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Pubb Pubb Le web tv alla prova del futuro I media digitali sono una realtà viva nel nostro Paese
Cullati nell’illusione in “ La Grande Magia ” Il capolavoro eduardiano intrapreso con l’allestimento di Napoli Milionaria e proseguito con Filumena Marturano e Le voci di dentro
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el novembre 2000, nasceva My-Tv, la prima web tv italiana, cioè la prima emittente televisiva a trasmettere esclusivamente attraverso la rete. All’epoca la diffusione di Internet nel nostro paese era ancora piuttosto contenuta. Eppure, nonostante le difficoltà, My-Tv riuscì a diventare uno dei simboli dell’Internet made in Italy di allora. L’esperienza di My-Tv continuò per sei anni, fino alla chiusura all’inizio del 2007. Nel frattempo l’idea della televisione via web aveva però preso sempre più sostegno, tanto che a partire dalla metà degli anni Duemila è stato possibile partecipare ad un aumentare di queste nuove realtà mediatiche. Si tratta infatti di realtà estremamente composte e in continuo movimento. È poi necessario distinguere tra le realtà professionali, che impiegano personale , dai progetti amatoriali, assimilabili alla categoria dei blogger . Molte web tv sono infatti nate per offrire un canale di partecipazione e di confronto . Accanto agli evidenti punti forti, nel panorama delle web tv vi sono però anche non poche pecche. Tra queste ricordiamo l’ancora insufficiente diffusione della banda larga in Italia, che costituisce un blocco al dispiegamento delle potenzialità di questi media, le difficoltà organizzative e economiche che spesso rendono problematica la gestione di una struttura editoriale. In definitiva le web tv italiane sembrano ancora lontane dall’essere un mezzo di comunicazione maturo ed evoluto. Naturalmente non mancano le fortunate eccezioni . Ma il cammino da fare sembra essere ancora lungo e tortuoso anche per la mancanza di una vera normativa organica del settore dei media digitali. La prima, e finora unica, norma che regola questo campo è una delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) del dicembre 2010. Un piccolo passo avanti, certamente. Ma la mancanza di un quadro normativo capace realmente di guardare verso il futuro è lampante.
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l Teatro San Ferdinando di Napoli il capolavoro “La grande magia” di Eduardo De Filippo ,fino a domenica 11 Novembre, che vede come regista e protagonista il figlio del grande maestro Luca De Filippo con la sua Compagnia proporranno al pubblico uno dei capolavori scritti ed interpretati dal grande Eduardo. Continuando così il lavoro di approfondimento sulla drammaturgia di Eduardo De Filippo e proponendo una delle commedie meno rappresentate del drammaturgo napoletano. “La grande magia” nasce in un contesto storico pari a quello della “Napoli Milionaria” anche se, mentre nelle altre opere come “Filumena Marturano” e “Le voci di dentro” il grande Eduardo De Filippo in quest’altra opera lascia spazio all’introspezione e all’amara disillusione sulla possibilità di as-
sistere, in Italia, ad un reale cambiamento. Infatti durante uno spettacolo di magia, il protagonista il professor Otto Marvuglia, ingaggiato dall’albergo, si trova in una situazione intrecciata tra marito e moglie ospiti dell’albergo stesso. La bella Marta, moglie del gelosissimo Calogeno, chiede al mago di farla sparire durante uno dei suoi spettacoli per raggiungere l’amante esegue il suo numero e aiuta la signora alla fuga tanto attesa con l’amante. Il mago fa credere al povero marito che potrà rivedere la moglie solo se aprirà la scatola in cui è stata rinchiusa. Ma quando la donna ritorna pentita del suo gesto, il marito si rifiuta di “riconoscerla”, ormi preso dall’illusione, rinchiusa in quella scatola, di una moglie fedele . “La grande magia”, testo eduardiano del 1949. Fu sostituita ben presto da “Le voci di dentro” e ripresa dal ma-
Storia della polizia a napoli PAGINA 2
Marley Kevin Macdonald sulle orme del mito Bob Con un doc commovente, ma senza guizzi
estro solo per un’apparizione televisiva negli anni ‘60. In scena, una numerosa e bravissima compagnia capitanata dallo stesso Luca De Filippo, nel ruolo del Professore Otto Marvuglia, il celebre illusionista della vicenda; insieme a lui Paola Fuciniti, Alessandra D’Ambrosio, Carmen Annibale, Lydia Giordano, Massimo De Matteo, Antonio D’Avino, Daniele Marino, Gianni Cannavacciuolo, Nicola Di Pinto, Giulia Pica, Carolina Rosi e Giovanni Allocca. Le scene ed i costumi sono a cura di Raimonda Gaetani. Il tutto per una commedia considerata tra le minori di Eduardo, di cui però di questi tempi appare forse ancor più chiara l’originalità del testo. Grande metafora su realtà e illusione, sul potere della finzione. Siamo tutti esperimenti, giochi di un grande illusionista.
Parte in primavera “L’oro di Scampia”
Gomorroide: il lato ridicolo della Camorra
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na delle più grandi leggende della musica contemporanea raccontata dai suoi amici e familiari in un ritratto-fiume. Bob Marley e la sua musica indimenticabile rivivono grazie all’enorme lavoro di Kevin Macdonald, regista noto per un paio di film apprezzabili come La morte sospesa e L’ultimo re di Scozia. La ricerca d’archivio e le numerosissime interviste hanno portato a un ritratto artistico e storico molto esaustivo, in cui la figura pubblica ben si bilancia con il lato privato. Tale gigantesco accumulo di materiale e di evidente entusiasmo per il progetto ha però portato il regista a non sapere sintetizzare il discorso, e le due ore e mezzo di durata alla fine pesano più di quanto avrebbero dovuto. Di bellissimo però c’è comunque lui, Bob Marley, con la sua sincerità, il suo carisma e soprattutto la sua straordinaria musica. Quando partono le note di No Woman No Cry o Redemption Song è praticamente impossibile non cantarle insieme a lui ancora una volta, e di conseguenza commuoversi. A livello puramente cinematografico, Marley è un documentario ben organizzato nella progressione narrativa ma senza particolari guizzi che lo rendono degno di nota. A farlo svettare è il soggetto, un mito destinato a non conoscere fine.
cronaca Storia della polizia a napoli
“Note di Napoli” al Caffè Gambrinus
Il libro del professore Vincenzo Cuomo è un autentico capolavoro storico sul corpo della Polizia
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i sono molti modi per coniugare il concetto di sicurezza partecipata, il modello di sicurezza in cui i singoli attori della società mettono a fattor comune le proprie risorse, ognuno secondo il proprio ruolo. Uno di questi modi è la cultura della memoria, intesa nell’accezione delle proprie origini. La storia della Polizia è quella del nostro Paese ed, anzi, può affermarsi senza indugio che ha anticipato la stessa Unità d’Italia divenendone condizione preziosissima. E’ stato lo stesso Questore Santi Giuffré a promuovere la stesura di questo libro << E’ bastato un solo incontro con il professore Cuomo per far accendere in me la voglia di poter promuovere la stesura di un testo che, senza pretese, raccontasse e rassegnasse ai posteri la storia di una Istituzione importante, che a Napoli forse è ancora più importante che altrove, in quanto tale profondamente amata dal popolo partenopeo >> . Il libro va a colmare una lacuna sulla Polizia, difettava di un testo dedicato alla storia di questa Istituzione nella città di Napoli. “Storia della Polizia a Napoli”
è un opera che si presta a diversi livelli di lettura: quella del colto e non, che vi troveranno immagini e documenti inediti di notevole interesse storico; quella degli ”addetti ai lavori” che potranno ripercorrere la storia recente dell’Istituzione di cui fanno parte; e il lettore comune, che attraverso la lente della storia della Polizia può ritrovare eventi e luoghi altrimenti dimenticati. Nel 1861 il Parlamento proclamava la nascita del Regno d’Italia. La città di Napoli cessava, pertanto, di essere la capitale del Regno delle due Sicilie diventando una delle città più rappresentative del nuovo Stato. I primi anni conseguenti all’unificazione, la Polizia fu duramente impegnata contro un’atavica malavita organizzata: la camorra, concludendo, malgrado la persistente omertà, significative operazioni di polizia con l’arresto di alti esponenti dell’organizzazione criminale. Oggi la Polizia di Stato operante a Napoli resta un solido punto di riferimento per tutti quei cittadini che richiedono tutela dell’ordine e della sicurezza pub-
A.S.D avion center , un marchio di qualita’ L’impanto dei Colli Aminei fonderia di ottimi istruttori
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’Avion Center è una struttura nata nel 1991,dall’ ex Cinema Avion. Dall’epoca vuole dare ai suoi iscritti il massimo della preparazione. In primis il nuoto, ma a pochi passi dalla piscina è presente una palestra attrezzata per preparazione atletica e vari corsi. La piscina espone tra i suoi soci molti professionisti i quali nel tempo libero frequentano i vari corsi organizzati in tale struttura. La società annovera ex campioni e attuali di nuoto tra le varie categorie. Emilio Magnani, ex maresciallo della guardia di finanza e allenatore della fiamme gialle. Capo istruttore che da oltre 40 anni allena intere generazioni il quale lavora con passione e dedizione. Gli altri sono: Stefano Stanislao, istruttore di nuoto adulti. Giuseppe Testa, allenatore settore giovanile.
Genny Coda, Arianna Esposito, istruttrice di galleggiamento e Teresa Fioretti. Fiore all’occhiello della società è proprio la fucina di istruttori di qualità. Personale altamente specializzato. L’Avion vanta anche di una squadra di pallanuoto militante nel campionato di serie B, puntando a raggiungere categorie superiori. La società pensa anche al futuro, essa è sempre all’avanguardia con i tempi e ha deciso di investire dando vita a un progetto chiamato HABA WABA per l’avviamento alla pallanuoto. Consiste nell’insegnare ai bambini fin dalla più tenera età la passione per il gioco della palla in acqua, che poi si evolverà man mano nella pallanuoto.
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blica >> c Il Capo della Polizia Manganelli dichiara << L’idea del Questore di Napoli di voler affidare alla penna appassionata e professionale del professore Cuomo la redazione di un libro sulla vita degli uffici di via Medina, poteva sembrare , ai più , abbastanza ardita>> continua <<Nei fatti, invece, credo che l’opera sia accattivante ed arguta, consentendo di acqui-
sire informazioni generalmente inedite sulla storia della Polizia a Napoli e sulla città stessa >>E infine, ma non da ultimo, questo libro è anche un’occasione per ricordare tutti quegli eroi in divisa che sono caduti per una battaglia di legalità, che la Questura di Napoli è orgogliosamente chiamata a continuare.
