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ANNO III
/2021
RIVISTA SCIENTIFICA E DI INFORMAZIONE OFTALMOLOGICA
DSPEK,
LA RICERCA DELL’ACCESSIBILITÀ Da Israele all’Heidelberg University, un’alternativa artificiale alla cheratoplastica endoteliale classica LARGO AI GIOVANI NIIOS Academy
RIFLETTORI SULL’ESPERTO Diego Ponzin
CASI DA INCUBO
Due è meglio di uno
FGE S.r.l.-Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI) - Anno III - N. 4/2021 - Trimestrale
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ANNO III
/2021
RIVISTA SCIENTIFICA E DI INFORMAZIONE OFTALMOLOGICA
Sommario
DSPEK,
LA RICERCA DELL’ACCESSIBILITÀ Da Israele all’Heidelberg University, un’alternativa artificiale alla cheratoplastica endoteliale classica LARGO AI GIOVANI NIIOS Academy
RIFLETTORI SULL’ESPERTO Diego Ponzin
CASI DA INCUBO
Due è meglio di uno
FGE S.r.l.-Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI) - Anno III - N. 3/2021 - Trimestrale
Redazione Timothy Norris Laura Gaspari, MA redazione@eyeseenews.it www.eyeseenews.it
2 Editoriale 4 Cover Topic
Pubblicità info@fgeditore.it tel 01411706694
8 Riflettori sull’Esperto
Direttore responsabile Ferdinando Fabiano f.fabiano@fgeditore.it Grafica e impaginazione Cristiano Guenzi Coordinamento scientifico Vittorio Picardo, MD Hanno collaborato a questo numero: Gerd U. Auffarth, MD, FEBO Stefano Barabino, MD, PhD Lamis Baydoun, MD, PhD Nigel Davies, MD Christa de Kort Ernesto Di Marco, MD Martin Dirisamer, MD, PhD Matteo Forlini, MD Cinzia Gortan Anat Loewenstein, MD, MHA Salvatore Luceri, MD Leonardo Mastropasqua, MD Danilo Mazzacane, MD Elisabetta Mengoni, MD Mario Nubile, MD Paolo Nucci, MD, FEBO Raffaele Parrozzani, MD, PhD, FEBO Diego Ponzin, MD Maurizio Rolando, MD Mario Romano, MD, PhD Luca Rossetti, MD Stefania Speranza, MD Pavel Stodulka, MD, PhD Salvatore Troisi, MD Tien Wong, MD
Editore FGE srl – Fabiano Gruppo Editoriale Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI) Sede legale: Regione Rivelle, 7 14050 Moasca(AT) Tel 0141/1706694 Fax 0141/856013 Registrazione presso il Tribunale di Asti n. 1/2020 del 05/02/2020 Copia omaggio
DSPEK, LA RICERCA DELL’ACCESSIBILITÀ ENERGIA POLIEDRICA
14 Largo ai Giovani UN LABORATORIO PER LE MENTI DI DOMANI
22 Casi da Incubo DUE È MEGLIO DI UNO
26 Approfondimenti
GOAL RIUNITO PER FERMARE L’EPIDEMIA DI MIOPIA
28 Approfondimenti
GLI ANTISETTICI IN OFTALMOLOGIA, NUOVE FRONTIERE
30 Approfondimenti
FORSKOLIN: NUOVE FRONTIERE NELLA TERAPIA DEL GLAUCOMA
32 Approfondimenti
MOJO VISION PRESENTA LA PRIMA LENTE A CONTATTO CON REALTÀ AUMENTATA
34 Eventi Congressuali 36 Tecniche Chirurgiche
ORIENTAMENTO, CENTRAMENTO, RITMO
38 Occhio alla Neuroprotezione NEUROPROTEZIONE EVIDENCE BASED: LA “STORIA” CITICOLINA
40 Ottica Fisiopatologica LENTI FREE FORM, PARTE 3
42 Dal Mondo dell’Ottica 44 News dalle Aziende 1
Editoriale
IL TRAPIANTO DI CORNEA: QUELLO CHE VERRÀ
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Di Professor Leonardo Mastropasqua, Direttore Clinica Oftalmologica, Centro Nazionale di Alta Tecnologia in Oftalmologia, Università “G. d’Annunzio” di Chieti – Pescara, Presidente SITRAC (Società Italiana Trapianti di Cornea) e Professor Mario Nubile, Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, Responsabile Centro Cornea e Superficie Oculare Centro Nazionale di Alta Tecnologia in Oftalmologia
Tutte le interviste contenute in questo numero sono consultabili collegandosi al sito:
www.eyeseenews.it 2
La chirurgia oftalmica dei trapianti di cornea (nell’insieme definiti con il termine generale di cheratoplastica) ha subito uno sviluppo fondamentale negli ultimi 15 anni.(1) La cheratoplastica perforante, basata sulla sostituzione sub-totale e a tutto spessore della cornea, è stata la procedura dominante per oltre mezzo secolo, avendo avuto la capacità di trattare con buon successo la maggior parte delle cause di cecità corneale. Nei primi anni del nuovo millennio il cambiamento fondamentale è stato l’adozione da parte dei chirurghi corneali di nuove tecniche di trapianto lamellare, che sostituiscono selettivamente solamente gli strati patologici della cornea, definite pertanto come chera-
Professor Leonardo Mastropasqua, Direttore Clinica Oftalmologica, Centro Nazionale di Alta Tecnologia in Oftalmologia, Università “G. d’Annunzio” di Chieti – Pescara, Presidente SITRAC (Società Italiana Trapianti di Cornea)
toplastiche lamellari selettive. La cheratoplastica lamellare anteriore profonda (DALK) è preferibile alla cheratoplastica perforante (PK) per le malattie che interessano lo stroma corneale, quali il cheratocono o le distrofie, riducendo significativamente i rischi di rigetto o di complicanze da chirurgia a bulbo aperto. Analogamente le cheratoplastiche endoteliali (nelle forme della DSAEK, contente anche stroma del donatore e della DMEK costituita da solo il complesso Descemet/endotelio) hanno lo scopo di sostituire selettivamente l’endotelio nei pazienti con patologie distrofiche, degenerative o iatrogene di tale strato. Ciò ha consentito una chirurgia meno invasiva e risultati visivi più prevedibili e rapidi. In teoria i vantaggi ulteriori delle cheratoplastiche lamellari selettive potrebbero risolvere problemi differenti, come ad esempio la possibilità di incrementare la disponibilità dei tessuti, potendo utilizzare un’unica cornea per più trapianti ad esempio (endotelio per DMEK e stroma per DALK). Tuttavia dal punto di vista normativo ciò non è possibile in molti Paesi, e lunghi passi in avanti devono ancora essere fatti in questa direzione. Sembra proprio comunque che abbiamo superato il punto di svolta che segna l’orientamento culturale ed i rapporti costo/beneficio dei vari sistemi sanitari nazionali europei. Infatti da una analisi attenta della letteratura scientifica relativa ai trapianti di cornea degli ultimi 10 anni, insieme ai più recenti studi ed orientamenti comunicati nei congressi internazionali, appare chiaro che ormai la evoluzione è tale e radicata, per cui la PK rappre-
In generale tutte le innovazioni in campo corneale spingono verso una direzione comune: non sostituire le componenti sane dell’organo e rendere la chirurgia meno invasiva e riproducibile per tutti, con risultati migliori
Professor Leonardo Mastropasqua e Professor Mario Nubile
Professor Mario Nubile, Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, Responsabile Centro Cornea e Superficie Oculare Centro Nazionale di Alta Tecnologia in Oftalmologia
senta una tecnica di nicchia da riservare solamente a quei casi in cui è coinvolta la totalità della cornea o ai ri-trapianti per fallimento del primo trapianto, mentre le tecniche lamellari selettive anteriori e posteriori possono più efficacemente gestire la maggior parte delle patologie corneali. Da un recente Report pubblicato nel 2021, che descrive i dati del registro trapianti di cornea su 12 Paesi Europei in oltre 12000 casi, emerge che la distribuzione delle tipologie di cheratoplastiche ha subito un profondo cambiamento rispetto al passato: dei casi totali il 46% rappresentato da DSAEK, il 30% da PK, il 14% da DMEK, il 9% da DALK. (2) È interessante notare che i ri-trapianti costituiscono attualmente la seconda causa di cheratoplastica (16%) in Europa, e che la
PK rappresenta la seconda tecnica più eseguita tuttora. Sicuramente sarà opportuno che i singoli registri nazionali possano contribuire a definire meglio comportamenti dei sistemi sanitari, delle banche degli occhi e degli orientamenti dei chirurghi futuri. Infatti, il futuro potrebbe essere dissimile da ciò che vediamo oggi, come spesso accade nella storia dell'evoluzione in medicina. La ricostruzione dei tessuti in laboratorio per ingegnerizzare cornea artificiali o ibride, il reshaping corneale additivo con trapianti intra-stromali robotizzati non sostitutivi (SLAK), ed i trapianti di cellule coltivate (dalla superficie oculare all’endotelio) rappresentano nuove opportunità che potremmo vivere nella pratica clinica quotidiana già nel prossimo futuro. In generale tutte le innovazioni in campo corneale spingono verso una direzione comune: non sostituire le componenti sane dell’organo e rendere la chirurgia meno invasiva e riproducibile per tutti, con risultati migliori. In questa monografia saranno toccati alcuni di questi aspetti che dimostrano come evoluzione tecnologica e mondo dei trapianti di cornea sono intimamente connessi, e sempre più lo saranno in futuro.
Bibliografia:
1. Corneal Transplantation. Donald T H Tan et al. Lancet. 2012 May 5;379(9827):1749-61. 2. Practice patterns of corneal transplantation in Europe: first report by the European Cornea and Cell Transplantation Registry. Dunker SL et al. J Cataract Refract Surg. 2021 Jul 1;47(7):865-869.
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Cover Topic
DSPEK, LA RICERCA DELL’ACCESSIBILITÀ Da Israele all’Heidelberg University, un’alternativa artificiale alla cheratoplastica endoteliale classica
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Intervista al Professor Gerd Auffarth, Dipartimento di Oftalmologia della Ruprecht-Karls University of Heidelberg, Germania
Gerd Auffarth è Professore e Presidente del Dipartimento di Oftalmologia della Ruprecht-Karls University of Heidelberg
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Dalle teorie di Galeno alle sperimentazioni di Reisinger, fino alla prima cheratoplastica su paziente di Edward Zirm. Il trapianto di cornea è una lunga e affascinante storia di coraggiosi tentativi e piccoli cauti passi. Un percorso che dal secondo secolo avanti Cristo arriva all’inizio dei nostri giorni con grandi promesse per il futuro. Allo stato dell’arte, la più recente promettente innovazione nel campo della cheratoplastica è senza dubbio rappresentata dalla Descemet Membrane Endothelial Keratoplasty, o più semplicemente DMEK. Creata dal Professor Gerrit Melles e il suo team al Netherlands Institute for Innovative Ocular Surgery di Rotterdam, la tecnica si è posta come un superamento della DSAEK, un ulteriore passo avanti in una direzione volta a rimpiazzare la cheratoplastica perforante una volta per tutte e, nonostante una piccola difficoltà iniziale dettata dalla ripida curva di apprendimento della tecnica, la tendenza sembra essere netta. Da anni a questa parte la DMEK sta vedendo crescere costantemente la sua popolarità. Piazzandosi nel 2020 posto al secondo tra le tecniche di cheratoplastica più praticate negli Stati Uniti, ha superato la DSAEK di misura. Assieme a manovre chirurgiche complementari volte ad aumentare la sua accessibilità ed efficienza, come la Tecnica Dirisamer e la Manovra di Dapena, la ricerca del trapianto perfetto inizia dalla DMEK, e punta alla scoperta di nuove soluzioni allo scopo non solo di rafforzare il percorso verso una più efficiente cheratoplastica dell’endotelio, ma verso l’agognato traguardo della standardizzazione. Uno di questi percorsi ha appena iniziato il suo viaggio con il vento in
poppa: la sua meta è l’artificializzazione del lembo. UN GRAFT ARTIFICIALE Durante l’ASCRS 2020, Gerd Auffarth, Professore e Presidente del Dipartimento di Oftalmologia della Ruprecht-Karls University of Heidelberg, ha presentato per la prima volta il caso di due pazienti con un trapianto DMEK con membrana endoteliale artificiale EndoArt. Questa nuova tecnologia, sviluppata da EyeYon Medical, un’azienda con sede a Nes Ziona in Israele, punta a superare i già alti standard dell’attuale trapianto di cornea, per portarlo verso una nuova direzione: raggiungere una standardizzazione comparabile all’attuale chirurgia della cataratta. “È molto facile descrivere EndoArt. Si tratta di un impianto flessibile in acrilico idrofilo non dissimile nell’aspetto da una lente a contatto, ma di dimensioni ridotte, intorno ai sei millimetri di diametro e 50 micron di spessore”, spiega Auffarth. “La caratteristica fondamentale di questo impianto è che va inserito all’interno dell’occhio per sostituire la membrana di Descemet”. Dopo aver superato le fasi precliniche, la tecnologia EndoArt è entrata ufficialmente nella fase di sperimentazione clinica, promettendo di diventare rapidamente una soluzione ottimale per i pazienti con un problema di rigetto. “Ci sono pazienti a cui la DMEK proprio non vuole saperne di andare a buon fine, e che hanno rigettato una, se non molteplici volte, il lembo endoteliale umano. Pazienti con delle problematiche a livello immunitario che non permettono in nessun modo di effettuare un trapianto di tessuto da un altro individuo”, spiega Auffarth. “Ci sono anche aree in cui l’accesso ad
di Timothy Norris
Esistono situazioni in cui è necessario agire tempestivamente e in certi casi non è possibile ottenere un lembo in tempi accettabili
Gerd Auffarth
un graft corneale non è consentito o in cui il sistema di approvvigionamento non è affatto presente o con delle carenze che costringono il paziente ad un’interminabile attesa. In ultima istanza esistono situazioni in cui è necessario agire tempestivamente e in certi casi non è possibile ottenere un lembo in tempi accettabili”, osserva. “Sono tutti casi in cui un lembo artificiale potrebbe rappresentare un’opzione percorribile e che potrebbe piano piano sostituire l’uso del tessuto umano nella sua applicazione”. DSPEK Progettato da Opher Daphna, MD, specialista in cornea e direttore medico di EyeYon Medical, il lembo endoteliale artificiale potrebbe in futuro trasformare la cheratoplastica dell’endotelio in una procedura molto più semplice. Con il suo primo prototipo, nel 2015 nasce la DSPEK, Descemet’s Stripping Pseudo Endothelial Keratoplasty, una tecnica che fa tesoro di tutte le precedenti, avvantaggiandosi dei benefici di un graft artificiale stabile e affidabile. “Rispetto ad altre tecniche di cheratoplastica endoteliale, la DSPEK risulta avere un grado di difficoltà più simile ad un intervento di cataratta. Altrettanto potremmo dire in termini di velocità dell’intervento”, spiega Auffarth. “Si tratta di un intervento con molti punti in comune con la DMEK. Viene usato un iniettore standard, con l’impianto artificiale inserito in una cartuccia per l’inserimento in camera anteriore. La grossa differenza è che, essendo il lembo composto di materiale artificiale e non biologico, è possibile a tutti gli effetti usare la spatola per centrare, spingere e posizionare il dispositivo senza rischiare di comprometterne l’integrità, come invece
accadrebbe con un graft organico”, osserva. “È sufficiente poi creare una piccola bolla per fissare il lembo, e il gioco è fatto. Una procedura veloce e con una curva di apprendimento relativamente breve, una tecnica che potrebbe richiedere davvero poco per essere padroneggiata”. ULTIMA SPEME Al momento attuale, sono circa una ventina di pazienti al mondo a cui è stato impiantato un lembo endoteliale artificiale, e i primi ad affidarsi a questa nuova tecnologia sono stati operati dal Professor Auffarth in Germania. “Quando abbiamo iniziato con questi impianti artificiali, abbiamo selezionato pazienti con ‘poche speranze’ rispetto agli attuali standard, pazienti che avevano esaurito le opzioni a loro disposizione”, racconta Auffarth. “Pazienti con ogni tipo di complicazione possibile che si sono subito resi disponibili a tentare quest’ultima opzione. Avevamo casi di cornee estremamente spesse e con una qualità della vista estremamente bassa. In sostanza siamo partiti, caso dopo caso, dallo scenario peggiore”. Secondo Auffarth, anche di fronte a casi estremamente complicati, i risultati sono stati davvero incoraggianti. “Siamo stati davvero felici di constatare quanto la procedura rimanesse semplice a prescindere da quanto complicato fosse il caso”, ricorda Auffath. “Specialmente ci ha colpito quando efficacemente e velocemente si riuscisse ad ottenere i risultati sperati”. Un lembo artificiale non è sensibile alle differenze anatomiche tra occhio e occhio. “Non c’è rischio di danneggiare il lembo a causa di specifiche condizioni dell’occhio del paziente, come una
camera anteriore particolarmente profonda o eccessivamente stretta”, spiega Auffarth, “e ciò non mette a rischio la buona riuscita di una DSPEK”. Per quanto sia una procedura ancora in fase sperimentale, le complicazioni post-operatorie segnalate sono state poche e risolvibili. “Abbiamo segnalato alcuni casi in cui l’endotelio artificiale si è decentrato, assieme a qualche distacco in pazienti con la tendenza a sfregarsi l’occhio, in particolare quando la bolla di gas si era ritirata. In questi casi è sufficiente applicare qualche punto di sutura per facilitare l’adesione, e poi eseguire un rebubbling. È possibile anche fare un rebubbling a due mesi dall’impianto, anche se per alcuni pazienti è maggiormente consigliabile eseguirlo presto, nelle prime due settimane”, osserva Auffarth. “Una volta che ha aderito bene, il lembo diventa stabile”, aggiunge. Il rebubbling è molto più semplice rispetto a quello necessario per un intervento di DMEK, afferma Auffarth. “Non è neppure comparabile. Basta andare in sala operatoria e iniettare un po’ di aria per stabilizzare, senza troppi timori proprio perché durante la procedura il lembo non corre alcun rischio di danneggiarsi”, afferma. “Essendo artificiale non c’è davvero nulla dell’impianto che possa finire distrutto, e questo è un gran punto a favore”. UOMO CONTRO POLIMERO Le differenze tra un impianto di endotelio da donatore umano e uno di un lembo artificiale sono numerose, e non necessariamente la seconda opzione andrà per questo a rimpiazzare la prima. Come spiega il Professor Auffarth, la questione ha diverse sfaccettature. “Certo, l’impianto di un lembo natu-
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Cover Topic Nella speranza che questo tipo di intervento raggiunga presto un’approvazione universale, avremmo innanzitutto a portata una soluzione più abbordabile in termini economici
Gerd Auffarth
Un impianto endoteliale in acrilico idrofilo EndoArt di EyeYon Medical. Credits: Idan Gross.
