//Restyling National Geographic magazine

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€ 4,50

NATIONAL

LUGLIO 2015

GEOGRAPHIC ITALIA

I Macachi

del Giappone

Nella glaciale Valle dell’Inferno trovano il paradiso

GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA

MONUMENTO EUROPEO DI BIODIVERSITÀ

ALBERGO DIFFUSO

NUOVA FORMA DI OSPITALITÀ

NATIONAL GEOGRAPHIC IN ITALIANO - MENSILE - LUGLIO 2015 - N.1 - POSTE ITALIANE SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 CONV.L. 46/2004, ART. 1, C. 1, DCB - MILANO



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Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Un monumento europeo alla biodiversità.

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SOMMARIO

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I Macachi del Giappone. Nella glaciale Valle dell’Inferno, i macachi trovano il paradiso.

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56 Albergo Diffuso. Nuova forma di ospitalità, unica nel suo genere e tutta all’italiana.

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Mostri - Creature Fantastiche della Paura e del Mito. Esposizione al Palazzo Massimo alle Terme - Roma.

2015 REPORTAGE I Macachi del Giappone. Nella glaciale Valle dell’Inferno, i macachi trovano il paradiso........28 Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Un monumento europeo alla biodiversità.............................44 Albergo Diffuso. Nuova forma di ospitalità, unica nel suo genere e tutta all’italiana......................................56 Mostri - Creature Fantastiche della Paura e del Mito. Esposizione al Palazzo Massimo alle Terme - Roma................................64 La Vita segreta delle Balene. Il Viaggio di Roger Payne..............80

LE RUBRICHE Editoriale Manuale di sopravvivenza National Geographic.it L’orologiaio miope Basic Instinct EXPLORE........................................14 Antiche civiltà Nel cuore di Londra migliaia di scheletri della grande peste. Scienze I canyon di Marte modellati dal vento. Persone Sopravvivere a Hong Kong. Terra Vivere il Mare. Un altro continente di plastica. VISIONS.........................................20 la mia foto

80 La Vita segreta delle Balene. Il Viaggio di Roger Payne.

Nel prossimo numero National Geographic in TV In lettura Archivio italiano Blow up

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RIVISTA UFFICIALE DELLA NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY “INSPIRING PEOPLE TO CARE ABOUT THE PLANET”

GARY E.KNELL, President and CEO Inspire Science and exploration, Terry D. Garcia Illuminate Media, Decian Moore Teach Education, Melina Gerosa Bellows EXECUTIVE MANAGEMENT Terry Adamson, Legal and International Editions Tara Bunch, Chief of staff Betty Hudson, Communications Chris Johns, Content Brooke Runnette, NG Studios Thomas A. Sablò, Talent and Diversity Tracie A. Winbigler, Operations

EDI TO RIA LE

INTERNATIONAL PUBLISHING Yulia Petrossian Boyle, Senior Vice President Ross Goldberg, Vice President of Strategic Development Rachel Love, Vice President of International Publishing and Business Development Cynthia Combs, Ariel Deiaco-Lohr, Kelly Hoover, Diana Jaksic, Jennifer Jones, Jennifer Liu, Rachelle Perez BOARD OF TRUSTEES John Fahey, Chairman Dawn L. Arnall, Wanda M. Austin, Michael R. Bonsignore, Jean N. Case, Alexandra Grosvenor Eller, Roger A. Enrico, William R. Harvey, Gary E. Knell, Maria E. Lagomasino, Nigel Morris, George Munoz, Reg Murphy, Patrick F. Noonan, Peter H. Raven, Edward P. Roski, Jr., B. Francis Saul II, Ted Waitt, Tracy R. Wolstencroft

“La montagna incantata” di MARCO CATTANEO Foto di MARTA PALMISANO

Chiamato dagli antichi Romani Fiscellus Mons (Monte Ombelico) per la sua posizione centrale nella penisola italiana (Catone, Plinio, Silio Italico), questo massiccio montuoso era denominato nel Medioevo Monte Corno, dizione che serviva ad indicare sia il Corno Grande sia, per estensione, l’intera catena. Secondo il celebre geografo Roberto Almagià, la denominazione “Gran Sasso” è molto tarda e risalirebbe addirittura al Rinascimento. Per questo autore, il primo abbozzo del toponimo è da ricercarsi in un poemetto del 1636 scritto da Francesco Zucchi di Montereale, in cui si fa riferimento al massiccio come al «Sasso d’Italia». Il primo documento in cui entrambe le denominazioni compaiono senza possibilità di equivoco è la “Carta topografica del Contado e della diocesi dell’Aquila” (seconda metà del XVIII secolo), nella frase: «Monte Corno ovvero Gran Sasso d’Italia». A dare conferma alle parole dell’Almagià sembra essere la consuetudine delle popolazioni locali che, ancora oggi, nei paesi che circondano la montagna, fanno riferimento al massiccio utilizzando il toponimo “Monte Corno”. Innovativi e invoglianti sono i borghi medioevali esistenti lungo i piedi

RESEARCH AND EXPLORATION COMMITTEE Peter H. Raven, Chairman John M. Francis, Vice Chairman Paul A. Baker, Kamaljit S. Bawa, Colin A. Chapman, Keith Clarke, J. Emmett Duffy, Carol P. Harden, Kirk Jonhson, Jonathan B. Losos, John O’Loughlin, Naomi E. Pierce, Jeremy A. Sabloff, Monica L. Smith, Thomas B. Smith, Wirt H. Wills EXPLORERS-IN-RESIDENCE Robert Ballard, Lee R. Berger, James Cameron Sylvia Earle, J. Michael Fay, Beverly Joubert, Dereck Joubert, Louise Leakey, Meave Leakey, Enric Sala, Spencer Wells La National Geographic è stata fondata a Washington, D.C. come Associazione scientifica e pedagogica senza fini di lucro. Dal 1888, la Society ha sostenuto oltre 9000 esplorazioni e progetti di ricerca per contribuire alla conoscenza della terra, dei mari e del cielo. Copyright © 2015 National Geographic Society. All rights reserved. National Geographic and Yellow Border: Registered Trademarks ® Marcas Registradas. National Geographic assumes no responsibility for unsolicited materials. Printed in U.S.A.

NATIONAL GEOGRAPHIC SUSAN GOLDBERG, Editor in Chief KEITH JENKINS, Digital General Manager David Brindley, Managing Editor Dannis R. Dimick Executive Editor Environment Sarah Leen, Director of Photography David Lindsey, Executive Editor News and Features Bill Marr, Executive Editor Special Projects Jamie Shreeve, Executive Editor Science Kaitlin M. Yarnall, Executive Editor Cartography, Art and Graphics INTERNATIONAL EDITIONS Amy Kolczak, Editorial Director Darren Smith, Deputy Editorial Director Laura Ford, Multimedia Editor Sharon Jacobs, Production Maureen Flynn, Ron Williamson, Contributing NG Staff

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Editoriale

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ITALIA

SUPERVISORE EDITORIALE Daniela Hamaui DIRETTORE RESPONSABILE Marco Cattaneo CAPO REDATTORE Marina Conti

Per scrivere alla redazione forum@nationalgeographic.it

Sextantio Albergo Diffuso - Abruzzo

In copertina: I Macachi del Giappone Fotografia di SIMONE SBARAGLIA

della montagna, nascono da un progetto di recupero, tutela e ridestinazione di antichi borghi dell’Abruzzo, ma anche di altre regioni d’Italia. L’idea è quella di creare un albergo all’interno di diversi edifici di piccoli villaggi, facendo rivivere l’atmosfera antica, l’identità di questi luoghi e offrendo un’ospitalità esclusiva ed accattivante. Atmosfere intime ed esclusive in cui le tracce del passato di questi ambienti riprendono vita. Camere all’apparenza spartane, riproposizione di antichi ambienti in cui ritrovare un senso di familiare accoglienza. Nascono così alloggi di grande fascino dove al fianco di camini tradizionali e luoghi appartenenti all’organizzazione domestica, si trovano accessori di moderno design. Saranno gli ospiti a fare rivivere l’antico paese, le sue case, le sue stanze e la vita di un piccolo paese nel cuore della campagna dell’Abruzzo. Godetevi il paesaggio e assaporate la vita abruzzese in questo nuovo articolo, con consigli culturali ed escursionistici. Lasciatevi emozionare da questa terra antica ricca di fascino e tradizione che offre atmosfere e sapori autentici rimasti inalterati nel tempo.

REDAZIONE Michele Gravino Marco Pinna Marella Ricci, Grafica e layout VIDEOIMPAGINAZIONE Rosaria Ceccarelli SEGRETERIA E COORDINAMENTO EDITORIALE Anna Maria Diodori MARKETING Lorenzo d’Auria TRADUTTORI Paola Gimigliano Angelo Mojetta Lisa Signorile Per Scriptum, Roma: Irene Iserra, Claudia Valeria Letizia PUBBLICITÀ A. Manzoni & C. S.p.A. Via Nervesa, 21 20130 Milano (Italia) Tel. (02) 574941 Fax (02) 57494953 www.manzoniadvertising.it STAMPA Punto web - Variante di Cancelleria snc. Ariccia (RM) ABBONAMENTI E ARRETRATI Somedia S.p.A. Tel. *199.78.72.78 (*0864.25.62.66 per chi chiama da telefoni non abilitati o cellulari). Il costo massimo della telefonata da rete fissa è di 14,37 cent di euro al minuti +6,24 cent di euro di scatto alla risposta (iva inclusa). Per chiamate da rete mobile il costo massimo della chiamata è di 48,4 cent di ero al minuto +15.62 cent di euro di scatto alla risposta (iva inclusa). Fax 02.26681991 (dal lunedì al venerdì ore 9-18). email: abbonamenti@somedia.it email: arretrati@somedia.it Registrazione del Tribunale di Roma n. 652/97 del 2 dicembre 1997

GRUPPO EDITORIALE L’ESPRESSO SpA CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE PRESIDENTE Carlo De Benedetti AMMINISTRATORE DELEGATO Monica Mondardini CONSIGLIERI Agar Brugiavini, Rodolfo De Benedetti, Giorgio di Giorgio, Francesco Dini, Maurizio Martinetti, Silvia Merlo, Elisabetta Olivieri, Tiziano Onesti, Luca Paravicini Crespi, Michael Zaoui DIRETTORI CENTRALI Pierangelo Calegari (Produzione e Sistemi informativi), Stefano Mignanego (Relazioni esterne), Roberto Moro (Risorse umane)

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MANUALE DI SOPRAVVIVENZA Testo e illustrazione di Marta Palmisano

Alla scoperta del Mar Ionio e della sua biodiversità

Amante del mare e della vita sottomarina, io e il mio gruppo subacqueo “Costa del Sud”, una mattina di agosto, decidemmo di immergerci tra le acque della costa ionica salentina, con destinazione Grotta delle Corvine. Situata nella spettacolare Cala di Uluzzu, nell’area marina antistante il Parco di Porto Selvaggio (Nardò, LE), la Grotta delle Corvine è la più grande tra quelle fino ad ora localizzate nella zona e tra le più grandi dell’intera area costiera salentina. L’ampio ingresso dell’ipogeo (alto circa 4 metri e largo 8) si apre a 12 metri di profondità, ed immette in una spaziosa galleria lunga più di 10 metri. Decidemmo di percorrere la parete esterna alla grotta, e un’ombra nella roccia colse l’attenzione di un mio compagno di gruppo. Lo guardai, rimasi in allerta e attesi una sua rassicurazione, ma questa non fece in tempo ad arrivare. In pochi secondi, l’ombra sconosciuta si traformò in una mandibola di denti e occhi sgranati che si avventarono sulla mia maschera, una murena di circa 1,50 m, spaventata dalla nostra intrusione, uscì dal lato opposto alla sua tana e mordendo il primo ostacolo sul suo passaggio, in un attimo si mimetizzò con lo sfondo del blu profondo. Scioccata e bloccata dal momento, guardai i miei compagni e con uno sguardo di approvazione, continuammo il nostro percorso. Nonostante lo spavento iniziale, la mia voglia di scoprire e di vivere il mare era sempre più grande, niente di più bello può colmare la tua anima, nel rispetto e nell’amore di chi lo vive.


