Episodio IX, L’ATTESA. Eravamo grandi abbastanza per mandarci affanculo. Eravamo grandi abbastanza per seguire percorsi identici e contrari, eravamo abbastanza da soli per sostenere sogni e preoccupazioni, pregi e virtù, sogni e doveri. Alle parole seguono sempre altre parole e per quanto si urlino non si incontrano mai, non vogliono più incontrarsi, non appartengono a logiche adiacenti. Lui ha scelto e lei pure. La fermezza è l’unica identità che li accomuna. Kylo Ren ha scelto, Rey pure. Si sono sedotti in quell’isola Di notte sull’isola di Ahch-to, dimora di Luke Skywalker. Si crea la terza connessione tra Rey e Kylo Ren. sperduta, si sono sfiorati più e più istanti ma la loro forza era grandiosa, la forza del male e la forza del bene, la lotta di due entità spirituali in netto contrasto. Lui voleva portarla dal suo lato ma lei lo ha allontanato. Lui continua a lottare per l’impero ma in realtà continua a lottare contro se stesso e i suoi fantasmi mentre lei non sa ancora bene per cosa lottare se non per se stessa, è nata libera e sfugge ogni qual volta l’istinto glielo suggerisce, scappa velocissima. Per un attimo la reciprocità li ha fatti sentire così vicini, maledettamente così vicini da farli sentire la metà di ogni cosa, la metà unica che continua e stabilisce l’equilibrio delle parti, ma il delirio di lui e la purezza di lei hanno detonato l’invisibile, la barricata del bene e del male. Nesssuna ragion d’essere può sottrarli dall’impulso istintivo di inseguire ciò che ancora non sono, la fame dell’uno e la fame dell’altra li portano su soglie che nessuno dei due potrebbe afferrare se fossero reciprocamente sulla soglia che non gli appartiene. Entrambi sono capace d’immenso e dispendioso amore ma entrambi sono capaci di distruggere un intero mondo, di sitruggere l’idea, di uccidersi, di difendersi e attaccare senza sosta, senza smettere di respirare, senza mai smettere. Sono esamini, sono stanchi, annaspano, affogano ma non cedono. Non seguono logiche prevedibili, sono eroi di due mondi e la fantascienza è il loro terreno di guerra. Lo spazio è il luogo più sicuro dove nascondersi perché infinito e la loro intelligenza sa nascondersi, riconosce il nascondiglio dell’altro ma sa riconoscere nelle orbite il rispetto della tregua e dell’attesa del prossimo scontro. Stanno solo aspettando il prossimo incontro, il prossimo ring, il prossimo gong, la prossima ferita, il prossimo colpo. Aspettano di guardarsi ancora e sapersi
riconoscere, saper riconoscere nell’altro la propria sete e la propria fame, il proprio orgoglio, la propria paura. Forse aspettano solo questo, continuano a sopravvivere per viversi ancora, per incontrarsi dove Lukas ha deciso per loro, come animali convalescenti li abiamo lasciati a leccarsi le ferire e a curarsi con l’isolamento, un gioco spietato, un gioco dove si rasenta la follia, dove ogni verità è contraddetta, dove ogni convinzione viene alterata, dove non esiste voce amica, libretto d’istruzioni, prepotenti distrazioni, ripensamenti o battute d’arresto. Io sono io, solo, inerme, affannato, colpevole e innocente, spietato, crudele, giusto e pietoso. Sei la faccia di entrambe la medaglia e nessuno che ti dice come fare o non fare, cosa dire e non dire, cosa è meglio e cosa non lo è. La misura del tempo non conosce alcuna definizione, la durezza della solitudine è incudine, ma se vero che i diamanti prendono forma se li ferisci, loro sono come diamanti marziani, lasciano ferirsi per prendere forma. Ray e Kylon Ren, hanno una comunione religiosa nel loro nome. L’Y (chiamata in italiano ipsilon, oppure i greca o i greco[1][2]) è la venticinquesima lettera dell'alfabeto latino moderno e la ventiduesima di quello latino antico. La Y era un simbolo risalente ad antiche tradizioni sapienziali, utilizzato in particolare dalla scuola pitagorica per indicare il bivio ideale tra gli opposti sentieri iniziatici del vizio e della virtù. La forma a Y del ramo d'oro fu attribuita in epoca medioevale, per analogia, all'albero della conoscenza del bene e del male, giungendo anche, attraverso correnti ermetiche, cabbalistiche e neoplatoniche, fino a Dante Alighieri. Lo ying e lo yang Dialogo Rey: Preferirei non farlo ora. Kylo: Si anche io. Rey: Perché odiavi tuo p-padre? Non hai qualcosa, qualunque cosa da mettere addosso? Perché odiavi tuo padre una risposta sincera. Avevi un padre che ti amava, lui importava di te. Kylo: Io non lo odiavo.