rale da donatore restituisce all’occhio una parte precedentemente danneggiata, ripristinando la funzione senza l’elemento prostetico. L’occhio di un paziente operato di DMEK appare sempre più indistinguibile da un occhio sano non operato. Dall’altra parte la preparazione e la gestione dell’endotelio da donatore è una faccenda delicata, tanto quanto lo è il processo di guarigione e in quegli ormai rari casi di rigetto c’è sempre quel rischio di ridurre il numero di cellule endoteliali del lembo della DMEK”, osserva Auffarth. “Un endotelio di tessuto umano è sicuramente un’opzione molto valida, ma è pur sempre qualcosa di estremamente delicato da gestire, a partire dal sistema di procurement fino alla necessità di terapie immunosoppressive postoperatorie. Problematiche molto comuni nei trapianti di cornea odierni che con un endotelio artificiale diventano potenzialmente evitabili”. La soluzione artificiale è tuttavia ancora in fase di sperimentazione e per 6
quanto concerne benefici e lati negativi a lungo termine, occorrerà ancora del tempo per avere delle certezze. “Per quanto il lembo artificiale abbia dei vantaggi nel breve termine, tra cui una terapia post-operatoria con un normale collirio senza alcuna terapia immunosoppressiva, ancora non sappiamo quanto questi lati positivi possano perdurare nel lungo termine”, spiega Auffarth. “Non sappiamo, ad esempio, per quanto tempo il lembo rimarrà aderente in camera anteriore anche se per ora non abbiamo registrato alcun distacco. Ci sono delle possibilità che l’aderenza del lembo possa resistere per il resto della vita del paziente, ma in caso di distacco resta un lembo facilmente rimpiazzabile a basso costo”, aggiunge. ACCESSIBILITÀ GLOBALE Le prospettive future di un’alternativa artificiale alla cheratoplastica endoteliale puntano non solo ad una maggiore accessibilità per il chirurgo, ma
anche e specialmente per i pazienti a livello globale. “Nella speranza che questo tipo di intervento raggiunga presto un’approvazione universale, avremmo innanzitutto a portata una soluzione più abbordabile in termini economici”, spiega Auffarth. “Oggi il costo di un trapianto si aggira sui duemila o tremila euro, e questo nei luoghi dove c’è già un apparato logistico adatto e una banca degli occhi a disposizione, senza contare la mole di burocrazia che è necessaria per far arrivare un graft in sala operatoria. Tutto questo non è chiaramente scontato in un Paese in via di sviluppo”. Secondo Auffarth, la strada verso l’artificiale risponderebbe bene ad un fabbisogno in costante crescita in questi Paesi. “C’è un potenziale per i Paesi asiatici come la Cina e l’India proprio a causa del rapido incremento demografico che sta portando ad un sempre crescente aumento di pazienti in lista d’attesa. Offrire una valida alternativa aiuterebbe molti pazienti ad accedere finalmente ad un intervento pressoché inaccessibile ora come ora”, aggiunge. UN FUTURO PROSSIMO Un’opzione chirurgica abbordabile, accessibile ed affidabile in un mondo con un grande bisogno di questi tre aggettivi. Secondo Auffarth la DSPEK è già una realtà alle porte. “L’epitelio artificiale EndoArt ha già ricevuto l’approvazione CE, e questo vuol dire che potrà essere già usato a partire dal prossimo anno. Dipende da molti altri fattori, come ad esempio la produzione e l’approvazione nei diversi Paesi, ma sono fiducioso che da qui a cinque anni l’oftalmologia mondiale avrà a disposizione non solo il tessuto corneale, ma una valida alternativa artificiale e un nuovo intervento da affiancare alla DMEK e alle altre procedure per poter garantire una buona visione ai nostri pazienti”, conclude.
Riflettori sull’Esperto
ENERGIA POLIEDRICA Molto più di un semplice medico oculista
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Intervista al Dottor Ponzin, Direttore della Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ONLUS
Il potere di una mente creativa, innovativa, appassionata. L’eccellenza nel lavoro, la passione per la musica, il basso, la sua band Motorcycle Mama e la coinvolgente produzione letteraria giallistica, poliziesca e poetica recentemente giunta alla sua settima pubblicazione. Il Dottor Diego Ponzin si presta ai microfoni di EyeSee davanti all’affascinante sede della Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ONLUS. Qual è la sua sottospecialità o la sua area di interesse prevalente in oculistica? Di formazione sono oculista. Da sem-
Per collegarsi al video, scansionare il codice QR
Oltre alla professione medica, Diego Ponzin è bassista nella band Motorcycle Mama.
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pre, in questa parte della mia vita professionale almeno, mi occupo di trapianti di cornea in particolare di donazione e preparazione dei tessuti oculari per trapianto e di ricerca nel campo delle malattie oculari. Qual è stato il suo contributo al progresso dell’oculistica? Quali ritiene che siano i traguardi professionali che ha raggiunto? Ci sono dei traguardi soggettivi che sono stati importanti per me: la laurea, la specializzazione in oculistica ed il poter lavorare con persone di grande rilievo. I traguardi oggettivi o i
di Timothy Norris
La pratica musicale, perché sostanzialmente ci si esercita a fare un lavoro che insegna a stare al proprio posto e con disciplina; la pratica dello scrivere, perché mi allena la fantasia e mi aiuta a trovare argomenti per stabilire un rapporto con i miei pazienti. Diego Ponzin
Diego Ponzin con (da destra) il Professor Alessandro Bruni, il Dottor Robert Arffa, il Professor Massimo Busin e i colleghi della Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ONLUS, all’inaugurazione del Laboratorio di Fisiopatologia Oculare.
contributi reali che ho raggiunto credo siano l’aver contribuito a portare l’Eye Banking in Italia. Siamo stati la prima banca degli occhi italiana e forse sono stato il primo operatore di una banca degli occhi in Italia. Credo inoltre di aver usato lo spirito giusto nel tentare di far diventare l’attività di trapianto un’attività di eccellenza, diffusa nella nostra regione e anche su tutto il territorio nazionale. Quali sono state le figure più influenti per la sua carriera? Chi considererebbe un maestro o un mentore? Ho incontrato molte persone che hanno avuto un ruolo importante nella mia carriera. Persone di cui mi sono reso conto solo dopo che avevano lasciato
il segno, e altre di cui fin da subito ne ho riconosciuto l’importanza. Credo di poter citare un caso, uno che rappresenta la sintesi di tutto: il Professor Alessandro Bruni. Un farmacologo dell’Università di Padova che incidentalmente è mancato nel 2020, un Professore di medicina che ho incontrato quando avevo solo un diploma. È stato lui a parlarmi di ricerca, di medicina e ad aprirmi un mondo che non sapevo assolutamente potesse esistere. È stato lui ad aiutarmi a scoprire la passione per questo lavoro. Lei è presente sulla scena internazionale, coinvolto nei grandi progressi dell’oftalmologia. Quanto di tutta l’esperienza maturata all’interno di
questa scena è riuscito ad applicare alla sua pratica quotidiana? Molto. Direi che questa è un’esperienza straordinaria che vive ogni giorno chi fa un lavoro di ricerca o un lavoro clinico proiettato ai temi di frontiera, e quindi alla ricerca dell’eccellenza e di un costante aggiornamento. Ormai, la rete di scienziati, medici, clinici e chirurghi opera a livello internazionale, e chi fa un lavoro come il nostro ha la fortuna di potersi confrontare in tempo reale, pressoché quotidianamente con i migliori. Anch’io ho la fortuna di potermi interfacciare con loro e tradurre in pratica i loro consigli nei piccoli o grandi gesti quotidiani, dalla cura di un paziente, alla preparazione di un tessuto. È una parte molto bella del mio lavoro.
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Riflettori sull’Esperto
Quanto è importante la professione nella sua vita in una scala da 1 a 10? Dieci, anche se bisognerebbe chiederlo alla mia famiglia. Non vivo il lavoro in termini di pervasività, quindi non lo sento come un’invasione, perché quello che faccio mi interessa molto. Quindi diciamo che sento il lavoro come parte integrante della mia giornata, con grande naturalezza. Questo, assieme alla famiglia e a poche altre passioni, riempie la mia vita, e ne fa parte direi ineluttabilmente.
Assieme al suo ultimo romanzo, la Struttura del Giallo e Del Nero, Diego Ponzin ha pubblicato le raccolte di poesie e racconti Retropensieri (2003), Cose che non accadono mai (2006), La seduzione dell’istante (2008), Un silenzio di buona qualità (2011) e i romanzi Il senso dell’anomalia (2014 e 2018), e La descrizione della bellezza (2017).
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Quali sono le sue passioni e i suoi hobby al di fuori della sua professione? Al di fuori della mia professione, se si può dire “al di fuori”, c’è la famiglia che comunque in modo passivo, talvolta attivo, vive con me il mio quotidiano e mi aiuta, in quanto tutti noi abbiamo bisogno di ricaricare le batterie. Mi aiutano due passioni molto forti che coltivo da sempre: la pratica della musica e la scrittura. A proposito di rigenerare le batterie, credo di dover spendere qualche parola su questo per non essere equivocato. Le passioni che coltivo non servono per curare un mio disagio, perché sono molto fortunato e faccio un lavoro che mi piace. Piuttosto, servono per alimentarmi di energia: la pratica musicale, perché sostanzialmente ci
si esercita a fare un lavoro che insegna a stare al proprio posto e con disciplina; la pratica dello scrivere, perché mi allena la fantasia e mi aiuta a trovare argomenti per stabilire un rapporto con i miei pazienti. A tal proposito, i due romanzi che ho pubblicato finora saranno seguiti da un terzo, come conseguenza di questo mio bisogno. “La Struttura del Giallo e del Nero” è uscito recentemente per Mimesis, una casa editrice nazionale di Milano, e sono molto contento di poterlo dire. La lampada di Aladino: un desiderio, un’innovazione che vorrebbe ci fosse già oggi per i suoi pazienti. È una piccola ambizione grandissima, mi piacerebbe molto avere a disposizione una cellula staminale in grado di piangere. Moltissimi dei nostri pazienti soffrono di gravi complicanze degli occhi perché non hanno lacrime, e quindi ci sarebbe un grande bisogno da parte nostra di sapere ricostruire l’apparato lacrimale. Che non è così famoso, ma svolge un ruolo fondamentale nel mantenere quotidianamente la salute dei nostri occhi. Sarebbe bello poterlo ricostruire con una cellula che sapesse fare questo mestiere, ma non ne siamo ancora capaci.
Largo ai Giovani
UN LABORATORIO PER LE MENTI DI DOMANI NIIOS Academy e la sua missione di formare i giovani a diventare i grandi della cornea del futuro
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Intervista a Christa de Kort, Operational Manager di NIIOS Academy, Rotterdam e alla Dottoressa Lamis Baydoun, NIIOS, Rotterdam, ELZA Eye Institute, Zurigo, University of Münster
“La scelta di un giovane dipende dalla sua inclinazione, ma anche dalla fortuna di incontrare un grande maestro”. Questa frase è attribuita alla Professoressa e Premio Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini, anche lei maestra per moltissime giovani leve, che credeva essere i veri catalizzatori dell’innovazione. Il suo pensiero non si discosta molto da quello che anima Gerrit Melles e il suo NIIOS (Netherlands Institute for Innovative Ocular Surgery) di Rotterdam, vero centro di eccellenza europeo per la chirurgia della cornea, con la propria banca degli occhi e il proprio centro di ricerca e sviluppo, ma non solo. Da qualche anno NIIOS ha fondato la propria Academy, con fellowship dedicate ai giovani europei che vogliono approfondire le tecniche sviluppate al suo interno, prima su tutte la tecnica DMEK
(Descemet Membrane Endothelial Keratoplasty). L’obiettivo è dare ai giovani la possibilità di essere protagonisti di un processo di innovazione, con uno spirito di mutuo scambio di idee tra allievi e maestri, contribuendo ad un avanzamento sempre costante in ambito clinico e chirurgico. Di NIIOS Academy abbiamo parlato con due figure per essa molto importanti: Christa de Kort, Operational Manager di NIIOS Academy e storica organizzatrice delle attività, e la Dottoressa Lamis Baydoun, MD, PhD, precedente Direttrice. Non solo: della sua esperienza a NIIOS Academy ci ha parlato il Dottor Salvatore Luceri, attualmente unico italiano ad aver partecipato al programma di fellowship proposto. Tutti e tre hanno voluto sottolineare l’unicità di NIIOS Academy, il
Christa de Kort, Operational Manager di NIIOS Academy, NIIOS, Rotterdam
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di Laura Gaspari
NIIOS è una grande opportunità, un posto speciale, dove si impara moltissimo, dagli altri specialisti, dallo staff e dai pazienti stessi. Sarete sempre parte di noi
Christa de Kort
suo approccio innovativo e il grande senso di comunità che ha creato in questi anni tra allievi e maestri. L’INSEGNAMENTO COME OBIETTIVO Insegnare, imparare, conoscere, e rendere accessibile la conoscenza. Gli obiettivi sono stati fin da subito chiari. “Come riportato nell’atto costitutivo, l’obiettivo è di ‘insegnare ai chirurghi e medici le tecniche sviluppate al NIIOS attraverso fellowship, corsi, simposi, conferenze, lezioni e altro’”, riporta de Kort. “Credo sia proprio questo l’obiettivo: diffondere l’insegnamento ed espandere la conoscenza di tecniche innovative e non invasive, a beneficio dei pazienti”. Ben prima che NIIOS fondasse l’Academy, l’impegno è sempre stato in questa direzione. “Ufficialmente, NIIOS Academy è stata fondata nel giugno 2011. Tuttavia, corsi e fellowship esistevano anche prima, sotto l’egida di NIIOS”, ricorda Christa de Kort. “Negli anni 2000 il Dottor Melles ha viaggiato molto per insegnare tecniche come la DSEK e poi la DMEK. Nel frattempo i nostri wet lab contavano seicento oftalmologi. Dopo un po’ si è deciso di allargare con una estensione del NIIOS per le fellowship. All’inizio si chiamava ‘Education’, cambiato poi in Academy”. L’accessibilità facilitata ad un’alta formazione clinica e chirurgica, soprattutto per tecniche sviluppate ‘in casa’, è ciò che per il Dottor Melles e lo staff di NIIOS è la cosa veramente fondamentale. “Sono convinta che rendere accessibile quello che facciamo al NIIOS, permettere alle persone di avere accesso ai nostri insegnamenti, ai nostri segreti, ai ‘tips&tricks’ che normalmente non si imparano in un ospedale, sia l’unico modo per diffondere in maniera efficiente la nostra idea, so-
prattutto quando si parla di chirurgie in cui molti specialisti sono ancora restii a cimentarsi, come la DMEK, che di certo non è la più semplice con cui iniziare”, spiega Lamis Baydoun. NIIOS si è sempre occupata di formazione, dando la possibilità a giovani menti di fare pratica e specializzarsi, grazie anche al contatto con vere personalità nel mondo della chirurgia della cornea. “Io mi sono unita al NIIOS nel 2012, ma so che già da prima arrivavano qui non solo giovani, ma anche veri VIP della chirurgia corneale, tutti per imparare nuove tecniche chirurgiche”, aggiunge Lamis Baydoun. UN VENTAGLIO ENORME DI POSSIBILITÀ Candidarsi per una fellowship con NIIOS è un processo relativamente semplice. Basta inviare una email con curriculum e una lettera motivazionale. I requisiti fondamentali richiesti sono l’aver conseguito la specializzazione in oftalmologia, ed essere cittadino con passaporto europeo. “Chiediamo che sia stata conseguita la specializzazione perché NIIOS è una clinica altamente specializzata, ci aspettiamo una conoscenza specialistica dell’oftalmologia e bisogna essere in grado di prendere anche delle decisioni autonomamente”, spiega Lamis Baydoun. Inoltre, da gennaio 2017 è obbligatorio superare un test di lingua olandese, in quanto si ha a che fare con pazienti che si esprimono nella loro lingua madre. “Non ci aspettiamo che i nostri fellow passino il test nel periodo della loro permanenza a NIIOS, ma almeno che sappiano esprimersi con un po’ di olandese perché per i pazienti è difficile parlare dei problemi di salute dei loro occhi in inglese. Se non si supera quest’esame, si può comunque accedere, ma sotto supervisione che è comunque la pro-
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Lamis Baydoun, MD, PhD, NIIOS, Rotterdam, ELZA Eye Institute, Zurigo, University of Münster
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Largo ai Giovani che questo chiuda il cerchio per fare in modo che dal NIIOS escano giovani specialisti pronti a cimentarsi di più nella loro carriera”, commenta la Dottoressa Baydoun.
cedura standard per i primi mesi”, aggiunge Christa de Kort. I candidati giudicati idonei vengono successivamente convocati per un colloquio, da remoto o in presenza, secondo le esigenze. Uno dei veri punti di forza di NIIOS Academy è la flessibilità che viene richiesta al partecipante. “L’Academy lavora a stretto contatto con il reparto di ricerca e sviluppo: se viene sviluppato qualcosa di nuovo, come la variante di una tecnica chirurgica, questa viene subito inserita nel programma di fellowship”, spiega de Kort. “NIIOS inoltre ha la sua banca degli occhi Amnitrans, dove i fellow hanno accesso alle cornee da preparare. Ovviamente poi c’è la clinica. Quindi si può osservare ogni passaggio, dalla preparazione del tessuto, fino alla cura del paziente, e alla chirurgia. Siamo una squadra composta da poche persone, quindi tutto è svolto in cooperazione”. “Sono stata anche io fellow a NIIOS, e ho imparato moltissimo dalla banca degli occhi: ogni aspetto della preparazione del lembo prima di una DMEK, tutto ciò che è decisivo anche per la buona riuscita di un trapianto e per saperlo eseguire correttamente la chirurgia”, spiega la Dottoressa Baydoun.
