I grecanici

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LE MINORANZE LINGUISTICHE 02 – I Grecanici Area Grecanica I Grecanici di Calabria vivono in provincia sul versante jonico della provincia di Reggio Calabria, un territorio che coincide col comprensorio della Comunità Montana Versante Jonico Meridionale e coinvolge, da Occidente ad Oriente, i territori dei comuni di: · Bagaladi · Bova · Bova Marina · Brancaleone · Condofuri · Melito · Palizzi · Roghudi · Roccaforte del Greco · San Lorenzo · Staiti Bisogna anche includere vecchia Africo oggi quasi disabitata; la nuova Africo fu spostata nel territorio di Bianco dopo le rovinose alluvioni degli anni ’50. Quest'organizzazione politicoamministrativa non coincide con quelli che sono i confini linguistici. E cioè quelli fra i siti dove ancora resiste l'idioma parlato e quelli dove l'ellenofonia è estinta. Culturalmente la risposta su dove sia l'area grecanica si presenta molto più complessa. Ad esempio, sul confine occidentale, Cardeto, provatamente ellenofona sino al 1920 si trova esclusa dai confini “amministrativi”, la vicina Bagaladi, probabilmente non ellenofona o per lo meno in tempi recenti, si trova inclusa dai confini amministrativi medesimi. L'esempio potrebbe estendersi anche a Palizzi, a Staiti, a San Lorenzo, a Brancaleone, etc. In questa prospettiva forse sarà bene distinguere un'Area Culturale Grecanica da quella che oggi è l'Isola Ellenofona. L'ISOLA ELLENOFONA Il greco di Calabria è oggi in fortissima, forse irreversibile crisi. La lingua è conosciuta dalle fasce generazionali anziane di Bova, in modo frammentario da quelle di Amendolea e di Condofùri, in un modo più diffuso generazionalmente ma oramai in ambito soprattutto privato a Gallicianò ed a Roghudi Nuovo. Si può considerare scomparsa in tutti gli altri siti. Interessante il fenomeno di Bova Marina dove permane, sia per immigrazione dai paesi interni sia per attività di vera e propria riscoperta da parte di un piccolo ma significativo nucleo ellenofono. I confini dell'Area Culturale Grecanica sono invece ben più vasti. Se vogliamo inserire tutti i siti che fino a tempi recenti, fra XIX e XX secolo erano ellenofoni partiamo dalle porte di Reggio Calabria sino a tutto l'Aspromonte jonico e sino, probabilmente, alla stessa Locride. Se invece, sulla scia di quanto messo in luce da Rohlfs, si vuole riferire a tutta l'area ellenofona ancora all'inizio dell'Età Moderna allora l'Area Culturale Grecanica arriverà facilmente sino all'Istmo di Catanzaro.


In questa prospettiva l'Isola Ellenofona è veramente l'ultima testimonianza vivente di un mondo linguistico che è stato comune e che oggi più che mai è importante riscoprire e salvaguardare. GLI ARCAICI La difficoltà storica degli spostamenti nell'area grecanica si “leggono” tutt'ora nel suo paesaggio. Un altipiano solenne ed aspro, ricco di fiumare e di calanchi, di colline dalla fioritura dolcissima e policroma e di coste franose come lame implacabili pronte a colpire. E' un paesaggio che non può non scuotere il viaggiatore sia nei suoi aspetti bizzarri come Ta Vrastarucia, Le Caldaie del Latte o I Rrocca tu Ddracu, la Rocca del Drago o per i paesaggi infiniti che dai Campi di Bova, appena dopo il Passo della Zita fanno perfettamente vedere l'Etna e la Sicilia nelle giornate quando lo scirocco tace. Nonostante le poche strade dell'oggi, questo paesaggio per secoli è stato percorso esclusivamente a piedi o a dorso d'asino anche se gli ultimi cinquant'anni hanno portato trasformazioni radicali nella geografia antropica dell'Area Grecanica. L'Aspromonte ellenofono nella sua dimensione arcaica era senza vere strade carrabili se non la ferrovia e la statale costiera tracciate fra la fine dell'800 ed i primi del '900 e con esse l'unico tortuoso percorso anch'esso carrabile da Bova Marina a Bova. Tutto il resto somigliava ad un piccolo sistema solare nel quale una rete di mulattiere e sentieri collegava l'epicentro commerciale ed artigianale di Bova con tutto l'entroterra. Bova era così una meta obbligata per chi voleva vendere e comprare senza andare, con un lungo giorno di cammino via montagna, sino a Reggio o sulla costa sino a Bovalino. Questa situazione che potremmo definire "non carrabile" si protrasse anche per buona parte del XX secolo. Sino agli anni '60 era ancora conveniente andare a Reggio a piedi via montagna se non guadagnare metapòdia la marina per prendere il treno. Si pensi ad es. che Africo fu abbandonato nel '51 che ancora non aveva la strada, che i vecchi siti di Roghudi e di Chorio furono raggiunti da una strada bianca solo nei primi anni sessanta. Così via sino al paradosso dell'oggi con Gallicianò ancora collegata da uno sterrato piuttosto precario. Senza dubbio questa situazione d'isolamento consentì la sopravvivenza della lingua insieme con un'economia chiusa, spesso non monetaria. Un esempio per tutti è quello degli anni cinquanta/sessanta quando gli abitanti di una Roghudi senza strada compravano di tutto, dai tessuti industriali ai medicinali, barattando con prodotti della terra e della pastorizia. D'altra parte, il viaggiatore a piedi "per eccellenza" del territorio grecanico, l'inglese Edward Lear aveva potuto costatare a metà del XIX sec. che la strada finiva a Melito e che i sentieri interni erano l'unica via di spostamento possibile. Il percorso di Lear, il cosiddetto “Sentiero dell'Inglese” è oggi oggetto di recupero eco-turististico ed escursionistico da parte di Cooperative giovanili locali. In quest'ambito si può definire pionieristico, da circa dieci anni a questa parte, il lavoro di Pasquale Valle e “Naturaliter” che ha creato una rete di ospitalità rurale sulle tracce del viaggio di Lear. Nell'area grecanica ritorna oggi dunque il viaggio "a piedi" ma nella rinnovata veste eco-turistica. E' un'occasione per riscoprire un tempo "lento" e soprattutto gli inimitabili profumi e panorami della montagna mediterranea.


