Telejato, voce libera contro la mafia

Page 1

Telejato, voce libera contro la mafia Università di Bologna - Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di laurea in Scienze della Comunicazione Anno Accademico 2008/2009

Tesina per l’esame di Comunicazione Giornalistica Prof. Mauro Sarti Studente: Longo Marcello Questo documento, pubblicato sul blog www.longomarx.net, è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia ( condizioni: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/). E’ necessario citare l’autore.

“Voglio insistere in modo particolare sul ruolo che stampa e televisione possono portare avanti nella lotta contro la criminalità organizzata, un ruolo di primo piano, un impegno netto, assolto con coraggio e continuità, che fa onore alla professione giornalistica svolta come missione” Giorgio Napolitano, 18 settembre 2007


INDICE

1. INTRODUZIONE

pag. 3

2. CHE COS’E’ TELEJATO

pagg. 3-4

3. TELEJATO NOTIZIE

pagg. 4-8

3.1. Redazione, mezzi e risorse 3.2. Formato e contenuti del notiziario 3.3. Linea editoriale 4. ESEMPI DI “GIORNALISMO ALLA MANIACI”

pagg. 8-10

4.1. La distilleria Bertolino 4.2. Le stalle dei mafiosi 4.3. I successi 5. LA MAFIA REAGISCE

pagg. 10-11

6. LA SOLIDARIETA’

pag. 11

7. TELEJATO E IL WEB

pag. 12

8. L’ABUSIVO

pag. 12

9. CONCLUSIONE

pag. 13

10. FONTI

pag. 14


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

“La Sicilia è scomoda, ma viverla è possibile con orgoglio antico e altero. C’è chi crede che questa terra possa crescere e diventare moderna, civile ed economicamente evoluta senza perdere però le sue suggestioni, il suo fascino, la sua cultura. C’è chi lavora perché ciò accada. Dedicato a loro. Ai siciliani che crescono ” Leonardo Sciascia

1. Introduzione I tentacoli della criminalità organizzata di stampo mafioso avvolgono ogni settore della politica, dell’economia e della vita pubblica del nostro paese. Il mondo dell’informazione e del giornalismo può giocare, anche se il più delle volte non lo fa, un ruolo molto importante di vigilanza e di denuncia. Nei casi, pochi ma buoni, in cui l’operatore dell’informazione sceglie la strada della denuncia e dell’antagonismo a questo sistema, l’attività informativa si scontra con interessi forti e diventa perturbante per la serenità del giornalista o, nei casi peggiori, rischiosa per la sua incolumità fisica. In Sicilia, nel regno di Cosa Nostra, in tanti hanno perso la vita per difendere la verità e per pretendere giustizia. La violenza mafiosa ha distrutto le esistenze di valorosi siciliani come Giuseppe Fava, Cosimo Cristina, Beppe Alfano, Mauro De Mauro, Peppino Impastato, Giovanni Spampinato, Mario Francese, Mauro Rostagno. Gli omicidi, però, non hanno messo a tacere lo spirito indomito di tanti altri giornalisti che ancora oggi, in Sicilia e altrove, resistono allo strapotere mafioso e mettono al centro della loro attività la denuncia, la controinformazione, l’impegno contro la mafia. Questo però ha un prezzo molto elevato. Si pensi a Lirio Abbate, minacciato e costretto a vivere sottoscorta dopo la pubblicazione del libro I complici, oppure, per uscire dai confini dell’isola, al caso eclatante e popolare di Roberto Saviano, autore di Gomorra. Lontano dai riflettori e dalla ribalta mediatica, anche se da alcuni anni è divenuta più nota, un’importante esperienza di informazione antimafiosa è cresciuta a Partnico, comune di 30.000 abitanti in provincia di Palermo. E’ la straordinaria esperienza di Telejato.