“Sta ai fellow scegliere quanto tempo dedicare a questa attività. Poi c’è la parte clinica, dove si impara a capire quali sono i pazienti meglio candidati ad una DMEK o ad altre tecniche alternative, e a prendere decisioni in tal senso. Infine
UN AMBIENTE INTERNAZIONALE NIIOS è da sempre un ambiente di respiro internazionale. “Partecipano moltissimi spagnoli, ma abbiamo avuto anche tedeschi, svizzeri, belgi. L’internazionalità è un valore aggiunto, che aiuta a crescere non solo come chirurghi, ma anche come persone”. “aggiunge Lamis Baydoun. La pandemia di COVID-19 ha limitato l’accesso ai corsi per un anno e mezzo, ma non ci si è fermati a NIIOS. Ora, grazie ai vaccini e al calo dei numero dei casi, la ‘macchina’ è pronta a ripartire a pieno ritmo. A rafforzare l’aspetto internazionale sono fondamentali le Cornea Evening che, anche nella loro forma online a causa della pandemia, hanno permesso a NIIOS di mantenere viva la comunicazione e aperto il dibattito tra specialisti della cornea. “Normalmente organizzavamo le Cornea Evening durante il congresso dell’’ESCRS dal 2014, e avevamo più o meno trecento partecipanti. Con la forma online, abbiamo raggiunto un pubblico di quasi novecento persone, e da sempre più Paesi. Devo dire che è stato molto efficace per i nostri obiettivi”, commenta de Kort. “Mi occupo delle Cornea Evening dal 2015, ed è stato molto interessante vedere Lamis Baydoun tutti questi ospiti e spettatori trovarsi assieme online e discutere, scambiare conoscenze tra loro. Nonostante la pandemia, abbiamo sentito che non ci si era fermati”, aggiunge Lamis Baydoun.
Sono convinta che rendere accessibile quello che facciamo al NIIOS, permettere alle persone di avere accesso ai nostri insegnamenti, ai nostri segreti, ai ‘tips&tricks’ che normalmente non si imparano in un ospedale, sia l’unico modo per diffondere in maniera efficiente la nostra idea
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viene affrontata la parte chirurgica, con la guida di un tutor”. La DMEK è ovviamente il fiore all’occhiello del NIIOS, con una vasta possibilità di esercitarsi nei wet lab con gli occhi di maiale, di osservare un chirurgo da vicino in sala operatoria, assimilando tutti i passaggi fondamentali di questa innovativa chirurgia. Inoltre, è richiesto un intensivo lavoro di ricerca e stesura di paper sull’argomento, oltre che l’analisi di precedenti lavori. “Così si è in grado di capire meglio tutti gli aspetti e metterli in pratica, e credo
UNA VOLTA CHE ENTRI NEL NIIOS, NON LO LASCI DAVVERO PIÙ NIIOS Academy rappresenta un’ottima opportunità per coloro che vogliono approfondire il loro percorso sulla chirurgia corneale, ed è decisamente un ambiente che può dare molto anche dopo la fine della fellowship. “I feedback sono molto positivi: apprez-
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Riducono la progressione miopica in media del 1
60%
MiYOSMART: le lenti intelligenti per la gestione della miopia nei più giovani Hoya è leader nella gestione della miopia nei più giovani. MiYOSMART è la prima lente oftalmica con esclusiva Tecnologia D.I.M.S. che gestisce la progressione della miopia in modo semplice, efficace e non invasivo. La sua efficacia è dimostrata da uno studio clinico di due anni su bambini dagli 8 ai 13 anni1 e da un terzo anno di follow-up2. 1 Lam CSY, Tang WC, Tse DY, Lee RPK, Chun RKM, Hasegawa K, Qi H, Hatanaka T, To CH. Le lenti per occhiali con tecnologia DIMS (Defocus Incorporated Multiple Segments) rallentano la progressione della miopia: uno studio clinico randomizzato di 2 anni. British Journal of Ophthalmology. Pubblicato online per la prima volta il 29 maggio 2019. doi: 10.1136/bjophthalmol-2018-313739. 2 Lam CS, Tang WC, Lee PH, et al. Effetto delle lenti per occhiali a segmenti multipli di defocus incorporati (D.I.M.S.) sul controllo della miopia nei bambini cinesi: risultati di uno studio di follow-up sul terzo anno. British Journal of Ophthalmology Pubblicato Online per la prima volta: 17 marzo 2021. doi: 10.1136/ bjophthalmol-2020-317664.
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Largo ai Giovani
NIIOS Academy: un’esperienza da provare IL RACCONTO DI UN ITALIANO A ROTTERDAM. INTERVISTA AL DOTTOR SALVATORE LUCERI, OSPEDALE SAN GERARDO, MONZA Salvatore Luceri, giovane oftalmologo attualmente in servizio al San Gerardo di Monza, è finora l’unico italiano ad aver completato una fellowship presso NIIOS Academy nel 2015, dopo aver preso la decisione di approfondire i suoi studi e le sue conoscenze. “Sentivo il bisogno di fare di più. Lo stesso anno ho fatto l’esame EBO e poi ho cercato qualcosa per poter partire e aggiungere un’altra esperienza alla specializzazione”, racconta Luceri. “Ho trovato NIIOS su internet, e ho visto il programma di fellowship. L’ho trovato affascinante e interessante. Inoltre conoscevo già la risonanza del lavoro del Dottor Gerrit Melles. Mi sono detto ‘proviamoci!’ e ho scritto”. Quasi per caso dunque, il Dottor Luceri è riuscito a entrare e svolgere la sua fellowship nella seconda metà del 2015 per sei mesi, in un intenso lavoro tra parte clinica, parte chirurgica e ricerca, in coppia con un collega spagnolo. “Quasi tutto era focalizzato sulla DMEK, ma non solo. Abbiamo lavorato tanto in banca degli occhi, ci siamo approcciati alla prima parte del trapianto, la preparazione dei tessuti, l’analisi delle cellule endoteliali, che è molto importante. Per le parti clinica e chirurgica ho fatto ‘full immersion’ di DMEK, che fino ad allora avevo visto solo ai congressi. È stato molto formativo assistervi dal vivo, parlarne tutti i giorni, fare esperienza con i pazienti, osservare il loro recupero straordinario, seguire le operazioni in sala ed eseguirne le varie fasi con un supervisore. Per le chirurgie, io ero stato affidato a Lamis Baydoun. Per la parte di ricerca, al NIIOS ho partecipato a studi clinici importanti, migliorando la capacità di scrittura di articoli e abstract per i congressi. È stato molto stimolante”, ricorda Luceri. NIIOS è un centro d’eccellenza, ma non è inarrivabile come si sarebbe portati ad immaginare. “È un ambiente fatto di persone di grande spessore, ma umili e alla mano, grandi lavoratori, con una forte presenza femminile, e molto internazionale. Ci si forma a cambiare un po’ prospettiva”, spiega Luceri. La sensazione di stare in una famiglia è stata palese fin da subito, come racconta Salvatore Luceri. “Ho trovato
zano molto l’ambiente, dallo staff all’internazionalità, e la possibilità di fare ricerca, lavoro in clinica e pratica chirurgica con i wet lab. Inoltre, si innamorano di Rotterdam”, spiega de Kort. Avere l’opportunità di approfondire le proprie conoscenze in un centro come NIIOS e lavorare spalla a spalla con grandi nomi della chirurgia della cornea è sicuramente un’esperienza da non sottovalutare. “NIIOS è una grande opportunità, un posto specia18
persone attente al dialogo e a cui davvero interessa l’opinione di tutti. C’è spirito di coinvolgimento, sono molto aperti alle idee anche del più inesperto”. Uno dei perni fondamentali è dunque la mutua collaborazione tra i fellow che vengono ad imparare e lo staff presente per insegnare. “C’è una compenetrazione di intenti: da una parte il fellow deve imparare e porta contemporaneamente idee fresche e innovative, dall’altro lo staff insegna e dà spunti, forma dal punto di vista professionale, ma anche personale. Ti abituano a ragionare fuori dagli schemi, e lasciano davvero il merito a chi se l’è guadagnato”, osserva Luceri. In un certo modo, l’esperienza in più che il Dottor Luceri stava cercando si è concretizzata realmente anche nella sua pratica quotidiana. “Sento di aver imparato tanto, soprattutto su tecniche chirurgiche come la DMEK, ancora relativamente poco eseguite, ma anche sul modo di lavorare e fare ricerca. Spero un giorno, continuando con il mio percorso e la mia carriera, di poter mettere in pratica a tutto tondo quello che ho imparato. Lo consiglio a tutti: se si è interessati alla chirurgia della cornea, e se si cercano innovazione e progresso, NIIOS è assolutamente un’esperienza da fare. Inoltre, avere un mentore come il Dottor Melles e aver modo di vedere da vicino il suo lavoro è un’esperienza davvero stimolante e formativa. In più, l’Olanda è un bellissimo Paese”, conclude.
Il Dottor Salvatore Luceri (a sinistra) e il Dottor Jorge Peraza Nieves (a destra) durante la loro fellowship a NIIOS.
le, dove si impara moltissimo, dagli altri specialisti, dallo staff e dai pazienti stessi. Sarete sempre parte di noi”, afferma Christa de Kort. “Sono arrivata a Rotterdam per starci sei mesi ed ora sono sette anni che sono qui. Ha cambiato la mia vita”, dichiara Lamis Baydoun. “Ognuno è speciale, ognuno conta, siamo una squadra. Siamo tutti sullo stesso piano, siamo una famiglia. La mentalità è che continui ad esserne parte anche quando
te ne vai. Ci si rivede ai congressi, ci si sente spesso e c’è sempre quella sensazione di ricongiungimento”, conclude. Come un nido, quindi, NIIOS è in grado di permettere ai nuovi chirurghi di ‘volare’ verso il futuro, l’innovazione e l’inizio di una carriera brillante, rimanendo sempre presente per un aiuto, un supporto, un consiglio o semplicemente per fare rete, lavorando insieme al progresso della chirurgia della cornea.
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. DENOMINAZIONE DELMEDICINALE KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione 1 ml contengono 0,69 mg di ketotifene fumarato, pari a 0,5 mg di ketotifene. Ketoftil 0.5 mg/g gel oftalmico 1 g contengono 0,69 mg di ketotifene fumarato, pari a 0,5 mg di ketotifene. Eccipiente con effetti noti Il flacone multidose e il gel oculare contengono benzalconio cloruro. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Collirio, soluzione (contenitore multidose) Collirio, soluzione (contenitori monodose) Gel oftalmico 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Congiuntiviti e cheratocongiuntiviti acute e croniche di natura allergica (primaverili, atopiche ed altre). 4.2 Posologia e modo di somministrazione. Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione: 1 goccia nel sacco congiuntivale 2 o più volte al dì, secondo prescrizione medica. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico: 1 goccia nel sacco congiuntivale 2 volte al dì. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità al ketotifene o ad uno qualsiasi degli eccipienti del prodotto o sostanze strettamente correlate dal punto di vista chimico. Generalmente controindicato in gravidanza (v. paragrafo 4.6). 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego Ketoftil collirio, soluzione (contenitore multidose) e Ketoftil gel Le formulazioni di Ketoftil collirio multidose e Ketoftil gel contengono benzalconio cloruro come conservante che può depositarsi sulle lenti a contatto morbide; pertanto Ketoftil non deve essere usato se il paziente indossa questo tipo di lenti. Le lenti devono essere rimosse prima dell’applicazione ed è necessario attendere 15 minuti prima di rimetterle. I prodotti contenenti benzalconio cloruro come conservante possono decolorare le lenti a contatto morbide. Il benzalconio cloruro può causare irritazione oculare, occhio secco, alterazione del film e della superficie corneali. Da usare con cautela nei pazienti con occhio secco e con compromissione della cornea. I pazienti devono essere monitorati in caso di uso prolungato. Ketoftil, nelle sue diverse forme farmaceutiche, può determinare al momento dell’applicazione un leggero e fugace bruciore. Ketoftil gel oftalmico, per la natura dei suoi eccipienti, può causare al momento dell’applicazione un lieve e transitorio offuscamento visivo. Ketoftil collirio, soluzione e gel Nessuna particolare avvertenza. 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione Se Ketoftil viene utilizzato in concomitanza con altri medicamenti oculari, è necessario far intercorrere almeno 5 minuti tra un’applicazione e l’altra. La somministrazione orale di ketotifene può potenziare gli effetti dei medicinali depressivi sul SNC,degli antistaminici e dell’alcool. Anche se questi fenomeni non sono stati osservati con Ketoftil, la possibilità di tali effetti non può essere esclusa. 4.6 Fertilità, gravidanza e allattamento Gravidanza Non sono disponibili dati sull’uso di ketotifene in gravidanza. Studi su animali con dosi orali tossiche hanno mostrato un incremento della mortalità pre- e postnatale, ma non hanno evidenziato effetti teratogeni. I livelli sistemici di ketotifene dopo l’applicazione oftalmica sono molto più bassi di quelli raggiunti dopo somministrazione orale. Si dovrebbe comunque usare cautela nel prescrivere questo medicinale a donne in gravidanza. Allattamento Anche se i dati di studi su animali dopo somministrazione orale dimostrano l’escrezione del principio attivo nel latte materno, è improbabile che la somministrazione topica nella donna possa produrre quantità di principio attivo rilevabili nel latte materno. Ketoftil può essere usato durante l’allattamento. Fertilità Non sono disponibili dati relativi agli effetti del ketotifene fumarato sulla fertilità negli esseri umani. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari In soggetti sensibili, Ketoftil, all’inizio del trattamento, potrebbe attenuare la capacità di reazione. Se il paziente avverte visione offuscata o sonnolenza a seguito della somministrazione di questo medicinale, non deve guidare veicoli o utilizzare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati Le reazioni avverse provenienti da studi clinici (tabella 1) sono elencate in base alla classificazione MedDRA per sistemi e organi. All’interno di ogni classe per sistemi e organi, le reazioni avverse sono riportate in ordine di frequenza, con le reazioni più frequenti per prime. All’interno di ogni gruppo di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente per gravità. In aggiunta, la corrispondente categoria di frequenza per ogni reazione avversa è basata sulla seguente convenzione (CIOMS III): Molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100), raro (≥ 1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Tabella 1 Reazioni avverse Disturbi del sistema immunitario Non comune: ipersensibilità Patologie del sistema nervoso Non comune: mal di testa Patologie dell’occhio Comune: irritazione oculare, dolore oculare, cheratite puntata, erosione puntata dell’epitelio corneale Non comune: visione offuscata, (durante l’instillazione), occhio secco, disturbi palpebrali, congiuntiviti, fotofobia, emorragia congiuntivale. Patologie gastrointestinali Non comune: secchezza della bocca Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non comune: rash, eczema, orticaria Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Non comune: sonnolenza Reazioni avverse dall’esperienza post-marketing (frequenza non nota) Sono state osservate anche le seguenti reazioni avverse post-marketing: • reazioni di ipersensibilità incluse reazioni allergiche locali (in prevalenza dermatiti da contatto, gonfiore della zona oculare, prurito palpebrale ed edema) • reazioni allergiche sistemiche con inclusi gonfiore/edema facciale (in alcuni casi associate a dermatiti da contatto) • riacutizzazioni di condizioni allergiche pre-esistenti quali asma ed eczema. Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano
dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse. 4.9 Sovradosaggio Ketoftil multidose Non sono stati riportati casi di sovradosaggio. L’assunzione orale di questo medicinale non è raccomandata. L’ingestione per via orale del contenuto del flacone multidose da 10 ml o del tubo è equivalente a 5 mg di ketotifene (la dose giornaliera raccomandata per i bambini al di sopra dei 3 anni è di 2 mg). I risultati clinici non hanno indicato segni o sintomi gravi dopo l’ingestione di una dose fino a 20 mg di ketotifene. Ketoftil monodose Non sono stati riportati casi di sovradosaggio. L’assunzione orale del contenuto del contenitore monodose è equivalente a 0,25 mg di ketotifene (la dose giornaliera raccomandata per i bambini al di sopra dei 3 anni è di 2 mg). I risultati clinici non hanno indicato segni o sintomi gravi dopo l’ingestione di una dose fino a 20 mg di ketotifene. 5. PROPRIETA’FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmaco dinamiche Categoria farmacoterapeutica: Oftalmologici-altri antiallergici, codice ATC: S01GX08 Ketoftil è un medicinale antiallergico e antiistaminico attivo per via locale in tutte le forme di cheratocongiuntivite allergica. La sua attività antianafilattica, di tipo non steroideo, si esplica sia attraverso una inibizione del release dei mediatori chimici della allergia e flogosi locale dai mastociti (istamina, SRS-A, etc.), che attraverso una inibizione della attivazione degli eosinofili da parte degli antigeni o del fattore attivante piastrinico (PAF). L’effetto antistaminico si manifesta attraverso una inibizione degli effetti della istamina sui recettori H1 periferici. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Per via orale (nel ratto) l’emivita di assorbimento del ketotifene è di 0,5 ± 0,2 ore e quella di eliminazione è di 8,4 ore. La sua eliminazione avviene per il 25%-30% attraverso l’emuntorio renale. Somministrazione oculare (coniglio): con ketotifene fumarato marcato con C14, la massima concentrazione nei tessuti oculari si rileva 15 minuti dopo la somministrazione; il livello massimo si raggiunge nell’epitelio corneale, seguito da congiuntiva, cornea, iride, sclera, corpo ciliare e umore acqueo. Il tempo di ritenzione medio a livello congiuntivale è di 5,7 ore. La concentrazione ematica per dosi oculari ripetute è stata calcolata essere pari a circa 1/70 di quella congiuntivale. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Il ketotifene presenta una bassa tossicità acuta. La DL50 è riportata nella tabella seguente: mg/Kg TOPO RATTO PER OS 408 ± 61 468 ± 107 SOTTOCUTE 820 ± 78 430 ± 54 ENDOVENA 14,9 ± 1 5,4 ± 0,8 Nessun effetto tossico è stato riscontrato per dosi orali ripetute e largamente superiori a quelle utilizzabili per l’impiego clinico-terapeutico. 6. INFORMAZIONIFARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (flacone multidose): Sorbitolo, benzalconio cloruro, TS- Polisaccaride e acqua per preparazioni iniettabili. Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (contenitori monodose): TS-Polisaccaride, sorbitolo e acqua per preparazioni iniettabili. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico: Idrossietilcellulosa, sorbitolo, benzalconio cloruro e acqua per preparazioni iniettabili. 6.2 Incompatibilità Non note. 6.3 Periodo di Validità Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione flacone multidose da 10 ml 3 anni a confezionamento integro. Il flacone multidose non deve essere usato oltre 30 giorni dopo la prima apertura del contenitore. Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione - 25 contenitori monodose 0,5 ml 30 mesi a confezionamento integro. I flaconcini monodose non contengono conservanti antimicrobici atti a preservarne la sterilità in fase d’uso e perciò, una volta aperto il contenitore, il prodotto in esso contenuto deve essere utilizzato immediatamente. Il prodotto che eventualmente dovesse avanzare deve essere gettato. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico 3 anni a confezionamento integro. Il prodotto non deve essere usato oltre 30 giorni dopo la prima apertura del contenitore. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Nessuna. 6.5 Natura e contenuto del contenitore Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (flacone multidose) Un flacone contagocce in polietilene da 10 ml, dotato di tappo ad apertura razionale e non istintiva. Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (contenitori monodose) Scatola da 25 contenitori in polietilene da 0,5 ml. I contenitori, in stecche da 5 unità, sono racchiusi in bustine di politene-alluminio-poliestere. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico Tubo in alluminio da 10 g, internamente ricoperto da resine epossidiche, con punta oftalmica. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione Collirio Flacone multidose Per aprire, premere la capsula di chiusura e contemporaneamente svitare. Dopo l’uso richiudere avvitando a fondo. Contenitore monodose Separare un flaconcino dalla stecca e aprire. Dopo l’uso, gettare anche se rimane del contenuto Gel oftalmico Per ottenere un migliore gocciolamento, durante l’applicazione tenere il tubetto perpendicolare e non obliquo. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO POLIFARMA S.p.A. Viale dell’Arte,69 – 00144 Roma 8. NUMERI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - flacone da 10 ml: A.I.C. 029278013 KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - 25 contenitori monodose: A.I.C.029278025 KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico: A.I.C.029278037 9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Data della prima autorizzazione: 13 Maggio 2000 Data del rinnovo più recente: 13 Maggio 2010 10. DATA DI REVISIONE DELTESTO Giugno 2020
Fascia C SOP KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - flacone da 10 ml: A.I.C. 029278013 €14,50 KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - 25 contenitori monodose: A.I.C. 029278025 €16,20 KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico: A.I.C. 029278037 €15,00 Prezzi di vendita a discrezione e soggetti a possibili variazioni
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12 ore
per l’insorgenza d’azione 1
di durata d’azione 1
minuti
Efficace nella congiuntivite allergica 2,3 Contiene TS Polisaccaride nel collirio 4 Disponibile in Monodose 4 Riferimenti bibliografici 1) Greiner JV et al. Clin Ther 2003;25(7):1988-2005. 2) Kidd M et al. Br J Ophthalmol 2003;87:12061211. 3) Ganz et coll. Advances in Therapy (2003). 4) Ketoftil. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto.