NATIONAL GEOGRAPHIC.IT Testo di Janet J. Lee

La guerra delle api, amazzoni spietate Le operaie di due specie di api australiane, ingaggiano per settimane lotte senza quartiere per il controllo degli alveari, mentre i fuchi stanno a guardare

Molti apicoltori in Australia tengono colonie delle specie Tetragonula carbonaria (nella foto mentre raccoglie nettare da un fiore) e Tetragonula hockingsi accanto le une alle altre. Di solito le due specie convivono pacificamente, ma ecco che un giorno, “all’improvviso, una colonia finisce sotto attacco”, racconta il responsabile dello studio Paul Cunningham, entomologo della Queensland University of Technology di Brisbane, in Australia. Capire cosa innesca la dichiarazione di guerra di un alveare all’altro può senz’altro prevenire che il miele degli apicoltori venga distrutto, spiega Cunningham. Per questa ragione, Cunningham e colleghi hanno osservato guerre fra colonie dal 2008 al 2013, durante le quali entrambe le specie sono state, di volta in volta, sia nelle vesti di aggressori che di aggrediti.

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L’OROLOGIAIO MIOPE Testo di Ilaria Marano; illustrazione di Marta Palmisano

Nautilus Dall’Oceano, il fossile ancora vivente, descritto nella sua complessità È un genere di molluschi cefalopodi tetrabranchiati, considerato estinto in seguito ai ritrovamenti fossili risalenti al Paleozoico, che è stato osservato per la prima volta in vita solamente nel 1829, pertanto è classificato come fossile vivente, per quanto la sua conchiglia, proveniente dai commerci con le Indie orientali, fosse ben nota ed usata in oreficeria già nel secolo XVII. Il nautilus si presenta come una grossa conchiglia (anche oltre i 20 cm di diametro a sezione di spirale logaritmica) con l’apertura rivolta verso l’alto in cui vive un corpo molle con una grossa testa composta da occhi

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grandi, un rugoso mantello posto a protezione di metà capo e carnosi tentacoli intorno ad un becco simile a quello di un pappagallo, con cui l’animale rompe le corazze dei crostacei di cui si nutre. Il nicchio è concamerato, presenta cioè un canale che collega i vari compartimenti e permette al gas azotato ivi contenuto di passare attraverso i setti trasversali che delimitano le camere, favorendo il galleggiamento dell’animale, nella sua posizione verticale, tramite regolazioni di pressione.

Visione prospettica della conchiglia, realizzata in digitale


BASIC INSTINCT

Amore e piacere nel mondo animale Testo di Michele Graziani

La Mantide religiosa

La mantide è un insetto predatore dell’ordine Mantodea. Vive in tutte le zone a clima temperato e tropicale. Le neanidi della mantide in natura nascono in maggio/giugno, per diventare adulte nel mese di agosto. Le uova vengono deposte in ooteche, prodotte dalla femmina, durante la stagione fredda. Ogni ooteca contiene in media 60-70 uova e può arrivare fino a 200. L’accoppiamento delle mantidi è caratterizzato da cannibalismo post-nuziale: la femmina, dopo essersi accoppiata, o anche durante l’atto, divora il maschio partendo dalla testa mentre gli organi genitali proseguono nell’accoppiamento. Questo comportamento è dovuto al bisogno di proteine, necessarie ad una rapida produzione di uova; prova ne è che la femmina d’allevamento, essendo ben nutrita, sovente “risparmia” il maschio. Si nutrono di mosche, grilli e altri piccoli insetti. Sanno camuffarsi facilmente tra le foglie, dove aspettano immobili le loro prede. Per difendersi dagli attacchi di insetti antagonisti la mantide apre di scatto le proprie ali per sembrare più grande.

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EXPLORE Antiche civiltà

Nel cuore di Londra, migliaia di scheletri della grande peste Scoperti durante gli scavi nella stazione di Liverpool Street Tremila scheletri delle vittime della grande peste del 1665 sono stati scoperti nel cuore della City di Londra, durante gli scavi per la realizzazione della nuova biglietteria della stazione ferroviaria di Liverpool Street. Secondo gli archeologi, si tratta della più importante scoperta relativa al periodo Tudor, e il cimitero si trova sopra importanti rovine di epoca romana. Il ritrovamento non rallenterà i lavori per la realizzazione dell’opera pubblica: gli archeologi avranno a disposizione solo sei settimane per concludere lo scavo, dopodiché la costruzione riprenderà. Per questo è previsto che lo scavo proceda giorno e notte.

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Vi erano sepolti i cittadini le cui famiglie non potevano pagare un funerale religioso ha dichiarato Jay Carver, responsabile degli scavi

La grande peste fu un’epidemia diffusasi in Inghilterra che portò alla morte tra le 75mila e le 100mila persone (più di un quinto dell’intera popolazione di Londra). Storicamente si ritiene che la malattia sia stata un’infezione di peste bubbonica provocata dalla diffusione di un bacillo denominato Yersinia pestis trasmesso attraverso la puntura delle pulci dei ratti o tramite il morso dei ratti stessi o di altri roditori. Questa fu così denominata “grande” perché fu una delle ultime malattie che ebbero una larga diffusione sul territorio britannico. La gigantesca fossa comune scoperta a Liverpool è riconducibile al “Bedlam”, il primo cimitero municipale collocato al di fuori delle mura cittadine, in uso tra il 1569 e il 1738 per seppellire coloro che non potevano permettersi una tomba in chiesa o che erano stati discriminati.

Per rimuovere i resti sono stati chiamati 60 archeologi del Mola (Museo Archeologico di Londra) che per sei giorni hanno lavorato per mettere in sicurezza e catalogare i reperti. Una volta terminati gli scavi del cimitero, gli archeologi attaccheranno gli strati anteriori, che risalgono all’epoca medievale e all’epoca romana. Complessivamente saranno esaminati gli strati fino a sei metri di profondità

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EXPLORE Scienze

IL VENTO HA SCOLPITO I CANYON DI MARTE (fonte: Microsoft/NASA)

I canyon di Marte modellati dal vento Modificate le “tracce” scavate dai fiumi È il vento l’invisibile ‘artigiano’ che ha rimodellato i canyon scavati dai fiumi, sia della erra che di Marte. Uno studio realizzato da Jonathan Perkins, dell’Università della California a Santa Cruz, indica come l’azione costante del vento, nel corso di miliardi di anni, abbia alterato notevolmente le direzioni e le forme dei canyon creati dalla forza delle acque, soprattutto in pianeti aridi come Marte. Misurato sulla scala dei tempi “umani”, il paesaggio sembra un qualcosa di quasi immutabile ma in realtà viene costantemente e lentamente

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plasmato dagli agenti atmosferici. Tra questi il più potente è certamente l’acqua che, scorrendo in fiumi, è capace di erodere il terreno stravolgendo il paesaggio e creare lunghe ‘cicatrici’, i canyon. Lo studio dei canyon è un fondamentale strumento per studiare il passato dei pianeti, della Terra come di Marte, permettendo di comprendere come fosse il clima e, più in generale, l’evoluzione dell’ambiente in miliardi di anni. A modellare i pianeti però è anche il costante e invisibile “lavorio” del vento, una “forza” di cile da misurare. Analizzando una serie di canyon delle Ande, in una regione particolarmente secca e caratterizzate da venti forti e costanti, i ricercatori sono ora riusciti a misurare la “forza” dell’aria nel trasformare queste strutture. Ne è emerso che i canyon, inizialmente scavati dai fiumi, vengono in realtà “stravolti” dal vento, trasformandone il percorso, facendoli diventare più lunghi, larghi e dritti. Un ruolo quindi fondamentale soprattutto in paesaggi molto aridi come quello di Marte, dove gli oceani sono scomparsi già miliardi di anni fa e dove quindi l’azione del vento, avvertono i ricercatori, potrebbe aver avuto un ruolo cruciale nel modellare i canyon attualmente visibili.


EXPLORE Persone

Sopravvivere a Hong Kong I micro appartamenti visti dall’alto Ad Hong Kong, a causa della densità di popolazione gli spazi scarseggiano e le abitazioni sono piccole e costose. C’è un solo punto di vista in grado di documentare i micro appartamenti claustrofobici di Hong Kong: quello dall’alto. È sul soffitto, infatti, che i fotografi autori di questi scatti hanno posizionato la loro fotocamera, riuscendo in tal modo a dare un’idea delle reali

(e ristrette) dimensioni in cui si svolge la vita di chi occupa questi cubicoli stracolmi di oggetti e, spesso, privi anche delle finestre. Una soluzione diffusa, questa, in una metropoli caratterizzata da una densità di popolazione estremamente elevata. L’idea è della Society for Community Organization, un’associazione che opera proprio ad Hong Kong in difesa dei diritti umani.

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EXPLORE Pianeta Terra

Vivere il Mare

DANNI Tutta la plastica è dannosa a causa della sua indistruttibilità e permanenza quando dispersa nell’ambiente. Non essendo biodegradabile non si dissolve ma si frantuma molto lentamente in parti

Un altro continente di plastica gni anno finiscono negli oceani fra 5 e 1 milioni di tonnellate di plastica: una quantità che potrebbe coprire un’area compresa tra 21 e 64 volte gli 87,5 chilometri quadrati di Manhattan, e che potrebbe aumentare di 10 volte entro il 2025. È la stima che emerge dal gruppo dell’università americana della Georgia, coordinato da Jenna Jambeck. I ricercatori

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sono gli Stati Uniti. Anche se è nota la presenza di vere e proprie “isole” di plastica negli oceani, la quantità che finisce in mare ogni anno non era stata ancora calcolata. La stima è stata possibile grazie al modello che mette in relazione la quantità di rifiuti solidi prodotta da un Paese, densità della popolazione e condizione economica. Secondo gli autori la causa di questo inquinamento è dovuta soprattutto alla qualità dei sistemi di gestione

Il Paci c Trash Vortex, nota anche come grande chiazza di immondizia del Pacifico, è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante

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hanno calcolato la quantità di rifiuti solidi prodotta in 192 Paesi costieri di tutto il mondo, compresa l’Italia, e con un modello matematico hanno calcolato che la quantità di plastica arrivata in mare nel 2010 è stata di circa 275 milioni di tonnellate. ra i 20 maggiori produttori di rifiuti (dei quali non fa parte l’Italia) la Cina è al primo posto, seguita da Indonesia e Filippine, al ventesimo posto ci

COSA POSSIAMO FARE? Si può essere parte della soluzione ed essere un modello per gli altri , educando su ciò che sta accadendo al nostro ambiente e preoccupandosi di come le nostre azioni hanno un impatto sull’ambiente e su tutti gli esseri viventi (compresi noi), cose semplici che si possono fare...

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Mai accettare sacchetti di plastica al supermercato. Sarebbe preferibile portate con sè i propri sacchetti riutilizzabili


sempre più piccole. Frantumandosi raggiunge formati sempre più minuti così da poter essere ingerita da ogni organismo che abita gli oceani. È stato dimostrato che questi contaminanti possono migrare nei cibi e con il passare degli anni si accumulano nei tessuti degli organismi viventi, alterandone il sistema ormonale, causando tumori, danni a fegato e reni, disfunzioni del sistema riproduttivo e alterazioni del sistema immunitario.

dei rifiuti adottati. I Paesi di tutto il mondo, sottolineano gli autori, devono ridurre gli sprechi fin da adesso, gestendo meglio i rifiuti e riciclando maggiormente la plastica, al fine di evitare che tra 10 anni ne finiscano in mare 155 milioni di tonnellate. Per avere un’idea delle dimensioni del fenomeno, basti pensare che nel 2013 la produzione mondiale di resina plastica alla base di involucri, bottiglie e sacchetti ha raggiunto 299 milioni di tonnellate.

ESTATE 2014

Elaborazione Legambiente Indagine Goletta Verde Marine litter PERCENTUALE DI PLASTICA TROVATA NEI NOSTRI MARI

LA PLASTICA

CONTIENE SOSTANZE TOSSICHE

% di plastica 100

90

91%

90%

85%

FTALANI

80

70

RITARDANTI DI FIAMMA

60

299 milioni di tonnellate

50

40

BISFENOLI BPA

30

20

Sono additivi chimici che vengono ingeriti da pesci, molluschi e mammiferi.

10

647%

1975

2

Le bottiglie d’acqua di plastica non solo contengono sostanze chimiche come il bisfenolo A (BPA) che causano il cancro, ma sono un enorme onere per il nostro ambiente. È così facile comprare bottiglie di vetro o bottiglie di plastica riutilizzabili, che è possibile utilizzare per gli anni a venire, risparmiando anche denaro

3

Evitare posate, bicchieri e piatti di plastica

4

Mar Ionio

RISPETTO AL

Mar Adriatico

UN AUMENTO DEL

Mar Tirreno

0

Riciclare, riciclare, riciclare...

