Giornalino n 2 natale2013

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LA GAZZETTA DELL’ALESSI

Anno 2, Numero 2

Gennaio 2014

NATALE!

Quanto siete noiosi! E’ vero, il nostro albero realizzato con materiali di riciclo non era una bellezza, ma noi a farlo ci siamo divertite! In queste pagi-

nette potrete curiosare nei corridoi e nelle aule della nostra scuola, mentre, insieme a docenti e genitori, siamo impegnati a festeggiare il Natale...


Al piano terra, ragazzi di Terza suonavano brani natalizi con il flauto per accogliere i genitori. E c’è chi è stato sorpreso mentre anticipava la merenda accanto al primo numero del nostro Giornalino!

Mentre all’ingresso si festeggia suonando, alcuni nostri compagni allestiscono uno spazio per la pesca.

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Anno 2, Numero 2


La 1^ B suona e canta in Inglese per intrattenere i bambini delle elementari e alcuni genitori. L’atmosfera è molto allegra e trasmette al meglio lo spirito del Natale che tutti noi, come potete vedere qui accanto, abbiamo interpretato con un sorriso.

La gazzetta dell’alessi

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Verso la fine della giornata è venuta a farci visita persino

la Befana! Niente male, vero? Ha fatto il giro di tutta la

scuola e ha strappato un sorriso a tutti noi alunni.


Eccoci, mentre osserviamo divertiti la Befana che fa il giro della scuola; in molti l’hanno fermata scattandole fotografie (in fondo non è che capiti tanto spesso di vederla dal vivo) e cercando di capire dalla voce chi fosse! Lo abbiamo scoperto, ma preferiamo non rivelare nulla: intanto, eccola immortalata che abbraccia la Grieco Nobile, la nostra professoressa di Inglese.


Questo brano può contenere 150-200 parole. L'utilizzo di un notiziario come strumento promozionale consente di riutilizzare il contenuto di altro materiale, ad esempio comunicati stampa, studi specifici e rapporti. Nonostante lo scopo principale di un notiziario sia quello di vendere un prodotto o un servizio, un notiziario di successo deve innanzitutto interessare i lettori. È consigliabile scrivere articoli brevi op-

Grazie a un’idea della professoressa Pace, al primo piano è stata allestita una sala da tè. La classe è stata decorata dalla 1^ C e sembrava veramente di stare in un piccolo locale. P.s.: il tè e i dolcetti erano veramente molto buoni!

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Anno 2, Numero 2


In questa pagina, altri momenti delle interpretazioni musicali eseguite con grande impegno dalle Prime.

Come nel caso della Sala da Tè, l’entusiasmo e l’impegno dimostrati dagli alunni “più giovani” hanno reso questa Festa di Natale ancora più bella per tutti. Un grazie di cuore a tutte le famiglie!

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Anno 2, Numero 2


di Lois Lowry, ed. italiana 2010

Durante le vacanze di Natale mi sono divorata The Giver, l’ho finito in tre giorni! Mi è piaciuto molto, la storia è coinvolgente ed è ricco di principi che noi reputiamo scontati e a cui ormai non facciamo più caso. Elena, 3^ A

Q uesto libro mi è piaciuto moltissimo: mi ha incuriosito il modo di vivere delle persone in quelle Comunità, completamente e rigorosamente organizzate. Le regole, però, sono talmente tante, e talvolta estreme, da aver disciplinato sia le sanzioni conseguenti ai comportamenti sbagliati, sia le emozioni e le imprevedibilità della vita. Con il processo dell’Uniformità, le Comunità hanno eliminato le variazioni meteo, i colori, gli spazi verdi, le irregolarità del terreno, gli animali e perfino gli impulsi sessuali, rendendo la vita altamente sicura, ma molto noiosa. Ogni pagina mi ha stupito, sconcertato, disorientato: pur di avere una vita tranquilla e senza problemi, quelle persone hanno rinunciato alla libertà di scelta, ai sentimenti, alla pietà e, cosa ancora più spaventosa, hanno rinunciato a porsi domande e si adattano a una vita stereotipata. Nel libro, la procedura del congedo è un’estensione della pena di morte e dell’eutanasia: si congeda chi ha infranto una regola importante per più di tre volte, si congedano i malati, ma si congedano, ed ecco l’estensione, anche gli anziani, i neonati che non si comportano come da regolamento e quelli deboli. Il congedo non viene usato per i delinquenti come li intendiamo noi, perché nessuno fa in tempo a diventare tale: viene sicuramente congedato prima. L’Autore spiega solo nelle ultime pagine in cosa consiste questa procedura; prima, ne parla come una cosa terribile e definitiva, temuta da tutti, anche se preferiscono immaginare che le persone congedate spariscano perché mandate in altre Comunità. Consiglierei questo libro a persone curiose, sensibili e riflessive, perché la civiltà immaginata è completamente diversa dalla nostra, con pochi “pro” e moltissimi “contro”, su cui c’è da riflettere e da imparare. Ilaria Nicodemo, 2^ C

LA STORIA RACCONTATA DA ILARIA Jonas è un bambino come tanti, nato da una Partoriente e affidato a genitori che hanno il compito di crescerlo, per poi poter chiedere di crescere altri bambini, ma tutto senza affetto, senza coccole, senza gli insegnamenti e i rimproveri tipici di una famiglia. Arrivato ai 12 anni, insieme ad altri coetanei, deve partecipare alla Cerimonia dei Dodici, dove viene annunciato il percorso assegnato dal Consiglio degli Anziani. Il ragazzo viene scelto come Accoglitore di Memorie, per la sua capacità di vedere oltre, ossia cogliere i colori di ciò che lo circonda. Un incarico importantissimo: consiste nel conservare i ricordi del mondo, belli e brutti, prima dell’Uniformità. Jonas impara molte cose dal Donatore (The Giver, l’ex Accoglitore, che ha il compito di addestrarlo), e vive un’avventura che mai avrebbe immaginato. In un anno, il Donatore gli trasmette moltissime memorie: la neve, i colori, il calore di un Natale in famiglia, una vera famiglia, il dolore di una gamba rotta… Man mano che acquisisce le memorie, diventa consapevole che vivere come ha fatto finora, e come fanno tutti, non è vivere: insieme al suo Donatore, sceglie allora di fuggire dalla Comunità, liberare le Memorie e restituirle a tutti.

