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Elementi di ottica geometrica

Simona Simonetta, Luciano Graceffa, Pasquale Troiano

L’ottica geometrica è la sezione dell’ottica che studia i fenomeni ottici assumendo che la luce si propaghi mediante raggi rettilinei. Quest’assunzione è valida quando la luce interagisce con oggetti di dimensioni molto maggiori della sua lunghezza d’onda. In questa condizione, gli unici fenomeni rilevanti sono la riflessione e la rifrazione ed è possibile dare una spiegazione, approssimata ma sufficiente, del funzionamento di lenti, prismi, specchi e dei sistemi ottici costruiti con essi.

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Propagazione della luce in un mezzo uniforme

Uno dei principi fondamentali dell’ottica geometrica – enunciato da Euclide – è che la luce si propaga in modo rettilineo e a velocità costante se il mezzo è uniforme. Questo enunciato può apparire in contrasto con l’idea della luce come onda, ma se osserviamo una fonte luminosa puntiforme potremo notare che la luce si muove al suo esterno come una sfera in espansione il cui margine esterno è il fronte d’onda (figura 1). In simili circostanze la luce si propaga lungo ogni raggio della sfera, da cui deriva il termine “raggio di luce”. L’intensità della luce si riduce all’aumentare della distanza dalla sorgente in base alla legge di Keplero secondo cui l’intensità della luce in ciascun punto della sfera si riduce del quadrato della distanza di quel punto dalla sorgente.

Propagazione della luce in un mezzo uniforme Uno dei principi fondamentali dell’ottica geometrica – enunciato da Euclide – è che la luce si propaga in modo rettilineo ed a velocità costante se il mezzo è uniforme. Questo enunciato può apparire in contrasto La patologia oculare miopica • Pasquale Troiano con l’idea della luce come onda, ma se osserviamo una fonte luminosa puntiforme potremo notare che la luce si muove al suo esterno come una sfera in espansione il cui margine esterno è il fronte d’onda (figura 1). fig. 1: Fronte d’onda e linee di propagazione di una fonte luminosa puntiforme In simili circostanze la luce si propaga lungo ogni raggio della sfera, da cui deriva il termine “raggio di luce”. L’intensità della luce si riduce all’aumentare della distanza dalla sorgente in base alla legge di Keplero secondo cui l’intensità della luce in ciascun punto della sfera si riduce del quadrato della distanza di quel punto dalla sorgente. Effetti della interposizione di un secondo mezzo sulla propagazione della luce Un raggio di luce che viaggia a velocità costante in un mezzo omogeneo se incontra sul suo percorso altro mezzo subisce le seguenti modifiche: riflessione, diffusione, rifrazione, dispersione. Questi fenomeni s verificano contemporaneamente anche se uno di essi sarà predominante a seconda delle caratteristiche del nuovo mezzo. Un mezzo omogeneo (isotropico) che consenta il passaggio di grande parte della luce viene chiamato trasparente. Se invece il mezzo non è omogeneo (anisotropico) ma lascia comunque passare una grande quantità di luce viene denominato traslucente o traslucido. Infine un mezzo che assorbe la maggior parte della luce viene definito opaco. Quando la luce incontra una superficie riflettente o passa da un mezzo ad un altro il suo percorso di propagazione viene deviato rispetto alla sua direzione originale. Riflessione e diffusione: Quando un raggio di luce incontra la superficie di un mezzo attraverso il quale non può passare, la sua propagazione si modifica in accordo alle leggi della riflessione di Euclide.

Figura 1. Fronte d’onda e linee di propagazione di una fonte luminosa puntiforme

Effetti della interposizione di un secondo mezzo sulla propagazione della luce

Un raggio di luce che viaggia a velocità costante in un mezzo omogeneo se incontra sul suo percorso un altro mezzo subisce le seguenti modifiche: riflessione, diffusione, rifrazione, dispersione. Questi fenomeni si verificano contemporaneamente anche se uno di essi sarà predominante a seconda delle caratteristiche del nuovo mezzo. Un mezzo omogeneo (isotropico) che consenta il passaggio di grande parte della luce viene chiamato trasparente. Se invece il mezzo non è omogeneo (anisotropico) ma lascia comunque passare una grande quantità di luce viene denominato traslucente o traslucido. Infine un mezzo che assorbe la maggior parte della luce viene definito opaco. Quando la luce incontra una superficie riflettente o passa da un mezzo a un altro il suo percorso di propagazione viene deviato rispetto alla sua direzione originale.