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VISIONS


ITALIA - Roma Il GRA, Grande raccordo anulare. Frenetico di giorno e pacato di notte, coglie l’attenzione del fotografo. “Light painting” è la tecnica utilizzata: sfruttare il buio, utilizzare lunghe esposizioni a otturatore aperto, seguire il flusso dinamico dei soggetti ed ecco create spettacolari luminescenze.

FOTO: MARTA PALMISANO





TURCHIA - Istanbul Dal più grande e antico Bazar del mondo, alla magnificienza delle Moschee e dei suoi acquedotti, Istanbul conquista la “bellezza plurale”.

FOTO: MARTA PALMISANO





SPAGNA - Siviglia Las Setas, ovvero “i funghi”, così soprannominato il Metropol Parasol, una megastruttura alta quasi trenta metri che ospita un museo archeologico, un mercato agricolo, una piazza sopraelevata, bar, ristoranti e una grande terrazza panoramica.

FOTO: MARTA PALMISANO




VISIONS nationalgeographic.it/lamiafoto

Le foto dei lettori Ogni mese le migliori immagini caricate sul nostro sito

Londra - Paesaggio urbano, in un tipico pomeriggio nuvoloso. L’autore della foto ha voluto far risaltare il tratto pittorico della pioggia che avvolge l’ambiente malinconico e surreale.

Civita di Bagnoregio (VT) Esposizione di frutta e ortaggi durante il suggestivo Presepe Vivente del paese. L’autore viene attratto dai colori sgargianti della natura morta e dal loro valore di semplicità e qualità.

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Sri Lanka - Ruota del pavone maschio. Si tratta di un simbolo di buon auspicio e qualche volta per la bellezza delle sue piume è anche un simbolo di orgoglio e vanità. Il fotografo resta incantato ad ammirarlo in tutta la sua magnificienza e regalità.

Isola di Sumatra - Giovane orango femmina colta in un momento di particolare curiosità. Il fotografo riesce a sorprendere la sua dolcezza e timidezza in un unico scatto, manifestando la meravigliosa parentela di questa specie al genere umano. LUGLIO

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fotografie di Simone Sbaraglia

I MACACHI - del GIAPPONE Parco Jigokudani

A 200 chilometri a Nord di Tokyo, nella glaciale Valle dell’Inferno, i macachi giapponesi trovano il paradiso. Ad attirarli sono le calde pozze termali dove rimangono in ammollo per ore. Una vera e propria SPA, con tutti i comfort.




Le colonie sono costituite da un numero variabile di individui: si va da pochi elementi a centinaia di macachi


Testo di Simone Sbaraglia

G

Giocare a palle di neve, fare lunghi bagni nelle piscine termali con l’acqua a 50 gradi, tenere d’occhio i propri figli mentre si rincorrono senza sosta. Non stiamo parlando della settimana bianca in un’esclusiva località della Svizzera, ma delle curiose e quanto mai umane abitudini delle “snow monkeys”, i macachi giapponesi (Macaca fuscata), cos chiamati per la loro predilezione al rigido e ostile ambiente di Jigokudani, o Valle dell’Inferno. Ci troviamo nella zona montuosa a oriente di

Il macaco giapponese, detto anche scimmia delle nevi o macaco dalla faccia rossa, è una specie endemica del Giappone e vive principalmente nelle foreste del nord dell’isola di Honshu e nelle isole yukyu. l’unica specie di scimmia in grado di sopportare un clima molto freddo, con

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Nagano, nell’isola giapponese di Honshu: qui d’inverno la temperatura arriva a 16 gradi sotto zero, con abbondanti precipitazioni nevose e un clima reso ancor più insopportabile dall’elevata umidità e da sferzanti venti polari. Le sponde del fiume okoyu sono sempre in ombra, silenziose e fredde è in questa zona vulcanica, ricca di piscine termali e avvolta in pittoresche nebbie, che i gruppi di scimmie giungono ogni giorno, dopo aver disceso le montagne su cui trascorrono la notte.

temperature che scendono anche a 10 gradi sottozero, sono gli unici primati, a esclusione dell’uomo, ad essersi adattati a vivere a latitudini così elevate. Si tratta di scimmie dal peso di circa 18 chili la cui vita media dura 35 - 40 anni, dotate di una vista molto sviluppata e di una spiccata intelligenza



UN CURIOSO COMPORTAMENTO I piccoli, incredibilmente attivi in un clima così ostile, giocano facendo rotolare sul terreno ghiacciato palle di neve più grandi di loro contendendosele animatamente. Una femmina adulta assaggia con la mano la temperatura dell’acqua e s’immerge senza esitazione, seguita da altre compagne e da alcuni cuccioli. Rimarranno in ammollo per molte ore, alternando lunghi periodi di relax alla ricerca del cibo. Impossibile non ritrovare nel comportamento di questi primati atteggiamenti tipicamente umani;

Sono naturalmente curiosi e giocano con la neve, a volte rotolando delle palline di neve o semplicemente esaminandone la trama

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le snow monkeys sono gli unici animali al mondo a fare bagni termali, una peculiarità ancora inspiegata, così come rimane un mistero il perché le scimmie non si ammalino passando dall’acqua bollente ai quasi 20 gradi sotto zero dell’ambiente circostante. Lo spettacolo si può osservare solo in questa remota regione durante i mesi di gennaio e febbraio, perch in primavera, appena l’aria inizia a scaldarsi, i macachi perdono qualsiasi interesse per le pozze umide e calde e si ritirano sulle montagne.


Oltre al bagno nelle acque termali, i macachi giapponesi hanno acquisito nel tempo altri comportamenti che incuriosiscono gli etologi, come l’abitudine di lavare il cibo in acqua e quella di giocare con le palle di neve. La gente sottovaluta l’intelligenza degli animali, cos le persone sono spesso sorprese quando vedono questo genere di comportamenti



INCREDIBILMENTE SIMILI A NOI Alcune caratteristiche tipiche dei macachi sono l’abitudine di lavare il cibo prima di mangiarlo e di bere portando l’acqua alla bocca, raccogliendola nell’incavo della mano. Inoltre, sono in grado di camminare sulle sole gambe posteriori e di apprendere molto rapidamente, per imitazione, nuovi comportamenti. no studio effettuato su un gruppo di macachi dell’isola di Koshima, in Giappone, ha rivelato la capacità di questa specie, la stessa delle snow monkeys, di trasmettere insegnamenti di generazione in generazione. Nell’esperimento si osservò una femmina, chiamata Ima, lavare il cibo e “condirlo” nell’acqua salata del mare prima di mangiarlo. In breve tempo tutti i membri del gruppo appresero e adottarono questo comportamento, che venne poi tramandato alle future generazioni attraverso l’insegnamento. Si ritiene che anche la passione per le terme delle snow monkeys possa essere nata così: inizialmente qualche giovane particolarmente avventuroso si è probabilmente immerso nell’acqua calda, seguito poi per imitazione dal resto del gruppo. Il comportamento sarebbe quindi stato tramandato fino a diventare patrimonio comune.

I macachi si immergono nelle sorgenti di acqua calda per proteggersi dal freddo e quindi quasi esclusivamente in inverno, durante le giornate particolarmente rigide. Possono rimanere nell’acqua anche un paio d’ore e addirittura farci un pisolino. La temperatura dell’acqua è sui 37 gradi circa. Al contrario dell’uomo, grazie alla loro termoregolazione, i macachi non sentono freddo una volta usciti Jigokudani National Park di Honshu, in Giappone

I macachi giapponesi sono completamente ricoperti di pelliccia a eccezione del muso, dei palmi di mani e piedi e del posteriore, che da rosa diventa rosso nel periodo dell’accoppiamento. La coda è corta, circa 10 centimetri; i maschi hanno un peso medio tra i 12 e i 18 chili, le femmine tra gli 8 e i 13

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Le snow monkeys sono gli unici animali al mondo a fare bagni termali


COMANDANO LE FEMMINE L’organizzazione sociale dei macachi è rigidamente gerarchica e matriarcale, con il gruppo famigliare formato da femmine imparentate fra loro, di cui una rappresenta la dominante. Tra i molti maschi che possono far parte dello stesso gruppo si stabilisce una seconda scala gerarchica, anche in questo caso con un esemplare dominante al vertice. Questi, tuttavia, sono meno legati al gruppo: occupano le zone periferiche del territorio, che condividono anche con maschi di nuclei diversi, e possono lasciare il branco per unirsi a un altro. Le gerarchie sono talmente forti che alcuni animali meno alti di grado non hanno l’accesso alle pozze. Le lotte sono frequenti e servono per guadagnarsi una posizione sociale migliore o rinsaldare la dominanza del gruppo. I piccoli testano la propria forza trascorrendo ore a lottare e a scuotere rami. Molto interessante anche l’abitudine di formare palle di neve con cui giocare, facendole rotolare o rubandosele l’un l’altro. Non è mai stato ancora visto, però, un piccolo di macaco tirare una palla di neve. Ma non è detto che, prima o poi, qualche individuo ci provi, lo trovi divertente e lo dica agli altri.

Immersi in una pozza d’acqua termale, questi due esemplari di macaco giapponese si danno al “grooming”, ovvero il ripulirsi a vicenda dai parassiti. na pratica che nei primati rafforza i rapporti sociali nel gruppo o in una coppia

LO SAPEVI CHE...

?

I macachi giapponesi sono le scimmiette del mito buddhista: le tre scimmie sagge che si tappano con le mani gli occhi, le orecchie e la bocca, in rispetto al principio proverbiale “non vedere il male, non ascoltare il male e non parlare del male”. Il significato dell’antica icona sacra, talvolta frainteso, è un invito ad essere di buon pensiero, di buona parola e di buone azioni.

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ALLA SCOPERTA DEL PARCO

Per chi

Adatto a chiunque voglia osservare da vicino i macachi giapponesi mentre fanno il bagno nelle pozze termali, giocano, lottano e si rincorrono sugli alberi. Il parco di Jigokudani è raggiungibile in circa 30 minuti di cammino su un sentiero ampio e segnato, accessibile a tutti, ma potenzialmente scivoloso perché coperto di neve durante i mesi invernali. L’osservazione dei macachi avviene da pochissimi metri di distanza. Le scimmie sono abituate alla presenza dell’uomo e si lasciano avvicinare. Si tratta, però, di animali selvatici, potenzialmente aggressivi se spaventati, che non vanno disturbati in alcun modo.

G I A P P O N E

Periodo

I macachi giapponesi utilizzano le pozze termali solo tra gennaio e febbraio. Durante il resto dell’anno vivono sulle montagne e sono molto più di cili da osservare. possibile unire al viaggio un’escursione di qualche giorno all’isola di Hokkaido, nel Nord del Giappone, raggiungibile con un breve volo interno da Tokyo, dove osservare gru giapponesi, cigni e aquile di mare.

Mar del Giappone

PARCO YUDANAKA Yudanaka

Nagano

TOKYO ceano Pacifico del Nord

A chi ri olgersi

Informazioni pratiche sul parco si trovano alla pagina www.jigokudani-yaenkoen.co.jp. All’interno del parco è presente un punto di ristoro. L’area intorno alle pozze delle scimmie risulta molto affollata, soprattutto durante i eek - end. 0

200 Km

Come arri are

Il Parco Jigokudani si trova vicino alla cittadina di Yudanaka, nella prefettura di Nagano. Il paese di Yudanaka è raggiungibile in treno da Nagano, a sua volta collegato a Tokyo tramite la linea ferroviaria ad alta velocità Shinkasen. Da Yudanaka è necessario prendere un autobus o un taxi fino alla base del sentiero e poi percorrere a piedi il tratto rimanente, per circa 30 minuti.

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fotografie di arta almi ano

GRAN- eSASSO -

MONTI della LAGA Parco Nazionale

Un monumento europeo alla biodiversitĂ



Testo di Giancarlo Rossi

C

Coi suoi 150.000 ettari di estensione, è uno dei più grandi d’Italia. La varietà e la ricchezza naturalistica dei suoi massicci e dei diversi versanti, le suggestive testimonianze storico - architettoniche si ri ettono in una moltitudine di proposte, itinerari e visite per tutte le stagioni dell’anno. Il Parco racchiude tre gruppi montuosi - la catena del Gran Sasso

d’Italia, il massiccio della Laga, i Monti Gemelli - e si caratterizza per la presenza della vetta più alta dell’Appennino, il Corno Grande, che raggiunge i 2912 metri. Su questa catena è inoltre presente l’unico ghiacciaio appenninico, il Calderone, il più meridionale d’Europa. In estate la funivia sale veloce e silenziosa da Fonte Cerreto a Campo

MAPPA ILLUSTRATIVA DEL PARCO

Rifugio Duca degli Abruzzi m. 2388

Rifugio Duca degli Abruzzi ILLUSTRAZIONE DI MARTA PALMISANO

FONTE CERRETO

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CORNO GRANDE m. 2655 Panoramica del Gran Sasso

CORNO PICCOLO m. 2655 MONTE AQUILA m. 2494 CAMPO IMPERATORE

MONTE SCINDARELLA m. 2233

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La rocca una accola accesa sulla valle, il paese una manciata di luci s arse sul anco della montagna...