The Giver (1993) è il primo capitolo di una trilogia (uscirà in versione cinematografica nel 2014) e costituisce uno dei caposaldi della cosiddetta “letteratura distopica”. Il termine “distopìa” è stato coniato nel 1868 come contrario di “utopia”: vuol dire quindi “utopia negativa”. In questa letteratura si descrive una società futura indesiderabile, post apocalittica o sottoposta a un regime totalitario. Il capolavoro è un libro del 1948 e scritto da George Orwell, l’inventore del Grande Fratello: 1984. Oggi, anche se non sappiamo cosa significa l’etichetta “letteratura distopica”, leggiamo e vediamo al cinema moltissime opere ispirate a questo filone fantascientifico: basti pensare alla trilogia di Suzanne Collins, inaugurata da Hunger Games nel 2008, o a Divergent di Veronica Roth, 2011.


LA GAZZETTA DELL’ALESSI

Memoria Anno 2, numero 2

a cura di Simone Sansone ed Elena Aquilanti

Gennaio 2014

Ottobre

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti… Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, art. 1.

Il nostro percorso nella Memoria è iniziato il 16 ottobre 2013, in classe: la nostra professoressa di Storia ci ha fatto vedere sulla Lim un vecchio video che ricostruiva la storia del rastrellamento del ghetto ebraico di Roma. Nel settembre 1943 i nazisti hanno ordinato agli ebrei di raccogliere 50 kg di oro, o 200 di loro sarebbero stati prelevati. Quando si sparse la voce, tutti contribuirono, anche molti cattolici, e la somma fu superata. Gli ebrei, tranquillizzati, non fuggirono.

Il 16 ottobre però venne dato l’ordine di rastrellare il ghetto. All’alba i nazisti entrarono casa per casa, concessero 20 minuti per fare le valigie, ordinarono di chiudere a chiave per dare l’impressione che la gente sarebbe tornata e fecero salire tutti, donne, vecchi, bambini e uomini, sui camion. Furono portate via più di mille persone, trasportate sui vagoni bestiame delle ferrovie verso i campi di concentramento. Ne tornarono appena 16: tra loro, una sola donna.

Storia di un Testimone All’epoca avevo 2 anni e racconto quello che altri mi hanno raccontato. Lo Stato fascista nel ’38 aveva tolto agli ebrei le libertà civili, ma la gente continuava a sposarsi e avere figli. I miei genitori si sono sposati nel ’40 e io sono nato un anno dopo. Il 16 ottobre del ’43 i nazisti sono arrivati alle 6 di mattina, hanno occupato le zone più importanti con i camion, hanno fatto scendere tutti, indistintamente, dicendo loro che li

avrebbero portati a lavorare da un’altra parte. Noi abitavamo a casa della nonna. Mio nonno aveva il vizio del fumo e si era svegliato presto perché le sigarette si potevano prendere solo in determinati orari. Così si è salvato. Ci hanno fatto salire su un camion. Mia madre è salita e mi ha passato a mia zia. Una sorella di mia madre passava di lì con i figli, si è nascosta a guardare ma non sapeva come aiutarci; una signora

cattolica che andava a fare la spesa le ha detto: “Poveretti, ma che se lo portano via a fare quel bambino!”. Mia zia le ha chiesto aiuto. La signora ha mentito ai tedeschi, mi ha preso e mi ha consegnato a lei. Io ho vissuto con gli zii. I miei genitori non sono mai tornati. Sono morti ad Auschwitz. Questa è la mia storia, la mia verità. Testimonianza di Mario Mieli, Roma, 9 dicembre 2013


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Memoria a cura di Simone Sansone ed Elena Aquilanti

La nostra visita al Ghetto di Roma Siamo andati in visita al Ghetto il 5 dicembre, e siamo stati fortunati, perché splendeva un sole tiepido che ci ha permesso, dopo la visita al Museo Ebraico e alla Sinagoga, di fare una passeggiata e visitare il quartiere.

La guida che ci ha accompagnato era molto chiara e ci ha spiegato subito che il calendario ebraico è diverso dal nostro e che si distingue ad esempio non tra a.C. e d.C. ma tra avanti era volgare e dopo era volgare.

Ora per gli ebrei siamo nell’anno 5774. Sono diversi anche i mesi e, ovviamente, le festività sia per il significato religioso sia per il periodo di celebrazione: ad esempio, il Capodanno quest’anno cadeva a settembre del nostro calendario gregoriano.

La comunità romana Chi sono gli Ebrei? Per gli ortodossi, è

ebreo chi è figlio di madre ebrea.