L’arte in vari aspetti in “Le vie di Troisi sono infinite” Un libro che celebra l’attore napoletano in varie angolazioni, edito da Edizioni Scientifiche Italiane
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l 2013, si annuncia ricco di rassegne, retrospettive, libri a lui dedicati e ispirati. Ma, e questo è già un evento di per sé, questa volta l’Università è arrivata prima. Con un seminario e un libro. “Le vie di Troisi sono infinite” per la prima volta i testi di Troisi vengono analizzati con gli strumenti dell’analisi testuale. E’ stato presentato al teatro Giancarlo Siani di San Giorgio a Cremano, il libro che intende tracciare un primo bilancio storico-critico della produzione di Massimo Troisi nei suoi molteplici aspetti: teatro, cinema, scrittura, lingua e gestualità. È questa la prima tappa di un percorso che il Comune di San Giorgio a Cremano, il “Premio Troisi” e l’Università degli Studi di Napoli Federico II intendono proseguire. L’evento è stato professionalmente condotto dallo showman Enzo Calabrese ed ha visto la partecipazione dei curatori della pubblicazione, i professori di letteratura italiane l’Università di
Napoli Federico II. All’incontro sono intervenuti il sindaco di San Giorgio a cremano. Domenico Giorgiano, l’assessore alla Pubblica Istruzione Felice Giugliano, Luigi Troisi, fratello di Massimo, e gli allievi e docenti degli istituti “Pantaleo” di Torre del Greco e “Scotellaro e Urbani” di San Giorgio a Cremano e il Consigliere Comunale Pietro De Martino che tanto si presta per dar sempre vita al Premio Troisi e a eventi che riguardano la figura di Massimo, il Premio ne è diventato per lui un evento che va oltre la rappresentativa, è per esso una creatura che anno per anno va perfezionata con accurata meticolosità e con il massimo della dedizione. Dichiara il Consigliere <<.. E infatti da Gennaio si inizia a lavorare instancabilmente per il Premio settimana per settimana per far si che il nome di Massimo Troisi se ne giova dai bambini ad adulti a livello nazionale sotto l’aspetto socio-culturale … >>, insomma le idee del Consiglie-
re Comunale Pietro De Martino sono tante sulla figura dell’attore partenopeo il resto è solo disponibilità degli “ addetti ai lavori “ . A passarle in rassegna è Pasquale Sabbatino che ne traccia una interessante galleria critica.
are un futuro alla canzone classica napoletana e ai grandi artisti che sono patrimonio prezioso del Sud”. E’ il tema della conferenza stampa promossa da Grande Sud nel ritrovo che fu di poeti, giornalisti, musicisti, tra i tavolini dove sono nate le melodie che hanno fatto la storia della canzone napoletana, il caffè letterario “Gambrinus” ”, in piazza Trieste e Trento. L’evento è stato presentato con brio da Anna Merolla, cantante classica napoletana e candidata alla Camera dei Deputati in Grande Sud, insieme con il candidato Riccardo Guarino e l’artista Antonello Rondi. Ha moderato l’incontro Nando Iannuzzi, noto presentatore e autore di canzoni classiche napoletane. Sono intervenuti all’evento: Pietro Gargano, giornalista, scrittore e cultore della musica classica napoletana, Pino Giordano, già vice prefetto di Napoli e autore della canzone classica napoletana, il capogruppo del gruppo regionale “Caldoro Presidente”, Gennaro Salvatore ed i capilista al Senato e alla Camera dei Deputati di Grande Sud, Salvatore Ronghi e Giuseppe Maisto. Durante la conferenza stampa si è più volte sottolineato come il recupero del patrimonio storico ed artistico di Napoli non possa non passare per la promozione della canzone classica partenopea, celebre in tutto il mondo, biasimando così la scarsa attenzione degli enti locali nei confronti della stessa. Attraverso il rilancio della canzone classica , il progetto culturale “Note di Napoli” vuole svegliare così la città partenopea dal suo lungo torpore. Un’idea condivisa dai numerosi artisti presenti , tra i quali spiccano i nomi di Mario Da Vinci, Tonino Apicella, Giulio Da Vinci, Guido Lembo, Tina Barone, Antonio Buonomo, Massimo Masiello, Mario Maglione, Francesca Marini, Luca Sepe, Sasà Trapanese, Carmine Liberati, il maestro Gianni Aterrano. Proprio Gennaro Salvatore ha sostenuto come la necessità di promuovere la cultura autoctona sia un’esigenza trasversale e senza colorazioni politiche, un obiettivo a cui tutti dovrebbero tendere per investire finalmente sulle enormi potenzialità di questa città . Ripartire dal rilancio delle proprie radici culturali, sembra dunque un imperativo categorico ed apolitico che Napoli non può più ignorare.
Sport Parte in estate “L’oro di Scampia” Una fiction racconta la storia dei Maddaloni
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campia avrà la sua fiction. Ma non si tratta di Gomorra 2, bensì di un’altra produzione. Una storia talmente bella da sembrare inventata e che ora si trasforma in fiction. Già aperti i casting, le riprese inizieranno in primavera nel quartiere teatro della faida di camorra tra clan, la miniserie in due puntate andrà in onda in autunno sulla rete ammiraglia Rai e Fiorello darà vita ad uno dei personaggi principali, un maestro di judo forte e coraggioso che nasce come atleta e si trasforma in allenatore riuscendo a portare il figlio alla conquista dell’oro alle Olimpiadi di Sidney 2000 e a strappare tanti ragazzi dalla strada, in uno dei quartieri più degradati della città, facendo in modo che si appassionino allo sport. Attore protagonista sarà Beppe Fiorello nei panni di Giovanni Maddaloni, padre di Pino e proprietario dello Star Judo Club che permette ogni giorno a centinaia di ragazzi di praticare gratuitamente sport a Scampia. Una storia lunga e tortuosa, dall’apertura della palestra ai giorni nostri, tra problemi burocratici e difficoltà quotidiane. Negli ultimi anni la struttura ha rischiato più volte la chiusura per mancanza di fondi, ma oggi è aperta ai giovani del territorio ed opera anche per i minorenni detenuti nel carcere di Nisida, per i ragazzi delle comunità e i diversamente abili. È l’ultima scommessa raccontata nel libro di Giovanni Maddaloni, “La mia vita sportiva”, dal quale prende ispirazione la fiction. Una storia da film. «L’intenzione – spiega Maddaloni - è raccontare la storia di un riscatto sociale cercato e trovato nello sport: abbiamo anche un discorso
aperto con l’associazione Don Peppino Diana, siamo attivi su tanti fronti ma continuiamo a vivere tra alti e bassi». L’idea della fiction è stata accolta con favore dal presidente della Municipalità Angelo Pisani, che soltanto poche settimane fa negò l’autorizzazione a girare nel quartiere le riprese per la fiction di Sky Gomorra 2. Maddaloni entra a gamba tesa sull’ar-
gomento: «Mi piacerebbe incontrare Saviano, sapere da lui che impronta vuole dare alla serie tv. La prima volta con il suo libro ha acceso i riflettori sui nostri problemi, adesso però rischia di darci il colpo di grazia. Abbiamo bisogno di figure positive, di un eroe all’interno della sua storia. Il cast del nostro film sarà composto dai ragazzi della palestra, gli unici attori saranno Fiorello e
pochi altri. Insomma, diamo possibilità a questo territorio, non pensiamo soltanto a far notizia». La vita di Giovanni Maddaloni sarà raccontata anche in una breve ricostruzione contenuta nel programma Eroi, in onda in primavera sulle reti Rai, insieme ad altre storie di sport.
Muscoli finti il problema è l’apparenza
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econdo i dati della Commissione Vigilanza sul doping, il 10% di chi fa palestra a livello amatoriale fa uso di sostanze dopanti, il cui principale risultato è quello di gonfiare più rapidamente i tessuti muscolari. Il fenomeno dei muscoli finti è alquanto allarmante. Sembrerebbe ovvio parlare del rischio per la salute dovuto all’assunzione di sostanze che non fanno avvertire la fatica o potenziano esponenzialmente la quantità di creatina o proteine necessarie. Il fattore più delicato che si nasconde dietro il fenomeno dei muscoli finti è legato al desiderio di apparire nel miglior modo e nel minor tempo le sostanze avvicinano evidentemente il risultato “finale”. La motivazione principale che spinge moltissimi giovani, in particolare maschi, a ricorrere alla palestra e all’uso di queste sostanze po-
trebbe essere la dimensione di accettazione dell’apparenza. Il modello che si ripropone ormai costantemente, dalla piazza ai media, in particolar modo tra i
giovani, è fondato su un aspetto perfetto. E se per le donne questo messaggio sembra delle volte più assillante, tanto che si parla, toccando l’argomento bellezza e apparenza, prevalentemente di loro, troppo spesso non ci si in-
tuisce che anche gli uomini ne sono vittime, forse anche di più. Scolpire il proprio fisico significa conquistare un aspetto che permetterà di sentirsi accettati dagli altri: è necessario apparire per essere, e non il contrario, confessato solo a parole. Non ci si rende conto, però, che così si impoverisce lo sport, piegandolo a un fine limitato e limitante come l’apparenza esteriore. E non parliamo neanche della dimensione di possedere un fisico perfetto. Lo sport è una pratica straordinaria, che consente di far sentire l’uomo – e la donna – vivo, in equilibrio con il proprio corpo. Allenare i muscoli non è altro che gioire del movimento, della salute e del benessere. Nulla a che vedere con i muscoli finti o con il doping.