Rey: Allora perché? Kylo: Perche cosa? Perche cosa, dillo? Rey: Perche l’hai ucciso… non riesco a capire. Kylo: No, gettata via come spazzatura dai tuoi. Rey: Non è cosi. Kylo: Invece si, eppure ne hai ancora bisogno, è il tuo punto debole. Li cerchi in chiunque, in Han solo, ora in Skywalker. Ti ha raccontato di quella notte? Rey: Si Kylo: No, ha percepito il mio potere, come percepisce il tuo…e ne ha avuto paura. Rey: Bugiardo… Kylo: Lascia morire il passato, uccidilo se necessario, è il solo modo per diventare ciò che devi.
In questo dialogo vediamo Kylo senza la parte superiore del vestito che usualmente lo caratterizza. Questo elemento suggerisce diversi significati, il primo è il fatto che Rey vede per la prima volta Kylo Ren come uomo e non come mostro, l’epiteto che la protagonista aveva utilizzato in altre occasioni. Un altro elemento è il fatto che Rey vede Kylo nella sua interezza, non abbiamo altri elementi che suggeriscono come i due riescono a vedersi durante queste connessioni se non il commento che lei fa sul fatto che potrebbe mettersi qualcosa addosso. C’è poi un netto contrasto tra il colore della pelle e il nero degli indumenti, a suggerire la dualità, Kylo Ren è anche Ben Solo per una parte e in questa scena viene chiaramente mostrato, oscurità e luce dividono il personaggio.
No, gettata via come spazzatura dai tuoi. In questo punto cominciamo a vedere alcune similitudini tra Kylo e Rey, così diversi come origini ma accomunati da un rapporto difficile con i relativi genitori. Sia Kylo
che Rey cercano disperatamente un riferimento genitoriale che non trovano. In questa scena Kylo Ren suggerisce chiaramente a Rey che nascondere le sue debolezze, che sono poi le stesse di Kylo ren, non porta nulla di buono in realtĂ . Nascondere il fatto che lei cerchi un appoggio che non trova in Skywalker, non permette alla protagonista di sviluppare se stessa.
Son luce ed ombra; angelica
farfalla o verme immondo
sono un caduto cherubo
dannato a errar sul mondo,
o un demone che sale,
affaticando l'ale,
verso un lontano ciel.
Ecco perchĂŠ nell'intime
cogitazioni io sento
la bestemmia dell'angelo
che irride al suo tormento,
o l'umile orazione
dell'esule dimone
che riede a Dio, fedel.
Ecco perchĂŠ m'affascina
l'ebbrezza di due canti,
ecco perchĂŠ mi lacera
l'angoscia di due pianti,
ecco perchĂŠ il sorriso
che mi contorce il viso
o che m'allarga il cuor.
Ecco perchĂŠ la torbida
ridda de' miei pensieri,
or mansueti e rosei,
or violenti e neri;
ecco perchĂŠ con tetro
tedio, avvincendo il metro
de' carmi animator.
O creature fragili
dal genio onnipossente!
Forse noi siamo l'homunculus
d' un chimico demente,
forse di fango e foco
per ozioso gioco
un buio Iddio ci fe'.
E ci scagliò sull'umida
gleba che c'incatena,
poi dal suo ciel guatandoci
rise alla pazza scena
e un dĂŹ a distrar la noia
della sua lunga gioia
ci schiaccerĂ col pie'.
E noi viviam, famelci
di fede o d'altri inganni,
rigirando il rosario
monotono degli anni,
dove ogni gemma brilla
di pianto, acerba stilla
fatta d'acerbo duol.
Talor, se sono il demone
redento che s'india,
sento dall'alma effondersi
una speranza pia
e sul mio buio viso
del gaio paradiso
mi fulgureggia il sol.
L'illusion-libellula
che bacia i fiorellini,
-l'illusion-scoiattolo
che danza in cima i pini,
-l'illusion-fanciulla
che trama e si trastulla
colle fibre del cor,
viene ancora a
sorridermi
nei dĂŹ piĂš mesti e soli
e mi sospinge l'anima
ai canti, ai carmi, ai voli;
e a turbinar m'attira
nella profonda spira
dell'estro ideator.
E sogno un'Arte eterea
che forse in cielo ha norma,
franca dai rudi vincoli
del metro e della forma,
piena dell'Ideale
che mi fa batter l'ale
e che seguir non so.
Ma poi, se avvien che l'angelo
fiaccato si ridesti,
i santi sogni fuggono
impauriti e mesti;
allor, davanti al raggio
del mutato miraggio,
quasi rapito, sto:
e sogno allor la magica
Circe col suo corteo
d'alci e di pardi, attoniti
nel loro incanto reo.
E il cielo, altezza impervia,
derido e di protervia
mi pasco e di velen.
E sogno un'Arte reproba
che smaga il mio pensiero
dietro le basse immagini
d'un ver che mente al Vero
e in aspro carme immerso
sulle mie labbra il verso
bestemmiando vien.
Questa è la vita! L'ebete
vita che c'innamora,
lenta che pare un secolo,
breve che pare un'ora;
un agitarsi alterno
fra paradiso e inferno
che non s'accheta piĂš!
Come istrion, su cupida
plebe di rischio ingorda,
fa pompa d'equilibrio
sovra una tesa corda,
tal è l'uman, librato
fra un sogno di peccato
e un sogno di virtĂš.