R I P E NS AR EL AP OR T AD’ E UR OP A
Pr oget t odir i gen er az i on eu r ban aet er r i t or i al e perl ’ I s ol adiL ampedu s a
Università degli Studi di Ferrara Dipartimento di Architettura Biagio Rossetti
RIPENSARE LA PORTA D’EUROPA
Progetto di Rigenerazione Urbana e Territoriale per l’isola di Lampedusa
Giovanna Ceno Martina Massari relatore
Francesca Leder correlatore
Sergio Fortini
ad Alda e Dina
RIPENSARE LA PORTA D’EUROPA Progetto di Rigenerazione Urbana e Territoriale per l’isola di Lampedusa indice
13
abstract
17
da mondo globale a mondo plurale
introduzione
etimologia di patrimonio territoriale . le frontiere dell’identità locale . rafforzamento di un mondo plurale .
7
il mediterraneo e la microinsularità
25
un mare di isole studi pionieri e una nuova attenzione la geografia scientifica e il turismo dei grandi numeri l’insulaità nel paradigma “centro-periferia” la necessità di tutela
27 31 31 33 35
.
il caso italiano
gli strumenti di tutela
.
39
direttive europee e locali
l’isola sentinella
43
la Porta d’Europa. L’isola di Lampedusa
49
“Lopadusa”
51
. storia dell’isola
Lampedusa e le radici sociali locali Lampedusa al centro delle rotte Lampedusa tra itticoltura e turismo lampedusa e la necessità di tutela oggi
. . .
capitolo 1
71 71 77 85
le Riserve le aree di espansione l’assenza di pianificazione
“dal diario di viaggio”
96
capitolo 2
TAVOLE 1-2
TAVOLE 3-4
capitolo 3
105
progettazione identitaria del territorio il territorio come somma di atti in divenire territorializzazione: interpretazione del processo da de-territorializzazione a ri-territorializzazione: dall’analisi funzionale a risposte concrete de-territorializzazione: applicazione a Lampedusa ri-territorializzazione: quattro scenari per Lampedusa
107 111 113 117 125
riattivazione del centro storico riconquista del territorio rifiutato riscrittura dell’identità storica risignificazione della risorsa suolo
147
applicabilità e buone pratiche normative e finanziamenti casi studio
TAVOLA 5
capitolo 4
161
. .
interpretazione critica del centro urbano centro storico come volano di sviluppo gli elementi caratterizzanti
163 165
rete di mobilità il verde residuale come scarto i pieni tra distribuzione e consuetudini i vuoti tra presenza e assenza
176
. . . .
. . . .
“voci dall’isola” 9
progettazione olistica del centro urbano progettare lo scarto: risignificazione e riuso strategia di intervento: scomposizione e ricomposizione le fil rouge nella realtà plurale: dialogo tra terra e mare
progettazione localizzata degli ambiti strumenti di progetto: le schede di ambito
187
capitolo 5
TAVOLA 6
capitolo 6
TAVOLA 6-7-8-9-10-11
capitolo 7
TAVOLA 12
189 191 201
207 209
scheda 1: L’eco quartiere turistico scheda2: La punta della memoria scheda3: Il vallone in attività scheda4: L’asse della cultura scheda5: Ri-attivazione del porto vecchio
conclusioni
il motore degli eventi
261
attivazione del modello replicabilità del modello
263 265
ringraziamenti
267
273
bibliografia alfabetica
274 277 278 279 279
testi e pubblicazioni sitografia articoli e riviste strumenti di pianificazione casi studio
281 283 285 287 289 291 293 295 297 299 301 303 305 307
indice delle tavole tavola 0 tavola 1 tavola 2 tavola 3 tavola 4 tavola 5 tavola 6 tavola 7 tavola 8 tavola 9 tavola 10 tavola 11 tavola 12
isola di Lampedusa storia dell’isola analisi critica del territorio strategia per il territorio analisi critica del centro urbano masterplan strategico tavola di progetto tavola di progetto tavola di progetto tavola di progetto tavola di progetto conclusioni 11
abstract
13
Moving from the awareness that Italy’s most significant heritage lies in its diversities and specific local uniqueness, that today are undergoing so many pressures unconceivable only 50 years ago, our thesis wants to develop a project for the urban and territorial renovation with the aim of managing today’s situation offering a new scenario in which a new balance between tradition and innovation may prevail. The rebirth of small areas, especially if minor or far-away, can occur only if we consider an overall arrangement. A suitable strategy centered on the correct reuse of the existing building heritage and on the urban requalification and valorization of public spaces must develop within a frame of binding together the existing and its physical and space elements with the cultural, historical and local traditions. Ages and events intertwine and shape places, form layers of different shapes which today remain just as feeble marks,
hiding new answers and opportunities but in original structure. The remains of a complex past, the “wounds” of the land and of the souls, the elements that haven’t disappeared yet, must form the starting point in the research of new planning solutions for a transformation at local level, for ordinary places, as well as at world level, in a globalised scenario in which endemic self-sustainability seems now to be left out. The launch of new solutions not only territorial and social, but also the start up of a new local identity which finds new meanings and opportunities inside a holistic society. The Island of Lampedusa, an isolated and extremely fragile territory, is an extraordinary case-study where the theme of local development requires to be adapted to an extra-ordinary reality being at the same time field of experimentation for a model project which aspires to be repeated in other contexts.
Partendo dalla constatazione che il patrimonio più caratteristico dell’Italia risiede nelle sue diversità e unicità locali, oggi sottoposte a pressioni che solo cinquanta anni fa erano inimmaginabili, la tesi intende sviluppare un progetto-guida per la rigenerazione urbana e territoriale nell’intento di gestire la realtà odierna e offrire un nuovo scenario in cui prevalga l’equilibrio tra tutela e innovazione. La rinascita dei piccoli centri, soprattutto quelli considerati marginali, non può avvenire se non a partire da una riconfigurazione complessiva. Una strategia centrata sul corretto riuso del patrimonio edilizio esistente e la riqualificazione e valorizzazione degli spazi pubblici deve svilupparsi in un quadro di ricucitura dell’esistente che tenga conto non solo delle componenti fisiche e spaziali ma anche culturali, storiche e delle tradizioni locali. I secoli e gli eventi si intrecciano e plasmano i luoghi, compongono stratificazioni di segni e forme che oggi appaiono solo come flebile traccia, nascondendo risposte e opportunità in diversa forma. I resti di un trascorso complesso, le "cicatrici" del terreno e degli animi, gli elementi che ancora non sono scomparsi per sempre devono essere il punto di partenza nella ricerca di soluzioni progettuali per una riattivazione a livello locale, per i luoghi del
quotidiano, come a livello mondiale, per uno scenario ormai indissolubilmente globalizzato dove sembra essere esclusa l'autosostenibilità endemica. Una riattivazione non solo territoriale e sociale, ma anche una risignificazione dell'identità locale che trova spazio all'interno della società olistica. L’isola di Lampedusa, un territorio “isolato” ed estremamente fragile, si presta ad essere uno straordinario caso studio dove il tema dello sviluppo locale richiede di essere adattato ad una realtà extra-ordinaria, con la volontà di essere anche terreno di sperimentazione per un progetto-modello che ambisce ad essere replicato in contesti diversi. Dove si incontrano risorse ambientali e paesaggistiche straordinarie, coscientemente dimenticate, è importante definire regole per il loro corretto uso affinché il loro valore non venga nel tempo danneggiato e impoverito. Dove si incontrano centri abitati privi di quell'ordine gerarchico che un tempo sovrastava la vita urbana, si deve intervenire nei punti nevralgici danneggiati così da riattivare puntualmente le singole parti e farne degli interventi volano atti a garantire un risanamento poi complessivo di più ampio respiro.
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introduzione
da mondo globale a mondo plurale
17
etimologia di patrimonio territoriale oggi
Esiste un legame profondo tra il passato e il futuro di un popolo e di un luogo che necessita di una piena consapevolezza della forza del patrimonio ambientale e culturale e della sua importanza come risorsa esclusiva e non riproducibile. Ambiente, cultura e città non esisterebbero senza territorio. Esso è una risorsa e come termine implica etimologicamente il concetto di costante rigenerazione. Se questo fenomeno sembra attualmente stridere con la tendenza globale di sviluppo urbano e tecnologico e le conseguenze che esso comporta sull'uso del suolo, allora la sua tutela e la sua riproducibilità devono essere considerate un elemento cardine delle politiche e delle pratiche che riguardano il territorio. Il territorio, visto nella sua dimensione processuale di lunga durata, dovrà acquisire una ritrovata centralità nell’orizzonte della crisi generale in atto: deve essere strumento privilegiato per ri-orientare i processi di sviluppo e di riequilibrio economico e sociale, sia come risposta alla crisi strutturale del modello globale-capitalistico che come rivendicazione di un progetto locale che rimetta in gioco le risorse, le vocazioni, le potenzialità di contesti minori che il modello di sviluppo contemporaneo aveva relegato a condizioni di marginalità. Processi che richiamano immediatamente un rapporto con il territorio e con le sue risorse di tipo completamente diverso da quello messo in atto dalla società industriale (questo un rapporto di tipo strumentale, d’uso e di consumo delle risorse e dello spazio considerato come mero supporto tecnico delle attività economiche), basati su quei principi che si sono affermati, negli ultimissimi decenni, come conseguenza delle riflessioni e dei dibattiti che, a livello internazionale, hanno visto attribuire al patrimonio culturale un ruolo sempre più significativo nel quadro dei modelli di sviluppo fondati sulle peculiarità locali e sulla valorizzazione delle risorse endogene. E' a questo punto necessario chiarire il significato di quei termini apparentemente comuni ma troppe volte abusati senza cognizione di causa. Territorio e patrimonio sono tra le parole chiave delle politiche e dei dibattiti del nuovo millennio, ma è possibile definire su carta i loro limiti e i loro spazi in un periodo di così rapide e profonde trasformazioni? Il concetto di “patrimonio territoriale” utilizzato in questo approccio assume perciò un carattere estensivo e integrato: esso si riferisce contestualmente ai valori dell’ambiente fisico, dell’ambiente costruito e dell’ambiente antropico interpretati nelle loro relazioni coevolutive. In quanto tale, è quindi necessario trattare il tema del patrimonio territoriale con la consapevolezza di una materia in continuo mutamento, duttile ai cambiamenti del tempo e della società ma caratterizzato da una resilienza propria insita nella indispensabilità del rapporto reciproco tra uomo e ambiente circostante. 19
le frontiere dell’identità locale
Partendo dal territorio come luogo di insediamento stratificato dell'identità collettiva, occorre dunque un'inversione paradigmatica: se la dimensione mondiale dei processi in atto non può essere realisticamente rimossa, si dovrà attuare una "riduzione di scala", per una differenziazione locale dei modelli di sviluppo in alternativa a quello unificato e omologato. Si vuole sottolineare che la critica allo stile di vita consumistico non nasce dalla rivendicazione del disagio sociale e tantomeno politico, ma nell'assunzione di responsabilità nella condivisione di un 'bene comune', cioè nell'equilibrio postmoderno tra diritti e doveri in un ambito comunitario. Si avrà sviluppo locale, quindi, dove la società saprà interpretarne il significato dimensionale, saprà comprendere l'importanza dell'ente comunità come insieme di attori protagonisti della trasformazione. Per la gestione strategica del territorio in aree geopolitiche omogenee Una comunità locale, nel suo rapporto con il territorio, rimanda alla sua identità e quindi alla capacità di saper riconoscere le proprie frontiere. Queste ultime, non hanno nulla a che vedere con i confini degli Stati, tracciati arbitrariamente e sinonimo di separazione. La frontiera dell'identità locale è un limite naturale, esattamente come la pelle per il corpo umano o come le membrane che assicurano ad ogni singola cellula la propria autonomia, ma anche la relazione con il resto dell'organismo. Le frontiere dell’identità locale sono il luogo dell’incontro e dello scambio culturale. 21