2. Che cos’è Telejato? Telejato è un’emittente televisiva locale il cui nome deriva dalla Valle dello Jato, un territorio a sud-ovest di Palermo. Ha sede nel comune di Partinico, può contare circa 150.000 spettatori e il suo bacino di utenza si estende a 23 comuni ad alta densità mafiosa, fra i quali Alcamo, Castellammare del Golfo, San Giuseppe Jato, Corleone, Cinisi e Montelepre. L’emittente è una televisione comunitaria ed è quindi, come previsto dalla legge 6 agosto 1990 n.223 (Legge Mammì), caratterizzata dall’assenza di scopi di lucro, dall’obbligo di autoproduzione e dal tetto massimo di 3


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

pubblicità pari a tre minuti per ogni ora di trasmissione. Nata circa venti anni fa, è stata di proprietà del Partito della Rifondazione Comunista fino al 1999. In quell’anno, prossima al tracollo finanziario, è stata rilevata da Giuseppe Maniaci detto Pino, ex imprenditore edile. L’intenzione di Maniaci era quella di creare un TV di denuncia, uno spazio di informazione antimafiosa e di opposizione al malaffare e alle collusioni fra mafia e politica. Oggi, fra mille difficoltà e tanti rischi, sembra esserci riuscito. “Telejato – mi spiega Maniaci - vuole contribuire alla formazione della coscienza critica dei cittadini affinché questi possano fare un’analisi consapevole e costruttiva di ciò che tutti i giorni a accade sotto i loro occhi, affinché possano vedere e affrontare a testa alta la verità che li circonda”. Una sfida impegnativa e coraggiosa in un territorio in cui la presenza mafiosa non ha mai conosciuto declino. Fino a qualche hanno fa la tv di Partinico era un’entità anonima ma le intimidazioni subite da Maniaci hanno portato Telejato sui grandi media nazionali e internazionali. Di Telejato hanno parlato la Rai, Mediaset, La7, la Bbc, la Cnn, la Tsi (tv della Svizzera italiana) France 2, Canal Plus e quasi tutte le grandi testate della carta stampata italiana da La Repubblica al Corriere della Sera da Il giornale a Liberazione. Nel 2006 la Mon Amour Film ha dedicato alla tv di Partinico un documentario dal titolo la “La televisione più bella del mondo”.

3. Telejato Notizie La piccola tv di Partinico trasmette il telegiornale Telejato Notizie che va in onda solitamente dalle 14.15 alle 16.00, ma la durata può variare a secondo di quanto sia stata fruttuosa la ricerca delle notizie. La televisione France 2 lo ha definito “il telegiornale più lungo del mondo”. 3.1. Redazione, mezzi e risorse Il direttore responsabile della testata è Riccardo Orioles, firma storica de I Siciliani di Giuseppe Fava e fondatore di “Avvenimenti” e “Casablanca”. La redazione, nei fatti, può definirsi a conduzione familiare. Pino Maniaci è allo stesso tempo anchorman, intervistatore in studio e inviato. Nella redazione ci sono anche i figli di Maniaci, Letizia e Giovanni. La moglie Patrizia Marchione è un’operaia e nel tempo libero affianca il marito nelle inchieste e nella realizzazione dei servizi. La figlia Letizia esegue le riprese, si occupa della regia e del montaggio. Nel 2005 è stata insignita del premio “Maria Grazia Cutuli” come giornalista siciliana emergente in quanto “simbolo e mascotte della graffiante redazione”. E’ autrice del libro “Mai chiudere gli occhi” (Rizzoli, 2009) per il quale Rita Borsellino ha scritto la prefazione. In realtà Maniaci e i figli non hanno il tesserino 4


