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RESIDUI #5 (ita/eng) - Livio Ninni
PENSARE-PAESAGGIO
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Testo di Maria Chiara Wang
Se il nostro problema è il destino della terra, è dalla terra che dobbiamo partire. E la mia idea è semplice: pensare e praticare paesaggi per fare resistenza ecologica [Matteo Meschiari]
RESIDUI#5 esce al termine di un anno assurdo e funesto, un anno che ci ha trovati tutti inermi difronte ad una situazione inarrestabile. Questo quinto numero acquista, quindi, un particolare significato non solo all’interno del percorso personale di Livio Ninni, ma anche a livello collettivo, differenziandosi dalle quattro fotozine precedenti per tema e per sviluppo. L’obiettivo si rivolge non più alla documentazione dell’operato di altri artisti, ma all’evoluzione della propria ricerca che si arricchisce di un nuovo repertorio di installazioni realizzate in luoghi urbani abbandonati e in zone periferiche in stato di degrado. Si tratta di fabbriche, uffici e chiese, ovvero di quegli ambienti dove si esplica l’umana esistenza. Riportare la natura entro ciò che resta dell’attività antropica diviene un atto di resilienza, nonché un esercizio di resistenza ecologica: sistema economico-sociale e sistema ambientale convergono, così, verso una nuova sintesi. Il paesaggio che si crea rompe gli schemi culturali canonici, spezza quella suddivisione dello spazio in rigide categorie in base alla propria funzione, utilità e al diverso livello di produttività teorizzata da Gilles Clément. Si definisce davanti ai nostri occhi l’immagine di un’utopia spaziale che crea un’interferenza nell’immaginario umano appiattito, omologato e inaridito. Il reale viene ripensato attraverso un linguaggio poetico la cui sintassi è costituita da rami bianchi e fili rossi; i primi rappresentano la forza, nonché - nel loro bianco candore - la purezza e la neutralità, dell’elemento naturale che riesce a non farsi sopraffare dall’attività umana e che resta collegato alle strutture materiche residuali attraverso rubre nervature, simbolo di un nuovo flusso vitale. I segni grafici, ovvero quelle linee minimali che nelle fotografie di Ninni fanno eco ai profili architettonici, negli interventi installativi si trasformano da gesto a elemento naturale: il ramo diviene la reificazione dell’intervento pittorico, la traccia del passaggio dell’artista, il tratto che evidenzia la mutazione del luogo nel tempo. Oltre alle consuete fotografie trasferite su vari supporti e alle installazioni, a completare il linguaggio multidisciplinare dell’artista, intervengono le polaroid che rappresentano appunti visivi per lo sviluppo e la realizzazione delle opere successive; istantanee scaturite da quell’attitudine selvatica di pensare-paesaggio in grado di dare forma all’idea e all’immaginazione.