Testo di Franca Fulgenzi

Sono i 44 Comuni e le loro innumerevoli frazioni, così incastonati nella natura integra ed incontaminata, con le loro particolarità architettoniche e culturali, a costituire le fondamentali tappe di un viaggio indimenticabile. na di queste tappe è Rocca Calascio, la quale si erge ad un’altezza di 1520 m.s.l.m., ai confini di Campo Imperatore e domina il versante sud del ran Sasso d’Italia. Il sottostante paese di Calascio si trova a 1200 metri di quota. In un documento del 1 80 si ha la prima citazione di occa Calascio, intesa come torre di avvistamento isolata, ma la costruzione della torre è da collocarsi intorno all’anno 1000. Ad Antonio Piccolomini si deve attribuire, verso il 1 80, la realizzazione delle torri attorno all’originario torrione di occa Calascio, il muro di cinta attorno al paese e la ricostruzione di gran parte dell’abitato distrutto dal furioso terremoto del 1 1. Nelle vicinanze della occa si

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occa Calascio

Imperatore, durante il suo percorso offre uno scenario affascinante, caratterizzato da un ricco patrimonio faunistico, roccaforte del Camoscio d’Abruzzo e dei lupi. Campo Imperatore è il punto di partenza per numerose escursioni verso le cime più importanti del ran Sasso. meta frequente di appassionati di ciclismo, anche con innumerevoli percorsi di trekking, mountain bike, così come percorsi di down-hill lungo i pendii che riscendono a valle dal ran Sasso. ltre ai sentieri d’alta quota che conducono verso il Corno rande, il Monte orzano e le cime più elevate, percorribili in sicurezza solo d’estate, nel Parco è possibile fare l’esperienza di escursioni di vario livello e di coltà. Esse poggiano su centinaia di sentieri segnati, realizzati con il contributo del Club Alpino Italiano, che includono anche itinerari di ampio respiro, come l’Ippovia del ran Sasso ed il Sentiero Italia. Si offrono inoltre passeggiate panoramiche, camminate pedemontane tra borghi medievali e uliveti e numerosi itinerari tematici che conducono a eremi, mulini ad acqua, cascate, sorgenti, castelli e necropoli. Molti di questi percorsi sono possibili anche in primavera e in autunno, mentre alcuni possono essere affrontati anche d’inverno, quando la presenza della neve richiede tuttavia di calzare i ramponi o gli sci. Addentrandosi sui sentieri, si scopriranno paesaggi, particolarità geologiche, acque, piante e animali mentre, durante il cammino, stazzi, capanne pastorali e tratturi racconteranno di millenni di fatica quotidiana dell’uomo. Anche a quanti si inoltrano a piedi nel Parco va un’esortazione alla prudenza ed al buon senso lasciate solo le vostre tracce, portate via solo fotografie ed emozioni.


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Chiesa di Santa Maria della Pietà, occa Calascio

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trova la Chiesa di Santa Maria della Pietà, costruita dai pastori intorno al 1 00 come ringraziamento alla Madonna quando i soldati dei Piccolomini respinsero, in una sanguinosa battaglia, un gruppo di briganti provenienti dal confinante Stato Pontificio. Punto di osservazione di elevata strategia militare, era in grado di comunicare, mediante l’ausilio di torce durante la notte e di specchi nelle ore diurne attraverso innumerevoli collegamenti ottici disseminati nel territorio, con i castelli della costa adriatica. Con la dominazione aragonese fu istituita la “Dogana della mena delle pecore in Puglia” e la pastorizia transumante divenne la principale fonte di reddito del egno. u quindi un momento di notevole sviluppo per i paesi della aronia che nel 1 70 possedevano oltre 90.000 pecore e fornivano ingenti quantitativi di pregiata “lana carapellese” a città come L’Aquila e irenze. Nel 1579 Costanza Piccolomini, l’ultima della famiglia, vendette la aronia, il Marchesato di Capestrano e le terre di fena e Castel del Monte a rancesco Maria Dè Medici, randuca di oscana per 10 .000 ducati. Nel 170 un disastroso terremoto demolì il castello ed il paese di occa calascio furono ricostruite solo le case nella parte bassa dell’abitato e molti abitanti preferirono trasferirsi nella sottostante Calascio. Nel 17 il territorio passò sotto la dominazione orbonica. Calascio, a sua volta, ha iniziato il suo declino a fine ’800, subendo gli effetti di una massiccia emigrazione nei primi decenni del ’900. na popolazione di circa 1900 abitanti nel 18 0, ridotta nel 1892 a soli 299. La magia di Calascio, paese posto a 1200 metri di altitudine, tra Costa del Preto e Piano di Vuto, è la capacità di trasformare il passato in presente e futuro.

LO SAPEVI CHE...

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ggi la occa è conosciuta dal grande pubblico per essere di frequente oggetto di grandi set cinematografici tra questi “Lady Hawke”, stupenda favola ambientata nel medioevo con utger Hauer e Michelle Pfeiffer e, più recentemente, “Conan il Barbaro” e un film su Padre Pio da Pietralcina.

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Le montagne sono il cuore del Parco Gran Sasso Laga. Le alte uote in articolare che si ele ano no a s orare i metri racchiudono uella arte di natura che er geomor ologia ora e auna appare alpina o quasi artica



ALLA SCOPERTA DEL PARCO

Oltre ai Borghi e ai Paesi, il Parco Nazionale del Gran Sasso - Monti della Laga è famoso per i suoi itinerari escursionistici, alla scoperta della natura e delle sue bellezze.

La Valle delle Cento

Cascate

È un angolo particolarmente spettacolare e suggestivo del Parco Nazionale del Gran Sasso-Monti della Laga. È situata ai piedi del Monte Gorzano (2.458 m., la vetta più alta del massiccio della Laga), sopra al borgo di Cesacastina (1.140 m. s.l.m.), piccola frazione del comune di Crognaleto. La Valle prende il nome dalle decine di cascate e cascatelle che il torrente Fosso dell’Acero, ricchissimo di acque, soprattutto nel periodo tardo - primaverile, alimenta nella sua vorticosa discesa tra boschi di faggi secolari, ricchi pascoli e giganteschi lastroni di arenaria, sotto l’austero sguardo delle vette del Corno Grande (2.912 m., la cima più alta degli Appennini) e del Pizzo di Intermesoli (2.635 m.), che sembrano sorvegliare dall’alto il regolare procedere degli eventi. A fine primavera - inizio estate il percorso, che porta ai 1.759 m. dell’Anfiteatro delle Cento Fonti (ed anche più in alto per gli escursionisti più esperti), è punteggiato da stupendi fiori selvatici d’altura, tra cui diverse specie di orchidee.

Valle delle Cento Cascate


Cascata del Fosso dell’Acero

Da Cesacastina alla Valle delle Cento Cascate Partenza: Cesacastina (1141 m) Tempo di percorrenza: 2.15 ore Di colt E - Escursionistico Dislivello: 620 m Segnavia: parzialmente segnato (bianco-rosso) Periodo consigliato: da maggio a ottobre

Sentiero della Valle delle Cento Cascate


fotografie di arta almi ano

ALBERGO - del -

DIFFUSO Testo di Matteo Petrossi

Nuova forma di ospitalità, un’impresa ricettiva alberghiera situata in un unico centro abitato, formata da più stabili vicini fra loro, con gestione unitaria e in grado di fornire servizi di standard alberghiero a tutti gli ospiti.

L

La maggior parte degli Alberghi Diffusi sta nascendo da imprese familiari, altri, come il caso di Sextantio, si sta sviluppando da investimenti molto importanti, che hanno reso l’albergo prettamente di lusso. Cospicui investimenti ovviamente garantiscono un risultato in termini di recupero architettonico degli edifici adibiti ad Albergo Diffuso migliore rispetto a una piccola impresa familiare, soprattutto per un connubio fondamentale che deve essere presente in un Albergo Diffuso, ossia tecnologia a servizio della storia tale albergo è però prettamente indicato a una clientela molto ricca, e quindi non è accessibile a tutti. Ma se da un lato l’Albergo Diffuso di lusso può avere i suoi vantaggi, il calore familiare, l’amore nella cura del dettaglio, rendono il soggiorno, nelle imprese familiari o comunque in alberghi di

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piccole medie dimensioni, unico e indimenticabile. Sia nell’Albergo Diffuso di extra lusso sia in quello a conduzione familiare è fondamentale il rapporto che si instaura con il territorio. Le sue componenti sono dislocate in immobili diversi, che si trovano all’interno di uno stesso nucleo urbano. L’aggettivo diffuso denota dunque una struttura orizzontale, e non verticale come quella degli alberghi tradizionali che spesso assomigliano ai condomini. L’Albergo Diffuso si rivolge a una domanda interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, a vivere a contatto con i residenti, più che con altri turisti, e ad usufruire dei normali servizi alberghieri, come la colazione in camera o il servizio ristorante. L’Albergo Diffuso si è rivelato particolarmente adatto per valorizzare borghi e paesi con centri storici d’interesse artistico ed architettonico, che


Albergo Diffuso di Sextantio, Abruzzo

in tal modo possono recuperare e valorizzare vecchi edifici chiusi e non utilizzati - TURISMO SOSTENIBILE, ed al tempo stesso possono evitare di risolvere i problemi della ricettività turistica con nuove costruzioni. li alloggi sono infatti vere e proprie abitazioni situate in edifici storici dislocati sul territorio, recuperate e riadattate nel pieno rispetto delle caratteristiche tipologiche originarie, sia per quanto riguarda l’aspetto architettonico sia per ciò che concerne gli arredi e l’ambientazione. L’Albergo Diffuso garantisce l’erogazione di tutti i principali servizi alberghieri, oltre a servizi complementari di vario genere legati, di caso in caso, alla specifica collocazione della singola realtà. n altro aspetto estremamente qualificante è rappresentato dai locali comuni presenti nel borgo, caratterizzati dalla serena e

accogliente atmosfera domestica e si propongono come vere e proprie aree di relazione per gli ospiti della struttura. Le esigenze dei turisti di nuova generazione si incontrano perfettamente con la proposta dell’Albergo Diffuso che, attraverso il proprio personale si fa promotore della località di ubicazione e delle attività ad essa correlate eventi ed iniziative, visite guidate, itinerari tematici, ecc. sono solo alcuni degli aspetti che caratterizzano il legame tra la struttura e il territorio circostante. Con particolare riferimento ai turisti stranieri inoltre, questa forma di ospitalità originale viene percepita come un vero e proprio prodotto del “made in Italy”, un valore aggiunto nell’ambito della ricchezza del patrimonio storico, artistico e culturale del nostro Paese. La domanda turistica è ormai fortemente orientata verso l’esigenza di una LUGLIO

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personalizzazione dei servizi sempre più estrema il “turista di terza generazione” rifiuta sempre più spesso la standardizzazione e l’omologazione dei prodotti turistici convenzionali, e più che semplici soggiorni, desidera vere e proprie esperienze di vita durante le sue vacanze. A queste necessità se ne a anca un’altra altrettanto significativa, ossia l’esigenza di rapporti che si distacchino dal paradigma industriale del produttore - consumatore tipica delle grandi strutture alberghiere internazionali, ma che al contrario si accostino alla conduzione alberghiera che interessi intimamente gli operatori.

Centro di Sexantio oggi, rimasto orfano della sua orre, collassata dopo il terremoto del aprile 2009

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n borgo addormentato e circondato dalle montagne accoglie i viaggiatori stanchi. ià dalla reception si viene catapultati in un’altra epoca, in cui l’arte povera regna sovrana e il legno fa da padrone. Ambienti davvero unici e di grande atmosfera, arredi e servizi confortevoli dietro l’essenzialità. Cena in locanda, ambiente molto raccolto, piatti e sapori della tradizione abruzzese. utto è in stile, nessuna forzatura di cemento o modifica offensiva nei confronti di un’ambientazione unica nel suo genere.

Un po’ casa un po’ albergo, per chi non ama soggiorni in hotel; è questa la nuova formula di ospitalità che prende il nome di Albergo Diffuso

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QUANTI ALBERGHI DIFFUSI ESISTONO IN ITALIA?