Musica&Spettacolo Gomorroide: il lato ridicolo della Camorra
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a napoletanità più verace al teatro Totò con il nuovo spettacolo firmato da “I ditelo voi”, in scena fino al 14 aprile, in cui gli atteggiamenti, il modo di parlare, le manie e i discowrsi dei camorristi vengono estremizzati e beffeggiati. Il trio partenopeo riesce a ridicolizzare e lo fanno enfatizzando, il lato meno conosciuto della camorra, seguito da una comicità intelligente . Gioco di parodie del film “Gomorra” e della camorra in ge-
nerale . Lo spettacolo è una pioggia di risate, coinvolgendo , moltissimo, la platea del Teatro Totò in Via Frediano Cavara a pochi passi da Via Foria. Si parte da due personaggi chiusi in una lampada abbrozante, stessa scena del film “ Gomorra” ed un terzo in cerca delle sue vittime, si va dai due ragazzini, completamente stupidi, armati di mitra che decidono di fare la guerra a tutti, passando alla “famiglia radioattiva”, che abita direttamente in una discarica abusiva e si organizza con gli imprenditori
del nord per continuare a smaltire illegalmente, dalla storia cantata, di “ Romeo” e “ Concetta” alla guerra tra “ Capucchoni “ e “ Monnezzi” che chiudono l’esilarante spettacolo, accompagnato da una platea gremita e divertita. Il forte Camorra’s Got Talent’, avvincente talent show, che la camorra ha organizzato per reclutare le nuove leve della criminalità. Attesi quanto amati i personaggi dei “gomorroidi”, killer del clan già visti su Raidue a “Made in sud”, con il “Fai schifooo!” pronunciato da Mim-
“Zingari Distratti”, ultimo capolavoro di Francesco Di Vicino
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’è chi, dopo una vita artistica passata a rincorrere il successo e musiche d’oltreoceano, riscopre e recupera le proprie radici, spesso come ripiego, raramente per maturità. E chi invece, come Francesco Di vicino, non ha nulla da recuperare perché è le radici di una terra che si rinnova e vive attraverso la sua arte. Napoli e l’entroterra vesuviano. Di Vicino, Continua a proporsi per quello che è sempre stato, un artista nudo e crudo, essenziale e poetico, sempre alla ricerca della verità, una verità d’intenti e dell’anima. Il suo ultimo album è come un grande bancone dove tutti i pezzi sono messi lì, senza fronzoli, e a disposizione di tutti. Ciò che lo contraddistingue è il suo modo di usare la voce, spesso senza un testo, in modo evocativo, tribale. I suoi vocalizzi ricordano gli indigeni americani dei secoli scorsi quanto i figli del grande popolo arabo, ma gli appartiene anche un particolare modo di fare step con la voce, così come la melodia. Conosciuto anche come ‘O Figlio d’ ‘o Viento, Di Vicino si ritiene un umile cantastorie con il compito di trasmettere al pubblico emozioni positive ma anche di ricordare e, non far dimenticare, episodi, situazioni e periodi importanti che hanno fatto la storia della nostra vita. Suoni mediter-
ranei con accenni di melodie più che suggestive. E’ suo il brano “Massimo” dedicato all’attore scomparso Massimo Troisi e pubblicato nel suo CD “Il Bianco & Il Nero” (2003) e in “Come un cesto di viole”, libro scritto da Rosaria Troisi (Edizioni Perdisa) in occasione del decennio della scomparsa del fratello Massimo. In “Zingari Distratti” Di Vicino omaggia il compianto Andrea Parodi con la canzone “Zingari” e i partigiani italiani con “Camicia rossa”, senza però dimenticare, col pezzo strumentale in tempi dispari “Briganti”, gli altri partigiani, quelli del 1861 che hanno combattuto contro lo spietato invasore piemontese e contro quella bugia dal nome “risorgimento”. Di Vicino è autore e compositore di tutte le canzoni contenute nei sette lavori discografici.
Spesso il nostro futuro si trova nella ricerca delle nostre radici. “La musica popolare rappresenta per me il “ricominciare”. Proprio riferendosi a quel Cristo biblico che ha promesso di ritornare, nel suo brano “E danza e danza”, Di Vicino canta così: “... Quando tornerà il Re degli zingari... mi troverà cantando... per Lui! Di Vicino ha trascorsi da posteggiatore. “A Napoli”, racconta Francesco, “il classico napoletano è una tappa obbligatoria per chi intende fare musica e comunicare col proprio pubblico e soprattutto, è un modo per poter sopravvivere con la musica. In un epoca come quella in cui viviamo, dove le maior e le etichette discografiche non investono un centesimo per prodotti che non siano altamente commerciali, un artista deve inventarsi strade alternative e parallele.”
mo Manfredi ormai già tormentone acclamato. Tra le parodie cantate più riuscite. Oltre Dieci sketch, un paio di “omaggi” a Totò, con battute riprese da “Totò truffa ‘62” e “Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi”, parti cantate e amara ironia, sono il filo conduttore di queste circa due ore intense di spettacolo. Prodotto da Tunnel Produzioni, scritto da Raffaele Ferrante, Mimmo Manfredi e Francesco De Fraia per la regia Gianluca Ansanelli e la partecipazione in scena di Rita Corrado ed Enzo Costanza, lo spettacolo mostra il lato
grottesco e paradossale della malavita organizzata. Facendoci riflettere che la camorra si combatte anche così, rendendola ridicola e ricca di contraddizioni. Assolutamente da non perdere. Lo spettacolo resta in scena al Teatro Totò di Napoli fino al 14 Aprile 2013. Per informazioni: www.teatrototo.it
Turismo
La dolce quiete di Vico Equense
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ercorrendo la statale sorrentina, che da Castellammare conduce a Sorrento, la prima immagine di Vico è il suo castello. Antico Fortilizio, residenza di feudatari, centro di potere e difesa,con la sua elegante struttura, austera e severa, giganteggia sull’abitato conferendogli prestigio e decoro. Il castello angioino o Giusso , in omaggio a questa famiglia che lo possedette dal 1822 al 1934, riportandolo alla passata magnificenza, non è però l’unico monumento degno di nota di questa cittadina, con ascendenze greche o fenicie. Altra costruzione di uguale rilievo storico-artistico è la trecentesca cattedrale. A picco sul mare, sorretta da robusti archi di pietra, con il suo aspetto maestoso e solenne, è il simbolo più noto di quest’amena località, incastonata tra il verde delle montagne e l’azzurro del mare. Essa, oltre ad essere quella nobile espressione di gotico che tutti conosciamo, è pure il sacro sacello custode dei resti mortali di tanti illustri personaggi locali e non. Tra i quali non si può non ricordare la dotta figura dell’illuminista Gaetano Filangieri. Vico Equense comunque, non è solo storia, in quanto è anche rinomato luogo di vacanze, con una tradizione di artigianato e lavorazione casearia, pur esse degne di essere menzionate e ricordate. Clou della cittadina è però l’affettuosa piazzetta, tranquilla oasi di pace ed animato ritrovo di lunghe notti d’estate. L’immagine è accogliente ed ha un sapore antico. Il clima che vi si respira è quello di una realtà un po’ casalinga, ma niente affatto provinciale. La dimensione è quindi quella di una suggestiva rassicurante quiete, cara alla sensibilità di tutti, che le moderne, asettiche ed efficienti città dei nostri tempi, hanno definitivamente infranto. Al centro fa bella mostra di sé una fontana di umbertina memoria, mentre ali angoli, sotto caratteristici ombrelloni, giacciono affollati tavoli di bar che forse nessuno ricorda di aver mai visto chiusi. In un angolo gigantesco poi il ritratto murale di Antonio Asturi. Pittore locale, di indubbio talento artistico, le cui “ carrozzelle “ costituiscono il vanto di tante pareti domestiche. Nonostante la folta presenza turistica in tutte le stagioni, la vegetazione di Vico è comunque intatta. Ogni angolo di territorio infatti, in relazione alla posizione ed altitudine, racchiude ancora la primitiva alberazione e floreazione. E’ cos’ possibile incontra-
re aranci e limoni in qualunque anfratto della pianura, mentre in collina signore incontrastato è l’olivo. Attraverso i forti noci, si giunge infine ai monumentali pini e castagni del Faito. La costa è invece dolce e ampia, articolata in promontori ed insenature che la rendono varia e gradevole alla vista. Di riflesso le spiagge sono l’espressione di tanta variegazione e movimento, con rocce e sabbia, sin da essere in grado di esaudire ogni se pur esosa esigenza. Chi però di Vico non intende usufruire del mare, può rivolgere allora le proprie attenzioni alla selva del Faito. Con una cima completamente coperta di alberi di alto fusto, il clima mite e la modesta altitu-
Grande Successo per E … Fuori Nevica !
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uesta sinossi della commedia l’ho scritta quasi vent’anni fa, quando debuttai al Teatro Piccolo Eliseo di Roma. E non è cambiata la trama. Non ho sentito il bisogno di rinfrescare la storia perché è una storia senza tempo”. La descrizione è di Vincenzo Salemme, autore e regista di “E fuori nevica!”. Dalla prima edizione storica, dove sulla scena appariva lo stesso autore e regista Vincenzo Salemme, assistiamo alla rappresentazione di un nuovo cast, composto da Francesco Procopio, Giovanni Esposito, Andrea Di Maria e Mario Porfito, sempre con la regia di Salemme. La storia si svolge nell’arco di un mese, a fine estate, quando finalmente, dopo quasi vent’anni, si riuniscono tre fratelli. Enzo, Cico e Stefano. Enzo, cantautore di scarso talento, tanto da pensare di proporre al suo impresario una canzone con il titolo di “ Pazziatatà”, per
il prossimo Festival di Sanremo, ispiratosi dall’inferno della casa-gabbia; Cico, affetto da una strana forma di autismo, con l’instancabile voglia di giocare insieme ai fratelli; Stefano, “il normale”, ossessionato da un eccessivo senso di responsabilità, è costretto a privarsi di tante cose, tra cui fumare, per essere “ perfetto” davanti agli occhi della suocera, colei che ha le redini della situazione sentimentale con “ Nora ”.La circostanza è determinata dalla morte della madre che, per tenere uniti i suoi tre figli, escogita un testamento che li vede costretti, pur di ottenere tre parti uguali dell’eredità, a una difficile convivenza: Enzo e Stefano dovranno occuparsi del fratello “diverso”, profondo osservatore della realtà che lo circonda. Si scoprirà che la morte della madre è stata determinata da una eccessiva dose di morfina, intenzional-
mente somministrata da Cico per non vederla più soffrire. Per salvarlo dalla galera, gli altri due fratelli decideranno di rinchiudere Cico in clinica. E lui accetterà purché si brindi tutti insieme, con una dose di veleno letale per tutti e tre che li unirà, infine, per sempre: “è finito il teatrino”. Un’opera teatrale tragicomica in cui la malattia e la diversità sono trattati con grande tolleranza. Della trama non si vuole anticipare nulla, per chi non conosce la commedia, c’è gusto della scoperta: occorre però ribadire una peculiarità essenziale del miglior Salemme, quella di saper trasformare tragedie potenziali in esilaranti situazioni comiche. Tirando le somme, è uno spettacolo sicuramente straconsigliato a chi ne è digiuno del tutto, ma senza dubbio godibilissima anche per chi, aveva già visto il ‘Fuori nevica’ interpretato dallo stesso Salemme, che potrà apprezzare le lievi differenze e la bravura degli attori, la commedia ha una lunga storia, è stata scritta da Salemme quasi vent’anni fa, è stata apprezzata soprattutto a Napoli e viene ora riproposta con un nuovo cast. Le scene sono di Alessandro Chiti, i costumi di Mariano Tufano e le musiche di Antonio Boccia. L’esilarante spettacolo sarà in scena nella splendida cornice del Teatro Delle Palme, in Via Vetriera a Chiaia
dine, rappresenta la giusta montagnosa quiete per ogni tipo di riposo. La sua eterna bellezza di scenario alpino, gode anche del fascino del mutare delle stagioni, in un panorama degno della migliore tradizione. Come poi ignorare pure altri posti ugualmente ameni, quale la lussureggiante collina di Santa Maria del Castello, o i caratteristici Casali con costumanze e tradizioni proprie? Vi è infine un angolino di Vico, sito nell’antico quartiere vescovado, che forse più di tutto e di ogni altra cosa val la pena di ricordare e visitare. In un impianto urbanistico, di romana memoria, con strade ad angolo retto, è infatti possibile ammirare alcuni pregevoli archi i stile catalano. Indubbie testimonianze artistiche, non custodite in musei e non preservati dalle intemperie e
dalle inclemenze del tempo, che risalgono al lontano periodo della dominazione aragonese nell’Italia meridionale. L’intera superficie, oltre che da questi archi è però costellata anche da frammenti architettonici, sempre in stile catalano, perfettamente inseriti all’interno di edifici di gran lunga più recenti. La caratteristica dei quartieri quindi, è che qui l’arte non è ostentata, non è un impegno, non è una presenza ossessiva. Al contrario, è discreta e la si coglie solo se lo si desidera. Così passeggiando, volendo, si può anche ammirare un castello antico inserito nel moderno. Questa quindi è Vico, ieri antico feudo, oggi libera cittadina che mirabilmente fonde in sé, in un perfetto amalgama, tra passato e presente, storia, arte e tradizione.
