a ripercorrere la storia del calcolo e della matematica. Il museo ha l’obiettivo, difficile ma ambizioso, di far appassionare il visitatore all’affascinante mondo della matematica, è stato progettato con precise finalità didattiche e dal 2006 accoglie migliaia di studenti da tutta Italia. All’interno si possono ammirare un cono di fondazione e tavolette sumere di 4.500 anni fa, lapidi romane ed iscrizioni etrusche, abachi, suan pan cinesi, soroban giapponesi, schoty russi, un astrolabio, una tavola per contare medioevale, quipù inca e chimpù peruviani, la “Summa” di Luca Pacioli, cilindri e bastoni di Nepero, compassi di proporzione, la Pascalina (ricostruzione), regoli e nomogrammi, aritmografi, calcolatrici meccaniche, elettromeccaniche, elettroniche e programmabili. Attraverso numerose sale-laboratorio si sperimentano i concetti e le idee della matematica con l’intento di tra-

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pagina a fronte: Sfera armillare e altri strumenti di calcolo


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Macchine calcolatrici

smettere non solo conoscenze ma, principalmente, emozioni. Si può “osservare” l’infinito e lo zero; “manipolare” il teorema di Pitagora o “immergersi” in un viaggio emozionante all’interno di un frattale; “giocare” con i numeri primi e il pi greco o rimanere affascinati da quel numeretto d’oro che fa apparire bello tutto ciò che ci circonda e “scoprire”, pian piano, che la matematica è alla base dell’informatica, di internet, della realtà virtuale, della robotica e che la sua presenza è dentro la vita di tutti i giorni.

a sinistra: Sala dei poliedri pagina a fronte: Sala aurea

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MUSEO I LUOGHI DI FRA’ ORAZIO E IL TIBET

Il cammino della scoperta e il rispetto dell’altro

www.oraziointibet.it

Il percorso I luoghi di Fra’ Orazio e il Tibet si compone di cinque tappe dislocate nel centro storico di Pennabilli. Il percorso è indicato nella sezione “Visita guidata alla città di Pennabilli”, e comprende: • Il gelso del Dalai Lama (Orto dei frutti dimenticati) • Dipinto su pietra di Tashi Lama (Loggiato di piazza V. Emanuele II) • Targa dedicata al Dalai Lama e casa natale di fra’ Orazio (via Olivieri) • Chorten - ORAZIOni per il Tibet (Pianetto, sulla salita per il Roccione alto) • La campana di Lhasa (Roccione alto) Qui di seguito alcune notizie riguardanti la Campana di Lhasa, le due visite a Pennabilli di Sua Santità Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama e premio Nobel per la pace, e il Chorten ORAZIOni per il Tibet.

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La campana di Lhasa

La campana del convento fu appesa nel monastero del Jokhang almeno fino al 1956 quando venne fotografata da due viaggiatori cecoslovacchi, per poi finire danneggiata come tanti altri oggetti sacri dei monasteri tibetani durante la rivoluzione culturale cinese e alla fine accantonata in uno dei magazzini del tempio, dove è stata rinvenuta. Nell’estate 2004, nel corso di una spedizione di studi, Elio Marini ha potuto realizzare un calco in gomma siliconica della campana. Dal calco corredato delle misure (dimensioni, diametri, peso, ecc) si è ottenuta per fusione una campana di bronzo, la copia esatta di quella ancora esistente in Tibet. Sul monumento, accanto alla campana, come segno di incontro tra le religioni, per la pace e l’armonia tra gli uomini, sono stati posti 3 manikorlo o mulini di preghiera tibetani. E da allora i visitatori fanno ruotare i mulini ripieni di preghiere tibetane e fanno rintoccare la campana gemella di quella che 300 anni fa scandiva il tempo nel convento dei Cappuccini a Lhasa in Tibet.

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Il Dalai Lama a Pennabilli

Le due visite del Dalai Lama a Pennabilli

La mattina del 15 giugno 1994 Sua Santità Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama e premio Nobel per la pace, ha visitato Pennabilli, città di Padre Orazio, in occasione del 250° anniversario della morte del missionario che visse a Lhasa dal 1716 al 1732 e dal 1741 al 1745. Dopo una cerimonia di benvenuto, mentre dalle finestre del centro storico scendeva una pioggia di petali colorati, Sua Santità ha scoperto una lapide sulla facciata della casa natale del frate cappuccino. Ha visitato in seguito una mostra documentaria sull’opera di Padre Olivieri in Tibet e messo a dimora un gelso nell’Orto dei frutti dimenticati. Centinaia di persone raccolte in piazza Vittorio Emanuele II hanno ascoltato commosse le parole del Dalai Lama e il

Thangka sulla Rupe

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suono della Campana di Lhasa. Come ha scritto il poeta Tonino Guerra: il cielo della piazza ha vibrato per i rintocchi di una campana che si trova a Lhasa. Suoni raccolti dall’ultimo brandello rimasto del convento scomparso creato dal frate cappuccino Orazio Olivieri della Penna. Un applauso fragoroso ha salutato i rintocchi registrati in Tibet. Quando il Dalai Lama ha ascoltato il suono della campana registrato nella città sacra che anche lui, costretto all’esilio, aveva dovuto lasciare, non ha trattenuto la sua emozione: il Dalai Lama si è alzato commosso a quelle lontanissime risonanze che gli riportavano l’aria del suo Tibet perduto. Nel 2005 il Dalai Lama è tornato a Pennabilli per inaugurare il monumento della Campana di Lhasa. Per accoglierlo, sulla parte della Rupe, sono stati sospesi due grandi tangka. (dipinti su tessuto, sete o carta, tipici della tradizione tibeto-himalayana) raffiguranti Fra’ Orazio e il Dalai Lama. La storia di Fra’ Orazio in Tibet è l’esempio di rapporto pacifico e di rispetto tra religioni e culture diverse. Due visite del XIV Dalai Lama a Pennabilli (1994 e 2005), due eventi assolutamente fuori dal comune per la rilevanza mondiale del personaggio, testimoniano la bontà di questo rapporto. Grazie a questo antico legame con il Tibet, Pennabilli ha potuto lasciare all’intera valle un ricordo straordinario carico di significati di pace, di comprensione e di dialogo fra religioni diverse. Non a caso è stato scelto come slogan delle giornate pennesi-tibetane «La scoperta e il rispetto dell’altro».

ORAZIOni per il Tibet. Il CHORTEN

Quando il Buddha lasciò il suo corpo terreno per entrare nel Nirvana, le sue ceneri furono coperte da un tumulo di pietre. Nel tempo in tutta l’India si fece strada l’abitudine di raccogliere le ceneri dei maestri più importanti in strutture, che nel tempo divennero sempre più elaborate e maestose e presero il nome di stupa. Ben presto lo stupa assunse in tutta l’Asia strutture e dimensioni molto diversificate ma sempre tese a ricordare quel tumulo di pietre che protesse le ceneri dell’illuminato. Nel Tibet, lo stupa prende il nome di Chorten che letteralmente significa “ricettacolo per le offerte”. Sabato 19 luglio 2014 è stato inaugurato un Chorten in uno spazio dedicato:

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• al Tibet e ai Tibetani che accolsero in pace e amicizia i missionari Cappuccini marchigiani dal 1707 al 1745. • a Kelsang Gyatso il VII Dalai Lama (1708-1757), che intrattenendo rapporti di stima e amicizia con Fra’ Orazio da Pennabilli gli concesse di acquistare un terreno a Lhasa per costruire il convento e la chiesa, inaugurata il 15 agosto 1725, e il privilegio di diffondere liberamente la religione cristiana. • a Tenzin Gyatso il XIV Dalai Lama, che ha donato a Pennabilli l’onore di due memorabili visite, il 15 giugno 1994 per visitare la casa natale di Fra’ Orazio, e il 30 luglio 2005 per inaugurare la Campana di Lhasa. Da qui si vedono il campanile della Madonna delle Grazie e il monumento della Campana di Lhasa, viene da pensare che il dialogo continui attraverso questi simboli, e che prosegua la relazione di amicizia tra i concittadini di Orazio e i tibetani, in un mondo che nonostante la diversità, sapeva dialogare. Con l’augurio che al Tibet e ai tibetani venga riconosciuto il diritto all’autodeterminazione e possano ritrovare pace, libertà e prosperità.

Mandala di sabbie colorate

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Ai tibetani in cerca di libertĂ 

Si è inaugurato, all’interno dell’area del Chorten ORAZIOni per il Tibet, una installazione ricorda i 165 Tibetani, uomini e donne, monaci e laici, che a partire dal 2008 si sono dati fuoco per protestare contro la colonizzazione cinese. 108 pietre del fiume Marecchia inanellate tra loro con del filo di rame e una thangka bianca con tutti i nomi degli immolati. Vogliamo ricordare questa tragedia nello spazio che Pennabilli dedica al Tibet e ai tibetani.

Brevi note sulla vita di padre Francesco Orazio Olivieri della Penna (1680-1745), missionario Cappuccino e Prefetto della Missione in Tibet di Elio Marini Padre Francesco Orazio nacque a Pennabilli nel 1680, ultimo di tre fratelli, dalla nobile famiglia degli Olivieri. A 20 anni, terminati gli studi classici, entrò nel convento dei frati Cappuccini di Pietrarubbia. Durante il suo periodo di noviziato la Congregazione di Propaganda Fide decretò lo stabi-

Testi tibetani

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limento di una missione nel Tibet (1703). L’ordine dei frati Cappuccini della Marca di Ancona (l’attuale regione Marche) venne destinato a fornire i missionari. I confini di questa nuova unità ecclesiastica, a causa delle scarse conoscenze geografiche erano vagamente descritti. Il decreto infatti estendeva la nuova missione “dalla foce del Gange verso il regno del Tibet.”. I primi missionari partirono nel 1704 e dopo inenarrabili fatiche solamente due di loro giunsero a Lhasa il 12 giugno 1707 per rimanervi poco tempo; la vita in Tibet era durissima, i padri senza soldi rischiavano di morire di fame. Padre Domenico da Fano, aveva fatto ritorno a Roma per esporre a Propaganda Fide la situazione della missione: o si decideva per la sua cessazione oppure la si dotava dei mezzi necessari alla sua ripresa. Alla fine venne organizzata una nuova spedizione e decisa l’apertura di stazioni missionarie a Chandernagore nel Bengala, a Patna sulla via del Nepal, a Kathmandù e naturalmente Lhasa. Nell’autunno del 1712 partì la terza spedizione di missionari, tra questi Padre Francesco Orazio Olivieri della Penna, che sarebbe poi divenuto la colonna portante della missione, la più forte personalità della sua storia e l’unico tibetologo degno di questo nome. Fra’ Orazio giunse a Chandernagore, nel golfo del Bengala, il 1 settembre 1713, proseguendo a piedi per Patna fino a Kathmandu, dove fondò la missione e si stabilì qualche anno. Qui venne raggiunto da Domenico da Fano di ritorno da Roma, che in tutta fretta (gli era infatti giunta la notizia che il “concorrente” gesuita Ippolito Desideri stazionava a Lhasa nella loro casa) lo portò con sé a Lhasa dove giunsero il 1 ottobre 1716. Una volta a Lhasa i frati fecero visita al re Lhajang Khan per presentargli i doni ed il Breve (lettera ufficiale) del Papa. Il re, che aveva conosciuto ed apprezzato i frati cappuccini negli anni addietro, si mostrò comprensivo e curioso della loro religione tanto che li invitò ad apprendere la lingua e conoscere la religione tibetana nel monastero-università di Sera, dove allora risiedevano più di 3000 monaci buddisti. Fu così che un frate cappuccino, Orazio da Pennabilli, e un sacerdote gesuita, Ippolito Desideri, furono ospitati per nove mesi in un monastero tibetano. Un Lama istruito fu lo-

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ro assegnato come maestro per apprendere la lingua colta. Un raro esempio di adattamento, un’esperienza che fece loro conoscere la lingua, la religione, la mentalitĂ e la cultura dei tibetani. Al monastero di Sera Fra’ Orazio incominciò la compilazione di un dizionario tibetano-italiano e italiano-tibetano, il primo in una lingua occidentale. Era questo un periodo di grandi rivolgimenti politici e del primo tentativo cinese di mettere le mani sul Tibet. I frati si barcamenavano come potevano ma godevano di stima da