Riflessione e diffusione Quando un raggio di luce incontra la superficie di un mezzo attraverso il quale non può passare, la sua propagazione si modifica in accordo alle leggi della riflessione di Euclide. Semplificando: quando la luce incontra una superficie regolare riflettente rimbalza esattamente come una palla da tennis. L’angolazione del rimbalzo della palla da tennis – angolo di riflessione – dipenderà dall’angolazione con cui la palla impatta il terreno di gioco – angolo di incidenza – per cui angolo di incidenza ed angolo di riflessione sono uguali (figura 2). Nella realtà, superfici riflettenti perfettamente regolari non esistono. Quando i raggi incidenti incontrano superfici irregolari vengono riflessi in direzioni e angolazioni diverse: è il fenomeno della diffusione (figura 3). In ogni caso, una superficie speculare regolare e piana produce immagini di dimensioni identiche alle immagini incidenti. Può essere utile definire la nomenclatura anche allo scopo di rendere Semplificando: quando la luce incontra una superficie regolare riflettente rimbalza esattamente come una palla da tennis. L’angolazione del rimbalzo della palla da tennis – angolo di riflessione – più facilmente comprensibili alcuni punti (figura 4). dall’angolazione con cui la palla impatta il terreno di gioco – angolo di incidenza – per cui angolo di incidenza ed angolo di riflessione sono uguali (figura 2).

fig. 2: Riflessione: angolo di incidenza e di riflessione sono uguali su superfici regolariFigura 2. Riflessione: angolo di incidenza e di riflessione sono uguali su superfici regolari Nella realtà, però, superfici riflettenti perfettamente regolari non esistono e quindi il fenomeno della riflessione avviene da superfici più o meno “ruvide” per cui i raggi incidenti vengono riflessi in angolazioni diverse dalla irregolarità microscopica della superficie riflettente: è il fenomeno della diffusione (figura 3).

riflessione avviene da superfici più o meno “ruvide” per cui i raggi incidenti vengono riflessi in angolazioni diverse dalla irregolarità microscopica della superficie riflettente: è il fenomeno della diffusione fig. 2: Riflessione: angolo di incidenza e di riflessione sono uguali su superfici regolari (figura 3). Nella realtà, però, superfici riflettenti perfettamente regolari non esistono e quindi il fenomeno della La patologia oculare miopica • Pasquale Troiano riflessione avviene da superfici più o meno “ruvide” per cui i raggi incidenti vengono riflessi in angolazioni diverse dalla irregolarità microscopica della superficie riflettente: è il fenomeno della diffusione (figura 3).

fig. 3: Diffusione: i raggi incidenti vengono riflessi in direzioni e angolazioni diverse

In ogni caso, una superficie speculare regolare e piana produce immagini di dimensioni identiche alle immagini incidenti. Può essere utile definire la nomenclatura anche allo scopo di rendere più facilmente comprensibili alcuni fig. 3: Diffusione: i raggi incidenti vengono riflessi in direzioni e angolazioni diverseFigura 3. Diffusione: i raggi incidenti vengono riflessi in direzioni e angolazioni diverse punti (figura 4). In ogni caso, una superficie speculare regolare e piana produce immagini di dimensioni identiche alle immagini incidenti. Può essere utile definire la nomenclatura anche allo scopo di rendere più facilmente comprensibili alcuni punti (figura 4). Figura 4. Nomenclatura essenziale del fenomeno della riflessione

Innanzi tutto, nel punto in cui il raggio incidente tocca lo specchio, si deve costruire la normale n, ovvero la retta perpendicolare al piano in quel punto. Il raggio incidente si indica con i, il raggio riflesso con r, l’angolo di incidenza, che è l’angolo fra il raggio incidente e la normale, con î e l’angolo di riflessione, cioè l’angolo fra il raggio riflesso e la normale, il cappuccio dovrebbe stare sopra la r.