rafforzamento di un mondo plurale
1 A. Magnaghi Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo. Bollati Boringhieri, Torino,2000.
Nessuna identità locale può essere, però, esclusivamente autosufficiente: in una società olistica, la piccola scala dell'organizzazione sociale porterà all'interno a forme di collaborazione. All'esterno i rapporti saranno orientati verso forme di federazione e di sussidiarietà, tramite il rafforzamento di un mondo plurale, politeistico, di società locali, in grado di connettersi a rete in modo non gerarchico, attraverso relazioni che separano e ricongiungono le isole dell'"arcipelago". Si può, difatti, concepire il territorio complesso come una "comunità" di isole separate ma parte di un unico indissolubile sistema. Soltanto se ognuna si saprà valorizzare e si manifesterà non solo come individualità semplice, come risolta, compiuta, soddisfatta unità, da imporre a centro di uno spazio gerarchicamente orientato. Soltanto se ognuna, conoscendo se stessa, scoprirà in sé la stessa complessità, le stesse variabili e imprevedibili "geometrie" che formano l'armonia dell'arcipelago, allora anche l'arcipelago stesso potrà galleggiare. E quell'arcipelago può assumere diverse scale e significati, può essere l'Europa, uno stato, una regione, ma anche l'insieme di piccole porzioni di terra che si trovano più vicine nel Mediterraneo1. 23
il mediterraneo e la microinsularitĂ
il Mediterraneo e la microinsularitĂ 25
“Frattanto i pesci dai quali discendiamo tutti assistettero curiosi al dramma collettivo di questo mondo che a loro indubbiamente doveva sembrar cattivo e cominciarono a pensare nel loro grande mare” Lucio Dalla - Com’è profondo il mare
un mare di isole
Cosa sarebbe l'Europa senza il Mare Nostrum? Luogo di incontri, scontri e scambi, rappresenta un antichissimo crocevia di culture. Qui, da millenni tutto vi confluisce e prende le mosse; vero e proprio ponte tra territori, la regione del Mediterraneo è considerata culla delle più antiche civiltà, nonché teatro principale della storia e della cultura occidentale. Come le numerose culture che si ci si affacciano hanno contribuito al suo arricchimento ed a renderlo luogo cosmopolita, così allo stesso modo il mare Mediterraneo ha influito e guidato lo sviluppo delle grandi e piccole potenze che bagna. Dopo secoli di egemonie, partenze per il Nuovo Mondo, scontri e fughe politiche, la sua apparente decadenza come via d'acqua non gli ha impedito di mantenere, in senso politico e strategico, un ruolo di protagonista. Oggi, infatti, il Mediterraneo sembra tornare ad assumere quel ruolo dovuto e essenziale di perno centrale per le dinamiche dei paesi che lo racchiudono. E' un'entità che dirige le scelte e le azioni di tre continenti, ne consente l'arricchimento e lo sviluppo. Ovviamente questa ascesa porta con se anche un risvolto più amaro. Sembra sempre che la sponda opposta possa offrire un mondo migliore: c'è chi parte alla il Mediterraneo e la microinsularità 27
“Map of Eastern Mediterranean” PORTOLAN ATLAS, anonimo France ca. 1600
ricerca di asilo politico in un paese "pacifico", chi salpa alla ricerca di un paradiso perduto ed esotico per pochi giorni di villeggiatura. In questi termini, situazioni ben differenti, si può riconoscere un file rouge nella speranza e nel senso di libertà che sembrano offrire queste acque, ma d'altra parte anche il drammatico effetto che questi movimenti provocano. E molte volte la complessità degli eventi e l'attenzione mediatica hanno offuscato la grandezza, la potenza e la ricchezza di questa distesa di acqua. Forse negli ultimi decenni ci si è resi conto di quanto sia necessario recuperare l'antico splendore e l'armonia che esso offriva. Nell'ultimo secolo, però, assieme alla trasformazione accelerata del mondo e della società, si è modificata anche l'attenzione verso lo stesso. Nascono quotidianamente nuove problematiche, così ogni giorno bisogna saper cercare nuove risposte. Così anche il punto di vista sul Mediterraneo, gli studi e le osservazioni devono seguire le metodologie che si diffondono parallelamente sulla terraferma. Improvvisamente non era più sufficiente osservare il bacino dalla costa o nel suo insieme, ma si poteva avvicinarsi pian piano, scendere di quota o imbarcarsi e lasciare il proprio porto alle spalle, si doveva raggiungere il cuore di questo grande sistema, un cuore costituito di piccole entità, sparpagliate qua e là, ma capisaldi così nella navigazione e nelle traversate, come nella funzione di piccoli portavoce e collante per le grandi potenze lì attorno. Si vuole quindi compiere questo "avvicinamento", e nello specifico si sceglie di avvicinarsi alla questione del nostro
Paese, così ricco di isole che si differenziano per dimensione o per carattere, da offrire uno scenario interessante, delicato e sicuramente unico. In Italia, infatti, fin dai primi momenti del formarsi di una geografia scientifica a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, gli studiosi non hanno esitato a privilegiare l’analisi alle diverse scale territoriali, dedicando alcuni studi al nascente fenomeno della "microinsularità". Tema riguardante le isole “piccole” e le isole “minori”, già in principio compie una prima distinzione: il primo aggettivo è solitamente riferito alle unità dipendenti dalla terraferma, come ad esempio l’isola Gallinara e l’isolotto di Bergeggi, entrambi in provincia di Savona; il secondo appellativo è usato invece per le unità insulari solitamente autonome in termini amministrativi comunali, ma dipendenti da contesti regionali (insulari o continentali), più ampi, come nel caso delle isole dell’Arcipelago toscano, delle isole Ponziane, Partenopee, Siciliane, Sarde e delle Tremiti. Nello studio che segue si farà riferimento proprio a questa seconda categoria di isole, il cui grado di isolamento veniva un tempo messo in relazione alla loro esiguità territoriale e demografica e alla distanza chilometrica che le separa dal continente o da un grande isola (come ad esempio in Italia la Sicilia o la Sardegna), mentre oggi si tende a considerare il loro inserimento più o meno attivo nel sistema spaziale di appartenenza sulla base dell’intensità delle relazioni di tipo orizzontale con l’esterno, definite dai collegamenti e quindi dai flussi in entrata e in uscita di persone, merci, capitali e informazioni. il Mediterraneo e la microinsularità 29
studi pionieri e una nuova attenzione Tra gli studi più remoti si possono ricordare quelli di E. Macchi dedicato all’isola di Pantelleria, apparso in “La geografia per tutti” (1895, pp. 149-155) e quello sull’isola di Linosa (Isole Pelagie), condotto da G. Trabucco ed apparso negli Atti del III Congresso Geografico Italiano tenutosi a Firenze nell’aprile 1898, pubblicato l’anno successivo. Nel 1903 sul Bollettino della Società Geografica Italiana appare un articolo dedicato all’isola d’Ischia scritto da F. Minutilli, seguito a pochi anni di distanza da un articolo di Attilio Mori intitolato stranamente Una monografia delle isole Pelagie ed apparso sulla Rivista Geografica Italiana (1908, pp. 358-369).
la geografia scientifica e il turismo dei grandi numeri A partire dal secondo dopoguerra e fino agli anni Sessanta si assiste ad una vera e propria “esplosione” di ricerche incentrate sull’analisi di casi microinsularità. Tra fine anni Sessanta e fine anni Settanta si assiste ad una stasi negli studi, ma questa pausa nel 1977 viene finalmente interrotta da un saggio di Leonardo Rombai, frutto di un
seminario organizzato dall’Istituto di Geografia del Magistero di Firenze ed incentrato sull’analisi della dinamica comparata del popolamento nelle isole minori italiane. Al riguardo lo stesso Rombai, nella premessa, afferma: ‘Nonostante l’esistenza di numerose monografie, spesso valide ma ormai abbastanza invecchiate,dei “minuscoli ma vivaci paesaggi geografici insulari” italiani, sia riguardanti singole isole che interi arcipelaghi, mancava un quadro d’insieme che cogliesse e confrontasse le tendenze evolutive’. Il geografo fiorentino, dopo aver delineato le principali vicende del popolamento nel lungo periodo, dal medioevo all’Unità d’Italia, sulla base dei dati offerti dai censimenti nel periodo 1861-71, quindi con riguardo ad un arco temporale di oltre un secolo, mette a confronto la popolazione presente con quella residente per individuare l’andamento spazio-temporale dell’attrazione esercitata dalle diverse realtà microinsularità, nonché le trasformazioni intervenute sia nella struttura demografica in termini di sesso, età e grado di istruzione. Nelle isole minori italiane, come osserva ancora Leonardo Rombai, la fase di decollo del turismo è quasi sempre da collocare in un periodo che va dal Secondo dopoguerra agli anni Cinquanta, seguito da una fase di forte sviluppo negli anni Sessanta e Settanta. Le uniche eccezioni sono costituite infatti da Capri ed Ischia: la prima, già nota ad una élite europea nella seconda metà del Settecento e divenuta di particolare richiamo a partire dal 1840 in seguito alla scoperta della Grotta Azzurra; la seconda, stazione estiva di cura e soggiorno per le il Mediterraneo e la microinsularità 31
sue acque termominerali a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. In tutte le altre realtà microinsulari, invece, a partire dagli anni Cinquanta, il turismo si inserisce ‘in una situazione stagnante per la crisi dell’economia tradizionale, dall’agricoltura e pesca alle cave e miniere (Elba, Giglio, S. Pietro), crisi aggravata per le Ponziane, Tremiti, Ustica in particolare dall’allontanamento delle colonie di confino (attorno alle quali gravitava l’economia delle popolazioni civili), per La Maddalena dallo smantellamento della base navale’.1
insularità nel paradigma “centro-periferia”
1. G. Rocca, “isole minori italiane e turismo” nell’evoluzione degli studi di geografia umana p.3 2 A. Turco Insularità e modello centro-periferia. L’isola di Creta e le relazioni con l’esterno, Milano, Unicopli 1980 p.25
Nel 1980 Angelo Turco affronta il problema dell’insularità applicando per la prima volta allo studio di tale fenomeno i nuovi paradigmi, i modelli e i metodi che nelle ricerche di geografia umana erano venuti emergendo nel corso degli anni Settanta con lo sviluppo urbano della città e della società di quegli anni. Seguendo tale ottica, Turco osserva che gli studiosi del territorio trascuravano assai spesso in quegli anni le relazioni interregionali, soffermandosi invece volentieri su quelle infraregionali, e tutto ciò poiché il ruolo delle relazioni con l’esterno era ancora tutt’altro che evidente nella geografia delle regioni continentali, oppure, ancor più spesso, perché mancava la possibilità di quantificare i flussi e di determinarne le
direzioni. Osservava, però, che nel caso di uno studio incentrato sulle isole di dimensioni modeste, questi problemi potevano essere in larga misura risolti, in quanto i flussi in uscita ed in entrata, pur con destinazioni e provenienze più varie, hanno punti obbligati e relativamente poco numerosi di passaggio (porti ed aeroporti), nei quali è agevole cogliere caratteristiche ed entità dei movimenti di persone e di cose2. Inoltre sulle isole, diversamente dalle regioni di terraferma, il ruolo dei rapporti con l’esterno nella vita degli uomini e nell’assetto del territorio appare con immediatezza, dove i giorni, o a volte, le settimane, sono ritmati dall’arrivo e dalla partenza della nave, del battello, dell’aliscafo. Nell’affrontare la questione assai complessa riguardante il metodo da seguire per stabilire e precisare una connessione tra relazioni insulari ed assetto del territorio insulare, Turco ha proposto le diverse possibili vie: o si cerca di evidenziare schemi di interazione tra gli aspetti che caratterizzano l’insularità e gli aspetti che invece servono a definire i circuiti relazionali, oppure una seconda possibile strada, invece, potrebbe essere quella di incorporare le isole in teorie spaziali non direttamente riferite all’insularità, ma tali da non escluderla, secondo la quale lo sviluppo si origina in punti privilegiati, centrali, dai quali tende poi a diffondersi sul resto del territorio. Qui Turco dichiara di partire dal fatto di prendere in considerazione il ruolo della territorialità, intesa come processo tendente a privilegiare il «centro» e a penalizzare la «periferia». il Mediterraneo e la microinsularità 33
la necessità di tutela
3. L. Pedrini (a cura di), Atti del “Colloque de la Commission UGI de Géographie du tourisme et des loisirs” Lipari (Messina), 20–25 settembre 1982), s.e., pp. 136-143.