1

EMILIA ROMAGNA Casa delle Favole Albergo Diffuso

1

LIGURIA Muntaecara Albergo Diffuso

3 4

SCANA Locanda Senio - Albergo Diffuso orgo Dei Corsi - Albergo Diffuso orgo iusto - Albergo Diffuso

SA DE NA Mannois - Albergo Diffuso Corte iorita - Albergo Diffuso Villa Nova - Albergo Diffuso Il Mandorlo - Albergo Diffuso

33

3

TOTALE

3 Distribuzione regionale, dati raccolti

.alberghidiffusi.it

LAZIO Crispolti - Albergo Diffuso errae Palliani - Albergo Diffuso Lo specchio di Diana - Albergo Diffuso

SICILIA Santa Caterina - Albergo Diffuso Scicli - Albergo Diffuso HomeHotels - Albergo Diffuso


4 1 4

FRIULI VENEZIA GIULIA V - Albergo Diffuso Carnia - Albergo Diffuso Sauris - Albergo Diffuso orgo Soandri - Albergo Diffuso

Unico nel suo

UMBRIA orgo Sant’Angelo - Albergo Diffuso

genere...

MARCHE Corinaldo - Albergo Diffuso Smerillo - Albergo Diffuso Altonera - Albergo Diffuso Serrapetrona - Albergo Diffuso

2

ABRUZZO Sextantio - Albergo Diffuso obus Marsorum - Albergo Diffuso

1

M LISE Palazzo Ducale “Carafa”- Albergo Diffuso

4 1 1

PUGLIA Sotto le Cummerse - Albergo Diffuso rullidea - Albergo Diffuso rulli Holiday - Albergo Diffuso Vecchia Mottola - Albergo Diffuso

ASILICA A Sextantio le rotte della Civita - Albergo Diffuso

...ed è solo CALABRIA Eco elmonte - Albergo Diffuso

italiano


LUCA MINOCCHI

IN E VIS A

di Matteo Petrossi

Luca Minocchi insieme alla sua famiglia, cerca di dare uno slancio uristico ad un orgo rurale a detta di molti tra i più belli del Casentino, il orgo dei Corsi in oscana “Solamente per amore, solo per amore per un posto che noi reputiamo unico nel suo Genere, dove è possibile tornare indietro nel tempo e vivere emozioni per molti sconosciute”.

1 Quali sono i motivi che hanno spinto a creare l’albergo diffuso? Mio padre è originario di qui, il paese è molto caratteristico e quindi mi è venuta in mente questa idea e mi sono detto proviamo a fare un discorso turistico ricettivo; successivamente sono venuto a conoscen a ell associa ione ell alberghi iffusi e ho scoperto che le idee alla base dell’albergo iffuso erano uguali alle ie, cos insie e alla ia famiglia abbiamo rilanciato il Borgo, proponendo le nostre tradizioni culturali, ma soprattutto le nostre tradizioni culinarie a chilometri zero, tra buon vino e prodotti naturali, biologici.

3 Quali sono le principali competenze alla base del successo dell’albergo diffuso? Io penso che la riscoperta di posti e la valorizzazione di borghi che altrimenti andrebbero perduti. Lo straniero specialmente che è abituato a stare nelle grandi città forse cerca anche l’agriturismo s er uto, a la aggior arte ogliono raffrontarsi alla vita del paese. Da noi il cliente vive a pieno la vita del paese. La percentuale di turisti italiani che frequentano il nostro albergo iffuso el a ifferen a ella ercentuale i turisti stranieri che el , la aggior parte sono giovani coppie e famiglie. L’età media dei turisti a ai ai anni, con un i turisti stranieri e solo il ei gru i organi ati fre uenta l lbergo.

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2 Qual è la caratteristica distintiva di un albergo diffuso? Che gli ospiti hanno a disposizione degli appartamenti, ma anche con dei servizi alberghieri. Siamo tutti i giorni alla reception per soddisfare ogni esigenza el cliente abbia o il ser i io i cola ione fino a arrivare alla pensione completa. Quindi il cliente va tenuto libero di fare le proprie scelte, cercando di antenere se re ei ra orti uraturi e a abili, ele ento essen iale er offrire un a eguato li ello di servizio. Il turista oggi è molto informato e competente, pertanto sa cosa vuole ed è in grado di giu icare e cace ente un ro otto inno ati o

4 Quali sono le motivazioni che potrebbero spingere il turista a soggiornare nell’albergo diffuso? Vivere un’esperienza unica nel suo genere. Vivere il territorio, con i servizi di un albergo o con la tranquillità di un appartamento. Tutto viene messo a disposizione degli ospiti, cercando di mantenere con pulizia e servizi, il comfort di una vacanza in famiglia.


ERCOLE LEGA

IN E VIS A

di Matteo Petrossi

Anche per Ercole Lega con la moglie oberta non è stato facile aprire “Locanda Senio”, punto di riferimento per buongustai e per turisti alla ricerca di uno speciale relax, nell’incantevole centro storico di Palazzuolo sul Senio (FI). In questo borgo medioevale, Ercole e oberta Lega hanno saputo creare un gioiello dell’ospitalità toscana, un albergo diffuso dallo stile ricercato e ra nato.

1 Per accrescere la competitività dell’albergo diffuso, si intravedono opportunità di potenziamento delle relazioni con istituzioni finanziarie ed istituzioni locali? Le istituzioni svolgono un ruolo fondamentale nel oten ia ento ell lbergo iffuso nnan itutto tutte le Regioni dovrebbero applicare e fare ro ria la nor ati a ell lbergo iffuso e ogni inistra ione Co unale o rebbe collaborare in quest’ottica e avere la disponibilità per il cambio di destinazione d’uso. Il territorio deve essere un sistema in grado di attrarre turismo e tutti devono collaborare in uesto l albergo iffuso lo s ecchio del territorio).

3 Quando ha costruito la sua struttura, qual è stato l im atto che l albergo diffuso ha generato sul territorio e soprattutto sulla mentalità delle persone del luogo? Come una struttura ricettiva semplicemente. L’albergo è già tanto tempo che esiste. Per coinvolgere il paese hai solo l’aspetto economico, co e ristrutturare a arta enti resi in a tto e offrire ser i i organi a ione i corsi i cucina, degustazioni di olio e vino locali, piscina riscaldata vicino al giardino di erbe aromatiche, centro relax, massaggi. Le autorità pubbliche ti devono dare una mano. Vorrei fare una sede dell’associazione ell albergo iffuso nel io aese in aniera tale che la ubblicit risulti ersino su er ua

2 La crisi è evidente, si è fatta sentire anche quest’anno portando a una segmentazione del mercato: in chi può spendere e si orienta verso alberghi di lusso, chi non può spendere e si orienta verso realtà extra alberghiere. L’albergo diffuso presenta un po’ le caratteristiche di entrambi i tipi di soggiorni. A cosa assomigli più all’uno e cosa all’altro. Il vero lusso sono tre elementi: il tempo lo spazio e il silenzio. Il tempo di poter far quello che voglio, lo spazio che mi permetta di farlo e il silenzio. La tendenza è questa, l’albergo di lusso si sta riposizionando in uello che l es erien a ell albergo iffuso unica nel suo genere, mantenendo una realtà extra alberghiera.

4 Quali sono i canali utilizzati per la promozione dell albergo diffuso e erch i turisti i scelgono uali sono i me i i e caci ed e cienti Internet. Le riviste di settore che ultimamente si stanno interessan o all albergo iffuso e scri ono diversi articoli sull’argomento. Ora la cosa principale è la moda - tendenza che spinge i turisti ad interessarsi a noi.

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fotografie di arta almi ano

MOSTRI Creature Fantastiche della Paura e del Mito Palazzo Massimo alle Terme Roma



Minotauro, figura della mitologia greca. un essere mostruoso e feroce, metà uomo e metà toro. Era figlio del oro di Creta e di Pasifae, regina di Creta. Il suo nome proprio è Asterio o Asterione


e to di lena i ardi

P

Palazzo Massimo alle Terme è un grandioso edificio costruito tra il 188 e il 1887, in uno stile imitante quello della fine del Cinquecento, dall’architetto Camillo Pistrucci per volontà del padre gesuita Massimiliano Massimo, ultimo esponente della famiglia che era proprietaria dell’area prima degli espropri per la costruzione della Stazione ermini. In origine il palazzo era nato come collegio per i esuiti, conservando tale funzione fino al 19 0. Lo stato italiano lo ha acquistato nel 1981, destinandolo a sede aggiuntiva del Museo Nazionale Romano e conducendo poi un accurato restauro dell’edificio, su progetto dell’architetto Costantino Dardi. L’intervento è stato possibile grazie ai finanziamenti di una legge speciale per la tutela del patrimonio archeologico romano (1981) e ha riguardato i quattro piani destinati all’esposizione delle collezioni. Il Palazzo è stato aperto al pubblico nel 1995 e pienamente operativo nel 1998. La mostra

espone oltre cento reperti archeologici, provenienti da musei italiani ed esteri - Atene, erlino, asilea, Vienna, Los Angeles e Ne ork - illustrano l’evoluzione iconografica di Minotauro, rifi, Chimere, orgoni, Pegaso, Sfingi, Arpie, Sirene, Satiri, Centauri, Idra di Lerna, Scilla ed altri mostri marini, dall’ riente alla recia, fino al mondo etrusco, italico e romano. A ricordarci che l’arte classica non ritrae esclusivamente la bellezza ideale di dèi ed eroi, ma anche una serie di creature dell’orrore, nelle quali da sempre gli uomini proiettano gli aspetti più oscuri di s . La mostra si articola lungo un percorso labirintico, come la forma antica del viaggio iniziatico che ogni eroe deve affrontare prima di “uscire a riveder le stelle”. La persistenza delle figure mitologiche nella cultura moderna e contemporanea è illustrata dalle tele Creta (di Alberto Savinio), Medusa (di un pittore fiammingo anonimo della prima metà del XVII

Chimera, un mostro mitologico con parti del corpo di animali diversi. Secondo il mito greco fa parte della progenie di ifone ed Echidna, insieme all’Idra di Lerna, Cerbero e rtro

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Testa di Medusa, simbolo di potenza, spesso riprodotta sugli scudi e sulle corazze dei guerrieri. Mitica regina dell’estremo ovest, uccisa da Perseo. Insieme a Steno ed Euriale, è una delle tre orgoni, figlie delle divinità marine orco e Ceto. Secondo il mito le orgoni avevano il potere di pietrificare chiunque avesse incrociato il loro sguardo e, delle tre, Medusa era l’unica a non essere immortale

Sfinge, figura mitologica ra gurata come un mostro con il corpo di leone e testa umana (androsfinge), di falco (ieracosfinge) o di capra (criosfinge), talvolta dotato di ali. eneralmente il ruolo delle sfingi è associato a strutture architettoniche come le tombe reali o i templi religiosi la più antica ra gurazione di sfinge conosciuta (una scultura) è stata trovata vicino a obekli epe, nel sito di Nevali ori e viene datata al 9.500 a.C. La sfinge nella mitologia egizia era un monumento che veniva costruito vicino alle piramidi come simbolo protettivo, per augurare una serena vita nell’aldilà al faraone. Ha corpo canino (o leonino) e testa umana maschile che si crede ra gurasse il faraone che doveva proteggere

secolo), Perseo libera Andromeda (del Cavalier d’Arpino). Spesso le creature mitiche sono chimere, una combinazione di due o più animali. Ad esempio, un centauro è una combinazione di un uomo e di un cavallo, un minotauro di un uomo e di toro, e la sirena è metà donna e metà pesce. Queste non sono sempre stati destinati ad essere inteso come letterali giustapposizioni di parti provenienti da disparate specie. Siccome mancava un vocabolario morfologico comune, gli studiosi classici e medioevali e i viaggiatori tentavano di descrivere animali inusuali comparandoli puntoper-punto con altri animali più famigliari le giraffe, per esempio, erano chiamate cameleopardo e si credeva che fosse una creatura metà cammello e metà leopardo. Il leopardo stesso era cos chiamato poich storicamente si riteneva che fosse metà leone (in latino leo) e metà pantera (in latino pardus). uesta etimologia si è storicizzata, LUGLIO