L'importanza di Bova, centro di una vera rete di sentieri, si riflette anche nella toponomastica dell'intera area. Il nome "convenzionale" di Bova/Vua nell'area grecanica è i Chora, il paese "per eccellenza", l'insediamento più rilevante in un'area di piccoli borghi agro-pastorali. “Pame stin Chora” è modo comune in grecanico per dire "andiamo a Bova" intendendo dunque Chora come "capoluogo territoriale". In greco moderno, infatti, la parola Chora assume anche il significato di comprensorio, territorio. Diverso è il caso del toponimo Chorìo molto diffuso nella zona. Esso proviene dal bizantino Chorìon, villaggio. In tutta l'area grecanica, i vari Chorio assumono il carattere di piccole frazioni associate ad una località "madre": Chorio di Melito, Chorio di Roccaforte, Chorio di Roghudi, Chorio di San Lorenzo. LA STORIA La grecità in Calabria ha radici antichissime che non si limitano alla Magna Grecia ma si legano alla storia del Tema tis Calavrìas, la provincia occidentale dell'Impero Bizantino di cui la regione costituì per secoli un avamposto. Certo rimane un fatto straordinario la linea di ininterrotta continuità storico-linguistica che lega le prime colonie greche agli ellenofoni dell'Aspromonte di oggi. Ma se è probabilmente più nota la fase magnogreca, non altrettanto è quella bizantina che ebbe invece un aspetto centrale non solo politico quanto soprat tutto culturale, costituendo un elemento imprescindibile di lettura della storia regionale e facendo da rivitalizzante volano della grecità calabrese. Senza dubbio dunque la resistenza sino a tutt'oggi di comunità ellenofone in Calabria (ed in Puglia) si deve alla fondamentale spinta propulsiva del mondo bizantino. Buona parte della storia calabrese dunque, non solo quella degli ultimi testimoni linguistici dell'Aspromonte, va rivista alla luce di questa cardinale finestra orientale. LA MUSICA La musica e il canto tradizionale sono state in era pre-televisiva il divertimento pressoché esclusivo in tutto l'Aspromonte Greco. Con gli anni '50 e '60 fra calamità naturali, emigrazione e spopolamento dei paesi interni ellenofoni a mano a mano la musica tradizionale come forma sociale è andata progressivamente scomparendo. La musica tradizionale ed i suoi strumenti accompagnavano tutte le fasi del ciclo della vita e dell'anno: matrimoni, battesimi (canzoni e sonate a ballu), funerali (lamento funebre) nonché le feste comandate: il Santo patrono, Natale, Capodanno, Pasqua, Carnevale. Tutte le feste private erano inoltre rallegrate dal suono tradizionale costituendo una continua occasione di socializzazione e di divertimento (si veda la voce “La Danza dei Greci di Calabria”) legata soprattutto ai momenti di ballo. Permane un tessuto di musicisti e cantori tradizionali e l'Aspromonte ellenofono riserva comunque tutt'ora al visitatore attento, interessato alla musica tradizionale, più di una sorpresa.