Leandro Pedrini, nella sua relazione incentrata su “gli effetti del turismo nelle piccole isole”, ricavata ancora una volta dai contributi presentati dai partecipanti al Colloquio Internazionale di Lipari, sottolinea che l’invasione turistica in spazi limitati come quelli microinsulari introduce nuove relazioni spaziali, che si sostituiscono a quelle tradizionali causando una rottura degli equilibri: tali trasformazioni sono generalmente irreversibili con mutamenti positivi o negativi che dipendono dalla situazione locale, dal comportamento degli autoctoni di fronte alle innovazioni, che spesso si ribellano di fronte ad un turismo che è in grado di innalzare il livello del reddito, invertendo il segno dei flussi migratori, ma non sempre la qualità della vita degli abitanti. Secondo Pedrini, dalle comunicazioni emergono tre proposte fondamentali, anche se contraddittorie, e cioè: la necessità di una pianificazione dell’assetto territoriale per evitare che l’aggressione selvaggia del turismo e lo spreco delle potenzialità offerte dalle isole in termini di risorse; l’impossibilità di far decollare e portare a termine un piano di sviluppo se le comunità locali sono dissenzienti; la tutela della natura, spesso invocata per la realizzazione di aree protette, richiede l’intervento regolamentare e finanziario di autorità esterne, ma ciò si rivela urgente nelle piccole isole perché i loro ecosistemi rientra quasi sempre tra quelli considerati più fragili nel reagire agli accumuli di detriti solidi e di acque reflue, in ambienti spesso carenti di risorse idriche. Il turismo, inoltre modifica
il sistema delle comunicazioni con l’esterno, cristallizzato nel tempo alle sole relazioni sociali e commerciali degli abitanti con la terraferma, in quanto in breve tempo porta all’ampliamento delle strutture portuali (con effetti spesso negativi sugli equilibri costieri, in termini di correnti e di azione abrasiva e sedimentaria del mare) e in certi casi alla costruzione di un aeroporto, che modifica la morfologia e le condizioni di tranquillità. Infine Pedrini cerca di sintetizzare gli impatti che il turismo può arrecare alle attività economiche tradizionali che caratterizzano i sistemi microinsulari. Nel caso dell’agricoltura gli spazi coltivati si ridimensionano fortemente nelle aree pianeggianti e collinari per la forte crescita dei processi di urbanizzazione; anche la pesca tende a ridimensionarsi fortemente rimanendo sempre più circoscritta al mercato turistico locale, così come molti pescatori si trasformano anche in noleggiatori delle loro imbarcazioni ai turisti.3 Se molti studiosi sono stati indotti a ritenere che l’associazione concettuale “isola-insularità-isolamento” venga a rappresentare una trilogia quasi indissolubile, nella realtà dei fatti questo triplice legame non è sempre verificabile, in quanto il concetto “isola”, più che simboleggiare una realtà di frontiera, sta ad indicare quasi sempre un contesto geografico essenzialmente transfrontaliero.
il Mediterraneo e la microinsularità 35
il caso italiano
A sua volta, nel caso particolare del rapporto tra turismo e microinsularità, non si può negare come il turismo di massa, attraverso le immagini ricorrenti e i messaggi di promozione pubblicitaria, concorra ‘a formare idee fortemente stereotipate sull’ambiente insulare, sulle isole e sugli isolani stessi’, svolgendo quindi la funzione di agente mistificante, ancor più che mito poetico. E tale impatto, dirompente e degradante, ormai così esteso da agire sull’immaginario collettivo a scala addirittura globale meriterebbe forse di essere studiato anche con riguardo alle isole “minori” italiane. Per queste ultime i gravi problemi del presente sono senza dubbio una conseguenza storicamente logica del passato, ma non logicamente inevitabile. Esse appartengono per la maggior parte all’area meridionale dell’Italia, e del meridione ripresentano, aggravati, tutti i problemi ed i ritardi. L’agricoltura vi esiste in forme minime e spesso primordiali. L’industria non vi è quasi mai arrivata. La pesca langue ovunque. Resta il turismo che per le isole, specie nell’ultimo quindicennio, sembra l’ultima e unica speranza. Ma il turismo non basta a colmare il vuoto economico lasciato dalle altre attività e, insieme ad una ricchezza male distribuita, porta gravi danni ove le sue iniziative non vengano controllate. Proprio il turismo ha portato in primo piano l’emergenza poiché, provocando una fluttuazione demografica stagionale in proporzione spesso da 1 a 10, ha aggravato enormemente ogni problema di approvvigionamento idrico ed energetico. Acqua ed energia sono dunque, per le isole minori, pro-
porzionalmente alla loro disponibilità, i coefficienti moltiplicatori di qualsiasi tipo di sviluppo. Le isole di cui parliamo sono casi di emergenza permanente. E’ dunque il momento di agire, di non attendere segnali più forti da questi micro territori minacciati da macro fenomeni, e due sono le vie percorribili. Una (quella praticata al presente) si riassume in un complesso di provvedimenti fondamentalmente assistenziali, che tendono ad aggravare gli squilibri già descritti. L’acqua, ad esempio, viene portata periodicamente per mezzo di navi cisterna, con spese enormi, dissipazioni di energie, disagi economici, e con costi crescenti per i cittadini. Il problema energetico provoca il sorgere discontinuo, mal programmato, sotto o sovradimensionato secondo alterne fortune, di costose centrali termoelettriche. Oppure, magari quando interessi di svariate qualità e validità vengono a coagularsi intorno a qualche luogo fortunato, nascono progetti di allaccio al continente con condotte e cavi sottomarini e costi da capogiro. L’altra alternativa è un cambiamento totale di indirizzi e direttive. Ciò richiede fantasia e l’abbandono di molte consuetudini mentali ed operative. Si tratta di mettere in campo tecnologie appropriate che assicurino il recupero di tecniche edilizie fortemente legate alle risorse locali, la produzione di energia da fonti rinnovabili (eolico, solare, geotermico, eccetera), lo smaltimento e il riciclaggio dei rifiuti solidi urbani in forme innovative. Le attrezzature prevedibili come necessarie possono comprendere dissalatori, generatori di energia elettrica, depuratori, potabilizzatori, inceneritori di rifiuti. Le attrezzature il Mediterraneo e la microinsularità 37
dovranno inserirsi armonicamente nel territorio dell’isola. Le isole potranno, inoltre, rappresentare un sistema attrezzato di ricerca permanente sulla fauna e sulla flora marine, sui pericoli dell’inquinamento, sulle possibilità di sfruttamento a fini alimentari, estrattivi o semplicemente scientifici.
gli strumenti di tutela Come dal punto di vista economico e sociale la vita isolana richiede di utilizzare determinate tecnologie o particolari accorgimenti, così è necessario dare un pieno riconoscimento alla «particolarità» e alla «vulnerabilità» delle isole nel sistema giuridico del nostro Paese, dotando la nostra legislazione degli strumenti di base necessari. Sotto qualunque forma dunque, il tema della salvaguardia dei piccoli patrimoni insulari risulta sempre più punto obbligato per l’arresto del declino e la perdita irreversibile di quella ricchezza culturale e naturalistica che ancora possiamo vantare e ci caratterizza. Per questo le iniziative di tutela devono chiaramente partire da una presa di coscienza diffusa e consolidata, ma devono trovare conferma e possibilità di realizzazione a livello amministrativo, statale e comunitario. Sono infatti sempre più numerose le conferenze, le normative, i patti o i regolamenti che offrono linee guida, azioni strategiche ma soprattutto fondi economici alle isole minori, e questi sono generalmente di impianto transfrontaliero e Europeo, più raramente di origine statale
o regionale (non per le ragioni a statuto speciale). Si riportano in seguito alcuni tra gli impegni più recenti in questo settore:
direttive europee e locali
Il Programma europeo transnazionale MED è stato istituito al fine di migliorare la competitività dello spazio mediterraneo per garantirne la crescita, la coesione territoriale in una logica di sviluppo sostenibile. Il programma MED, dispone di un budget di oltre 250 milioni di euro (compresi 193 milioni di euro FESR), per progetti di cooperazione tra partenariati transnazionali dei territori eleggibili del Mediterraneo per perseguire gli obiettivi del programma. Per raggiungere tali obiettivi, il programma ha definito le seguenti priorità: Asse 1: rafforzamento delle capacità di innovazione Asse 2: protezione dell’ambiente e promozione di uno sviluppo territoriale sostenibile Asse 3: miglioramento della mobilità e dell’accessibilità territoriale Asse 4: Promozione di uno sviluppo integrato e policentrico dello spazio Mediterraneo. I progetti finanziati nell’ambito del Med devono avere tutti una reale dimensione transnazionale, volta a garantire un impatto concreto sul campo, e portare un contributo diretto al raggiungimento degli obiettivi del programma. I bandi sono di due tipologie: -Bandi per Progetti Tradizionali che includono tutti gli assi e il programma Operativo -Bandi per Progetti Mirati che sono mirati a specifici temi, campi d’intervento o determinati progetti. il Mediterraneo e la microinsularità 39
Le tematiche vengono definite dal Comitato di sorveglianza sulla base di specifici studi inerenti il programma. Può essere consentita una particolare partnership secondo il tipo di progetto. L’Associazione Isole del Mediterraneo (AIM) nasce dall’esigenza di creare nel bacino del Mediterraneo una rete entro la quale far confluire le esperienze di cooperazione interregionale più mature, che rappresentino modalità di sviluppo locale virtuoso e che abbiano la caratteristica di essere sperimentabili in diversi territori. Obiettivo ultimo è fornire un impulso all’inserimento di territori tradizionalmente periferici che per struttura geo-morfologica soffrono di marginalità rispetto ai grossi sistemi di sviluppo socioeconomico nazionali, all’interno delle logiche comunitarie. I punti fondamentali attorno ai quali costruire questa collaborazione sono i seguenti: -individuazione puntuale delle caratteristiche geograficoterritoriali dell’area in questione, con particolare riguardo alla definizione di una macro-regione come “Ecoregione”, termine-concetto più utile di altri a cogliere la specificità della cooperazione in esame. -diretta derivazione dei singoli ambiti materiali di cooperazione dalle caratteristiche geografiche e dalla tipologia di macroregione individuata, l’Ecoregione. -definizione dei principi chiave della cooperazione interregionale e suo inquadramento nella normativa comunitaria. -costruzione in chiave funzionale di una rete con i mecca-
nismi operativi idonei a costituire canali di comunicazione in tempo reale tra soggetti associati, pubblici e/o privati. Poiché si inserisce nel quadro del partenariato euro mediterraneo inaugurato a Barcellona, l’associazione delle isole è concepibile come un network-bridge tra l’Europa, le isole europee e il Nord Africa e il Vicino Oriente: a tal fine l’associazione si propone di promuovere attività di cooperazione e di dialogo con i Paesi arabi e musulmani che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo. Il ruolo di questa associazione può dunque essere interpretato come un ponte tra le culture mediterranee e il luogo naturale di quel confronto culturale e politico tra i Paesi membri della Comunità Europea e i Paesi terzi della sponda sudorientale del Mediterraneo. Lo scopo è favorire quel processo osmotico di scambio di esperienze e di mediazione interculturale, che divenga terreno comune di una sempre maggiore integrazione dei popoli. Preceduta da un organismo provvisorio per consentire gli incontri dei sindaci insulari, l’ANCIM (Associazione Nazionale Comuni Isole Minori) fu fondata ufficialmente l’8 giugno 1986 all’isola del Giglio “come unione volontaria di comuni operanti nelle Isole Minori del Mediterraneo, costituita per il miglioramento e la trasformazione delle strutture economiche e sociali, da determinarsi in Piani organici e programmatici nel rispetto e in sintonia con la programmazione nazionale, regionale e comunitaria”. ANCIM rappresenta 36 comuni nei quali sono residenti oltre 200.000 persone che, come noto, divengono milioni il Mediterraneo e la microinsularità 41
durante la stagione estiva. L’obiettivo finale intende: -superare l’emarginazione e i gap legati all’insularità; - promuovere un sistema economico che valorizzi le tipicità e i territori; - sviluppare linee di azione comuni ed integrate; - garantire un futuro ai giovani e le donne Gli strumenti utilizzati sono: - Un Accordo di programma, che vede insieme il Governo, le Regioni, i Comuni delle piccole isole e la Federazione Parchi, costituisce il cardine dell’agire unitario e l’impegno di tutti a contribuire con le proprie risorse. Esso disciplina il funzionamento dell’agire comune; - Un DUPIM (Documento Unico di Programmazione isole minori) che costituisce il quadro programmatico pluriennale elaborato dai Comuni e ratificato dalle Regioni. Esso comprende sia gli interventi pubblici che quelli privati, sinergici all’obiettivo di uno sviluppo teso a valorizzare tutte le componenti economiche e sociali; - Un PIST (Progetto Integrato di Sviluppo Territoriale) come strumento operativo della programmazione. 4. www.fondieuropei2007-2013.it