Congiuntivite allergica?
Materiale promozionale destinato ai medici
Depositato presso l’AIFA 17/10/2019
L’EFFICACIA SI VEDE
Fascia C - SOP E KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - flacone da 10 ml: € 14,50 E KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - 25 contenitori monodose: € 16,20
Prezzi di vendita a discrezione e soggetti a possibili variazioni
SISTEMA DI GESTIONE DELLE ATTIVITÀ DI INFORMAZIONE SCIENTIFICA CERTIFICATO
Cod. k-ADV1
E KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico: € 15,00
Casi da Incubo
DUE È MEGLIO DI UNO Due cornee artificiali per restituire la vista ad un paziente
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Intervista al Dottor Pavel Stodulka, Gemini Eye Clinics, Zlín, Repubblica Ceca
Per collegarsi al video, scansionare il codice QR
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Vivere per sedici anni non potendo vedere il mondo attorno a sé è un vero incubo per ogni essere umano. La cecità è spesso purtroppo il punto di non ritorno, quello in cui molti specialisti si fermano e lasciano perdere. Non tutto però è perduto: la tecnologia odierna nelle mani di chirurghi abili e di esperienza, permette di ridare la vista ad alcuni pazienti ormai dati per ‘spacciati’, soprattutto nei casi dove la cecità è causata dalla cornea. Il caso da incubo di questo numero è in realtà una storia a lieto fine, un barlume di speranza, ma lungo un percorso estremamente complicato: una delicatissima operazione chirurgica per ridare la vista al paziente tramite l’uso di ben due cornee artificiali, eseguita dal Dottor Pavel Stodulka, MD, PhD, Direttore di Gemini Eye Clinics in Repubblica Ceca e in Austria. SEDICI ANNI AL BUIO “Il paziente, cittadino polacco, aveva perso la vista a causa di un incidente in fabbrica: mentre stava saldando una fornace, il carburo di calcio gli è esploso negli occhi”, spiega Stodulka. “Si era sottoposto a numerosi trapianti di cornea che gli restituivano la vista per un po’ di tempo. Negli ultimi sedici anni il paziente è rimasto completamente cieco. Il protagonista della nostra storia si è trovato dunque nella situazione di dover rimanere così, senza possibilità di riacquistare la vista, con un visus ridotto al moto della mano e alla percezione della luce con l’occhio migliore”. Dopo sedici anni in queste terribili condizioni, il paziente si è messo in viaggio, dalla Polonia fino alla clinica del Dottor Stodulka, per sottoporsi ad un complesso intervento di impianto di una cornea artificiale. “Al tempo dell’intervento, credo che nessuno in Polonia facesse questo tipo di chirurgia”, afferma Stodulka. Pavel Stodulka vanta un’esperienza
invidiabile nell’uso delle cornee artificiali. “Il mio follow up più lungo con le cornee artificiali è quattordici anni”, afferma. “Ogni volta che vedo un paziente con una cornea così traumatizzata da non essere idoneo al trapianto, ma con retina e nervo ottico intatti, procedo immediatamente con l’impianto della cornea artificiale. Questa chirurgia complessa e rischiosa è prevista per coloro che sono legalmente ciechi in entrambi gli occhi”. Un intervento davvero complesso, ma che se risulta in un successo, è davvero in grado di cambiare radicalmente la vita di un paziente. UNA DIFFICILE E COMPLESSA CHIRURGIA Come perfettamente narrato nel video gentilmente concesso ad EyeSee dal Dottor Stodulka, l’intervento si è composto di fasi molto delicate. “Bisogna essere ben preparati, e avere una squadra che sia in grado di seguirti in situazioni difficili e durante le più complesse chirurgie. Bisogna essere in grado di affrontare con cognizione di causa diversi tipi di chirurgia intraoculare perché si lavora su occhi con cornee opacizzate, pertanto non si sa esattamente cosa c’è dentro l’occhio e si deve essere in grado di risolvere ogni problema. Si tratta spesso di una chirurgia molto faticosa”, spiega Pavel Stodulka. La cornea opacizzata del paziente era abbastanza spessa, quindi si è deciso di utilizzarla come base per l’impianto della cornea artificiale. Il Dottor Stodulka ha proceduto a cauterizzare i vasi sanguigni di maggior calibro sulla superficie oculare e ad eseguire una marcatura radiale sulla cornea opacizzata in modo da piazzarla esattamente nella sua posizione e orientamento originali, per poi tagliare usando un trapano corneale. Successivamente, con un bisturi di diamante e delle forbici curve, la cor-
di Laura Gaspari
Le cornee artificiali esistono e ci possono aiutare a ridare la vista a quelli che abbiamo sempre considerato ‘casi senza speranza’
Pavel Stodulka
nea è stata asportata. La particolarità dell’intervento però è nell’uso di due cornee artificiali. “Grazie a questa combinazione, ci è stato possibile eseguire un intervento di cataratta a bulbo chiuso contemporaneamente all’impianto della cornea artificiale. Come è più sicuro eseguire un’operazione di cataratta a bulbo chiuso con facoemulsificatore come in un occhio normale, in casi come questo si può usare una cheratoprotesi temporanea in silicone e creare un’apertura ausiliaria a lato di essa per la punta del facoemulsificatore, simulando un intervento di cataratta standard”, spiega Stodulka. Dopo aver applicato la cheratoprote-
Pavel Stodulka, MD, Direttore di Gemini Eye Clinics in Repubblica Ceca e Austria
si temporanea, fissata con una sutura interrotta, il Dottor Stodulka ha inserito la punta del facoemulsificatore, ha aspirato il cristallino opacizzato e ha iniettato il viscoelastico. Il video ci mostra come, a partire da questa situazione, sia stato possibile eseguire tutti i normali passaggi di un’operazione di cataratta con facoemulsificazione, fino all’impianto di una lente intraoculare idrofoba nel sacco sotto la cheratoprotesi temporanea in silicone, rimossa poi nel passare all’impianto di cornea artificiale Boston KPRO. “Serve esperienza, gli strumenti corretti e un buon allenamento ed esperienza. Tutto questo insieme dà ottimi risultati. La vera sfida è la
complessità del caso”, afferma Pavel Stodulka. TORNARE A VIVERE L’operazione è andata a buon fine, e il paziente è finalmente tornato a vedere. “Il risultato è stato migliore del previsto, già dal giorno successivo all’operazione. Il paziente riusciva a vedere 9/10 nell’occhio operato con una correzione astigmatica di -1,0 D sull’asse dei 130°, ed era in grado di leggere J1 da vicino senza correzione. Il meglio del meglio”, racconta Stodulka. Tuttavia, com’è comune negli impianti di Boston KPRO, possono esserci alcune complicanze mesi dopo l’operazione, e la pandemia di COVID-19, che stava avanzando proprio in quel periodo, non ha di certo aiutato. “Sette mesi dopo il paziente ha avuto un’occlusione venosa retinica all’occhio destro, che ha avuto ripercussioni a livello della vista. Il tutto proprio mentre venivano chiusi i confini tra Polonia e Repubblica Ceca a causa della pandemia”, spiega il Dottor Stodulka. “È stato preso in carico da oftalmologi polacchi, che hanno fatto un ottimo lavoro, ma il problema retinico ha avuto indubbiamente delle conseguenze sul visus, che è sceso a 3/10 corretto con -1,5D. Un risultato finale ancora buono, considerando da dove siamo partiti. Il paziente è contento, riesce a vivere la sua vita in modo indipendente, può vedere i membri della sua famiglia, leggere e muoversi da solo. Il risultato iniziale era però decisamente migliore”. MIGLIORARE PER IL BENE DEI PAZIENTI Al di là di un’operazione complessa ben riuscita e di un paziente soddisfatto che torna a vedere con i suoi occhi, c’è da ragionare sull’uso delle cornee artificiali e su un’eventuale evoluzione di esse. Questo per il
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Casi da Incubo
bene dei pazienti, soprattutto quelli più difficili, con i casi più complicati ed apparentemente irrisolvibili. “Molti chirurghi di segmento anteriore non sono ancora pronti a farsi carico di questi casi”, commenta Stodulka. “Le cornee artificiali esistono e ci possono aiutare a ridare la vista a quelli che abbiamo sempre considerato ‘casi senza speranza’, che non
possono ricevere un normale trapianto, ma che hanno retina e nervo ottico a posto. Se ci sono le condizioni e l’esperienza, il chirurgo deve avere il coraggio e iniziare a trattare anche questo tipo di casi, o almeno riferirli a colleghi in grado di farlo”. Tuttavia, come nel caso in esame, le Boston KPRO possono dar luogo a complicazioni che, secondo il Dottor Stodulka,
dovranno essere superate in futuro. “Ci sono parecchie cornee artificiali sul mercato oggi. Per la mia esperienza, le Boston KPRO sono quelle che garantiscono i risultati migliori, seppur con delle complicanze associate. Bisogna lavorare allo sviluppo di altre cornee artificiali e abbassare il più possibile il tasso di complicanze nel lungo termine”, conclude.
Lente per il controllo della progressione miopica nei bambini ed adolescenti La miopia sta diventando un problema sempre più diffuso a livello planetario. Per rispondere a questa problematica Ital-lenti ha sviluppato MYOPKIDS, un’innovativa lente con defocus periferico, con lo scopo di limitare lo sviluppo della progressione miopica nei bambini e negli adolescenti.
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Approfondimenti
GOAL RIUNITO PER FERMARE L’EPIDEMIA DI MIOPIA
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Si è svolto a Milano lo scorso 18 settembre 2021 il terzo Congresso Nazionale GOAL, sia in presenza che online, organizzato dal Gruppo Oculisti Ambulatoriali Liberi, dal titolo “Sfide quotidiane nella pratica clinica dell’Oculista Ambulatoriale: presente e futuro.” L’incremento globale ed epidemico della miopia è stata una tematica centrale nella sessione dedicata all’oftalmologia pediatrica, dove si è inoltre profusamente trattato dei fattori di rischio e delle strategie terapeutiche di ultima generazione. Su questa delicata tematica sono intervenuti il Prof. Paolo Nucci, Oftalmologo Pediatrico Ordinario di Oculistica dell’Università Statale di Milano, e il Prof. Giancarlo Montani, Docente dell’Università del Salento. L’approccio farmacologico all’oftalmologia pediatrica è stato un argomento trattato dal Prof. Nucci, il quale ha definito lo stato dell’arte e tracciato una panoramica sugli sviluppi futuri. Nel suo intervento, Nucci ha inoltre preso in esame le terapie passate e presenti, soffermandosi in particolare sulle sue esperienze cliniche. L’efficacia delle diverse soluzioni ottiche nella correzione e gestione della progressione miopica è stato invece trattato dal Prof. Montani, con un particolare riguardo alla tecnologia D.I.M.S. di MiyoSmart, la prima lente oftalmica in grado di sfruttare ed ottimizzare il defocus a segmenti incorporati. Nel suo intervento, Montani ha esposto le caratteristiche della tecnologia e dell’efficacia di MiyoSmart nel rallentamento della progressione miopica, sia come valore diottrico che di lunghezza assiale dell’occhio. Efficacia ampiamente dimostrata da due studi, il primo randomizzato a due anni e il secondo al terzo anno di follow-up, entrambi pubblicati sul British Journal of Ophthalmology. L’esperienza di Nucci in merito all’utilizzo di lenti a defocus, con associato trattamento ad atropina, ha dato risultati positivi, come esposto dal Professore
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a seguito di una domanda posta durante la discussione in sala. “Io ho solo esperienza con le MiyoSmart che stiamo usando dal mese di novembre”, ha risposto il Prof. Nucci. “Trattando prevalentemente bambini, noi sappiamo che, secondo i valori condivisi in letteratura e secondo la mia esperienza, l’atropina agisce al 60-65% nel controllare la miopia. Proprio sui bambini abbiamo provato ad associare all’atropina le lenti MiyoSmart e c’è stato un effetto sommatorio importante: la percentuale di riduzione è arrivata fino all’80-85%”. Secondo il Prof. Nucci, il semplice utilizzo di lenti MiyoSmart risulta essere una buona opzione nei pazienti oltre la prima decade di età: “L’atropina nell’epoca puberale dà fastidio. Quando i bambini diventano più grandi quindi, non avendo alternative terapeutiche, prescrivo le lenti MiyoSmart con discreto successo”. Il Prof. Nucci riconosce inoltre a Hoya l’approccio di condivisione e coinvolgimento con gli oculisti. “L’oculista ha bisogno di essere coinvolto per fare degli studi e non solo per essere fruitore e un prescrittore”, ha affermato. Combattere l’epidemia di miopia è un lavoro che deve essere portato avanti a livello capillare a partire dal sistema scolastico primario. “Abbiamo evidenziato come siano aumentati i casi di miopia nei bambini, si tratta di una vera
‘epidemia’ sociale ed abbiamo presentato alcuni progetti che facciamo nelle scuole per la prevenzione pediatrica; abbiamo spiegato l’evoluzione della diagnosi e cura per diverse patologie”, spiegano in un comunicato la Dottoressa Elisabetta Mengoni e la Dottoressa Stefania Speranza, rispettivamente Presidente e Consigliere di GOAL. Un intervento, quello contro l’epidemia di miopia, che deve coinvolgere anche le istituzioni a livello europeo. “Occorre intervenire sulle linee guida europee del programma EU4Health di prevenzione ed informazione”, sostiene in un comunicato il Segretario di GOAL, Dottor Danilo Mazzacane, “allo scopo di promuovere l’outdoor education nelle scuole, incentivare l’utilizzo dei prodotti dell’innovazione sia farmaceutica che biomedica, quali i dispositivi ottici dotati di defocus miopico, e coinvolgendo attivamente le famiglie nella prevenzione”. Contrasto e prevenzione dell’epidemia sono state le tematiche centrali nella discussione avviata al Congresso GOAL, osservano Mengoni e Speranza. “Il ruolo dei dispositivi ottici correttivi che dovrebbero permettere il rallentamento della progressione della miopia oculare e le indicazioni alle buone abitudini di vita che come GOAL propugniamo sono stato tra gli argomenti che più hanno destato interesse”.