Le cose divengono più complesse quando la superficie riflettente è curva. La più importante superficie curva in ottica geometrica è il segmento di sfera da cui possiamo derivare superfici speculari concave e convesse. Ogni singolo raggio di un fascio di raggi luminosi provenienti dall’infinito e, quindi, concettualmente paralleli tra loro, quando incontra una superficie speculare concava, obbedisce alla legge della riflessione per cui l’angolo di riflessione è uguale all’angolo di incidenza. Ma causa del diverso raggio di curvatura di ciascun punto di incidenza i raggi più lontani dall’asse di incidenza (raggi marginali) andranno a fuoco più vicino alla superficie speculare rispetto ai raggi più vicini all’asse (raggi parassiali). Pertanto ci sarà un punto in cui si incontreranno la maggioranza dei raggi parassiali riflessi che sarà il punto F o fuoco dell’immagine riflessa mentre ci saranno altri punti di fuoco in cui si incontreranno i raggi marginali riflessi che determineranno un’aberrazione. Più curvo sarà lo specchio minore sarà l’area in grado di riflettere raggi parassiali, questa caratteristica prende il nome di lunghezza focale dello specchio che è uguale alla metà del suo raggio di curvatura. Il potere di uno specchio sferico è usualmente espresso come il reciproco della sua lunghezza focale in metri. Il segno del potere per gli specchi concavi è convenzionalmente positivo. Se invece di sezionare una sfera sezioniamo un paraboloide otteniamo uno specchio concavo a sezione parabolica che ha la caratteristica di mandare sul fuoco principale anche i raggi marginali. Si tratta di una superficie riflettente più precisa della semplice superficie concava poiché quasi del tutto priva di aberrazioni. Le caratteristiche degli specchi concavi sono sfruttate dall’uomo sin dai tempi di Archimede che con specchi concavi di grande focale incendiava le navi romane (specchi ustori). Oggi l’impiego più diffuso di questi specchi si ha nella costruzione dei fari delle automobili. Quando la sorgente luminosa è posta nel fuoco

dello specchio si ottiene un’illuminazione parassiale (fari abbaglianti). Quando la sorgente luminosa viene collocata ad una distanza maggiore dallo specchio rispetto al suo fuoco si ottiene un’illuminazione costituita prevalentemente da raggi marginali che usciranno inclinati verso il basso e verso l’alto. La porzione inferiore della superficie riflettente o della fonte luminosa viene schermata in modo da ottenere l’uscita dei soli raggi marginali superiori che illumineranno verso il basso (fari anabbaglianti). Negli specchi convessi la riflessione dei raggi incidenti parassiali avviene come se tutti uscissero dal fuoco F collocato dall’altra parte dello specchio. L’intersezione di tutti i raggi riflessi cade in F anche se i raggi fisicamente non passano per F. Le caratteristiche di riflessione di questi specchi trovano oggi un grande impiego negli specchi retrovisori proprio perché consentono di vedere oggetti posizionati anche a un grande angolo rispetto alla posizione dell’osservatore (figura 5).

Figura 5. Riflessione da una superficie convessa e principio dei retrovisori Fig. 5: Riflessione da una superficie convessa e principio dei retrovisori Rifrazione: La luce viaggia nel vuoto ad una velocità costante di circa 300.000 Km/s ed in linee parallele. La velocità della luce dipende dalla resistenza opposta dal mezzo al passaggio della luce, denominata densità ottica. La velocità della luce nell’aria è solo di pochissimo inferiore alla velocità della luce nel vuoto e a questa