Roma è particolarmente importante, perché qui la comunità ebraica vanta più di duemila anni di storia ininterrotta, ed è la più antica comunità del mondo occidentale. Già nel Talmud si trovano accenni agli usi tipici dei BENE ROMI (figli di Roma). Per sottolineare questo legame, nella sinagoga grande sono riprodotti i colori della città, il giallo e il rosso. Abbiamo notizie della presenza degli ebrei a Roma dal II secolo

avanti era volgare. Molti arrivano dopo il 63 avanti era volgare, al seguito di Pompeo, che ha conquistato la Giudea. Gli ebrei non abiteranno in un quartiere particolare, ma vivono in diverse zone, tra cui Trastevere. Nel 1290 in Inghilterra Edoardo I emana un editto ed esilia gli ebrei, che si rifugiano a Roma. Nel 1555 gli ebrei vengono separati dai cittadini romani (cattolici): all’epoca, la zona è malsana e soggetta a inondazioni; il quartiere è realizzato per limitare i contatti con l’esterno, chiu-

so da cancelli la sera. Le regole erano rigide: per uscire si doveva indossare un particolare cappello ed era permesso stare fuori solamente fino al tramonto. Era permesso avere una sola sinagoga, ma gli ebrei aggirano la prescrizione raccogliendo 5 diverse Scole e i rispettivi riti sotto un unico tetto. Nel 1870 il ghetto viene chiuso; con l’Unità d’Italia gli ebrei acquisiscono pari diritti e Vittorio Emanuele II fa demolire e ricostruire il ghetto, donando la cittadinanza agli ebrei italiani.

I Libri e le festività I libri sacri sono la Torah e il Talmud. La Torah è scritta a mano con inchiostri vegetali e non può essere cancellata: per leggerla senza rovinarla, arrotolarla e srotolarla si usano dei bastoni, più una corona e dei tessuti per proteggerla. Comprende i primi 5 libri del Tanakh, conosciuti anche con il nome greco di Pentateuco, e 24 libri che raccolgono la tradizione sacra orale; la

Torah contiene i 613 precetti che fondano l’etica ebraica. Il Talmud raccoglie le discussioni orali tra i sapienti sulle interpretazioni della Torah. Non ci sono intermediari tra la persona e Dio come nella confessione cristiana. Una delle feste principali è Pesach: la Pasqua ebraica dura 8 giorni, ricorda l’esodo e la liberazione del popolo ebraico dall’Egitto; la cena si dice seder e si cele-

bra nei primi 2 giorni secondo precisi rituali, come il mangiare pane non lievitato. Il giorno del riposo è il sabato, lo Shabbàt, che va dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato. Non si lavora e non si fa lavorare: anche la cena va preparata prima. Non si possono portare pesi e per questo nella sinagoga ci sono dei cassettini chiusi a chiave per ogni banco, ove riporre il libro di preghiere e i propri oggetti.


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Le regole La religione ebraica è tuttora una delle più diffuse. Le regole sono molte (613 precetti e i 10 comandamenti). Nel museo la guida ci ha mostrato dei mantelli maschili sui quali, attraverso un elaborato sistema di frange e strisce, sono ricordati i 613 precetti. Le leggi vengono seguite e rispettate anche se implicano un sacrificio, come non mangiare determinate carni o non mescolare tra loro alcuni alimenti, ad esempio

la carne con il latte e derivati (alcune famiglie hanno per questo anche frigoriferi separati, servizi diversi di posate e di piatti, di stoviglie). Queste regole sul cibo sono dette kasherut e provengono dalla Torah. L’aggettivo kasher o kosher significa “adatto, conforme, opportuno”. E’ kosher l’animale ruminante provvisto di zoccolo fesso, come mucca capra pecora; non lo sono maiale, coniglio, cavallo. Il latte e i suoi derivati

sono kosher se derivano da animali kosher ma non possono essere mescolati con la carne. E’ necessario attendere 6 ore prima di bere latte dopo aver mangiato carne. Le ragazze raggiungono la maturità dal punto di vista religioso a 12 anni invece i ragazzi a 13. I ragazzi celebrano il Bar Mitzvak. Il bambino, e non più il genitore, diventa responsabile per se stesso nei confronti della Legge Ebraica.

“Le ragazze raggiungono la maturità religiosa a 12 anni, i ragazzi a 13”.

Le sinagoghe Le sinagoghe presenti a Roma sono tutte ortodosse e le preghiere sono dette in ebraico. Gli ebrei hanno sviluppato nel tempo riti diversi rispetto all’osservanza: sefardita è detto il rito che si sviluppa in Spagna e quindi nell’area mediterranea; ashkenazita è il rito di area tedesca e russa. Abbiamo visitato per prima la sinagoga spagnola, che si trova nel seminterrato del-

la Sinagoga italiana dal 1930: gli uomini possono entrare solo a capo coperto, mentre per le donne si è persa questa tradizione; la sinagoga è attiva e uomini e donne vi pregano separatamente; non ci sono rappresentazioni sacre. Poi abbiamo visto la sinagoga italiana, che è molto grande e fu costruita tra il 1901 e il 1904, su progetto di Vincenzo Costa e Osval-

do Armanni. E’ una delle più grandi d’Europa. L’interno è decorato in stile Art Nouveau da Brugnoli e Bruschi, evitando rappresentazioni figurative e umane. La cupola a base quadrata è rivestita in alluminio.

Nel 1986

Cenni di storia recente Agli inizi del Novecento, quella di Roma è una comunità ben integrata, tanto che la città avrà un sindaco ebreo: Ernest Nathan, sindaco dal 1907 al 1913. Molti ebrei combattono nella Grande Guerra. Tutto cambia con la pubblicazione del Manifesto della Razza, sotto il fascismo, ma ancora di più con l’occupazione nazista di Roma e il rastrellamento di ottobre.

Non tutti gli ebrei vennero catturati subito, molti furono denunciati o segnalati in seguito, ma molti altri furono aiutati e nascosti, specialmente a Roma. La sinagoga stessa non fu danneggiata mentre in altre città come Firenze sì. Noi dobbiamo ricordare perché atti simili non si ripetano nei confronti di nessuno.

ha avuto luogo la prima visita di

un papa Nel 1982, in un attentato alla Sinagoga, perse la vita un bimbo di 2 anni, Stefano Gaj Tachè, e rimasero ferite 37 persone. Per questo c’è ora tanta attenzione alla sicurezza.