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

dell’Ordine dei giornalisti né sono mai stati iscritti all’Albo dei pubblicisti, un fatto che, come vedremo, ha creato un po’ di problemi. La redazione è affiancata quotidianamente da una rete di collaboratori disseminati nei comuni che fanno parte del bacino d’utenza dell’emittente. Fra questi c’è anche Salvo Vitale, amico e compagno di Peppino Impastato, il militante di Democrazia Proletaria e fondatore di Radio Aut ucciso dalla mafia nel 1978. Fra i collaboratori ci sono anche alcuni giovani. Ne sono passati tanti dallo studio di Telejato, soprattutto studenti universitari, ma molti si sono tirati indietro o perché costretti dalle famiglie o per paura. La giornata tipo della staff di Telejato comincia a colazione con la prima riunione di redazione per fare il piano della giornata. Alle nove del mattino i “cronisti d’assalto” sono già fuori per girare i servizi e intorno alle dodici rientrano per montare il telegiornale che va in onda alle 14.15. Com’è già ricordato, Telejato non ha scopi di lucro. I mezzi e le risorse di cui dispone sono piuttosto limitati. La sede è un appartamento di tre stanze nel centro di Partinico. Per mandare in onda il tg la redazione si serve di quattro telecamere, due per i servizi esterni e due per la messa in onda del telegiornale, sette computer e sei televisori. Le risorse sono poche, non è il guadagno a motivare l’azione di Telejato. La durata del tg (quasi due ore) è giustificata anche da ragioni pratiche ed economiche: un lasso di tempo così ampio consente alla tv, tenuta a rispettare il tetto massimo di inserzioni, di usufruire di almeno due fasce pubblicitarie. A proposito di risorse economiche Maniaci è molto chiaro: “Non facciamo televisione per fare soldi: per noi è una missione facciamo il nostro lavoro non guardando se ci perdiamo, se ci guadagniamo, se ci rimettiamo di tasca, se oggi mangiamo il panino o se non riusciamo a dormire per il gran lavoro che c’è. I problemi economici ci sono e non sono pochi: ci sono mesi in cui non riesco a pagare la bolletta della luce o del telefono”.1 3.2. Formato e contenuti del notiziario Ogni edizione di Telejato Notizie comincia con un spot anti-racket che invita i commercianti e gli imprenditori a denunciare gli estorsori e segnala il numero di telefono dell’associazione Addiopizzo a cui possono rivolgersi. Il motto è “Non regaliamo a nessuno il frutto del nostro lavoro”. Per alcuni minuti scorrono le immagini di Falcone e Borsellino, della folla che festeggia gli arresti di capimafia come Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo, delle manifestazioni antimafia dei ragazzi di Addiopizzo, dei tanti omicidi di mafia e dei funerali delle vittime. La sigla del tg, invece, dura circa venti secondi e mostra immagini del territorio e dei comuni di cui la tv si occupa. Dopo la sigla va in onda un lungo sommario con tanti titoli di testa. Finito il sommario, l’anchorman 1

Mirone L., “Reportage in Sicilia” in Problemi dell’informazione n.1-2/2009

5


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

Maniaci presenta gli interminabili servizi sui fatti del giorno. Un articolo pubblicato sul trimestrale Problemi dell’informazione descrive il tg come “un manifesto iconoclasta e strafottente nei confronti dei simboli del potere della criminalità organizzata (…). L’approccio non è di quelli che si direbbero ortodossi. La grafica utlizzata è una poderosa retromarcia tecnologica di un paio di decenni, con un uso delle dissolvenze che riporta i tempi edonistici di Ronald Regan e delle prime videocamere amatoriali.”2 Nonostante le esigue risorse e i pochi mezzi, Telejato è riuscita comunque ad affermarsi e tenere sempre molto alto il numero dei telespettatori. Un successo che secondo Salvo Vitale, collaboratore della redazione e compagno di Peppino Impastato, trova giustificazione in alcune caratteristiche quali “la sua formula tipicamente popolare, l’uso di un linguaggio comune, spesso dialettale, la mancanza di censura e la capacità di portare sul piccolo schermo storie di povera gente, avvenimenti di vita quotidiana che vedono come protagonisti ‘televisivi’ bambini, donne, anziani, contadini, fedeli, commercianti, artigiani, insomma, quell’universo che caratterizza la provincia palermitana, ne ripercorre la storia, i drammi, la cultura, le tradizioni…”3 Pino Maniaci è l’asse portante di questa interessante esperienza di giornalismo locale e d’inchiesta. E’ lui che, con il suo stile dissacrante, beffardo e ironico, ha coltivato e mantenuto il giusto feeling con i telespettatori. Sarà forse il peso che tutti gli anchorman hanno in una testata per il fatto che “dietro il loro modo di condurre un notiziario televisivo e di stabilire un rapporto di empatia col pubblico c’è una capacità essenzialmente giornalistica di leggere i fatti in funzione delle notizie, di dare un ordine gerarchico alle stesse, di interpretare la realtà e saper distinguere sempre il confine tra realtà e fiction, di trovare i fatti che spiegano le idee e di trovare i personaggi che raccontano i fatti”4. Maniaci ha questa abilità ma nella Valle della Jato spesso le idee da raccontare sono quelle della sub-cultura mafiosa, i fatti che le spiegano sono delitti, collusioni, episodi di malaffare, e i personaggi sono boss sanguinari, politici di dubbia integrità morale, affaristi e manovalanze mafiose. Dunque oltre all’abilità ci vuole il coraggio. Le inchieste e i servizi sui fatti di mafia spesso sono accompagnati dall’ironia e dallo sberleffo e rievocano le esilaranti puntate di Onda Pazza trasmesse negli anni ’70 da Radio Aut prima che Peppino Impastato venisse ucciso. Dai microfoni della tv non si esita a usare espressioni colorite contro i mafiosi. Ad esempio, Maniaci non esitava ad usarle il 31 gennaio di ogni anno quando dalle telecamere della sua tv inviava gli auguri di compleanno a Bernardo Provenzano dicendogli “ Binnu oggi è il tuo compleanno, non fare il pezzo di merda e consegnati”. La Procura di Palermo, dopo l’arresto del boss, rese noto che “u Zu Binnu” era un fedele telespettatore. 2

