La casa urbana
ABITARE INDIVIDUALE VERTICALE Negrin Marco-vero sara
Politecnico di Torino Facoltà di Architettura Corso di laurea in Architettura Costruzione Città Tesi di Laurea di II° livello
LA CASA URBANA ABITARE INDIVIDUALE VERTICALE
Relatore: Prof.re Matteo Robiglio
Candidati: Marco Negrin
Sara Vero
Arch. Marco Luciano
Febbraio 2014
LA CASA URBANA
INDICE
PREMESSA
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SEZIONE 1 - LA CASA URBANA NELLA STORIA 4 GERMANIA 8 FIRENZE 11 GENOVA 15 BOLZANO 16 AMSTERDAM 18 LONDRA 22 NEW YORK 27 IL DECLINO DELLA TIPOLOGIA 29 BORNEO-SPORENBURG 31 LO SVILUPPO DELLA PIANTA 34 IL PROSPETTO SU STRADA 35 SEZIONE 2 - LA CASA URBANA I CARATTERI 37 ISOLATI 39 ANALISI DEI LOTTI 45 RAPPORTO CON LA STRADA 55 DISTRIBUZIONE ORIZZONTALE 59 DISTRIBUZIONE VERTICALE 72 FRAZIONABILITÀ 77 DISPOSITIVI DI ILLUMINAZIONE 79
SEZIONE 3 - LA CASA URBANA BEST PRACTICE 83 CASA A NIHONBASHI 84 SINGLE FAMILY HOUSE 86 TOWNHOUSE IN FLANDRES 88 TOWN HOUSE IN HAMBURG 90 CASA IN HIGASHINADA 92 BORNEO 18 94 CASA VOSS STREET 96 LAYER HOUSE 98 CASA MEDIANERA 100 4X30 HOUSE 102 CASA FITCH/O’ROURKE 104 CASA H 106 SEZIONE 4 - LA CASA URBANA SUNSLICE SUNSLICE A TORINO BIBLIOGRAFIA
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la casa urbana P R E M E S S A Questo studio nasce in seguito alla nostra partecipazione come componenti del Team PoliTo all’interno del progetto Sunslice - Make it home, promosso dai professori Robiglio Matteo e Filippi Marco e condotto da un gruppo di studenti del Politecnico di Torino provenienti da più di 20 corsi di laurea differenti, al fine di realizzare una casa solare all’interno del contest internazionale Solar Decathlon.
a quella della residenza, e come la tipologia è stata declinata all’interno di alcune città – prevalentemente europee – con caratteri talvolta analoghi, talvolta peculiari. In seguito, dopo un’analisi dei caratteri della tipologia, si procederà con uno studio tecnico delle soluzioni attuabili, al fine di rendere il progetto aderente allo stile di vita della società attuale, prendendo in esame la casistica storica e contemporanea.
Dal momento che la richiesta dell’organizzazione era la progettazione di una residenza urbana, adatta ad insediamenti densi, la proposta presentata con il concept fu una casa urbana, progettata per Torino.
Con questo bagaglio di temi, verranno infine analizzate le soluzioni progettuali scelte ed adottate all’interno del progetto Sunslice, mostrandone benefici ed criticità.
è un’unità abitativa unifamiliare, collocata su un lotto stretto e profondo; è una casa verticale, e risponde alla necessità di porre freno allo sprawl urbano. Questa tipologia è accostabile per formare rows di unità urbane ad alta densità, che possano dettare lo sviluppo e la pianificazione futura della città. Il nostro percorso parte da un’analisi storica, che illustra le ragioni e le possibili cause della nascita di questa tipologia architettonica, e dal suo sviluppo ed adattamento agli stili di vita, dal Medioevo fino ai giorni nostri. Verranno analizzate le modalità con le quali si svilupparono le townhouse dalla scala urbana fino
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“Defined by two parallel walls and vertically oriented circulation, it is commonly three to five storeys tall, the maximum comfortable climb by a person. It is therefore a housing type intimately related to the human size and scale.The townhouse is both an individual actor on the stage of the street and also a replicable unit that can be combined to make urban configuration that extended he plan of the city.” [Gorlin, 2005]
“The townhouse is a tipology of enormous restrictions, and therefore a laboratory of creative possibilities within a very limited realm”. [Gorlin, 2005]
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La casa urbana Nella Storia
LA CASA URBANA NELLA STORIA Tra le tipologie edilizie residenziali, la casa urbana può essere fatta risalire ad uno degli archetipi sviluppatisi nella storia, la casa a blocco/schiera. Questa tipologia si differenzia dalla casa a corte (tipologia che riprende i temi esplicitati dalle Domus romane) a partire dal rapporto con la strada, che si esplicita durante il Medioevo. Superato il decremento demografico e la perdita di peso economico delle città in periodo altomedievale, tra il X e XI secolo un processo di rinascita urbana ha interessato i maggiori centri italiani ed europei, risolvendosi in un rinnovato interesse commerciale, motore della crescita urbana, portando le città a ricoprire quel ruolo di primo piano che ebbero nell’antichità. Le città crescono a seguito del forte incremento della popolazione dovuto all’inurbamento, con un’intensa attività edilizia in Italia e nel resto d’Europa. Le dinamiche di sviluppo sono spesso le medesime: il tessuto cittadino consolidato – spesso di fondazione romana – risulta articolato e caratterizzato dal carattere disordinato delle espansioni avvenute tra il XI e XIII secolo, dove case medio-alte della fiorente borghesia si alternavano alle case popolari. I vuoti lasciati dalle distruzioni altomedievali furono occupati da nuovi edifici, fino a saturare le città, che ampliarono le proprie cinte murarie per comprendere gli insediamenti sorti al di fuori di quelle precedenti.
1.1 Confronto tra Domus – introversa – e schiera, che si apre alla strada con le botteghe. [Fonte: De Licio I., 2003, pag.25]
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La casa a blocco, nonostante i primi esempi di pianta analoghi, riscontrabili nell’architettura popolare dell’Egitto antico e dell’India, nasce dall’organizzazione della vita materiale della città medievale; il presupposto fondamentale è l’organizzazione del lavoro, riprendendo l’identico rapporto tra ambiente domestico e strada, già rintracciabile nelle Tabernæ romane (nate inizialmente come deposito, aperte verso la strada, su cui si affacciava un bancone in pietra, che in seguito divennero luogo di vendita e ristoro. Il commercio – e quindi il lavoro – condiziona l’architettura residenziale: i lotti allungati nei quali sono costruite le case gotiche hanno spesso rapporti dimensionali al limite del possibile, e la casa risulta essere la soluzione tecnica alla necessità. Un parallelismo può essere fatto con le forme di distribuzione degli agglomerati rurali tedeschi (riconoscibili anche in altre aree dell’Europa): la forma più comune e diffusa erano gli Haufendorf, villaggi raggruppati a pianta irregolare; gli Straßendorf ed i Reihendorf erano rispettivamente caratterizzati da un edificato allineato su di un asse viario breve, generalmente rettilineo, oppure sulle rive di un corso d’acqua. In questi ultimi due casi, la lottizzazione del territorio era di natura strettamente pratica, legata al lavoro: i campi (Felder) assumevano qui una forma stretta ed allungata, con rapporto tra i lati di 10:1. Marc Bloch cita due tra le probabili cause di questa impostazione, riscontrata nella zona settentrionale della Francia ed in Germania (in contrapposizione ai campi aperti irregolari). In queste aree era utilizzato l’aratro a ruote, strumento
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1.2 Pianta di Domus romana; si noti la chiusura dell’edificio rispetto alla strada.
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1.3 Schema dell’impostazione tipica di uno StraĂ&#x;endorf tedesco. [Fonte: Farinelli F., 1992]
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molto pesante e difficoltoso da far ruotare; campi allungati permettevano di ottenere solchi lunghi ma poco numerosi. Per quanto riguarda la larghezza delle parcelle invece, la motivazione era di natura sociale: minor larghezza consentiva alle varie famiglie eguali possibilità di sopravvivenza, garantendo ad ognuno di godere dei benefici di suoli diversi. Nella città medievale il commercio – anziché l’agricoltura – è protagonista e necessita della costituzione della strada come luogo del traffico e del lavoro, la casa è la struttura tecnica costituita sulla città, prima ancora che essere abitazione. I lotti stretti e lunghi sono di proprietà della città, che li distribuisce ai cittadini, ottenendo lotti regolari, con forme riferite al rapporto con la strada, variando la dimensione del fronte in base alla collocazione nel tessuto cittadino e della funzione a cui la costruzione sarà destinata: abitazione, abitazione più giardino o orto. Il fronte quindi sarà composto da una o due stanze, oscillando tra i 4 e gli 8 metri di larghezza, attestandosi comunemente sui due piani, fino ad un massimo di cinque; il rapporto tra affaccio strada e sviluppo in profondità era invece di 1:3 1:4. In questo modo, si consentiva ad un numero maggiore di individui di ottenere l’affaccio sulla pubblica via, favorendo l’offerta commerciale, che veniva solitamente svolta al piano terra delle case a blocco/schiera. Ritroveremo questa tipologia, declinata in maniera simile in molte città italiane – Firenze, Genova, Bolzano – ed europee, come a Lubecca, Amsterdam e Londra; analizzeremo quindi qui l’evoluzione del tipo a partire dal medioevo, fino ad arrivare ai giorni nostri.
1:3 1:4 1.4 Schema del rapporto tra larghezza e profondità tipicho delle case a blocco medievali.
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GERMANIA Dickinson individua nella Giebelhaus – che prende il nome dal tetto a cuspide – una tipologia residenziale a blocco/ schiera medievale. È una delle tipologie tedesche più antiche ed ha origine rurale, ma la sua aggregazione e l’adattamento alle necessità dei mercanti permise di trasformarla in tipo urbano, mantenendone inalterato l’impianto. Possiamo distinguerne due tipologie: la prima ha una corte interna che divide l’edificio in due corpi di fabbrica, collegati da una stretta galleria coperta; la seconda è priva di corti interne, e i locali dei piani superiori si affacciano su una sala centrale a tutt’altezza (tipico delle case di Lubecca).
1.5 Pianta del nucleo medievale di Lubecca. [Fonte: Montestiroli A., 1985]
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FIRENZE Tra il 1173 ed il 1175 Firenze raddoppia la superficie cittadina dotandosi di una seconda cinta di mura, inglobando l’edificato già consolidatosi al di fuori del precedente perimetro cittadino. Le tipologie edilizie che troviamo sono suddivise in due macro-gruppi, che permettono di identificare l’esatto perimetro delle prime due cinte fiorentine: •
Casa-corte mercantile: Si sviluppano sulle preesistenze contenute nella prima cinta muraria, sulle Domus e sui Clima romani (che hanno identica matrice geometrica), generando così un edificato omogeneo per la Firenze del XII secolo, composta da commercianti ed artigiani ugualmente attivi sul mercato e con redditi simili. Le lottizzazioni che si attestavano sul Clima (parcella agricola romana di 17,70x35,40 m) inserivano almeno due lotti sul lato minore, ottenendo residenze di larghezza compresa tra i 7 e 9 metri.
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Corte-schiera o Schiera: inglobate all’interno della seconda cerchia di mura, si sviluppano in seguito all’intensificazione dell’edificato sui borghi lineari, con la costruzione di case sui percorsi extraurbani che univano gli ospedali ed i conventi al centro della città.I percorsi fungono da matrice (Straßendorf) costituendo tessuti seriali di case a fronte monocellulare compreso tra i 4,6 e i 5,8 metri.