Approfondimenti
GLI ANTISETTICI IN OFTALMOLOGIA, NUOVE FRONTIERE Caratteristiche e peculiarità di un prodotto a base di Clorexidina allo 0,02% e Vitamina E-TPGS allo 0,2%
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Di Dottor Salvatore Troisi, U.O.C. di Oftalmologia, Azienda Ospedaliera Universitaria di Salerno, Centro di Patologia della Superficie Oculare
Dottor Salvatore Troisi
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Lo sviluppo e la diffusione delle terapie antibiotiche, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, ha rivoluzionato l’approccio al trattamento e alla prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni ritenute in passato incurabili. Negli ultimi decenni, in seguito all’abuso di antimicrobici nella pratica clinica, in ambito veterinario e nell’agricoltura, la resistenza sviluppata dai batteri, ma anche da virus, funghi e parassiti, ha subito una drastica accelerazione, tanto che oggi questo fenomeno è considerato una delle maggiori minacce per la salute pubblica a livello globale[1]. La resistenza è la capacità di un microrganismo di resistere all’azione di un antibiotico: quando è legata alla natura stessa del microrganismo è chiamata resistenza intrinseca; nel caso in cui i germi siano stati sensibili precedentemente al prodotto e abbiano sviluppato successivamente una resistenza ad esso viene definita acquisita. La resistenza a quattro o più antibiotici appartenenti a classi diverse configura una condizione particolarmente temibile, definita resistenza multipla. Nonostante gli investimenti di risorse e di energie per aumentare la conoscenza dei meccanismi implicati in questi processi e per la ricerca di molecole sempre più efficaci, la comparsa di resistenze agli antibiotici risulta più veloce dello sviluppo di nuove molecole. I rimedi proposti consistono soprattutto in un utilizzo più prudente ed appropriato dei principi attivi antimicrobici disponibili e nel predisporre misure di prevenzione delle infezioni, soprattutto nei contesti sanitari, dove più frequentemente si sviluppano patogeni resistenti contemporaneamente a più antibiotici [2]. Questa problematica
costituisce oggi una vera e propria priorità di sanità pubblica a livello mondiale, non soltanto per le sue implicazioni cliniche, ma anche per la ricaduta economica, legata ai maggiori costi delle terapie, all’allungamento dei tempi di degenza e allo sviluppo di complicanze invalidanti[3]. Anche il mondo oftalmologico è coinvolto in questa battaglia, attraverso lo sviluppo e l’aggiornamento delle linee guida e richiedendo una maggiore attenzione degli operatori nell’utilizzo degli antibiotici. In questa ottica, molti studi hanno evidenziato un vantaggio, soprattutto nel lungo periodo, dell’uso degli antisettici in luogo degli antibiotici, sia in ambiti preventivi che terapeutici. I VANTAGGI DELLA NUOVA FORMULAZIONE Tra i prodotti di maggiore interesse si colloca sicuramente la clorexidina, un composto di sintesi ad ampio spettro di azione, attivo verso numerose specie batteriche, soprattutto nei confronti dei cocchi gram positivi, con effetto battericida. Agisce selettivamente, aumentando notevolmente la permeabilità delle membrane cellulari dei procarioti; esplica inoltre un effetto batteriostatico, tramite inattivazione dell’ATPasi batterica, bloccando la replicazione del germe[4]. L’anione gluconato, alla concentrazione dello 0,02%, presenta maggiore solubilità e si è dimostrato molto attivo e ben tollerato a livello oculare. In effetti tale concentrazione rappresenta il migliore bilanciamento tra efficacia, comfort e sicurezza di impiego[5]. Grazie alla scarsa tendenza a sviluppare resistenze batteriche e alla sua attività anche su altri microrgani-
Microscopia elettronica a scansione: Acanthamoeba trofozoite (Cortesia del Dottor Salvatore Del Prete)
smi, quali funghi, protozoi ed alcuni virus, assume un ruolo di primo piano, sia come presidio di prima linea, allorquando non sia stato possibile isolare il germe tramite esami colturali, sia in associazione ad altri antimicrobici[4]. La sua propensione a legarsi alla superficie dei tessuti consente inoltre un effetto antimicrobico di lunga durata. Le caratteristiche del prodotto, dotato di efficace attività antimicrobica e ridotti livelli di tossicità, hanno favorito un suo ampio utilizzo in altri ambiti sanitari, quali quello odontoiatrico, dermatologico, urologico e ginecologico e, inoltre, per la detersione del sito chirurgico e per il lavaggio chirurgico delle mani, in alternativa allo iodopovidone. In ambito oftalmologico si ravvisano molteplici campi di applicazione, sia nel trattamento delle forme infettive, sia nella profilassi preoperatoria[5]. Di particolare interesse ne appare l’impiego in caso di procedure destinate ad essere ripetute nel tempo, quali i trattamenti intravitreali, per i quali le raccomandazioni delle principali società scientifiche tendono ad escludere una profilassi antibiotica di routine, che, se effettuata più volte, espone ad elevato rischio di sviluppo di resistenze batteriche. L’uso dell’antisettico, in questi casi, offre numerosi vantaggi, sia per l’ampio spettro di attività, sia per la buona tollerabilità, sia per contrastare lo sviluppo di ceppi antibiotico-resistenti[6]. In un recente lavoro, pubblicato sul Journal of Clinical Medicine, viene mostrata l’efficacia dell’antisettico, somministrato quale unico presidio, in 29 casi di cheratite da Acanthamoeba. Nello studio, viene suggerito l’utilizzo del prodotto come “trattamento first-line” in tali gravi forme infettive,
con somministrazione di una goccia ogni ora nelle prime 24 ore, poi ogni ora durante il giorno nei successivi tre giorni, successivamente con instillazione ogni due ore. Tale regime terapeutico ha assicurato il controllo dell’infezione nella totalità dei casi trattati[7]. Il principale limite attribuito generalmente all’uso di prodotti antisettici è l’azione limitata alla superficie di contatto, per la loro scarsa capacità di penetrare negli strati profondi. Questa caratteristica rende in generale poco efficace il loro utilizzo nelle infezioni corneali, in cui si verifica il più delle volte un interessamento dello stroma. L’aggiunta nel nuovo prodotto della Vitamina E-TPGS, con caratteristiche anfotere, aiuta a solubilizzare molecole idrofobiche formando micelle stabili in ambiente acquoso e ne promuove il passaggio attraverso la barriera epiteliale, consentendo di esplicare l’attività del principio attivo anche negli strati sottostanti[8]. Le proprietà antiossidanti, trofiche e rigenerative della vitamina E, migliorano inoltre la tollerabilità dell’antisettico e il suo impatto sui tessuti infiammati della superficie oculare, favorendo i processi riparativi dei difetti epiteliali. In uno studio ex vivo del 2020 (Caruso C. e coll, Pharmaceutics) viene appunto dimostrata, con metodiche cromatografiche, la penetrazione di tale formulazione negli strati profondi della cornea[9]. Si profila pertanto un utilizzo più estensivo del prodotto, che appare adatto all’utilizzo anche in forme con interessamento sub-epiteliale e parenchimale. Queste caratteristiche rendono il prodotto particolarmente interessante nell’approccio alle cheratiti microbiche e, più in generale, alle infezioni della superficie oculare.
Microscopia elettronica a scansione: Acanthamoeba in cisti (Cortesia del Dottor Salvatore Del Prete)
Bibliografia:
1 Collignon, P. J., & McEwen, S. A.: One health—its importance in helping to better control antimicrobial resistance. Tropical medicine and infectious disease 2019, 4(1), 22. 2 PCAST: National action plan for combating antibiotic-resistant bacteria. 2015, Washington, DC: White House. 3 World Health Organization. (2020). Global antimicrobial resistance surveillance system (GLASS) report: early implementation 2020. 4 Barrett-Bee, K.; Newboult, L.; Edwards, S. The membrane destabilising action of the antibacterial agent chlorhexidine. FEMS Microbiol. Lett. 1994, 119, 249–253. 5 Gil NJ, Noren T, Tomquist E, Crafoord S, Backman A: Preoperative preparation of eye with chlorhexidine solution significantly reduces bacterial load prior to 23-gauge vitrectomy in Swedish health care. BMC Ophthalmol 2018; 18: 167; 6 Hamill MB, Osato MS, Wilholmus KR: Experimental evaluation of chlorhexidine gluconate for ocular antisepsis. Antimicrob. Agents Chemoter. 1984; 26; 793-6 7 Caruso C, Eletto D, Rinaldi M, Pacente L, Troisi S, Semeraro F, dell’Omo R, Costagliola C: Effectiveness and Safety of Topical Chlorhexidine and Vitamin E TPGS in the Treatment of Acanthamoeba Keratitis: A Survey on 29 Cases. J Clin. Med 2020; 9(11):3775. doi: 10.3390/jcm9113775. 8 Ostacolo, C.; Caruso, C.; Tronino, D.; Troisi, S.; Laneri, S.; Pacente, L.; Del Prete, A.; Sacchi, A. Enhancement of corneal permeation of riboflavin-5′-phosphate through vitamin E TPGS: A promising approach in corneal trans-epithelial cross linking treatment. Int. J. Pharm. 2013, 440, 148–153. 9 Caruso, C.; Porta, A.; Tosco, A.; Eletto, D.; Pacente, L.; Bartollino, S.; Costagliola, C. A Novel Vitamin E TPGS-Based Formulation Enhances Chlorhexidine Bioavailability in Corneal Layers. Pharmaceutics 2020, 12(7), 642.
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Approfondimenti
FORSKOLIN: NUOVE FRONTIERE NELLA TERAPIA DEL GLAUCOMA
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di Dottor Ernesto Di Marco, Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Figura 1. Riproduzione schematica del meccanismo d’azione del Forskolin. Il Forskolin è in grado di attivare l’adenilato ciclasi aumentando i livelli cellulari di AMP ciclico e portando alla diminuzione della pressione endoculare.
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Il glaucoma primario ad angolo aperto (POAG), “il ladro silenzioso della vista”, è una patologia oculare cronica, progressiva, irreversibile, in grado di causare cecità, che determina un danno a livello del bordo neuroretinico papillare e dello strato delle fibre nervose retiniche con conseguenti difetti del campo visivo. In Italia ne soffrono circa due milioni di persone, la maggior parte delle quali ignora di esserne affetta. Molto spesso, infatti, il glaucoma non causa alcun sintomo e ci si accorge della sua presenza soltanto quando la vista è ormai compromessa. I principali fattori di rischio includono il livello della pressione intraoculare (IOP) e l’età avanzata. Fortunatamente una diagnosi precoce, associata alle giuste terapie, è in grado di rallentarne la progressione. Secondo le Linee guida dell’European Glaucoma Society (EGS), supportate da una vasta evidenza scientifica, la prima strategia terapeutica contro il glaucoma è la riduzione della pressione intraoculare. Al giorno d’oggi è presente un ampio ventaglio di opzioni, sia mediche che chirurgiche, per combattere il glaucoma. L’eziologia del glaucoma primario ad angolo aperto è tutt’oggi poco chiara, infatti non è una patologia legata esclusivamente ad una elevata IOP, ma è una neuropatia ottica progressiva in cui si ha un graduale danno assonale con conseguente morte per apoptosi delle cellule ganglionari retiniche, che si riflette poi sulla sopravvivenza di tutte le cellule nervose dell’asse ottico. Nasce il bisogno di intervenire, oltre che sui fattori di rischio quali la IOP o il flusso ematico periferico, anche sui fattori di sopravvivenza delle cellule nervose attuando delle strategie di neuroprotezione. Il Forskolin è un diterpene estratto dalle radici della pianta Coleus Forskohlii che agisce sulla subunità catalitica dell’adenilato-ciclasi, con conseguente aumento dei livelli di cAMP nel corpo ciliare e riassorbimento di una parte di umore acqueo dalla camera posteriore verso lo stroma[1]. (Figura 1)
L’aumento di cAMP avrebbe anche un effetto destabilizzante sul citoscheletro di actina delle cellule del trabecolato, rendendone le maglie più lasse e favorendo il deflusso di umor acqueo attraverso questa via[2]. Il Forskolin sembrerebbe avere anche un ruolo di neuroprotezione, infatti stimolerebbe l’attivazione della neurotrofina BDNF da parte degli astrociti e delle cellule endoteliali, e del suo specifico recettore, il TrkB, sulle cellule gangliari retiniche[3]. In un modello in vivo di lesione del nervo ottico, il trattamento con Forskolin migliora sensibilmente la sopravvivenza dei neuroni gangliari retinici[4]. Inoltre, Forskolin mostra anche un’attività vaso rilassante sull’endotelio capillare retinico[5] e un miglioramento del flusso ematico cerebrale in un modello di coniglio[6]. Il Forskolin ha un’azione sinergica con altri farmaci antiglaucoma[7]. (Figura 2). In uno studio di N. Pescosolido et al[8] sono stati arruolati sedici pazienti affetti da glaucoma primario ad angolo aperto e sottoposti, oltre alla loro terapia abituale ipotonizzante, ad un trattamento per via orale a base di Forskolin alla dose di una cp/die, per 40 giorni dimostrando che il Forskolin, contenuto in un integratore alimentare, può raggiungere il distretto oculare, dove può agire sull’equilibrio che regola il rapporto flusso/deflusso dell’umore acqueo determinando una diminuzione della pressione intraoculare, con un meccanismo complementare a quello dei farmaci ipotonizzanti. M. Mutolo et al[9] hanno compiuto un ulteriore studio caso-controllo su 22 pazienti per un periodo di 12 mesi, al fine di valutare gli effetti di un integratore alimentare contenente Forskolin in pazienti con glaucoma primario ad angolo aperto già in fase trattamento con farmaci ipotonizzanti. Dal trial clinico è emerso che nei pazienti già trattati si otteneva un’ulteriore diminuzione significativa della IOP e un miglioramento dell’ampiezza dell’elettroreti-
Figura 2. C. Seto et al nel 1986 dimostrarono l’efficacia del Forskolin topico nel ridurre la IOP. A) Monitoraggio della IOP nel tempo in pazienti non trattati e pazienti trattati con Forskolin B) Monitoraggio della IOP nel tempo in pazienti trattati con Timololo 0,25% ( 1 ora prima del tempo 0) e pazienti trattati con Timololo 0,25% (1 ora prima del tempo 0) più Forskolin.
nogramma (PERG) a 6, 9 e 12 mesi, e della sensibilità foveale a 12 mesi. Tutti i valori sono rimasti sostanzialmente stabili nel gruppo di controllo. In supporto alle evidenze sopra citate, riscontriamo ulteriori studi clinici nei quali viene dimostrata l’efficacia dell’utilizzo del Forskolin sotto forma di integratore alimentare. Tra questi, lo studio di M. Vetrugno et al [10], avente lo scopo di valutare gli effetti sulla IOP di un integratore alimentare contenente Forskolin quando somministrato a pazienti POAG in terapia medica massima tollerata (MTMT) e in lista d’attesa per un intervento chirurgico di filtraggio per ridurre ulteriormente la pressione intraoculare. Novantasette pazienti (52 nel gruppo di trattamento e 45 nel gruppo di riferimento) sono stati arruolati in 8 diversi centri di glaucoma in Italia, tutti in MTMT e con valori di IOP superiori alla loro pressione target. Durante i 30 giorni prima dell’intervento, i pazienti del gruppo di trattamento hanno assunto 2 compresse al giorno di un integratore alimentare contenente Forskolina in aggiunta al loro abituale trattamento farmacologico topico. I loro valori di IOP sono stati misurati in 3 diversi momenti durante il giorno, all’arruolamento e una volta alla settimana fino all’intervento. I pazienti di controllo hanno continuato solo con la loro normale terapia topica. I risultati ottenuti rivelano che tutti i pazienti del gruppo di trattamento, indipendentemente dalla terapia farmacologica combinata che stavano assumendo, hanno mostrato un’ulteriore diminuzione del 10% della loro IOP già una settimana dopo l’introduzione dell’integratore orale, e fino all’ultima valutazione prima dell’intervento. Questa diminuzione era più marcata nei
soggetti con valori pressori iniziali alti (IOP≥21 mmHg) piuttosto che in quelli con valori bassi (IOP<21 mmHg). Al contrario, i valori di IOP nel gruppo di controllo sono rimasti stabili dall’inizio alla fine del periodo di osservazione. In conclusione, il trattamento con un integratore alimentare a base di Forskolin somministrato in pazienti glaucomatosi con terapia farmacologica in atto, risulta in un’ulteriore riduzione del tono oculare, stabilizzando le fluttuazione circadiane della IOP. Ciò potrebbe migliorare la protezione dei neuroni retinici e dell’asse visivo grazie ad un intervento combinato, sia sulla IOP che sui fattori di sopravvivenza neuronale.
Bibliografia:
1. Seamon KB, Daly JW. Forskolin: a unique diterpene activator of cyclic AMP-generating systems. J Cyclic Nucleotide Res. 1981;7(4):201-24. Epub 1981/01/01. PubMed PMID: 6278005. 2. Ramachandran C, Satpathy M, Mehta D, Srinivas SP. Forskolin induces myosin light chain dephosphorylation in bovine trabecular meshwork cells. Curr Eye Res. 2008;33(2):169-76. Epub 2008/02/23. doi: 10.1080/02713680701837067. PubMed PMID: 18293188. 3. Juric DM, Loncar D, Carman-Krzan M. Noradrenergic stimulation of BDNF synthesis in astrocytes: mediation via alpha1- and beta1/beta2-adrenergic receptors. Neurochem Int. 2008;52(1-2):297306. Epub 2007/08/08. doi: 10.1016/j. neuint.2007.06.035. PubMed PMID: 17681645. 4. Watanabe M, Fukuda Y. Survival and axonal regeneration of retinal ganglion cells in adult cats. Prog Retin Eye Res. 2002;21(6):529-53. Epub 2002/11/16.
doi: 10.1016/s1350-9462(02)00037-x. PubMed PMID: 12433376. 5. Haefliger IO, Chen Q, Anderson DR. Effect of oxygen on relaxation of retinal pericytes by sodium nitroprusside. Graefes Arch Clin Exp Ophthalmol. 1997;235(6):38892. Epub 1997/06/01. doi: 10.1007/ BF00937289. PubMed PMID: 9202969. 6. Wysham DG, Brotherton AF, Heistad DD. Effects of forskolin on cerebral blood flow: implications for a role of adenylate cyclase. Stroke. 1986;17(6):1299-303. Epub 1986/11/01. doi: 10.1161/01. str.17.6.1299. PubMed PMID: 3810733. 7. Seto C, Eguchi S, Araie M, Matsumoto S, Takase M. Acute effects of topical forskolin on aqueous humor dynamics in man. Jpn J Ophthalmol. 1986;30(3):238-44. Epub 1986/01/01. PubMed PMID: 3784136. 8. Pescosolido N, Librando A. Oral administration of an association of forskolin, rutin and vitamins B1 and B2 potentiates the hypotonising effects of pharmacological treatments in POAG patients. Clin Ter. 2010;161(3):e81-5. Epub 2010/07/01. PubMed PMID: 20589347. 9. Mutolo MG, Albanese G, Rusciano D, Pescosolido N. Oral Administration of Forskolin, Homotaurine, Carnosine, and Folic Acid in Patients with Primary Open Angle Glaucoma: Changes in Intraocular Pressure, Pattern Electroretinogram Amplitude, and Foveal Sensitivity. J Ocul Pharmacol Ther. 2016;32(3):178-83. Epub 2016/01/16. doi: 10.1089/jop.2015.0121. PubMed PMID: 26771282. 10. Vetrugno M, Uva MG, Russo V, Iester M, Ciancaglini M, Brusini P, et al. Oral administration of forskolin and rutin contributes to intraocular pressure control in primary open angle glaucoma patients under maximum tolerated medical therapy. J Ocul Pharmacol Ther. 2012;28(5):536-41. Epub 2012/06/27. doi: 10.1089/jop.2012.0021. PubMed PMID: 22731245.