La Martina M., “Telejato, Partinico. La televisione antimafia di Pino Maniaci” in Problemi dell’informazione n.4/2008 3 www.isolapossibilie.it , 3 aprile 2006 4 Papuzzi A., Professione giornalista, Roma, Donzelli 2003

6


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

3.3. La linea editoriale Anche per una piccola testata com Telejato Notizie si può parlare di linea editoriale, tenendo conto però di una peculiarità: Manici è l’editore, il redattore, il conduttore, l’inviato e il direttore. Quest’ultimo ruolo è solo sulla carta ricoperto da Riccardo Orioles che “presta” il suo tesserino di giornalista. L’agenda setting del notiziario è ovviamente molto diversa da quella dei media generalisti ma anche dagli altri mezzi di informazione regionali e locali. La selezione delle notizie operata dalla redazione assegna priorità assoluta ai fatti di mafia, ai processi, agli episodi di illegalità diffusa. Pone l’attenzione verso i problemi sociali e politici di Partinico e dintorni così come verso quelli legati all’ambiente e alla tutela del territorio, all’attività amministrativa e agli episodi di malgoverno, allo spreco di risorse, ai problemi di un quartiere, di una contrada. Telejato si apre quotidianamente alle società civile del territorio accogliendo associazioni, politici, singoli cittadini. Lo sede della tv è sempre affollato di persone che vogliono rilasciare dichiarazioni, segnalare disservizi e abusi, sottoporre all’attenzione problemi della comunità. Una sorta di citizen journalism casereccio, siciliano e sul piccolo schermo o forse un civic journalism che vede il pubblico come protagonista del dibattito e della vita democratica. Il civic journalism come giornalismo dell’accessibilità territoriale, per cui il medium è una sorta di istituzione locale “posseduta dalla comunità” che se ne serve come strumento democratico; dell’accessibilità personale, per il rapporto umano che si instaura fra giornalisti e soggetti della comunità; dell’accessibilità redazionale, poiché il luogo fisico della redazione permette ai cittadini di frequentarla, di portare informazioni o di intervenire direttamente nelle trasmissioni.

Un

giornalismo inteso come nuova pratica che “non si limita a descrivere situazioni problematiche di interesse della comunità. Il fine ultimo è semmai quello di contribuire a risolvere i problemi,intervenendo sulla realtà per modificarla”.5 Letizia Maniaci, nel suo libro, parla di due regole che la redazione si impone. La prima è che “l’audio comanda”, cioè nel montaggio dei servizi non è l’audio ad adeguarsi alla durata delle immagini ma viceversa, e per questa ragione a volte si ricorre a ripetere le stesse riprese o a usare immagini di repertorio. Il principio di base è molto semplice: “tutti hanno diritto ad avere parola. C’è posto per tutti, e chiunque chieda la parola ha il diritto di averla a prescindere dal suo colore politico, se ne ha uno, dal suo lavoro, dalla sua posizione sociale”. Poi c’è un’altra regola: Telejato non deve avere colore politico, deve essere indipendente, denunciare i misfatti di destra, sinistra e centro senza sconti a nessuno. 5

Sarti M., Il giornalismo sociale, Roma, Carrocci, 2007.