1.7 Raddoppio della superficie muraria di Firenze.
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Corti-mercantili (nucleo storico) Case a schiera sulle direttrici d’espansione
1.8 Pianta dell’espensione di Firenze tra il 1173 ed il 1333. [Fonte: Maffei G. L., 1990, pag.42]
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La casa-corte mercantile è solitamente caratterizzata da una loggia esterna al piano terreno, usata tipicamente come spazio di vendita, similmente alle tabernae romane. All’interno troviamo la corte, attorno alla quale si sviluppa la scala esterna, oltre la quale si trova un ulteriore vano, adibito a magazzino per le merci della bottega. A seconda della collocazione nel tessuto, si riscontrano alcune variazioni nei caratteri tipologici: la base è quasi sempre l’edificio stretto e lungo, che può o meno avere l’affaccio posteriore, fatta eccezione per i lotti angolari, dove l’impianto è più compatto. La corte-schiera è di fatto l’anello di congiunzione tra la corte-mercantile/domus e la schiera. Si realizza mediante la chiusura della loggia frontale del piano terreno, al fine di costituire due cellule: la scala viene rimossa dalla corte e lo spazio su strada, specializzatosi in bottega, diviene indipendente dall’abitazione, che ottiene così un accesso autonomo direttamente su strada. E’ più stretta rispetto alla corte-mercantile ed ha un vano per piano, sviluppandosi su due-tre livelli, con una profondità del lotto che si attesta attorno ai 12 metri; è la prima casa che presenta in facciata due finestre speculari simmetriche, divenute canone della casa a schiera in moltissime case in Italia ed Europa. La casa a schiera è l’ultima tipologia, sviluppatasi dal XIII secolo e spesso realizzata nelle lottizzazioni di espansione degli ordini conventuali. I lotti – pianificati – sono ortogonali all’asse stradale, in modo da servire quante più case possibile; il fronte è stretto, mentre la lunghezza è variabile a seconda del lotto. Vi sono due tipologie principali: ad atrio, con porta e finestra in facciata al piano terreno – con un atrio di accesso 0
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1.9 Esempio di corte-mercantile fiorentina, realizzata attestandosi sul Clima. [Fonte: Maffei G. L., 1990, pag.82]
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che precede la scala – ed a bottega, che presenta due aperture al piano terra, una ridotta – l’ingresso – ed una ampia, utilizzata come banco di vendita per la bottega retrostante. La scala è ora posta longitudinalmente su un lato, mentre i livelli sono tutti composti da due cellule: quella frontale che ospita la scala è detta sala e contiene anche il focolare, quella posteriore è invece la camera. Questi edifici erano spesso plurifamiliari, come spesso accadeva a Firenze, a differenza di Roma, dove la maggior parte delle case erano monofamiliari; vi sono comunque esempi anche in ambito fiorentino di case a schiera di un unica famiglia. La sala era lo spazio giorno semi-privato, poiché doveva consentire l’accesso degli inquilini ai piani superiori mediante la scala a rampe sovrapposte. La zona notte – la camera – era invece completamente privata; questa condizione abitativa era frequente, in quanto non era raro trovare case a schiera abitate da nonni, genitori e figli sposati. Spesso la camera è separata dalla sala da un piccolo vano detto salotto, che si specializzerà in gabinetto prima e cucina poi, con lo spostamento del focolare dalla sala. Lo spazio del salotto tenderà quindi ad aumentare in superficie, portando le case ad allungarsi nei lotti di pertinenza, con lo svantaggio di peggiorare la qualità aeroilluminante degli ambienti interni. Si osserva la tendenza progressiva ad isolare la scala, garantendo privacy ai singoli nuclei abitativi, procedimento piuttosto agevole con la scala in linea, molto meno quando questa è trasversale; si inizia così a sviluppare un nuovo modello di scala con doppia rampa, più semplice da separare dagli alloggi.
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1.10 Esempi di Schiere fiorentine, ad “atrio” e “bottega”. [Fonte: Maffei G. L., 1990, pag.194]
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GENOVA La tipologia edilizia che costituisce il tessuto medievale di Genova è la pseudo-schiera, che presenta caratteri comuni alla casa a schiera fiorentina. E’ un edificio monocellulare e monoaffaccio, con tre muri in comune con l’edilizia contigua. Le dimensioni del fronte sono variabili, e vanno da 3,75 metri fino a 7,5 metri, arrivando fino ai 9 metri di profondità. Fino al XII secolo erano prevalentemente ad un piano, elevandosi progressivamente fino a tre piani – non potendosi sviluppare in profondità – XIII secolo, quando Genova consolida il proprio dominio coloniale. Anche a Genova il pianterreno era adibito a bottega o magazzino, mentre I due piani abitativi erano specializzati per funzione: il primo come zona giorno, il secondo come zona note con camera padronale, presentando talvolta una seconda camera.
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10 1.11 Pianta tipo di una semi-schiera genovese. [Fonte: Corsini M. G., 1996, pag.43]
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BOLZANO Città fondata nel XII secolo, ha forma ovale tagliata al centro dalla Via dei Portici su cui si affacciano i fronti compatti delle case, costruite seguendo il modello del lotto gotico. Gli edifici hanno una doppia funzione: abitativa e commerciale. I portici appartengono ai proprietari delle case e servono per proteggere le botteghe presenti al piano terra. Il fronte strada delle case è largo 5-6m, mentre in profondità sono presenti tre blocchi intervallati dal cortile e dal cavedio di luce con le scale. Al piano terra, oltre alla bottega, troviamo i locali adibiti a magazzino, mentre ai piani superiori si sviluppa l’abitazione vera e propria.
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1.12 Schema dell’impianto medievale di Bolzano. [Fonte: Maggiore C. A., Rebecchi S., 2011, pag. 52]
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1.13 Piante del piano terra e piano primo di una tipica casa medievale di Bolzano. [Fonte: Maggiore C. A., Rebecchi S., 2011, pag. 52]
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AMSTERDAM Nel XVII secolo Amsterdam ottenne importanza commerciale grazie alla potenza della flotta marina con la Compagnia delle Indie Orientale. Nel 1612 fu approvato l’ampliamento della città attraverso il “Piano dei tre canali” che prevedeva la costruzione di tre canali attorno al nucleo storico. Nucleo storico Prima espansione 1612
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Seconda espansione 1663
1.14 Espansione di Amsterdam sulle direttrici dei tre canali. [Fonte: Kistemaker R., Van Gelder R., 1983]
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I canali hanno un andamento a spezzata con segmenti rettilinei, così da permettere una suddivisione regolare dei lotti. L’espansione non avviene simultaneamente, ma per passaggi successivi partendo da occidente e proseguendo verso la zona orientale, saturando tutti i terreni prima di incominciare il nuovo tratto di canale. Procedendo dal nucleo storico troviamo il canale dei Signori, dell’Imperatore e dei Principi: i tre canali sono larghi 25 metri con una banchina di 11 metri, intervallati da due lotti edificabili di 50 metri ciascuno. L’espropriazione e la costruzione era ad opera diretta del governo, che frazionava il terreno in parcelle di 6/7 metri di larghezza e 50 metri di profondità.
I lotti ottenuti erano rivenduti ai privati, finanziando così il proseguimento dei lavori, con precisi regolamenti edilizi riguardanti la costruzione, le altezze degli edifici e l’espansione in profondità sul lotto; le facciate posteriori di due edifici ad esempio, dovevano avere uno spazio libero di almeno 48 metri, mentre i negozi erano ammessi solamente tra i canali più piccoli di collegamento. L’espansione sui tre canali era organizzata rigidamente; ogni casa aveva l’affaccio sul canale e vi risiedeva l’alta borghesia. Oltre il Canale dei Principi troviamo canali minori che si sviluppano a pettine, creando una disposizione meno regolare dove non tutte le case avevano affaccio sul canale, dove risiedeva la piccola borghesia.
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1.15 Schema di sezione su uno dei canali di Amsterdam. [Fonte: Benevolo L., 2006, pag. 183 vol.3]
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1.16 Pianta e sezione di una Caanal House di Philip Vongbons (1638). 1111
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LONDRA Fino al XX secolo in Inghilterra è mancata la tendenza residenziale riscontrabile nel resto d’Europa: case isolate (detached), distanziate tra loro nelle zone suburbane ed in campagna, in contrasto con gli agglomerati densi (blocks) delle aree urbane più centrali. La spiegazione di questo fenomeno è complicata, ma due possono essere le principali cause: A Londra il contrasto tra campagna e città era molto meno incisivo che nel resto del continente, in quanto le mura persero d’importanza fin dal XVI secolo, eliminando così la necessità di inserirsi in lotti stretti, schiacciati entro il perimetro murario; inoltre, in base alla peculiare legislazione inglese, non vi erano contrasti riguardo alla proprietà. Nella Londra pre-industriale la vita privata, il lavoro, la ricreazione o la cura dei malati erano attività sovrapposte, svolte di solito tra le mura domestiche. Dal XVIII e XIX secolo in avanti si iniziò a non gradire più questa commistione, marcando una distinzione netta tra nucleo familiare e sfera pubblica. Il lavoro era svolto altrove, contribuendo al processo di suburbanizzazione inglese (XVI secolo) ed il ruolo dei servi tendeva a specializzarsi, segregato il più possibile dalla famiglia. I mercanti inglesi evitavano sempre più di vivere sopra alle loro botteghe e negozi; la casa inoltre era vista sempre più come residenza di una singola famiglia che, dal XVIII e XIX secolo, era intesa come nucleo familiare. In Inghilterra alte densità erano sinonimo di malsano ed occupazione non sistematica; i blocks costruiti nelle zone centrali di Londra, apparentemente vantaggiosi, vennero presto rifiutati a causa del loro aspetto truce e per lo
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1.17 Schema della sovrapposizione delle attività all’interno della casa inglese tra il XVI ed il XVIII secolo. 1.18 Pianta tipo di una townhouse londinese (pag. 23 - scala 1:200) [Fonte: Maffei G. L., 1990, pag.113]
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scarso grado di controllo sugli abitanti che i proprietari ritenevano necessario. Inoltre era crescente il desiderio di ogni famiglia di vivere da sola, su un proprio appezzamento di terra; a quest’esigenza, la densità derivante dalle row house era la soluzione più economica per i costruttori. L’origine della pianta delle row house discende dalla tradizionale townhouse nordeuropea, derivata dalle tipologie primitive di case rurali; vantaggio pratico della tipologia era quello di alloggiare le masse il più in fretta possibile durante la rivoluzione industriale. La standardizzazione della pianta e del processo costruttivo fu una delle principali ragioni della permanenza delle row houses. L’impianto base è molto semplice: 2 piani, con 2 stanze ognuno una frontale ed una posteriore; le variazioni consistevano in aggiunta di piani, la costruzione su un basamento comune (Adelphi) o la realizzazione di un estensione sul retro. Le abitazioni di dimensione maggiore erano il doppio della larghezza della più piccola, mentre l’impianto base risulta identico; ingresso e scale erano poste su un lato, meno frequentemente centrali. A Londra, in particolare, vi era pochissima variazione nella larghezza delle case; la profondità al contrario era soggetta più spesso a differenze anche sostanziali (ad esempio, durante il XIX secolo la tendenza era quella di fare case più strette e lunghe in genere, nonostante l’Inghilterra perpetuò la tipologia di pianta con due stanze a piano, anziché le tre tipiche della costruzione Olandese. Per ovviare alla scarsa illuminazione nel centro degli edifici, portata dalla notevole profondità tipica di questi modelli,
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si svilupparono una serie di dispositivi che garantivano l’apporto di luce al centro delle case. John Soane introdusse nel nord Europa un’attenzione alle possibilità legate all’impiego dell’illuminazione naturale negli ambienti domestici. Nella casa di Lincoln’s Inn Fields sperimenta le nozioni apprese sul’uso di luce diretta ed indiretta, diffusa e riflessa; tra i dispositivi che utilizza troviamo vano scala e sale con illuminazione zenitale per mezzo di lucernai, oltre a specchi collocati sui muri, disposti in maniera da seguire il percorso del sole e riflettere la luce all’interno degli ambienti. Nelle case urbane la variabile cardine era l’altezza: vi sono esempi di row house monopiano, mentre edifici tra i 4 ed i 6 piani erano solitamente realizzati al di sopra di un basamento; non deve stupire l’eccessiva altezza in quanto solamente i servi erano soliti percorrere tutte queste scale. Le famiglie vittoriane volevano più stanze da letto rispetto a quelle georgiane, con case quindi di due piani n più. Nel XIX secolo ci si accorse che l’altezza eccessiva stava sfuggendo di mano, e che le estensioni posteriori erano una soluzione migliore. La pianta in sè era un elemento che, con la sua flessibilità, permise il perpetuare della tipologia. Non vi era limite alla lunghezza della row; nello Yorkshire la Silkstone Row raggiungeva 244 m. Un’altra considerazione è che densità molto alte potevano essere raggiunte attraverso questa tipologia. Nel XVII secolo l’Inghilterra ebbe un periodo di speculazione edilizia, che prevedeva la costruzione di case nuove economiche senza un cliente immediatamente interessato, realizzate con il minor spreco di materiale possibile, al fine di limitare le incertezze di guadagno, dal
1.19 Sezione di Lincoln’s Inn Fields, casa-museo di John Soane. [Fonte: Richardson M., Stevens M., 2000]
1.20 Schema dello sviluppo in altezza o con un corpo di fabbrica sul retro delle delle townhouse inglesi. 1.21 Tipica facciata cieca in testata nelle row.