Rimandando ad altra sede la più complessa analisi sulla cultura musicale dell'area, sul fascino e l'arcaicità del “suono all'antica”, possiamo qui di seguito segnalare alcuni degli strumenti della tradizione contadina e pastorale ellenofona. LA CUCINA La cucina tradizionale grecanica è spartana, di montagna, ma non per questo priva di sapore e di gustose sorprese. Sino agli anni '60 prevalevano alcuni elementi base oggi non sempre reperibili. Per il pane ad es. accanto alla farina di grano era in uso quella di segale, di ghianda o di castagna e varie altre farine minori. Per le paste, il grano talvolta si mescolava all'orzo, alla segale, al granoturco e così via. Fra le carni, un elemento cardine era senz'altro la capra (e la pecora) nonché il maiale. L'allevamento e la trasformazione del maiale nel mondo tradizionale avevano un'importanza centrale che si mantiene tuttora molto forte nella diffusa consuetudine dell'allevamento domestico. Assente il prosciutto (comune in altre aree montane calabresi come la Sila ed il Pollino) la salumeria locale contemplava, e contempla, tutti i possibili derivati: salsicce e soppressate, capicolli, carne in salamoia, sanguinaccio. Ancora oggi, il sacrificio dell'utile animale si accompagna con una festa familiare, la frittolata. Si consumano così, subito dopo la macellazione, le parti deteriorabili (cervella, fegato, polmoni, etc.) e si cuociono a fuoco lento tutte le rimanenze nella tradizionale caldaia per ricavarne cotiche e ciccioli. Altro elemento di rilievo nell'alimentazione locale sono i formaggi. Li troviamo nelle uniche ma succulente due varianti della ricotta e della formaggetta di mista pecora e capra. Ecco alcuni piatti tipici della cucina arcaica grecanica: accanto al pane nell'area grecanica compaiono altre forme minori che rientrano nella grande famiglia delle focacce mediterranee e che avvicinano la Grecìa gastronomica di Calabria alla Grecia. Prima di tutto la lestopitta. Da acqua e farina impastate ma non lievitate si ricava un disco piatto e sottile. Questa pittedda sarà successivamente fritta. Il procedimento rapido di cottura si rispecchia nel nome lestopitta, pitta veloce. La pitta 'rrustuta si avvicina maggiormente al pane ed alla pizza. L'impasto, una volta lievitato, è modellato nella classica forma a disco ma non così sottile come avviene per la lestopitta. Dopo di che viene messo a cuocere su una pietra resa incandescente dal fuoco a legna acceso sotto. Le Cordelle, conosciute in tutta l'area, le cordelle sono un tipo di pasta più rara dei Maccheroni. Una certa difficoltà realizzativa e la sempre maggior rarità della farina di segale (jermanu) suo elemento base le rende un incontro gastronomico non facile. La scura farina di segale si impasta con uovo e latte e si ricava un unico maccherone sfilato a mano senza buco centrale. La lunga cordicella di pasta si arrotola nella caratteristica forma elicoidale e si lascia asciugare. A cottura ultimata in abbondante acqua le cordelle si condiscono spesso in modo molto semplice: olio, formaggio e pepe nero e/o rosso. I maccarruni sono la variante locale della pasta casereccia diffusa in tutta la Calabria, conosciuta come "maccherone al ferretto". Secondo il procedimento più all'antica, dall'impasto di acqua e farina si sfilano a mano i maccheroni, uno per uno, utilizzando uno stelo (cànnici) in luogo del


ferretto per ricavare il foro centrale di cottura. Una volta cotta, la pasta si condisce rigorosamente con il sugo bianco o rosso della capra in umido. Carni minute In un'economia nella quale la pastorizia aveva un ruolo di primo piano le carni ovine e caprine avevano un ruolo alimentare altrettanto importante. In particolare la capra, più selvatica e meno grassa della pecora, è l'indiscussa carne per eccellenza della cucina arcaica aspromontana. La principale forma di cottura è quella in umido con esclusivamente la cipolla e l'alloro. Erano anche diffuse alcune forme di cottura oggi quasi scomparse. Particolarmente arcaica la capra (o la pecora) sottoterra. In una fossa si predispone un fondo di sabbia e felci. Su di esso si dispone la carne fatta a pezzi, condita con sale ed aromi e richiusa nelle interiora. Si copre sempre con sabbia e felci e sopra si accende un fuoco per circa dieci, dodici ore. All'agnello o al capretto si riservava invece un tipo di cottura conosciuta ancora oggi in tutti i Balcani. Il procedimento si definisce "carne in tortiera". Su un letto di braci si dispone una pentola di coccio con dentro le carni predisposte per la cottura. Sul coperchio sovrapposto si stende un ulteriore strato di braci e si lascia cuocere in una sorta di forno a cielo aperto. NOTA REGIONE CALABRIA LEGGE REGIONALE 30 ottobre 2003, n. 15 “Norme per la tutela e la valorizzazione della lingua e del patrimonio culturale delle minoranze linguistiche e storiche di Calabria”. FOTO CORRELATE






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