7


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

4. Esempi di “giornalismo alla Maniaci” 4.1. La distilleria Bertolino Uno dei fronti più importanti della battaglia civile di Telejato è stato quello che ha visto contrapposte la piccola tv e l’azienda Bertolino, cioè la distilleria d’alcool più grande d’Europa e la principale fonte di inquinamento sul territorio di Partinico e dintorni. In quella occasione la tv di Maniaci è stata la voce di un forte movimento civico, schierandosi al fianco del sindacalista Nino Amato e del suo “Patto per la salute e per l’ambiente”. Nei servizi sulla distilleria Bertolino troviamo l’esempio di un giornalismo di denuncia ma anche di satira portato avanti da un giornalista che è un ibrido fra un giullare irriverente e un reporter senza guinzaglio, un cronista tanto intraprendente e originale da travestirsi da Indiana Jones per andare con la sua telecamera alla “ricerca della puzza perduta”, cioè le maleodoranti emissioni della distilleria di proprietà di quella che Telejato chiama la “Signora delle vinacce”, ovvero Antonia Bertolino, condannata per inquinamento ambientale e cognata del collaboratore di giustizia Angelo Siino, il “ministro dei lavori pubblici” di Cosa Nostra. Lo spirito dell’inchiesta ha spinto Letizia e Pino Maniaci a riprendere le acque reflue che lo stabilimento scaricava nei canali e lo strano colore delle acque del vicino torrente Puddastri Nocella. Ma c’è di più. A Pino Maniaci è venuta un’idea geniale e sua figlia l’ha seguito. La giovane cameraman si è fatta sollevare con la pala meccanica di uno escavatore per riprendere e documentare gli scarichi interni dello stabilimento. Da una trasmissione di Telejato è partito l’appello lanciato alla Provincia di Palermo affinché installasse a Partinico una centralina per il rilevamento della qualità dell’aria. L’esito del rilevamento non ha lasciato dubbi sulla gravità dell’inquinamento, così è nata una grande mobilitazione popolare che ha consegnato all’allora procuratore di Palermo Pietro Grasso una petizione con diecimila firme per bloccare l’impianto. Nel marzo 2005 il tribunale di Palermo ha posto sottosequestro lo stabilimento. L’annosa questione della distilleria però continua ancora oggi a tenere banco in quel di Partinico, con un susseguirsi di querele, ricorsi e polemiche. A proposito di querele, la tv vanta un record di eccezionale rarità. Sono più duecentosettanta quelle presentate contro Telejato, duecento delle quali tutte dalla signora Bertolino. Letizia Maniaci ormai chiama le querele col termine “medaglie” perché ritiene di essere in guerra, dalla parte della legalità e contro il malaffare, e non c’è guerra senza medaglie. Per far fronte al disagio provocato da un numero così elevato di querele è stata pensata la rotazione dei direttori responsabili. Così periodicamente si trova un amico volenteroso e solidale pronto a “prestare” il proprio tesserino da giornalista per la causa di Telejato. Oggi è 8


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

Riccardo Orioles, firma storica del giornalismo siciliano, in passato lo è stato anche Francesco Forgione, ex presidente della Commissione parlamentare antimafia. 4.2. Le stalle dei mafiosi In località Valguarnera Ragali, nel territorio di Partinico , c’erano cinque grandi costruzioni abusive che la famiglia mafiosa dei Vitale, i cosiddetti Fardazza, aveva utilizzato per allevamenti ma anche per altre mansioni. “Fra le attività ‘alternative’- racconta Letizia Maniaci nel suo libro – pare ci fossero importanti riunioni fra capi clan, affiliati della famiglia Fardazza e altre famiglie mafiose. Giusy Vitale ha dichiarato di avere incontrato proprio dentro una di quelle stalle Bernardo Provenzano”. Erano il simbolo del potere mafioso sul territorio e anche dell’arroganza dei boss poiché, anche se può apparire incredibile, sono state costruite su terreni altrui. In Sicilia accadono anche cose del genere. Fra i proprietari ci sono il comune di Partinico, la Curia di Monreale e privati cittadini. Tutti sapevano ma nessuna parlava, tranne l’incontenibile Telejato. L’unico che ha provato ad alzare la testa è stato ucciso il 4 gennaio 1997. Era l’avvocato Giuseppe La Franca. Dopo lunghe vicissitudini tecnico-burocratiche, episodi di ditte a cui era stata affidata la demolizione che rinunciano all’appalto (paura?), le demolizioni di alcuni edifici ma non di tutti, il comune di Partinico, dopo le inadempienze dell’ennesima ditta, è stato costretto a richiedere l’intervento del Genio Guastatori dell’esercito. Su quelle stalle Telejato ha realizzato tanti servizi. Maniaci ha invitato i ragazzi di Addiopizzo, li ha portati alle stalle e insieme, usando delle mattonelle, hanno composto la scritta “Le stalle della vergogna”. Ovviamente tutto trasmesso su Telejato. Alcune edizioni del tg sono state trasmesse in diretta dalle stalle e per aggiungere un tocco di satira una volta Maniaci ha intervistato anche uno dei cavalli dei Vitale, chiedendogli come si sentiva a stare in una stalla abusiva e sequestrata, ma forse anche i cavalli sono omertosi a Partinico. Adesso le stalle non ci sono più, sono state abbattute. Un monumento all’illegalità è caduto. “ Ancora oggi – racconta Letizia – quando possiamo mettiamo la seggiolina e il piccolo banco di mio padre davanti ai resti delle stalle e diamo le nostre notizie”. Ma i servizi di Telejato hanno dato fastidio e le reazioni sono state pesanti.