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momento che l’interesse del costruttore era ovviamente la massimizzazione del profitto. Tra i costruttori vi era spesso incertezza sulla progettazione del lato lungo di una row quando questo risultava esposto in testata; nella maggior parte dei casi questo era lasciato com’era, senza bucature né elementi architettonici di rilievo, risultando essere il tema di critica principale alle townhouse londinesi nel XX secolo. Le piazze londinesi del XVII secolo erano chiuse dai grandi palazzi della nobiltà, che nell’ottocento non erano però più costruiti poiché anacronistici in termini socio/economici. In quegli anni emergeva una classe sociale di borghesia arricchita, composta da commercianti, medici, avvocati che potevano permettersi case di media dimensione, non troppo dissimili da quelle dei ceti più alti della società.
Per questa ragione, una fila stretta di row houses poteva essere dissimulata, trattando le facciate come una composizione unificata, come fosse il progetto unitario di un palazzo; la natura delle abitazioni reali non era immediatamente riconoscibile, ed il complesso edilizio così formatosi prendeva il nome di terraced houses. Il modello ebbe tale successo attorno al 1800 che una casa di questo tipo fosse preferibile rispetto ad una villa isolata. Il caso forse più noto di progetto unitario è Regent’s Street, straordinaria operazione immobiliare e costruttiva di John Nash. Il progetto rende irriconoscibile la singola residenza rispetto al disegno urbano, poiché la facciata unitaria è separata dal resto dell’abitazione. Quest’ultima segue la parcellizzazione esistente, basata sul lotto gotico.
1.22 Schema della facciata unitaria prospettante su Bedford Square. Il tratteggio evidenzia le differenti proprietà. [Fonte: Muthesius S., 1984]
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NEW YORK
1.23 Lottizazione di un isolato di New Amsterdam, antico nome di New York durante la colonizzazione olandese.
La rivoluzione industriale a cavallo tra il XVIII e XIX secolo portò cambiamenti socio-economici profondi in tutto il mondo occidentale. Lo sviluppo tecnologico sancì il declino del lavoro agricolo e l’affermazione del lavoro industriale come forza economica trainante, attirando milioni di persone dalle aree rurali verso le città a causa del gran numero di posti di lavoro a disposizione. La necessità di un’abitazione portò ad una costruzione di massa di townhouse per la classe operaia, a scapito della qualità della costruzione. Nell’America coloniale, i costruttori emularono per lungo tempo le townhouse inglesi, divenute modello dell’architettura urbana residenziale. Le città americane pianificate attorno ad una grid ortogonale ben si adattarono a questa tipologia residenziale, suddividendo gli isolati in lotti rettangolari di egual dimensione. Similmente all’Inghilterra, la townhouse diventò la residenza primaria, soprattutto per la classe operaia; nonostante la Guerra di indipendenza terminata nel 1783 causò un deciso decremento della popolazione, il numero di abitanti si ristabiliì piuttosto in fretta, portando città come New York, Philadelphia e Boston a diventare importanti centri di scambio internazionali. New York fu colonia olandese fino al 1664 e alcuni caratteri architettonici tipici della madre patria permasero. 0 1in facciata 2 La townhouse tipica newyorkese presentava lo stoep, una breve rampa d’accesso al piano terreno, che risultava rialzato rispetto al piano strada, con un basamento sottostante con accesso diretto dalla strada. 0
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1.24 Prospetto di una casa urbana newyorkese con lo sloep d’accesso al piano. 5 10
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A differenza di Amsterdam non vi era necessità di proteggersi dall’allagamento, lo stoep assumeva quindi funzione decorativa e di rappresentanza. Nell ‘800 i lotti di Manhattan avevano larghezza variabile tra i 7 ed 8 metri ma, a causa del crescente costo dei terreni edificabili sull’isola, la laghezza media delle townhouse si restrinse fino ad attestarsi tra i 3,5 ed i 5,5 metri, aumentandone così l’altezza fino a 5-6 piani. Allo stesso modo il modello townhouse fu utilizzato in una forma più compressa, detta tenements, per le classi meno abbienti. Ciò fu consequenza della griglia di Manhattan del 1811, nella quale isolati di 60x240 metri venivano suddivisi in lotti di 30x7 metri. I lotti risultarono però troppo stretti per l’inserimenti dei viicoli di servizio comuni; le townhouse occupavano almeno il 90% del lotto edificabile, rendendo precarie le condizioni abitative in termini di illuminazione e ventilazione naturale. Il modello townhouse perpetuò comunque fino al secondo dopoguerra, quando la casa urbana era diventata simbolo dell’affollata vita in città, mentre la casa isolata suburbana si impose nel panorama statunitense come modello abitativo simbolo di tranquillità familiare e prosperità economica.
1.25 Schema dell’evoluzione dimensionale delle townhouse di Manhattan.
30x7m 1.26 Lottizazione secondo la griglia di Manhattan, che prevedeva lotti regoali di circa 30x7m.
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IL DECLINO DELLA TIPOLOGIA Tra il XIX e XX secolo si assiste ad un periodo di transizione prodotto dalle nascenti politiche igieniste dalla scala residenziale a quella urbana, che conduce ad un progressivo abbandono della tipologia. Le preoccupazioni relative all’insalubrità portarono ad un’ evoluzione dell’isolato urbano, attraverso un processo di erosione, dissoluzione, ricomposizione, apertura e frammentazione. Intorno agli anni ‘20 del secolo scorso l’isolato si divide in più lotti; le preoccupazioni igieniste rispetto alla densità portarono ad abbandonare i modelli tradizionali di isolato chiuso, cercando in questo modo di dare alle singole unità le medesime condizioni di comfort (illuminazione ed aerazione). L’isolato chiuso addensato era edificato lungo tutto il perimetro, con la superficie interna occupata da corpi di fabbrica secondari, fino ad arrivare a rapporti di area libera su area totale del 10-15%. La tipologia veniva considerata malsana, in quanto non permetteva una circolazione adeguata dell’aria, rendendo difficoltosa l’illuminazione naturale. L’evoluzione secondo le teorie igieniste del modello è data dall’eliminazione dell’edificato interno, che portava però ancora svantaggi nelle zone angolari interne. Spezzare la continuità dell’angolo è stata la soluzione al problema, costituendo la corte semiaperta, oppure sviluppando l’isolato secondo un’unica direzione, realizzando isolati formati da schiere parallele. Queste seguivano solitamente l’orientamento N-S, distanziate l’una dall’altra in base all’altezza delle singole unità in modo da realizzare le migliori condizioni di orientamento, isolazione e ventilazione.
1.27 Apertura progressiva degli isolati urbani del XIX secolo. [Fonte: Chiodo C., 2006, pag.101-102]
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I modelli sopracitati dettarono l’espansione delle città in quegli anni, producendo le dinamiche di sprawl urbano che causarono i problemi della città contemporanea. Dopo un ventennio di studi sulla città-territorio e di riflessioni riguardanti lo sprawl, si torna oggi alla necessità di insediamenti urbani concentrati e ad alta densità; sia nelle nuove espansioni che negli interventi sull’esistente. Nel 2008 infatti, la popolazione urbana ha superato - per la prima volta nella storia - la popolazione rurale; questo dato è figlio del repentino sviluppo delle metropoli dell’estremo oriente, ma “il ritorno alla città” è visto anche in Europa come una delle chiavi di volta della sostenibilità. La città ad alta densità, oltre che essere più ragionevole dal punto di vista ambientale, lo è certamente dal punto di vista sociale, favorendo l’incontro tra gli abitanti offrendo loro una molteplicità di funzioni. La ri-compattazione della città, permette di individuare nel blocco edificato l’unità elementare della città europea, portando alla sperimentazione contemporanea sull’isolato e sulla singola residenza, a partire dalle tipologie storiche. Tra le esperienze maturate, dando seguito al rinnovato interesse per la città, gli esempi del Borneo Sporenburg ad Amsterdam o il progetto ancor più recente di Friedrichschwerder a Berlino, sono esempi significativi di come la casa urbana possa essere una risposta alle esigenze di compattazione della città. In ultima analisi, questi esempi sono risposta alle richieste dei cittadini di avere maggior privacy ed un rapporto diretto con la città, mantenendo i privilegi dello stare in ambito urbano; si dà così ai cittadini maggior indipendenza che troverebbero solo in ambiente suburbano, con la conseguenza di compattare o dettare l’espansione della città.
1.28 Passaggio dalle dinamiche di sprawl a quelle di città compatta.
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BORNEO-SPORENBURG Il Borneo-Sporenburg è un quartiere di Amsterdam, appetibile per la posizione rispetto alla città e all’acqua, che sorge su due penisole orientali rispetto alla città, area usata come porto fino agli anni ’80 e come nodo di interscambio delle Ferrovie Nazionali Olandesi. Nel 1993 la municipalità affidò allo studio West-8 il piano urbanistico per quest’area, con l’obiettivo di un quartiere residenziale con densità tipicamente urbana di 100 unità abitative/ettaro, superiore a quella medievale del centro cittadino. A causa dell’andamento del mercato degli anni ’90, il Comune approvò i progetti per edifici poco elevati Residenze rispetto alla tendenza di quegli anni, poiché i promotori edili temevano, vista la scarsa richiesta,Commercio, di proporre Uffici un’eccedenza di appartamenti sul mercato. Residenze Di conseguenza l’attenzione si è spostata Scuola sulla tipologia Commercio, Uffici residenziale tipica olandese, la casa a schiera, dividendo Centro medico suolo in lotti stretti ed allungati, con accessoScuola indipendente dalla strada, ancora oggi la casa ideale nell’immaginario Centro medico degli olandesi. I tre edifici che emergono rispetto al contesto, i superblocks, sono a destinazione mista residenziale/ commerciale, permettendo di soddisfare la densità richiesta dalla municipalità, proponendosi come landmark. Le abitazioni sono una variante in chiave contemporanea Abitazioni sovvenzionate di proprietà dalle canaal houses tradizionali di Amsterdam, dalle di lusso quali differiscono per il ruoloAbitazioni centrale attribuito allo spazio Abitazioni sovvenzionate di proprietà privato – costituito da patii e tetti giardino – a scapito Edilizia sociale del verde pubblico; le tipologie presentano Abitazioni di lusso un mix sociale che comprende edifici di edilizia popolare, sovvenzionata Edilizia sociale e libero mercato. La molteplicità geometrica e dimensionale dell’intervento 31
Residenze
Commercio, Uffici
Scuola
Centro medico
Residenze
Commercio, Uffici
Scuola
Centro medico
Abitazioni di lusso
Edilizia sociale
Abitazioni sovvenzionate di proprietà Abitazioni di lusso
Edilizia sociale
Abitazioni sovvenzionate di proprietà
porta ad una fortissma varietà architettonica, che parte dalla strategia gotica di occupazione dei lotti; ciò ha permesso di creare un fronte strada animato, conferendo un forte senso di individualità alle singole abitazioni. La maggior parte delle residenze ha dimensioni fisse: larghezza 4 m, profondità 35 m e 3 piani, con il piano terra alto 3,5 m. Un’area del quartiere, affacciata direttamente sul canale, è suddivisa in 60 parcelle (profondità 16 m, larghezza 4,26 m) destinate ad essere progettate individualmente dai futuri proprietari. Dovevano essere rispettati alcuni vincoli: l’altezza massima dell’edificio, 9,2 m e l’altezza del piano terra di 3,5 m. Quest’ultima è stata pensata nell’ottica della flessibilità nel tempo, in modo da avere uno spazio trasformabile da abitativo a commerciale o ad uso ufficio, permettendo il mix funzionale presente alla base del piano.