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Maschere mostruose, zampe pelose, zoccoli e corna, introducono i sileni e i satiri. I satiri sono generalmente ra gurati come esseri umani barbuti con corna, coda e zampe di capra. Il loro aspetto perse gradualmente, con il passare del tempo, qualche attributo animale. Vengono rappresentati come esseri lascivi, spesso dediti al vino, a danzare con le ninfe ed a suonare il auto. Il loro principale esponente era Sileno, una divinità minore associata (come Hermes e Priapo) alla fertilità. Dalla maggior parte degli studiosi si è ritenuto che satiri e sileni fossero in origine due distinti gruppi di demoni teriomorfi. I satiri, assumono certe caratteristiche equine sicch a poco a poco, nella letteratura e nell’arte, satiri e sileni s’identificano, e più tardi Pausania tenterà di fare intendere la distinzione fra queste due nature demoniche, in origine separate e poi del tutto confuse fra loro. Nella Mitologia greca si narra che i satiri fossero grandi suonatori di auto che incantavano con la loro musica. uesto strumento fu invenzione della dea Atena, la quale lo gettò, indispettita dal modo in cui le deformava le guance mentre lo suonava. Il satiro Marsia lo raccolse e cominciò a suonarlo con incredibile maestria, tanto che, pretendendo di essere in grado di suonare una musica “divina”, sfidò Apollo (in altre versioni fu invece il dio a sfidare Marsia, geloso della sua bravura) il quale gli promise di farlo salire con s sull’ limpo se la sua musica fosse stata migliore della propria, mentre in caso contrario il satiro sarebbe stato punito. Le Muse avrebbero decretato il vincitore. Il satiro, però, non riusc a reggere la sfida quando Apollo cominciò ad accompagnare la lira con il canto, poich non poteva cantare mentre suonava il auto. rionfante, il dio dispose del satiro e lo scorticò vivo in presenza delle Muse. Di questo mito parlano molte fonti classiche tra cui vidio, ed è citato anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri

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Il Volto d’avorio e gli dei “a pezzi”


nonostante le sue inesattezze zoologiche. Un recupero eccezionale, dopo lunghe indagini, nel 2003 dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ha restituito al patrimonio pubblico, sottraendoli al mercato antiquario, preziosi reperti legati a scavi clandestini condotti nel 1994 nella campagna tra Cesano e Anguillara Sabazia, in provincia di Roma. Dopo un sapiente restauro presso l’Istituto Centrale per il Restauro l’ormai celebre Volto d’avorio e altri frammenti pertinenti alla medesima statua e ad altre analoghe ma di dimensioni diverse, sono entrati a far parte del Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo alle Terme, inserendosi coerentemente nel percorso espositivo tra la ritrattistica tardorepubblicana e giulio - claudia e opere della cultura artistica greca. Il volto e gli altri frammenti appartenevano a statue crisoelefantine, costruite cioè con le parti nude in avorio montate su un corpo formato da un’intelaiatura di legno rivestita di lamine d’oro scomponibili, che costituivano il tesoro del tempio che le ospitava. Così erano fatte le più celebri statue di culto dell’antichità come l’Athena Parthenos (alta circa 12 metri), dedicata nella cellla del Partenone sull’Acropoli di Atene nel 438 a.C., e la statua di Zeus collocata nel Santuario di Olimpia nel 435 a.C., ambedue perdute. Ne fu autore Fidia, che realizzò simulacri divini di una sublime bellezza, tali da diventare un paradigma estetico imprescindibile in fatto di statue di culto: un genere a sé stante della scultura greca dominato da un forte conservatorismo religioso che si traduceva anche sul piano formale. La combinazione del rilucente e inossidabile oro delle vesti, degli attributi, degli ornamenti con l’esotico avorio usato per rendere con impressionate verità la pelle degli incarnati costituiva infatti la cifra evocativa della maestosa ed eterna esistenza divina. Nessuna tecnica meglio di quella crisoelefantina riusciva d’altronde a rendere più vicini alla realtà la fisionomia, gli attributi e l’abbigliamento degli dei, che agli occhi dei devoti apparivano in tal modo vivi, veri, parlanti. In attesa di studi approfontiti, alcuni archeologi hanno avanzato proposte diverse sulla provenienza, la datazione, l’identificazione dei frammenti. Si è infatti immaginato che nel 410 d.C., dopo il Sacco di Roma da parte di Alarico e dei Visigoti, un manipolo di barbari, accampatosi nella villa in cui sono stati rinvenuti i pezzi per dividere il bottino sottratto alla città, abbia scartato una parte di questi frammenti provenienti da un importante edificio romano. Altrimenti si è ipotizzato che questi avori, insieme ad altre opere di fattura egizia, fossero stati nascosti dal collezionista proprietario della villa resosi colpevole di un clamoroso furto in Grecia o in Egitto. Dal punto di vista storico - artistico le statue potrebbero essere state eseguite nel I secolo a.C. da una bottega scultorea, presumibilmente di Roma e legata a una committenza di elevatissimo rango con

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ra nate esigenze cultuali e culturali, che si ispirava alla statuaria greca di IV secolo a.C. nello stile di Euphranor. ra le varie identificazioni proposte per il volto la più verosimile è che si tratti di una divinità e in particolare di Apollo, anche per la presenza degli altri frammenti che rimandano a un gruppo. È stato pure ipotizzato che il volto rappresenti Antonia Minore, madre dell’imperatore Claudio, probabile proprietario della villa ove è avvenuto il ritrovamento, per le risonanze con la Iuno Ludovisi

LO SAPEVI CHE...

?

ra co illecito durato duemila anni il volto d’ avorio insieme a un’antica maschera peruviana, recuperata anch’essa dai carabinieri da una transazione illecita. La statua, era stata trafugata da qualche provincia dell’ impero romano e nascosta nella fattoria da un proprietario legato in qualche modo al tra co clandestino delle opere d’ arte.




(metà del I secolo d.C.) in cui è stata riconosciuta Antonia divinizzata. Dopo un incontro devastante, come attesta la notazione veristica delle numerose ferite visibili sulla testa (nella box antica era l’unico bersaglio concesso), un Pugile si è seduto per riposarsi, ancora con il respiro affannoso e i ba incollati al labbro dal sudore. La figura è costruita sul contrasto che la quiete espressa mediante le braccia incrociata, la leggera divaricazione delle gambe e il piegamento in avanti della schiena forma con l’improvviso girarsi della testa verso destra, nell’intento di guardare qualcosa che ci sfugge. Il torace è villoso e muscoloso, ma l’adipe e il viso sono di un uomo maturo, la cui dignità si esprime nella cura della barba e della pettinatura a ciocche ondulate. Isegni dell’ultimo match si confondono con quelli di una lunga carriera: l’occhio destro è ferito, le orecchie sono cos gonfie da far supporre la semisordità, il naso è stato rotto in precedenza e la bocca è priva dei denti superiori. Da una serie di tagli visibili su fronte, guance e orecchie il sangue perduto nell’ultimo incontro è colato sul braccio destro e sulla gamba. I guantoni da box, visibili in primo piano, aggiornano il modello in uso dal IV secolo a.C., costituite da cinghie con inserti metallici avvolte intorno a un guanto di cuoio. Segno della pratica agonistica e soprattutto di rispettabilità, è infine la ra gurazione degli effetti di una misura protettiva dei genitali, la kynodesme, una sorta di “sospensorio” del membro virile, che doveva essere legato e chiuso

Il Pugile è un capolavoro di tecnica: fu eseguito a cera persa, in parti separate e successivamente saldate, usando inoltre il bulino per la peluria del torace, inserti di rame per le gocce di sangue. Anche gli occhi, perduti, erano inseriti a parte. A freddo erano inseriti a parte. A freddo sono state ri nite le unghie la barba e i capelli. I segni del combattimento sono mostrati ricorrendo a es edienti ra nati l’ematoma sotto l’occhio è reso usando una lega bronzea più scura, le ferite sul volto, dalle quali sono cadute le gocce di sangue sparse sul corpo del pugile, sono invece realizzate in agemina di rame rosso

Particolare del “Pugile”: guantoni da box (modello utilizzato nel IV secolo a.C., costituito da cinghie con inserti metallici avvolte attorno a un guanto di cuoio)

con un filo sul prepuzio per evitare l’esposizione al pubblico del glande, ritenuta oscena. La statua, pur dipendendo da modelli lisippei, è databile al secolo I a.c., come è mostrato dal contrasto tra la pettinatura classicistica e il realismo pienamente ellenistico della resa delle ferite e del petto villoso. Anche i guantoni, benché simili a quelli di età ellenistica, hanno guanti e pellicciotto come quelli dei pugili di età imperiale. L’annotazione cos attenta dei segni del combattimento, effetto della tendenza veristica dell’arte ellenistica, ha lo scopo di illustrare la resistenza dell’atleta, una qualità esaltata quale simbolo della capacità di sopportare ogni fatica pur di conseguire la virtù (e la vittoria). Non a caso il Pugile è assimilato a Ercole nella postura e nel volto, in modo da costruire l’immagine di un atleta vincitore e moralmente degno. La statua, che sembra quasi illustrare un paradigma letterario, poteva essere il ritratto di ricostruzione di un celebre pugile, forse opera di un artista neoattico. È stata rinvenuta come il Principe ellenistico alle pendici del Quirinale e forse decorava una residenza privata. Passando al piano superiore all’interno del Museo ecco scoprire il Discobolo Lancellotti, così chiamato dal nome della famiglia che lo possedeva, fu rinvenuto sull’Esquilino in un’area appartenente agli Horti Lamiani, divenuti di proprietà imperiale nella prima età antonina, ra gura un atleta mentre sta per lanciare il disco ed è una delle migliori repliche del

La statua bronzea del Pugile in riposo, conosciuta anche come Pugile delle Terme o Pugile del Quirinale, è una scultura greca alta 128 cm, datata alla seconda metà del IV secolo a.C. e attribuita a Lisippo o alla sua immediata cerchia; rinvenuta a Roma alle pendici del Quirinale nel 1885, è conservata al Museo nazionale romano

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Discobolo di Mirone; l’atleta, nudo, con il disco nella destra, è colto nel momento stesso in cui sta per scattare; il corpo è quindi ripiegato su se stesso, salvo il braccio destro che si distende all’indietro per ottenere più slancio. Il braccio sinistro si appoggia invece quasi verticalmente sotto il ginocchio destro. La gamba destra, piegata, è portante e posa completamente il piede a terra, mentre la sinistra, a sua volta piegata all’indietro, è arretrata per ragioni di equilibrio e appoggia solo la punta del piede. Ne deriva l’impressione di un accorciamento della parte inferiore del corpo e di un predominio di quella superiore. Il torso, piegato in avanti si appresta a compiere la semirotazione indispensabile al lancio del disco, mentre la testa, che si gira per guardare in direzione del braccio sollevato, esprime grande concentrazione. La forma ovale del viso, l’adesione dei capelli - a piccole ciocche - al cranio , la resa accurata della muscolatura del torace e delle vene, il contrasto tra il volto ideale e la concentrazione dei muscoli per lo sforzo appartengono alla tradizione scultorea dello stile severo. Mirone, eseguì in bronzo l’originale del Discobolo poco prima della metà del V secolo a.C., scegliendo di ra gurare l’atleta nel momento stesso del lancio così da poter rappresentare un movimento in corso, mentre l’azione metteva in moto tutti i muscoli del corpo. Mirone voleva rappresentare un’immagine che lasciasse intuire il moto precedente e quello seguente la pausa ra gurata. L’instabilità del movimento doveva

però essere temperata dall’armonia e dalla geometria dell’insieme (la figura è scomponibile in quattro triangoli sovrapposti). L’attenzione al disegno si nota anche nei dettagli: la testa costituisce per esempio il punto d’incontro delle linee formate dalle braccia, che sembrano quasi disegnare un arco di cerchio, diviso a metà dal torace. La figura del Discobolo è concepita a due dimensioni, con il corpo disposto su un unico piano, come se fosse un altorilievo. La statua risulta così ideata per essere vista esclusivamente da un lato, quello verso cui l’atleta rivolge la testa e il torace. La visione frontale, nella direzione in cui avverrà il lancio del disco, fa infatti risaltare in particolare la posizione innaturale delle gambe e del piede sinistro, che si spiega con la costruzione grafica e geometrica dell’opera, prima che plastica. Tale bidimensionalità, voluta da Mirone è chiaramente testimoniata proprio dal Discobolo Lancellotti, mentre altre copie, come la replica trovata nella villa di Castelporziano, ra gurano l’atleta in una posizione più naturale e sono così meno fedeli all’originale. Il Discobolo era una statua celebre, che rappresentava un simbolo della paideia greca e dei valori dell’educazione ginnasiale. Non sappiamo però chi rappresentasse esattamente (la fama del gesto del lancio del disco ha cancellato la memoria del soggetto ritratto), probabilmente un atleta e non, come si è pensato, Giacinto, l’eroe ucciso involontariamente da Apollo mentre i due si allenavano nel lancio del disco.