Cinema
“Il discorso del Re” diventa comico
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uca Barbareschi, contestato in sala da una parte di pubblico per vicende relative al suo impegno politico, è regista e interprete de “Il discorso del re”. La storia è quella nota ai più del Duca di York e secondogenito di re Giorgio V, Bertie , affetto da una grave forma di balbuzie che gli aliena la considerazione del padre, il favore della corte e l’affetto del popolo inglese. Figlio di un padre anaffettivo e padre affettuoso di Elisabetta (futura Elisabetta II) e Margaret, Bertie è costretto suo malgrado a parlare in pubblico e dentro i microfoni della radiio. A soccorrerlo ci penseranno le tecniche poco convenzionali di Lionel Logue, logopedista di origine australiana. Tra i due nascerà una profonda amicizia, più forte dei rispettivi ruoli e delle convenzioni sociali. Tra spasmi, rilassamenti muscolari, tempi di uscita e articolazioni più o meno perfette, Bertie scalzerà il fratello “regneggiante”, salirà al trono col nome di Giorgio VI e troverà la corretta fonazione e la fiducia in sé stesso durante il suo discorso più bello. Quello che ispirerà la sua nazione guidandola contro la Germania nazista. Rispetto alla versione cinematografica Barbareschi accentua i toni da commedia riservando per sé il ruolo di un Lione Logue decisamente comico. Se Geoffrey Rush era un logopedista profondo conoscitore dell’animo umano, saggio e carismatico Barbareschi è un guitto dalla battuta pronta e il bicchiere facile. E’ un attore fallito che sbarca il lunario dando lezioni di dizione. Nella commedia vengono presentati anche i provini che questo strampalato attore tenta senza fortuna nei vari teatri di Londra. Più marcata è anche la satira nei confronti della monarchia, che genera scambi di affilata ironia tra i due protagonisti. Nel suo insieme è tutta la storia che viene dirot-
tata verso una bonaria satira sociale. A farne le spese è il pathos complessivo, la portata drammatica della storia, che, è bene ricordarlo, si svolge alla vigilia del secondo conflitto mondiale. E se su tutto il film aleggia il fantasma di una catastrofe imminente, qui gli spigoli del dramma si smussano e lasciano spazio
alla commedia d’intrattenimento. Una commedia portata avanti con perizia e ritmo comunque notevoli, che rendono le due ore di spettacolo sicuramente piacevoli. Tutto si svolge in modo cadenzato, a mimare il rincorrersi degli avvenimenti storici, con l’aiuto di filmati audiovisivi
e una scenografia in continuo movimento Manca però il guizzo, la trovata scenica che possa dare al pubblico un emozione “nuova” rispetto alla visione del film. Straordinario Filippo Dini ( Bertie) che con il suo contributo riesce a dare spessore drammatico e profondità psicologica all’intera vicenda.
Il suo parlare faticoso, incespicato, la mancanza d’affetto e fiducia nei propri mezzi, sono resi splendidamente in una emozionante prova d’attore.
Informatica
Fenomeno blog Informazione libera e blog sono due termini che in genere vanno ormai di pari passo
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nternet, con i suoi canali di diffusione molteplici e difficilmente gestibili, è il responsabile principale del cambiamento radicale del concetto in sé di informazione, che ha avuto luogo negli ultimi anni. All’interno del mondo di internet, l’ascesa dei blog, a partire dalla fine degli anni novanta, ha costituito un altro elemento di rivoluzione nella diffusione di notizie, su di sé e sul mondo. La parola blog nasce dalla riduzione di web-log, “diario in rete”. Alla sua comparsa, il blog aveva la caratteristica principale di essere una sorta di “diario segreto”, quello in cui si scrivono i pensieri più intimi, o gli episodi quotidiani. Solo che il diario non era più cartaceo, ma veniva condiviso con tutti gli utenti interessati a leggere. Oggi, l’avvento dei social network, che consentono una condivisione molto più capillare e immediata dei pensieri, ha causato la restrizione di questi tipi di blog. Quello che si è andato sempre più diffondendo è stato il blog di informazione sul modello giornalistico. I blogger, invece, hanno la possibilità di esprimere in totale libertà le loro idee, di fabbricare la notizia come più credono, perché sono indipendenti. O almeno così dovrebbe esse-
Consapevolezza dentro al piatto Educazione alimentare al Liceo Scientifico
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re. Tuttavia, la sua struttura e i suoi contenuti spesso sono stati criticati. Il blog è stato messo in dubbio per la sua veridicità o per la diffusione di notizie dal messaggio molto forte o eccessivamente polemico. Come attestare allora che una notizia ripor-
tata su un blog sia veridica? Come tutelare le fonti di una notizia?. Districarsi nella selva dell’informazione giornalistica online non è sicuramente una questione facile da affrontare. Ed è certo che i blog rimangono un canale fondamentale di espressione.
La loro libertà ne è una caratteristica forse imprescindibile e limitarne o inquadrarne la possibilità di espressione sarebbe forse un ucciderne l’essenza più autentica, oltre che un compito obiettivamente arduo da affrontare.
iceo Scientifico il primo incontro del progetto di educazione alimentare: “Consapevolezze le fino in fondo al piatto”. Gli altri appuntamenti sono fis-sati rispettivamente il 21 e il 28 maggio, sempre nel-l’Aula Magna del Liceo. Questa iniziativa, che ha visto e vedrà coinvolti gli studenti liceali e le insegnanti di scienze, le professoresse Marisa Ottonello e Paola Novelli, è patrocinata dall’associazione onlus A.D.I.A di Acqui Terme (Associazione Diabete Informato ed Assistito), con sede presso l’ospedale “Mons. Galliano” di Acqui Terme. L’A.D.I.A., da alcuni anni, è attiva sul territorio per supportare ed assistere la popolazione diabetica e non. Con questo progetto, l’associazione vuole informare ed indirizzare i ragazzi alla cor-retta alimentazione e fornire più precise conoscenze sul diabete.
La dietista, Dott.ssa Samanta Rondinone, responsabile della gestione del corso, si è occupata di educazione ali-mentare, esponendo i principi per una sana e bilanciata alimentazione. Successivamente gli studenti saranno istruiti sulla lettura e sull’analisi delle etichette nutrizio-nali dei prodotti alimentari più consumati dai giovani. Inoltre la Dott.ssa Marilena Lanero, diabetologa presso l’ospedale “Mons. Galliano” di Acqui Terme, fornirà importanti informazioni sul diabete e sulla prevenzione di questa seria patologia. La finalità del corso è quella di creare dei consumatori consapevoli dei propri comportamenti alimentari, sfatan-do i falsi miti, con l’obiettivo di ottenere uno stile di vita corretto ed equilibrato.
C’è un progetto per il convento dei Cappuccini
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’è un progetto, portato avanti dai frati proprietari dell’immo-bile e dalle suore della Misercordia per il convento dei Cappuccini che prevede 6 posti per malati in situazioni difficili, una sorta di continuità assistenziale per pa-zienti dimessi dall’ospedale. I tempi di realizzazione però non saranno brevissi-mi. Ma la trattativa, assicurano i protagonisti, va avanti.
Varie Dopo la trepidante attesa a breve Prometheus Dopo Alien (1979) l’attore Ridley Scott punta sulla prossima pellicola in uscita
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on sono molti i film di cui si attende l’uscita in sala con trepidazione e la voglia di constatare se una promessa implicitamente fatta viene poi mantenuta. “Prometheus” è uno di questi. Il prologo rappresenta la promessa di ciò che sarà il film. Con “Prometheus” Ridley Scott torna al genere che tante soddisfazioni gli ha dato in passato. Basti pensare ad “Alien” (1979) – suo secondo lungometraggio – che ha rivoluzionato il modo di fare film di fantascienza, diventando un cult, senza dimenticare “Blade Runner” (1982). Un gruppo di esploratori e scienziati si avventurano in un viaggio lontano da casa, a bordo della nave spaziale Prometheus, per scovare indizi sulle origini dell’umanità. La dottoressa Elisabeth Shaw è convinta di trovare le risposte tanto desiderate, ma ciò in cui la squadra si imbatte non è pacifico come la scienziata crede all’inizio. La donna si troverà a lottare per la sopravvivenza sua e dei suoi compagni.