Progetto Integrato Territoriale “Isole Minori”. Il Complemento di Programmazione del POR Sicilia 2000-2006 ha previsto la formazione di un Progetto Integrato per le Isole Minori finalizzato a garantire il raccordo con gli altri strumenti di intervento per lo sviluppo delle Isole Minori sulla base di un’idea di forza condivisa, cui vengono destinate risorse pubbliche del POR (circa 37.929 Milioni di euro). Sulla base di tale documento, i seguenti soggetti promo-
tori identificati nei Comuni delle isole minori: - Lipari (ME) - Pantelleria (TP) - Favignana (TP) - Ustica (PA) - Lampedusa e Linosa (AG) - Malfa (ME) - Leni (ME) - S. Marina Salina (ME) hanno sottoscritto un Protocollo d’Intesa con il quale si sono impegnati a procedere in maniera unitaria e condivisa al la formazione e alla realizzazione del Progetto Integrato Territoriale. 4
l’isola-sentinella Quasi tutte le isole sembrano aver trovato, o quasi raggiunto, un nuovo equilibrio, anche se per ora assai precario. Ma circa il futuro, che si persevera a vedere con moderato ottimismo, ci sembra comunque azzardato puntare tutto sullo sviluppo turistico, inteso soprattutto come disordinata e speculatrice lottizzazione intensiva degli spazi migliori e nella costruzione di seconde caso, o sull’attesa di un provvedimento da un potere centrale e lontano. Per questo si vuole nel seguente lavoro di ricerca e di progetto, ipotizzare un modello di sviluppo olistico, che prenda le mosse dall’identificazione di un caso-tipo, e il Mediterraneo e la microinsularità 43
si sviluppi con l’applicazione sullo stesso per poi tornare all’astrazione del metodo per crearne un modello ripetibile e applicabile ad altri casi ugualmente fragili. Nello specifico si è voluto scegliere nello scenario delle isole minori italiane, il caso forse di emergenza più eclatante: l’Isola di Lampedusa. Parte dell’arcipelago delle isole Pelagie, rappresenta, per la sua posizione, una sorta di sentinella e avamposto dalla quale gli studiosi già traggono importanti indicazioni sullo stato del Mar mediterraneo. E’ un’isola ricca di potenziale attrattivo e naturalistico ora è sotto i riflettori dei media internazionali per la moderna questione delle rotte dei migranti dal Nord Africa. Riconosciuto questo grande problema, e presa coscienza della distanza tra il nostro ambito di studio e le cause reali del fenomeno, si vuole affrontare la complessa realtà stratificata che compone la quotidianità di Lampedusa, sperando anche nel momento di attenzione mediatica per la promozione del modello di sviluppo socio-economico proposto, facendo del caso studio di Lampedusa un progetto volano per le isole minori italiane, e chissà, per l’intero Mare Nostrum.
il Mediterraneo e la microinsularità 45
Bibliografia Testi e pubblicazioni F.L. Cavallo, L’insularità tra teoria geografica e archetipo culturale , in “Riv. Geogr. It.”, CIX, 2002 C. Ciaccio, Turismo e microinsularità. Le isole minori della Sicilia , Bologna, Pàtron, 1984 Angelo Mojetta, Mar Mediterraneo, White Star, 2005 L. Pedrini (a cura di), Atti del “Colloque de la Commission UGI de Géographie du tourisme et des loisirs” Lipari, 20–25 settembre 1982 L. Rombai Le isole minori italiane. Studi comparati di geografia della popolazione , in “Atti dell’Istituto di Geografia dell’Università di Firenze”, Quaderno 6, Firenze, 1977 A. Turco Insularità e modello centro-periferia. L’isola di Creta e le relazioni con l’esterno, Milano, Unicopli, 1980
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la Porta d’Europa. l’isola di Lampedusa
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“Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; i siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria, ogni intromissione di estranei sia per origine sia anche, se si tratti di Siciliani, per indipendenza di spirito, sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di turbare la loro compiaciuta attesa del nulla.” Il Gattopardo G. Tomasi di Lampedusa
“Lopadusa” storia dell’isola
Un’isola delle tante siciliane che si chiama Lampedusa. Terra d’odissee, più vicina all’Africa che all’Italia, è nata per accogliere invece che respingere. Le sue coste a Sud, ricche di cale ed insenature hanno dato riparo e speranza a migliaia di moderni Omero, nei secoli in fuga da guerre e miserie. Quelle a Nord, a strapiombo sul mare, guardano l’Europa pronta a respingere piuttosto che ad accogliere. Lampedusa è stata punto d’appoggio di navi di passaggio sin dalle guerre puniche, rifugio di pirati ed eremiti e spesso anche luogo di presenze tanto singolari quanto enigmatiche. Piccola come dimensione ma enorme come significato, rappresenta il naturale approdo di culture e aspettative diverse, la cui dimensione è aumentata esponenzialmente con le mutazioni succedute alla globalizzazione. Il nome dell’isola ha origini incerte, si pensa provenga dal greco bizantino lopadusa che significa “ricca di molluschi”. Forma parte dell’arcipelago delle Pelagie, le “isole d’alto mare”, Lampedusa bianca, Linosa nera e il piccolo scoglio disabitato e selvaggio di Lampione. Vulnerabile microcosmo sempre in divenire, l’isola di Lampedusa nel corso dei secoli ha subito e tratto vantaggio L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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dalla condizione di insularità, mutando ed adattando il proprio divenire a fatti estemporanei ed apparentemente casuali che ne hanno determinato cambiamenti impercettibili o radicali. È affiorata ed ha mutato il proprio volto nel tempo più o meno rapidamente, è stata valorizzata ed invasa, lodata e colpita, fatti che ne hanno logorato la stabilità sia fisica che sociale.
Mappa dell’isola di Lampedusa redatta dal Capitano Bernardo Sanvisente 1843, rettificata nel 1847.
Per la sua posizione al centro del Mediterraneo la storia di Lampedusa è legata a quella dei popoli di navigatori, che la utilizzavano come base e stazione di sosta nei loro commerci, vivevano di pesca e praticavano la conservazione del pesce sotto sale. L’isola era certamente un approdo che poteva evitare un naufragio e sufficientemente grande per poter approvvigionare i pochi stanziali, probabilmente pastori, e le imbarcazioni che sostavano nelle cale naturali del versante sud. Fare cambusa era quindi il motivo principale di sosta a Lampedusa. Come descritta da Denis Diderot sull’isola si praticava agricoltura di sussistenza ‘…è ricchissima di pesca, è coperta di olivi selvatici, la terra è fertile, il frumento e la vite attecchirebbero…’ Dall’inizio del ‘400 Lampedusa appartenne ai Tomasi, che vi costruirono una fortezza con quattro torri per difendere l’isola dalle continue incursioni dei Saraceni, mentre gli abitanti vivevano ancora nelle grotte, e l’isola era ancora molto verde e coperta di macchia mediterranea con abbondanza di cervi e buoi marini. Nel 1800 la principessa Francesca di Lampedusa cedet-
te in enfiteusi una parte dell’isola a un gruppo di coloni maltesi, il cui capo famiglia subconcesse le terre affittate all’inglese Alessandro Fernandez il quale vi si installò con una colonia di 300 persone e ne prese possesso da padrone, facendo erigere un lungo muro (Muro Vecchio) nella zona di ponente che divise l’isola in due parti. Arrivò un buon numero di agricoltori e pastori che misero a coltura diversi appezzamenti di terreno e iniziarono una notevole attività pastorizia; avviarono anche un florido scambio commerciale con Malta, inviando i prodotti dell’isola e importando quelli di cui avevano necessità. Furono costruiti magazzini, cisterne e abitazioni rurali. La pastorizia era la principale occupazione dei maltesi, che vi avevano tenuto circa 1700 pecore e poche capre, poi rinselvatichite. L’isola cominciò ad avere un’organizzazione ed un primo impianto di “urbanizzazione”, Fernandez si fece costruire una comoda casa, dotata di cisterna e di una cappella; fece poi erigere il Castello unendo con mura di pietra e calce i resti delle antiche torri, le Torri di Orlando, che si trovavano all’interno del porto. Da questo momento ebbe inizio anche il disboscamento del suolo per fare posto alla coltivazione agricola delle terre sino allora vergini e quindi ricche di humus. Nel 1828 il naturalista Giovanni Gussone fece una accurata relazione della flora e della fauna e così descrisse lo stato dell’isola: in Lampedusa ventiquattro maltesi fra uomini e donne vi soggiornano e meschinamente vi vivono perché privi di moltissimi comodi che la società altrove ci offre. Tengono cinque o sei vacche, altrettanti bovi per L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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1. “Lampedusa: dalla preistoria al 1878” G.Fragapane p. 28 2. “L’Isola di Lampedusa eretta a colonia dal Munificentissimo Nostro Sovrano Ferdinando” Cav. B. Sanvisente Capitano di Fregata p. 18 3. “Programma sul modo di popolare l’isola” Duca di Dumia
arare, due animali da soma, circa 200 pecore, un centinaio di capre e pochi maiali. Permutano con qualche barca maltese o barbaresca che vi approda il formaggio, la lana, il grano e le fave con generi dei quali mancano.1 Nel 1839 l’isola venne riacquistata da Re Ferdinando II, re delle due Sicilie, e trasformata in colonia agricola. Il cavaliere Bernardo Maria Sanvisente, con titolo di governatore, sbarcò sull’isola alla guida di un gruppo di 120 coloni, con l’incarico di rendere coltivabile tutto il terreno dell’isola. All’epoca vi si estendeva un rigoglioso manto vegetale costituito da una fitta macchia mediterranea nella sua forma più diversificata ed evoluta, in cui abbondavano Pini d’Aleppo, Ginepri, Carrubi, Corbezzoli ed Olivastri; il Corbezzolo formava distese impenetrabili di macchia ed ai suoi frutti ricchi di alcool si deve il nome dialettale del toponimo Imbriacola.2 Si cominciò a recuperare tutto ciò che esisteva sull’isola: le vecchie cisterne per l’acqua, i mulini, i depositi e si diede avvio alla costruzione dei primi fabbricati, la dogana, i forni e quanto altro necessario per la nuova comunità. Ad ogni colono vennero assegnati tre moggi di terra da coltivare e un sussidio economico. Tutti gli uomini al seguito del Sanvisente si dedicarono inizialmente alla costruzione del centro abitato sulla base di una maglia ortogonale, ad esclusione di alcuni che impiantarono subito attività pastorizie ed agricole. Vennero realizzate le “grandi opere” di Lampedusa: sette palazzi con dieci appartamenti ciascuno, case e strade
per i nuovi abitanti, frantoi, magazzini, piccoli stabilimenti per il trattamento del pesce, l’ampliamento della chiesa esistente, uffici sanitari, militari e doganali, il cimitero. Dai primi studi pianificatori dell’isola si evince l’intenzione di fare dell’isola un futuro luogo di detenzione ed esilio. Popolare l’isola di Lampedusa avrebbe un duplice scopo: primo riunirvi le famiglie che volontariamente vogliono dimorarvi; secondo stabilire nell’isola un “luogo penale”, nonché il “domicilio forzato” di color che per misure di polizia o per condanna espiata interessano il programma del Governo. I primi sforzi del Governo dovrebbero prevedere almeno di stabilirvi una popolazione di circa mille persone. Occorre costruire trecento case nel luogo stabilito dal Sanvisente. Le case dovrebbero essere allineate per costruire il primo nucleo del paese. Si comincerebbe col costruire la Chiesa e la sede della Casa Municipale. 3 L’effetto delle azioni condotte dal capitano e dai suoi coloni (divenuti 700 cinque anni dopo lo sbarco) fu però la parcellizzazione e distruzione sistematica di tutto: la vegetazione naturale fu estirpata, il terreno fu dissodato, suddiviso in appezzamenti assegnati ai coloni e messo a coltura; i ginepri furono utilizzati per costruire attrezzi ed i loro ceppi bruciati, migliaia di olivastri furono innestati, ma non sopravvissero a lungo. Apparve quindi il paesaggio agricolo che si espanse erodendo la macchia; il dissodamento dei terreni per la coltivazione e il consumo della macchia mediterranea, lasciarono il suolo senza riparo dall’erosione dei venti e dell’acqua, con l’affiorare della roccia e l’avvio di un processo di desertificazione. L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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In fatto di urbanizzazione i contrasti erano evidenti: da un lato civiche abitazioni confortevoli, dall’altro la grotta; così che una parte dei coloni godeva il massimo della comodità un’altra soffriva i massimi disagi. Alcune famiglie alle comode case avevano preferito le grotte, per avere la possibilità di governare più da vicino gli animali dai quali dipendevano tutte le loro risorse. Così in seguito i coloni intrapresero a costruire i pagliari e accanto l’ovile, l’aja e il palmento, i corpi delle strutture assai rustiche erano raccolti come in una piccola fattoria dove i membri della famiglia, senza molte esigenze, vivevano accanto ai loro beni con semplicità. Il pagliaro era una costruzione in pietra murata con malta di terra; la sua copertura a calotta semisferica denotava l’influenza dell’architettura rustica delle vicine coste d’Africa alla quale si erano ispirate le costruzioni analoghe dei dammusi di Pantelleria e da qui importate a Lampedusa. Dalla Sicilia arrivavano sempre più numerose le richieste di produzione di carbone vegetale, ovvero di alberi da tagliare e bruciare, destinati alla crescente domanda di energia della grande rivoluzione industriale in corso nell’Europa nella metà del diciannovesimo secolo. Il re concesse senza problemi le autorizzazioni di produzione di carbone vegetale, acconsentendo il disboscamento di Lampedusa ed in pochi anni l’Isola perse la propria vegetazione, di conseguenza le coltivazioni, sempre più esposte ai forti venti, diventarono più difficili e meno redditizie.