Rifrazione La luce viaggia nel vuoto a una velocità costante di circa 300.000 Km/s e in linee parallele. La velocità della luce dipende dalla resistenza opposta dal mezzo al passaggio della luce, denominata densità ottica. La velocità della luce nell’aria è solo di pochissimo inferiore alla velocità della luce nel vuoto e a questa viene assimilata. Se la luce dall’aria entra in un mezzo a maggiore densità ottica la sua progressione risulterà ritardata rispetto a quella nel mezzo precedente così come il suo percorso risulterà modificato. Questo fenomeno viene denominato rifrazione. Passando dall’aria all’acqua un parte del raggio incidente sarà riflesso mentre una parte sarà rifratto. L’angolo di rifrazione sarà minore dell’angolo di incidenza e questo fenomeno si accentua con l’aumentare della differenza di densità ottica tra i due mezzi anche se non proporzionalmente. Le leggi matematiche della rifrazione – decisamente più complesse di quelle della riflessione – sono state sistematizzate da Willebrord Snell nel 1621 e necessitano della conoscenza della funzione trigonometrica del seno. Per la loro esauriente disamina si rimanda a testi specifici. Il fenomeno della rifrazione presenta un interessante aspetto. Come abbiamo visto, se un raggio di luce passa dall’aria all’acqua l’angolo di rifrazione sarà minore di quello di incidenza. Ma se invece il raggio di luce passa dall’acqua all’aria e proviamo ad aumentare gradatamente l’angolo incidente in acqua, raggiungeremo un angolo a cui corrisponderà un raggio uscente disposto ad angolo retto rispetto alla superficie di separazione dei due mezzi. Questo è il cosiddetto angolo limite che per l’acqua rispetto all’aria è di circa 49°. Se si supera l’angolo limite il raggio non esce più dall’acqua ma si riflette totalmente nell’acqua. Il fenomeno dell’angolo limite della rifrazione è utilizzato per la realizzazione di molti strumenti (binocoli, periscopi, fibre ottiche, ecc.). Se prendiamo un prisma di vetro a forma di triangolo isoscele rettangolo come in figura 6 e vi inviamo un raggio di luce incidente perpendicolare ad AB, esso entrerà nel vetro senza cambiare direzione e colpirà

fig. 6: prisma di vetro e angolo limite Figura 6. Prisma di vetro e angolo limite Dispersione: Discutendo dei fenomeni della riflessione e della rifrazione abbiamo tacitamente considerato che la luce fosse monocromatica. La luce in realtà è policromatica in quanto formata da un insieme di onde di lunghezza diversa che si estendono per tutto lo spettro del visibile ed oltre. Mentre la velocità della luce nel vuoto è la stessa per tutte le lunghezze d’onda, nella materia la velocità della luce dipende dalla lunghezza d’onda. Il rapporto tra la velocità della luce di una determinata lunghezza d’onda nel vuoto e nella materia prende il nome di indice di rifrazione della materia per la luce di quella particolare lunghezza d’onda. L’indice di rifrazione n è un numero puro derivato dal rapporto tra due velocità vuoto su velocità della luce in un dato materiale – ed è sempre maggiore dell’unità. Quando una sostanza ha l’indice di rifrazione che varia con la lunghezza d’onda della luce che la investe, si dice che presenta il fenomeno della dispersione. L’indice di rifrazione è maggiore per le lunghezze d’onda più corte. Se un fascio di luce investe un prisma poiché la deviazione prodotta dal prisma aumenta con l’indice di rifrazione la luce violetta sarà deviata maggiormente della luce rossa. La luce emergente dal prisma assume una forma a ventaglio cioè è dispersa in uno spettro. Le lenti La lente è un sistema ottico costituito da due superfici rifrangenti coassiali. Quando tutti i meridiani di entrambe le superfici hanno la stessa curvatura abbiamo una lente sferica che forma un’immagine in un singolo punto. Quando tutti i meridiani di una lente non hanno la stessa curvatura l’immagine non si forma in un singolo punto e abbiamo una lente astigmatica.

AC con un angolo di incidenza di 45° rispetto alla normale (n). Siccome l’angolo di 45° è superiore all’angolo limite fra vetro ed aria, il raggio di luce non può uscire dal vetro ma può solo subire una riflessione totale anch’essa di 45° rispetto alla normale. Si ha perciò la fuoriuscita del raggio luminoso dal lato BC. In questo modo abbiamo ottenuto una deviazione ad angolo retto di un raggio luminoso con un semplice prisma di vetro. Questo fenomeno è utilizzato nella costruzione dei binocoli, dei periscopi e delle fibre ottiche. Il principio di “funzionamento” delle fibre ottiche è basato sullo sfruttamento dell’angolo limite della rifrazione fra vetro e aria. Se si prende un filo abbastanza sottile di vetro o sostanza affine che possa essere piegato, la luce al suo interno, incidendo con angoli superiori all’angolo limite fra vetro e aria, non ne può uscire. Si ha così la propagazione del segnale luminoso lungo tutta la lunghezza della fibra ottica.