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MOJO VISION PRESENTA LA PRIMA LENTE A CONTATTO CON REALTÀ AUMENTATA
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Lo scorso agosto la start up californiana Mojo Vision, pioniera nella progettazione e realizzazione di lenti a contatto intelligenti, ha reso noti i suoi progressi su un minuscolo display ad alta risoluzione in realtà aumentata da incorporare ad esse, nell’ambito del progetto Mojo Lens. Il proiettore è capace di fornire informazioni sovraesposte le immagini visibili con i nostri occhi, come riporta CNET. Il “femtoproiettore” di forma esagonale è largo meno di mezzo millimetro, ma in grado di espandere otticamente le immagini per poi trasmetterle alla zona centrale della retina. Il design della lente a contatto di Mojo Vision integra nella parte esterna altra componentistica elettronica, anch’essa miniaturizzata, tra cui dei sensori di immagine e movimento, un chip radio (SoC wireless) e i circuiti integrati di gestione dell’alimentazione (PMCI). Secondo quanto
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riportato dall’azienda, queste lenti, grazie al loro hardware, sono in grado di elaborare in locale le elaborazioni delle immagini, permettendo il collegamento allo smartphone per mostrare informazioni aggiuntive via internet. Inoltre, la durata della batteria è di un’intera giornata e ricaricabile durante la notte come un normale smartwatch. I sensori integrati nella lente sono in grado di rilevare i movimenti degli occhi e della testa, permettendo al proiettore di eseguire dei contromovimenti appropriati in modo da focalizzare l’attenzione della realtà aumentata sull’oggetto di interesse. Un design pronto a superare i pesanti copricapi a realtà aumentata come HoloLens di Microsoft o i tentativi di occhiali come Google Glass. Se dovesse avere successo, Mojo Lens andrebbe sicuramente a beneficio delle persone con problemi di vista, ad esempio delineando le lettere dei testi,
o evidenziando i bordi dei marciapiedi. Oltre all’uso per persone dal visus ridotto, la lente a contatto Mojo Lens può trovare applicazione anche per gli sportivi, in quanto consentirebbe loro di vedere e tenere monitorati dei parametri senza controllare altri dispositivi. Le lenti sono ancora in fase di studio e sperimentazione e ci vorrà ancora del tempo perché vengano messe in commercio. Uno dei più grandi ostacoli è l’accettazione sociale verso un dispositivo così piccolo, senza contare tutte le questioni legate alla tutela della privacy, che saranno tenute in grande considerazione.
Per approfondimenti: https://www.cnet.com/tech/mobile/ mojo-vision-crams-its-contact-lens-withar-display-processor-and-wireless-tech/
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Eventi Congressuali
CONGRESSO EURETINA 2021 VIRTUAL Per il secondo anno di fila si è svolto completamente online dal 9 al 12 settembre 2021 il Congresso di Euretina, arrivato alla sua 21esima edizione. Quattro giorni intensi di grande oftalmologia tra discussioni, dibattiti, simposi con i principali esperti di retina a livello globale. Grandi novità quest’anno, con l’istituzione di Women in Retina e del programma di mentorship, tutto con la speranza di potersi rivedere di persona il prossimo anno.
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INTELLIGENZA ARTIFICIALE NELL’AMD UMIDA La Professoressa Anat Loewenstein, Segretario Generale di Euretina, ha parlato della sua presentazione al Congresso Virtuale di quest’anno riguardo l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, soprattutto tramite l’impiego dell’OCT, per la diagnosi e il trattamento della degenerazione maculare senile umida. La Professoressa Loewenstein ha fatto un riassunto dello stato dell’arte e sui benefici dell’uso dell’intelligenza artificiale e l’aiuto che può dare all’oftalmologo. 34
IL RUOLO DELLE PROTEINE COME TENSIOATTIVI ENDOGENI SULL’OLIO DI SILICONE Il Professor Mario Romano ha riassunto la sua presentazione a Euretina Virtual 2021 sul ruolo delle proteine come tensioattivi endogeni sull’olio di silicone in grado di modificare la tensione interfacciale e di indurre emulsione. Il Professor Romano ha inoltre esposto i risultati di un articolo recentemente pubblicato sull’argomento.
UN DIFFICILE CASO DI RETINOPATIA DIABETICA E COVID-19 Il Dottor Nigel Davies ha raccontato a EyeSee il caso che ha presentato anche a Euretina Virtual 2021 su un paziente con retinopatia diabetica che ha contratto il COVID-19, passando molto tempo in terapia intensiva. Le conseguenze della sua permanenza in reparto hanno influenzato di molto lo stato della sua vista, diventando un vero “challenging case” sia a livello clinico che emotivo.
NUOVI INSIGHT NELLA PROGNOSI DELLA RETINOPATIA DEL PREMATURO Il Dottor Raffaele Parrozzani ha parlato della sua presentazione a Euretina Virtual 2021 sulla retinopatia del prematuro e sull’importanza di una diagnosi tempestiva. Dopo alcune ricerche e studi, sono state elaborate nuove ipotesi su possibili predisposizioni di alcuni bambini alla retinopatia del prematuro, basate sul numero delle piastrine.
FOTOGRAFIA A COLORI DEL FUNDUS E INTELLIGENZA ARTIFICIALE Il Professor Tien Wong ha riassunto la presentazione a Euretina Virtual 2021 sulle potenzialità tutte da sfruttare della fotografia a colori del fundus e sull’applicazione ad essa dell’intelligenza artificiale e del deep learning per predire alcune malattie sistemiche, soprattutto cardiovascolari e neurologiche.
MANAGEMENT DELLA CATARATTA TRAUMATICA E DI LESIONI IRIDEE Matteo Forlini spiega come gestire le lesioni iridee nella cataratta traumatica presentando tre casi differenti. Un caso che riguarda l’uso dell’acetilcolina come risposta ad una situazione apparentemente complessa, uno che termina con l’applicazione di iride artificiale e, in mezzo, un iridoplastica Slip-Knot (Tecnica di Siepser).
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Tecniche chirurgiche
ORIENTAMENTO, CENTRAMENTO, RITMO La Tecnica Dirisamer per una DMEK più accessibile
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Intervista al Professor Martin Dirisamer, Dipartimento di Oftalmologia, Università di Monaco e Smile Eyes Refractive Laser Clinic, Linz
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Il Professor Martin Dirisamer è Consulente di Cornea al Dipartimento di Oftalmologia dell’Università di Monaco e co-proprietario della Smile Eyes refractive laser clinic di Linz.
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Nonostante si ponga tra le più efficienti e soddisfacenti tecniche di trapianto dell’endotelio corneale, la raffinatezza tecnica e la difficile curva di apprendimento della DMEK hanno sempre rappresentato una sfida notevole anche per il più talentuoso dei chirurghi. Nata nel 2006 in seno al Netherlands Institute for Innovative Ocular Surgery (NIIOS) del Dottor Gerrit Melles, MD, PhD, la DMEK non ha mai smesso da allora di essere ulteriormente migliorata, impegnando una parte del team del NIIOS alla costante ricerca di soluzioni innovative allo scopo di rendere la tecnica sempre più accessibile, veloce ed efficiente. Tra le più celebri manovre associate alla DMEK ideate all’interno del NIIOS, assieme alla Dapena Maneuver, la Dirisamer Technique ha sicuramente un posto di grande rilevanza. “Lo sviluppo di questa tecnica risale al 2010, e all’epoca ero un fellow al NIIOS, affiancato da colleghi come Isabel Dapena e Jack Parker”, racconta Martin Dirisamer. “Con l’intero team ci siamo messi a lavorare su un metodo per migliorare questa tecnica di trapianto endoteliale che allora era pressoché nuova di zecca. Dovevamo trovare un modo per risolvere una delle più grosse difficoltà della DMEK: una manovra per srotolare delicatamente il graft”. Il Professor Martin Dirisamer, MD, è Consulente di Cornea al Dipartimento di Oftalmologia dell’Università di Monaco e co-proprietario della Smile Eyes refractive laser clinic di Linz. Considerato uno dei giovani oftalmologi più promettenti al mondo, Dirisamer ha contribuito in modo considerevole al miglioramento del trapianto dell’endotelio corneale. “Fu un po’ tutto un gioco di tentativi”, ricorda Dirisamer. “Lo scopo era quello di evitare a tutti i costi di toccare il lembo corneale, di dargli un giusto orientamento e un perfetto centramento. Ad un certo punto sia-
mo riusciti a capire che, nell’applicare una leggera pressione alla camera anteriore su un lembo ben posizionato, è possibile creare piccole onde fluide all’interno, in grado di srotolare il lembo dall’esterno senza interagire direttamente con esso. Da lì è partito un processo di costante miglioramento della tecnica”, aggiunge. Orientamento e centramento, ritmo. Per quanto semplice in apparenza, la Tecnica Dirisamer richiede comunque un alto grado di precisione e di abilità chirurgica. “Prima di tutto è necessario essere assolutamente sicuri che il lembo abbia esattamente il giusto orientamento. Questo richiede l’applicazione congiunta di altre tecniche come il segno di Moutsouris. Si tratta di una tecnica creata da Kyros Moutsouris, un altro fellow del NIIOS, che permette di determinare con precisione se il lembo è rivolto correttamente verso l’alto. Il secondo passo è assicurarsi che il lembo sia ben centrato. Inoltre il lembo deve essere preparato in modo corretto: con un doppio rotolo e non a singolo rotolo. Se abbiamo tutto questo, un lembo a doppio rotolo, orientato verso l’alto e perfettamente centrato, possiamo procedere con la tecnica”, annota Dirisamer. Procedere con la tecnica a questo punto è solo questione di delicatezza e ritmo. Secondo Dirisamer, molta dell’efficacia della tecnica a quel punto dipende dalla profondità della camera e dalla mano del chirurgo. “Arrivati a questo punto la procedura è tanto più semplice quanto più la camera anteriore è poco profonda. Potrebbe essere necessario ridurre la profondità della camera anteriore fino al punto in cui il lembo non ha più molta libertà di movimento”, spiega Dirisamer. “Bastano due cannule per ottenere il risultato desiderato. Con una si tiene fermo il lembo con una lieve pressione dall’e-
di Timothy Norris
Dovevamo trovare un modo per risolvere una delle più grosse difficoltà della DMEK: una manovra per srotolare delicatamente il graft
Martin Dirisamer
sterno, e con l’altra si tamburella leggermente e delicatamente sulla superficie della cornea per creare le onde nel fluido sotto di essa. Se lo si fa con il giusto ritmo e la giusta frequenza, il lembo si srotola spontaneamente. Un effetto che, a seconda della rigidità del lembo, può realizzarsi in un tempo davvero ridotto”, aggiunge. Secondo Dirisamer, questa tecnica può essere applicata in molti casi differenti, adattandosi in modo molto duttile anche a quelli un po’ più complessi. “È una tecnica semplice da apprendere, di facilissima applicazione e che può aiutare moltissimo i giovani chirurghi alla prima esperienza in sala operatoria. Una tecnica che si applica comunque bene a camere più o meno profonde, a lembi anche troppo o troppo poco rigidi. Di sicuro il paziente perfetto per questa tecnica è un paziente con distrofia di Fuchs, pseudofachico e senza patologie oculari concomitanti, con una profondità della camera anteriore nella norma, ma questa tecnica ha dimostrato di funzionare in casi più complessi, anche se a volte bisogna lottare un pochino”, osserva Dirisamer. “In certi casi la tecnica può dimostrarsi un po’ difficoltosa, ma stiamo parlando di occhi vitrectomizzati con una camera anteriore molto profonda e una IOL mal posizionata o in certi casi una retropupillare. D’altra parte, in occhi glaucomatosi con uno shunt questa tecnica è possibile a patto che non si prema il lembo corneale su di esso per non uccidere cellule endoteliali. Non ci sono vere controindicazioni, salvo forse il fatto di non affidare questa tecnica a chirurghi troppo giovani se si tratta di uno di questi casi complessi”. La duttilità della Tecnica Dirisamer permette di essere utilizzata anche in associazione con altre tecniche, come ad esempio la Manovra di Dapena. “È possibile usare la Dapena, sfruttando una piccola bolla d’aria, fis-
sando un’estremità del lembo con una pressione esterna della cannula e con l’altra cannula muovere la bollicina con una leggera pressione, in modo da fare sì che il lembo si srotoli un po’ come si srotolerebbe un tappeto usando un pallone da calcio”, spiega. “È una manovra che può essere usata assieme alla Dirisamer ed è molto efficace nel dare una mano in certi casi, specialmente in quelli con camere particolarmente profonde, considerato che la bolla permette di stabilizzare e fissare il lembo nel punto desiderato. Uso spesso le due tecniche assieme, e consiglio di farlo”, dice Dirisamer. La ricerca e lo sviluppo di nuove tecniche nel NIIOS è un lavoro di squadra, un’intesa tra specialisti giovani affiancati da figure internazionali come Gerrit Melles. Secondo Dirisamer, non si tratta mai di un ‘one man show’. “Devo sottolineare ovviamente che la tecnica che porta il mio nome non è stata sviluppata da me soltanto, ma che è stato un grosso lavoro di squadra a renderla possibile. Il vero mastermind dietro tutto quanto è senza ombra di dubbio il Professor Melles,
ma ci sono stati anche i miei colleghi, Isabel Dapena, Vasilis Liarakos, Jack Parker e molti altri. Siamo stati e siamo tuttora una comunità, ancora oggi ci sentiamo almeno una volta alla settimana per scambiare informazioni e migliorare ulteriormente le nostre tecniche”, spiega Dirisamer. La diffusione di queste tecniche innovative passa anche attraverso la condivisione dei dati in rete. Grazie ai servizi di streaming, le tecniche nate e sviluppate al NIIOS non hanno oceani di cui temere. “Non posso inoltre non menzionare Peter Veldman, che ha lavorato un sacco a questa tecnica, e che insieme a Mark Terry e Mike Straiko ha fatto un lavoro incredibile nel diffondere la DMEK e la Tecnica Dirisamer negli Stati Uniti. Insieme ai colleghi, Veldman gestisce un sito educativo, patientready. org, dove vengono spiegate parecchie tecniche tra cui la Dirisamer”, spiega. “Questo sistema, assieme a Youtube e ad altri canali di streaming è decisamente un buon modo per conoscere nuove tecniche e migliorarsi, ed è una cosa che consiglio di fare ad ogni mio collega”, conclude Dirisamer. 37
Occhio alla Neuroprotezione
NEUROPROTEZIONE EVIDENCE BASED: LA “STORIA” CITICOLINA
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Vittorio Picardo intervista: Professor Luca Rossetti, Direttore Clinica Oculistica Università di Milano, ASST Santi Paolo e Carlo
La Neuroprotezione è un paradigma terapeutico che negli ultimi 15 anni ha avuto un ruolo progressivamente più importante anche nel trattamento del glaucoma. Una delle molecole più studiate nell’ambito della Neuroprotezione è senza dubbio la citicolina, molecola dal meccanismo d’azione multifattoriale e con evidenze sperimentali e cliniche nel glaucoma. Con il Professore Luca Rossetti, Direttore della Clinica Oculistica dell’Università di Milano, ASST Santi Paolo e Carlo ripercorreremo questi 15 anni di ricerca con la citicolina con uno sguardo ai nuovi progetti appena conclusi. Professor Rossetti, cosa è la Neuroprotezione e dove si inserisce nel management del paziente glaucomatoso? A differenza di altre malattie neurodegenerative, che non hanno trattamenti di comprovata efficacia, il glaucoma attraverso la riduzione della pressione oculare ha una terapia in grado di controllarne il decorso clinico nella maggior parte dei casi, con un buon grado di soddisfazione sia per il paziente che per il medico. Il glaucoma, però, non è solo il valore della pressione oculare, ma è la neurodegenerazione delle cellule ganglionari retiniche fino alla corteccia cerebrale. Questo, di fianco all’evidenza che in una discreta percentuale di soggetti, nonostante una buona terapia ipotonizzante, si assiste ad una importante progressione della malattia, ha portato il mondo scientifico a considerare la Neuroprotezione come una possibile strategia terapeutica da affiancare al controllo pressorio di base. Con “Neuroprotezione” si intende in-
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fatti la possibilità di proteggere le strutture nervose dal danno glaucomatoso; questo è un concetto che ormai da oltre vent’anni è preso in considerazione per trattare diverse malattie neurodegenerative e quindi fa parte della terapia sistemica del glaucoma. Da qualche tempo, è stata sviluppata e accolta favorevolmente la neuroprotezione topica, e novità recente è stata la sua aggiunta in un collirio ipotonizzante. Sentiamo spesso parlare di Evidence Based Medicine. Cosa si intende e come si correla questa espressione alla scelta di un Neuroprotettore? Quando si parla di Medicina Basata sulle Evidenze si intende la capacità dello specialista di selezionare, nella pratica clinica quotidiana, il miglior trattamento possibile per il paziente attraverso un approccio sistematico che tenga conto delle evidenze disponibili in letteratura. Risulta chiaro, quindi, ritenere indispensabile ricorrere a tale approccio nella diagnosi e management del glaucoma. Mi spiego meglio: è importante ricorrere ad una Neuroprotezione Evidence Based, così come viene fatto quotidianamente nella scelta del trattamento ipotensivo. Un neuroprotettore per essere definito tale, e poter essere quindi considerato valido nel trattamento del paziente glaucomatoso, deve innanzitutto aver dimostrato un meccanismo d’azione definito e diretto sulle strutture nervose, sulle Cellule Ganglionari Retiniche (CGR), la testa del nervo ottico e le vie ottiche centrali. Aver collezionato significative evidenze nel glaucoma sperimentale e ovviamente clinico, con risultati
16-10-2020 Occhio SX Età: 77 anni MD: -6.08 dB P<0.5% PSD: 9.62 dB P<0.5%
campimetrici a sostegno (vd fig.) e con un’indicazione specifica per il glaucoma, confermano questa classificazione. Negli ultimi 10 anni la Sua attività di Ricerca si è concentrata sulla azione neuroprotettiva della citicolina nel glaucoma. Ci può spiegare brevemente cosa è emerso? Ho coordinato in questi anni diversi progetti sul Glaucoma che coinvolgono la citicolina sia in soluzione orale che in collirio. Posso dire di aver osservato, da un punto di vista clinico, degli effetti significativi della citicolina sia sul piano funzionale sia sul piano del grado di soddisfazione del paziente, a volte quasi sorprendenti. È capitato di assistere a dei miglioramenti del campo visivo, dell’acutezza visiva, in caso di scotomi centrali, e senz’altro del tono dell’umore di svariati pazienti. In uno studio clinico multicentrico abbiamo dimostrato come l’assunzione di citicolina in soluzione orale in pazienti glaucomatosi con un difetto campimetrico medio/avanzato, controllati dal punto di vista pressorio, ma con una sostenuta velocità di progressione del danno al campo visivo, rallenti significativamente la progressione del danno.