Le cose cambiarono soltanto, grazie alla fortuita scoperta di ingenti banchi di pesce azzurro che transitavano nelle acque attorno Lampedusa. I coloni si accorsero di un’enorme risorsa fino ad allora trascurata: il mare. Nel piccolo porto naturale dell’isola si moltiplicarono le imbarcazioni, a quelle locali si aggiunsero i pescherecci delle più grandi marinerie siciliane, attirate dalla scoperta, l’ampliamento del porto avvenne con la creazione di magazzini e piccoli stabilimenti per il trattamento e la conservazione del pesce. Per la colonia fu l’inizio di una nuova era e l’economia dell’isola si trasformò radicalmente, vennero quasi del tutto abbandonate pastorizia ed agricoltura e nacquero le prime strutture legate allo sfruttamento del pescato. Con lo spostamento definitivo dell’economia di Lampedusa a favore della pesca, le foreste disboscate e il terreno via via sempre più arido, l’aspetto morfologico di Lampedusa si avviava a diventare quello odierno: roccioso brullo e ventoso. Nel 1872 il governo italiano intervenne su Lampedusa, e decise di convertirla in colonia penale per condannati al domicilio coatto. Lampedusa vide nascere dei casermoni allineati ‘dove i deportati di qualsiasi reato venivano rinchiusi dal tramonto all’alba nella condizione più disumana e degradante e nella promiscuità più umiliante’. Il 2 Giungo del 1878 venne celebrata la costituzione del Comune di Lampedusa. Nel 1887, a seguito della scoperta di un grosso banco di spugne, arrivarono a Lampedusa barche greche, tunisine, turche e iniziò un fiorente L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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Lampedusa 1943, veduta aerea sul porto e sul centro urbano
4. ”Rapporto del viaggio scientifica eseguito nelle isole di Lampedusa, Linosa e Pantelleria ed altri punti della Sicilia”, Pietro Calcara p. 13 5. “Le isole del sole” Enzo Mancini
commercio, le spugne di Lampedusa venivano esportate in tutto il mondo e questo portò un periodo di relativo benessere per la popolazione.4 Durante la Seconda guerra mondiale Lampedusa, per la sua eccezionale posizione strategica, si trasformò in roccaforte militare pullulante di postazioni fisse e mobili di artiglieria leggera e contraerea di casermette, fortini, depositi di munizioni. La popolazione civile, benché più volte esortata ad abbandonare l’isola, fu sommersa dalla popolazione militare. Al termine del conflitto ci si dovette confrontare con i difficili anni del dopoguerra che furono caratterizzati da uno stato di abbandono da parte del Governo, da una massiccia emigrazione e da una misera economia legata alla pesca e alle poche industrie di salatura e conservazione del pescato. Nel 1951 venne costruita la centrale elettrica ed un impianto di produzione del ghiaccio, fondamentale per la conservazione del pescato. Ma i ritardi accumulati erano enormi e le condizioni di vita da terzo mondo: mancavano le fogne, le scuole, l’ospedale; la nave arrivava due volte la settimana e per scendere a terra bisognava trasbordare su di un barcone perché non esisteva una banchina. I processi di ricostruzione furono lenti, ostacolati oltre che dalle lungaggini burocratiche, dalle oggettive difficoltà logistiche. La coltivazione assunse progressivamente un valore marginale a favore della pesca. Il benessere generato da quest’ultima portò a un’attività di edificazione che ebbe come risultato il completamento della maglia ortogona-
le pianificata dal Sanvisente. Nel 1955 venne installata una centrale elettrica alimentata da un generatore e nel 1968 sorse il nuovo aeroporto civile dotato di una sola pista di atterraggio. Tale intervento diede inizio all’espandersi della periferia cresciuta intorno alla maglia ortogonale, del sistema di residenze diffuso a macchia d’olio.5 Recuperata la centralità di postazione di frontiera, gli americani impiantarono a Lampedusa una base NATO per il controllo radar. Nel 1975 si costruirono l’ospedale e le scuole. L’isola cominciò ad aprirsi lentamente a una nuova realtà: il turismo. All’inizio fu un turismo per amatori soprattutto subacquei e amanti della tranquillità. Il più delle volte i turisti erano ospitati in case private e il rapporto di amicizia che si creava con il lampedusano durava per anni, furono proprio le carenze dell’isola che ne costituirono per anni il fascino e l’attrattiva maggiore. I lampedusani capirono che il turismo poteva essere l’occasione per il riscatto dell’isola; in molti dimisero le loro attività legate alla pesca e alla campagna e diventarono piccoli operatori turistici; fu sicuramente un momento di crescita economica e di scoperta di una nuova opportunità di sviluppo. L’isola cominciò ad attrezzarsi con alberghi, residences, ristoranti. Dalle 700 presenze del ’67 si passò alle 1500 del ’68 e alle 4000 del ’69. Nel 1986 Lampedusa balzò improvvisamente alle cronache di tutto il mondo, una motovedetta libica avrebbe lanciato due missili verso l’installazione radio americana L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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LORAN a Lampedusa. Per settimane si parlò di Lampedusa in tutto il mondo e da quel giorno l’isola diventò meta di turisti in un crescendo che non conoscerà più soste. Grandi società immobiliari presero di mira il territorio e furono avviate importanti opere rimaste tutte incomplete (la piscina coperta, la casa degli anziani, il museo archeologico). Sono questi gli anni dello sviluppo dilagante dell’abusivismo edilizio. Dal 1986 l’economia dell’isola è cambiata radicalmente e velocemente, i pescatori sono diventati operatori turistici e sono nati numerosi alberghi, ristoranti, negozi e strutture. Il turismo è diventato la prima voce dell’economia di Lampedusa.6
6. “Breve storia di Lampedusa” Antonino Taranto p. 15
La storia dell’isola può essere chiarita attraverso un sistema di rapide ondate di cambiamento che hanno investito la popolazione, troppo rapide per essere metabolizzate e sedimentate, fino a divenire espressione culturale. Difficile il ricordo della storia antica, una memoria che viene vissuta solo attraverso i vincoli e, come tale è rigettata, perché vissuta come impedimento ad operare. Troppo rapido e sregolato l’impatto dello sviluppo turistico recente accompagnato da veloci mutamenti nella geografia socio culturale sia degli isolani che dei turisti. L’avvicendarsi degli avvenimenti ha portato ad una diversa natura dei flussi sociali: riflessivo-imitativo quello dell’adattamento degli abitanti, caotico-conservativo quello istituzionale; ma anche ad uno sviluppo lento e inorganico della morfologia fisica e naturale dell’isola. Negli ultimi anni Lampedusa è tornata ad essere anche
il punto di contatto, il ponte tra civiltà e realtà diverse, con tutti i problemi che questo ruolo comporta. Ciò che ha scatenato l’interesse verso l’isola risiede nel fatto che venga tutt’ora ignorato come, anche sulla base dei forti fenomeni negativi recenti, il luogo si stia lentamente trasformando senza soluzione di continuità e la popolazione si stia adagiando dietro la giustificazione dell’emergenza disinteressandosi totalmente dello splendore e della potenzialità perduti della propria terra. I riflettori puntati costantemente sull’isola non recano vantaggio alla situazione attuale, è proprio per questa ragione che, nell’ambito delle isole minori italiane, si è scelto di affondare lo studio e l’indagine sul’isola di Lampedusa, per ridare alla città la giusta valenza qualitativa approfittando della visibilità che offre il frangente attuale allo scopo di restituire agli abitanti i mezzi per la riattivazione locale a partire dal territorio.
L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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evoluzione storica del porto vecchio sino alla conformazione attuale
1824
1860
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1990
Porto Vecchio ca. 1930
Porto vecchio 1847
L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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rilievo dell’insenatura del porto ca. 1600
L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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etĂ media
35anni
Lampedusa e le radici sociali locali La conoscenza dei soggetti locali che abitano l’isola è il primo passo per un’analisi approfondita dell’identità dei luoghi. Geograficamente svantaggiati ma socialmente uniti, gli abitanti del comune di Lampedusa e Linosa sentono fortemente l’appartenenza alla propria terra e coloro che vi si trasferiscono acquisiscono tale affetto e passione in maniera incondizionata. Al contrario è presente anche il fenomeno delle emigrazioni, delle partenze, in maggior parte di giovani, alla ricerca di un futuro più sicuro e certo sulla terraferma. Simultaneamente con l’aumento dell’abbandono è corrisposto un aumento delle nascite costante nel tempo. Inoltre, negli ultimi decenni, si verifica l’arrivo di nuovi residenti, perlopiù stranieri. Il flusso migratorio verso e dall’isola si è protratto in maniera altalenante nel tempo, con picchi di aumento di nuovi residenti all’inizio del 2000 e, poi in controtendenza,più recentemente, con l’aumento di trasferimenti in zone economicamente più attrattive fuori dall’isola, fino ad un aumento significativo della popolazione straniera degli anni recenti (è composta da circa 200 presenze provenienti da Romania, Tunisia e Pakistan). Dei 6300 abitanti di Lampedusa la maggior parte è giovane, l’età media si attesta al di sotto dei 35 anni e l’indice di natività, seppur con le difficoltà logistiche date dalla mancanza di ospedali, continua ad essere elevato. Sintomo della buona qualità della vita isolana è il basso
indice di mortalità, evidenza di un alto livello di aspettative di vita. La popolazione è composta da una numerosa presenza di coppie sposate, spesso tra consanguinei, con almeno un figlio per famiglia in condizioni di benessere economico medie rispetto alle percentuali nazionali. Similmente ai residenti, l’isola ha visto l’avvicendarsi di flussi di utenti esterni che si susseguono in maniera diversificata in base al periodo dell’anno. Il turista e l’immigrato, sono questi gli utenti temporanei che si avvicendano sull’isola, presenze ingenti che modificano l’equilibrio sociale già precario dell’microcosmo isolano.