4.3. I successi

9


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

La fama di Telejato è legata anche ad alcuni piccoli-grandi successi. È stata la prima televisione a dare l’annuncio del pentimento di Giusy Vitale, sorella di Vito Vitale, braccio armato di Riina arrestato nel 1998. E’ stata prima donna boss pentita nella storia della mafia. Il merito dello scoop è dell’intuizione di Patrizia Marchione, moglie di Maniaci. Era il 24 marzo 2005 e la donna scopre che i carabinieri hanno prelevato i figli di Giusy Vitale dalla loro scuola. Il programma di protezione era scattato. Telejato lancia il suo primo grande scoop che viene ripreso da tutte le grandi agenzie giornalistiche nazionali ed estere Due anni dopo, nel novembre 2007, Telejato è stata la prima emittente ad arrivare al covo di Salvatore e Sandro Lo Piccolo e riprenderne l’arresto. Un successo ottenuto grazie a un fratello di Pino Maniaci che vive a Montelepre. Quel giorno era diretto con la sua macchina a Partinico e passava da Giardinello, dove i Lo Piccolo avevano il covo. Il rumore di colpi d’arma da fuoco e la strada bloccata lo hanno allarmato e così ha avvisato subito il fratello giornalista che con la sua telecamera è stato il primo ad arrivare sul posto, mentre ancora era in corso il conflitto a fuoco fra gli uomini della Catturandi di Palermo e i due boss. Questi due esempi testimoniano il tipo di informazione fatta sul territorio e per il territorio. Nulla a che vedere con le redazioni computerizzate e distanti, chiuse in una stanza a selezionare notizie dal flusso ininterrotto e caotico di informazioni che giungono dalla rete. Le notizie le trovi per strada o le trovano altri e te le passano. Un giornalismo che conosce palmo per palmo la Valle dello Jato e a cui non sfugge niente.

5. La mafia reagisce Fare giornalismo d’inchiesta in Sicilia ha prezzi e rischi elevati. Pressioni, intimidazioni e minacce sono all’ordine del giorno. Ne sa qualcosa Pino Maniaci che nel gennaio 2008 è stato picchiato a sangue da Michele Vitale, figlio del boss di Partinico Vito. La ragione del pestaggio? I servizi di Telejato sulle “stalle della vergogna”. Maniaci non si è arreso, l’indomani è andato in onda comunque. Con un occhio nero e pieno di lividi ha aperto così il tg: “Nonostante i calci, i pugni e l'aggressione, come vedete Pino Maniaci non demorde. Stiamo andando in onda nonostante i lividi. Noi non ci lasceremo intimidire”. Il pestaggio è solo uno dei casi più eclatanti di un lunga lista di episodi. Non sono mancate telefonate e lettere minatorie, vetri dell’auto fracassati, le gomme tagliate più di quaranta volte. L’escalation c’è stata nel 2008: l’aggressione di gennaio, il taglio della linea Adsl, a maggio il tentativo da parte di uno dei figli del boss Vitale di investire il figlio di Maniaci, a luglio le fiamme appiccate all’auto dell’emittente parcheggiata sotto la sede. La redazione è ormai costretta a convivere con la paura e sotto la tutela dei carabinieri. A Telejato non 10