Padre Francesco Orazio Olivieri

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parte di tutti. Fra’ Orazio diventato Prefetto della missione, era riconosciuto come un sant’uomo, era il lama (maestro) che curava l’anima; nelle strade di Lhasa e nei documenti ufficiali era il ‘Lama Testa-Bianca’ (mente bianca, pura) mentre fra’ Gioacchino da Esanatoglia che curava tutti gratuitamente, era il lama che curava il corpo. Erano piuttosto conosciuti e rispettati, e grazie ai meriti derivanti dalla loro attività caritatevole e ai buoni rapporti con tutti, che fu concesso ai frati di acquistare un terreno per edificarvi un convento e una chiesetta inaugurata nel 1725, nonostante la legge proibisse agli stranieri di avere proprietà a Lhasa. I rapporti con le autorità politiche e religiose erano buoni ma dopo sedici anni di permanenza ininterrotta in Tibet, un solo compagno, pochissimi mezzi economici e nessun ricambio generazionale, Fra’ Orazio decise di fare ritorno a Roma per chiedere una seconda volta ai cardinali di Propaganda Fide se fossero veramente intenzionati a proseguire la missione tibetana. A Roma, tra i suoi migliori sostenitori trovò il card. Luis Antonio Belluga che lo aiutò a reperire i fondi per una missione in grande stile. Il piano messo a punto per finanziare la missione tibetana fa pensare alle moderne attività di project financing delle imprese globali: rendite papali, crediti riscossi in Spagna, questue in Messico, richieste di fondi dalle Filippine oltre alle scarse risorse di Propaganda Fide. Belluga di suo sostenne anche le spese per la realizzazione di una stamperia tibetana completa a caratteri mobili che vennero incisi a Roma in due set (uno per la missione in Tibet ed uno per la tipografia poliglotta di Propaganda Fide). Nell’estate del 1738 partiva dunque da Roma diretta in Tibet la nona spedizione che destinava 10 missionari a tutte le sedi della missione. Il bagaglio comprendeva la stamperia e i doni del papa Clemente XII alle autorità tibetane. A Lhasa Fra’ Orazio giunse il 6 gennaio 1741 con 3 missionari e Paolo da Firenze un frate laico di professione stampatore. Una volta recuperato il convento vennero ricevuti dal Dalai Lama e dal Reggente. Entrambi rilasciarono documenti ufficiali, che consentivano libertà di culto a chiunque decideva di seguire la religione dei “lama bianchi”. Si formò subito una comunità di una ventina di convertiti, ma la nuo-

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va comunità cristiana urtò subito contro un ostacolo forse non previsto dai missionari: la inestricabile connessione tra vita civile e religiosa che esisteva nel Tibet teocratico. Scoppiò infatti un forte conflitto su una questione chiave: i convertiti tibetani al cristianesimo dovevano prendere parte alle preghiere lamaiste che avevano il carattere obbligatorio del culto di Stato? Dovevano occuparsi delle pulizie dei templi? Potevano rifiutare la benedizione del Dalai Lama? I missionari erano convinti che queste corvè non fossero dovute ma non così i giudici che processarono i convertiti tibetani e li condannarono alla pubblica fustigazione. Ovviamente i missionari vennero abbandonati dai neofiti e Fra’ Orazio, benché avesse stretti rapporti di stima e amicizia con il Dalai Lama stesso, si rese conto che la missione non aveva futuro. Prima trasferì alcuni missionari in Nepal e India e poi, nel 1745, la missione di Lhasa venne abbandonata. Quando, qualche mese dopo il suo arrivo in Nepal, gli giunse la notizia dello smantellamento del convento di Lhasa, Fra’ Orazio che era già malandato e sofferente di idropsia, non resse e morì a Patan in Nepal il 20 luglio 1745. Aveva 65 anni e ne aveva 33 dedicati alla missione del Tibet. La sua pietra tombale non è mai stata ritrovata. Fra’ Orazio Olivieri da Pennabilli, oltre ad essere un grande missionario, fu un autorevole studioso, che compose opere apologetiche in tibetano, traduzioni di importanti testi della teologia tibetana, opere di grammatica e lessicografia come il suo dizionario, relazioni su usi e costumi della civiltà tibetana. La storia di Fra’ orazio riassume nella sua persona e nella sua opera l’”avventura” vissuta dai missionari cristiani in Tibet. Lasciare la terra d’origine, le abitudini e le certezze, per seguire la propria meta in condizioni estreme, di certo richiese oltre al coraggio, tanta determinazione. La sua storia e la sua vita rappresentano un bell’esempio di rapporto di rispetto tra religioni e culture diverse, indicando la strada da percorrere con un anticipo di quasi trecento anni.

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MUSEO DEL MONTEFELTRO

Segni di un passaggio

www.museodelmontefeltro.it Museo del Montefeltro Piazza Sant’Agostino 47864 Pennabilli (RN) Tel. +39 0541 913750 Tel. +39 0541 913791 info@museodelmontefeltro.it

Il Montefeltro è una regione storica posta fra Romagna, Marche e San Marino. Se la storia di un luogo costituisce l’ordito, la trama lo attraversa con le vicende che ogni giorno gli abitanti consumano. L’essenza identitaria di questo territorio, non riconosciuto amministrativamente, è una realtà dell’anima che trova il suo punto di riferimento forte nella diocesi che ha sede nel cuore del Montefeltro, a Pennabilli. Qui, nel 1962, fu costituito il museo diocesano per volontà del vescovo Antonio Bergamaschi con lo scopo primario di conservare opere e oggetti provenienti dalle parrocchie dell’intera diocesi di San Marino-Montefeltro. La sede prescelta fu palazzo Bocchi, struttura del XVI secolo costruita sulle mura di cinta del castello

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di Penna. L’edificio, ristrutturato completamente nel 2006, accoglie l’attuale Museo del Montefeltro con il nuovo allestimento, che ha visto la luce nel 2010 sotto il vescovado di S.E. Mons. Luigi Negri. Il museo si sviluppa su quattro piani e attraverso le opere esposte rappresenta i “segni di un passaggio” mantenendo anche i segni inferti dall’abbandono; mostra mobili, tele, cornici, ceramiche, vasi sacri, reliquiari, pale d’altare, così come quegli oggetti che il tempo ha dimenticato e consumato, caduti nell’oblio, sostituiti da altri nuovi, accantonati in un deposito da qualcuno che ha deciso che, nonostante tutto, valeva la pena venissero conservati.

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Il deposito del museo ha ispirato il modello espositivo: la quantità di opere e oggetti provenienti dalle varie parrocchie, nel suo insieme, riflette la fede di un territorio. Abbiamo costruito una messa in scena tenendo conto del fascino che promana dagli oggetti che si accumulano in un baule, in un cassetto, e che trovano senso nello stare insieme. Le opere imperfette e frammentarie, in quanto autenticamente portatrici di un vissuto di fede, sono depositi di sguardi e restituiscono il senso del bisogno dell’uomo di certezze che, come nel bambino con la madre, nascono anche dal contatto con l’immagine di un Dio che protegge. In particolare si segnalano due tele di Guido Cagnacci del 1625, un trittico di Benedetto Coda del 1520, un affresco staccato del 1467 e un reliquiario marmoreo del XII secolo. Nel 2014 è stata aperta al pubblico una nuova sezione dedicata all’esposizione del tesoro del Santuario della Madonna delle Grazie, adiacente al museo, e al modello dinamico di un popolo pellegrino della fede. Nel 2018 è stata inaugurata una sezione che mostra oggetti e opere d’arte donati al Nunzio Apostolico negli incontri con le Chiese e le realtà locali in varie parti del mondo, in maggior numero dal continente asiatico. Essi raccontano la diffusione del messaggio apostolico all’intera umanità e costituiscono una vera ricchezza per i diversi punti di vista attraverso i quali si può leggere la realtà umana. Di eccezionale valore una statua in pietra del Buddha, una delle primissime rappresentazioni proveniente dal Gandhara, e una ammonite gigante (fossile di mollusco estintosi all’epoca dei dinosauri), così come i numerosi manufatti provenienti dal Giappone, in particolare un originalissimo presepe.

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MUSSS

Museo Naturalistico CEAS (Centro di Educazione Ambientale e alla SostenibilitĂ ) Centro visite del Parco Interregionale del Sasso Simone e Simoncello

MUSEO NATURALISTICO DEL PARCO SASSO SIMONE E SIMONCELLO

www.musss.it Viale dei Tigli 5a, 47864 47864 Pennabilli (RN) Tel. +39 320 4510733 Tel. + 39 0541 928047 info@musss.it

Il Musss è il Museo Naturalistico del Parco Sasso Simone e Simoncello, il luogo in cui adulti e bambini si trovano faccia a faccia con il lupo, il gatto selvatico, l’istrice, i rapaci, i caprioli, le volpi, i tassi e gli altri animali dell’Appennino. Sono presenti inoltre reperti naturalistici e stranezze vegetali ed è possibile scoprire di più sulla geodiversità del Parco toc-

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cando minerali e fossili. Nel Micromacro Lab si indagano le corrispondenze esistenti in natura tra piccolo e grande, utilizzando le attrezzature scientifiche a disposizione del Museo. La biblioteca ospita volumi e guide di botanica, ecologia, studio del paesaggio, storia locale, educazione ambientale. Il Musss è un museo vivo che fa ricerca e formazione, coinvolge le comunità locali e aderisce a network regionali, nazionali ed Europei, attivo con progetti didattici, residenze per artisti e ricercatori, workshop, opportunità di networking, allo scopo di tenere sempre viva una riflessione sul rapporto tra uomo e ambiente.

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Come Centro di Educazione Ambientale e alla Sostenibilità è attivo con numerosi progetti rivolti a scuole, famiglie, insegnanti, educatori e accoglie le classi in visita con una proposta didattica che permette di scoprire boschi, torrenti, borghi abbandonati e - nel farlo - accrescere la consapevolezza di sé stessi e degli altri grazie all’esperienza in natura. E’ possibile rivolgersi al Museo per informazioni e consigli su itinerari e proposte escursionistiche all’interno del Parco, per richiedere l’accompagnamento di Guide Ambientali Escursionistiche (GAE) e acquistare mappe e pubblicazioni. Dal 2015 è gestito dall’associazione culturale Chiocciola la casa del nomade, impegnata in progetti educativi e culturali dedicati ai luoghi e alle complessità che li sottendono.

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ENTE PARCO INTERREGIONALE SASSO SIMONE E SIMONCELLO

www.parcosimone.it FB Parco Sasso Simone e Simoncello Via Rio Maggio, s.n. 61021 Carpegna (PU) Tel:. +39 0722 770073 info@parcosimone.it

Parco Naturale Interregionale del Sasso Simone e Simoncello

Il Parco interregionale del Sasso Simone e Simoncello custodisce 4991 ettari di natura posti nel punto in cui si incontrano Emilia Romagna, Marche e Toscana. Compreso nell’antico territorio del Montefeltro, dista 40 km dalla costa romagnola. Il Parco del Sasso Simone e Simoncello comprende i rilievi maggiori delle province di Rimini e Pesaro, ricadendo nei comuni di Carpegna, Frontino, Montecopiolo, Piandimeleto, Pietrarubbia, Pennabilli e confinando con l’omonima riserva naturale toscana che ricade nel comune di Sestino. La straordinarietà del territorio deriva dalla sua storia geologica che offre una varietà paesaggistica unica data da un paesaggio dolce e collinare, contrastato da affioramenti calcarei, vere e proprie zattere geologiche formate in un antico bacino marino, lentamente migrate verso oriente, sotto l’azione delle spinte tettoniche di sollevamento degli Appennini. Tra queste anche gli stessi Sassi Simone e Si-

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moncello, dalla forma così riconoscibile quanto particolare da essere considerati montagne sacre, meta di eremiti e luoghi in cui fondare siti di culto come l’Abbazia costruita dai Benedettini nel XII secolo sul pianoro del Simone. Ma il vero tesoro del Sasso è la Città del Sole, edificata da Cosimo I de’ Medici a partire dal 1560, simbolo del potere centrale della casata in un’area periferica dello stato difficilmente governabile. Questa città-fortezza sorse con criteri urbanistici tardo-rinascimentali; contava circa 50 case di uguali dimensioni compresa la residenza del capitano, il tribunale, le prigioni e una cappella in aggiunta alla vecchia chiesa. Ancora oggi è ben visibile una grande cisterna per

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gli usi civici e se ne riconoscono ancora due per uso militare. Erano presenti altresì casematte, depositi di armi e munizioni, un forno, una fucina, una buca di fusione, un portico per il mercato settimanale e due porte d’accesso. Diverse strade collegavano il Sasso con i castelli vicini, e una “maestra” selciata, comunicava direttamente con Firenze. L’idea strategico-militare di creare una città-fortezza sul Sasso crollò quando il peggioramento climatico rese pressoché impossibile la vita a quote così elevate; nel 1627 la fortezza contava 46 abitanti e cinquant’anni dopo, ormai deserta, fu disarmata. Oggi il territorio dei Sassi è abitato solo dalla fauna tipica dell’Appennino centrale e registra la presenza stabile del Lupo.

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Percorrendo i sentieri del Parco del Sasso Simone e Simoncello ci si accorge dell’estrema diversificazione della vegetazione presente. L’area intorno ai due Sassi, argillosa, è occupata da un bosco a dominanza di cerro, esteso piú di 800 ettari; mentre sulle pendici del Monte Carpegna è rilevante la presenza di specie quali carpino, sia bianco che

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nero, aceri e frassino, sorbo montano e domestico, nocciolo, abete bianco, faggio, che nella stagione autunnale si tingono di un verde-rosso dalle sfumature piĂş varie. Le parti elevate del Monte Carpegna disboscate in tempi storici,

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ospitano oggi prati-pascolo che nella tarda primavera si ricoprono dei colori delle numerose specie di orchidee. Degni di nota anche il Monte San Marco con la vasca rupestre visibile nella sua sommità - e la Pietrafagnana, una formazione geologica chiamata anche “Dito del diavolo” per la sua particolare morfologia, composta da conglomerati risalenti al Messiniano, testimonianza della presenza antichissima dello scorrere di un fiume. Oggi il Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello ha valorizzato maggiormente questo territorio, già ricco di valenze storiche e naturalistico-ambientali; la visita all’area protetta ed al territorio dei Comuni del Parco può soddisfare chiunque; chi cerca la bellezza dei panorami o la suggestione di una escursione in natura così come gli amanti della buona tavola o chi è alla ricerca delle testimonianze storiche del territorio. Tra queste il Castello di Pietrarubbia, il Sito Archeologico di Montecopiolo, il Palazzo dei Principi di Carpegna e quello dei Conti Oliva a Piandimeleto, il convento di Montefiorentino e il borgo di Frontino. Il calendario escursionistico e di iniziative culturali del Parco si svolge soprattutto nel periodo primavera/estate. Durante tutto l’anno funziona un servizio di Guide ambientali escursionistiche (GAE) su prenotazione per gruppi organizzati o per scolaresche; per quest’ultime numerose sono anche le proposte di Educazione ambientale promosse dal Parco sia nelle scuole, che nelle sedi preposte.