Lampedusa al centro delle rotte del Mediterraneo Una piccola quota di popolazione, seppur in forma di flusso temporaneo, è rappresentata dai migranti Nord-Africani, che rinnovano lo spirito di accoglienza che ha caratterizzato la natura dell’isola nella sua lunga storia. Dai dati forniti dal Ministero dell’Interno si evince che mediamente, in un anno, quasi 60.000 persone attraversano il Mediterraneo e le rotte principali sono quattro. La più battuta parte dalle coste occidentali libiche, tra Tripoli e Zuwarah, puntando proprio verso Lampedusa. L’isola di Lampedusa è interessata dal fenomeno degli “sbarchi” dai primi anni ’90. A partire da questa data, L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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7. “Libro bianco: I Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza in Italia. Una indagine promossa dal gruppo di lavoro sui CPTA in Italia”.
iniziò in Italia una sovraesposizione mediatica del momento degli arrivi dei migranti via mare che non si è più arrestata fino ad oggi. Le immagini dei cosiddetti “sbarchi” entrarono dentro le case degli italiani attraverso la televisione e i giornali senza che mai, in tutti quegli anni, gli stessi media che le commentavano affiancassero ad esse dei dati oggettivi che avrebbero dimostrato come questo modo di raggiungere l’Italia non abbia mai in realtà rappresentato più del 15% degli arrivi ‘irregolari’. Se si prova a ricostruire la storia di questo fenomeno da allora fino ad oggi, si nota un netto avvicendamento di due fasi ben distinte, il primo periodo, dal 1993 al 1998, è caratterizzato dall’arrivo di migranti dalla Tunisia, nella quasi totalità maghrebini; il secondo, dal 2002 ad oggi, è contraddistinto dall’attivazione della rotta libica. Il passaggio dall’una all’altra fase coincide con un periodo intermedio in cui si assiste alla progressiva strutturazione di un meccanismo burocratico, repressivo e diplomatico di controllo delle migrazioni.7 La prima fase può essere ulteriormente distinta in due momenti: il primo - dal 1993 al 1996 - era caratterizzato da una certa impreparazione della popolazione dell’isola e delle autorità civili e militari e da una scarsa rilevanza nazionale del fenomeno; il secondo - dal 1996 al 1998 - segna invece il progressivo emergere del “problema” a livello nazionale e regionale, con una serie di azioni intraprese con l’obiettivo di bloccare tale flusso. Già nel 1996, nonostante il numero esiguo degli arrivi, il fenomeno veniva vissuto come un’emergenza. Una delle cause di questa
percezione era la mancanza di strutture di accoglienza, i migranti sbarcavano direttamente sulle spiagge dell’isola e penetravano liberamente nelle strade del paese e nelle campagne prima di essere intercettati dalle forze dell’ordine e collocati in un piazzale antistante la caserma della Guardia di Finanza, al Porto Vecchio, dove ricevevano un’assistenza improvvisata dalla popolazione dell’isola e dalle forze dell’ordine. Nell’autunno del 1996 ebbe inizio la stretta del governo italiano e la collaborazione con il governo tunisino. Intanto a Lampedusa si era provveduto a fornire uno spazio di accoglienza, una vecchia base dell’Aeronautica Militare avrebbe funzionato da centro di accoglienza gestito dai volontari locali della Croce Rossa. Il 1998 segnò un punto di svolta per la storia degli arrivi a Lampedusa. In quell’anno, infatti, fu varata la prima legge organica sull’immigrazione – la legge 40 Turco-Napolitano – che istituì i Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza, di cui anche Lampedusa fu dotata, e predispose degli strumenti per il contrasto dell’immigrazione clandestina. Dal 2002 un flusso consistente di migranti ha segnato l’ingresso della Libia nel sistema mediterraneo della migrazione illegale e ha investito direttamente Lampedusa, rendendola il principale punto di approdo di boat people in Italia. A condurre l’imbarcazione erano i migranti stessi; i trafficanti li lasciavano alla deriva, dopo aver indicato loro la rotta, e poi facevano in modo di avvertire le autorità italiane affinché intervenissero per il recupero in mare. L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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il cimitero di barche, lungomare Lido Azzurro
L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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Lampedusa ha vissuto una stagione di seria difficoltà nel 2008, con quasi 40.000 sbarchi. Il 28 giugno 2008 è stata inaugurata a Lampedusa la Porta di Lampedusa - Porta d’Europa, opera d’arte di Mimmo Paladino dedicata ai migranti morti e dispersi in mare. Nel 2011, assai più che nelle ondate migratorie degli anni precedenti, i suoi venti chilometri quadrati di superficie hanno rischiato di trasformarsi in un carcere a cielo aperto. Furono 65.000 i migranti presenti sull’isola, a fronte di circa seimila abitanti. L’emergenza sovraffollamento venne amplificata dalla chiusura del CPT e la mancanza di spazi per accogliere le persone in arrivo sull’isola. La popolazione locale si spese in svariate maniere per collaborare e permettere l’arginamento della situazione che portò una notevole sovraesposizione mediatica negativa per Lampedusa ed un conseguente blocco degli arrivi di turisti. Ed è proprio la mancanza di informazione sulle reali condizioni in cui versa Lampedusa ad isolare sempre di più la gente che ci vive. il Centro di Identificazione e Espulsione nel fondo del Vallone Imbriacola
La situazione attuale vede l’instaurazione di una nuova giunta comunale, presieduta dal sindaco Giusi Nicolini, ex presidente di Legambiente Sicilia, sensibile al tema immigrazione in maniera evidente rispetto alle amministrazione che l’hanno preceduta. Il centro di Identificazione e Espulsione dovrebbe accogliere i migranti per 36-48 ore al massimo, offrire loro primo soccorso, servizi igienici, dei pasti e un cambio di vestiti, mentre uno dopo l’altro vengono “identificati”. Ottenuti i documenti sufficienti
per poi poter richiedere asilo in terraferma, vengono imbarcati sulla nave per Porto Empedocle o sull’aereo per Palermo, da dove saranno poi inviati nei centri di prima accoglienza sparsi sul territorio italiano. Il CIE è presidiato dall’Esercito e dalla Polizia di Stato, ciò nonostante molti dei ragazzi scappano per qualche ora verso il centro del paese, dove convivono indisturbati con i ragazzi e i signori del porto. La nuova politica comunale offre loro da quest’anno più libertà, come risposta si ha una permanenza in isola più tranquilla, evitando così l’incubo che si ripeta la drammatica situazione di tensioni, devastazioni, furti e incendi del 2011. Il fantasma dei flussi migratori e di tutto ciò che ne consegue è qualcosa che l’isola porterà con sé per altri anni a venire, ma l’auspicio è che Lampedusa non sia ricordata e raccontata solo per avvenimenti dolorosi e negativi, ma si possa un giorno prendere la rivincita per le violenze subite e risollevarsi per garantire una prospettiva alle generazioni future.
Lampedusa tra itticoltura e turismo Per un’analisi profonda dell’evolversi dello sviluppo dell’isola, è necessario determinare la struttura sociale ed economica presente sul territorio, con l’obiettivo futuro di coinvolgere le popolazioni di Lampedusa in un dialogo sulle prospettive della comunità. La fertilità di questo diaL’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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scuola dell’infanzia
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scuola primaria
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secondaria di primo grado
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secondaria di secondo grado alunni per grado scolastico
logo dipende molto dalla memoria storica, dalla sedimentazione delle diverse esperienze vissute dalle generazioni che vivono e si apprestano a vivere sull’isola. Per quanto riguarda la condizione sociale e reddituale della popolazione, questa ha subito un forte calo negli ultimi anni. Il forte boom economico dei primi anni ‘90, in cui il turismo era fiorente e l’attività della pesca forniva ancora un forte sostentamento all’isola, ha regalato la possibilità dell’acquisto di seconde case e il conseguente sviluppo di abusivismo e pratiche illegali. Tale atteggiamento contrasta fortemente con l’attaccamento degli isolani per la propria terra di nascita, elevata e amata da un lato, sfruttata ai massimi livelli dall’altro. Non desta stupore che qui, come nella più ampia società in cui viviamo, i valori stabili del “patrimonio” stiano cedendo il passo all’ incertezza del reddito, occorre quindi andare oltre alla rappresentazione del passato benessere per valutarne gli aspetti strutturali, come l’instabilità dell’occupazione giovanile e la bassa redditività della pesca. Il tema della cultura e formazione riveste grande importanza per la popolazione dell’isola, in contrasto netto con la scarsa offerta presente sul territorio. La scuola lampedusana soffre dei problemi dell’insularità nell’insularità. Esiste una correlazione fra i problemi di consolidamento della crescita economica e sociale ed il livello di istruzione: oggi quest’ultimo è complessivamente basso. Secondo il censimento 2012 solo il 26% della popolazione totale ha un grado d’istruzione superiore (Italia, 54%).