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

negano di avere paura ma hanno deciso di andare avanti. Il pericolo è reale e lo segnala anche Reporters Sans Frontiers che, nel rapporto “European Union, risk faced by journalist” del maggio 2008, ha inserito la famiglia Maniaci fra i soggetti a rischio in Italia. La tv è scomoda, da fastidio. Telejato è una “fucina che vomita quotidianamente notizie che provocano la rabbia e l’odio dei clan, delle famiglie, dei potentati locali, delle consorterie, di Cosa Nostra insomma” come ha scritto Saverio Lodato.6

6. La solidarietà Quando in Sicilia si verifica un atto intimidatorio le manifestazioni di solidarietà non mancano mai, più o meno sincere e coerenti ma mai assenti. Giornalisti, sindaci, sindacalisti, associazioni, politici e cittadini comuni. Un coro unanime di solidarietà si è stretto attorno a Pino Maniaci tutte le volte che la mafia ha cercato di intimidirlo. Nel 2008 la mobilitazione è stata molto forte. L’Associazione Rita Atria si è fatta promotrice dell’iniziativa “Siamo tutti Pino Maniaci” invitando associazioni, giornalisti, movimenti, artisti a testimoniare la loro vicinanza alla redazione di Telejato. In che modo? Inviando la propria adesione e conducendo un’edizione del tg al posto di Maniaci, un modo per testimoniare che Pino non è solo. Alla brillante iniziativa hanno aderito in tanti, fra i quali Don Luigi Ciotti di Libera, il senatore Lumia della Commissione parlamentare antimafia, Rosa Ricciardi e Giuseppe Crapanzano del TG3 siciliano, i giovani di Addiopizzo e perfino il Presidente del Senato Renato Schifani. A quest’ultimo Pino Maniaci, tirando fuori l’umorismo a cui non rinuncia mai, ha chiesto un “lodo Maniaci” per far fronte al problema delle centinaia di querele della signora Bertolino. Un’altra iniziativa è stata promossa dall’Università di Salerno che ha donato una telecamera professionale alla redazione di Telejato per sostenere l’impegno antimafia. Chi opera in Sicilia contro la mafia e per la legalità e viene minacciato non deve essere lasciato solo. Il livello di allerta deve restare alto poiché l’illusione che la mafia non spari più e che quindi è meno pericolosa potrebbe anche non reggere. Se da vivi si è troppo pericolosi per gli interessi criminali e se si viene isolati, il nuovo mito della “mafia buona” potrebbe crollare su se stesso.

7. Telejato e il web

6

L’Unità, 1 febbraio 2008

11


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

Da alcuni anni la piccola tv di Partinico è approdata anche sul web con il sito www.telejato.it grazie al quale è possibile vedere le edizioni del telegiornale, come fanno ad esempio molti emigrati di Partinico e dintorni che dall’estero si tengono aggiornati sulla loro terra di origine. Telejato fa parte di un network di controinformazione che ospita siti molto interessanti come www.ritaatria.it, dell’Associazione antimafia Rita Atria o quello della rivista Antimafia Duemila diretta da Giorgio Bongiovanni

(www.antimafiaduemila.com).

Fra

gli

altri

siti

www.icensurati.org,

www.primaradio.it e www.arcoiris.tv, un portale di tv libere che manda in onda le trasmissioni di Telejato online e su un canale satellitare. Anche sul portale Youtube è possibile prendere visione di molti video di Telejato grazie al canale www.youtube.com/user/Telejato. Su Facebook c’è Maniaci e c’è la sua tv, seguiti da una serie di gruppi virtuali di affettuosi sostenitori.

8. L’abusivo Le difficoltà che la redazione incontra nel fare informazione libera non nascono soltanto dalle intimidazioni mafiose e dalle innumerevoli querele della signora Bertolino e di tutti quelli di cui la tv fa i nomi e i cognomi. L’otto maggio 2009 Pino Maniaci è dovuto comparire davanti al giudice monocratico di Partinico per rispondere all’accusa di “esercizio abusivo della professione giornalistica”. Secondo il pubblico ministero di Palermo Paoletta Caltabellota, “con più condotte, poste in essere in tempi diversi ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso”, Maniaci avrebbe esercitato la professione senza l’abilitazione. Fa un po’ impressione leggere che ad un giornalista antimafia, minacciato e sotto la tutela delle forze dell’ordine, viene associato un “disegno criminoso”. L’udienza è stata rinviata al 26 giugno. Non ha il tesserino, non lo ha mai voluto. Perché? “ In Europa – mi risponde – nessuno è costretto a prendere un tesserino per poter essere giornalista. È assurdo che per esercitare il diritto alla libertà di manifestazione del pensiero sancito dall’art. 21 della Costituzione sia necessario un pezzo di carta”. Ma Telejato è in regola e come Maniaci tiene a sottolineare ha un direttore responsabile, Riccardo Orioles, a cui il tesserino da professionista non manca. Maniaci, però, preoccupato per le ripercussioni che questa vicenda può avere sull’immagine di Telejato, il 4 maggio scorso ha presentato all’Ordine dei giornalisti di Sicilia la richiesta di iscrizione all’Albo dei pubblicisti.