Giovanni Paolo II alla sinagoga.


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Memoria a cura di Simone Sansone ed Elena Aquilanti

Le parole del pregiudizio

Per scrivere queste schede abbiamo consultato il “nostro” familiare libro di testo, “Il colore della storia”, il manuale di Storia Medievale della Donzelli e un libro intitolato Parole contro, di Federico Faloppa, Garzanti 2004.

Pogrom, dal

I mestieri degli Ebrei

russo “devastazione”, indica una

sollevazione violenta contro gli ebrei.

In alcune lingue europee e in molti dialetti italiani le parole “ebreo” e “giudeo” sono associate a un vero e proprio catalogo di insulti: usuraio, strozzino, avido, truffatore, empio, sporco, eccetera. Come nasce la parola “ebreo”? Secondo alcuni studiosi, deriva dal nome biblico di un nipote di Noè, antenato di Abramo, EBER, ossia “nomade, uomo di passaggio”; il nome si trasforma poi in IBHRI. Secondo altri, risale al termine accadico HABIRU, “il fuggitivo”. Entrambi fanno comunque riferimento all’errare; e quale che sia la vera etimologia, nel Duecento in Europa il termine è già usato in maniera dispregiativa.

Tra il X e l’XI secolo gli Ebrei esercitano i mestieri più diversi. Fabbricano sapone, lavorano il corallo, sono tintori e tessitori, medici, musicisti, intagliatori di pietre preziose, soffiatori di vetro, carpentieri. Nell’XI secolo, la crescita delle città favorisce lo sviluppo di un ceto mercantile e si ricorre più di frequente all’istituto del credito. Gli artigiani cristiani, riuniti in corporazioni, emarginano lentamente i concorrenti ebrei. Ai cristiani era proibito concedere prestiti a interesse, mentre agli ebrei era vietato

I due personaggi ebrei si riconoscono dal copricapo e dal cerchio giallo. Questo dettaglio proviene da un affresco della basilica di Sant’Andrea a Mantova, opera di anonimo, XV secolo.

solo nel caso dei correligionari, ma non degli “stranieri”. Nonostante le proibizioni, anche i cristiani prestano denaro a interesse, talvolta tramite prestanomi ebrei. Tra quelli che invece lo facevano di persona, spiccano alcune confraternite di mercanti lombardi, additati proprio dalla Chiesa come “judei nostri”; la parola “lumbart” diventa infatti sinonimo di “avido, rapace”. A Parigi e a Londra troviamo Rue de Lombards o Lombard Street, le due strade dove i lombardi praticavano queste attività.

L’usura

Nel corso del XIII secolo, la borghesia mercantile e la Chiesa si avvicinano; il cambiavalute cristiano acquista un’immagine positiva, utile alla società, mentre la connotazione negativa rimane legata all’usura, specie se praticata da ebrei, considerati estranei alla società cristiana, “altri”. Il prestito riguarda anche re e imperatori, che si impegnano a proteggerli e a volte diventano eredi dei beni in mancanza degli eredi diretti. L’antigiudaismo e il disprezzo per gli ebrei aveva radici anche nella predicazione: gli ebrei erano deicidi, che avevano rifiutato l’insegnamento cristiano; questo disprezzo si acuisce con le Crociate, nell’XI secolo, quando si regi-

strano massacri di “infedeli”, appunto, e battesimi forzati.

Leggende e stereotipi

L’odio è alimentato da leggende, come quella secondo la quale gli ebrei praticherebbero l’omicidio rituale di bambini e ne utilizzerebbero il sangue per preparare il cibo pasquale. Le autorità ecclesiastiche combattono queste credenze, ma rafforzano la separazione tra le due comunità religiose: con il Concilio Laterano del 1215 si stabilisce ad esempio che gli ebrei devono portare sulle vesti una rotella di color giallo, rosso o verde per essere immediatamente riconoscibili. In Sicilia, l’imperatore Federico II aveva stabilito nel 1221 che portassero sul petto un segno di stoffa a forma di palo. Agli ebrei di Venezia verrà imposta la berretta zalla. In Francia segno distintivo erano i copricapo conici, raffigurati anche in molti dipinti. Si fissa anche un certo modo di raffigurare gli ebrei, ad esempio con lo stereotipo del naso ebraico o degli occhi infossati o del colorito pallido.


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I pogrom

Dopo il 1346 e l’epidemia di peste, gli ebrei sono accusati di avvelenare i pozzi e di causare essi stessi la peste, nonostante morissero come gli altri. Ne conseguono ripetuti massacri: negli anni tra il 1348 e il 1350, si contano nella sola Germania ben 96 pogrom*. Una delle comunità ebraiche più grandi, quella di Strasburgo, dopo un’inchiesta durata mesi e l’assoluzione dall’accusa di avvelenamento, viene massacrata. Vengono bruciate più di

2000 persone, mentre bambini e ragazze sono costretti al battesimo; i beni sono tutti confiscati e la comunità cessa di esistere. A promuovere questi pogrom erano spesso artigiani concorrenti o nobili pesantemente indebitati. Nemmeno due bolle papali, firmate da Clemente VI, arrestano le persecuzioni, le più pesanti della storia fino ai pogrom russi del 18811921 e al Novecento.