Questi dati hanno infatti permesso alla citicolina in soluzione orale di essere registrata come Prodotto ai Fini Medici Speciali e di ottenere l’indicazione terapeutica per il Glaucoma approvata dal Ministero della Salute Italiano, novità regolatoria importantissima per la gestione terapeutica del paziente glaucomatoso. Inoltre, si è appena concluso e stiamo elaborando un Randomized Clinical Trial (RCT) multicentrico Internazionale che ha visto coinvolto il mio centro insieme all’Università di Roma Tor Vergata e importanti Centri in Spagna, Grecia e Belgio volto a valutare l’impatto del trattamento con citicolina in soluzione orale sulla Qualità di Vita del paziente glaucomatoso. Tuttavia non ci siamo fermati al trattamento sistemico. Abbiamo valutato in un Randomized Clinical Trial multicentrico di 3 anni l’effetto del trattamento topico con la citicolina in collirio, in pazienti glaucomatosi con danno in progressione nonostante il trattamento ipotensivo. La citicolina somministrata in collirio ha rallentato del’81% la progressione del danno al campo visivo e del 38% la perdita delle fibre nervose retiniche RNFL. Sulla scia di questi risultati, partirà a breve un più
18-12-2020 Occhio SX Età: 77 anni MD: -3.56 dB P<2% PSD: 5.22 dB P<0.5%
ambizioso progetto internazionale. Parlo di un Randomized Clinical Trial con la citicolina in collirio su una coorte di 1.000 pazienti seguiti in 30 Centri Europei diversi. Questi dati che impatto hanno o avranno sul management quotidiano del paziente glaucomatoso? Personalmente sono convinto che la neuroprotezione sarà la terapia futura del glaucoma, ovvero correggere le disfunzioni che portano alla degenerazione e morte della cellula colpita piuttosto che trattare un fattore di rischio. Ad oggi abbiamo una molecola, la citicolina, che sta dimostrando un significativo effetto nel rallentare la progressione del danno. Senza dubbio c’è ancora molto da fare, però dobbiamo anche riconoscere che la strada è stata intrapresa. A riprova di questo è da tenere in considerazione come le Linee Guida della European Glaucoma Society (EGS) riconoscano l’utilità del trattamento neuroprotettivo da affiancare alla terapia ipotensiva, accennando all’attuale registrazione della citicolina in soluzione orale con indicazione per il glaucoma in 4 Paesi Europei (Italia, Francia, Spagna e Repubblica Ceca e Slovacchia). 39
Ottica Fisiopatologica
LENTI FREE FORM, PARTE 3 Continuità, sinergia, sodalizio, l’importanza del binomio ottico oculista a beneficio dell’utente finale
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Intervista a Cinzia Gortan, ottico della Fondazione Salmoiraghi e Viganò.
Cinzia Gortan è ottico della Fondazione Salmoiraghi & Viganò.
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EyeSee inaugura una nuova sezione dedicata all’ottica fisiopatologica, con una serie di tre articoli che mirano ad approfondire le caratteristiche, i vantaggi e le indicazioni delle lenti progressive e monofocali Free Form. La terza parte si focalizza sulla figura chiave della parte finale del processo di creazione di una lente al massimo grado di personalizzazione, in prima linea per la garanzia di un alto standard di qualità e un alto livello di soddisfazione da parte del portatore: l’ottico. La prima parola d’ordine è continuità. Dopo la raccolta dell’anamnesi precisa del paziente da parte dell’oculista, la seconda fase per la costruzione di una lente Free Form di alta qualità passa nelle mani della figura professionale dell’ottico. “Nel momento in cui riceviamo un cliente con una prescrizione per delle lenti Free Form è molto importante mettersi nei suoi panni ed essere fin da subito pronti ad ascoltare e risolvere ogni suo dubbio”, spiega Cinzia Gortan, ottico della Fondazione Salmoiraghi e Viganò. “È importante approfondire ulteriormente al cliente quali possono essere i vantaggi derivati dalla prescrizione di una lente Free Form. Guidarlo nella scelta delle varie tipologie e dei diversi gradi di personalizzazione e spiegargli la procedura necessaria per il raggiungimento della massima personalizzazione sono azioni fondamentali alla costruzione di una lente sartoriale altamente soddisfacente”, suggerisce. “In questa fase, garantire una continuità nella transizione dal medico oculista all’ottico, è senza dubbio un requisito essenziale alla buona riuscita del prodotto” A partire dall’anamnesi formulata dal medico oculista, l’ottico provvede ad indicare la tipologia di lente Free Form più idonea presente in listino, valutando l’inserimento aggiuntivo dei para-
metri individuali del cliente allo scopo di massimizzare la personalizzazione dell’occhiale. “Questo secondo step è fondamentale”, spiega Gortan, “Si procede ad un’attenta analisi del cliente, raccogliendo dati sul suo stile di vita e sulle sue esigenze lavorative, che portano a soddisfare i requisiti di sartorialità della lente. La fase successiva è la scelta della montatura, che non deve solo avere la grandezza idonea, ma presentare un’ottima calzata sul volto del cliente. Questo non è un dettaglio da poco, dato che può davvero fare la differenza per un adattamento veloce ed efficiente”, aggiunge. A partire dalla prescrizione del medico, l’ottico inizia la procedura per la definizione dei parametri ottimali dell’occhiale. “L’ottico procede con la rilevazione della semidistanza interpupillare, la distanza tra lente e apice corneale, l’angolo di avvolgimento e l’angolo pantoscopico della montatura, le altezze di montaggio per le monofocali e la distanza d’uso nello spazio ravvicinato in base alle esigenze lavorative e lo stile di vita dell’utente per le lenti progressive”, annota Cinzia Gortan. “Sono tutti parametri oggettivi necessari per la costruzione di un occhiale personalizzato dove vengono combinati al meglio i parametri della prescrizione dell’oculista e i parametri individuali del soggetto. Oggi queste rilevazioni sono effettuate per mezzo di sofisticati sistemi di videocentratura computerizzata, a disposizione di ogni ottico e di ogni punto vendita abilitato, sia in posizione primaria, quindi con il soggetto posto di fronte e con lo sguardo rilassato, sia lateralmente per individuare in particolare l’angolo pantoscopico”. Progettata e costruita in sinergia e con l’individuo al centro di tutto, una lente Free Form di alta qualità è in grado di
di Timothy Norris
Una collaborazione basata su una costante comunicazione nel rispetto dei reciproci ruoli ed ambiti professionali è necessaria e non affatto scontata
Cinzia Gortan
fornire all’utente un gran numero di benefici sia nella sua versione multifocale che in quella monofocale. “Oltre alla qualità d’immagine molto elevata in generale, l’ampliamento del campo visivo, la riduzione dell’aberrazione e la qualità visiva ottimale in tutte le posizioni di sguardo sono sicuramente i benefici più rilevanti, sia per il portatore di monofocali che per quello di multifocali”, osserva Gortan. “In aggiunta, un portatore di multifocali nota anche un miglioramento della vista per tutte le attività lavorative quotidiane, in particolare nell’uso di videoterminali, grazie al passaggio fluido tra le varie distanze e l’ottima prestazione alle distanze intermedie”, afferma. “Le distanze intermedie sono sempre state un problema per i precedenti modelli di lente progressiva, che costringevano il portatore a forzare l’adattamento per la messa a fuoco. Una lente Free Form non solo migliora la distanza intermedia, ma facilita anche l’adattamento all’occhiale, cosa che ha il pregio di aumentare la soddisfazione dell’utente,
riducendo dall’altra parte la frequenza di abbandono”, aggiunge. Il sodalizio tra il medico oculista e l’ottico in una lente Free Form fa sì che si raggiunga il massimo grado di personalizzazione e secondo Cinzia Gortan questo è un valore fondamentale. “Una collaborazione basata su una costante comunicazione nel rispetto dei reciproci ruoli ed ambiti professionali è necessaria e non affatto scontata. Entrambe le figure professionali lavorano con l’obiettivo comune del raggiungimento del benessere visivo dell’utente, del paziente, dell’individuo”, afferma Gortan. “Una comunicazione continuativa ha inoltre il grande pregio di consentire ad entrambe le figure professionali di interfacciarsi l’una con l’altra e di risolvere e gestire con tempestività eventuali problematiche come ad esempio una difficoltà dell’adattamento o una qualsiasi altra esigenza del portatore, una cosa che può giovare ad entrambe le parti”, spiega. “A partire dalla prescrizione dell’oculista, l’aggiunta dei parametri sia antropometrici
che legati alla calzata dell’occhiale, tipici della costruzione di una lente Free Form, permette di raffinare il risultato finale, sopperendo anche al più piccolo difetto ottico e massimizzando la personalizzazione e le performance dell’occhiale. La lievissima rimodulazione del potere ottico in questa fase, accompagnata anche da una consulenza dell’oculista nei casi più complessi, permette di definire in modo ancora più preciso la personalizzazione della lente a beneficio del paziente, come d’altra parte l’oculista potrebbe avere la necessità di approfondire con l’ottico le indicazioni date dall’azienda costruttrice per la definizione del potere della lente”. Al centro della stretta alleanza tra ottico ed oculista si inserisce il paziente, l’utente, il portatore della lente Free Form personalizzata. Il binomio è in realtà un trinomio, ed anche quest’ultimo attore deve fare la sua parte. “Si consiglia sempre al cliente di effettuare ogni anno una visita dal medico oculista. È infatti proprio dalla visita oculista che parte tutto il processo che porta all’ottenimento di una lente idonea, ad un miglioramento della vista e della soddisfazione del paziente che si presta alla visita annuale”, afferma Cinzia Gortan. “Benefici che possono essere massimizzati grazie alla prescrizione di una lente sartoriale di ultima generazione, sia monofocale che progressiva, costruita con la tecnologia Free Form”, conclude.
Scarica il filmato.
A cura del supporto tecnico Salmoiraghi & Viganò 41
Dal Mondo dell’Ottica - Tecnologie di Produzione LENTI OFTALMICHE RODENSTOCK PER ETA’ PEDIATRICA Con il presente articolo si desidera descrivere le geometrie oftalmiche multifocali e a focale variabile più idonee per le prescrizioni in età pediatrica.
di Mauro Nocera, Servizio Informazione Scientifica Rodenstock Italia
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In età pediatrica, qualora richiesta una prescrizione addizionale per vicino, le migliori soluzioni oftalmiche multifocali sono rappresentate dalle lenti bifocali con segmento curvo di 40 mm (Datalit C40), più sottili e leggere delle convenzionali bifocali tipo executive e-line e con un più ridotto spessore del “gradino”. Per i piccoli pazienti con strabismo accomodativo con eccesso di convergenza, il reparto Ricerca & Sviluppo Rodenstock, avvalendosi di un team di esperti di Oftalmologia, Ortottica e Strabologia, ha sviluppato Excelit AS C40, una specifica bifocale con segmento C40, volutamente realizzata con un decentramento temporale del segmento addizionale per ridurre l’esoforia residua: per questa sua particolarità Rodenstock raccomanda che la sua fornitura sia concordata con lo specialista prescrittore. I vantaggi in termini estetici e di leggerezza sono gli stessi sopra menzionati ed inoltre l’ampiezza e il posizionamento del segmento addizionale offrono funzionalmente un’adeguata “copertura ottica” nella parte inferiore della lente.
Allo scopo di ridurre peso e spessori, queste lenti vengono ordinate dal centro ottico nel diametro più piccolo possibile (min. 40 mm) o, se necessario, con costruzione precalibrata; Rodenstock raccomanda che il montaggio di queste lenti si esegua secondo le indicazioni dello specialista prescrittore o, in loro assenza, adattando il limite superiore del segmento addizionale a centro pupilla con sguardo dritto in avanti. In presenza di prescrizioni con potere addizionale in età pediatrica, qualora lo specialista prescrittore decida invece per lenti progressive, è importante che il centro ottico selezioni la lente più idonea ed esegua una corretta centratura ottica. Cosa deve avere una lente progressiva per essere adatta per questo tipo di prescrizioni? • Una produzione che assicuri la migliore lavorazione ottica delle superfici e la perfetta conformità tra progetto e costruzione. • Il calcolo dei poteri diottrici in posizione di utilizzo, che garantisca i poteri della prescrizione nella reale condizione d’uso delle lenti di fronte agli occhi. • L’ottimizzazione della superficie “punto a punto” in modo che l’immagine di un oggetto posto nelle diverse direzioni di sguardo possa essere sempre focalizzato sulla retina. • La personalizzazione del design della lente considerando l’intera componente ottica della prescrizione (sf, cil, prisma) per entrambi gli occhi tenendo conto della visione binoculare. • La possibilità di appaiamento delle basi delle lenti in presenza di differenze diottriche, a condizione di non penalizzare le performance. • L’applicazione di modelli di ottimizzazione che incrementino le prestazioni da vicino, in acuità visiva e campi visivi, anche in presenza di corti canali di progressione e alte addizioni. Grazie a Rodenstock il centro ottico sa di poter contare su lenti progressive personalizzate (Multigressiv) che riuniscono tutte le peculiarità sopra elencate. E’ inoltre informato dall’azienda che, in assenza di indicazioni dello specialista prescrittore, dovrà adattare la lente progressiva non più a centro pupilla ma, considerando che il mondo del bambino è proiettato al di sopra della sua linea di sguardo, fino a 4 mm più in alto (ad es. in un bambino di 4 anni) per poi successivamente abbassare la centratura di circa un millimetro ogni due anni in più di età.
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News dalle aziende
SCLERAFLEX BY SWISSLENS: LENTE SCLERALE, IMPORTANTE RISORSA PER LE CORNEE REGOLARI E IRREGOLARI
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Di Gero Mayer, ottico - Francoforte
In questo caso ci focalizziamo sull’occhio sinistro: Chiameremo la paziente Maria Rossi, età fra i 28 e i 35 anni, esercita una professione in campo medico. • La paziente presenta un cheratocono Belin: A2 B2 C2 D3, la cui diagnosi risale al 05 Maggio 2021 • L’occhio soffre di Keratoconjunctivitis sicca • Punctum Plugs • La paziente è affetta da neurodermite • Rifrazione: -5,75/-3,00/117° Visus = 0,05 Lo specialista che aveva valutato la paziente le aveva consigliato di rivolgersi a me per provare delle lenti rigide gaspermeabili e io ho seguito questa raccomandazione. L’idea di base in Germania è che la lente RGP lavora come lente terapeutica e potrebbe perfino fermare la progressione del cheratocono. (3) Prima visita (fig. 1). Sono evidenti dalla foto i numerosi vasi sanguigni e l’area limbale sembra abbastanza irritata. La paziente si è inoltre presentata truccata alla visita e, da procedura, le ho raccomando di non usare alcun trucco per le visite agli occhi. La cosmesi oculare può essere un fattore per lo sviluppo dell’occhio secco. (4)
La topografia (fig. 2) mostra un cheratocono stadio 1-2 con la caratteristica forma della Degenerazione marginale Pellucida (PMD).(5) Alla paziente è stato consigliato quindi di fare attenzione a non sfregare gli occhi poiché esiste una correlazione fra sfregamento dell’occhio e progressione del cheratocono (1). Come consigliato dallo specialista abbiamo provato le lenti RGP per che44
ratocono con un nuovo materiale (fig. 3). L’applicazione sembra abbastanza buona con un leggero tocco apicale al centro ed il giusto sollevamento al bordo. Questa foto è stata scattata dopo alcune ore di utilizzo: si notino, però, la scarsa qualità del film lacrimale e la scarsa bagnabilità della lente, che hanno un grande effetto sul porto e sull’acuità visiva. Inizialmente l’acuità visiva era abbastanza buona (0.63) ma peggiorava durante il giorno. Poiché non era chiaro come e perché fosse nata la sua cheratocongiuntivite, abbiamo deciso di non provare l’applicazione di lenti morbide e ibride e passare direttamente alle lenti sclerali. Poiché il cheratocono è associato a una disfunzione della ghiandola di Meibomio (MGD) (2) e questa è una causa della Keratoconjunctivitis sicca, può essere che le lenti RGP irritassero sia le ghiandole che la cornea e la congiuntiva. (6) Ho applicato quindi una lente sclerale Scleraflex di SwissLens, sag. 3.750µm, diametro totale 15mm. bordo standard. Fin dall’inizio il visus era di 0.63 e la pazienta poteva indossare le lenti per diverse ore. Prima visita con la lente Scleraflex: (fig. 4) Primo feedback della paziente: “Giorno e notte!”. La lente sclerale ha ridotto il gonfiore e l’irritazione. La lente era confortevole e giusta per lei. L’applicazione è ancora in fase d’opera, nel frattempo ho fatto una piccola modifica passando a una lente asimmetrica, che migliorava il comfort e l’acuità visiva (0.80) (7). La paziente può quindi indossare le lenti sclerali fino a 10 ore al giorno senza problemi, e
la necessità di usare sostituti lacrimali è diminuita. Può addirittura tornare a truccarsi senza che la lente perda bagnabilità. …. Applicazione in corso, to be continued…… (fig. 5) Perché una lente asimmetrica? Molto spesso la sclera è torica e ciò può portare o instabilità alla lente sclerale, che può decentrarsi, o del “blanching” solo su uno o due meridiani (fig.6).