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MUSEO RICORDI DI UNA COMUNITÀ

Scavolino

Il Museo, inaugurato il 15 novembre 2015, è nato grazie alla volontà e all’impegno della Comunità di Scavolino, con la collaborazione dell’Amministrazione comunale di Pennabilli e dell’Ente Parco del Sasso Simone e Simoncello. Esso raccoglie i ricordi di una comunità ancora fortemente legata al proprio passato. Scavolino fu un Principato fino al 1817. Nel 1819 venne riconosciuto Comune e tale fu fino a quando, con Regio Decreto del Re Vittorio Emanuele III del 1° novembre 1928, venne soppresso ed aggregato a Pennabilli. Questo fatto creò subito dei dissidi. Da secoli, infatti, la comunità di Scavolino aveva la disponibilità di un vasto terreno che andava dal fosso Rio Cavo al monte Carpegna, donato da una Contessa per un favore ricevuto. I terreni ri-

La rocca di Scavolino

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sultavano intestati alla popolazione di Scavolino e la legna tratta da quei boschi veniva equamente ripartita fra le famiglie residenti. Con la soppressione del comune di Scavolino, i beni passarono a quello di Pennabilli, ma grazie alla forte volontà popolare, la prefettura di Pesaro ne decretò l’amministrazione separata dal comune di Pennabilli a partire dal 1° gennaio 1951. Tali terreni sono gestiti ancora oggi dalla Comunanza Agraria di Scavolino. All’interno del Museo, situato in un antico palazzo che si affaccia sulla piazza del paese, sede della Scuola Elementare fino agli anni sessanta, si possono ammirare oggetti di uso quotidiano, gelosamente custoditi per anni nelle cantine del paese e donati, o prestati, al museo dalla popolazione. Nel salone, posto sopra il loggiato sono stati ricreati i vari ambienti della casa contadina, dalla cucina alla stalla, e gli utensili presenti, raggruppati in base al loro utilizzo, testimoniano mestieri ormai scomparsi. Visitando il Museo, accompagnati da una guida locale, gli oggetti sembrano risvegliarsi dall’oblio in cui erano caduti, per raccontare ai giovani un modo prezioso, ormai lontano. Per informazioni sulle visite al museo è possibile rivolgersi al circolo ACLI nella piazza principale.

a sinistra: Utensili e attrezzi pagina a fronte: Scavolino, veduta panoramica

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LE FRAZIONI


BASCIO mt. 663

Prendendo la provinciale 258 direzione San Sepolcro si raggiunge la frazione di Bascio, a 14 km dal capoluogo. Bascio fu uno dei primissimi feudi di casa Carpegna. Il castello di Bascio dominava la gola in fondo alla quale scorre il Marecchia. Del castrum Bascii o Biscii, si ha notizia sin dal 1145, citato fra le terre confermate da Papa Eugenio III al monastero Camaldolese di San Salvatore di Monte Acuto. Non risulta chiara quale fosse la natura giuridica (già castello?) del toponimo al momento di questa citazione, ma il castello era presente almeno nel secolo successivo, comparendo tra i possedimenti dei Conti di Carpegna intorno alla metà del XIII secolo. Da un atto siglato a Petrella Massana il 18 novembre 1289, si apprende che i conti Rinaldo, Guido e Ramberto di Carpegna cedono agli “…hominibus et universitate casti bascii...” tutti i diritti e azioni reali e personali che essi possiedono nel castello e li liberano da tutti gli obblighi e prestazioni eventualmente dovuti, in cambio della somma di 1100 lire ravennati e anconetane. Non è noto se il contratto ebbe attuazione o cosa accadde poi, ma proprio a seguito delle divisioni interne dei beni operate dai diversi membri della famiglia Carpegna, sul finire del XIII secolo, il castello di Bascio passò al ramo dei conti di Gattara, discendenti proprio del detto Rainaldo di Carpegna. Nel 1362/64 Bascio risulta tra i domini per i quali i conti non vogliono pagare le tasse alla camera apostolica. Con l’estinzione dei Carpegna di Gattara (1409) il castello di Bascio, assieme a quelli di Gattara e Miratoio, passa a Galeazzo Malatesta signore di Pesaro. Tuttavia pochi anni dopo

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pagina a fronte: Il borgo di Bascio



(nel 1420) i conti di Carpegna del ramo di Fiorentino ricomprarono i castelli ceduti per la somma di 3000 fiorini. Nel 1463, a seguito di una nuova divisione dei beni della famiglia, Bascio passa a Francesco di Carpegna e ai suoi discendenti (assieme a Gattara, Miratoio e Scavolino). Nel 1865 il conte Ulderico di Carpegna viene elevato dall’imperatore Leopoldo I d’Asburgo al rango di “Principe del Sacro Romano Impero e di Bascio”. Il castello seguì dunque le sorti dell’omonimo principato passando agli Orsini de’ Cavalieri (1728), ai Carpegna della Castellaccia (1817) fino all’annessione allo Stato Pontificio (1819). Oggi della struttura rimane solo l’imponente torre a base quadrata del XIII sec., mastio del temuto castello che dominava la sottostante valle del Marecchia, insieme ai castelli di Gattara, Miratoio e Scavolino. Il castello era stato posto a presidio dell’antica strada che dall’Adriatico conduceva a Roma, per la sua posizione rivestiva un importante compito di controllo, tanto che i pellegrini in viaggio verso Roma erano soliti dire: andremo a Roma se Dio vuole e quelli di Bascio. Quasi inesistenti i resti del castello, ai piedi della torre si intravedono allineamenti delle antiche murature e un fossato oggi asciutto. La torre di Bascio si erge a 663 m sul livello del mare, ha pianta quadrata con lato che sviluppa alla base 5,30 metri per lato, alta 21 metri e con porta di accesso rialzato. A Bascio vi risiedette anche la nobilissima principessa francese Fanina Condè,

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Torre di Bascio

imparentata coi Borboni. Ai piedi della torre sono stesi sette tappeti di ceramica che compongono Giardino pietrificato appartenente al museo diffuso I luoghi dell’anima ideato dal poeta, sceneggiatore e artista Tonino Guerra. Le installazioni, al momento della stampa di questo testo, sono in via di restauro. I sette tappeti sono dedicati ad altrettanti personaggi del passato che in questo luogo sono vissuti o transitati. Opere del ceramista Giovanni Urbinati, hanno titoli fantasiosi che sono stati suggeriti al Maestro da episodi o da gesta del personaggio celebrato. Il tappeto dell’anatra dal collo azzurro. Dedicato alla contessa Fanina dei Borboni di Francia andata sposa ad un capitano dei Carpegna. Impazzì per la solitudine ed affidò al vento le sue richieste di aiuto. Il tappeto delle onde quiete. Per ricordare Giotto che dal Montefeltro vide lontanissimi i primi bagliori azzurri dell’Adriatico. Il tappeto delle piramidi sognate. Dedicato a Bonconte da Montefeltro; perché le trentacinque piramidi siano tombe del suo corpo valoroso scomparso nel fiume della battaglia. Il tappeto delle Cattedrali abbandonate. Dedicato a padre Matteo da Bascio, fondatore dell’ordine dei Cappuccini che per tutto il mondo andava esclamando e riprendendo ogni sorta di persona, gridando all’inferno, all’inferno, peccatori.

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Il tappeto delle conchiglie montanare. In ricordo del grande capitano di ventura Uguccione della Faggiola che da questi colli vedeva i confini dell’Italia e tanto fu ammirato da Dante che gli dedicò l’inferno. Il tappeto dei pensieri chiari. Per ricordare Dante che vide questa torre fuggendo da Firenze per raggiungere il rumore del mare di Ravenna. Il tappeto dei pensieri oscuri. Per ricordare il poeta Ezra Pound, vissuto per un breve periodo a Pennabilli, che disse del Marecchia dove la melma è piena di sassi. Bascio vanta un illustre figlio: Matteo Serafini. Nato verso il 1495 e morto a Venezia il 6 agosto 1552 fu uno dei massimi predicatori del suo tempo e, soprattutto, fondatore e primo superiore generale dell’ordine dei Frati Minori Cappuccini. Padre Matteo da Bascio, detto Beato dal popolo, è sepolto a Venezia nella Chiesa della Madonna dell’Orto. Si fece francescano del ramo degli Osservanti nel convento di Montefiorentino, presso Frontino, e venne ordinato sacerdote nel 1525. Desideroso di ritornare al primitivo rigore francescano, nel 1525 lasciò il suo convento di Montefalcone ed ottenne da papa Clemente VII il privilegio di vestire un lungo saio di tessuto ruvido (come quello di Francesco d’Assisi, ma con un cappuccio più lungo ed appuntito), di osservare la regola in assoluta povertà, di fare vita eremitica e predicare liberamente. Questo esempio ebbe subito numerosi imitatori tra quanti desideravano restaurare lo spirito originale del francescanesimo e diede luogo

Tonino Guerra

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Bascio: veduta panoramica

all’istituzione dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini (detti così per la peculiarità del loro abito). Venne eletto primo superiore generale per acclamazione, ma non mantenne la sua carica per molto tempo: dopo aver visitato la fraternità si dimise. Brillante omileta, ebbe parte notevole nel movimento di riforma della vita religiosa del XVI secolo. Il piccolo abitato, edificato in linea retta lungo la strada, è formato da due file di case in pietra arenaria. Al termine della breve salita, sulla destra si nota l’elegante fabbricato dell’eremo delle Beatitudini, che termina con la chiesa intitolata a San Lorenzo diacono e martire. Nella parete dell’abside, grazie al lavoro delle restauratrici Serena Brioli e Maria Chiara Tonucci, sotto ben sette strati di scialbature è stato rinvenuto un grande affresco rappresentante una meravigliosa Pietà, con una Maria addolorata avente sul suo grembo il corpo di Cristo morto e ai lati San Michele arcangelo e San Lorenzo martire e diacono. In base agli studi portati avanti dalle due restauratrici, siamo di fronte ad un affresco attribuibile a Benedetto Coda e la sua Bottega. Il Coda era un pittore trevigiano, allievo di Giovanni Bellini, che decise di trasferirsi nel riminese dopo il primo quarto del 1500 assieme al figlio Bartolomeo, presumibilmente l’autore dei due angeli laterali. Dall’analisi iconografica, l’affresco stupisce per la accuratezza anatomica del Cristo e particolari come la lacrimazione della Vergine Maria. Degno di nota è anche lo sfondo su cui si svolge la scena, ovvero il paesaggio del Montefeltro e più precisamente della Valmarecchia.

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CA’ ROMANO mt. 642

Compiendo una breve deviazione dalla provinciale 258 in direzione S. Sepolcro si raggiunge la frazione di Ca’ Romano. Accanto alle bellezze naturali, si può ammirare in mezzo ad una radura del bosco una piccola cappella in pietra risalente al 1754, e raggiungibile dopo aver percorso un sentiero di terra battuta. La Madonna del rettangolo di neve - La tradizione popolare narra che gli abitanti del piccolo villaggio si dilungassero sulla scelta del luogo su cui erigere una cappella dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, fino a quando, nel mese di agosto, una inaspettata e quindi miracolosa nevicata, delimitò un rettangolo che venne interpretato come luogo prescelto dalla Madonna. Ogni pietra ha ascoltato parole ed invocazioni del passato ed è testimone delle antiche preghiere. La chiesa fa parte percorso del museo diffuso di Tonino Guerra, interessante il significato della sua iniziativa artistica «perché, - affermava - non voglio che i poveri ruderi delle chiese vengano distrutti, devono parlare a quelli che cercano una trattoria per mangiare le tagliatelle e aiutarli a riflettere». All’interno è stata collocata una formella della ceramista Muky (Wanda Berasi) raffigurante la Madonna della neve che spicca sulle nudità delle pareti. Sulla porta di ingresso, disegnata dal maestro, è riprodotta una grande foglia, uno dei suoi ricorrenti elementi simbolici.

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MACIANO mt. 440

Dista circa quattro chilometri da Pennabilli, di cui è la frazione più estesa, ne fanno parte sette “borghi”: Monticello, Marinelli, Aia di Bartolo, Castello, Aia Marcucci, Pantaneto e Villa. Il villaggio originario, denominato Marzano, Matiano ed infine Maciano, accolse entro le proprie mura gli abitanti di un villaggio confinante, detto il Sorbo, che fu distrutto anticamente da una frana. Cresciuto di importanza, si eresse a comune e nel 1361 fu annesso a Pennabilli. Di notevole interesse artistico è la chiesa di Santa Maria dell’Oliva e l’annesso convento dei frati Minori. Fu eretta nella prima metà del XIV per volere dei conti Oliva di Antico. Nel XIV secolo la borgata conobbe un certo splendore

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quando vi risiedette Benedetto, vescovo del Montefeltro. Non molto distante dall’abitato, lungo la strada per Soanne, si può visitare l’oratorio dei Marinelli, una chiesetta solitaria che accoglie al suo interno un affresco quattrocentesco, La Madonna del Latte, attribuita al maestro di S. Arduino e la torre cilindrica, recentemente restaurata, secondo alcuni ciò che rimane di un castello, secondo altri, una isolata torre di avvistamento. A Maciano è organizzata la Sagra del cinghiale, la Festa delle antiche borgate, e la Gara podistica 7 borgate macianesi, descritte nelle pagine in fondo a questa guida e descritte nel sito www.maciano.it.