*pogrom: dal russo “devastazione”, indica una sollevazione violenta contro gli ebrei, massacri e saccheggi perpetrati sotto la spinta di motivazioni economiche mascherate con motivi religiosi

La nascita dei ghetti I primi quartieri ebraici sono zone libere, volute dai sovrani a protezione delle comunità che vi risiedevano o dalle comunità stesse a scopo difensivo. Le giudaiche o giudecche diventano poi luoghi di autoisolamento e alla fine del Duecento, di coercizione. L’isola di Spinalunga, a Venezia, veniva chiamata Giudecca fin dall’XI secolo, anche se non è storicamente accertato che si trattasse di un quartiere ebraico. A mano a mano che nei secoli la presenza degli ebrei cresce, crescono anche i malcontenti. Confinati a Mestre, gli ebrei potevano recarsi

a Venezia solo 15 giorni all’anno, esibendo sul petto una O gialla. Nel 1516 se ne propone il trasferimento nel Ghetto Vecchio (a Cannaregio) e Novo (a San Gerolamo), che avevano ospitato fonderie in disuso: la parola “ghetto” viene dal veneto “gheto”, ossia “getto”. Il ghetto era circondato da mura, le cui porte – sorvegliate da guardie - restavano chiuse dal tramonto all’alba. Vi abitavano circa 1424 ebrei. L’esperimento veneziano piacque e la parola passò a indicare quei quartieri in cui gli ebrei venivano forzatamente

segregati. A Roma la residenza nel ghetto viene imposta nel 1555, con l’obbligo (fino all’Ottocento) per chi esca dal quartiere di indossare sul capo un velo o un cencio giallo. Nel Cinquecento sono istituiti ghetti anche a Ancona, Bologna, a Padova e a Mantova. La parola “ghetto” darà origine negli anni Settanta a “ghettizzare” nel senso di isolare ed emarginare; ghetto è ancora oggi il quartiere isolato di una città nel quale vivono gruppi di persone di una qualche comunità o etnia.

Gli ebrei potevano recarsi a Venezia solo 15 giorni all’anno, esibendo sul petto una O gialla

La Giornata della Memoria

La ricorrenza del Giorno della Memoria è stata istituita con la legge 211 del 20 luglio 2000: vuole ricordare ogni anno la data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, avvenuto il 27 gennaio 1945. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riunita a New York, ha aderito alla celebrazione della ricorrenza il 1° novembre 2005.


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Memoria a cura di Simone Sansone ed Elena Aquilanti

Non dimenticherò. Incontro con i Testimoni: Alberto Mieli e Mario Mieli

“Ho capito di

essere una ragazza fortunata perché queste

cose non le ho mai provate neanche lontanamente”

Lunedì 9 dicembre 2013 tutte le classi della scuola media si sono riunite in palestra per ascoltare le storie di due signori sopravvissuti al rastrellamento del ghetto del 16 ottobre 1943 e ai campi di sterminio. E' stata una bellissima esperienza che mi ha sinceramente aperto gli occhi: beh, sapevo cosa era successo sia durante il rastrellamento che nei campi di sterminio, ne avevo parlato con i miei genitori e con i professori, avevo visto molti film a riguardo e anche letto alcuni libri ma nessuna di queste cose ha descritto e mi ha fatto capire così bene quello che è veramente accaduto. L’incontro è cominciato con un discorso della Preside che giustamente ci invitava a cogliere l'occasione di ascoltare quei racconti direttamente da chi ha vissuto quelle esperienze. Successivamente ci ha raccontato la sua storia l'uomo più giovane, Mario Mieli. All'epoca aveva solo 2 anni e quello che ci ha descritto gli era stato raccontato perché era

troppo piccolo per poterselo ricordare. Lui e la sua famiglia stavano salendo nel camion adibito al trasporto degli ebrei durante il rastrellamento, quando una signora è riuscita a far credere ai tedeschi che quel bambino era il suo. La cosa che mi ha più colpito riguardo alla storia di questo signore è stata che ci ha detto che pur non avendo conosciuto la signora che l'aveva salvato (perché subito dopo l'ha affidato alla zia) le era grato. Dopo aver ascoltato questo primo racconto ho pensato che non ce ne sarebbe stato mai uno peggiore, ma quando l'altro signore ha incominciato a parlare mi sono ricreduta e ho capito di essere una ragazza molto fortunata perché queste cose non le ho mai neanche provate lontanamente. Credo che molti degli episodi che ci ha raccontato me li ricorderò per molto tempo dato che mi hanno molto colpito. Il secondo signore, Alberto Mieli, ci ha raccontato di come l'hanno portato nel

primo campo di sterminio: sì, primo, perché purtroppo è stato in ben 5 campi. Ci ha anche detto delle torture che ha dovuto sopportare: all'epoca aveva circa 17 anni. Poco prima di essere liberato e di tornare a casa, ha perso una parte di gamba perché durante i bombardamenti degli americani, mentre i deportati si nascondevano per essere al sicuro, un tedesco delle SS ha sparato a terra dove c'erano delle lastre di metallo che si sono frantumate e alcune schegge gli si sono conficcate nella gamba che non essendo stata curata subito e con le condizioni igieniche che c'erano nei campi è andata in cancrena ed è stata dovuta tagliare. Mi ritengo davvero fortunata ad aver ascoltato queste testimonianze, un grazie di cuore ad Alberto e Mario che ci hanno commosso con i loro racconti e alla Dirigente che ci ha dato la possibilità di vivere questa esperienza. Elena Aquilanti, 3^ A