9. Conclusione

12


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

Nel 1958 la sede del giornale L’ora di Palermo viene devastata da un’esplosione. Nei giorni precedenti si è scritto troppo sulla mafia e su Luciano Liggio. L’indomani il giornale esce con un titolo a caratteri cubitali: “La mafia ci minaccia, l’inchiesta continua”. I giornalisti non si arrendono. E’ una delle più vecchie puntate di uno scontro mai cessato fra il potere mafioso e il potere dell’informazione, ma è anche sintesi di uno spirito tenace di tanti cronisti siciliani che nei decenni non hanno rinunciato alla lotta. Sono andati avanti, scavando nelle notizie, superando muri di indifferenza e di omertà, mettendo a repentaglio la propria vita. Quel titolo dovrebbe essere oggi lo slogan dell’informazione siciliana. Troppo spesso, però, si tratta di casi isolati, singoli o piccoli gruppi fuori dagli schemi di un giornalismo “ufficiale” che il più delle volte è eludente e superficiale, a volte per una legittima paura o per scelte editoriali, se non addirittura per contiguità con ambienti poco limpidi. In un momento in cui l’antimafia dei mass-media è delegata alle fiction televisive e la stampa nazionale si ricorda del fenomeno mafioso solo per episodi gravi, il giornalismo siciliano deve riflettere sul suo ruolo e sul contributo che può dare all’azione di contrasto all’illegalità. Esso può trarre una lezione da Telejato, esperienza di un giornalismo raro, il “giornalismo fatto di verità” di cui parlava Pippo Fava, cioè quello che “impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità,impone ai politici il buon governo” 7. Anche la società civile può imparare da Telejato come ha fatto quell’uomo che, racconta Maniaci, “ è andato alla polizia denunciando un boss di zona che gli aveva sparato alla macchina dopo una lite su una questione di confini di terre. Quando il commissario di polizia gli ha chiesto come mai era corso a denunciarlo, sorpreso di una cosa che normalmente non sarebbe mai successa, il contadino gli ha risposto: perché così mi ha insegnato Telejato” 8. Sembra esserci ancora speranza nelle terre di Sicilia dove il giornalismo, quando è di denuncia, diventa mestiere di frontiera, spina nel fianco di interessi forti, lotta quotidiana per la verità e stimolo per la coscienza civile. Marcello Longo Maggio 2009

10. Fonti 7 8

Fava Giuseppe, “Lo spirito di un giornale” pubblicato su La gazzetta del sud, 11 ottobre 1981 Intervista di Sara Picardo, Liberazione, 13 dicembre 2008

13


Telejato, voce libera contro la mafia – Marcello Longo – Maggio 2009

Siti internet -

www.repubblica.it

-

www.corriere.it

-

www.unita.it

-

www.lasicilia.it

-

www.isolapossibile.it

-

www.cafebabel.coom

-

www.laperiferica.it

-

www.cittanuove-corleone.it

-

www.antimafiaduemila.com

-

www.telejato.it

-

www.ritatria.it

-

www.wikipedia.it

Libri Maniaci L., Non chiudiamo gli occhi, Milano, Rizzoli, 2009 Sarti M., Il giornalismo sociale, Roma, Carrocci, 2007. Papuzzi A., Professione giornalista, Roma, Donzelli 2003 Riviste Problemi dell’informazione, anno XXXIII n.4 dicembre 2008 Problemi dell’informazione, anno XXIII n.1/2 Marzo/Giugno 2009 Aesse, n.4 aprile 2008 – Mensile delle ACLI ‘U cuntu, anno II n.39 - Supplemento telematico al mensile I cordai (Catania)

14


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.