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Santa Maria dell’Oliva a Maciano di Pennabilli di Pier Giorgio Pasini Il posto è bellissimo, e invita ad una sosta prima di riprendere la salita verso Pennabilli e il Carpegna. Pianeggiante, fa appena presagire il declivio precipite verso il Fiume, la cui valle allontana paesi e colline e monti, ora pallidi e opalescenti, ora cupi e grigi a seconda delle ore e delle stagioni. Al limite di quello spazio pianeggiante sorge una chiesa che guarda verso la strada e volta le spalle alla valle; bella nella sua semplicità, dalle linee solide e sobrie che rimandano ad un Rinascimento sereno e rustico, un po’ fuori dal tempo. È accogliente, per il gran portico che la circonda e che invita ad una sosta alla sua ombra, rinforzata da quella dei cipressi del piccolo cimitero. Chiesa di frati non si direbbe, a prima vista, anche perché la macchia dei cipressi nasconde la gran fabbrica del convento. E invece è stata chiesa francescana fino al 1955, eretta su “suolo lateranense”, come correttamente avvisa uno stemma di pietra bianca nel timpano dell’arco centrale. I frati, si sa, avevano fiuto nello scegliere i posti ‘migliori’. Però il merito, questa volta, non va a loro, ma alla Madonna in persona che, scortata da Sant’Ubaldo, nel 1523 sarebbe apparsa a una certa Giovanna di San Leo, ed avrebbe richiesto una chiesa proprio lì. Questa povera Ioanna a Sancto Leone non doveva godere di una gran reputazione, se fu giudicata mezzo scema dal notaio vescovile (mulier semifatua, ha scritto); anche padre Antonio Talamonti, una cinquantina d’anni fa, definendola devotella le dava poco credito. Eppure, nonostante, come dire, la sua semplicità, e nonostante i leontini siano sempre stati guardati con un po’ di sospetto da queste parti, la Giovanna riuscì a convincere un sacco di gente dell’autenticità della sua visione, tanto che la comunità di Maciano si prese a cuore la faccenda: con molto coraggio e molti sacrifici, bisogna dire. Infatti non si era ancora ripresa dai saccheggi consumati dalle truppe toscane nel 1517 e nel 1522, durante le guerre che videro contrapposto Lorenzo de’ Medici a Francesco Maria della Rovere. Durante quelle guerre la Madonna era apparsa ben due volte in aiuto dei Pennesi che, appena passata la bufera e rientrati stabilmente nel ‘ducato’ d’Urbino, si

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erano subito messi al lavoro per ingrandirne il santuario. Decenni davvero brutti, di grandi sconvolgimenti e di guerre, quelli del primo Cinquecento; e, naturalmente, tempi di apparizioni frequenti. Illusione? Chissà. Comunque la comunità di Maciano, forse anche perché un po’ presa da invidia e da spirito di rivalsa nei confronti dei Pennesi e della loro Madonna delle lacrime, nonostante la diffidenza del tribunale vescovile credette alla ‘visione’ della Giovanna e riuscì a costruire un suo santuario mariano ‘indipendente’. Nel giro di appena cinque anni, dal 1524 al 1529, la chiesa fu cominciata e finita, e dedicata a “Santa Maria della Palma o dell’Olivo’’ (la Giovanna avrà detto di aver visto la Madonna su un olivo, appunto). Sul portale è scolpito a chiare lettere: TEMPLUM DIVAE MARIE DE OLIVA MDXXIX. Fu consacrata un secolo dopo, a cura dei Francescani a cui era stata affidata nel 1552 con la benedizione del pontefice Giulio III e a dispetto del curato di Maciano, che non gradiva la concorrenza. I Francescani (si trattava dei Minori Osservanti) a partire dal 1553 le costruirono a fianco un grande convento, ricco di sale, di celle, di magazzini, e con una bella biblioteca (che sulla porta recava la data 1635); gli ultimi libri furono venduti meno di cent’anni fa da un frate ingenuo che si prese poche lire e molte umiliazioni, con denunce e processi. Invece furono venduti impunemente, dopo la partenza dei frati, tutti gli stupendi armadi di noce della sagrestia, datati 1723, da chi aveva in custodia il convento, cioè una comunità che poi è svanita nel nulla. Ci sono voluti anni di pratiche complicate, due processi in tribunale che si sono conclusi solo nel 1994, perché la Provincia Picena S. Giovanni della Marca dei Frati Minori potesse rientrare in possesso dell’edificio: che intanto ha cominciato a crollare. Ma ora la ridefinizione della proprietà riempie di speranza sulla sua sorte. Si tratta infatti di un monumento di straordinario interesse da molti punti di vista; per quanto riguarda quello artistico si lega ad una bella serie di architetture che manifestano la diffusione in tutto il Montefeltro delle armoniose forme del rinascimento urbinate. Ad Antico, a Pennabilli, a Piandimeleto, a Montefiorentino e altrove se ne trovano di similari e tutte denunciano le loro radici nel palazzo ducale di Urbino, per via degli ornati pilastri di pietra, dei

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cassettoni fioriti, delle proporzioni armoniose. Nella chiesa di Maciano quelle radici mostrano di aver alimentato per secoli un gusto che si manifesta in aggiunte architettoniche e in affreschi del XVI secolo, in tele del XVII, in policromi paliotti del XVIII e addirittura ancora in pitture fratesche degli anni Venti; un gusto evidentemente sostenuto da una ininterrotta continuità di devozione in cui, poco a poco, almeno dalla metà del Seicento furono coinvolti tutti i paesi della zona, anche per merito della vita esemplare e delle iniziative dei Francescani; che amarono molto questa chiesa e questo loro convento, tanto da volerlo riacquistare per ben due volte dopo le soppressioni del 1810 e del 1861. Della loro operosa e devota presenza ci parla ancora, e con efficace eloquenza, soprattutto il grande e silenzioso convento. Si sviluppa, come d’obbligo, attorno ad un luminoso chiostro dai grandi archi. Le sue colonne sarebbero state donate ai frati, da una contessa Oliva, e proverrebbero dalle rovine di un suo palazzo che sorgeva ad Antico: ma si tratta di una ‘leggenda’ recente, nata per giustificare il titolo de oli-

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va dato alla Madonna, e le forme architettoniche della chiesa, in tutto simili a quelle della chiesa di Antico. Nelle lunette del portico sono dipinti ad affresco la vita e i miracoli di San Francesco; purtroppo solo poche lunette sono ancora leggibili, ma doveva trattarsi di un insieme imponente. Quel che rimane è tuttavia prezioso: perché testimonia il coinvolgimento nell’opera di tutte le comunità della zona, finalmente unite nel desiderio di onorare il poverello d’Assisi: ogni affresco, infatti, reca (o recava) il nome dell’offerente, e ancora si possono leggere quelli delle comunità di Penna, di Maciano e di Soanne. E perché fa un po’ di luce su un misterioso pittore di Pennabilli, certo Giovanni Bistolli, che ex diversis piorum benefactorum elemosinis le ha dipinte a rate, nel 1656, 1657, 1658, 1659, come lui stesso dichiara. Non era scarso, questo pittore, come dimostrano le scene ben costruite e pittoresche, con scorci e ritratti assai vivaci, mescolati ad ingenuità che sembrano dovute soprattutto a pesanti restauri ottocenteschi (del 1897). Doveva far parte di una dinastia di artisti attiva nel Montefeltro e in Romagna, esaltata dagli storici locali, ma ignota altrove; con un Marco, già morto nel 1615; un Francesco documentato nel 1631 e un Giulio nel 1658. Di questo Giovanni conosciamo solo un’altra opera, molto modesta però, del 1662. Qui a Maciano le sue narrazioni portano nel silenzio del chiostro un palpito di colore e di movimento; sono chiare, efficaci e abbastanza disinvolte; riflettono i costumi barocchi e la vita agitata del tempo con il suo bisogno di eventi ‘meravigliosi’, mescolati a sogni di poesia e di semplicità, di fede autentica, di valori non effimeri, suscitati dall’efficace evocazione della vita del poverello d’Assisi. Alta su un muro del chiostro una meridiana segnala da secoli il lento scorrere delle ore.

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pagina a fronte: Mucche al pascolo nel Parco Sasso Simone e Simoncello non lontano da Miratoio



MIRATOIO mt. 833

Castrum miratorii fu la prima denominazione di questo insediamento. È certo che i primi abitanti credettero opportuno incastellarsi in questo luogo, perché ben si prestava alla osservazione ed alla difesa. “Castrum Miratorii est super quondam saxo et habet turrim fortissimam” (Card. Angelico 1371). Miratoio è una frazione linda, ariosa con un superbo panorama cui deve il nome. Il toponimo Miratoio deriva dal latino volgare miratorium che si traduce con “osservatorio” ma anche “belvedere o poggiolo”. Le prime notizie storicamente certe risalgono al 1123, quando il conte Ranieri di Carpegna acquistò il castello con i relativi possedimenti. Della cinta muraria dell’antica fortificazione rimangono pochi ruderi. Le case del borgo si

Panorama autunnale

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Il borgo di Miratoio

snodano lungo la strada e davanti ad una grande roccia di arenaria chiamata il Castello che conserva tracce di insediamenti protostorici. Alle porte del paese, la Chiesa Conventuale di S. Agostino del 1127. II convento appartenne agli agostiniani eremitani fin dal XII secolo, il monastero rimase in vita fino al 1650, quando venne soppresso con bolla di papa Innocenzo X. II complesso conventuale risale al 1127, come risulta da un’iscrizione rinvenuta nel 1739, all’interno di un’urna in marmo sotto l’altare maggiore, e come parrebbero confermare alcune porzioni murarie di età romanica alla base del campanile. Dell’antico edificio medievale si conservano un bel portale posto sotto il porticato, alcune iscrizioni gotiche scolpite su pietra nel muro di facciata, in particolare quella che ricorda l’anno di fondazione “Anno Domini 1127 - Eremita Sancti Augustini”, e una pietra scolpita con la pianta di un sandalo (secondo la tradizione sarebbe quello del beato Rigo da Miratoio), all’interno, tracce di antichi affreschi e le ceneri del Beato Rigo. Al convento di Miratoio è unita la figura del beato Rigo

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Chiesa di S.Agostino

da Miratoio (Arrigo, Rigo o Enrico così diversamente indicato nelle fonti), eremita agostiniano vissuto nel XIV sec. che condusse una vita esemplare, in solitudine e in penitenza, e che amava ritirarsi in contemplazione nelle grotte naturali sul monte alle spalle del paese. Alla sua morte, avvenuta nel 1347, fece seguito fin da subito una grande venerazione. Le reliquie del santo sono ancor oggi custodite all’interno di un’urna nella chiesa. A Miratoio è organizzata la Sagra del fungo prugnolo, descritta nelle pagine in fondo a questa guida e nel sito www.sagradelprugnolo.it Date le caratteristiche morfologiche del territorio, si trovano numerose grotte. Rinomate sono le cave di pietra, e l’abilità dei suoi scalpellini.

Le grotte

Nei pressi dell’antico Miratoio (il Castrum Miratorii) sono accatastate alcune piccole grotte, la cui origine non è legata a fenomeni carsici veri e propri. Il poggio di Miratoio è costituito infatti da roccia prevalentemente arenacea, in-

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tensamente fratturata ed oggetto di crolli che hanno determinato la presenza di cavità ben note e storicamente frequentate. “Tana di Barlaccio” o “Antro di Barlac’” È una grotta posizionata sul versante Nord del rilievo denominato “i Morroni”, strapiombante verso Cà La Petra, a circa 900 m. s.l.m, sotto l’antico Miratoio. Ha ingresso di forma trapezoidale ed è dovuta alla presenza di una importante frattura che ha profondamente governato la disarticolazione della formazione rocciosa. L’intersezione fra il piano di frattura ed altre superfici di debolezza, quali quelle di stratificazione o di altre litoclasi di minore estensione, ha agevolato il collasso di blocchi rocciosi, determinando buona parte della cavità. Al termine della II guerra mondiale, la grotta è stata il rifugio per alcuni soldati sloveni fuggiti da un campo di prigionia in Anghiari e dunque letteralmente nutriti, per più mesi, dalla gente di Miratoio. Grotta del “Beato Rigo” È la cavità più nota poiché la tradizione vuole sia stato il ricovero e luogo di penitenza dell’eremita Agostiniano Beato Rigo, vissuto nel XIV secolo. All’interno della grotta si rileva un gradino a guisa di inginocchiatoio. Anziani residenti testimoniano che, prima di alcuni crolli, la grotta sarebbe stata molto più sviluppata. Grotta della “Tana Buia” È caratterizzata da due impervi e scomodi ingressi. Da quello verticale si accede con fatica e solo tramite apposita attrezzatura. Durante la II guerra mondiale, la grotta divenne luogo di ricovero per i beni delle famiglie di Miratoio che furono costrette ad abbandonare temporaneamente il borgo (1944). Nell’area limitrofa esistono altre cavità minori, difficili da esplorare, i cui rilievi sono in via di definizione. Testimoni raccontano di un’altra grotta denominata “Spacco del diavolo” o “Grotta dei pipistrelli”, lunga almeno 40 metri, posizionata a quota 865 m. s.l.m. al di sopra dell’attuale borgo, ma con accesso ostruito da detrito. N.B. LE GROTTE SONO AMBIENTI MOLTO PERICOLOSI. LA NORMATIVA REGIONALE VIETA DI ACCEDERE ALLE CAVITÀ SENZA AUTORIZZAZIONE E SENZA LA GUIDA DI PERSONALE QUALIFICATO.