1.30 Pianta del piano terreno di un edificio di MVRDV collocato nel Borneo-Sporenburg.
1.29 Schema dell’occupazione del Borneo Sporenburg, con la divisione delle destinazioni d’uso e delle tipologie abitative (pag.31)
[Fonte: Broto C., 2007]
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LO SVILUPPO DELLA PIANTA 10 0 1 2 5 0
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20 20 11 25 11 ≼ 48 m
102 11 25 11
1.31 Evoluzione della pianta stretta e lunga nel corso della storia: dall’antico Egitto a Lubecca, dalla Firenze medievale a Bolzano, Amsterdam, Londra, fino ad arrivare al Borneo della capitale olandese.
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IL PROSPETTO SU STRADA
1.32 Evoluzione dei prospetti delle townhouse: da Firenze medievale al Borneo-Sporenburg di Amsterdam, passando per Lubecca e Londra.
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2
La casa urbana I CARATTERI
LA CASA URBANA I C A R AT T E R I sono incoraggiati ad immaginare prototipo abitativi più piccoli, per adattarsi alla famiglia contemporanea, rinnovando quindi l’interesse verso questa tipologia.
Con radici profonde nei secoli passati, le case urbane furono un prodotto di necessità, da quando costruire in contesti urbani densi obbligò ad un uso efficiente del suolo. Le caratteristiche chiave - ridotta impronta al suolo, altezza ed affiancabilità- restarono un’attrazione continua. Le townhouse condividono solitamente la parete lunga, risultando quindi spesso formate dalla ripetizione di unità ricorrenti; avranno quindi al massimo tre superfici esposte alle intemperie, con vantaggi dal punto di vista energetico e di risparmio di materiale. Ogni edificio è caratterizzato da una percorrenza verticale e dall’impronta al suolo stretta e lunga: la compattezza generale dell’impianto permette di collocare più unità all’interno della stessa area, aumentando la densità dell’intervento. La verticalità si ricollega al concetto di rapporto con la strada: l’accesso personale, di una sola famiglia, collocato direttamente su strada, permette di relazionarsi in maniera diretta con quest’ultima, intrecciando al contempo un rapporto con la città dato dalle viste possibili ai differenti livelli. Le townhouse, a differenza degli appartamenti cittadini, offrono indipendenza e privacy; sono quindi edifici urbani con i vantaggi di una casa suburbana. Dal momento che le città sono oggi spesso inadeguate agli stili di vita che stanno mutando in fretta, gli architetti
2.1 Schemi delle caratteristiche chiave di una townhouse: impronta al suolo,verticalità.
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2.2 Schemi delle caratteristiche chiave di una townhouse: facciate esposte, affiancabilitĂ , muri comuni, rapporto con la strada.
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ISOLATI
Aggregazioni di uno stesso tipo edilizio realizzano tessuti urbani differenti che risolvono la relazione tra la residenza e gli spazi pubblici; in questo modo si stabilisce un legame tra la forma della casa e la forma della città ed è possibile parlare di relazione tra tipologia edilizia e morfologia urbana. Le townhouse sono strettamente legate alla forma della città e, a partire dallo studio degli isolati storici, è possibile analizzare le principali modalità di occupazione degli isolati attraverso questa tipologia residenziale. A partire dagli Straßendorf e proseguendo fino a Londra, gli isolati si attestano seguendo una direttrice lineare principale, solitamente la strada, similmente al caso olandese, dove la direttrice è il canale; questa impostazione è la più semplice ed intuitiva ma non l’unica possibile. Vi sono esempi diffusi di isolati di townhouse non rettilinei ma compatti che, sfruttando le caratteristiche proprie della tipologia, ottengono conformazioni nelle quali il lotto non ha una direttrice prevalente, ma viene a formarsi da un incrocio di strade similmente alla tradizione romana. Partendo da questa considerazione è possibile notare che le case mercantili fiorentine, archetipo delle townhouse, si attestano – come già accennato – sul Clima, parcella agraria romana di dimensione 17,70X35,40 m che prevedeva l’inserimento di almeno due edifici sul lato corto, saturando l’isolato con altri edifici posizionati trasversalmente. L’edificato fiorentino del XIII secolo, attestatosi sulle direttrici uscenti dalla città, si colloca ortogonalmente rispetto all’asse viario, come accadeva a Bolzano dove i lotti edificabili a pettine erano speculari rispetto alla strada porticata centrale. Quando la città medievale inizia a
2.3 Schema del lotto fiorentino basato sul “Clima”. [Fonte: Maffei G. L.,1990, pag. 82]
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2.4 Isolato fiorentino di espansione sulle direttrici, edificato a pettine. [Fonte: Maffei G. L.,1990, pag. 208]
2.5 Schema della lottizzazione con affaccio su via della Bolzano medievale. [Fonte: Maggiore C. A., Rebecchi S., 2011, pag. 52]
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consolidarsi attraverso l’espansione, assistiamo alla nascita di isolati più complessi che costituiscono il cuore pulsante della città: a Lubecca ad esempio attorno alla chiesa di Santa Maria si formano isolati con lotti stretti e lunghi dal duplice attestamento: se da un lato (quello corto) i lotti prospettano sulla strada principale che fronteggia la cattedrale, il resto dell’isolato presenta lotti ruotati di 90 gradi, che si attestano sulle strade che si diramano verso il fiume Trave. Una situazione simile è riscontrabile ad Amsterdam: gli isolati costituenti l’espansione compresi tra i tre canali presentano lotti disposti a pettine su ogni lato; osservando lo schema possiamo notare la peculiare conformazione che assumono i lotti sull’angolo, che si combinano tra loro incastrandosi (quasi sempre a scapito dello spazio aperto privato) al fine di massimizzare l’esposizione in facciata di più unità.
2.6 Esempio di isolato di townhouse a Lubecca. [Fonte: Monestiroli A., 1985]
2.7 Schema isolato tipico tra i canali dell’espansione di Amsterdam. [Fonte: Benevolo L., 2006, pag. 185 vol. I I]
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A Londra l’isolato più comune era a sua volta stretto ed allungato con lotti perpendicolari alla strada senza prevedere, nella maggior parte dei casi, lotti con affaccio a chiusura sul lato corto. Nel caso in cui questa fosse prevista, le case, in profondità, non andavano a toccare gli edifici prospicienti la via, ma erano separati da una fascia verde, come nel caso di Bedford Estate.
2.8 Isolato tipico di Bedford Estate a Londra. [Fonte: Muthesius S., 1982, pag. 185]
Una modalità differente è stata adottata nel programma di alloggi di Copenhagen Sluseholmen (2005-2008). La necessità era quella di permettere alle singole unità abitative l’accesso alle residenze dall’interno dell’isolato, trattato come spazio verde attrezzato. L’interno quindi non è completamente chiuso ma in prossimità degli angoli presenta tagli ed aperture. L’angolo è trattato in maniera opposta rispetto al caso di Amsterdam: non avendo necessità pratiche di garantire affacci ad un numero maggiore di unità, vengono inserite tipologie residenziali differenti, collocando le townhouse sui bordi dei lotti.
2.9 Isolato tipico del quartiere Sluseholmen a Copenhagen. [Fonte: www.soetersvaneldonk.nl]
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Dall’analisi degli isolati confrontati, è possibile osservarli anche dal punto di vista delle differenze tra gli spazi privati/ pubblici ricavabili all’interno degli stessi, prendendo come termine di paragone l’isolato a corte tradizionale. In quest’ultimo la zona centrale è semi-privata e solitamente chiusa ed introversa, concetto formalmente diverso dall’isolato di Firenze, Londra o Lubecca, dove lo spazio semi-privato è assente; può essere lineare, come nel caso del Borneo oppure passare da semi-privato a semi-pubblico, come nel caso danese, dove l’isolato si apre attraverso tagli verso l’esterno.
2.10 Confronto tra gli spazi semi-pubblici all’interno di differenti tipologie d’isolato.
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ANALISI DEI LOTTI
Analizzando i lotti edificabili si contano sostanzialmente tre tipologie: • lotto intercluso/Infill • lotto passante • lotto angolare/testata La tipologia di lotto è strettamente legata alla conformazione dell’isolato, e all’ambito urbano nel quale è situato.
LOTTO ANGOLARE
LOTTO PASSANTE
LOTTO INTERCLUSO 2.11 Schema delle tipologie di lotti disponibili.
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Intercluso Il lotto intercluso è il più comune in ambito townhouse, e fa riferimento al lotto chiuso su tre lati da altre proprietà. Si può fare qui un’ulteriore distinzione, prendendo in considerazione l’occupazione del lotto: • Backyard: quando l’edificato non occupa interamente il lotto, lasciando spazio al giardino • Back-to-back: quando le case hanno i lati corti adiacenti.
2.12 Townhouse Backyard.
La prima, che si rifà alla tradizione delle townhouse europee, è una delle caratteristiche comuni di questo tipo di residenze, oltre che un vantaggio particolarmente apprezzato in quanto consente di ricavare uno spazio verde privato nonostante il contesto urbano. Questo spazio può prestarsi a differenti usi, come giardino, cortile ed orto urbano. La seconda si trova più comunemente in contesti abitativi compatti, come ad esempio in Giappone, adottando quindi sistemi peculiari per ovviare alla mancanza di doppio affaccio della residenza, modalità che verranno affrontate in seguito. Esempio di backyard è la townhouse di Sun & Feldmeyer ad Amburgo, che si colloca all’interno di un isolato già edificato, non occupando interamente il lotto di pertinenza per ottenere uno spazio aperto privato. Tra gli esempi selezionati, casa Nihonbashi ad Osaka di Tadao Ando è il tipico esempio di townhouse interclusa back-to-back. Nonostante la facciata sul retro sia cieca, gli ambienti interni godono di ventilazione e luce naturale grazie al patio collocato al secondo piano. 2.13 Townhouse Back-to-back.
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2.14 Townhouse di Sun & Feldmeyer, Amburgo. Esempio di backyard. [Fonte: Mostaedi A., 2000, pag. 22]
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2.15 Casa Nihonbashi,Tadao Ando, Osaka [Fonte: Broto C., 2007, pag. 198]
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Passante Il lotto passante occupa invece l’intera profondità dell’ isolato, affacciandosi da ambo i lati su strada. Ciò permette, a differenza del lotto intercluso, una gestione differenziata dei due affacci, spesso separando gli accessi in base alle esigenze. La residenza Fitch/O’ Rourke di Washington è una townhouse frazionabile e presenta in facciata l’accesso all’unità abitativa, eventualmente affittabile, dal lato opposto invece presenta l’accesso carrabile e quello pedonale per la residenza vera e propria; in maniera simile gli edifici del Borneo ad Amsterdam, garantiscono l’accesso carrabile e pedonale alla residenza da un lato, quello al canale dall’altro. A Londra, la casa urbana in Voss Street di Featherstone si differenzia per la presenza di un locale commerciale in facciata. A nord troviamo quindi l’accesso esclusivo del negozio, mentre a sud quello pedonale e carrabile per la residenza.
2.16 Townhouse su lotto passante
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2.17 Residenza Fitch/O’Rourke, Gurney, Washington. [Fonte: Broto C., 2007, pag. 154]
2.18 Borneo 18, MVRDV, Amsterdam. [Fonte: Broto C., 2007]
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2.19 Townhouse in Voss Street, Featherstone, Londra. [Fonte: Broto C., 2007, pag. 38]
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Angolare/testata Il lotto angolare è solitamente quello più problematico per la townhouse, dal momento che il posizionamento potrebbe portare svantaggi a causa della perdita dello spazio aperto di pertinenza o di un affaccio a causa del contatto con le altre unità abitative ortogonali. Si può parlare di lotto di testata quando si trova invece al termine di una row di case, esponendo sulla strada “secondaria” quella che solitamente è una facciata cieca; questo limite era riscontrabile nelle terraces londinesi, criticate per non aver ideato dispositivi che permettessero un utilizzo della facciata. In realtà, vi sarebbero diverse modalità per trattare la facciata laterale, anche banali, come in alcuni edifici del Borneo; le facciate vengono bucate, garantendo un’inedita terza aria all’unità abitativa di testa. Altre possibili soluzioni, che potrebbero però portare ad una snaturazione della tipologia, sono quelle di posizionare l’ingresso pedonale su questo lato, alterandone completamente la distribuzione. Tra le soluzioni che possano trattare il problema rimanendo fedeli all’impianto consueto, una facciata verde potrebbe essere un’ottima soluzione che, oltre ad aumentare la superficie verde dell’intervento, ne può aumentare la gradevolezza percettiva.