Dispersione Discutendo dei fenomeni della riflessione e della rifrazione abbiamo tacitamente considerato che la luce fosse monocromatica. La luce in realtà è policromatica in quanto formata da un insieme di onde di lunghezza diversa che si estendono per tutto lo spettro del visibile e oltre. Mentre la velocità della luce nel vuoto è la stessa per tutte le lunghezze d’onda, nella materia la velocità della luce dipende dalla lunghezza d’onda. Il rapporto tra la velocità della luce di una determinata lunghezza d’onda nel vuoto e nella materia prende il nome di indice di rifrazione della materia per la luce di quella particolare lunghezza d’onda. L’indice di rifrazione n è un numero puro derivato dal rapporto tra due velocità – velocità della luce nel vuoto su velocità della luce in un dato materiale – ed è sempre maggiore dell’unità. Quando una sostanza ha l’indice di rifrazione che varia con la lunghezza d’onda della luce che la investe, si dice che presenta il fenomeno della dispersione. L’indice di rifrazione è maggiore per le lunghezze d’onda più corte. Se un fascio di luce investe un prisma poiché la deviazione prodotta dal prisma aumenta con l’indice di rifrazione la luce violetta sarà deviata maggiormente della luce rossa. La luce emergente dal prisma assume una forma a ventaglio cioè è dispersa in uno spettro.

Le lenti

La lente è un sistema ottico costituito da due superfici rifrangenti coassiali. Quando tutti i meridiani di entrambe le superfici hanno la stessa curvatura abbiamo una lente sferica che forma un’immagine in un singolo punto. Quando tutti i meridiani di una lente non hanno la stessa curvatura l’immagine non si forma in un singolo punto e abbiamo una lente astigmatica.

Lenti sferiche Le lenti sono classificate secondo la curvatura delle due superfici (figura 7): – biconvessa o semplicemente convessa se entrambe sono convesse – biconcava o concava se entrambe sono concave – piano-convessa se una è piana e l’altra convessa – piano-concava se una è piana l’altra è concava – concavo-convessa se una è concava ed una è convessa – menisco è una lente concavo-convessa in cui le due superfici hanno raggio uguale. Se la lente è biconvessa o piano-convessa un fascio di raggi paralleli all’asse che attraversa la lente viene “focalizzato” (cioè viene fatto convergere) su un punto dell’asse ad una certa distanza oltre la lente, nota come distanza focale. Questo tipo di lente è detta positiva. Se la lente è biconcava o piano-concava, un fascio di luce è fatto divergere e la lente è perciò detta negativa. Il raggio uscente dalla lente sembra provenire da un punto dell’asse antecedente la lente. Anche questa distanza è chiamata distanza focale ed il suo valore è negativo.

Figura 7. Tipi di lenti sferichefig. 7: tipi di lenti sferiche Se la lente è biconvessa o piano-convessa un fascio di raggi paralleli all’asse che attraversa la lente viene “focalizzato” (cioè viene fatto convergere) su un punto dell’asse ad una certa distanza oltre la lente, not