Nei lager a 17 anni Nei lager avvenivano episodi di una crudeltà inaudita e molti li ricordo come fosse ieri, eppure sono passate generazioni… Io fui catturato e portato a Regina Coeli per una banalità: avevo 17 anni e disobbediendo ai miei un giorno uscii dal nascondiglio. Per farmi bello, diedi 10 lire ai partigiani e ricevetti in cambio 2 francobolli. Non voglio dire bugie: all’epoca non capivo il valore della Resistenza. Tre giorni dopo fui preso dalla Gestapo insieme ad altre 4 persone, ci perquisirono, nel taschino avevo il pettinino e il portapettinino con i 2 francobolli. Dissi di averli trovati per terra davanti a un negozio. Ci

Estratto dalla testimonianza di Alberto Mieli

portarono via in 13, 7 ebrei e 6 cattolici. Mi portarono al sesto braccio. Me la facevo sotto dalla paura. Il mio era il braccio politico, era oscurato, senza luci per i bombardamenti, vedevo solo ombre. Trovai il pagliericcio. C’era con me gente contraria al regime, un tenente dei carabinieri, un giornalista. Mi interrogarono. “Se ci dici chi ti ha dato questi 2 francobolli te ne vai a casa”. Non volli fare l’eroe, fui picchiato ma pensai fosse meglio non parlare, non sapevo neanche cosa dire. Al terzo interrogatorio mi picchiarono sotto la pianta dei piedi fino a farmi sanguinare, poi mi estirparono un molare.

Svenni. Fui mandato ad Auschwitz. Tutti quelli rimasti nel sesto braccio furono vittime delle Fosse Ardeatine. Quando fummo liberati dai Russi, facemmo 650 km di marcia. Non so nemmeno quanto ci abbiamo impiegato, eravamo sporchissimi. Per 6 giorni siamo stati chiusi in 70 in un vagone piombato. A Mathausen c’era la scala della morte, poi il campo di eliminazione. Durante un bombardamento mi nascosi, fui colpito da un nazista e mi ritrovai in un ospedale coperto di carta igienica. Negli archivi risulto “fucilato per sabotaggio”.

“Non volli fare

l’eroe... Pensai fosse meglio non parlare, non sapevo

neanche cosa dire”.


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Memoria a cura di Simone Sansone ed Elena Aquilanti

1938-1945: La persecuzione degli ebrei in Italia

“Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri… appartengono a nazionalità nemica”

Questo è il titolo della mostra che ospiteremo e che avrete modo di vedere durante il nostro Open Day. Si tratta di una mostra itinerante, curata dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea e proposta per la prima volta nel 2010, che illustra le varie tappe della politica razziale del Fascismo. Qui potete scorrere una scaletta con alcune delle date importanti, introduttiva alla visione della mostra. Febbraio 1938 Il Ministero dell’interno dispone il censimento della religione professata dai propri dipendenti. Luglio 1938

esce Il fascismo e i problemi della razza (o Manifesto degli scienziati razzisti), che

Da Art Spiegelman, Maus. Pubblicato a puntate negli Stati Uniti tra il 1980 e il 1991, ha vinto nel ‘92 lo Special Award del Premio Pulitzer. In Italia è uscito per Einaudi.

getta le basi biologiche del razzismo Agosto 1938 censimento e schedatura degli ebrei. Presso il ministero degli interni viene creata la Direzione generale per la demografia e la razza Settembre 1938 Il Consiglio dei Ministri approva un primo gruppo di provvedimenti legislativi antiebraici. Essi dispongono tra l’altro l’espulsione degli ebrei dalla scuola

Ottobre 1938

esce la Carta della razza del Gran Consiglio del Fascismo, che contiene le linee generali della legislazione antiebraica Novembre 1938 secondo gruppo di provvedimenti legislativi: contengono la definizione giuridica di “appartenente alla razza ebraica” e dispongono il divieto di matrimonio tra “italiani ariani” e “semiti” o “camiti”; a breve distanza, il manifesto “Denunzia di appartenenza alla razza ebraica” invita gli ebrei ad autodenunciarsi presso gli uffici comunali.

1938-42

Espulsione totale degli ebrei dall’esercito, dal mondo della cultura e dello spettacolo, dalle libere professioni, ecc. Dal 1940 ha inizio l’internamento degli ebrei considerati pericolosi. Nel 1943 si istituiscono campi di internamento e di lavoro obbligatorio. Settembre 1943 dopo l’armistizio, in seguito all’occupazione militare tedesca dell’Italia centrosettentrionale, hanno inizio i rastrellamenti e le deportazioni a opera dei nazisti. Il “manifesto programmatico” del nuovo Partito fascista repubblicano ribadisce che “Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica”. Nel dicembre 1943 viene allestito il campo di Fossoli. L’ultimo convoglio di deportati partirà dall’Italia nel febbraio

1945.


In trappola

di Michael Northrop, 2013

Sette ragazzi rimangono intrappolati a scuola per colpa della neve. Nei primi giorni riescono a cavarsela approfittando delle poche cose che la scuola fornisce loro per sopravvivere al freddo e alla fame. Ma, dopo più o meno una settimana, l’acqua si congelano e il tetto sta per crollare; allora Pete, uno dei tre migliori amici, decide di dirigersi verso il centro della città usando lo snow-kart. Dopo i primi metri, però, lo snow-kart si capovolge per colpa del vento. Scotty, il protagonista, cerca di raggiungere il suo migliore amico… Il libro mi è piaciuto molto, perché l’autore descrive bene i fatti. Mi ha stupito il finale: pensavo che i ragazzi sarebbero riusciti a uscire dalla scuola da soli, senza alcun aiuto. E anche quando due ragazzi si sono picchiati e si sono create delle situazioni di imbarazzo, quando invece avrebbero dovuto rimanere uniti. Lo consiglierei perché mi ha colpito e incuriosito subito, fin dalle prime pagine. Giulia Villani, 2^ C