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pagina a fronte: Grotta naturale



PONTE MESSA mt. 371

Ponte Messa è adagiata sulla confluenza del torrente Messa ed il fiume Marecchia. Ponte Messa è il più antico luogo del comune di insediamento romano. Proprio in questo sito i romani, avevano creato il loro principale Vicus per l’Alta Valmarecchia, un punto strategico prima di raggiungere Ariminum. L’insediamento romano fu distrutto dai Goti nel 500 dopo Cristo. Con le invasioni barbariche il lungo fiume pennese rimane abbandonato, poiché le popolazioni risalirono sulle alture (castello di Penna) per proteggersi dalle orde selvagge di popoli longobardi, e Ponte Messa diviene semplice pertinenza agricola del capoluogo. Nel passato più recente, il luogo rifiorisce quando con lo sviluppo industriale si sceglie questo sito per la zona artigianale. Oggi Ponte Messa è la realtà più popolata del comune, oltre al capoluogo. Attraversato completamente dalla strada provinciale 258, che collega San Sepolcro a Rimini. Oltre all’abitato principale divisibile in parte alta (comunemente chiamata Lottizzazione Maioli e Lisandrina) e quella bassa (detta dei Pianacci); esistono anche diverse borgate sparse nelle campagne, quali Ca’ Mazzoni, Ca’ Marinelli, La Pantiera, Ca’ Bicci, Santa Colomba e il Petroso (dal nome di un altro torrente provenienti dalle rocciose pendici del Monte Carpegna). A testimonianza del periodo romano rimangono la splendida Pieve romanica costruita sulle spoglia di un tempio romano. Viene denominata anche chiesa della Pantiera (panthieron), perché nata probabilmente sulle rovine del tempio

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dedicato a tutti gli Dei. Rimangono inoltre le ville romane, visibili (ormai solo nelle fondamenta e nel terreno modificato) con foto aeree o attraverso i materiali di recupero rinvenibili durante le lavorazioni dei campi lungo il fiume. La Pieve di S. Pietro in Messa, descritta approfonditamente qui di seguito, è un edificio di notevole interesse storico ed artistico, la sua esistenza è testimoniata da alcuni documenti già nel 912. Più volte andata in rovina ed adibita ad usi diversi dal culto, è stata recentemente restaurata; si presenta come una notevole testimonianza di architettura romanica. La facciata è relativamente ben conservata; l’interno si presenta a tre navate separate da una serie di colonne alcune delle quali conservano ancora i capitelli originali. Gli elementi più interessanti sono l’abside con l’altare sopraelevato e la sottostante cripta. Di grande interesse è il Molino Ronci, un antico mulino ad acqua tuttora funzionante, usato anche per generare energia elettrica ed azionare la segheria. Le storiche pietre dove il grano viene macinato, sono azionate da pale messe in moto dall’acqua del vicino fiume Marecchia. A Ponte Messa sono organizzate la Cervezada e La festa della trebbiatura, descritte nelle pagine in fondo a questa guida.

La Pieve Romanica di San Pietro in Messa

Da Francesco Vittorio Lombardi, L’antica pieve di San Pietro in Messa - Società Studi Storici per il Montefeltro

La nascita della Pieve di San Pietro a Ponte Messa di Pennabilli viene fatta risalire al XII sec., ma alcuni documenti testimoniano la sua esistenza già nel 912. Anticamente, sorgeva qui un piccolo insediamento romano (la base dell’attuale altare è chiaramente un cippo romano). Il villaggio romano del Messa era un punto strategico della viabilità nella vallata, visto che da qui si controllava il vicino ponte sul torrente, il quale ha dato poi il nome all’attuale paese ed alla Chiesa. La tradizione vuole che il villaggio romano fosse distrutto durante la guerra gotica del 500 d.C. Con l’avvento dei Longobardi, la Pieve del Messa restò la principale chiesa del circondario. È impossibile stabilire quante volte essa fu ricostruita nel corso dell’alto Medioevo. In epoca tardo-caro-

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lingia (fine ‘800, primi ‘900), qui sorgeva già un edificio plebae (912), ma di questa struttura non si è conservato nulla. Dopo il 1000 in tutta Italia ci fu una rinascita dell’architettura religiosa che coinvolse anche il Montefeltro e quindi la nostra Pieve. La Pieve è stata costruita a pianta basilicale e la copertura, più volte rifatta, si presume fosse di pietra leggera e sottile. L’asse della Chiesa rivela una grande precisione nell’orientamento ovest-est (visto che non esisteva la bussola), infatti l’abside è volta perfettamente ad oriente così i primi raggi del sole battono direttamente sulla piccola finestrella monofora del catino absidale agevolando la funzione mattutina. La navata di sinistra è di due metri e trenta e quella di destra è di due metri e venti. Le navate sono scandite fra loro da una serie di tre pilastri per parte e da due semipilastri terminali a sezione quadrata; si formano così quattro arcate a tutto sesto, con archi volti sagomati verso l’interno. I pilastri si fondono su dei plinti a vista quadrati. I capitelli sono a doppia piramide rovesciata. L’abside e la cripta sono andate perdute; della cripta restano il portale d’ingresso centrale e i resti di una semi-colonnina. All’estremità della navata di sinistra si alzava la torre campanaria, caduta in parte prima del ‘600 e recentemente ricostruita. La decorazione interna, per la maggior parte, è andata perduta. I residui capitelli di destra sono intagliati con varie figurazioni: in quello di fondo si decifrano tre teste d’ariete; in quello del pilastro seguente si individuano accurate incisioni a fogliame; nel plinto sottostante vi sono motivi a treccia, a spirale, a volute. Nella parte sinistra non si rileva alcuna decorazione: come se l’opera sia stata improvvisamente interrotta. L’ornamento dell’abside si è quasi completamente perduto: restano un segmento di cordolo attorcigliato, un capitello recante l’immagine di un’aquila ad ali spiegate, una formella con due uccelli dal becco adunco e con i colli incrociati, un cavallo fasciato in vita, portante in groppa una croce greca; un’altra formella raffigurante un animale enigmatico che si trova ri-murato sul pilastro in fondo a destra. Solo la facciata ha resistito per otto secoli a guerre, terremoti ed intemperie. Nella sua parte destra, le cornici sono ornate da motivi a nastri intrecciati in cui sono racchiuse piccole stelle a cinque punte o piccoli dischi. A sinistra rincorrono motivi a fogliame ed ancora intrecci.

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Nei punti di intersezione con i cordoli sono disegnate delle foglie lanceolate a forma di croce. Il portale d’ingresso è coperto dal pròtiro, costituito da due archivolti in blocchi di pietra arenaria e da una cornice tortile di fondo. Altre due cornicette in cotto, l’una lineare e l’altra dentata, ingentiliscono la struttura. File alternate di mattoni rosso-scuri negli spigoli e nelle facce del pròtiro stesso fanno rilevare una certa ricercatezza coloristica. L’archivolto poggia su due lastre rettangolari, sotto le quali sporgono dal muro due massicce mensole di pietra, le quali sono scolpite da figurazioni simboliche. Nella mensola di destra è delineata l’immagine di un cane alato che ringhia: nella mitologia medioevale esso rappresentava il peccato; nella faccia interna vi è raffigurato un dragone con la coda attorcigliata che simboleggiava il paganesimo o l’eresia. Sugli spigoli vi è l’aquila con le ali spiegate e dall’altra sporge una testa d’ariete con le corna arcuate. Essi difendono l’albero della vita che è scolpito nel mezzo e rappresentano il sacrificio e la risurrezione di Cristo. Nella mensola sinistra, in entrambe le facce laterali ricorre un nastro bisolcato intrecciato, simbolo dei misteri divini. In due formelle di arenaria, poste sotto la mensola, sono stilizzati due piccioni liocorni, simbolo della castità. Verso il 1700 la Pieve fu ristretta a metà della navata centrale, mentre l’altra metà e quelle laterali furono adibite a casa colonica. Ancora verso il 1930 la Pieve era utilizzata come casa di contadini. I restauri che oggi si vedono furono fatti nell’ultimo dopo guerra. Oltre che uno stupendo monumento cristiano-romanico, la nostra Pieve di San Pietro in Messa, fu anche un polo di sviluppo civile e sociale: davanti ad essa, infatti, si tenevano giudizi pubblici e le contrattazioni private; era il luogo dove fiorivano le arti e i mercati; dove venivano favoriti gli scambi commerciali e culturali. L’inquieta umanità di oggi dovrebbe volgersi ogni tanto indietro, a considerare gli eventi della storia, della propria storia, cercando di salvare e non di distruggere o di disperdere, le testimonianze scritte o visive che ancora ci rimangono e che con tanta fatica lo studioso cerca di ricomporre. Anche per tali motivi abbiamo fatto il tentativo di ricostruire questo mosaico di notizie, certamente incompleto, sulla Pieve di San Pietro in Messa, perché su di essa qualcosa rimanga: per noi e per quelli che verranno dopo di noi.

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SCAVOLINO mt. 762

Scavolino sorge alle falde settentrionali del monte Carpegna. Prende il nome dal fatto che il primitivo insediamento fosse situato su un gradino, scabulum, del monte Carpegna. Dista 4 Km. da Pennabilli. I principali luoghi d’interesse sono: l’ex Palazzo Comunale, con il caratteristico portico e la località La Croce, piccola collina dove trova ora spazio un monumento ai caduti durante la prima guerra mondiale, infine, il Palazzo baronale dei principi di Carpegna, i ruderi di un castello non visitabile, un tempo residenza dei Carpegna. Il palazzo nella piazza principale accoglie il museo Ricordi di una comunità, descritto nelle pagine ad esso dedicate. Piuttosto scarse sono le informazioni precedenti l’anno 1000. La prima menzione di Scavolino è fatta nel diploma di Ottone I datato 962, documento che i più ritengono essere però un falso. La successiva citazione della frazione è in un testamento del Conte Girardo di Bertinoro datato 1062 dove, fra i castelli lasciati in eredità al figlio, risulta esservi anche Scavolino. Prima del 1343 il castello rimase di proprietà dei Montefeltro: a quest’anno è infatti datato l’acquisto di metà della struttura da parte del Conte Nerio Carpegna. In un documento dell’anno 1371, che attribuisce la proprietà del castello a Rinalduccio Carpegna e Bandino Carpegna, è scritto che nell’area prossima al castello si contavano diciotto famiglie. Da questo periodo Scavolino fu per lungo tempo senza dubbio possesso dei Conti di Carpegna. Nel 1458, a seguito dell’alleanza fra i Carpegna ed i Malatesta, Federico Montefeltro, preoccupato dalla vicinanza dello storico nemico, cinse d’assedio i castelli dei Carpegna, forte dell’appoggio della Chiesa e di Alfonso d’Aragona, re di Napoli. Le guerre si conclusero nel 1462 con la disfatta dei Malatesta sul Cesano. Il castello di Scavolino, come la gran parte dei possedimenti carpentini, venne saccheggiato dal-

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le truppe di Federico d’Urbino. Nel 1463 i conti di Carpegna si divisero in due rami, spartendosi gli otto castelli rimasti sotto la loro giurisdizione, e governarono le due contee di Carpegna-Castellaccia e Carpegna-Scavolino, stati feudali collocati in una zona di confine di interesse tanto per la vicina Toscana che per il Ducato di Urbino e per Roma. A seguito dei trattati di pace e delle divergenze in seno agli stessi Carpegna sulla politica delle alleanze, il 4 dicembre 1463 il castello di Scavolino passò assieme a quelli di Gattara, Bascio e Miratoio nelle mani del Conte Francesco. Ben presto, nel 1465, a costui successe il figlio Ugo che portò avanti un valido lavoro diplomatico sfociato nel 1484 con la concessione alla Contea della protezione papale da parte di Innocenzo VIII e con il patto d’accomandigia con la Repubblica Fiorentina stipulato il 26 marzo 1490. Nel 1491, a seguito della rivendicazione di Giannicolò Carpegna, il duca d’Urbino invase la Contea, ma dovette recedere dai suoi propositi a seguito dell’intervento del Granduca di Toscana. Al Conte Francesco successe il figlio secondogenito Tommaso, che fece costruire il nuovo castello e bonificò il lago che si trovava ai piedi della rocca trasformandolo in un’area tutt’oggi utilizzata per le coltivazioni. Tommaso di distinse come abilissimo diplomatico sapendosi destreggiare con abilità fra i potenti che si contendevano le terre limitrofe (il Duca d’Urbino e il Granduca di Toscana) e riuscendo persino nell’intento di allargare i confini della contea. Alla sua morte, avvenuta il 21 luglio 1610, la sua salma fu sepolta nella Chiesa Plebale di Scavolino, in quella che è oggi la chiesa dedicata a Santa Mustiola. Vale la pena di ricordare quello che fu probabilmente il più famoso dei figli di Tommaso: il quartogenito Ulderico Carpegna, cardinale della Chiesa cattolica entrato nella rosa dei papabili nel conclave dal quale uscì papa Alessandro VII. La Contea fu

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Scavolino innevata

ereditata dal terzogenito Mario. Nel 1685 Leopoldo I Imperatore d’Austria insignì del titolo di Principe del Sacro Romano Impero Ulderico di Scavolino, per cui anche i suoi successori poterono fregiarsi del titolo di Principe. Questi, nel 1682 avrebbe trattato con i ministri di Francia la cessione della Contea di Scavolino, provocando così la reazione del Cardinale Gaspare che acquistò Miratoio facendo recedere Ulderico dai propri propositi. Alla morte, nel 1728, Ulderico non aveva eredi diretti e si scatenò la lotta per la successione. Questa si risolse il 31 agosto 1741, la spuntò il marchese Orsini. La stirpe si protrasse fino al 7 maggio 1817, con la morte dell’ultima Contessa di Scavolino si ebbe infatti la riunificazione dei due feudi che vennero devoluti nel 1819 alla Santa Sede con l’istituzione di un Comune facente capo a Scavolino. La sede del comune fu spostata a Bascio a seguito delle elezioni generali del 26 settembre 1920, quando vennero eletti solo 4 rappresentanti scavolinesi contro gli 11 di Bascio e Gattara. La popolazione del capoluogo storico non fu felice della novità. A seguito dei forti attriti fra Scavolino e Bascio venne modificato il nome del Comune come “Comune di Scavolino sede di Bascio”. Questo non fu che il preludio alla soppressione del Comune, che avvenne per Regio Decreto il 1 novembre 1928 con l’annessione a Pennabilli. A Scavolino sono organizzate la Festa della Comunità e la Festa della Madonna, sagra del sedano e della polenta, descritte nelle pagine in fondo a questo libretto.