SCHEMA GEOMETRICO DELL’OPERA TESTA CERCHIO, DIVISO A METÀ DAL TORACE I

II

I, II, III, IV: TRIANGOLI SOVRAPPOSTI CHE DIVIDONO LA FIGURA

III IV

Dati raccolti dalla guida “Palazzo Massimo alle Terme”


realizzato nel

455 a.C. il corpo è ripiegato su se stesso, salvo il braccio destro che si distende all’indietro per ottenere più slancio

Il braccio sinistro si appoggia quasi verticalmente sotto il ginocchio destro. La gamba destra , piegata è portante e posa il piede a terra, mentre la sinistra, appoggia solo la punta del piede

Il Discobolo è una scultura realizzata intorno al 455 a.C. (periodo di congiunzione tra preclassico e classico) da Mirone. La statua originale era in bronzo, oggi è nota solo da copie marmoree dell’epoca romana, tra cui la migliore è probabilmente la versione Lancellotti

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fotografie di nita o man

La Vita segreta

delle Balene Il viaggio di Roger Payne


Testo di Roger Payne

I

Il mare profondo, un’area in eterno movimento, su cui brilla il sole, dove le onde danzano mentre banchi di pesci fremono come cascate d’argento. Spesso dimentichiamo che questo è soltanto lo strato più sottile e superficiale, che rappresenta non più del 5% della massa dei mari e ha poco a che vedere con il “grosso” dell’oceano, un luogo perennemente avvolto nell’oscurità, freddo, silenzioso, mosso solo da lenti correnti. In confronto allo strato superiore, negli abissi c’è ben poca vita: sono scarsamente popolati da una varietà di bizzarri e stravaganti pesci dalle forme inconsuete, adattati all’immensa pressione delle grandi profondità. Alcuni vivono in piccoli gruppi e la maggior parte ha dei minuscoli puntini luminosi sparsi sul corpo, che è probabile servano a illuminare il loro percorso e a mantenerli in contatto quando si muovono assieme attraverso il vuoto, come nuvole di stelle che se ne vanno lentamente alla deriva o galassie maestosamente rotanti. L’oscurità degli abissi è permeata da un’altra manifestazione di vita: il lontano richiamo delle balene. Questi suoni percorrono grandi distanze descrivendo lunghe, maestose curve e riempiendo il vasto spazio, a tratti riecheggiando contro la volta della superficie, in alto, o contro il fondale melmoso sottostante. Si distinguono due principali gruppi di cetacei: gli odontoceti, dotati di denti del ni ocene orche ca odogli i i ecc.) e i misticeti (comprendente le specie più grandi orniti in ece di lamine cornee i cosiddetti anoni. Il termine cetacei si usa per indicare l’intero ordine, cioè sia odontoceti che misticeti. In virtù della loro grandezza, i cetacei si risparmiano molti fastidi. Infatti, maggiori dimensioni comportano maggiore serenità. Per le creature grosse è più di cile che qualcosa sia abbastanza significativo da rappresentare un disturbo; per questo vanno incontro a meno “sconvolgimenti” nella vita. Organismi piccoli invece hanno vite frenetiche:

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quando una formica in marcia mette una zampetta in una goccia d’acqua, per le amebe si levano onde tempestose; mentre quando un topo passa sopra le gallerie delle formiche probabilmente ne fa tremare le pareti e scuote le pupe nelle celle. Pensate ora agli effetti di una vera tempesta sulle amebe: uno sconvolgimento di tale violenza da superare non solo la nostra esperienza, ma addirittura l’umana comprensione. Alle grandi dimensioni si accompagna la calma. Per una balena una tempesta di passaggio è poco più di un passo di formica e un uragano un fastidioso tremolio del suo comodo letto. Se foste una balena , nulla vi colpirebbe tranne le cose enormi. Se foste l’animale più grosso mai vissuto sulla terra, compreso il più grande dei dinosauri, vi potreste permettere di essere mite, di vivere senza paura, di giocare al buio, di dormire profondamente dovunque vi troviate e per tutto il tempo che volete, di salutare il mondo in pace; e anche di guardare con perplessa curiosità qualcosa di strano come un essere umano in tenuta da sommozzatore che se ne va in giro emettendo bolle, infagottato in quella bizzarra attrezzatura. È questo senso di calma, della vita senza urgenze, della forza senza aggressività, che mi ha conquistato nelle balene. Per capire le balene bisogna essere immensamente a ienti rallentare i ro ri ritmi e accontentarsi di guardare assi i per molto tempo. Tuttavia nel giro di poco tempo, cominciai ad apprezzare i vantaggi di giungere a nuove scoperte attraverso l’osservazione passiva, un po’ come in astronomia, una disciplina dove non si può mai organizzare un esperimento ma bisogna aspettare che la natura presenti qualcosa di interessante da studiare. Una ragione per cui le balene colpiscono tanto la nostra immaginazione è forse il fatto che possono comparire un pò dovunque in maniera inaspettata e imprevedibile, al largo di qualsiasi costa, seguendo invariabilmente


Balene a. Balenottera a urra m (Balaenoptera musculus)

b Balenottera comune, 26,8 m alaeno tera hysalus

c. Balenottera boreale, 21 m alaeno tera borealis

d. Capodoglio, 18 m hyseter acroce halus

e. Balena ranca m ubalaena australis

f. Megattera, 16 m (Megaptera novaeangliae)

g. Balena grigia, 14,1 m schrichtius robustus

h Balena minore m (Balaenoptera acutorostrata)

e s ecie i gran i engono efinite balene , un ter ine che co ren e, in or ine ecrescente, la lunghe a egli in i i ui i aggiori i ensioni


i propri programmi e mostrandosi per ragioni che spettacolari del mondo e anche una delle più o noi non conosciamo. A volte le balene si spingono meno semplici a cui assistere, soprattutto per chi addirittura su per i fiumi, come u hrey, la partecipa a un tour guidato di avvistamento delle megattera che aveva sbagliato strada, diventando balene in compagnia di un equipaggio di bordo il più famoso di questi vagabondi uviali si trovò a esperto. In alcune zone, specialmente se si dispone risalire il Sacramento verso l’omonima città, sede di un binocolo, si riescono a vedere dalle scogliere del governo della California, e ci le balene che spruzzano, a orano e volle una piccola otta per indurlo a sollevano la coda. La balena ranca Ma perchè molti invertire la marcia. Ogni anno, circa australe e la megattera invece da misticeti si prendono giugno a novembre, provengono 20.000 balene grigie compiono un viaggio epico di 9.656 chilometri, la briga di migrare? dalle gelide acque sub-antartiche, con dall’Alaska al Messico, per poi le seconde che si spingono fino alle tornare indietro. Queste balene si latitudini sub-tropicali dell’ le hant spostano da novembre ad aprile, dalle acque ricche Coast, al confine con il Mozambico. E sono queste di cibo del mare di Bering verso le lagune della che regalano i salti più spettacolari, anche se il loro Bassa California in Messico per accoppiarsi e avvistamento non è frequente come quello della riprodursi. Si tratta di una delle migrazioni più balena franca australe. Ma perchè molti misticeti si

ALASKA

Mare di Bering MESSIC

AFRICA

La Migrazione delle Balene

Oceano Atlantico Elephant Coast

Da o embre ad A rile - la balena grigia si sposta dall’Alaska al Messico per poi tornare indietro

Oceano Indiano

Da iugno a o embre - la balena franca e la megattera provengono dalle gelide acque sub-antartiche, con le seconde che si spingono fino alle latitudini sub-tropicali dell’ le hant Coast, al confine con il Mozambico

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Testo di En o Maiorca

Continuo a inseguire una balena bianca e l do e si immerge iene uori l’arcobaleno...

prendono la briga di migrare L’opinione più diffusa è che l’inverno sia un periodo di magra durante il quale i misticeti non ottengono granché da mangiare alle basse latituduni dei loro quartieri riproduttivi, uno spuntino occasionale si, ma niente di simile alla straordinaria concentrazione di krill delle acque polari da cui ricavano la maggior parte del cibo necessario per la sussistenza di un anno. Si dice anche che la ragione per cui le balene migrano è che i piccoli non hanno abbastanza grasso per mantenere la temperatura corporea elevata e devono quindi nascere in acque calde piuttosto che nelle zone polari. Questa teoria non tiene conto del fatto che i “cuccioli” delle specie più grandi di misticeti vengono alla luce già dotati di una buona capacità di isolamento termico, che sarebbe su ciente anche per gli oceani più freddi,

e che lo strato lipidico che avvolge gli adulti è maggiore rispetto a quello necessario per la protezione dalla perdita di calore. Non deve sorprendere allora che ci siano anche piccoli di balenottere a urre e comuni che nascono, così pare, alle alte latitudini delle acque polari. Tutto ciò deriva dai dati raccolti durante la caccia alla balena sulla lunghezza e sul sesso dei feti delle femmine gravide che venivano uccise in Antartico. el delle . emmine gra ide di balenottere comuni uccise tra il e il , la lunghezza del feto indicava che sarebbe nato in zone più calde. Ciò nonostante un 10% era vicino al termine e quindi, se le madri fossero sopravvissute i piccoli sarebbero venuti alla luce nell’Antartico. Non sappiamo se c’è differenza nel tasso di mortalità dei cuccioli delle balenottere nati alle alte latitudini

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rispetto a quelli delle basse, ma si può supporre che i secondi se la cavino meglio, anche se il vero problema dei grossi cetacei, compresi i giovani, probabilmente non è mantenersi al caldo nelle acque gelide, ma non surriscaldarsi durante un vigoroso esercizio fisico. Il mio aspetto è che mentre in certe specie di cetacei la necessità di trovare acque calde costituisce effettivamente un fattore non trascurabile, più importante ancora sia avere a disposizione specchi di mare calmi. C’è una popolazione di balene franche che compare attorno a Cambell, un’isola ai margini dell’Oceano Antartico, nel periodo “sbagliato” dell’anno. Le acque qui sono fredde, ma non ghiacciano. È possibile che questi cetacei sfruttino il lato sottovento dell’isola per sfuggire alla piena forza delle tempeste invernali, evitando quindi una lunga migrazione. Dal momento che la densità dello zooplancton durante “l’esplosione” annuale nei mari artici è così elevata, si tende a dimenticare che il periodo di disponibilità di questo cibo è molto breve e che tra una stagione alimentare dei misticeti e l’altra intercorre un tempo di attesa e di fame assai lungo. isogna poi pensare che alle basse latituduni, in particolari zone produttive, è disponibile comunque una gran quantità di cibo, sebbene non paragonabile alle masse di prede polari. ueste concentrazioni minori sono però

accessibili, rispetto al plancton dei poli, per un arco di tempo maggiore, il che potrebbe più che compensarne la quantità inferiore. uando una preda percepisce l’orrore delle fauci spalancate di

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un misticeto che si avvicina, le sue uniche possibilità di sfuggire sono allontanarsi dal predatore o direttamente o spostandosi lateralmente rispetto alla sua rotta di avvicinamento (portandosi cioè fuori dal “percorso” della bocca). Molti degli animali di cui si nutrono i misticeti sono così piccoli che non c’è alcuna possibilità che possano superare la balena nuotando, soprattutto se quest’ultima usa la tecnica del lunge feeding, una strategia impiegata dalle balenottere. Le tecniche di alimentazione delle megattere sono interessanti quanto le loro “canzoni”. Molti dei sistemi che esse usano implicano rilascio di aria sott’acqua. Nel caso più semplice il cetaceo emette una enorme