In “Prometheus” il regista affronta domande a cui l’essere umano cerca da sempre di rispondere. Scott ha inventato un intero mondo partendo da una figura appena accennata in “Alien”, ovvero la creatura fossilizzata con il petto squarciato, che si vede all’inizio del film. “Chi era? Da dove proveniva? Qual era la sua missione? Che tecnologia possedeva? Pensavo che queste domande potessero rappresentare la base per produrre idee importanti” rivela il regista. L’intento primario è stato quello di creare qualcosa che avesse “verità, originalità e forza”. Se però “Prometheus” ha preso vita come un prequel di “Alien”, si è poi sviluppato in qualcosa di molto più complesso e organico, ed è diventato un altro universo. La storia è ben argomentata, lascia la voglia di sapere cosa accade dopo il suo epilogo, riesce a catalizzare l’attenzione, nonostante ci siano situazioni familiari e presumibili. Gli scienziati del film vogliono incontrare i loro creatori spingendosi oltre e sfidando di fatto ‘gli dei’, come ha fatto nella
atavico di non morire. Per ciò che riguarda la scelta degli attori veste i panni di Elisabeth Shaw, Noomi Rapace, che sprigiona energia e forza vitale, rispecchiando appieno i diversi stati emotivi in cui viene a trovarsi il suo personaggio: prima scienziata dall’indissolubile credo, poi una donna che lotta per la sopravvivenza. Per ciò che riguarda gli aspetti tecnici e l’ambientazione, buona parte dei set sono stati costruiti
partendo da zero, per dare vita a una realtà tangibile. “Quando giri su set concreti tutti si comportano in maniera naturale e spontanea, perché sentono di ritrovarsi immersi nella realtà” ha dichiarato lo scenografo Arthur Max. La produzione ha effettuato le riprese nei Pinewood Studios in Inghilterra, in cinque dei suoi teatri di posa, dove sono stati allestiti 16 set. Si può notare una straordinaria
attenzione per i dettagli sia degli oggetti che delle apparecchiature. Dopo 15 settimane nei teatri di posa, cast e troupe si sono diretti in Islanda per girare le sequenze conclusive e il prologo.“Prometheus” vi porterà per mano in un viaggio che non vi aspettate….o forse si!....vivendo un’esperienza visivamente appagante.
mitologia greca Prometheus, donando il fuoco agli esseri umani. Il titolo nasce da qui. Il film parla di ciò che l’uomo vuole ottenere: avere la consapevolezza delle sue origini e il perché è stato creato – come dice chiaramente il dott. Holloway in una scena. “La nostra vicenda affronta quello che potremmo trovare e punta su una visione pessimista” spiega Scott e infondo questa visione è riconducibile al comportamento umano quando in passato sono stati colonizzati nuovi territori, compiendo un sopruso nei riguardi dei nativi. L’interesse del regista è stato creare una verosimiglianza che potesse scuotere e spaventare il pubblico, dandogli anche la chiave per riflettere su se stesso. Il desiderio è che lo spettatore si immerga totalmente in questo universo, come se anche lui fosse lì, facendogli provare quella sensazione di disagio e d’inquietudine che fa rabbrividire, nel pensare di stare nei panni dell’uno o dell’altro personaggio. Figura ricorrente, nei film di fantascienza e qui presente, è quella di colui che vuole ingannare la morte soddisfacendo il desiderio
A Londra un bagno pubblico diventa caffè alla moda La stravagante idea di un imprenditore inglese in Foley Street
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a oggi è possibile mangiare e bere in un ex bagno pubblico. Dove? A Londra, la capitale del Regno Unito. La stravagante idea è venuta a un imprenditore inglese che ha trasformato un vecchio e semi-abbandonato bagno pubblico in un locale alla moda. Un vero e proprio caffè, dove ci si può incontrare con gli amici per chiacchierare davanti a una bella tazza calda e fumante. Il locale si trova a Londra appunto, in Foley Street, e ha aperto i battenti lo scorso mese di febbraio, come riporta il newspaper Daily Mail. Qui è possibile trovare vecchi orinatoi in porcellana di fine Ottocento che sono stati trasformati in comodi posti individuali. Il proprietario ha dichiarato che ha intenzione di espandere la sua attività così da poter offrire ai propri clienti cibo a livello di ristorante stel-
lato. La ristrutturazione del locale è costata 115.00 euro. Dal secolo scorso, infatti, non è mai stato difficile trovare un bagno pubblico a Londra. Un servizio prontamente utilizzabile dal cittadino e dal turista. Basta consumare qualcosa nei locali, oppure andare nelle stazioni ferroviarie e nelle metropolitane. Qui sono a pagamento: 20 pence da inserire nell’apposita macchinetta. E se non hai a disposizione le monete puoi cambiare le tue banconote nei distributori di cambio. Servizi igienici possono essere trovati anche nelle autostazioni e nei luoghi di interesse turistico. Qui in genere sono tenuti bene e attrezzati soprattutto per disabili e bambini piccoli. Nei fine settimana inoltre a Londra vengono installati dei vespasiani in plastica (usati dagli uomini), onde evitare che la gente orini
per strada (cosa che costituisce reato) o magari su qualche monumento storico. La geniale trovata dell’imprenditore, dimostra ancora una volta quanto Londra sia (da sempre) la capitale dell’avanguardia. La città che detta le leggi della moda e delle novità in fatto di costume in Europa e anche in tutto il mondo. “Swingin’ London” era chiamata nei favolosi ’60. Centro nevralgico di un fenomeno culturale che portò i giovani a orientarsi verso il nuovo e il moderno. Il termine fu coniato dal Time il 15 aprile del 1966. Sembra il caso di citare le parole dello scrittore inglese William Hazlitt:” Non penso possa esistere qualcosa che meriti essere chiamata Società al di fuori della città di Londra”.
Arte “MimosArt”: emozioni dell’arte
Coppa Italia Pizza di Qualità edizione 2013 Vittoria del giovane Antonio Arino
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i è conclusa a Nettuno (Roma) la Coppa Italia Pizza di Qualità, manifestazione nazionale della pizza organizzata come sempre dalla “Follie Production”, del manager Alfredo Folliero. L’evento è stato realizzato in collaborazione con l’Unione Europea Pizzaioli Tradizionali e Ristoratori. La città di Nettuno si è tinta dei colori della bandiera tricolore per ospitare La Coppa Italia Pizza di Qualità edizione 2013. Erano sei le batterie in gara sul palco: Margherita Doc, Calzone Doc, Pizza Innovativa, Pizza Dessert, Pizza senza Glutine, Pizza in Pala. Sponsor ufficiale della manifestazione la ditta Caputo con la sua farina. Il sig, Giuseppe Cravero, professionista del settore, si è distinto tra i gareggianti totalizzando il punteggio più alto, 1354 punti. Una nota importante da sottolineare sulla manifestazione è stata il dato di presenza dei concorrenti, in particolare modo l’età. I tre/ quarti dei concorrenti avevano infatti un’età compresa tra i sedici e i venticinque anni. Un vero e proprio ricambio generazionale, tante giovani leve che hanno brillato per il loro entusiasmo e la voglia di mettersi in gioco con l’esperienza e la professionalità degli affermati professionisti. Tra queste giovani leve ha brillato e si è distinto Antonio Arino, Arino junior per
l’appunto. Antonio di soli ventuno anni ha trionfato nella categoria Margherita Doc aggiudicandosi il posto di primo classificato con un risultato di 300 punti. Emozionato ed entusiasta ha sorriso ai presenti nella sua pettorina numero diciotto, accompagnato come sempre dal padre Pasquale. Ancora una volta l’impronta della classica pizza napoletana è stata impressa a livello nazionale dalla famiglia Arino. Gli Arino infatti avevano già trionfato nell’ultima edizione del Pizza World Cup grazie alla loro “margherita scenografica”, rappresentata da una fantasiosa
Pizza Polipo, con un polipo realizzato interamente in pasta di pizza. Nuova occasione questa per il team de La Caraffa per distinguersi tra i più professionali pizzaioli d’Italia. La Caraffa infatti è la famosa pizzeria di via Piave, nata nel giugno del 1981 e gestita con dedizione dalla famiglia Arino. Una squadra molto affiatata e fantasiosa, che dà appuntamento ai suoi clienti per la prossima gara tra i pizzaioli d’Italia per il mese di Aprile, nella città di Salerno. Abbiamo visto all’opera “gli Arino” nel loro ristorante. Il sig. Arino senior ci ha affascinato con le sue acrobazie facendo saltare in aria una semplice pagnotta di pasta
La creatività di Francesco Fiscardi L’artista astrattista realizza anche miniature di macchine votive per rappresentare la tradizione della Festa dei Gigli
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’abbiamo già conosciuto come valente pittore astrattista, in questo periodo impegnato nella realizzazione di una serie di opere dedicate alle grandi metropoli del mondo, nelle sue originali espressioni segnico-cromatiche, e che presto saranno oggetto di una mostra personale, ma la
creatività dell’artista Francesco Fiscardi si estende anche alle miniature delle macchine votive in scala 1:25, per restituirci la rappresentazione di un’antica tradizione della Campania riconducibile alla Festa dei Gigli di Nola. Il suo obiettivo è di preservare e di far conoscere la nostra cultura
anche ai visitatori di altre regioni e ai turisti stranieri, com’è già avvenuto in occasione di alcune esposizioni, una delle quali si è svolta qualche tempo fa a Palazzo Venezia, al centro storico di Napoli, suscitando notevole interesse tra il pubblico. Fiscardi costruisce miniature di macchine da festa sin da bambino, una passione che gli fu trasmessa dal padre col quale andava sempre a vedere la Festa dei Gigli a Nola, ma nel corso degli anni la tecnica di costruzione, appresa osservando proprio la costruzione delle macchine votive vere, si è raffinata fino ad introdurre anche i pastori con i fiati. Le miniature rispecchiano le strutture del primo ’900 per una ragione che è lo stesso artista a spiegarci: “La mia soddisfazione è d’immortalare un’epoca, trasmettere alle generazioni future la storia della Festa dei Gigli che rappresenta la nostra identità culturale.”
e roteandola per renderla gigantesca. A conclusione della manifestazione, queste sono state le parole del Presidente della Provincia di Viterbo Marcello Meroi: “Congratulazioni, dunque, a tutti gli artigiani pizzaioli vincitori, che con i loro primati rappresentano un ottimo veicolo promozionale per le eccellenze gastronomiche di questo territorio”. Ulteriori informazioni sull’evento sono reperibili sul sito: http:// www.uepter.it/1/pizza_ world_cup_2721439.html
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n occasione della “Festa della donna”, il Centro d’Arte e Cultura Gamen ha ospitato presso la sede di via Pontenuovo 26, a Napoli, il vernissage della mostra collettiva per sole artiste donne “MimosArt”, promossa da Stelvio Gambardella e Massimo Pacilio. L’esposizione, interamente dedicata all’universo femminile, ha avuto nel fiore simbolo dell’8 marzo il suo motivo ispiratore, nelle personali e differenti interpretazioni delle artiste partecipanti, sul piano emblematico, storico, sociale, formale e persino armonicocromatico. La particolare tematica della mostra ha determinato una naturale quanto raffinata complementarietà tra le opere proposte, offrendo numerose varianti esegetiche alla rassegna organizzata dal Gamen, tutte parimenti interessanti e decisamente affascinanti nelle loro ideali combinazioni. Durante i dieci giorni di apertura di “MimosArt”, i visitatori della mostra hanno avuto l’opportunità di seguire ciascuno il proprio percorso emozionale, nella successione di generi e di stili, di colori e di contenuti rappresentati, che hanno donato assoluta vivacità alla collettiva d’arte. In esposizione le opere di: Manuela Angelini, Aurora Baiano, Luisa Bergamini, Rubigna Chastenay, Edit Ergilia Di Teodoro, Amelia Gallo, Pina Magro, Ruslana Marych, Maria Migheli, Wilma Milone, Nevia Rasa, Silvia Rea, Adalgisa Santucci, Rosa Scarica, Anita Scola, Sharilù, Gabriella Sterzi, Elisa Tatti, Rossana Tiberio, Anna Turro, Rita Vitaloni.