2.20 Modelli di townhouse di testata del Borneo ad Amsterdam, con aperture e/o accessi sul lato lungo.
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Completamento urbano L’infill è costituito dalla costruzione di edifici in contesti già sviluppatisi, in lotti una volta occupati o mai utilizzati. Questi siti stanno acquistando sempre più valenza per la necessità di limitare lo sprawl. Dal momento che gli infill sono collocati peculiarmente nelle aree urbane, le case urbane sono tipologie ottimali per completare questi lotti. Il riempimento dei vuoti urbani tramite townhouse porta benefici ambientali, economici ed urbani. Con la loro alta densità permettono di alloggiare molte famiglie in un area relativamente piccola, senza introdurre edifici alti per appartamenti. Offrendo un’alternativa a vivere in case isolate, le townhouse permetterebbero alle persone di vivere più vicine al centro cittadino, tendenza che si sta sviluppando sempre più negli ultimi anni annullando il pendolarismo verso i posti di lavoro. E’ possibile inoltre abbattere i costi delle infrastrutture, poiché si andrebbe a costruire all’interno di un lotto già predisposto e servito da strade, trasporto pubblico e servizi.
2.21 Schema di “infill”.
La casa urbana si presta anche a realizzare modelli abitativi in grado di dettare l’espansione della città; l’affiancabilità e l’adattabilità delle townhouse a tipologie di lotti differenti rende possibile la costruzione di isolati densi a blocco o a row. Con l’utilizzo di una singola tipologia, anche un intervento unitario, può costituire occasione per la creazione di un fronte strada variegato mai monotono con semplici variazione della facciata. Un isolato così costituito permetterebbe di insediare comunità di cohousing con una gestione condivisa dello spazio interno.
2.22 Schema dell’isolato di case urbane.
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La casa giapponese si differenzia rispetto al modello di townhouse tradizionale in quanto non è mai costruita in aderenza con le case adiacenti, anche se si trovano in un lotto intercluso. A causa dell’elevato rischio sismico non è possibile la costruzione in aderenza per le abitazioni unifamiliari. La fascia di rispetto che interrompe la continuità del filo strada rende più difficile la propagazione dei possibili incendi causati dai terremoti. La situazione abitativa giapponese è particolare a causa della ridotta disponibilità di suolo ed il conseguente costo dei terrreni edificabili. Altro dato importante da sottolineare è il fatto che la casa non è considerata un bene durevole e subisce un rapido deprezzamento. Entro i 15 anni una residenza perde completamente il suo valore ed in media viene demolita dopo 30 anni. I lotti edificabili sui quali si realizzano queste tipologie residenziali vengono qui chiamati unagi no nedoko (nido d’anguilla in giapponese).Le normative e la gestione della casa fanno si che un isolato residenzale di case urbane nipponico risulti molto diverso rispetto al modello europeo; le case sono spesso più strette, adattandosi ai lotti di risulta portati da un’inesistente pianificazione, creando quartieri in apparenza più disordinati.
2.23 Schema townhouse giapponese, costruita non in aderenza con gli edifici adiacenti.
2.24 Schema isolati giapponesi. [Fonte: Broto C., 2007]
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RAPPORTO CON LA STRADA
Tra le caratteristiche peculiari delle casa urbana, una delle principali è sicuramente il rapporto con la strada; come già accennato nella sezione storica, questo rapporto fu una delle cause dello sviluppo, del successo e del perpetuarsi di questo modello. La forma e l’organizzazione delle townhouse deriva da una moltitudine di fonti e tra queste vi è certamente la casa romana. La Casa delle nozze d’argento a Pompei è un’eccellente esempio, come dice Gorlin delle “possibilità di un’architettura animata all’interno di uno spazio confinato con grandi implicazioni urbane”. La gerarchia di spazi dalla città romana è organizzata attorno al Forum, come la casa è costruita attorno all’Atrium ed al peristilio. Un muro definisce il fronte strada (spesso con bottega sull’affaccio) ed il vestibolo d’ingresso crea una transizione dalla strada all’ambiente domestico, portando alle Fauces che si aprono sull’atrio centrale a cielo aperto. In asse con l’ingresso troviamo il Tablinium (salotto) e la camera padronale. Il giardino del peristilio è l’ultimo punto focale della casa, completando idealmente la transizione metaforica dalla città alla campagna. Nella società contemporanea, il rapporto si risolve dotando ogni townhouse di accesso alla residenza privato per ogni famiglia, cosa non scontata in ambiente urbano, differenziandosi in maniera netta dai blocks di appartamenti, dove gli abitanti condividono accessi e spazi comuni. Il fatto di avere una residenza, quasi sempre unifamiliare, che prospetta direttamente su strada, solleva la tematica del ruolo e della funzione da affidare al piano terreno.
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2.25 Schema di pianta della casa delle “Nozze d’argento” a Pompei. [Fonte: Gorling,1999, pag. 11]
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Il piano terra è tendenzialmente uno spazio flessibile, condizionato dalle esigenze della famiglia e dal contesto urbano che lo circonda, specializzandosi di volta in volta con modalità differenti. Spesso parte di quest’ultimo viene trattato come uno spazio filtro di transizione tra la strada e l’ambiente domestico, separando così sfera pubblica e privata. La tendenza urbana degli ultimi anni ha permesso di slegarsi dall’uso obbligato del mezzo privato, e le politiche di mobilità pubblica cercano di andare incontro a questo trend, potenziando i servizi pubblici da un lato, mentre dall’altro si incentiva l’utilizzo della bicicletta, in forma privata o come servizi di bike-sharing, da parte dei comuni. Lo spazio filtro,nella townhouse, può diventare un’ambiente coperto, confinato e privato nel quale l’utente può andare a parcheggiare la propria bicletta, senza per questo doverla lasciare in spazi comuni (aperti o chiusi) come succede nei complessi edilizi multifamiliari. Non è raro trovare townhouse con box auto o negozi collocati all’interno di tessuti urbani centrali mantenendo comunque privato l’accesso alla residenza come accadeva negli esempi storici fiorentini.
2.26 Schema degli accessi; differenza tra accesso pubblico di un condominio e di una serie di townhouse.
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2.27 Gestione del piano terra: spazio filtro, autorimessa, negozio, spazio aperto semi pubblico.
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DISTRIBUZIONE ORIZZONTALE
secondo piano è dedicato alla stanza da letto principale, mentre il terzo piano era due o tre stanze da letto per i bambini. Il quarto era occupato dai servi e le loro stanze da letto, con scala privata posta sul retro che li collegava direttamente al basamento.
Nelle società urbane del tardo-medioevo iniziano a formarsi le nozioni di comfort ed intimità, portando un cambiamento nella concezione della casa e nell’utilizzo delle stanze. Inizialmente gli ambienti delle residenze europee non avevano funzioni fisse, ed i membri della famiglia non avevano un proprio spazio privato.
CAMERA
A Firenze le case a schiera erano spesso plurifamiliari, con una famiglia per piano. Non c’era gerarchizzazione tra i livelli e le funzioni che vi si trovavano. Su strada era presente una zona giorno chiamata “sala”, luogo di rappresentanza, ma allo stesso tempo focolare domestico. L’unico ambiente veramente privato era la camera che si trovava sul lato interno compreso fra la scala e un vano retrostante chiamato “salotto”, utilizzato come loggia. La scala viene progressivamente isolata, per garantire più privacy alla sala, che acquisterà più spazio quando il focolare si sposterà in un vano a lui destinato, accessibile dalla camera.
“SALOTTO”
FOCOLARE
“SALA”
2.28 Casa a schiera fiorentina. [Fonte: Maffei G. L.,1990, pag. 195]
Nell’ Inghilterra del XVIII secolo, la divisione delle stanze era meno netta rispetto a quella del XIX. Non c’era relazione tra gli ambienti e la loro posizione all’interno della casa, con minor privacy riguardo gli accessi alle stanze. Nelle terraces, nonostante le variazioni in profondità, la distribuzione ai vari piani risultava invariata nel tempo. Le funzioni legate alla cura della casa come la cucina o la cantina si trovano nel basamento; al piano terra si trovano, oltre alla hall, la drawing-room, morning-room e lo studio. Al piano primo vi era spesso una seconda drawing-room con un’altra stanza comunicante destinata alle donne. Il
STANZE DA LETTO SERVI STANZE DA LETTO BAMBINI STANZA DA LETTO PRINCIPALE DRAWING-ROOM DRAWING-ROOM CUCINA/CANTINA
2.29 Casa inglese: suddivisione ambienti per piano
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L’abitare moderno si specializza, con distinzioni nette tra zona giorno e zona notte. Confrontando casi studio di townhouse sono emersi aspetti distributivi comuni. Ogni piano acquista funzione di zona giorno o zona notte; considerando la struttura della casa, stretta e allungata, la zona giorno presenta spesse volte una doppia altezza, garantendo un maggiore ingresso di luce naturale, verso la porzione più intera della pianta. La doppia altezza non ha collocazione fissa: si trova spesso in testata all’edificio, oppure si affaccia verso il patio/cavedio di luce interno. Contrariamente alla consuetudine, non sempre la zona giorno si trova ai piani inferiori, con la zona notte ai piani superiori: tra gli esempi osservati, alcuni presentano la zona giorno all’ultimo livello, con accesso diretto alla terrazza in copertura, con la zona notte collocata ai piani inferiori. Questa suddivisione verticale può dipendere da diversi fattori: la possibilità di viste sulla città, l’utilizzo della copertura come terrazza o la collocazione dell’ingresso alla residenza posto ad un livello superiore a quello del piano strada, sono fattori che favoriscono lo spostamento delle zone giorno verso l’alto. Il piano terra può essere trattato in diversi modi; alla base rimane il concetto di uno spazio filtro, con la possibilità
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però di inserirvi, in base alle esigenze, un’autorimessa, uno spazio pubblico (negozio, bottega, atelier) o il living stesso (poco frequente). Un’ultima possibilità è data dall’apertura del piano (parziale o completa), che consenta l’accesso verso l’interno del lotto, realizzando uno spazio semi-pubblico.
GIORNO GIORNO
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NOTTE
2.30 Organizzazione zona giorno a doppia altezza e zona notte,
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La tipicità delle townhouse è la ridotta larghezza della pianta. Distributivamente, viene collocata quasi sempre una sola camera per fronte, con alcune eccezioni riguardanti piante un pò più generose che possano accogliere sul fronte una stanza con accanto la scala (o un bagno), ottenendo due ambienti affiancati. Nel caso di piante molto profonde (superiori ai 14 metri), un camino di luce o un patio consentono di illuminare anche le superfici più interne. È l’unico caso che consente d’inserire due stanze in successione, una affacciata verso l’esterno, l’altra verso il cavedio, entrambe con illuminazione e luce naturale.