Questo libro è molto bello. Parla di un ragazzo del primo liceo che frequenta una scuola molto isolata di campagna: un giorno d’inverno dopo una grande e costante nevicata rimane intrappolato nella scuola insieme ad altri sei compagni. Il protagonista comincia così a raccontare le lunghe giornate passate in quella scuola buia. Ci sono molte parti che mi hanno colpito, come quella in cui non avendo più cibo vanno tutti insieme a cercarlo e, rotta la serratura della mensa, se ne trovano davanti talmente tanto da sfamare 400 persone! Il libro è molto scorrevole e lo consiglio a quelle persone cui piacciono le avventure e le situazioni in cui i personaggi devono lottare per sopravvivere. Simone Giorni, 3^ A


di Ludovico Sireci, I A

‘Na mattina de sole, er mejo tempo pe’ ‘na passeggiata ner centro de Roma. D’inverno piazza Navona sfoggia er mercatino che dona un qualcosa de speciale e fa sì che sia già Natale; e piazza der Popolo — non dimenticare, tanto grande e carina —, anche lei vuol festeggiare co’ tutti li presepi: dai grandi ai piccini son tutti carini, coi pastori, insieme a tre grandi imperatori che portano dei doni così se sentono più boni. La Basilica de Santa Maria der Popolo fa li presepi da più di cento anni. Tante le sue bellezze, da li dipinti alle statue; ecco la Natività der Pinturicchio, bella e luminosa co quei colori; poi lì vicino vedi quer poraccio buttato lì per terra sotto a quel cavallo, è la conversione di San Paolo der Caravaggio! Come te giri te brillano l’occhi a vedè la Cappella de li Chigi, ‘sto Bernini era proprio forte a falle belle ‘ste chiese!! Se poi nun te sei stufato, passeggiando arriva fino a Piazza Navona a vedè n’altro presepe, tra li più antichi.


Come arrivi nella piazza, facce caso, di fronte alla chiesa di Santa Agnese ce sta ‘na fontana, chiamata de li Quattro Fiumi. Pensa che l’ha fatta il Bernini, sì sì quello de prima, che se litigò sta chiesa con Francesco Borromini: tutti e due volevano falla bella, ma solo Checco c’è riuscito. E Lorenzo, er Bernini, pe’ sfotte je fece la fontana con le statue che se coprono pe’ paura che la chiesa je crolli addosso. Ma chi sa se è solo ‘na leggenda?!? Da fori sta chiesa de Santa Agnese è proprio bella! Agnese era ‘na fanciulla che all’epoca de li Romani fu uccisa perché ce credeva a Cristo. Se c’entri te trovi ‘na chiesa tutta dorata, insomma “barocca”, fatta a croce greca co’ quattro altari e se alzi l’occhi la cupola e gli affreschi so’ proprio belli. E non è finita! Nei sotterranei se t’affacci capisci che ce so’ stati li Romani, c’è ancora il pavimento dello stadio di Domiziano. E poi tutti sti capolavori che hanno fatto li pittori secondo me è stato er mejo; poi le bancarelle che fuori fanno un po’ Natale è perfetto non poteva esse’ mejo e ‘na gita così mica se fa tutti i dì, ma solo quel martedì.


Le classi IA e IB hanno intrapreso una gita che comprende piazza del Popolo, via del Corso, la chiesa di Santa Agnese e quella di Santa Maria del Popolo. Contemporaneamente hanno viaggiato nel passato, perché questa gita è servita anche per conoscere le storie dei luoghi visitati e le vicende dei personaggi. La Chiesa di Santa Maria del Popolo è stata costruita da papa Pasquale II, in un luogo ritenuto infestato dai diavoli perché nei pressi vi era la tomba di Nerone. Era frequentato da ogni tipo di fedele, ricco o povero. La chiesa possiede una facciata rinascimentale realizzata da Gian Lorenzo Bernini. Entrando, lo stile artistico del Barocco e del Rinascimento sono perfettamente combinati e la giusta quantità di luce esterna contribuisce a far risaltare la chiesa. Santa Agnese sorge di fronte a piazza Navona, ed è stata costruita da Borromini. Borromini aveva un rivale, Bernini. Quest’ultimo per rivalità e invidia costruì davanti alla chiesa una magnifica fontana con delle statue raffiguranti pose di atteggiamenti scorretti nei confronti della Chiesa. Borromini, a sua volta, fece un’altra scortesia: disse a tutti che la fontana aveva un meccanismo per l’acqua sbagliato. Infatti aveva notato subito l’errore. Indispettito, Bernini cercò di rimediare all’imperfezione, ma non ci riuscì. Quindi ebbe un’idea. Borromini aveva una serva brutta e arrogante che non aveva corteggiatori, quindi Bernini en-

trò nella casa del suo rivale, corteggiò la serva, pregandola di mostrargli lo studio di Borromini. Lì trovò, infatti, il sistema per aggiustare la fontana e all’inaugurazione tutti rimasero stupiti. Questa gita mi è piaciuta molto e sicuramente mi ha aiutata a scoprire cose nuove.