I disegni a china di Rapicano
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opo la pittura e la scultura, l’artista napoletano Giovanni Rapicano si è dedicato al disegno, realizzando una serie di opere a china grazie alle quali ha raccolto significativi riconoscimenti per le suggestive atmosfere che riesce a creare con il suo tratto preciso ed essenziale al tempo stesso. Così, attraverso il disegno “Napoli, Castel dell’Ovo” (31x24 cm), Rapicano ci restituisce una Partenope senza tempo in cui le bellezze paesaggistiche e architettoniche si fondono, allora come oggi, rappresentando uno scenario sempre affascinante.
Salute L’uso prolungato di aspirina può portare alla perdita della vista Assumendola regolarmente per molti anni, come fa chi ha problemi di cuore, aumentano le probabilità di sviluppare la degenerazione maculare, una malattia degli occhi che porta a gravi compromissioni visive
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no studio condotto su ben 2.389 persone, pubblicato sulla rivista JAMA Internal Medicine, ha dimostrato che le persone che assumevano l’aspirina avevano raddoppiato la probabilità di sviluppare la degenerazione maculare “umida”. Questa malattia danneggia la parte centrale della retina. Gli stessi autori della ricerca, però, hanno dichiarato che non vi sono ancora prove sufficienti da poterci indurre a cambiare le abitudini nelle prescrizioni di aspirina. L’assunzione di basse dosi di aspirina ogni giorno, infatti, fa ridurre il rischio di ictus o infarti cardiaci in pazienti con malattie cardiovascolari. Si suppone, fra l’altro, che la cardioaspirina avrebbe anche un suo ruolo nella prevenzione del cancro. Nello studio, condotto presso l’Università di Sydney, una persona su dieci ha assunto l’aspirina almeno una volta a settimana. L’età media dei pazienti era di circa sessantacinque anni. I test oculari sono stati eseguiti dopo cinque, dieci e quindici anni dall’inizio dello studio. Alla fine della fase di analisi, i ricercatori hanno dimostrato che il 9,3% dei pazienti che assumono aspirina ha sviluppato la degenerazione maculare umida, mentre solo il 3,7% di chi non assumeva la cardioaspirina ha sviluppato la malattia. Nel rapporto pubblicato, risulta che l’aumento del rischio di degenerazione maculare si riscontra solo dopo 10-15 anni, il che suggerisce che la somministrazione prolungata nel tempo ha un ruolo importante nel determinismo della
L’assunzione di basse dosi di aspirina ogni giorno, infatti, fa ridurre il rischio di ictus o infarti cardiaci in pazienti con malattie cardiovascolari
malattia e, data la larga diffusione dell’aspirina, qualsiasi aumento del rischio di conseguenze è rilevante, potendo colpire moltissime persone. La degenerazione maculare umida è causata dalla neoformazione di vasi sanguigni, che crescono nel posto sbagliato. Questi determinano edema (gonfiore) e versamenti di sangue che danneggiano la retina. Il processo può avvenire molto rapidamente e la vista, quindi, può calare in pochi giorni. L’età, il fumo e la predisposizione familiare sono considerati i principali fattori di rischio. Rapporto rischio/beneficio Sono già noti i rischi di emorragie interne legati all’assunzione di
aspirina, ma ora, dall’analisi dei risultati di questo studio, va valutato anche il rischio di produrre danni alla vista. Risulta, in effetti, che vi siano “prove sufficienti” per modificare le modalità con cui prescriviamo l’aspirina. Per esempio, va rivalutata l’opportunità di somministrare il farmaco nei pazienti che sono già ad alto rischio di sviluppare la degenerazione maculare (il rischio è misurabile con degli specifici test genetici e con l’esame del fondo oculare) o nei pazienti che sono già colpiti dalla malattia. Inoltre, vanno spiegati ai pazienti i rischi ed i benefici che si possono ottenere dall’assunzione
prolungata dell’aspirina. È da precisare, però, che le prove dell’associazione fra accumulo di aspirina e degenerazione maculare senile non sono travolgenti e, per i pazienti con potenziali malattie cardiovascolari, i rischi per la salute che si corrono sospendendo (o non prescrivendo) l’assunzione di aspirina appaiono molto superiori al rischio di sviluppare la degenerazione maculare. Le persone che assumono aspirina perché prescritta dal proprio medico, quindi, non devono interromperne l’uso prima di aver consultato il proprio medico di fiducia o il proprio cardiologo. I risultati della ricerca, inoltre, sono molto interessanti per una migliore
comprensione della degenerazione maculare. Questa malattia, infatti, è la principale causa di perdita della vista in Italia e, da questo studio, conosciamo ora uno dei motivi per cui alcune persone possono sviluppare la forma umida della degenerazione maculare. Saranno necessarie nuove analisi per chiarire alcune questioni sollevate nello studio, ma questa correlazione sarà molto utile per noi medici d’ora in poi, dovendo tenere conto anche di questo possibile effetto collaterale tutte le volte che prevediamo di prescrivere l’aspirina.
Quando la depressione annienta il genio Suicida Aaron Swartz, creatore di Reddit
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l corpo di Aaron Swartz è stato trovato a New York. Il giovane 26enne si sarebbe tolto la vita l’11 gennaio. Personalità nota e attiva nell’ambito dei diritti digitali, era stato accusato di crimini informatici per aver scaricato 4 milioni di documenti dell’archivio Jstor. Sullo sfondo di questa storia, anni di depressione. La famiglia ha parlato di persecuzione giudiziaria e accusa le autorità. Tra i suoi progetti informatici c’erano Reddit, Rss1.0, Python e i Creative Commons. Ma a 26 anni, Aaron Swartz ha deciso di togliersi la vita. Brillante attivista informatico, anni dedicati all’ideale della condivisione di informazioni e dati su internet, Swartz ha lavorato per definire e diffondere standard
per questi obbiettivi. C’era lui dietro Demand Progress, la campagna contro Sopa/Pipa, gli “Act” proposti per regolamentare unilateralmente la Rete in USA. “Ultimamente non parlava tanto del processo, ha raccontato l’amica Quinn Norton, “anche se lo aveva portato fino all’esaurimento. Gli ultimi anni sono stati difficili per Aaron perché ha dovuto lottare con una cronica e dolorosa malattia come la depressione”. “Aveva una certa logica del suo cervello”, ha dichiarato lo zio di Aaron, Michel Wolf amministratore di B. Obama, “non era sempre in sintonia con il mondo esterno”. La depressione è purtroppo ancora oggi una malattia poco conosciuta, così dolorosa da poter portare alla morte. La depressione è un disturbo dell’umore caratterizzato
da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi che, nel loro insieme, sono in grado di diminuire il tono dell’umore, compromettendo il “funzionamento” di una persona e le sue abilità ad adattarsi alla vita sociale. La depressione non è quindi, come spesso ritenuto, un semplice abbassamento dell’umore, ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri e il mondo esterno. “Gli ultimi dati forniti dagli istituti di psichiatria, ha spiegato il professor Alberto Giannino, presidente dell’Associazione
dei docenti Cattolici, indicano un forte aumento della depressione fra i giovani: l’8% dei giovani soffre di nevrosi d’ansia e il 5% di depressioni gravemente limitanti. Inoltre per sette ragazzi su cento, che hanno oggi fra i 18 e i 24 anni, la malattia è cominciata prima della maggiore età”. Lo stress da competizione, i ritmi di crescita accelerati, la solitudine, gli ambienti relazionali più complessi, le minori occasioni di gioco: sono tutti sintomi che intaccano la vita quotidiana dei bambini e degli adolescenti e che, secondo i docenti, finiscono per avere pesanti ripercussioni sulla loro salute mentale.
Società&Fatti
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i sa, il matrimonio è uno dei giorni più belli della vita di una coppia, ma lo stress per i preparativi rischia di far arrivare molte spose all’altare elettrizzate e molti mariti stanchi. Se siete tra quelle coppie per le quali scegliere è un dilemma senza soluzioni e confondete il termine organizzazione con confusione, ahimè, non vi resta che inserire la voce wedding planner nella lista nozze. Letteralmente organizzatrice di matrimonio, la wedding planner è colei che, da brava regista, tiene le fila dell’organizzazione del matrimonio, sollevando gli sposi da numerose incombenze e lasciando loro solo la parte migliore, per rendere la giornata davvero i dimenticabile. Una brava organizzatrice deve essere dotata di buon
Wedding planner, il matrimonio si fa in tre Una nuova figura professionale organizza l’evento nuziale “la wedding planner è colei che, da brava regista, tiene le fila dell’organizzazione del matrimonio, sollevando gli sposi da numerose incombenze e lasciando loro solo la parte migliore”
stile e gusto ma anche di pazienza, diplomazia, capacità di ascolto e ottima coordinazione per potersi districare senza problemi tra desideri, capricci e necessità che accompagnano i preparativi di ogni matrimonio. Da perfetta consulente deve essere capace di individuare la location perfetta, consigliare il fiorista migliore, proporre i musicisti, i fotografi, parrucchieri e visagisti più bravi, aiutare la sposa nella ricerca dell’abito giusto e lo sposo nella scelta della macchina per il matrimonio e in tutto ciò che può provocare ansia e notti insonni così da diventare una presenza insostituibile per la coppia. In America è una professione consolidata e remunerativa nonché ricca di soddisfazioni personali, mentre in Italia si sta facendo strada solo negli ultimi anni ma, nonostante ciò, sono già numerosi i corsi utili a intraprendere questa nuova attività, tra i tanti attivi è consigliabile scegliere quelli che si concludono con un periodo di stage presso un’agenzia così da mettere subito in pratica le nozioni imparate e lavorare sul campo. Il proverbio chi fa per sé fa per tre qui non vale, nell’organizzazione del matrimonio tre è il numero perfetto.