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WC
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K - cucina L - soggiorno B- camera da letto wc - bagno
2.31 Soluzioni distributive in base alla conformazione della casa
61
Confronto regolamenti edilizi La townhouse, come dice Gorlin, è una ”tipologia dalle enormi restrizioni [...]”, definibili in una pianta più difficoltosa da gestire per quanto riguarda la disposizione degli ambienti, a causa delle dimensioni contenute e del rapporto tra lunghezza e larghezza della pianta stessa. A partire da queste restrizioni, è necessario uno studio più puntuale della pianta, e degli ambienti che essa contiene. L’Italia non presenta una folta schiera di esempi di townhouse, tipologia in disuso soprattutto negli ultimi anni; la nostra volontà era quella di mettere a confronto il regolamento edilizio italiano con quello di altri paesi, nei quali il modello è certamente più sviluppato e tradizionale, cercando di capire quali differenze comportano le dimensioni normate dei singoli locali e quelle delle scale. Abbiamo quindi messo a confronto i regolamenti di Italia (Torino), Olanda e Regno Unito (Londra). A partire da questi elementi, abbiamo organizzato due tipologie di pianta, basate sul rapporto 1:3 ed 1:4 (i rapporti dimensionali più consueti per una townhouse), utilizzando come lato minore i 3,3 metri minimi di una stanza olandese. Abbiamo disposto gli ambienti prendendo in considerazione una famiglia di tre persone, in quanto il regolamento londinese poneva delle differenze dimensionali in base al numero di abitanti di una singola unità. Ogni stato tra quelli analizzati eccetto l’Inghilterra presenta requisiti per quanto riguarda la dimensione degli ambienti abitabili; quest’ultima fa variare la dimensione dei locali in funzione del numero di occupanti previsti (nel nostro caso, 3). I requisiti dimensionali sono espressi tipicamente in termini
di superficie minima ed altezza del soffitto; nonostante ciò, alcuni paesi specificano larghezza e profondità minime dei locali. In Olanda, ad esempio, è necessaria almeno una stanza con i lati di 3,3x3,3 m, mentre gli altri locali non possono essere inferiori ai 5 mq con lato non inferiore a 1,80 m. Come stanza principale abbiamo quindi considerato la zona living (3,3x3,3 m) ai quali si vanno ad aggiungere 0,6 m in profondità per ricavare lo spazio da destinarsi alla cucina. Nel regolamento torinese sono prese in esame le superfici minime di ogni ambiente, mentre nell’Olanda non vi è distinzione nella funzione assegnabile alle stanze abitabili, che potranno essere sia spazi living che stanze da letto. L’Olanda, rispetto ad Italia ed Inghilterra ha il minor standard di superficie per una stanza da letto (5 mq), in rapporto all’Italia dove il minimo per una stanza singola è di 9 mq. Prendendo in esame un nucleo di tre persone, il bagno londinese risulta essere di 4,4 mq mentre in Italia ci si attesta sui 3 mq; quello olandese risulta essere il più generoso con superficie minima di 4,84 mq. Prendendo in esame le altezze interpiano, l’Inghilterra è quella più bassa, con 2,5 m, Olanda ed Italia si attestano invece rispettivamente a 2,6 m e 2,7 m.
62
Cucina
Soggiorno
Singola
Matrimoniale
Bagno
Scala
Italia - Torino 3,30 m
3,30 m
1,50 m
3,30 m
1,60 m
1,20 m
2,00 m
4,25 m
2,70 m
h 2,70 m
4,25 m
2,50 m
0,90 m
3 mq
largh.≥ 1,5m
4 mq
14 mq
largh.≥ 1,6m
1,1 mq
14 mq
9 mq
largh.≥ 0,9m
Olanda 3,30 m
3,30 m 2,20 m
3,30 m
h 2,60 m
1,80 m
3,90 m
2,80 m
0,80 m
4,84 mq
largh.≥ 2,2m
12,87 mq
U.K. - Londra
11 mq
5 mq
Soggiorno 3,3 x 3,3m Cucina 0,6 x 3,3 m
3,20 m
2,80 m
1,6 mq
largh.≥ 0,8m
largh.≥ 1,60m
14 mq
largh.≥ 3,20m
p ≥ 0,22m a ≤ 0,185m h max = 4m scala in linea
4,00 m
2,20 m
3,30 m
2,40 m
4,40 m
4,00 m
11,20 mq
largh.≥ 0,80 m
3,00 m 3,30 m
h 2,50 m
2a+p = 0,62÷0,65m n. gradini ≤ 15
2,00 m
3,30 m
largh.≥ 0,80 m
8 mq
12 mq
4,4 mq
largh.≥ 0,90 m 2a+p = 0,55÷0,70m n. gradini ≤ 16
2.32 Confronto delle normative riguardanti le dimensioni e superfici minime da rispettare in ambito residenziale.
[Fonti:Regolamento edilizio Comune di Torino, Building Regulations in Europe, London Housing Design Guide]
63
Italia - Torino
Italia - Torino Pianta 3,30m x 9,90m (rapporto 1:3)
3,3 m
3,3 m
WC
K
B2
WC
9,9 m
L
9,9 m
B1
PT
P1
21.61%
16.30% 2.33 Individuazione della percentuale di superficie liibera per piano data dalla distribuzione dei locali rispettando le dimensioni minime fornite dai regolamenti.
64
Olanda
Olanda Pianta 3,30m x 9,90m (rapporto 1:3)
3,3 m
3,3 m
WC
B1
L 9,9 m
9,9 m
L+K
B2
PT
WC
P1
34.30%
35,24% 2.34 Individuazione della percentuale di superficie liibera per piano data dalla distribuzione dei locali rispettando le dimensioni minime fornite dai regolamenti.
65
UK - Londra
UK - Londra Pianta 3,30m x 9,90m (rapporto 1:3)
3,3 m
3,3 m
K+D L
wc
9,9 m
9,9 m
wc B1 B2 PT
P1
13.01%
11.52% 2.35 Individuazione della percentuale di superficie liibera per piano data dalla distribuzione dei locali rispettando le dimensioni minime fornite dai regolamenti.
66
Italia - Torino
Italia - Torino Pianta 3,30m x 13,20m (rapporto 1:4)
2.36 Individuazione della percentuale di superficie liibera per piano data dalla distribuzione dei locali rispettando le dimensioni minime fornite dai regolamenti.
3,3 m
3,3 m
WC
B2
13,2 m
13,2 m
K WC
B1
L
P1
PT
44.73%
39.78% 67
Olanda
Olanda Pianta 3,30m x 13,20m (rapporto 1:4)
2.37 Individuazione della percentuale di superficie liibera per piano data dalla distribuzione dei locali rispettando le dimensioni minime fornite dai regolamenti.
3,3 m
3,3 m
WC
B1
13,2 m
13,2 m
L+K B2 PT
WC
P1
52.88%
53.56% 68
UK - Londra Pianta 3,30m x 13,20m (rapporto 1:4)
2.38 Individuazione della percentuale di superficie liibera per piano data dalla distribuzione dei locali rispettando le dimensioni minime fornite dai regolamenti.
UK - Londra
3,3 m
3,3 m
B1
L
WC
WC
13,2 m
13,2 m
K+D PT
B2 P1
22.81% 69
34.97%
Nel confronto tra le piante è stata mantenuta la divisione tra zona giorno e zona notte nei due livelli per ogni caso presentato, fatta eccezione per la tipologia A del caso inglese; si è inoltre reso necessario ricavare lo spazio destinato alla scala (uno spazio a sé in tutti gli altri casi) all’interno delle zone giorno della casa, aumentandone la superficie per compensare parzialmente la presenza della scala. Da questo confronto, basato sulla disposizione - su due piante di area identica - degli stessi locali per ogni stato, il risultato che emerge è la superficie libera ad ogni piano. Nella progettazione, questo dato si traduce con la possibilità di aumentare la superficie degli ambienti inseriti, oppure di inserirne di nuovi, aumentando i vani utili della casa. Confrontando le percentuali ottenute, possiamo notare che in entrambi i casi, l’Olanda permette di raggiungere le percentuali maggiori, con risultati nell’ordine del 30% nella tipologia A ed oltre il 50% nella tipologia B. Questi numeri sono ottenibili grazie alle dimensioni estremamente contenute delle stanze da letto, oltre che dalla possibilità di inserire un locale living comprendente anche la cucina di superficie molto inferiore rispetto ad Italia ed Inghilterra. Il caso Italiano, nonostante la tipologia poco utilizzata, ottiene risultati migliori rispetto al caso inglese, nel quale si trovano percentuali inferiori a causa dell’importanza riservata alla zona giorno, che in Italia risulta più compatta, nonostante le stanze da letto italiane siano più grandi di almeno 1mq. L’Inghilterra consente l’inserimento di scale più compatte, grazie all’altezza interpiano più bassa e alla
possibilità di raggiungere pendenze maggiori (42°, Olanda 40°); nonostante ciò Olanda ed Italia permettono rampe interne private più strette (0,80 m contro gli 0,90 inglesi). Da ciò discende che, nonostante la tipologia non sia particolarmente utilizzata in Italia, si potrebbero realizzare townhouse comparabili agli altri paesi europei, senza inficiare la vivibilità degli ambienti.
70
DISTRIBUZIONE VERTICALE
La circolazione verticale è una caratteristica tipica delle case urbane, ed il posizionamento della scala ne influenza l’organizzazione generale al piano, la sistemazione delle stanze e la possibile convertibilità. Considerando la conformazione della casa è importante evitare di collocare la scala in facciata in modo da non ostruire l’apporto di luce naturale. La tipologia e la forma di scala scelta non è scontata; potrà essere prettamente funzionale, oppure fornire un’esperienza emozionale/percettiva durante la salita. Dal punto di vista funzionale, il vantaggio diretto è la compattezza: • scala a doppia rampa a parete • scala a chiocciola • scala a “C” • scala a “L” La scala in linea – e le sue varianti – invece è l’unica che obbliga a percorrere il piano per prendere la rampa successiva.
2.39 Scala in facciata, se è possibile configurazione da evitare
71
SCALA A DOPPIA RAMPA
SCALA A “C”
SCALA A “L”
SCALA A CHIOCCIOLA
SCALA IN LINEA
2.40 Tipologie di scale
72
73
Una scala in linea accostata ai setti laterali è particolarmente adatta per townhouse strette e profonde; nonostante possa essere collocata al centro dell’edificio. La disposizione degli ambienti varia al variare della tipologia di scala adottata. Se si intende ottenere due ambienti principali per piano, la scala a doppia rampa o a “C” lo permette se posizionata centralmente (con due corridoi laterali) oppure se collocata a ridosso di una parete, ricavando così superficie utile per locali di servizio sulla parete opposta alla scala. La scala può essere anche la direttrice che suddivide la pianta in senso longitudinale; collocando la distribuzione (scala in linea) ed i servizi su uno dei due lati lunghi, si ottiene una linea immaginaria che divide gli spazi serviti da quelli serventi, ottenendo un’ambiente unico gestibile liberamente da strada a cortile. Le townhouse sono una tipologia che fa parte della tradizione, soprattutto nordeuropea; in Italia non ha mai riscosso un particolare successo finora; una delle possibili ragioni potrebbe essere quella relativa alle scale. Edifici di questo tipo rendono obbligatoria la percorrenza delle rampe anche 5-6 volte nell’arco della giornata, elemento che potrebbe non essere attrattivo per molti individui. A sostegno delle scale però, è interessante citare il Geneva Stair Study, condotto da Philippe Meyer, Bengt Kayser e Francois Mach, dell’università di Montreal. Secondo lo studio, i cittadini europei e statunitensi non raggiungono la soglia minima raccomandata di attività fisica, quindi è necessaria una promozione del problema al fine di invertire questo trend preoccupante. Secondo lo studio condotto, percorrere le scale,
2.41 Disposizione degli ambienti in base alla tipologia di scala adottata
74
soprattutto in salita, è un’attività vigorosa che può portare ad una riduzione compresa tra il 12-20% di malattie cardiovascolari: un utilizzo costante porterebbe ad impatti apprezzabili sulla salute pubblica, ma occorre una promozione e sensibilizzazione multidisciplinare. I vantaggi sono evidenti, dal momento che fare le scale è un esercizio gratuito, integrabile facilmente nell’attività di ogni giorno. Vi sono però momenti della vita nel quale una residenza verticale potrebbe essere un limite forte; disabilità (permanente o temporanea), maternità, anzianità sono situazioni comuni a tutti nell’arco della vita. E’ consigliabile quindi perlomeno prevedere all’interno delle case urbane una superficie costante sovrapposta a ogni piano, che permetta l’inserimento di un montapersone, anche in fasi successive alla realizzazione dell’edificio, in maniera che possa essere facilmente realizzabile all’occorrenza.