L’Indice Dispersione Scolastica Globale è del 19,34%, ma riguarda solamente alunni non ammessi, nella scuola primaria l’indice è pari allo 0,28%. La scuola dell’infanzia vede la presenza di 210 alunni, mentre la scuola primaria ha 360 alunni. Frequentano la scuola secondaria di primo grado 243 alunni, quella di secondo grado conta un numero di alunni pari a 188. Secondo i dati forniti dal Comune, quest’ultima ha un tasso di dispersione scolastica pari a 9,09%. Sul livello di scolarizzazione pesano alcuni fattori: -la struttura sociale: con una fascia di popolazione in condizioni non agiate e con una composizione familiare con numerosi figli in età d’obbligo scolastico. Per questa fascia l’istruzione costituisce un rilevante onere economico, che diventa insostenibile per l’accesso agli studi superiori ed universitari. - la struttura dell’offerta: nell’isola di Lampedusa è presente un solo indirizzo di studi superiori, il liceo scientifico, cosa che vieta il proseguimento degli studi in indirizzi diversi ed implica obbligatoriamente l’emigrazione, così come accade per la frequenza all’università. Un’alternativa al liceo scientifico, per il momento, sono i corsi del “Cefop - Centro di Formazione Professionale” frequentando i quali gli alunni possono sopperire agli anni di obbligo scolastico mancanti con corsi di formazione lavorativa ed inoltre l’offerta comprende corsi di informatica, turismo ed ausilio allo studio. - strutture e infrastrutture scolastiche (edilizia, strumentazioni) delle scuole dell’obbligo sono in stato di degrado con L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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1957, Pasqualino Famularo lavora in quella che sarĂ la sua azienda
il plesso che ospita la scuola secondaria di primo grado totalmente inagibile, fatto che costringe alcuni studenti ad un doppio turno pomeridiano nella struttura del Liceo ed altri a seguire le lezioni in altre strutture messe a disposizione. Il liceo è un complesso più recente ma già in stato di degrado evidente, nel 2011 dopo la chiusura dello stabile a causa del ritrovamento di serbatoi d’acqua in amianto, i liceali hanno frequentato il doppio turno alle scuole medie, come succede dal Settembre del 2012 per gli alunni della secondaria di II grado. - la dispersione scolastica : il contesto in cui le scuole di Lampedusa operano è problematico. L’assenza di altri centri di aggregazione, la difficoltà di collegamento con altre realtà favoriscono il rischio di una chiusura culturale; da questa situazione derivano due gravi problemi, da una parte l’abbandono delle isole da parte di una percentuale crescente di studenti alla ricerca di situazioni scolastiche più stabili e di un’offerta formativa più varia, dall’altra la presenza di un alto tasso di abbandono. Fino a pochi anni fa la dispersione scolastica era del 20%, fenomeno che ha indotto l’avvio di azioni mirate per limitarla. Gli studenti lampedusani sono dispersi non per motivi socioeconomici, ma soprattutto per la situazione «geoscolastica» dell’isola, le famiglie maggiormente benestanti si possono permettere di mantenere un figlio studente fuori sede, anche per tutto l’arco delle scuole superiori, ma esse non rappresentano che una minima percentuale del tessuto socioeconomico dell’isola. - la discontinuità didattica dovuta al fatto che gli inse-
gnanti non residenti non permangono a lungo sull’isola. La mancanza di continuità è un ostacolo per lo svolgimento di una corretta didattica e per una programmazione di medio - lungo termine. In questo scenario l’elemento di stabilità culturale è rappresentato dal gruppo sociale dei pescatori e di coloro che vivono e lavorano intorno al mondo della pesca; è questo un gruppo numericamente decrescente e dall’età media in aumento, ma importante dal punto di vista sociale per la qualità del lavoro che svolge e per la continuità di valori che è chiamato a trasmettere alle future generazioni. Questo gruppo rappresenta non solo il corpus culturale delle isole, ma l’insieme dei valori patrimoniali, legati alla difesa dell’ambiente marino. Il gruppo dei pescatori e di coloro che sono coinvolti nelle attività indotte dall’artigianato locale rappresentano il valore “patrimoniale” dal punto di vista economico ma anche etico. Nonostante l’attuale crisi, la pesca rappresenta un importante settore economico per l’isola di Lampedusa, soprattutto legato al confezionamento in loco di conserve di pesce molto richieste per la loro qualità artigianale. L’attività conserviera è ancora oggi di importanza e rilevanza nazionale, per la qualità dei prodotti offerti e la metodologia di lavoro, che si attiene ancora all’utilizzo di prodotti e procedimenti di conservazione naturali e tradizionali. La causa principale della crisi della pesca è la scarsità del pescato, che da alcuni anni ha provocato una notevole riduzione sia delle attività di pesca vera e propria, L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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1968, costruzione dell’aeroporto e degli alberghi nell’area della Guitgia
10% 70% 20% impiego nel settore
agricoltura
turismo
altro
sia dell’industria conserviera. La diminuzione del pescato è ascritta a fattori esterni – concorrenza da parte di barche di altra nazionalità o di altre regioni italiane - e interni - inadeguatezza del fermo biologico, applicato in periodi erronei e poco osservato. Ai fattori sopra citati si aggiungono difficoltà legate all’organizzazione dei porti, alla conservazione e al trasporto del pesce. Considerata la valenza socio-economica della pesca per l’isola di Lampedusa (la cui finalità è soprattutto quella di garantire un reddito adeguato agli addetti, piuttosto che profitti da capitale), è necessario operare al fine di una stabilizzazione del settore che garantisca occupazione e reddito ai marittimi, in modo tale che questa attività non sia destinata a scomparire. Elemento storico e tradizionale legato all’economia dell’isola è l’attività agricola, di essenziale importanza in passato, attualmente in via di abbandono e di oblio. Dai dati del censimento sull’agricoltura (ISTAT) si evince che nel territorio comunale non sono presenti aziende che producono grano, frumento o foraggio, bensì ci sono 14 unità che lavorano nel settore delle coltivazioni ortive. Sono presenti 47 aziende con coltivazioni a vite, una che produce agrumi e due che coltivano fruttiferi. Anche il numero degli addetti è esiguo (106 addetti). L’agricoltura è in via di scomparsa, se si pensa che gran parte delle 6 aziende esistenti sono in realtà agriturismi. In base al Programma di Sviluppo Rurale 2007/2013, Lampedusa e Linosa ricadono nella macroarea C (aree rurali intermedie) dove rientrano i territori collinari classificati come “collina
significativamente rurale” e tutte le isole minori, tale status prevede l’erogazione di finanziamenti a sostegno delle attività connesse alla produzione agricola, ai fini della rinascita di quei valori legati alla terra, che hanno portato in passato ricchezza e benessere nell’isola. E’ importante inoltre tenere presente che Lampedusa e Linosa, insieme a tutte le altre isole minori, sono altresì classificate, ai sensi della normativa comunitaria, come zone svantaggiate ove ricorrono svantaggi specifici nelle quali il mantenimento dell’attività agricola è necessario per assicurare la conservazione dell’ambiente naturale e la vocazione turistica o per motivi di protezione delle coste. Le attività economiche sopra citate formano parte della cornice economica isolana, al centro della quale, a sostenere il complesso meccanismo delle attività si trova il turismo, base e sostegno principale della vita dei cittadini. Il turista rappresenta il “flusso” della ricchezza, quindi un elemento dinamico ma instabile, che necessita di un’azione di rinnovamento continuativa allo scopo di mantenere viva l’attenzione e l’attrazione verso l’isola ed il suo patrimonio naturale, attualmente unico bene fruibile dal visitatore. L’ospitalità ed il turismo nelle isole Pelagie è un settore che coinvolge gran parte delle famiglie dell’isola, almeno a livello informale e di economia sommersa. Gli arrivi annui turistici si attestano intorno alle 78.000 presenze con picchi dell’84% nei mesi estivi di maggior affluenza. L’andamento del flusso turistico verso l’isola è rimasto costante negli anni, grazie all’offerta naturalistica dell’isola L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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IMPRONTA ECOLOGICA
Spiaggia dei Conigli, nel 2013 eletta “spiaggia più bella del mondo”
ed alla particolarità del clima del luogo; il turista tipico di Lampedusa è rimasto affezionato alla meta di vacanza, ma l’inversione di tendenza si è fatta sentire più forte negli ultimi anni, a causa soprattutto dei prezzi elevati per raggiungere l’isola, la scarsa organizzazione turistica per ciò che concerne servizi dedicati ed accoglienza e l’assenza totale di diversificazione dell’offerta. La pressione esercitata dal fenomeno turistico si esplicita essenzialmente sul territorio naturale dell’isola. Il carico umano e le necessità di servizi ad esso connessi vengono posti in rapporto con la superficie necessaria a sostenere i consumi. Sull’isola, tale rapporto attribuisce un deficit di 1,98 ettari globali in bassa stagione, ma questo difficile equilibrio si scompensa definitivamente con i flussi turistici estivi. Lo squilibrio nella sua declinazione di media stagione turistica porterebbe alla necessità di un’altra “Lampedusa” (1,2) per sostenere i consumi e in quella di alta stagione la superficie ambientale necessaria sarebbe di 4,5 “Lampeduse” aggiuntive oltre all’esistente. Ne risulta un quadro di alta sofferenza ambientale che va ad aggravare la situazione già precaria dell’ecologia dell’isola. Osservando i dati ISTAT si evince l’importanza del fenomeno dell’economia sommersa legata al turismo: le abitazioni vuote superano notevolmente il numero di quelle abitate da residenti e non residenti. Si stima che circa il 90% dei posti letto e il 50% dei servizi a noleggio, che generano il 50% della ricchezza prodotta dal turismo, siano attività non regolarmente censite. Il 45% della spesa turistica va ad attività economiche “som-
merse”. Ad agosto il 90% dei posti letto utilizzati appartiene a strutture che non hanno una posizione regolare con l’Amministrazione. Inoltre il 50% dei mezzi di trasporto noleggiati non opera in regime di regolarità. Si può affermare che almeno il 75% delle imprese si rivolge all’utenza turistica, vero motore economico che permette ancora il sostentamento di una porzione ingente dei cittadini, ma con il quale è necessario confrontarsi per un rinnovamento dell’offerta che si basi sull’arricchimento del territorio, trasformabile in funzione della rinascita economica necessaria all’isola.
Lampedusa e la necessità di tutela oggi Frutto di cicli storici diversi e rapidi, l’impianto morfologico naturale di Lampedusa ha risentito di tali cambiamenti e gli esiti più evidenti sono riscontrabili sul paesaggio, abbattuto e dimenticato.
le Riserve
Al fine di tutelare l’aspetto naturalistico dell’isola, nel 1995 viene istituita la Riserva Naturale Orientata dalla regione Sicilia, che comprende 12,12 ettari dell’isola di Lampedusa. Situata tra il Vallone dell’Acqua ad ovest e Cala Greca ad est, comprende anche l’Isola dei Conigli. La riserva è assegnata in gestione dall’assessorato TerriL’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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8. Ente Beneficiario Legambiente Comitato Regionale Siciliano “Piano di Gestione Isole Pelagie”
immagini della Riserva Marina
torio e Ambiente della Regione Siciliana a “Legambiente Sicilia”. Un tempo ricoperto da una fitta e diversificata macchia mediterranea, il paesaggio odierno della riserva è dominato dalla gariga: la gariga costiera è la tipica formazione cespugliosa discontinua che si estende su suolo involuto, a matrice generalmente calcarea, ricco di roccia affiorante o sabbioso, in un ambiente caratterizzato da elevate luminosità, temperatura e aridità. La Riserva Naturale si suddivide in due zone: _ la zona A è estesa per circa 338 ettari. Comprende i grandi valloni che incidono il territorio fino al mare (Vallone della Forbice, Dragutta, Tabaccara, Profondo, dell’Acqua, Terranova) ed i sovrastanti pianori, l’Isola dei Conigli, l’area marina antistante l’omonima spiaggia ed infine una piccola area, esterna alla fascia costiera. _ la zona B di pre-riserva è estesa per circa 29 ettari. E’ costituita da una fascia ritagliata longitudinalmente lungo il confine nord dell’area protetta, delimitato dalla strada di attraversamento dell’isola. L’isola di Lampedusa unitamente a Linosa e Lampione rientra nell’area marina protetta istituita con decreto del Ministero dell’Ambiente il 21 ottobre 2002. L’Area Marina Protetta delle Isole Pelagie comprende 46,28 km di costa delle isole di Lampedusa, Linosa e Lampione a cui si somma l’estensione a mare di 4.136 ha. L’area deve parte del suo valore al relativo isolamento, alla distanza dalla costa siciliana e all’incontro di correnti atlantiche e mediterranee che causano un’eccezionale biodiversità e determinano la presenza di numerosi endemismi. In un uni-
co arcipelago si incontrano infatti tesori e caratteristiche ambientali che appartengono a due continenti distinti: l’Africa e l’Europa. Con la zonizzazione si vuole assicurare una gradualità di protezione attraverso limiti e deroghe, al fine di coniugare la conservazione dei valori ambientali con la fruizione ed uso sostenibile dell’ambiente marino. Le tre tipologie di zone sono delimitate da coordinate geografiche e riportate nella cartografia allegata al Decreto Istitutivo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. - Zona A: riserva integrale, interdetta a tutte le attività che possano arrecare danno o disturbo all’ambiente marino. E’ il vero cuore della riserva. In tale zona sono consentite in genere unicamente le attività di ricerca scientifica e le attività di servizio. - Zona B: riserva generale. Sono consentite, spesso regolamentate e autorizzate dall’organismo di gestione, una serie di attività che, pur concedendo una fruizione ed uso sostenibile dell’ambiente, influiscono con il minor impatto possibile. E‘ vietata la navigazione, l’ancoraggio libero, la pesca professionale, sportiva e subacquea mentre è consentita la balneazione e le visite guidate subacquee. - Zona C: riserva parziale, rappresenta la fascia tampone tra le zone di maggior valore naturalistico e i settori esterni all’area marina protetta. sono consentite attività di fruizione ed uso sostenibile del mare di modesto impatto ambientale, a favore dei pescatori residenti e non residenti, previo rilascio di rare autorizzazioni. L’area Marina Protetta promuove progetti attinenti la tutela del mare di diverso genere e target d’utenza, sia legati L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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alla promozione del patrimonio del mare che alla formazione rivolta a soggetti interessati ad intraprendere una carriera legata a tali temi di conservazione naturalistica.8
le aree di espansione
case vacanza a Cala Creta
Le due zone protette dell’isola funzionano in maniera costruttiva al loro interno, soprattutto a livello organizzativo e promozionale, ma la netta demarcazione di luoghi protetti ha portato ad uno scompenso rispetto al resto del territorio dell’isola. Esso infatti ha vissuto e subito indifeso l’avvicendarsi di insediamenti deregolamentati, saccheggio della vegetazione e sfruttamento delle risorse. Oggi la morfologia fisica di Lampedusa è testimonianza e sedimentazione dei diversi cicli che hanno caratterizzato la sua storia insediativa, l’eredità del disegno ortogonale del Sanvisente; l’eredità del sistema di insediamenti agricoli diffusi, con il segno forte nel territorio delle parcelle agricole; l’attuale sistema di espansioni disperse, che disegna un territorio occupato da edifici a bassa qualità, in un sistema in cui sono assenti reali strumenti di pianificazione ed è forte l’elusione delle norme. Conseguenza del cambiamento economico dell’isola, tali zone di espansione sono sorte con varie differenziazioni morfologiche dalla Guitgia a Cala Creta pensate per i turisti, della periferia cresciuta intorno alla maglia ortogonale, del sistema di residenze diffuso a macchia d’olio testimonianza della crescita senza sviluppo. Tali aree di recente espansione simboleggiano la risposta quantitativa senza un disegno di qualità, espressione della difficoltà nella cultura
dell’isola nel darsi regole capaci di trasformare la nuova domanda turistica in patrimonio sia fisico che ambientale da consegnare alle future generazioni. L’abusivismo edilizio è la principale emergenza di queste deboli aree, dalle costruzioni avviate negli anni Settanta, agli interventi successivi su edifici esistenti, sino alla appropriazione di suolo pubblico con lottizzazioni selvagge a scapito del suolo e del paesaggio. Le regole di insediamento non evolvono e, con il passare degli anni, si assiste ad un costante deterioramento del costruito.