Intitolare una strada o una piazza a Roberto Murolo Il Comitato Valori Collinari promotere dell’iniziativa
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ennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari, in occasione dell’anniversario, che cade oggi, della morte di Roberto Murolo, il grande cantore della Napoli classica e nobile, invita l’amministrazione comunale partenopea a dedicare alla memoria di uno degli artisti napoletani più amati e
più conosciuti al mondo, scomparso dunque esattamente dieci anni or sono, una strada, una piazza o un altro luogo pubblico del capoluogo partenopeo. “A dieci anni dalla dipartita del maestro, avvenuta a 91 anni il 13 marzo 2003 – scrive Capodanno -, ritengo doveroso lanciare l’appello
all’amministrazione comunale partenopea affinché venga dedicata al grande artista napoletano, vissuto nella stessa casa del padre, Ernesto Murolo, nel quartiere Vomero in via Cimarosa, 25, una piazza o una strada del capoluogo partenopeo“.
“Alienart”, la trasformazione fisica degli spazi urbani Alla sede del Centro Culturale Artemisia è stato presentato un progetto di ricerca sull’identità individuale ai tempi della crisi
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resso Arsproject, sede del Centro Culturale Artemisia, in Frattamaggiore, è stato presentato il progetto “Alienart”, coordinato da Salvatore Caruso e Ciro Aversano, iniziativa dedicata al tema della trasformazione fisica degli spazi urbani nell’era della rete virtuale e alla volontà di indagare sul tema dell’identità individuale, sempre discusso eppure oggi particolarmente sentito, in quanto al centro di una evidente crisi economica e sociale. “’Alienart’ – spiegano
i coordinatori – è una ricerca che racconta le connessioni e i percorsi di vita del luogo in esame frantumandone la dimensione fisica. Il progetto si focalizza sull’idea della trasformazione quotidiana di persone nell’ambiente urbanistico/architettonico. Esso si sviluppa lungo un percorso urbanistico caratterizzato da luoghi significativi ed anonimi.” Gli autori di questa lodevole iniziativa, a carattere artisticoconcettuale, hanno certamente colto una delle più evidenti trasformazioni della società
occidentale contemporanea, quella che vede gli abitanti degli spazi urbani rimodulare il proprio rapporto con l’ambiente di prossimità, rappresentando anche un ritorno ad un’epoca passata quando i cittadini, giovani ed anziani, intendevano la piazza, la strada, il parco pubblico come luogo d’incontro e di fruizione privilegiato, per le medesime ragioni per le quali oggi si prevede una rievocazione di questo costume, ossia per le limitate possibilità di una mobilità veicolare privata.
Ultimissime Hollywood incontra Napoli
“Gli Amici del
Il premio Oscar Jonathan Demme documenta la vita e la musica di Enzo Avitabile
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l regista de “Il silenzio degli Innocenti”, innamoratosi della musica dell’artista partenopeo, ascoltata per caso una volta in radio, ricostruisce la personalità del suo idolo attraverso un viaggio tanto culturale quanto geografico, per i rioni di Marianella, quartiere nel quale Avitabile è cresciuto - anche musicalmente, studiando dieci ore al giorno in uno studio/scantinato tutt’altro che confortevole - ma anche con le mille sfumature delle sue opere, legate alla matrice napoletana, ma in grado di spaziare tra influenze da tutto il mondo. ”All’interno di un musicista si trovano una moltitudine di musicisti”, con queste parole Avitabile descrive il suo mestiere e, involontariamente anche lo spirito dell’intero film. Come sempre, quando gira i suoi documentari musicali, a Demme non interessa affatto raccontare la cronistoria del personaggio di cui vuole fare il ritratto, semmai gli interessa registrare un fremito, un ricordo rivissuto in diretta dal musicista. Così, come quando Neil Young in Neil Young Journeys ricordava la sua vita mentre guidava in macchina. Infatti, Enzo ospita regista, troupe e spettatori all’interno della sua casa, e li guida per le strade della sua Napoli, tra i meandri della sua
vita e dei tanti ricordi. Piano piano affiorano, quasi improvvisamente, come nelle migliori improvvisazioni jazz, aneddoti familiari, ricordi d’infanzia e di formazione: ad esempio la visita nella vecchia cantina in cui Enzo suonava le sue prime note al sassofono o il ritorno al Conservatorio di Napoli. La vera protagonista di questo documentario è però la musica. Il film infatti assume le caratteristiche di un vero e proprio concerto dove le caratteristiche sonorità partenopee si uniscono,
si mischiano, diventano un tutt’uno con quelle di altri paesi, rappresentati dai loro strumenti tanto caratteristici quanto rari: dal sitar indiano alle launeddas sarde. Il documentario è un mini ritratto di una Napoli forse un troppo facilmente stereotipata da chi non la vive dall’interno, ma ricca di una cultura che col tempo sta perdendosi. Uno degli aspetti che affiora più prepotentemente guadando il film è indubbiamente la smisurata passione di Enzo Avitabile per tutto quello che si
lega alla musica, la sua e quella degli altri. Tutto questo traspare dallo sguardo appassionato del musicista mentre suona i suoi strumenti, magistralmente catturato dai primissimi piani di Demme, diventato ormai un modello da seguire per chi si appresta a intraprendere la carriera di documentarista.
Colore” al PAN
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n occasione di “MarzoDonna; Lavoro, Cultura, Differenze” 2013, il gruppo degli “Amici del Colore” ha presentato, presso il PAN (Palazzo delle Arti Napoli) una mostra d’arte contemporanea coordinata da Alma Sauro, con un intervento critico di Rosario Pinto. Gli Artisti del gruppo “Gli Amici del Colore”, fondato nel 1997 e coordinato da Alma Sauro, pur diversi per formazione culturale e genere pittorico, sono accomunati nell’intento di diffondere l’Arte e la Cultura in sintonia con le problematiche attuali, mantenendo fede ad un valore che è contenuto nella stessa denominazione del sodalizio: l’amicizia. Nel corso degli anni il Gruppo ha sempre tenuto saldi i legami interni e allo stesso tempo sviluppato le relazioni con l’esterno portando colore in molti ambienti, anche istituzionali, della città di Napoli, un colore che non va inteso nella sua sola accezione estetica, ma è da interpretarsi quale forma d’espressione artistica per mezzo della quale affrontare anche tematiche sociali di un certo rilievo. In esposizione opere degli artisti: Giovanni Ariano, Maria Bellucci.Ione De Rosa, Carmen Fabbri, Giuseppe Di Franco, Felice Garofano, Luro (Lucio Romagnuolo), Patrizia Iovine, Marilena Mercogliano. Mirta, Maria Petraccone, Remo Romagnuolo, Alma Sauro
L’associazione NarteA in scena con “Captivi”
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’associazione culturale NarteA, promotrice dell’evento “CAPTIVI”, presso il complesso storico museale del Pio Monte della Misericordia, è costituita da un gruppo di giovani, uniti dalla passione e l’amore per l’ arte in tutte le sue forme ed espressioni, che pongono come obbiettivo principale, la divulgazione, la valorizzazione e la tutela dell’ immenso patrimonio storico e culturale di Napoli. L’associazione svolge questo ruolo di diffusione e tutela dei beni culturali e paesaggistici del territorio partenopeo, attraverso un “format” brevettato dalla stessa associazione, quella della visita guidata teatralizzata, che mira alla spettacolarizzazione dell’evento culturale, creando un vero e proprio “mix” di storia, arte, teatro e musica. L’associazione infatti si avvale non solo di numerose guide, esperte e preparate, ma anche di attori professionisti, che insieme alle guide, creano un’atmosfera sensazionale, facendo vivere allo spettatore incredibili esperienze.La visita ha avuto l’obiettivo di raccontare allo spettatore le opere del Pio Monte Della Misericordia, che fra le sue attività caritatevoli, svolgeva la funzione di Redentione dei Captivi, cioè la liberazione degli schiavi cristiani dalle mani degli infedeli. L’esperta guida Alessia Zorzenon, insieme agli attori professionisti Raffaele Ausiello, Serena Pisa e Antimo Casertano, attraverso la visita guidata teatralizzata, brevettata dalla associazione NarteA, raccontano le vicende riguardanti la Redenzione dei Captivi, e le attività svolte dal Pio Monte. Il tutto nelle suggestive sale dell’appartamento storico del Pio Monte della Misericordia, ricche di dipinti e bozzetti di insigni pittori, tra i quali De Mura, Stanzione, Ribera, Giordano, Pitloo, Vaccaro, Francanzano, Santafede e Van Somer. Inoltre all’interno della struttura, è presente il celebre dipinto delle Sette Opere della Misericordia, capolavoro di Caravaggio.
Eventi L’incanto della musica di Partenope a bordo di MSC DIVINA Crociera della Musica Napoletana: il viaggio che non ti aspetti
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a magia del mare incontra l’emozione della musica. Archiviata con successo la quinta edizione, la macchina organizzativa della Scoop Travel è già al lavoro per organizzare la sesta edizione della “Crociera della Musica Napoletana”, in collaborazione con MSC Crociere. Dal 22 al 29 settembre 2013 la MSC Divina, così chiamata in onore della leggenda dello schermo e madrina di MSC Sophia Loren, solcherà le onde del Mediterraneo per un’esperienza unica che coniuga la magia del mare alle suggestioni delle melodie partenopee. Quando si parla di cultura napoletana è immediato il collegamento alla grande tradizione musicale della città, che ne è componente fondamentale, quasi peculiare. Obiettivo dichiarato dell’iniziativa è dunque quello di promuovere e valorizzare il patrimonio artistico napoletano, servendosi di testimonial d’eccellenza provenienti dal mondo della canzone, delle arti figurative e dalla cultura universitaria. A far da cornice a quest’evento itinerante, i porti di
Bari, Katakolon, Izmir, Istanbul, Dubrovnik e Venezia. Ospite d’onore sarà Eddy Napoli, figlio d’arte e già apprezzato solista dell’Orchestra Italiana di Renzo Arbore. Con lui, Fiorenza Calogero, artista dalle grandi potenzialità artistiche, già
Per informazioni e prenotazioni: 081.5567741
ammirata nel film “ Passione” di John Turturro ed i ritmi coinvolgenti dell’Ensemble Napulantica. Novità assoluta di quest’anno, il “Pittore Brigante” Cuono Gaglione, già protagonista della scorsa edizione, darà l’opportunità a
tutti gli appassionati del genere di apprendere i rudimenti delle tecniche ad acquerello con un corso di pittura, aperto a tutti i partecipanti, che premierà i migliori allievi. Questa iniziativa rientra ormai tra gli eventi caratterizzanti
del panorama artistico partenopeo. Punto di forza dell’evento partorito da Scoop Traveled Msc Crociere è l’aver compreso che la cultura napoletana non si esaurisce con la canzone, ma abbraccia le arterie della pittura, della scultura, della musica classica, della letteratura e di ogni altra espressione artistica. Durante la crociera, infatti, accanto ai concerti serali, il musicologo e docente universitario Pasquale Scialò intratterrà i crocieristi con delle conversazioni tematiche di approfondimento su vari aspetti legati alla canzone napoletana, con incontri accompagnati da canto dal vivo e proiezioni di documenti storici.Il lavoro condotto dalla Scoop Travel e da MSC Crociere mira a creare un futuro dove Napoli possa ritornare agli antichi splendori e rappresentare non solo una destinazione turistica matura, ma anche un crocevia di scambi culturali ed una vera Capitale del Mediterraneo.