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SOANNE mt. 674

Dista 8 Km. da Pennabilli. Si chiamerebbe così perché arroccato sotto una falda (sub-vanno) del monte Carpegna. Attorniato alle spalle da prati e ricca vegetazione, si affaccia frontalmente sulla valle del Marecchia. Presso questa frazione scaturisce il Rio Perenna o Prena, affluente del Marecchia, così denominato per la perenne presenza di acqua anche nelle stagioni più calde. Le prime notizie su questo borgo risalgono al 17 agosto 962, data di un documento in cui l’imperatore Ottone I lo concesse in feudo ad Uldarico Carpegna. Subì, nei secoli, vari passaggi di Signorie: fu feudo degli Oliva, dei Malatesta e dei Montefeltro. Nel centro del paese si trova una croce in legno che ricorda ricorda il passaggio nel 1828 di san Gaspare del Bufalo,

a sinistra: Il borgo di Soanne pagina a fronte: Veduta panoramica

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missionario e fondatore della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, che si trattenne in Romagna e nel Montefeltro. Il Santo venne chiamato da Rimini per una Missione a Soanne dal 30 maggio all’8 giugno 1828, si narrano in proposito fatti straordinari qui accaduti per opera del Santo. Si conserva ancora la memoria del sentiero che il Santo ha percorso, dalla fontana a cui si è dissetato fino alla piazza del borgo. Nel piccolo territorio di Soanne erano presenti 3 parrocchie: la Cermitosa, con la chiesa dedicata a san Michele Arcangelo, la chiesa del Castello, dedicata a sant’Andrea apostolo e infine la chiesa dedicata alla Beata Vergine Maria detta anche Santa Maria. Ogni parrocchia aveva il suo sacerdote ed erano indipendenti l’una dall’altra. Verso la metà dell’Ottocento la chiesa del Castello, causa terreno franoso, divenne pericolante, pertanto si decise di ricostruirla, dove ancora oggi si trova, a pochi metri dalla chiesa di Santa Maria, riconsacrandola sotto il titolo di Sant’Andrea apostolo (1868). Nel corso della sua storia ebbe un ruolo molto importante la presenza delle Confraternite del SS.mo Sacramento e del Santo Rosario che, con i molti lasciti testamentari, si occupavano del mantenimento delle parrocchie e delle famiglie bisognose. La chiesa di Santa Maria eretta su un bel poggio del paese, era chiusa dal 1948 ed è stata ristrutturata e riaperta dopo ben 71 anni, ritornando all’antico splendore di chiesa romanica con rifacimenti gotici del primo Novecento. Da-

Interno chiesa di Santa Maria

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Il lago di Andreuccio

vanti alla Chiesa di Santa Maria nel 1228 San Gaspare del Bufalo tenne un importante discorso di fronte a 5.000 persone venute da tutto il Montefeltro. Percorrendo la strada che da Maciano porta a Soanne, in un’oasi di serenità immersa nel verde di querce, frassini, carpini e salici è ubicato il lago di Andreuccio così chiamato perché secondo una romantica leggenda vi trovò la morte, nell’anno 1300, il pastorello Andreuccio, ucciso dai militi del principe Evaristo della cui figlia, Elisabetta, si era invaghito. La principessa, lo cercò e lo chiamò invano per giorni finché non trovò la morte nello stesso lago. Poco distante dal lago s’incontrano l’antica Chiesa di Cermitosa e l’antichissima fonte dell’Acqua Santa.

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LA GASTRONOMIA

Da Pennabilli e da tutta l’area del Montefeltro provengono alimenti dai sapori intensi. Campagne e boschi sono generosi di quei prodotti che adornano e profumano la cucina locale e che nelle sagre stagionali si offrono in qualità e quantità: il tartufo bianco di cui il territorio è ricco, o il prelibato fungo prugnolo e il profumato fungo porcino, sapori autunnali sapientemente esaltati da tagliatelle fatte a mano, con farine locali di grani antichi. Alcuni agricoltori locali si sono dedicati ultimamente alla coltivazione di grani antichi (Senatore cappelli, Frassineto, Verna) e alla produzione di farine che vengono macinate presso il molino di Ponte Messa. È stata infine recuperata dagli agricoltori locali l’antica varietà del mais di Scavolino, da cui si ricava la prelibata Polenta del Principe. Sulla tavola non mancano prodotti come il formaggio pecorino e il formaggio di fossa, da abbinare al miele di acacia, di tiglio e di millefiori, oppure formaggi freschi come il raviggiolo o il formaggio da piada. In primavera trionfano le erbe di campo per gustosi tortelli, cassoni o saporite frittate, è frequente notare nei campi chi raccoglie gli strigoli o stridoli, presenti in abbondanza, gli asparagi selvatici, la cicoria, il radicchio selvatico, la boraggine ed altre erbe. In occasione della fiera del Mercato Verde, sono organizzati incontri dedicati alle erbe di campo. Tra i piatti primaverili spicca l’agliata o bagnaceto, fatto con fave e aglio fresco. Il piatto estivo contadino, sano, che delizia ogni palato è la panzanella, la cui ricetta è semplice e sicuramente genuina: pane raffermo, cipolla fresca, pomodoro, verdure dell’orto. Mentre i passatelli in brodo, o la pasta e fagioli con i maltagliati ristorano durante le fredde giornate invernali.

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I cappelletti di carne in brodo, infine, secondo la tradizione deliziano la tavola il giorno di Natale. Nell’area collinare non vanno infine trascurate le carni bovine e suine di pregiate razze romagnole e marchigiane, allevate allo stato semibrado da consumare al taglio, o sotto forma di insaccati come la salsiccia, fresca o stagionata. Tra i piatti di carne, una pietanza della tradizione dal gusto marcato è l’agnello in gagiotto, ricco di aglio, aceto e rosmarino. Mentre più delicato è il coniglio in porchetta al profumo di finocchio selvatico. Importante prodotto del territorio sono i salumi come la coppa, il salame nostrano, il pregiato lombetto, o la porchetta, cucinata al forno arricchita da aromi e spezie, in perfetto abbinamento con il pane di Pennabilli, distribuito e conosciuto dalle colline fino al mare. Tra i prodotti delle festività, celebre è la Piada dei morti, un dolce semplice a base di noci e uvetta, o la nota Pagnotta di Pasqua, che si mangia a colazione in abbinamento ai salame nostrano. Il maritozzo è un dolce equilibrato perfetto per la colazione, anticamente veniva dato ai giovani che partecipavano come figuranti alla processione del Venerdì Santo. Un tipico dolce della tradizione contadina è il cosiddetto miaccio, realizzato a partire da ingredienti semplici, uova, latte farina, cotto al forno in teglie di rame e spolverato di zucchero. In accompagnamento ad un the pomeridiano non possono mancare le ofelle dolci dalla tipica forma farciti con un sottile strato di marmellata, per uno spuntino, invece, la spianata di Pennabilli è una delizia. Tra i liquori, infine, non c’è locale che non proponga un buon nocino, realizzato secondo gli insegnamenti dei nostri anziani.

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LE ATTIVITÀ SPORTIVE

Sentieri

I numerosi sentieri nel territorio del Parco del Sasso Simone e Simoncello o negli immediati dintorni di Pennabilli permettono di fare passeggiate, escursioni, trekking, nordic walking, o di svolgere attività come mountain bike, ciclismo su strada e equitazione. L’ufficio I.A.T. di Pennabilli (piazza Garibaldi, 1 0541928659 www.pennabilliturismo.it - info@pennabilliturismo.it) e il MUSSS Museo naturalistico del Sasso Simone e Simoncello (viale dei Tigli 5a, 0541-928047 www.musss.it - info@musss.it) sono a disposizione per fornire il materiale cartaceo e le informazioni necessarie. Il MUSSS e le sedi dell’ENTE PARCO sono inoltre a disposizione per iscriversi agli incontri del calendario escursionistico organizzato, o per prenotare escursioni con le GAE del Parco (Guida Ambientale Escursionistica)

Impianti sportivi

• Campi da Calcetto (Pennabilli, Ponte Messa, Molino di Bascio) • Piscine (2 piscine a Pennabilli, 1 a Ponte Messa, 1 al Lago di Andreuccio/Soanne) • Campi da Tennis (Pennabilli, Molino di Bascio) • Campi da Calcio (Pennabilli, Ponte Messa, Maciano, Molino Di Bascio, Miratoio, Scavolino)

Pesca sportiva

Presso il lago di Andreuccio, chiamato anche “lago di Soanne”, è possibile praticare la pesca sportiva NO-Kill: dalla pesca alla trota al carp-fishing. La gestione dell’attività

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sportiva è affidata alla Società Pescatori Marecchia (www. pescatorimarecchia.com).

Arrampicata

Fra gli appassionati di alpinismo e arrampicata la Palestra di Roccia di Pennabilli è molto conosciuta per le vie di roccia buona e solida in un ambiente solare con un panorama che lascia senza fiato, “un vero balcone sulla Valmarecchia”! La già rinomata palestra che ricade sulla via del Roccione dove si trovano i monotiri storici, in seguito alla collaborazione fra il Club Alpino Italiano Sezione di Rimini e l’Amministrazione Comunale, si è arricchita del Sasso d’Orlando, magnifica e imponente formazione rocciosa a campanile a valle delle storiche mura che “sorreggono” la via del Roccione, sulla strada per Miratoio e Sestino. Inaugurato il 3 gennaio 2015, a seguito di un Progetto di Riqualificazione Ambientale e nell’ambito della rivalutazione naturalistico-sportiva del territorio pennese, il Sasso d’Orlando e già luogo di numerose ripetizioni. Nel frattempo, con ulteriori operazioni di ampliamento e pulizia dell’area oggetto di intervento è venuto letteralmente alla luce un altro monolite roccioso degno di interesse alpinistico. Posto più in basso a ridosso della strada, il “nuovo sasso” è stato liberato dall’edera che lo soffocava e ha mostrato la sua bella forma piramidale fatta di buona roccia. L’Orlandino, così nominato dagli stessi “scopritori” è alto cinque/sei metri e sulle sue quattro pareti, sono stati tracciati sette brevi monotiri di varie difficoltà, che lo rendono ideale anche a chi vuole avvicinarsi all’arrampicata e per i bambini. (www. cairimini.it).

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Il Sasso Simone e i calanchi



IAT PENNABILLI PRO LOCO PENNABILLI L’ufficio IAT Pennabilli (I.A.T. Informazione e Accoglienza Turistica - piazza Garibaldi, 1 - Tel. 0541-928659 info@ pennabilliturismo.it) è a disposizione per ogni necessità negli orari di apertura, con personale qualificato e multilingue. In alternativa è possibile consultare il sito www.pennabilliturismo.it, dove, collegandosi alla web-cam collocata nella piazza principale, si può anche partecipare virtualmente alla vita del paese. Presso lo IAT è possibile ricevere informazioni, e depliantes informativi sulla città, l’intero territorio comunale, il calendario eventi e i musei. L’ufficio dispone inoltre di pubblicazioni e libri in consultazione. Per l’elenco aggiornato di tutte le strutture ricettive di Pennabilli (ristorazione - alloggio), delle attività commerciali di vario genere, e per l’elenco dei servizi utili, vi invitiamo a prendere il materiale informativo presso lo IAT o consultare il sito sopra indicato. L’ufficio IAT è situato nella sede di “Pro Loco Pennabilli”, associazione nata nel 1950, una delle più antiche d’Italia. Pro Loco Pennabilli si occupa di turismo, cultura, territorio, festività tradizionali, eventi, eno-gastronomia locale, campi sportivi (calcio e tennis) situati nell’area parco Begni di proprietà della Pro Loco Pennabilli, gestisce “Mateureka” Museo del Calcolo (direzione prof. Renzo Baldoni). Pro Loco Pennabilli promuove la bellezza del territorio, i prodotti eno-gastronomici, le professioni, le attività turistico ricettive, l’artigianato locale, le personalità, le specificità della terra, dell’ambiente e della natura circostante, rendendole attrattiva turistico-culturale per i viaggiatori. Collabora con le associazioni culturali del territorio, con l’assessorato a turismo/cultura, e con gli enti preposti a tali funzioni. La Pro Loco inoltre, promuove il coinvolgimento dei cittadini nelle attività organizzate, favorendo l’aggregazione e la costruzione di relazioni umane, accoglie gli ospiti in visita a Pennabilli, con l’intento di far vivere loro una vivace, interessante ed amichevole esperienza. La Pro Loco si occupa infine di diffondere e raccogliere notizie riguardanti Pennabilli, anche attraverso questa pubblicazione (che integra e aggiorna la l’edizione del 2011), perché come scrisse il direttivo nel 1956 in “Pennabilli - culla dei Malatesta”: il vero turismo è ricerca, studio e storia.