2.42 Schema superficie costante libera per possibile inserimento del montapersone.
75
FRAZIONABILITÀ
Numero Numero famiglie per famiglie componenti per componenti ( 100 famiglie) ( 100 famiglie)
I cambiamenti demografici e sociali avvenuti negli ultimi anni, hanno influenzato e modificato la composizione del nucleo familiare. Il prolungamento della vita, l’aumento del numero di famiglie e la riduzione del numero medio dei componenti ha portato ad una diversificazione nella progettazione delle unità abitative. Nel caso dei blocks di appartamenti si ottiene questo risultato differenziando i tagli degli appartamenti, mentre nella townhouse questo potrebbe risultare più complicato, ma non impossibile. Il progettista, in quest’ultimo caso, deve porre maggiore attenzione alla collocazione della scala, che influisce fortemente sull’organizzazione e distribuzione planimetrica. Dovrà essere separata dagli altri ambienti ed in prossimità dell’ingresso in modo da creare un percorso indipendente verso i livelli superiori senza interferire con gli ambienti del piano terreno. In questo modo si ottiene una distinzione fra la percorrenza orizzontale e verticale della casa, portando un vantaggio futuro nel caso di necessità di frazionabilità della casa urbana. Considerando la forma stretta e allungata, tipica di questa tipologia, non tutte le scale si adattano a questo ragionamento. Se l’intenzione è di ottenere un’alloggio per piano, la scala a doppia rampa è preferibile perchè permette di sottrarre meno spazio utile alla parte abitativa. Se l’obiettivo è invece di isolare il piano terreno qualsiasi scala è accettabile, mantenendo le accortezze menzionate in precedenza. La residenza Fitch/O’Rourke a Washington è un’esempio di townhouse frazionabile, dove il piano terra può essere affittato con ingresso indipendente su strada. Questo grazie alla tipologia del lotto passante, e all’organizzazione
del piano, che prevede sul retro il garage e un ingresso che si affaccia sulla scala che porta ai piani superiori.
30 29 28 27 26 25 30 24 29 23 28 22 27 21 26 20 25 19 24 18 23 17 22 16 21 15 20 14 19 13 18 12 17 11 16 10 15 9 14 8 13 7 12 6 11 5 10 4 9 3 8 2 7 1 6 0 5 4 3 2 1 0
1
2
1
Componenti nucleo familiare 3 2 3 4
3
4
5
6
5
6
1988
Componenti nucleo familiare 1994-1995 1998-1999 2002-2003 3
2006-2007
1988
1994-1995
2006-2007
1998-1999
2002-2003
2.43 Variazione componenti nucleo familiara dal 1988 al 2007.
[Fonte: ISTAT 2010, La misurazione delle tipologie familiari nelle indagini di popolazione]
76
2.44 Schema possibile frazionabilità del piano terra e dei piani superiori (caso limite per ottenere un’unità abitativa a piano) Pianta piano terra
Pianta piano tipo
Pianta piano terra
Pianta piano tipo
Tamponamenti da aggiungere per frazionare la pianta.
PORZIONE DI CASA FRAZIONABILE
0
1
2
5
2.45 Schema frazionabilità la Residenza Fitch/O’Rourke, Gurney, Washington. [Fonte: Broto C., 2007, pag. 154]
10
77
DISPOSITIVI DI ILLUMINAZIONE
Uno dei limiti maggiori della tipologia, causato principalmente dalla forma, è l’illuminazione naturale degli ambienti domestici; più lo sviluppo in profondità della residenza è accentuato, tanto più risulta difficoltoso portare la luce al centro della casa. L’illuminazione naturale dei locali dipende da diversi fattori, in particolare la posizione geografica, l’orientamento, la forma ed il dimensionamento delle aperture, ma in generale, per maniche comprese tra i 9 ed i 12 metri, non è necessario prevedere dispositivi specifici per orientamenti rispettivamente nord-sud ed est-ovest. Quando l’edificio assume invece forma più allungata, il posizionamento in ambiente di uno spazio a cielo aperto o di un camino di luce può in parte risolvere il problema. Diverse tipologie e forme possono permettono un uso più efficace del nucleo della casa, con una casistica varia all’interno della quale è possibile individuare alcune tipologie ricorrenti: • • • • • •
patio su diversi livelli camino di luce centrale vetrato camino di luce su vano scala spazio buffer in facciata cavedio di luce lucernaio
2.46 Disposizione di illuminazione: patio al piano terra, patio ai piani superiore, camino di luce centrale vetrato.
78
2.47 Disposizione di illuminazione: camino di luce su vano scala, spazio buffer in facciata, cavedio di luce, lucernaio.
79
80
design steps
GIORNO
GIORNO
GIORNO WC
distribuzione orizzontale
K
GIORNO
WCK`
B
L
GIORNO
NOTTE
B
B
WC B
K`
B WC WC
B
B
WC
GIORNO
B
K`
L B
L
B
L
K`
B
NOTTE B
WC
WC
GIORNO
B
WC
B B B
B
B
B K
K
WC
B
B
B
B
B L B
WC
WC
GIORNO
NOTTE B
WC
WC B
B
GIORNO B
BB
GIORNO
GIORNO NOTTE
WC
BK` B
GIORNO
L
L
WC
WC
B
WC
B
B
B
WC WC B
L
B
NOTTE
WC
WC
B
WC
K
GIORNO
NOTTE
WC WC
GIORNO
B
B
WC
WC
GIORNO
L
WC
B B
WC
B NOTTE B
L
B
L
WC
B NOTTE
L
WC
WC
K
WC B
B
GIORNO
K
WC
B
WC
GIORNO
WC
FILTRO
B
WC
L
K`
K
NOTTE
B
WC
B
NOTTE
B
NOTTE
L
K`
GIORNO
B
affaccio su strada
tipologia lotto
NOTTE
WC
NOTTE B
NOTTE
B B
B WC
WC
BWC
WC
B
NOTTE B
B
B
B
Pianta piano tipo
Pianta piano terra
Pianta piano tipo
Pianta piano terra
Pianta piano tipo
Pianta piano terra
Pianta piano tipo
Pianta piano terra
Pianta piano terra
Pianta piano terra
Tamponamenti da aggiungere per frazionare la pianta.
Tamponamenti da aggiungere per frazionare la pianta.
Tamponamenti da aggiungere per frazionare la pianta.
Pianta piano tipo
Pianta piano tipo
Pianta piano tipo
Pianta piano tipo
frazionabilitĂ
Pianta piano terra
distribuzione verticale
Tamponamenti da aggiungere per frazionare la pianta.
dispositivi di illuminazione
Pianta piano terra
3
La casa urbana BEST PRACTICE
BEST PRACTIC E
TOWNHOUSE NEL MONDO
82
BEST PRACTIC E CASA A NIHONBASHI Sezione longitudinale
ARCHITETTO
Tadao Ando Architects CITTÀ
Osaka PAESE
Giappone ANNO
1994 DESTINAZIONE
Mista LOTTO
2,9 X 15 m 0
1
2
NUMERO DI PIANI
5
10
Pianta piano secondo
4
0
1
2
5
10
0
1
2
5
10
0
83
1
2
5
10
BEST PRACTIC E
SINGLE FAMILY HOUSE
Sezione longitudinale
ARCHITETTO
Scheuring and Partners CITTÀ
Colonia PAESE
Germania ANNO
1995 DESTINAZIONE
Casa unifamiliare LOTTO
5 X 40 m NUMERO DI PIANI
4
Pianta piano terra
0
85
1 02 1
2
5
5
10
10
BEST PRACTIC E
TOWNHOUSE IN FLANDRES ARCHITETTO
Sezione longitudinale
Vincent van Duysen CITTÀ
Lokeren PAESE
Belgio ANNO
1995 DESTINAZIONE
Casa unifamiliare LOTTO
6 X 40 m NUMERO DI PIANI
4
Pianta piano primo
0
87
1
2
5
10
BEST PRACTIC E
TOWN HOUSE IN HAMBURG ARCHITETTO
Sezione longitudinale
Y. Sun & G. Feldmeyer CITTÀ
Amburgo PAESE
Germania ANNO
1996 DESTINAZIONE
Casa unifamiliare LOTTO
6 X 20 m NUMERO DI PIANI
4
Pianta piano terra
0
0 0 0
89
1 1 1
2 2 2
5 5 5
1
2
10 10 10
5
10
BEST PRACTIC E
CASA IN HIGASHINADA ARCHITETTO
Waro Kishi
Sezione longitudinale
CITTÀ
Kobe PAESE
Giappone ANNO
1997 DESTINAZIONE
Casa unifamiliare LOTTO
3,3 X 16 m NUMERO DI PIANI
4
Pianta piano terra
0 0
0
91
1 1
1
2 2
2
5 5
5
10 10
10
BEST PRACTIC E
BORNEO 18 ARCHITETTO
Sezione longitudinale
MVRDV CITTÀ
Amsterdam PAESE
Olanda ANNO
1999 DESTINAZIONE
Casa unifamiliare LOTTO
4,5 X 16 m NUMERO DI PIANI
4
Pianta piano terra
0
93
1
2
5
10
BEST PRACTIC E
CASA VOSS STREET ARCHITETTO
Featherstone Associates
Sezione longitudinale
CITTÀ
Londra PAESE
U.K.
ANNO
2001 DESTINAZIONE
Mista LOTTO
4 X 20 m NUMERO DI PIANI
4
Pianta piano terra
0
95
1
2
5
10
BEST PRACTIC E
LAYER HOUSE ARCHITETTO
Hiroaki Ohtani
Sezione longitudinale
CITTÀ
Kobe PAESE
Giappone ANNO
2003 DESTINAZIONE
Casa unifamiliare LOTTO
3,5 X 10 m NUMERO DI PIANI
3
Pianta piano terra
01
0
1
2
0
1
2
5 5
2
5
0
97
10 1
0
1
10
2
5
10
BEST PRACTIC E CASA MEDIANERA ARCHITETTO
Sezione longitudinale
Ferrolan LAB/J. A. Roset CITTÀ
Barcellona PAESE
Spagna ANNO
2009 DESTINAZIONE
Casa unifamiliare LOTTO
3,7 X 25 m NUMERO DI PIANI
5
Pianta piano primo
0
99
1
2
5
10
BEST PRACTIC E
4X30 HOUSE ARCHITETTO
CR2 architecture + FGMF Architects
Sezione longitudinale
CITTÀ
San Paolo PAESE
Brasile ANNO
2011 DESTINAZIONE
Casa unifamiliare LOTTO
4 X 30 m NUMERO DI PIANI
3
Pianta piano terra
0
101
1
2
5
10
BEST PRACTIC E
CASA FITCH/O’ROURKE ARCHITETTO
Robert M. Gurney
Pianta piano terra
Pianta piano secondo
CITTÀ
Washington D.C. PAESE
U.S.A. ANNO
-
DESTINAZIONE
Casa unifamiliare LOTTO
5 X 19 m NUMERO DI PIANI
4
0
103
1
2
5
10
BEST PRACTIC E
CASA H ARCHITETTO
Sagiura Office
Sezione longitudinale
CITTÀ
Nagoya PAESE
Giappone ANNO
-
DESTINAZIONE
Casa unifamiliare LOTTO
5 X 16 m NUMERO DI PIANI
4
Pianta piano terra 0
2
5
10
0
1
2
5
10
0
1
2
5
10
0
105
1
1
2
5
10
4
La casa urbana SUNSLICE SDE
LA CASA URBANA SUNSLICE SDE Come già accennato nella premessa, questo lavoro nasce in seguito alla partecipazione al progetto Sunslice. Il progetto prevede la progettazione e costruzione da parte degli studenti di un’unità residenziale unifamilare urbana, una riproposizione torinese del modello townhouse. La scelta di questa tipologia discende dalle richieste dell’organizzazione del contest Solar Decathlon Europe, che prevedeva la progettazione di una casa solare sobria, collocabile in costesti urbani densi. Il progetto sarà poi realizzato a Torino in maggio come simulazione della costruzione, per poi essere ricostruito in luglio a Versailles per la competizione vera e propria. La competizione metterà a confronto 20 università provenienti da tutto il mondo, selezionate in base ai concept di progetto presentati, ed i loro progetti verranno valutati nel Decathlon costituito da dieci contest: Architettura, Ingegneria, Installazione fotovoltaica, Bilancio energetico, Comfort, Funzionamento della casa, Comunicazione e sensibilizzazione sociale, Urbanistica e accessibilità economica, Innovazione e Sostenibilità. Le squadre hanno a disposizione un regolamento che funge da compendio alla progettazione, tracciando una base comune a tutte le squadre per essere valutate. I progetti da costruire a Versailles hanno rigide imposizioni dimensionali; ogni edificio in gara dovrà essere realizzato su un lotto di 20 x 20 m, al di sopra del quale viene idealmente posto il Solar Envelope.