La Cassazione interviene in materia di istigazione alla corruzione “Lasciate stare e pigliatevi ’nu cafè”
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embra siano state queste le parole pronunciate da un automobilista napoletano, fermato da due agenti della polizia stradale, per convincerli a non multarlo: l’uomo – come si legge nella motivazione – avrebbe offerto loro 10 € (debitamente inserite nella carta di circolazione consegnata) per «indurli a compiere un atto contrario al proprio dovere d’ufficio e più precisamente l’omettere la contestazione dell’infrazione al codice della strada appena commessa». Dal momento che, nella medesima situazione, l’invito era stato più volte ripetuto (in sentenza – la n.ro 7505/2013 – si parla di «reiterate insistenze»), i due agenti avevano deciso di denunciarlo: solo in Appello, però, ottengono ragione, visto che in primo grado l’ardito signore veniva assolto. Secondo i giudici di merito, infatti, l’ipotesi andava regolata ai sensi dell’art. 322, comma 2, c.p., in tema di istigazione alla corruzione. Di diverso avviso è stata la Cassazione, secondo la quale il fatto andava piuttosto ricondotto all’art. 314 c.p. abrogato: confermando quanto stabilito in primo grado, i giudici della Sesta Sezione penale hanno, infatti, chiarito che l’offerta formulata ai due agenti «non presentava, per la risibilità della somma proposta, per le qualità personali del destinatario e per la sua posizione economica, il connotato della serietà, indispensabile per poterla ritenere idonea, potenzialmente e funzionalmente, ad indurre il destinatario a compiere l’atto contrario ai suoi doveri d’ufficio». In altre parole, si sarebbe trattato di un gesto compiuto da un soggetto assolutamente incapace di comprenderne il relativo disvalore. In questo modo, hanno, dunque, “perdonato” l’uomo, annullando senza rinvio la sentenza «perché il fatto non sussiste».
Spettacolo L
a sede del M.I.A., Movimento Indipendente Artisti-St’Art over Art, in via Pallonetto S. Chiara 7, a Napoli, ha ospitato la collettiva d’arte “Dal mio punto di vista”. La mostra ha incoraggiato la sperimentazione-interazione pubblico-artista ed è stata finalizzata alla promozione di nuove forme di Arti contemporanee in Italia fondandosi sul seguente concept: “Dal mio punto di vista, osservo, guardo, scruto, punto lo sguardo, dentro e fuori, denuncio, evidenzio, racconto, dico, accenno, descrivo, ti porto a pensare. Dal mio punto di vista dico la mia.” Gli osservatori hanno avuto la possibilità di esprimere il proprio parere, chiedere e farsi spiegare dagli artisti “il loro punto di vista” che li ha portati alla creazione
delle opere, ed è stata proprio questa la particolarità dell’evento. Hanno esposto gli artisti: Loretta Bartoli con l’opera “Accomodatevi” (fotografia-digital art); Daniela Capuano, “Nel frattempo che arriva la sera” (tecnica mista su tela); Stefania Colizzi, “Limitazioni e consensi” (acrilico su tela-tecnica mista); Concetta Marroccoli, “Niente paura, non smettere di sognare” (acrilico su tela); Silvia Rea, “Gli andanti” (acrilico su tela); Manuela Vaccaro, “L’ira di Marx” (acrilico e gesso su tela).
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n occasione della “Festa della donna”, il Centro d’Arte e Cultura Gamen ha ospitato presso la sede di via Pontenuovo 26, a Napoli, il vernissage della mostra collettiva per sole artiste donne “MimosArt”, promossa da Stelvio Gambardella e Massimo Pacilio. L’esposizione, interamente dedicata all’universo femminile, ha avuto nel fiore simbolo dell’8 marzo il suo motivo ispiratore, nelle personali e differenti interpretazioni delle artiste partecipanti, sul piano emblematico, storico, sociale, formale e persino armonico-cromatico. La particolare tematica della mostra ha determinato una naturale quanto raffinata complementarietà tra le opere proposte, offrendo numerose varianti esegetiche alla rassegna organizzata dal Gamen, tutte parimenti interessanti e decisamente affascinanti nelle loro ideali combinazioni. Durante i dieci giorni
di apertura di “MimosArt”, i visitatori della mostra hanno avuto l’opportunità di seguire ciascuno il proprio percorso emozionale, nella successione di generi e di stili, di colori e di contenuti rappresentati, che hanno donato assoluta vivacità alla collettiva d’arte. In esposizione le opere di: Manuela Angelini, Aurora Baiano, Luisa Bergamini, Rubigna Chastenay, Edit Ergilia Di Teodoro, Amelia Gallo, Pina Magro, Ruslana Marych, Maria Migheli, Wilma Milone, Nevia Rasa, Silvia Rea, Adalgisa Santucci, Rosa Scarica, Anita Scola, Sharilù, Gabriella Sterzi, Elisa Tatti, Rossana Tiberio, Anna Turro, Rita Vitaloni.
Al ristorante sorrentino Caruso, dedicato al grande tenore, si è tenuta la celebrazione annuale. A proporre la sinfonia lo chef Giuseppe Persico con i suoi piatti
Cena al museo
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erata con cena al museo. Oggi risulta un’avventura realizzabile. Anzi abbastanza diffusa. Anche grandi istituzioni internazionali hanno concesso spazi all’interno delle sale consacrate all’arte o alla scienza. Ma prima che diventasse di moda cenare in ristoranti gourmet nel cuore di prestigiosi musei esistevano pochissime realtà dove si combinava in modo
magistrale l’arte con la cucina. Si contavano sulle dita delle mani i ristoratori che avevano deciso di dedicare il proprio locale ad un tema, un arte, un personaggio. Uno di questi è sicuramente Paolo Esposito che nel 1987 decise di aprire un ristorante tutto dedicato al grande tenore Enrico Caruso. Oggetti, dipinti, spartiti, foto, dischi rari e libretti d’opera, della voce italiana più famosa
di tutti i tempi, fanno da arredo all’elegante locale che si trova nel cuore antico di Sorrento, a pochi passi da piazza Tasso. Qui con l’aiuto di Guido D’Onofrio, carusiano doc e amico di famiglia dei discendenti del cantante lirico, ha realizzato un vero e proprio museo che fa onore alla memoria di Caruso e alla migliore tradizione della cucina mediterranea. Paolo Esposito sin dall’inizio ha
messo la propria cucina sotto l’etichetta della qualità e dell’ eccellenza della materia prima e ha fatto dirigere i fornelli a chef di grande talento. Il successo del ristorante Caruso che passa attraverso pietanze che hanno ridisegnato la storia della cucina costiera continua oggi con giovani chef come Giuseppe Persico che propone, non a caso, piatti che si svelano come vere e proprie sinfonie.
Prova ne sono le “Fettucelle verdi con cannolicchi e salsa di peperoni” o il “4 tipi di riso con gamberi e curry”, il “Pacchero gratinato ripieno di baccalà su letto di pomodori” o ancora il “Filetto di pesce con carciofi e patate”. Uno degli antipasti che apre, in modo pirotecnico, il menù è la tavolozza di crudo di pesce, dove la freschezza del pescato si inebria della bravura dello chef e nasce un viaggio nel gusto del mediterraneo. Merluzzo, spigola, scampo, ostrica, gambero e cannolicchio vengono serviti crudi e accompagnati da intingoli che partono dalla salsa di arancio, al riso misto con limone e nero di seppia e arrivano all’olio aromatizzato alla vaniglia e alla cipolla di Tropea marinata. Ci sono anche antipasti più semplici ma dal gusto deciso come “Cuori di carciofi crudi con ruchetta selvatica e provolone del Monaco”. È con questi piatti che Esposito ha conquistato il cuore dei “carusiani” e della clientela internazionale, tanto che con il tempo ha rilevato il locale adiacente facendo nascere, nel 2006, il ristorante pizzeria “La Basilica” che con il pizzaiolo Bartolo De Simone offre una
invitante alternativa ai piatti che arrivano dalla cucina del “Caruso”. Anche la cantina, una delle più fornite della costiera, offre una notevole scelta che va dagli champagne e i grandi bianchi francesi fino alle migliori etichette campane passando per i prestigiosi rossi nazionali. Questo contesto ha realizzato il miracolo di trasformare il locale di Esposito, che continua a dirigere le sue attività con l’entusiasmo di sempre, in un museo dedicato a Caruso e al tempo stesso alla grande crescita della cucina sorrentina. Basta dare un’occhiata alla carta dei dolci, governata dal giovane e bravo pasticcere Raffaele D’Urso, per capire l’intensità di questa crescita. “Creme brulè e fragoline”, “Mousse di cassata con gelato a vaniglia” e “Semifreddo al croccantino” sono i testimoni della giusta e gustosa attenzione che si dà ai dessert di fine pasto. Anche quest’anno il “Caruso” ha tributato l’omaggio al grande cantante con una cena di gala. E a parte gli ospiti d’onore, tra cui i nipoti del cantante ed il regista della fiction televisiva trasmessa dalla Rai), ed i “carusiani” di tutt’Italia che lo hanno ricordato, il ruolo più difficile è stato quello dello chef che nel ristorante museo ha proposto un menù all’altezza dell’evento. Ma lo chef Persico ci sa fare con le sinfonie.