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pagina a fronte: Pennabilli in un mare di nebbia




GLI EVENTI


PENNABILLI ANTIQUARIATO MOSTRA MERCATO NAZIONALE

Associazione Mostra Nazionale d’Antiquariato via Salita Valentini 7, 47864 – Pennabilli, RN Tel.: +39 0541 928578 info@pennabilliantiquariato.net www.pennabilliantiquariato.net

La Mostra Mercato Nazionale d’Antiquariato Città di Pennabilli, una delle più antiche e prestigiose mostre mercato d’antiquariato d’Italia, a cui partecipano trentacinque tra i più qualificati antiquari italiani ed esteri, viene allestita negli eleganti locali di Palazzo P. Olivieri, durante le due settimane centrali di luglio. A partire dal 1970, per due settimane, l’attenzione degli appassionati e dei collezionisti d’arte e d’antiquariato è rivolta a Pennabilli “capitale della bellezza”, come l’aveva definita il grande poeta e sceneggiatore Tonino Guerra, quando decise di eleggerla a propria residenza. A coloro che visitano la Mostra Mercato Nazionale d’Antiquariato Città di Pennabilli viene offerta l’opportunità di rivivere le atmosfere di fastosità e magnificenza che regnavano negli antichi palazzi nobiliari, di avvertire la quieta spiritualità e l’intenso misticismo che pervadevano le chiese e le abbazie, di essere investiti dall’afflato culturale in cui erano immersi gli “studi”, le antiche università, e le biblioteche, di rievocare il clima di frenesia vitale e mondanità della Belle Epoque. Impressioni ed emozioni ispirate dagli ogget-

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ti, dagli arredamenti, dalle opere d’arte e di prezioso artigianato risalenti al Medioevo, al Rinascimento, all’Età dei Lumi fino al Novecento e agli inizi del secolo scorso: autentici capolavori, a cui la patina del tempo ha aggiunto il fascino della memoria. Le gallerie antiquarie, prestigiose protagoniste di tante edizioni, garantiscono l’eccellente livello della manifestazione con il meglio delle loro collezioni proponendo, nell’elegante allestimento di Palazzo Olivieri debitamente climatizzato, mobilia di ogni epoca e stile, dipinti, stampe, sculture, soprammobili, gioielli, libri, una vasta cernita di capolavori nati dall’abilità e dal genio dell’uomo, accuratamente selezionati e certificati, opere splendide, degne di essere conservate in un museo nazionale: un “museo temporaneo” a disposizione di turisti, collezionisti e investitori, capace di appagare grandi ambizioni o di compiacere un capriccio alla portata di qualsiasi tasca. L’obiettivo della Mostra Nazionale di Antiquariato di Pennabilli è infatti, creare un’esposizione che abbia il prestigio del museo e la fruibilità del mercato.

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Pennabilli Antiquariato è consona alla natura e alla cultura del Montefeltro e, spesso, attraverso le opere esposte, sembra rispecchiarne i corsi storici offrendo l’opportunità di un viaggio figurato nell’Italia del passato. La Mostra Mercato Nazionale d’Antiquariato Città di Pennabilli vanta una storia che supera mezzo secolo, difficilmente giustificabile se non attraverso capacità organizzative, scelte qualitative, offerta attenta alle esigenze dei visitatori e degli operatori. Sorprende la capacità di rinnovarsi e di presentare ogni anno una rassegna di opere di così elevata raffinatezza e qualità, configurando uno straordinario excursus nella storia dell’arte dell’ultimo millennio. Pennabilli Antiquariato è sinonimo di qualità e serietà, la sua organizzazione, ha sempre privilegiato la peculiarità dell’ espositore e conseguentemente della merce esposta, poi la continua ricerca nel qualificare e creare un evento non solo commerciale ma anche culturale, a questo scopo annualmente vengono organizzati eventi che affiancano la manifestazione, i convegni e le esposizioni a carattere

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scientifico e storico accompagnano da sempre i visitatori della Mostra Antiquaria in un percorso ricco di nuove esperienze. La presenza per oltre 20 anni a Pennabilli del poeta e sceneggiatore Tonino Guerra ha inoltre generato nuovi stimoli e proposte, accanto alle realizzazioni permanenti finanziate dalla nostra associazione su progetti di Guerra, ogni anno nuovi eventi culturali completano ed arricchiscono la visita alla nostra città e al territorio e aggiungono alla mostra antiquaria un valore qualitativo ulteriore. Il successo che la manifestazione ha conquistato e per il ruolo di evento di qualità che la contraddistingue, la colloca tra le manifestazioni del settore piÚ importanti d’Italia.

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ARTISTI IN PIAZZA FESTIVAL INTERNAZIONALE DI ARTI PERFORMATIVE

Associazione Culturale Ultimo Punto via Salita Valentini 7, 47864 – Pennabilli, RN Tel.: +39 0541 928003 info@artistiinpiazza.com www.artistiinpiazza.com

Artisti in Piazza è nato a Pennabilli nel 1997, frutto di un luogo magico, un borgo medievale ricco di poesia, ed è cresciuto di anno in anno. Ha sperimentato, con la vivacità e la freschezza tipica dei fanciulli, arti di ogni genere e provenienza, conoscendo le culture più lontane, imparandone i linguaggi e facendo dell’internazionalità la sua bandiera. Ha superato le difficoltà dell’ “adolescenza” e la necessità di trovare una collocazione nel mondo della cultura e dello spettacolo dal vivo: Artisti in Piazza è ormai il nome di un’essenza in evoluzione. 55 compagnie internazionali, oltre 200 artisti, 26 punti spettacolo, per un totale di circa 350 repliche di spettacoli e 30.000 presenze di pubblico per ogni edizione. Nel ‘97 Grande Festa della Fantasia, dal 2000 Festival Internazionale dell’Arte di Strada, in seguito raggiunta la consapevolezza che ogni tipo di arte può essere portata IN strada, dal 2011 diventa Festival Internazionale dell’Arte IN Strada. Riconosciuto dal 2015 come “festival multidisciplinare” dal MIBACT, nel 2016, al compimento dei vent’anni, si ridefinisce come Festival Internazionale di Arti Performa-

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tive. E così ha iniziato una nuova era, più solido, più saggio, più forte. In oltre vent’anni il Festival ha lanciato nel panorama nazionale moltissime compagnie provenienti da tutto il mondo, ospitando anteprime e spettacoli inediti. Ogni anno riesce a portare una rappresentanza del panorama artistico di tutti i cinque continenti. Le performance degli artisti insieme alle azioni collaterali - quali workshop, installazioni artistiche di Land Art, mostre di arti plastiche e figurative, feste e dj set notturni, la ricercata offerta di artigianato artistico, una ristorazione variegata e curata e l’area bimbi- costituiscono l’ossatura del Festival. Si svolge ogni anno a giugno, con durata variabile da 4 a 5 giorni, il programma annovera compagnie rappresentanti innumerevoli discipline e generi, selezionate secondo le linee programmatiche generali e tematiche specifiche: spettacoli esperienziali e interattivi, landscape show site-specific, interazione delle arti. Costruito tassello dopo tassello, è frutto di un accurato processo di selezione che tiene con-

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to in particolare di originalità e innovazione, valorizzazione della tradizione e coinvolgimento del pubblico e predilige spettacoli a forte carattere multidisciplinare. Protagonisti del festival sono sì teatro, musica, circo contemporaneo e danza, ma soprattutto forme ibride che fondono e mettono a confronto discipline diverse, anche molto distanti fra loro, creando interessanti combinazioni che danno vita a nuovi linguaggi e poetiche. Nella lunga vita del Festival sono passate da Pennabilli oltre 1.400 compagnie, tutte presenti sul sito www.artistiinpiazza.com, l’archivio web italiano più grande della storia delle arti di strada. Come siamo arrivati fino a qui? La descrizione del celebre clown svizzero Grock riguardo al percorso creativo con cui ha costruito uno dei suoi numeri di maggiore successo, descrive, meglio di altre espressioni, come il grande meccanismo del festival di Pennabilli si sia messo in moto e perfezionato nel tempo. “Non crediate che tutto ciò che eseguo sia stato inventato dall’oggi al domani. Sarebbe troppo bello. Ci ho messo anni a definire il mio spettacolo, e non ho ancora terminato: il lavoro di limatura e perfezionamento non finisce mai. Ma a forza di improvvisare, di tenere duro, sono arrivato a definire perfettamente le gag. Sono il risultato di mezzo secolo di osservazione e di ostinazione, il desiderio di perfezionare quello che già era perfetto. Credo di esserci riuscito.”

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GLI ANTICHI FRUTTI D’ITALIA S’INCONTRANO A PENNABILLI

Associazione Culturale Tonino Guerra www.toninoguerra.org Via dei Pensieri sospesi, 4 47864 Pennabilli (RN) Tel. +39 0541 928846 associazionetoninoguerra@gmail.com

“Vi aspettiamo per regalarvi i sapori dell’infanzia” Tonino Guerra

Si replica ogni anno alla fine di settembre, a Pennabilli la manifestazione voluta e ideata dal maestro Tonino Guerra, dedicata agli Antichi Frutti. Nata come naturale evoluzione della realizzazione, negli anni 90, dell’Orto dei Frutti Dimenticati a Pennabilli, la manifestazione è, soprattutto oggi, un invito ad avere devozione per la terra, come ripeteva spesso il poeta sceneggiatore Tonino Guerra, definito da Elsa Morante “Omero della civiltà contadina”. Il mercato dei Frutti Dimenticati, dell’Artigianato Qualificato, e dei prodotti eno-gastronomici regionali e di Valmarecchia e Montefeltro sono i protagonisti dell’evento. Banchi colmi di infiniti generi e ricchezze naturali: cesti di pomodori, uva, patate e selezione di grani antichi, fagioli e peperoncino, e l’importante Mostra Interregionale Pomologica e della Biodiversità con varietà d’oggi, ma soprat-

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tutto d’un tempo lontano, perché, come sosteneva il poeta: andando avanti è bene se ogni tanto ci voltiamo indietro, perché il passato ci aiuta. L’ARPA (Agenzia Regionale prevenzione e ambiente dell’Emilia Romagna) ci dice che dall’inizio del XX secolo a oggi si calcola che in tutto il mondo sia scomparso oltre il 70% della diversità genetica delle principali colture agrarie. Manifestazioni come questa, e il lavoro costante dei vivaisti che sono presenti a Pennabilli con i frutti capostipiti della nostra frutticoltura, rappresentano, assieme ad altre azioni ed altri protagonisti in materia, la salvaguardia necessaria di un mondo che va scomparendo. Nel centro storico dell’antico borgo, in Valmarecchia, hanno luogo mostre, convegni e dibattiti, su temi come: antichi frutti, biodiversità, agricoltura. Il pubblico è allietato, inoltre, da e conversazioni poetiche, artistiche, e filosofiche e da esibizioni di musica tradizionale e popolare dal mondo e dalla presenza di artisti d’eccellenza come, nel 2018, il maestro Ezio Bosso. I luoghi più suggestivi del borgo medievale di Pennabil-

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li ospitano le diverse attività: l’Orto dei Frutti Dimenticati, la sede dell’Associazione Tonino Guerra, la settecentesca Chiesa di San Filippo o la rocca del Guasto Malatestiano, sede dell’antico Castello di Penna. Ogni anno, nel corso delle due giornate, gli adulti possono partecipare a laboratori di artigianato come la lavorazione dei cesti in vimini, mentre i bambini possono esplorare attività creative gratuite, come il tradizionale laboratorio di aquiloni a cura de “Le contrade di Urbino”.