Carmelisa Scoferta, I^ A


Diario di una Schiappa Questa lunga serie di libri è incominciata nel 2008: l’autore è Jeff Kinney, che grazie a questo suo libro è diventato ricco e famoso. A me il libro è piaciuto molto: è esilarante, con concetti semplici e diretti, ed è un piacere leggerlo: avendone sentito parlare e avendo visto il film, non mi restava che comprare il libro, leggerlo e – quando mi va — rileggerlo per farmi quattro risate. Il mio personaggio preferito è Greg: lui e il suo migliore amico Rowley cercano di farsi belli agli occhi della gente, ma così facendo non si accorgono che passano per stupidini. Francesco De Romanis, 2^ C

Il libro mi è piaciuto tantissimo, lo consiglierei a ragazzi/bambini che non amano i libri con le scritte piccole e senza disegni. Io l’ho scelto questo libro perché i miei amici, di 5^ elementare, ne parlavano tanto e dicevano tutte belle cose, così l’estate scorsa ho provato a leggerlo. Il personaggio che mi ha colpito di più è Rowley. La scena più bella è quella in cui George infila la mano nella tenda in cui dorme Rowley e lui, pensando sia la mano assassina, lo prende a martellate. Davide

Il settimo libro di questa fortunatissima serie, sottotitolato “Guai in arrivo!”, è uscito in Italia da poco, nei primi giorni del gennaio 2014. La serie rappresenta un caso editoriale: l’autore si è fatto conoscere pubblicando con frequenza quotidiana su una rivista on line. Grazie all’entusiasmo di moltissimi lettori tra i 9 e i 12 anni, ha venduto solo da noi ben 2 milioni di copie. Ne sono stati tratti 3 film (di cui il primo nel 2010).

Il protagonista è un ragazzo che si chiama Greg; ha due fratelli, il più grande si chiama Rodrick, il piccolo Manny. Greg fa delle cose bene ma alla fine gli riescono male, vuole diventare popolare nella scuola ma non ci riesce perché i suoi amici lo prendono in giro. A Greg piace una ragazza ma la ragazza pensa che lui è ancora piccolo. Il papà Frank vuole iscriverlo a uno sport a squadre e ad altre attività, per esempio all’Accademia Militare. Per me questo libro è stato molto bello, mi è piaciuto leggerlo. Marilù


Il 13 dicembre abbiamo fatto un’interessante uscita didattica. Ora vi spiego… siamo riusciti ad assistere alle prove dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia, all’Auditorium. Una ragazza, prima di farci salire sul palco accanto ai musicisti, ci ha spiegato moltissime cose; ad esempio, abbiamo appreso com’è formata un’orchestra e quale sia la disposizione degli strumenti. La disposizione assomiglia a un arcobaleno perché ci sono varie sezioni; in primo piano si trovano le sezioni delle viole, violini e violoncelli. In fondo a destra i contrabbassi, a sinistra arpa e e pianoforte. Poi in fondo al centro ci sono le 3 fasce: legni, ottoni e percussioni. Inoltre ci ha spiegato che il lavoro del direttore d’orchestra non riguarda solo la direzione ma anche la concertazione.

La concertazione avviene dopo una prima fase di lettura in cui l’orchestra costruisce “mattone per mattone” il brano musicale. Noi abbiamo avuto la fortuna di ascoltare la sinfonia di Benjamin Britten, un compositore e pianista britannico che, dal 1939 al 1942, insieme al tenore Peter Pears, si recò negli Stati Uniti dove compose la Sinfonia da Requiem (proprio quella che abbiamo ascoltato noi!). Era dedicata alla memoria dei suoi genitori ma esprime anche la desolazione della guerra che aveva portato dolore all’intera umanità. Ecco cosa abbiamo appreso e spero che anche voi abbiate un’occasione come questa! Chiara Pallagrosi, 3^ A Dopo le spiegazioni introduttive siamo entrati in una sala molto grande e ci hanno fatto salire sul palco, dove c’erano i musicisti con i propri strumenti e l’orchestra. Io sono andato a sedermi vicino al pianista. E’ stata un po’ una delusione per me, perché non ha suonato molto, ma quando suonava faceva sbalordire me e gli altri alunni. Simone Giorni Quando Britten ha iniziato a comporre non sapeva che l’opera era stata commissionata per il duemilaseicentesimo anniversario della dinastia giapponese e la compone pensando invece ai suoi genitori e alla guerra. A me sinceramente non è piaciuta tanto perché non amo la musica classica, però è stata una delle migliori che ho sentito; per andare bene tutti dovevano andare a tempo e anche se solo uno sbagliava una minima nota bisognava ricominciare da capo perché il direttore d’orchestra se ne accorgeva. Federico


Io e la mia classe siamo andati all’Auditorium per assistere a una prova dell’orchestra di Santa Cecilia. Lì ci hanno fatto accomodare… non nella platea, ma a fianco di ogni singolo musicista! Ci hanno fatto ascoltare la “Sinfonia da Requiem” (molto cupa): fu composta da Britten nel 1940 all’età di 26 anni. E’ divisa in tre movimenti: Lacrymosa (andante ben misurato), Dies Irae (allegro con fuoco) e Requiem Aeternam (andante molto tranquillo). Quest’opera è dedicata alla memoria dei suoi genitori, ma esprime anche la desolazione della guerra, che aveva portato dolore e distruzione all’intera umanità. L’orchestra è formata da un insieme di strumenti che sul palco sono divisi in settori, in ogni settore vi sono strumenti dello stesso tipo e viene coordinata dal direttore. Il direttore ha la facoltà di re-interpretare il brano e modificarlo per la sua orchestra. Marco Blazevich, 3^ A Il compito del direttore è principalmente di fare le prove con l’orchestra, quindi istruire gli orchestrali su come vuole che suonino, su cosa vuole che facciano in ogni punto della partitura. Poi l’orchestrale dovrà adattarsi e “tenere un occhio” sulla musica e l’altro sul direttore, come si dice in gergo. Alla fine non deve stare con gli occhi incollati alla carta per tutto il tempo, se ha studiato si può permettere di guardare il direttore come e quanto vuole. Simone Giorni In queste pagine alunni della 3^ A e della 3^ B, che effettuerà la visita in aprile, suonano durante la Festa di Natale. Sotto, la disposizione degli orchestrali disegnata da Marilù Fernandez.



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