Come si è detto una lente positiva o convergente focalizza un fascio collimato parallelo all’asse in un punto focale, a distanza f dalla lente. Specularmente, una sorgente luminosa collocata nel punto focale produrrà attraverso la lente un fascio di luce collimato. Quelli delle figure 8 e 9 sono esempi d’immagini formate dalla lente. Nel primo caso (figura 8) un oggetto posto a distanza infinita è focalizzato in un’immagine su un piano posto alla distanza focale, chiamato piano focale. Nel secondo caso (figura 9) un oggetto posto nel punto focale forma un’immagine all’infinito. Lo stesso ragionamento può essere applicato anche a lenti divergenti indicando la distanza focale con segno negativo, ma queste lenti possono dare solamente immagini virtuali. I segmenti di sfera non sono le superfici ideali per costruire una lente poiché i raggi marginali vengono focalizzati a una distanza dalla lente diversa da quelli assiali e parassiali dando luogo all’aberrazione sferica. Per ridurre l’aberrazione sferica si possono costruire lenti asferiche dove la base della lente può essere ottenuta da un paraboloide o da una iperbole. Oltre all’aberrazione sferica le lenti sferiche sono limitate dalla coma. La coma si ha quando l’oggetto è spostato rispetto all’asse della lente. I raggi che passano in periferia sono focalizzati in un punto diverso sull’asse, più lontano nel caso della coma positiva e più vicino nella coma negativa. In generale, un fascio di raggi passanti per la lente a una certa distanza dal centro, è focalizzato in una forma ad anello sul piano focale. La sovrapposizione di questi diversi anelli origina una forma a V, simile alla coda di una cometa (da cui il nome coma = chioma). Come per l’aberrazione sferica, la coma può essere ridotta (e in alcuni casi eliminata) scegliendo opportunamente la curvatura delle lenti. Un’altra aberrazione tipica delle lenti sferiche è l’aberrazione cromatica dovuta al fatto che le componenti della luce con lunghezza d’onda più

attraverso la lente un fascio di luce collimato. Quelli delle figure 8 e 9 sono esempi di immagini formate dalla lente. Nel primo caso (figura 8) un oggetto posto a distanza infinita è focalizzato in un’immagine su un piano posto alla distanza focale, chiamato piano focale. La patologia oculare miopica • Pasquale Troiano Nel secondo caso (figura 9) un oggetto posto nel punto focale forma una immagine all’infinito. Lo stesso ragionamento può essere applicato anche a lenti divergenti indicando la distanza focale con segno negativo, ma queste lenti possono dare solamente immagini virtuali. fig. 8: Formazione delle immagini attraverso una lente sferica positiva

Figura 8. Formazione delle immagini attraverso una lente sferica positiva

fig. 9: Formazione delle immagini attraverso una lente negativaFigura 9. Formazione delle immagini attraverso una lente sferica negativa I segmenti di sfera non sono le superfici ideali per costruire una lente poiché i raggi marginali vengono focalizzati ad una distanza dalla lente diversa da quelli assiali e parassiali dando luogo all’aberrazione sferica. Per ridurre l’aberrazione sferica si possono costruire lenti asferiche dove la base della lente può essere ottenuta da un paraboloide o da una iperbole.

corta vengono rifratte maggiormente rispetto a quelle con lunghezza d’onda più lunga creando una dispersione dell’immagine sul piano focale. Questa aberrazione si manifesta come un alone attorno all’oggetto osservato, rosso da una parte e blu dall’altra. Questo perché rosso e blu sono ai due estremi dello spettro della luce visibile, e sono quindi i colori per i quali la differenza di rifrazione è maggiore.

Lenti astigmatiche Le lenti astigmatiche sono lenti con curvature differenti nei diversi meridiani per cui non formano l’immagine in un punto singolo, da cui derivano il nome (αστγμα = senza punto). Le principali lenti astigmatiche sono le lenti cilindriche e le lenti toriche. Le lenti cilindriche sono costruite da una sezione piana e da una sezione ottenuta da un cilindro. Se la sezione cilindrica viene ottenuta dalla porzione esterna del cilindro avremo una lente cilindrica convessa. Se la sezione cilindrica viene ottenuta dalla porzione interna del cilindro avremo una lente cilindrica concava. Queste lenti hanno la caratteristica di non rifrangere la luce che cade lungo la linea del loro asse. Pertanto, la luce che cade perpendicolarmente all’asse del cilindro viene rifratta come da una lente sferica, mentre la luce che cade parallela all’asse non viene rifratta. La conseguenza di questo è che la lente cilindrica forma come immagine una linea. Le lenti toriche sono ricavate da una sezione di toro e hanno proprietà rifrattive del tutto particolari. Queste lenti hanno differenti curvature nei due meridiani con il meridiano verticale più curvo di quello orizzontale. È evidente che il meridiano verticale più curvo avrà una capacità rifrattiva maggiore del meridiano orizzontale meno curvo e pertanto la luce rifratta dal meridiano verticale andrà a fuoco prima della luce rifratta dal meridiano orizzontale. Si realizzeranno così due fuochi localizzati ad una certa distanza uno dall’altro (che prende il nome di