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CALENDARIO DELLE PRINCIPALI MANIFESTAZIONI a cura di IAT Pennabilli

Storicamente Pennabilli ha sempre goduto di un’intensa vita culturale, dovuta all’esistenza del Teatro pubblico, voluto e finanziato dai cittadini stessi, della Sede vescovile, e del Seminario Feretrano, unica scuola superiore di tutto il territorio. Il fermento culturale nei secoli scorsi, si manifestava principalmente nella presenza di diverse compagnie teatrali e nella banda comunale. Questa attenzione alla cultura si è costantemente mantenuta attiva fino ai giorni nostri. Grazie alle numerose associazioni presenti su tutto il territorio comunale, Pennabilli si configura oggi come una cittadina vivace nei più diversi settori. Durante l’anno la città propone eventi sia di rilievo locale, che internazionale, senza mai perdere di vista la spontaneità e le relazioni umane. Da parte degli abitanti giovani e meno giovani, si è evidenziato negli anni un forte interesse alla crescita del paese dal punto di vista artistico, culturale e sociale, e una vitale sensibilità verso la custodia e la valorizzazione delle tradizioni locali; questo fa sì che ci sia una partecipazione dinamica alle attività organizzate, che si concretizza nella presenza di diverse associazioni, attive in tutto il territorio comunale, impegnate nel campo della cultura, dello sport, dello spettacolo, della musica, dell’educazione e aggregazione giovanile, dell’antiquariato, del volontariato, della tutela e conoscenza del territorio. Dal 2015, esiste il coro “Canta che ti passa” diretto dal maestro Gildo Montanari, costituito da numerosi componenti dell’intero Comune. Qui di seguito sono elencate le principali attività organizzate dalle suddette associazioni e proposte al pubblico. Associazione Pro Loco Pennabilli www.pennabilliturismo.it info@pennabilliturismo.it Pro Loco Pennabilli Tel: +39 0541 928659 Piazza Garibaldi, 1 47864 PENNABILLI (RN)

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GENNAIO

Pasquella (Scavolino)

La comunitĂ  di Scavolino tramanda e conserva le antiche tradizioni paesane: canti e balli e folklore. Ogni anno il 6 gennaio, musicisti e paesani sfilano festanti per le vie del borgo in abiti contadini tradizionali, andando di casa in casa, accolti da un buon bicchiere di vino ed una saporita merenda con prodotti nostrani. Organizzazione a cura di ComunitĂ  di Scavolino MARZO

Giornate per Tonino

Spettacoli, mostre, proiezioni e convegni accompagnano le giornate organizzate in onore del Maestro, per ricordare l’anniversario della sua nascita e il giorno in cui è passato “da una stanza all’altra”. Queste giornate sono dedicate a Tonino Guerra che ci ha invitato ad affrontare le sfide con la sua arma preferita, la parola, a inventare cose belle, semplici e buone, a credere nella forza dei sogni. Con questi eventi si mantengono vivi i suoi suggerimenti, perché, come ci ha insegnato, la bellezza va sostenuta e incoraggiata. Organizzazione a cura di Associazione culturale Tonino Guerra MARZO/APRILE

Processione dei giudei

Rievocazione storica della Passione di Cristo la sera del Venerdì Santo. L’intero borgo medievale di Pennabilli si cala in un’atmosfera d’altri tempi di rara ed unica suggestione: per le vie del borgo sfilano figuranti in costume cinquecentesco, accompagnati da canti medievali e preghiere, per poi giungere alla rappresentazione finale sulla Rupe illuminata da torce infuocate e falò. Sfila in processione trasportata a spalla dagli uomini delle confraternite, una seicentesca Pietà in cartapesta policroma. www.pennabilliturismo.it Organizzazione a cura di associazione Pro Loco Pennabilli

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MAGGIO

Mercato verde

Fiera delle piante ornamentali, da frutto, da fiore e per l’orto, attrezzature agricole e da giardino. Prodotti tipici della Valmarecchia, mercatino dell’artigianato locale. Laboratori adatti a tutte le età, spettacoli di intrattenimento. Menù a tema nei ristoranti pennesi con prodotti locali ed erbe di campagna. www.pennabilliturismo.it Organizzazione a cura di associazione Pro Loco Pennabilli

Sagra del fungo prugnolo (Miratoio)

Sagra gastronomica dedicata al fungo detto comunemente “Prugnolo o Spignolo”. Fungo raro e prelibato che si trova nelle zone di alta collina-montagna dell’Italia centrale nei mesi di aprile-maggio. La manifestazione prevede inoltre mercatino di artigianato e dei prodotti tipici del territorio, ballo liscio, spettacoli di intrattenimento, giochi. www.sagradelprugnolo.org Organizzazione a cura di associazione Nova Comunitas Miratorii

Notte europea dei musei

Una notte nei sette musei della cittĂ  di Pennabilli, visite guidate, letture, percorsi a piedi, mostre e proiezioni, musica e apericena. Tutti i musei del paese sono aperti dalle 18 alle 24 e propongono attivitĂ  per tutti i gusti e le etĂ . A cura di MUSSS, dei Musei di Pennabilli, con la collaborazione di Pro Loco Pennabilli e delle associazioni culturali del territorio. www.pennabilliturismo.it GIUGNO

Artisti in Piazza Festival Internazionale di Arti Performative

Quattro giornate in cui la città di Pennabilli, dal 1997, diventa la capitale dell’arte e dello spettacolo: 60 compagnie internazionali, 400 repliche di spettacoli in 4 giorni, concerti e performance da tutto il mondo e delle più svariate discipli-

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ne artistiche. Al calendario degli spettacoli fanno da cornice ‘Il mercatino del solito e dell’insolito’ (ricca selezione di artigianato artistico), ‘Le cucine erranti’ (i migliori food truck italiani), installazioni artistiche e mostre collaterali. www.artistiinpiazza.com Organizzazione a cura di associazione culturale Ultimo Punto LUGLIO

Mostra Mercato Nazionale Pennabilli Antiquariato

Prestigiosa rassegna antiquaria, organizzata a Pennabilli dal 1970, che ospita 40 espositori provenienti da tutta Italia e da alcuni paesi europei. Mobili di alta epoca, sculture, dipinti, ceramiche stampe, preziosi ed oggetti di arredamento selezionati e certificati, che coprono un arco temporale dal X secolo ai primi anni del XX secolo. www.pennabilliantiquariato.net Organizzazione a cura di associazione Mostra Nazionale d’Antiquariato

Pennabilli diPinta

Degustazioni di birre artigianali, mostre d’arte e concerti per le vie del paese. Food-truck con prodotti regionali. La manifestazione punta alla qualità ed alla valorizzazione del lavoro in piccolo. I birrifici scelti sono realtà che rappresentano la zona e le regioni limitrofe. www.pennabilliturismo.it Organizzazione a cura di associazione Pro Loco Pennabilli

Sagra del cinghiale (Maciano)

Sagra gastronomica che propone specialitĂ  a base di cinghiale e prodotti tipici del territorio. Sono inoltre organizzate escursioni, mostra di cani da caccia, esibizione delle scuole di ballo, giochi, spettacoli di intrattenimento e ballo liscio con Orchestra romagnola. www.maciano.it Organizzazione a cura di associazione 7Borgate Macianesi

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Cervezada Festa della birra (Ponte Messa)

Appuntamento estivo e giovanile che precede la Festa della Trebbiatura. Birra fresca, concerti live e DJ set. Cena a menĂš fisso su prenotazione.

Festa della trebbiatura (Ponte Messa)

L’evento ripercorre le tappe della mietitura e della festa che, nel mondo bucolico, si svolgeva in prossimità del raccolto. I saporiti piatti della tradizione locale, proposti durante la cena, la rendono a tutti gli effetti una sagra gastronomica. Ballo liscio con Orchestra romagnola, giochi nell’aia, esibizione delle scuole di ballo. Tradizionale la rievocazione della trebbiatura nell’aia, con trattore e strumenti d’epoca, unitamente all’esposizione di macchine agricole e strumenti agricoli antichi. Organizzazione a cura di associazione Amici di Ponte Messa LUGLIO/AGOSTO

Feste d’estate

Intrattenimenti di vario genere. Un programma ricco, rivolto a tutti, per allietare l’estate pennese di visitatori e residenti. Concerti, aperitivi musicali, presentazione di libri, incontri culturali, giochi, favole e laboratori per bambini, tombolata estiva, Festa del ritorno, eventi sportivi, serate danzanti e party estivi, spettacoli di arti performative, torneo di Burraco, tradizionale festa di Ferragosto, serate gastronomiche, “Cena in Bianco”. www.pennabilliturismo.it Organizzazione a cura di associazione Pro Loco Pennabilli, con la collaborazione delle associazioni del territorio. AGOSTO

Festa delle allegre borgate (Maciano) Gara podistica 7 borgate Macianesi: palio delle borgate

Festa paesana, con stand gastronomici che propongono prelibati piatti della tradizione, ballo liscio con Orchestra romagnola, palio delle Borgate. In concomitanza della festa paesana Maciano Team Runners a.s.d.- gruppo Podistico

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dell’Alta Valmarecchia organizza la gara podistica competitiva, camminate ludico motorie, escursioni panoramiche alla scoperta dei sentieri dimenticati di Maciano, nordic walking e corse giovanili non competitive. www.maciano.it www.7borgatemacianesi.it Organizzazione a cura di associazione 7Borgate Macianesi e Maciano Team Runners a.s.d.

Festa della ComunitĂ  (Scavolino)

La Festa della Comunità è una manifestazione a scopo sociale, turistico e religioso: gastronomia, spettacoli e svago. Scavolino organizza due giornate all’insegna della riscoperta dei “sapori perduti” e delle specialità caserecce. Intrattenimenti di ballo liscio con Orchestra romagnola, esibizione di ballo e concerti live. Organizzazione a cura di Comunità di Scavolino SETTEMBRE

Ma’ la Penna a caval - Incontro di cavalieri a Pennabilli

Un incontro creato per incentivare i proprietari di cavalli ed amanti del luogo a scoprire le meraviglie dei paesaggi della Valmarecchia. Il punto di ritrovo è presso il Parco Begni, dove i cavalieri si ristorano al ritorno dalle escursioni. www.pennabilliturismo.it

Gli Antichi Frutti d’Italia s’incontrano a Pennabilli

Una manifestazione voluta e ideata dal poeta, sceneggiatore romagnolo Tonino Guerra dedicata alla salvaguardia della biodiversità e alla sapienza contadina. L’evento propone il Mercato dei Frutti Dimenticati, dell’Artigianato Qualificato, e dei prodotti eno-gastronomici regionali e di Valmarecchia e Montefeltro. Convegni e mostre tematiche, incontri culturali e artistici, esibizioni di musica tradizionale e popolare dal mondo, laboratori per adulti e bambini, stand gastronomici regionali e locali. www.toninoguerra.org Organizzazione a cura di associazione culturale Tonino Guerra

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Festa della Madonna Sagra del sedano e della polenta (Scavolino)

Sagra gastronomica e festa religiosa. Nota anche come festa del “sellero” (sedano), caratteristico prodotto di Scavolino. La manifestazione unisce la dimensione religiosa a quella folcloristica. Domenica pomeriggio celebrazione eucaristica e processione (la cosiddetta “Festa grossa”). Durante la serata degustazione della prelibata “Polenta del Principe” prodotta in loco da una semente antica. Organizzazione a cura di Comunità di Scavolino DICEMBRE

Pennabilli Django Festival

Festival internazionale di musica Jazz Manouche. L’evento è dedicato alla straordinaria figura di Django Reinhardt, ideatore e massimo esponente del genere musicale “Manouche” detto anche “Gypsy Swing”. I locali di Pennabilli per l’occasione si trasformano in “Hot Club” all’insegna della musica jazz. Tre giorni di concerti, jam session, seminari di chitarra e gipsy trail: escursione con sorpresa musicale. www.pennabillidjangofestival.com Organizzazione a cura di associazione culturale Ultimo Punto

Natale a Pennabilli

Presepi artistici e artigianali esposti a Pennabilli e nelle frazioni, spettacoli di intrattenimento e laboratori organizzati durante le festività, attività di vario genere in collaborazione con i commercianti locali. Tournée invernale del coro di Pennabilli “Canta che ti passa”.

Capodanno in piazza

Da molti anni la Pro Loco organizza la festa di Capodanno in piazza a Pennabilli, con grande successo di pubblico, in un’atmosfera di divertimento, condivisione, spensieratezza. Dalle 23:30 gli appuntamenti fissi sono: il bacio sotto al “Pergolato della buona sorte” con il vischio e l’uva propiziatoria, il grande falò dell’anno vecchio, il brindisi di mille persone, le danze attorno al fuoco, i fuochi d’artificio.

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www.pennabilliturismo.it Organizzazione a cura di associazione Pro Loco Pennabilli, con la collaborazione delle associazioni del territorio.

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Finito di stampare nel mese di dicembre 2019.



Pennabilli si dimostra una realtà sorprendente e dalle mille risorse. La città si distingue per la varietà delle sue attrattive: un luogo dell’anima, come lo battezzò il maestro Tonino Guerra, ma anche dello spirito, dato lo stretto legame con il Tibet. La città è forte di una identità culturale, costruita sin dai tempi antichi e arricchita nel tempo. Pennabilli gode altresì di una significativa identità religiosa, in quanto sede vescovile dal 1572, e poggia le fondamenta su una solida identità storica, che ha visto avvicendarsi il dominio di nobili stirpi quali i Malatesta, i Montefeltro e i Medici. Di grande rilievo l’identità territoriale, caratterizzata da un maestoso anfiteatro naturale, e Parco interregionale; unitamente alla identità rurale e agricola, risorsa preziosa per il territorio. Il borgo medievale è stato fin dall’antichità meta e soggiorno di uomini illustri, mostrando da sempre una capacità di richiamo, che al giorno d’oggi propone confortevoli strutture ricettive e sportive, un’ottima cucina tradizionale, un ricco calendario di eventi, e proposte museali eterogenee. Difficilmente si può trovare un luogo che, in uno spazio così limitato, abbia una così elevata concentrazione di proposte in grado di soddisfare ogni curiosità ed interesse, per una vacanza distensiva e al contempo stimolante.


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