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“nuvola” di bollicine finemente divise, come se si fosse aperta sott’acqua una bottiglia di seltz. uando questa cortina di bolle sale, la megattera o la attraversa a bocca aperta o filtra quel che c’è sopra oppure, ancora, sembra spingerci contro i pesci per prenderli quando ritornano indietro (i pesci, infatti, esitano a inoltrarsi tra le bolle). Il meccanismo esatto in base al quale “lavorano” queste bolle non è completamente chiaro, ma c’è un’altra tecnica che implica il rilascio di aria, il cui funzionamento è forse più immediato. quella della “rete” di bolle: si tratta della formazione di una cortina cilindrica costituita da colonne di bollicine che salgono intorno a un banco di pesci,


che poi il cetaceo cattura risalendo dal basso. Le reti di bolle non sono fatte di un usso continuo, ma di una serie di emissioni d’aria che creano colonne separate intorno al perimetrodella parete. na megattera intenta nella loro “costruzione” emette dei suoni simili a quelli di una vaporiera. na volta che una balena comincia a produrre reti di bolle, può continuare per ore, realizzandone una nuova ogni 2-10 minuti. Di tutte le notevoli caratteristiche delle balene e dei loro “parenti”, come le focene e i del ni, ho sempre ritenuto che la più straordinaria fosse la capacità di partorire in mare aperto dei piccoli che respirano aria. Per quanto ne sappiamo nessun animale, a parte i lamantini e i dugonghi, ha

mai realizzato nulla di simile. Inoltre se esaminiamo più a fondo il miracolo dello sviluppo e della nascita, osservando il periodo in cui il cetaceo si trova ancora nel ventre della madre, il mistero si infittisce. Avvolto in una sorta di autorespiratore essibile che è la madre, immerso in questo “mare interno”, il feto deve avere la sensazione di poter restare in immersione e trattenere il respiro per sempre. uando la madre scende a maggiori profondità il piccolo non dovrebbe percepire affatto la pressione, dal momento che non ha aria nel corpo (il feto non respira poiché l’ossigeno viene fornito direttamente dal sangue della madre). Se invece inalasse aria per conto suo dovrebbe

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compensare la pressione nelle orecchie e nei seni nasali man mano che scende. A meno che il piccolo e la madre fossero perfettamente sincronizzati, il figlio troverebbe scomodo e doloroso non avere il tempo su ciente per compensare durante la comune discesa. Non c’è da stupirsi che nei mammiferi marini il modo migliore di gestire il piccolo sia che la madre respiri per entrambi. Dopo la nascita, se un piccolo ha di coltà a compensare la pressione nei seni nasali può trovare arduo stare al passo con la madre durante le immersioni. Mentre le madri si immergono i capodogli più giovani spesso se ne restano alla superficie con uno o più adulti del gruppo che fungono da babysitter. Con ogni probabilità non è l’incapacità a compensare la pressione nei seni nasali a impedire al piccolo di compiere immersioni profonde, bensì il fatto che non è in grado di trattenere il respiro quanto gli adulti; tanto è vero che la profondità che bisogna raggiungere per trovare cibo gli sono inaccesibili. interessante notare che il problema, altrimenti insolubile, di cosa fare del proprio piccolo durate una lunga immersione venga risolto con il riunirsi in un gruppo sociale dai legami molto forti. Acquisendo una socialità su ciente per vivere in gruppi del genere i capodogli hanno conquistato un’intera, inesplorata, nicchia alimentare nell’oceano profondo: pesci bentonici e grossi calamari di diverse specie; il ricercatore John

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Kanwisher ha dimostrato l’entità di questo “ben di Dio” calcolando che i calamari e i pesci bentonici mangiati in un anno dai capodogli di tutto il mondo equivale grosso modo al consumo annuale di pesci oceanico degli esseri umani. Le varie generazioni di balene sono quindi come quei dipinti all’interno dei quali sono ra gurati altri dipinti, e ricreano all’infinito la loro origine da una “singolarità” della vita; ognuna aspetta avvolta dal liquido amniotico, tutte sono sospese nel più vasto liquido amniotico del mare, da cui non usciranno mai e nel quale resteranno per la vita intera. Quando un cetaceo si arena su una spiaggia e muore, non è forse la sua prima vera nascita fuori dall’acqua? Quando se ne sta arenato e morente non percepisce forse per la prima volta cosa significa essere come un neonato umano che piange di rabbia per trovarsi all’asciutto, fuori dal grembo materno? Forse che il risentimento che i terrestri nutrono l’uno nei confronti dell’altro, e anche nei confronti del resto dei viventi, abbia origine nella perdita della nostra identità marina, nel rimpianto per l’errore commesso dai nostri antenati che scelsero di nascere fuori dall’acqua? Ed è questo senso di unione con la vita dell’oceano che pervade le persone quando per la prima volta nuotano di fianco a una balena, il cuore in gola, e scoprono che invece che ucciderle con un unico colpo di coda queste gigantesche creature le accolgono nella profonda e antica pace del mare?


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NEL PROSSIMO NUMERO Agosto 2015

Tricase Porto (LE), le cui pareti cadono a strapiombo sul mare

Veleggiare lungo le coste del Salento

Tra Adriatico e Ionio, tra spiagge e scogliere, alla scoperta delle bellezze del Salento in barca a vela. Coralli, castagnole, cernie, saraghi, ricciole e tanto altro ancora, predominano il paesaggio sottomarino, l’immersione in queste acque cristalline è d’obbligo.

Bruges e i suoi mulini a vento

Dei quattro mulini salvati dal progresso tecnologico, solo due vengono messi in funzione ed aperti alle visite: il Sint-Janshuismolen e il Koeleweimolen.

Il Parco delle meraviglie

Piccolo ma ricco di sorprese, il Parco nazionale Yoho, in Canada, è un sito di grande interesse.

I mali del Lago d’Aral

È uno dei laghi più grandi al mondo. Oggi sta scomparendo.

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Il mulino Koeleweimolen, che risale al 1765, è uno dei due visitabili - Bruges, Belgio


NATIONAL GEOGRAPHIC IN TV Foto di Marta Palmisano

NAT GEO

people HD Segni indelebili Sabato 6 Luglio alle 18.00

Il Velo islamico Lunedì 12 Luglio alle 20.55

NATIONAL GEOGRAPHIC CHANNEL

A quattro anni dallo scoppio della guerra in Siria, abbiamo voluto raccontarla attraverso gli occhi dei bambini. I loro disegni raccontano quanto hanno vissuto, le loro fatiche emotive, ma anche il loro sguardo indietro alla terra d’origine, non sempre tracciata come luogo di crudeltà, ma come spazio di verde, acqua e serenità, come se fossero rimasti appesi al Prima.

Dalla tradizione alla sottomissione, alla scoperta del vero significato di origine dei diversi tipi di velo che contraddistinguono i paesi arabo-musulmani e che definiscono l’intensità del livello di segregazione e sottomissione della donna all’uomo. Esistono diversi tipi di velo in uso tra le donne musulmane. Ognuno di essi è fortemente legato all’area di appartenenza geografica della donna e ne ri ette la cultura, anche oltre l’aspetto religioso. Il Corano utilizza anche due termini più specifici a proposito dell’abbigliamento femminile: Khimar e Jilbab.

NAT GEO

WILD Trans Humus La Transumanza Giovedì 28 Luglio alle 22.00 Viaggio migratorio del gregge. Antica usanza che prese le mosse principalmente tra l’Abruzzo e il Tavoliere, con diramazioni sia verso il Gargano che verso le Murge, passando per il Molise. Consisteva nel trasportare (“transumare”, appunto) gli animali dai monti abruzzesi e molisani, ai ricchi pascoli del Tavoliere e del Gargano. I canali di National Geographic sono solo su Sky. Per maggiori informazioni sui programmi visitare il sito www.natgeotv.com

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IN LETTURA

Alla scoperta del mondo letterario

IL RACCONTO DELL’ISOLA SCONOSCIUTA

di JOSÈ SARAMAGO - Feltrinelli, 10€ Un uomo ottiene dal re una caravella per partire alla ricerca di un’isola sconosciuta, che ancora non comare sulle carte geografiche lla ricerca si unisce la onna elle li ie el re Un’incantevole favola d’amore magistralmente sor resa tra realt e sogno

IL GIRO DEL MONDO IN 80 PENSIERI

di PIERGIORGIO ODIFREDDI - Rizzoli, 20€ Non sempre ci basiamo sulla matematica per for arci le nostre o inioni sul on o uello che in ece fa iergiorgio ifre i in uesto libro, divertente e rigoroso che, spaziando in ogni campo della nostra vita, costruisce le sue “opinioni scientifiche sulla olitica e sulla creati it , su filosofia teologia, sulla ittura e sulla usica

CHI NUTRIRÀ IL MONDO?

MANIFESTO PER IL CIBO DEL TERZO MILLENNIO di VANDANA SHIVA - Feltrinelli, 16€ Chi nutrirà il mondo di oggi e di domani? L’agricoltura delle multinazionali, assetata di rofitto e a elenata i estici i, fertili anti, g Oppure l’agricoltura dei contadini, capaci di valorizzare la ricchezza della biodiversità e l e uilibrio s ontaneo egli ecosiste i

L’OCCHIO DEL FOTOGRAFO di MICHAEL FREEMAN - Logos, 15,30€ Un’adeguata padronanza delle regole della composizione è indispensabile per reali are fotografie e caci a ca acit di riconoscere un’opportunità fotografica e i organizzare gli elementi grafici in un insie e riuscito è da sempre una elle ualit i apprezzate in un fotografo

LA MONTAGNA DENTRO

di HERVÈ BARMASSE - Laterza, 18€ en o l a aca Sotto i e il uoto, so ra i e le stelle Guar o le luci ella allata e i sento in ace Non orrei essere in nessun altro osto Uno degli ultimi eredi dei grandi alpinisti del assato racconta la sua storia

ORME. UNA DONNA, QUATTRO CAMMELLI E UN CANE NEL DESERTO AUSTRALIANO

di ROBIN DAVIDSON - Feltrinelli, 10€ ntrai in uno s a io, in un te o, in una i ensione co leta ente nuo i ille anni si comprimevano in un giorno e ogni mio passo ura a secoli e uerce el eserto sos ira ano e si china ano su i e

LA MENTE DEL FOTOGRAFO

di MICHAEL FREEMAN - Logos, 16,96€ Il pensiero creativo al ser i io ella fotografia Svela il mistero che si cela dietro la creazione ii agini e caci

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ARCHIVIO ITALIANO Testo di Rino Duma

Giovani italiani in fuga dalla Terra d’Otranto

L’Italia di ieri e di oggi Un incontrollato e inarrestabile fenomeno esploso subito dopo l’Unità d’Italia, l’emigrazione dei meridionali

Il Meridione violentato è sfruttato in ogni sua parte vitale, reagì alla di cile situazione economica con un esodo di massa in Europa, nelle Americhe e in Australia. Quello dell’emigrazione è stato un disastroso e sconvolgente fenomeno che ha interessato l’Italia subito dopo la sua unificazione. na crisi economica devastante che mise in ginocchio intere popolazioni, a partire da quelle meridionali dell’Ex Regno delle due Sicilie, in particolar modo la Campania, l’Abruzzo, la Basilicata e la Calabria, sino a travolgere anche quelle del basso Veneto e del Friuli. Il governo non seppe fronteggiare con opportune e tempestive politiche la preoccupante situazione; tentò di arginarla, ma furono solo interventi di facciata e poco e caci. L’unico rimedio per le genti disilluse, affamate e sfinite fu quello di abbandonare la propria terra e di migrare in uno stato europeo più ricco o in uno extraeuropeo in via di sviluppo. Non cambia oggi quello che succedeva nei primi anni del ’900. Nel 2013, 90mila italiani hanno cercato rifugio all’estero, l’anno dopo erano solo 60mila, poi 75mila. Quest’anno sfonderanno la soglia dei 10omila, in media quarantenni, senza sostanziali differenze tra uomini e donne. uasi la metà ha una laurea o un diploma, l’altra metà no, ed è il segno che l’emigrazione si è estesa, come accadeva decenni fa, alla manodopera. Valigia in mano e un gran coraggio bastavano e bastano a mantenere i propri diritti e ad esaudire i propri sogni, sperando un giorno nella crescita economica del paese, ma soprattutto nella crescita morale della politica italiana.

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BLOW UP

Sotto la lente di Bill Bonner, archivista di National Geographic Testo di Diego Mormorio

Louis Jacques Mandè Daguerre, Boulevard du Temple, Parigi - 1838

Boulevard du Temple Venti minuti a fin ere di lustrare e farsi lustrare le scarpe

Siamo a Parigi nel 1838 dove ouis ac ues an aguerre, l’inventore del processo fotografico, il dagherrotipo, imprime questa lastra. Le due figure umane presenti in questa immagine, tanto poco riconoscibili che qui si è creduto opportuno cerchiarle di rosso, sono state le prime a essere riprese in fotografia, dall’inventore. L’immagine ci è giunta soltanto attraverso riproduzioni successive, in quanto sull’originale conservato a Monaco di Baviera, al Bayerisches Nationalmuseum, da tempo non si vede più nulla. I due uomini che vi figurano, un lustrascarpe e un suo cliente, d’accordo con il fotografo sono rimasti immobili per quasi venti minuti. Di tutti i molti passanti di oulevard du emple, di mattina sempre affollato, non è rimasta traccia. Essi sono andati per la loro strada e non hanno proseguito, senza lasciare alla lastra il tempo di registrarli.

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