Il Solar Envelope è un solido immaginario, un tronco di piramide con base superiore di 10x10 m ed inferiore di 20x20 m, alto 7 m. Ogni edificio in gara dovrà essere necessariamente contenuto entro questi limiti, con l’accortezza di non superare i 110 m2 di superficie interna totale dell’edificio. La limitazione dei 7 metri d’altezza ha portato il team a riflettere sulle possibili soluzioni che permettessero di costruire l’intero edificio – di tre piani, più tetto praticabile – in fase di gara. E’ stato deciso infatti di costruire a Torino l’edificio alto, com’era stato concepito inizialmente, e di suddividere la casa in due volumi accostati, per rispettare il limite del Solar Envelope.
108
4.1 Schema della versione Versailles e Torino di Sunslice, al fine di essere inserita all’interno del Solar Envelope.
109
SUNSLICE A TORINO
abitativo ed infine giardino privato, collocato sul retro.
La casa torinese è quella che andremo a descrivere in questa sezione, in quanto è quello che più rispecchia l’idea di fondo del progetto. L’edificio è immaginato per essere inserito in un contesto torinese reale, come ad esempio i vuoti urbani individuati all’interno della città, oppure come un nuovo quartiere, che preveda l’affiancamento di più unità Sunslice; la casa progettata può essere quindi collocata in un lotto intercluso (definito nella sezione 2). Fin dal principio, una delle caratteristiche chiave dell’edificio era il cavedio tecnico, una fascia ricavata sul lato lungo della casa (costante per tutta l’altezza), che avrebbe dovuto contenere tutti gli impianti; nell’arco dell’evoluzione del progetto, questa prerogativa è stata portata all’estremo, inserendo in questa porzione tutti i servizi, come bagni e cucina, oltre che la parte impiantistica. Si è quindi operata una distinzione netta tra lo spazio servente e quello servito, lasciando il volume abitativo totalmente libero nella sua gestione complessiva. Data l’ideale collocazione urbana dell’edificio, molti ragionamenti sono stati fatti attorno alla gestione del piano terreno in relazione al suo rapporto con la strada: inizialmente era previsto un’autorimessa, accanto alla quale collocare un piccolo atelier; in seguito si era anche immaginata la sola attività commerciale. Si è scelto infine di eliminare sia automobile che negozio, prevedendo uno spazio filtro rispetto all’ambiente urbano, in modo che gli ambienti domestici non fossero direttamente prospicienti la strada, migliorando la privacy della casa. La superficie al piano terreno è stata quindi suddivisa in tre porzioni principali: spazio filtro, spazio
Al piano terreno si trova lo spazio living della casa e la cucina, ricavata nello spazio servente; prendendo spunto da alcuni esempi analizzati durante la progettazione, si è scelto di realizzare i vari piani sfalsati, garantendo così alla zona giorno la doppia altezza, mantenendo invece le altezze dei soffitti standard nella zona d’ingresso e nelle stanze. Vi è una camera principale, collcata al terzo livello, mentre una camera flessibile è collocata al piano primo; immaginata di base come studio, può fungere da camera da letto per una terza persona all’interno della casa (l’utenza immaginata è di una coppia con una figlia non più residente permanente); il bagno è collocato al piano primo servito da un disimpegno, mentre al secondo livello, una piccola stanza ospita l’alcova. In quanto casa urbana verticale, la distribuzione principale della casa è costituita dalle scale, in linea con rampe alternate. Il regolamento della competizione prevede un tour all’interno della casa durante l’esposizione a Versailles e, per ragioni di sicurezza, ogni rampa doveva essere larga 1,4 m, con pedata di almeno 28 cm, con la possibilità di sovrapporle di 5 cm. è chiaro che una scala di questo tipo risulti essere eccessiva rispetto all’edificio, con lo svantaggio di occupare superficie utile utilizzabile altrimenti. Le rampe sfalsate permettono di percorrere tutto l’edificio in un’ideale passeggiata verso l’alto, toccando tutti gli ambienti dal pian terreno fino alla copertura. All’interno del cavedio tecnico, è predisposta una superficie costante a tutti i piani, un vano verticale libero da impianti che permetta l’inserimento di un ascensore o
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montapersone, per adattare la casa ad ogni esigenza. In verticale sono disposti anche gli spazi aperti previsti all’interno del progetto; oltre al giardino al piano terreno, una piccola terrazza si affaccia su di esso dal secondo livello, mentre la copertura praticabile (divisa anch’essa su due livelli) riparata da una pergola fotovoltaica, permette viste suggestive sulla città. All’interno della casa è stato collocato inoltre un camino di luce che permetta di illuminare adeguatamente il centro della casa, dal momento che il piano terreno è profondo 12 metri, due in più rispetto al resto dell’edificio.
4.2 Schema di prospetto della casa torinese.
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Spazio servente Spazio servito
4.3 Divisione tra spazio servente e servito.
112
Spazio filtro (Wet-Room) Superficie abitativa Spazio aperto privato
4.4 Schema di suddivisione funzionale del piano terra.
113
4.5 Schema della percorrenza verticale dell’edificio.
114
4.6 Predisposizione per montapersone all’interno di Sunslice.
115
4.7 Camino di luce previsto all’interno di Sunslice.
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Pianta Piano Terra
1360
160
1200
155
140
110
100 215
80 250
100 215
+ 0,00
150 350
590
80 250
90
415
80 250
80 350
345
1145
150 350
100 215
0
1
2
117
5
10
Pianta Piano Secondo
1360
200
1000
220
300 110
90
80 250
140
155
140
80 250
90 210
100 200
200
945 150 250
+ 2,75
100 200
+ 3,09
345
+ 3,90
590
80 250
145 225
160
150 250
+ 0,00
0
1
2
118
100 200
5
10
Pianta Piano Terzo
1360
360
80 250
100 200
+ 6,70
590
80 210
345
+ 3,90
100 200
70 210
220
80 210
90
155
140
1000
315
100 200
0
1
2
119
5
10
Sezione longitudinale
+ 13,50
+ 10,20
+ 8,45
+ 6,70
+ 3,90
+ 3,09 + 2,75
+ 0,00
0
1
2
120
5
10
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Vorrei ringraziare il Prof. Robiglio Matteo per i consigli e gli spunti durante questi mesi di lavoro, l’Arch. Luciano per la diponibilità dimostrata nell’ultimo anno. Ringrazio di cuore tutto il team Sunslice, da chi ha partecipato per qualche settimana, a chi è ancora a bordo; ognuno di voi mi ha dato tantissimo. Ho imparato molto, e spero di essere riuscito a trasmettere qualcosa. Il nostro non è solamente un progetto didattico, è un nuovo modo di fare l’Università. Siamo una famiglia, e questo non ce lo toglierà nessuno, mai. Ringrazio la mia famiglia, quella vera; mia Madre, mio Padre, mio fratello e Kira, per il sostegno durante questi anni universitari. Ringrazio Chiara, che con il suo supporto (e, soprattutto, sopportazione) mi ha fatto compagnia durante tutto il percorso, Grazie. Ringrazio i miei amici, quelli di sempre, quelli ritrovati proprio durante gli anni torinesi e quelli che ci sono sempre stati: Simone, Lorena, Matteo, Malo, Debora, Stefano, Alberto, Alessandro, Fabio, Marco, Dario, Nicola. Grazie. Ringrazio i compagni di corso, tutti quelli incrociati in questi anni, i compagni di progetti ed i compagni di serate; un grazie sentito ad ognuno di voi. Grazie Marta, abbiamo iniziato questo percorso insieme, piccoli paesani casalesi; Grazie per tutti i viaggi in pullman, per i progetti in compagnia di Paco e le soste del mio trolley nel tuo soggiorno. Grazie ad André e Marco, per le partite al Pub e allo stadio con uno, per le litigate su che colori orrendi siano il nero e l’azzurro sulla stessa maglia l’altro. Grazie ad Liuk e Riky, per il laboratorio del terzo anno, abbiamo spaccato! Grazie a Tommy (mannaggia a te!) e Sara, compagni insostituibili alla magistrale, e Grazie ad Elena per il supporto, gli happy meal e le caramelle londinesi. Grazie a tutti i compagni dell’ UP “Abitare sociale sostenibile”, eravamo solamente venti, non ci conoscevamo affatto, ma dopo pochi giorni abbiamo iniziato a lavorare come una squadra, un gruppo affiatato di persone straordinarie. Sono cresciuto molto in quei mesi, Grazie. Infine, un Grazie anche a te; si, mi sarò dimenticato qualcuno, ma se non ti ritrovi nel poema qui sopra, sappi che quel “te” sei proprio tu! Marco
Vorrei ringraziare il Professore Matteo Robiglio per avermi seguito in questi mesi e per avermi dato la possibilità di entrare a far parte del team sunslice, permettendomi di concludere con una belle esperienza il percorso universitario. Ringrazio l’Architetto Marco Luciano per la disponibilità dimostratami durante i mesi di progettazione. Un ringraziamento a tutto il team sunslice, dopo un anno di vita siamo diventati una piccola grande famiglia, in particolare i compagni di colazione e pranzi che hanno alleggerito questi mesi di preparazione della tesi. Un ringraziamento speciale a tutta la famiglia, mamma Laura, Stefania, Davide, Luisella e Francesca, per aver creduto in me e avermi sostenuto, sopportato in tutti questi lunghi anni. Un grazie particolare alla mamma che in diversi modi mi ha spronato a far meglio e mi ha supportato anche con i rinforzi di cibo per la settimana torinese. Un pensiero anche a te papà, che anche se non sei qui, con il pensiero mi sei stato vicino e spero di averti reso orgoglioso di me. A te Luca posso solo dire GRAZIE, per esserci sempre stato, per aver sopportato tutte le volte che non c’ero perché dovevo studiare o ero troppo stanca, per avermi incoraggiato a non mollare. Un grazie anche a tutta la tua famiglia per essermi stati vicini e in particolare grazie ai tuoi nipotini che con un sorriso o un piccolo gesto in molte occasioni mi hanno tirano su di morale. Grazie a Fede per aver sopportato 6 anni di convivenza a Torino, per avermi incoraggiato a non mollare alle 6 di mattino prima di una consegna, per esserci sempre stata dalle serate di divertimento insieme a Cori ai momenti più faticosi. Un grazie a tutti gli amici, vicini e lontani, di “Piazza tutti tranne Vaira” che mi hanno tenuto compagnia non solo nelle uscite serali, ma giornalmente con i loro messaggi divertenti. Un grazie a Tommy, compagno di gruppo e di lunghe chiacchierate che finivano sempre con qualche aneddoto spiritoso, come quella mattina, dopo una lunga nottata di disegno, mi hai risollevato il morale con la tua uscita sull’eliminazione dei ponti termici con i vestiti. Grazie a Perpy e Marianna e alle loro battute esileranti; a tutti i compagni di università: Ele, compagna di gruppo indimenticabile per l’ultimo esame, Ely, Teddy, Dany, Ire, Ely… Infine caro compagno di tesi non mi sono dimenticata di te, grazie per questi mesi impegnativi ma divertenti, per le battute di alto livello e le conseguenti risate, per aver sopportato le mie risposte acide e la mia precisione. Un ringraziamento a tutte le persone che non ho citato, ma che hanno contribuito in modi diversi alla mia crescita e al risultato ottenuto. Sara
LA CASA URBANA è un’unità abitativa unifamiliare, collocata su un lotto stretto e profondo; è una casa verticale, e risponde alla necessità di porre freno allo sprawl urbano. Questa tipologia è accostabile per formare rows di unità urbane ad alta densità, che possano dettare lo sviluppo e la pianificazione futura della città.