La patologia oculare miopica • Pasquale Troiano della luce rifratta dal meridiano orizzontale. Si realizzeranno così due fuochi localizzati ad una certa distanza uno dall’altro (che prende il nome di intervallo focale) con una distribuzione della luce lungo il cosiddetto conoide di Sturm (figura 10). fig. 10: conoide di Sturm Lungo il conoide si osservano una serie di fenomeni: nel punto A dove i raggi verticali convergono prima di quelli orizzontali la sezione del fascio luminoso assume la forma di una ellisse ovale orizzontale. Mentre dove i raggi verticali saranno a fuoco mentre quelli orizzontali saranno ancora convergenti, la sezione del fascio si presenterà come una linea orizzontale. Oltre B i raggi verticali saranno in divergenza mentre quelli orizzontali saranno ancora in convergenza, sezionando il fascio nel punto C – immediatamente dietro il fuoco dei raggi verticali B – si trova ancora una ellisse ovale orizzontale. Se ci spostiamo ancora più indietro e raggiungiamo il punto D, qui le due tendenze opposte si equivalgono, la sezione assume la forma di un cerchio e siccome qui si osserva la minor distorsione dell’immagine, questo punto viene denominato cerchio di minor confusione. Oltre questo punto la divergenza dei raggi verticali sarà preponderante e si individuerà un’ellisse verticale nel punto E, mentre in F si realizzerà il fuoco dei raggi orizzontali sotto forma di una linea verticale. Oltre F sia i raggi verticali che orizzontali saranno divergenti e la sezione del fascio luminoso assumerà la forma di un ovale verticale che cresce all’aumentare della distanza da F. Bibliografia essenziale 1. BEISER A. Physics, 3rd Edition, Menlo Park, California: The Benjamin/Cummings Publishing Company, 1982. 2. HECHT E, ZAJAC A. Optics, 2nd Edition. Reading, Massachusetts: Addison Wesley Publishing Company,

Figura 10. Conoide di Sturm

intervallo focale) con una distribuzione della luce lungo il cosiddetto conoide di Sturm (figura 10). Lungo il conoide si osservano una serie di fenomeni: nel punto A dove i raggi verticali convergono prima di quelli orizzontali la sezione del fascio luminoso assume la forma di una ellisse ovale orizzontale. Mentre in B dove i raggi verticali saranno a fuoco mentre quelli orizzontali saranno ancora convergenti, la sezione del fascio si presenterà come una linea orizzontale. Oltre B i raggi verticali saranno in divergenza mentre quelli orizzontali saranno ancora in convergenza, sezionando il fascio nel punto C – immediatamente dietro il fuoco dei raggi verticali B – si trova ancora una ellisse ovale orizzontale. Se ci spostiamo ancora più indietro e raggiungiamo il punto D, qui le due tendenze opposte si equivalgono, la sezione assume la forma di un cerchio e siccome qui si osserva la minor distorsione dell’immagine, questo punto viene denominato cerchio di minor confusione. Oltre questo punto la divergenza dei raggi verticali sarà preponderante

e si individuerà un’ellisse verticale nel punto E, mentre in F si realizzerà il fuoco dei raggi orizzontali sotto forma di una linea verticale. Oltre F sia i raggi verticali che orizzontali saranno divergenti e la sezione del fascio luminoso assumerà la forma di un ovale verticale che cresce all’aumentare della distanza da F.

Bibliografia

1) BEISER A. Physics, 3rd Edition, Menlo Park, California: The Benjamin/Cummings

Publishing Company, 1982. 2) HECHT E, ZAJAC A. Optics, 2nd Edition. Reading, Massachusetts: Addison Wesley

Publishing Company, 1987. 3) KATZ M. Introduction to geometrical optics. World Scientific Publishing, 2002 4) WALDMAN G. Introduction to Light. Englewood Cliffs, New Jersey: Prentice Hall,

Inc., 1983.

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