fig. 1 Occhio della paziente
Con un’asimmetria sulla parte posteriore periferica, si ottiene un maggior comfort e una maggiore stabilità, migliorando notevolmente l’applicazione. Maggiore è il numero di lenti sclerali applicate, più spesso si useranno design speciali, come quello asimmetrico, secondo lo “Scope Study” (8) e anche secondo la mia personale esperienza. Conclusione: Spero che abbiate gradito la mia esposizione di questo caso e che possiate beneficiarne. Ho basato il mio procedimento applicativo e la scelta del prodotto su alcuni criteri quali il sintomo di occhio secco, la forma della cornea, il tasso di ammiccamento e infine il comportamento, la sensazione soggettiva e la valutazione della paziente. Greetings from Germany
Bibliografia: (1) Last review: Int J Ophtalmol. 2019 Nov 18; 12(11): 1775-1781.doi; 10.18240/ijo.2019.11.17. eCollection 2019. “The correlation between keratoconus and eye rubbing: a review” (2) (Clinical evaluation of meibomian gland dysfunction in patients with keratoconus - PubMed (nih.gov)) (3) Effect of long-term rigid gas-permeable contact lens wear on keratoconus progression - PubMed (nih.gov) (4) Eye Make-up Products and Dry Eye Disease: A Mini Review - PubMed (nih.gov) (5) Contact Lens Spectrum - PMD Versus Keratoconus: Clinical Differentiation (clspectrum.com) (6) Meibomian Gland Dysfunction and Contact Lens Discomfort - PubMed (nih.gov) (7) Advantages of toric scleral lenses PubMed (nih.gov) (8) Contact Lens Spectrum - The SCOPE Study: An Overview (clspectrum.com)
fig. 2 Topografia della paziente
fig. 3 Immagini della lente RGP applicata
fig. 4 Immagine alla prima visita con la Scleraflex Mini
fig. 5 SwissLens Scleraflex Mini Asy 0.3
fig. 6 Blanching su una sclera asimmetrica
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FOCUS SUPERFICIE OCULARE: LA MALATTIA DELL’OCCHIO SECCO
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Di Professor Stefano Barabino, Responsabile Centro Superficie Oculare e Occhio Secco, Ospedale L. SaccoUniversità di Milano e Clinica Blue Eye Milano, e Professor, Maurizio Rolando, Centro Superficie Oculare e Occhio Secco, Is.Pre Oftalmica, Genova
Stefano Barabino
Maurizio Rolando
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Dopo esserci occupati di congiuntiviti allergiche, con questo secondo articolo continuiamo gli approfondimenti sulle malattie della superficie oculare ed in particolare ci occupiamo della malattia dell’occhio secco. La prima cosa da considerare è che oggi non parliamo più di sindrome dell’occhio secco, ma parliamo di una vera e propria malattia. Chiediamo al Professor Rolando, che “da qualche giorno” si occupa del problema come si è arrivati a questa nuova visione dell’occhio secco. “In effetti Stefano hai ragione, quando negli anni ‘80 ci si è interessati in maniera approfondita del film lacrimale si pensava all’occhio secco come una malattia oculare caratterizzata da una mancanza di lacrime e pertanto il riferimento era soprattutto alla sindrome di Sjogren. Successivamente ci si è accorti invece che l’occhio secco non è solo una mancanza di lacrime, ma è una alterazione del sistema della superficie oculare, una vera e propria malattia la cui patogenesi è molto complessa e che può colpire soggetti di tutte le età come visto recentemente nei soggetti che stanno numerose ore davanti ad uno schermo.” Questo è un argomento molto importante perché la didattica a distanza e lo smartworking ci fanno stare numerose ore davanti ad uno schermo e in queste condizioni noi ammicchiamo meno frequentemente, ma soprattutto meno del dovuto, e questo causa evaporazione del film lacrimale, aumento dell’osmolarità lacrimale e infiammazione. Recentemente abbiamo imparato che prima dell’infiammazione il sistema della superficie oculare prova a ristabilire il suo equilibrio, una reazione chiamata ormesi, ma fattori come
l’età avanzata, la riduzione dell’autofagia (ovvero della capacità di rimuovere i prodotti di scarto del metabolismo) o ancora variazioni dell’equilibrio ormonale impediscono di raggiungere l’obiettivo, e questo causa infiammazione cronica. Il problema è che la cronicizzazione è dovuta a linfociti T che hanno memoria per cui la malattia diventa irreversibile. Nella pratica di tutti i giorni per diagnosticare la malattia dell’occhio secco cosa possiamo consigliare? Parla il Professor Rolando. “Prima di tutto ascoltare il paziente, i sintomi riferiti sono indicativi di un problema di superficie oculare e alcuni di essi come il bisogno di stare ad occhi chiusi sono tipici della malattia dell’occhio secco; un paziente allergico mai dirà che sta meglio con gli occhi chiusi. Importante poi valutare tutte le componenti della superficie oculare alla lampada fessura, incluso il bordo palpebrale, dove consiglio di fare una leggera pressione a livello delle ghiandole di Meibomio per valutare la qualità del secreto. Fondamentale infine utilizzare la fluoresceina (che colora l’acqua) che mette in evidenza il menisco lacrimale, il tempo di rottura del film lacrimale, le alterazioni epiteliali corneali, e colorare con il verde di lissamina liquido (Lissagreen, Polifarma) che consente di vedere le cellule epiteliali corneali e congiuntivali in sofferenza. A questo aggiungerei che il verde di lissamina liquido consente anche di diagnosticare il grado di infiammazione della superficie oculare (figura 1) perché alcuni articoli scientifici in letteratura, come quello pubblicato recentemente su Cornea da un gruppo di ricerca coreano 1 dimostrano una correlazione tra staining della congiuntiva con il verde
Figura 1: Il verde di lissamina liquido (Lissagreen, Polifarma) consente di evidenziare le cellule congiuntivali danneggiate e di diagnosticare il grado di infiammazione della superficie oculare. Il filtro rosso aumenta il contrasto tra cellule colorate e normali. In senso orario: Cheratocongiuntivite limbica superiore, malattia dell’occhio secco di grado moderato, alterazione del bordo palpebrale e pieghe congiuntivali, malattia dell’occhio secco grave con infiammazione cronica
di lissamina e il grado di infiammazione della superficie oculare. Pertanto vedete che la diagnosi di malattia dell’occhio secco non richiede chissà quali strumenti sofisticati che certo possono essere utili per approfondire alcuni aspetti patogenetici o nell’ambito di studi clinici”. Per quanto riguarda la terapia cosa possiamo consigliare? “Innanzitutto utilizzare sostituti lacrimali perché rappresentano la base della terapia dell’occhio secco non solo per la loro azione di lubrificazione della superficie dell’occhio, ma anche per la capacità di allontanare o di diluire quelle citochine pro-infiammatorie che sono responsabili della alterazione del sistema della superficie dell’occhio. Ci sono sostituti lacrimali con minor viscosità il cui obiettivo è quello di bagnare la superficie dell’occhio o altri che hanno invece una viscosità maggiore che hanno l’obiettivo di proteggere gli epiteli della superficie oculare facilitando il loro movimento. Per esempio, l’acido ialuronico è la lacrima che ha il maggior numero di articoli pubblicati in letteratura e
ha un’ottima azione diluente, ma recentemente sono stati sviluppati nuovi sostituti lacrimali che combinano questa molecola con altre che ne aumentano la viscosità e dunque il tempo di permanenza sulla superficie oculare e la sua funzione di protezione degli epiteli. È il caso per esempio del TSP (Tamarind Seed Polysaccharide) che ha un’azione simile al muco del film lacrimale.2 Stefano, tu invece cosa ci consigli riguardo alla terapia anti infiammatoria?”. Risponde Barabino. “Il mio consiglio è quello di trattare i pazienti con malattia dell’occhio secco cronica con steroidi topici di superficie, sia per brevi periodi di tempo o a scalare in tempi lunghi se il quadro clinico non migliora. L’obiettivo è infatti raggiungere la quantità minima di steroide topico per mantenere l’infiammazione sotto controllo. Nei casi più gravi è disponibile anche la ciclosporina topica che agendo sui linfociti trova indicazioni nelle forme croniche, a patto però di aspettare almeno tre mesi di tempo, e ovvero il periodo necessario per inibire la funzione dei linfociti T. In altri
Paesi, come gli Stati Uniti, è oggi disponibile anche un’altra molecola anti-infiammatoria, il Lifitegrast, che impedisce l’adesione dei linfociti T a livello del tessuto congiuntivale. Un ultimo consiglio è quello relativo alla dieta. È stato infatti dimostrato che una dieta ricca di acidi grassi come omega 3 e omega 6 che si trovano per esempio nel pesce azzurro, nel salmone, nel tonno, diminuiscono in maniera significativa l’incidenza della malattia”.
Bibliografia: 1. Yang S, Lee HJ, Kim DY, Shin S, Barabino S, Chung SH. The use of conjunctival staining to measure ocular surface inflammation in patients with dry eye. Cornea 2019 2. Barabino S, Rolando M, Nardi M, Bonini S, Aragona P, Traverso CE. The effect of an artificial tear combining hyaluronic acid and tamarind seeds polysaccharide in patients with moderate dry eye syndrome: a new treatment for dry eye. Eur J Ophthalmol. 2014 ;24:173-178. 47
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NOVITÀ ASSOLUTA: LENTI DA VISTA ZEISS CON TRATTAMENTO ANTIVIRUS E ANTIBATTERICO L’efficacia antimicrobica è stata dimostrata scientificamente e convalidata da accreditati laboratori esterni indipendenti, nel rispetto delle più recenti normative ISO2.
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La nuova tecnologia ZEISS integra l’argento antimicrobico nella struttura del trattamento, rilasciando ioni d’argento (Ag+) che producono un’interazione antivirale e antibatterica di comprovata efficacia sulla superficie delle lenti degli occhiali. Oggi è possibile proteggere le lenti dagli agenti patogeni. Come noto, virus e batteri sono in grado di resistere e rimanere vitali sulle superfici, come gli occhiali, per giorni o addirittura oltre due mesi1.
EFFICACIA ANTIMICROBICA PROVATA ZEISS ha sviluppato una tecnologia che consente di integrare nanoparticelle d’argento nel suo trattamento antiriflesso premium, così da rendere inattivi virus e batteri che si depositano sulle lenti degli occhiali. La tecnologia brevettata di deposizione sottovuoto delle nanoparticelle d’argento consente di inserirle negli strati del trattamento superficiale della lente e quindi produrre un’interazione antivirale e antibatterica in grado di eliminare il 99,9% di virus e batteri che si depositano sulla superficie delle lenti. 48
PROTEZIONE COMPLETA E VISIONE NITIDA CON LE LENTI OFTALMICHE ZEISS Il nuovo trattamento antiriflesso DuraVision® AntiVirus Platinum UV di ZEISS assicura una visione ottimale, facilità di pulizia, lunga durata e, in più, la sicurezza aggiuntiva di una lente dotata di proprietà antivirali e antibatteriche, in grado di eliminare dalla superficie il 99,9% di virus e batteri, oltre alla protezione completa dai raggi UV presente di serie su tutte le lenti ZEISS. Per informazioni o richiedere il materiale per lo studio: oculisti.vision@zeiss.com
Bibliografia: 1. Fonte: Boone & Gerba (2007). Significance of fomites in the spread of respiratory and enteric viral disease. Applied and Environmental Microbiology, 73(6): 16871696; Thompson & Bennett (2017). Persistence of influenza on surfaces. Journal of Hospital Infection, 95:194–9. 2. Test condotti secondo la norma ISO 21702:2019(E) per i virus con involucro e secondo la norma ISO 22196:2011(E) per i batteri Gram-negativi e Gram-positivi. Efficacia dimostrata dopo 24 ore, come definita dalle norme ISO.
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OFTASECUR: SICUREZZA IN OFTALMOLOGIA
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Oftasecur è uno spray oculare a base di liposomi di Biosecur® e di ipromellosa. Il Biosecur®, utilizzato per la prima volta in ambito oftalmico, è un complesso naturale e brevettato di bioflavonoidi e polifenoli, con attività antimicrobica ad ampio spettro. L’azione antibatterica può essere attribuita a diversi meccanismi: • alterazione e il danno diretto della struttura della membrana citoplasmatica dei batteri e susseguente inibizione delle principali funzioni • inibizione della sintesi degli acidi nucleici • inibizione del metabolismo energetico. I bioflavonoidi e i polifenoli naturali hanno dimostrato effetti sinergici con antibiotici aumentando la sensibilità di batteri multi-resistenti. Il Biosecur® è un prodotto totalmente biologico estratto da agrumi con origine e processi di lavorazione certificati Bio. È approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) come sicuro quale additivo antimicrobico e conservante in campo alimentare e nel care.
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Oftasecur contiene: • Liposomi (Fosfolipidi S80 Niolip) che veicolano le sostanze attive (Biosecur®) garantendo al prodotto persistenza, tollerabilità e maneggevolezza • Ipromellosa che, con le sue proprietà viscoelastiche e igroscopiche, dona idratazione alla zona palpebrale e perioculare. La formulazione in spray consente un impiego mirato ed appropriato, assicurando il trattamento contemporaneo di tutto il sistema superficie oculare. Oftasecur, grazie alla sua formulazione brevettata, può contribuire a controllare la carica batterica e ridurre il rischio d’insorgenza di possibili processi infettivi anche in campo chirurgico oculare.1 Oftasecur è ottimamente tollerato anche per trattamenti protratti e risulta essere protettivo e lenitivo in caso di irritazione oculare e palpebrale.1
Bibliografia: (1) Vagge A, Ferro Desideri L, Carnevali A, Del Noce C, Camposampiero D, Agrusta M, Ponzin D, Pellegrini M, Vaccaro S, Nicolò M, Scorcia V, Traverso CE, Giannaccare G. Efficacy of a New Commercial Ocular Spray Containing Oftasecur Citrus Extract for Reducing Microbial Load in the Conjunctiva of Patients Receiving Intravitreal Injections. Ophthalmol Ther. 2021 Sep 8. doi: 10.1007/ s40123-021-00384-9
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LOOKKINO è il marchio di montature di LOOK-made in Italia per un pubblico da 0 a 14 anni. Una ricerca costante, unita a materiali brevettati, garantisce un prodotto di altissima qualità per rispondere alle esigenze dei bambini nelle diverse fasi di crescita. Gli oltre 40 anni di esperienza di questa azienda, che da sempre disegna e produce i propri occhiali in Italia, si trasferiscono in modelli che, in un’ottica di crossup selling, pongono in evidenza il materiale come leva emozionale e valoriale per l’acquisto. All’interno del reparto Ricerca&Sviluppo di LOOK-made in Italia si lavora costantemente per realizzare materiali sempre più evoluti. XINOX (un acciaio hi-tech che può essere assottigliato in spessori minimali mantenendo inalterate le proprietà meccaniche, ma con +30% di flessibilità rispetto a un acciaio gene-
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rico), EVO (EVOlution polymer, un materiale soffice al tatto e particolarmente indicato per le montature kids) e NIL (Natural Injection Light, un tecnopolimero evoluto per occhiali ultraleggeri) sono i materiali che vengono sviluppati in un range di prodotti che cresce e si evolve con l’età del bambino: Piccino (0-5), Nil (3-9), Circle-Rubber (7-10) e Rubber-Evo (6-14). Gli occhiali LOOKKINO hanno una calzata ergonomica e un’ampia superficie di appoggio, un’immagine allegra e colorata e, grazie agli spessori ridotti, sono leggeri e discreti sul viso. Queste caratteristiche conferiscono l’aspetto di una montatura tradizionale e non quello di una protesi “medicale”. LOOKKINO è ciò che un bambino si aspetta: qualcosa di grande dietro un piccolo oggetto, inseparabile alleato di giochi e scoperte.
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LENTI FLOOX PER LA PROTEZIONE OCULARE.
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Tutte le radiazioni, anche se in misura assai diversa, sono potenzialmente nocive ed i danni aumentano all’aumentare della dose assorbita dai tessuti del nostro organismo. Particolarmente nocive sono le radiazioni UV, dalle quali dobbiamo assolutamente proteggere al massimo il nostro sistema visivo. Recentemente l’attenzione è stata rivolta anche alle radiazioni del primo visibile (radiazione confinante con l’ultravioletto: blu e viola) che, quando superano la “dose soglia”, possono essere potenzialmente lesive per tutti gli epiteli e, giungendo a quelli retinici ed in particolare all’epitelio pigmentato della retina, possono essere concausa della maculopatia legata all’età. Per tale motivo, tali radiazioni dovrebbero essere attenuate al fine di diminuire la loro possibile pericolosità. Queste radiazioni sono, inoltre, quelle che creano maggior diffusione, sia all’esterno che all’interno del sistema oculare; producono infatti una diffusione davanti alla retina che riduce il contrasto con forte dominanza azzurra (nebbia blu). Altro effetto, legato a tali radiazioni, è il velo di distanza, una visione simile a quella che si presenta in presenza di foschia e dipendente dalla diffusione della radiazione blu sulle particelle di umidità presenti nell’atmosfera. Le radiazioni IR trasportano meno energia e sono potenzialmente meno nocive per il sistema ocu-
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lare; sono comunque le prime responsabili dell’evaporizzazione del film lacrimale e della conseguente dislacrimia per coloro che vi si espongono. L’uso di lenti fotoselettive FLOOX® oltre ad essere protettive nei confronti delle radiazioni UV, eliminando e/o riducendo le basse lunghezze d’onda del visibile (radiazione blu), riducono sia la diffusione davanti alla retina che il velo di distanza, ottimizzando il contrasto. I seguenti diagrammi illustrano le varie lenti e i tagli delle radiazioni con i suggerimenti per patologie 450 – 500 nm • Esposizione a elevati livelli di UV • Afachia • Impianti IOL • Terapia PUVA • Fotochemioterapia • Congiuntiviti e cheratiti • Post cheratoplastica • Post chirurgia rifrattiva 500 – 520 nm • Congiuntiviti e Cheratiti con elevata fotofobia • Cataratta • Distrofie corneali • Edema corneale • Post Vitrectomia • Retinopatia diabetica • Degenerazione maculare • Glaucoma • Farmaci foto sensibilizzanti • Terapia fotodinamica Oltre 520 nm • Retinite Pigmentosa • Albinismo • Aniridia • Colobomi dell’iride • Atrofia ottica • Acromatopsia • Discromatopsia
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te negli ultimi due anni, grazie alle quali il gruppo ha un fatturato di oltre 30 MLN di euro in oltre 70 Paesi nel mondo. L’azienda impiega una forza lavoro pari a 160 persone ed è ormai saldamente tra le TOP 10 del settore a livello europeo ed una delle poche con stabilimenti di produzione di soluzioni e lenti a contatto in Europa. Omisan Farmaceutici ha chiuso il primo semestre del 2021 con un importante incremento di oltre il 15% delle vendite rispetto allo stesso periodo del 2020. È in fase di valutazione il progetto per l’acquisizione della totalità delle azioni di altre due aziende del settore per il 2022.
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