l’assenza di pianificazione
In questo scenario di sviluppo slegato e incongruo si inserisce la grave mancanza di pianificazione che caratterizza da oltre quarant’anni l’isola. Attualmente il comune di Lampedusa e Linosa non è dotato di uno strumento urbanistico aggiornato e adeguato a governare le sempre più complesse dinamiche socio-economiche che investono il territorio. Seppur abolito come strumento di pianificazione, il Programma di Fabbricazione del 1974 che regolamenta principalmente l’edificato degli anni ’60 e ’70, risulta essere lo strumento urbanistico vigente. La relazione del Programma propone un’analisi approssimativa delle tipologie urbane, del contesto sociale ed economico dell’isola allo scadere degli anni ’70. Sulla base delle elaborazioni statistiche degli incrementi demografici, il Programma prevedeva l’espansione della popolazione residente di almeno 1700 abitanti in 5 anni e conseguenL’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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temente il dimensionamento del centro abitato. La zonizzazione prevedeva la distinzione in 6 differenti aree. Dopo l’approvazione del Piano di Fabbricazione, dal 1980 l’ isola tenta di avanzare verso l’approvazione di un PRG, tuttavia la storia è costellata da proposte progettuali, rigetti da parte del Consiglio Regionale dell’Urbanistica, pareri negativi della Soprintendenza, commissariamenti. Le tappe principali del processo sono essenzialmente legate a tre proposte di PRG. Il primo progetto è rigettato nel 1980 dall’Assessorato regionale al Territorio per una sua rielaborazione totale. Il secondo segue la stessa sorte nel 1991, quando la Regione ha provveduto alla nomina del commissario ad acta che giunge ad adottare la proposta di piano, senza arrivare all’approvazione definitiva. L’iter si conclude nel maggio 1998 con un nuovo rigetto. Infine la Regione provvede con l’attuale commissariamento che ha ereditato la proposta di piano elaborata sotto la precedente giunta e non ancora approvata in consiglio.
immagini di espansione edilizia non controlata
La mancanza di uno strumento di regolamentazione del costruito ha contribuito negli anni alla diffusione della speculazione ed abusivismo edilizio, fomentata nella sua pratica dalla posizione geografica di Lampedusa. L’ ”isolamento” è la questione alla base e scatenante la sensazione di segregazione e di disparità rispetto ai concittadini del continente. Tale condizione enfatizza la tendenza a trasgredire da norme di civile condotta, traendo vantaggio dalla lontananza e dalla quasi invisibilità
e marginalità nei confronti della terraferma. Quello che ha operato a Lampedusa è un vero comitato d’affari formato da società immobiliari, spesso con sede all’estero, che hanno trasformato, con lottizzazioni abusive e costruzioni entro la fascia costiera di inedificabilità assoluta, un’area di grande pregio ambientale in un labirintico agglomerato privo di opere di urbanizzazione e di spazi comuni. È da ricercare nella storia di Lampedusa la giusta direzione da percorrere per accompagnare la rinascita di un’identità forte dell’isola, non inquinata da speculazioni o da immagini erronee vendute dai media. La ridefinizione del rapporto culturale fra uomo e territorio porta a riconsiderare quest’ultimo come soggetto vivente e non come semplice supporto. I luoghi sono soggetti culturali, dialogano del lungo processo di antropizzazione attraverso il paesaggio, restituiscono identità, memoria, lingua, culture materiali, messaggi simbolici attraverso i propri edifici. Per far rinascere la cura e la cultura del territorio sarà indispensabile fare società locale, mediante la capacità di organizzazione del territorio, nel rispetto della legalità e dare forza ai soggetti che vivono e producono nel territorio stesso.
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dal diario di viaggio Novembre 2012 Non deve passare troppo tempo, una volta arrivati sull’isola, per accorgersi quanto la quotidiana realtà di Lampedusa sia realmente molto diversa rispetto all’immagine che tutti noi dalla terraferma ci creiamo, anche per l’azione imparziale dei media che da un paio di anni lanciano messaggi, immagini e notizie incomplete e confuse riguardo i flussi di migranti che arrivano, tralasciando tutto ciò che è il territorio e l’ambiente in cui gli sbarchi continuamente avvengono, come li assorbe e li affronta. La più inaspettata consapevolezza che si raggiunge vivendo il cuore abitato dell’isola e gli isolani è quindi che l’immigrazione clandestina non sia sicuramente il primo e più grave dei loro problemi. Innanzi tutto si deve chiarire che non sarebbe corretto parlare propriamente di “immigrazione” dal momento in cui nessun migrante che sbarca sull’isola è destinato a rimanerci per vivere, cercare fortuna o rifarsi una vita. Si può forse azzardare a dire che questo sistema sia ora abbastanza equilibrato sulla piccola isola, mentre sicuramente i problemi più profondi alla base derivano da decisioni di accordi internazionali e non locali. D’altro canto se si sposta l’attenzione su tutto ciò che sta attorno a questa situazione si scorge una realtà molto complessa e forse disastrata. Lampedusa, terra di tutti e di nessuno, nei secoli ora non è che la stratificazione disordinata di situazioni e interessi contrapposti. L’aspetto naturalistico è il primo che colpisce un ospite esterno. E’ un’isola affascinante nella sua aridità. Vento e roccia appiattiscono ogni orizzonte, così come ogni animo o intenzione locale. E’ una terra che nella sua orografia sembra descrivere la sua storia battuta da guerre e conquiste, uragani, privazione e abbandono, contesa tra vicende private e passioni politiche. La parte a Sud-Ovest dell’isola è Riserva Naturale confinata, in corrispondenza dei valloni e quindi delle spiagge più frequentate. Legambiente è qui dominante, ha attuato una serie di interventi di manutenzione e di valorizzazione dell’area circoscritta (piantumazioni, percorsi pedonali e cartellonistica regolamentare). La stessa associazione ignora però totalmente la situazione del territorio appena oltre il limite della riserva, contribuendo a marcare il divario tra questa
risorsa naturalistica e il territorio nella sua totalità in declino. Al patrimonio del paesaggio naturale si contrappone infatti la lenta decadenza e il degrado del contesto urbano e sociale. In assenza di piani strategici di controllo, di tutela ambientale e di regolazione delle attività produttive, l’isola si è tramutata nel tempo in un territorio privo di identità e qualità abitativa. Infatti, l’80% di Lampedusa, esterno alla riserva, sta lentamente subendo un processo di mutamento e abbandono. Il paesaggio lunare del deserto roccioso, che da sempre ha caratterizzato questa isola in bilico tra il Mediterraneo e i deserti africani, è ora terra di abusivismo e discarica a cielo aperto. Sullo sfondo del blu profondo del mare si impongono distese di roccia arancione e terra arida, che per loro conformazione e trascuratezza nei secoli, negano l’insediamento di attività agricole o piantumazioni (nei secoli passati si innalzavano dei muri a secco per proteggere piccoli appezzamenti dai venti battenti) e la terra viene quindi lasciata nuda e incustodita senza alcun controllo. Il tema dei rifiuti e della loro ingente presenza sull’isola, si manifesta principalmente nella stagione invernale, in cui la mancanza di turisti e la minor attenzione dei residenti, porta gli abitanti ad un atteggiamento di incuria e trascuratezza. Questo fenomeno va anche a colpire e seppellire un patrimonio archeologico di grande interesse che però viene come il resto dimenticato e ignorato. Problema però più complesso, e qui dilagante, è quello dell’abusivismo edilizio. Le distese abbandonate della zona Nord, come il centro cittadino o il porto, sono considerate a totale disposizione di coloro che, con l’utilizzo di materiali reperiti sul posto e con mezzi inadatti, in poco tempo approfittano di un appezzamento libero per costruirsi o ampliare la propria abitazione o altri edifici che nel periodo estivo andranno a sfruttare a scopi turistici. Questo fenomeno sta danneggiando in maniera irreparabile l’isola, dall’ambiente rurale fino al centro abitato in maniera ancor più evidente. Il paese che si sviluppa in alto tra il porto vecchio e il porto nuovo ha sotterrato ogni traccia di memoria storica. Edifici di grande importanza quali i sette palazzi sono ora uniformati al caos compositivo di ogni altra modesta abitazione, composizioni di aggiunte incomplete, dove solette di balconi sporgenti e porzioni di muri di mattoni forati sono gli elementi caratterizzanti ogni prospetto di ogni strada o via. Il castello è stato raso al suolo, al suo posto sorge un museo archeologico mai aperto e molto contestato dai cittadini. Giù al porto vecchio, le catacombe antiche sono state cementificate e sotterrate da un qualunque edificio residenziale e poche sono le vecchie industrie di trasformazione del pesce ancora agibili o anche solo riconoscibili. Risulta quindi difficile fare un quadro sintetico della situazione in un luogo dove tutto è stratificazione casuale dettata da interessi privati e ciechi del momento. L’abusivismo ed i rifiuti sono solo i più evidenti tra gli atteggiamenti che stanno portando un’isola potenzialmente attrattiva, verso un processo di degrado e declino che porta con sé varie L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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conseguenze di tipo economico, maggiormente amplificate nel caso di un’isola minore per di più lontana dal continente di cui fa parte. L’ isolamento è infatti la base della sensazione di segregazione e di disparità rispetto ai concittadini del continente. Tale condizione enfatizza la tendenza a trasgredire da norme di civile condotta, traendo vantaggio dalla lontananza e dalla quasi invisibilità e marginalità nei confronti della terraferma. Diversamente da coloro che approfittano positivamente della loro posizione e del loro patrimonio, esiste una grande parte di cittadini disillusi ed insoddisfatti che subiscono lo stato dell’isola. I residenti più adulti si oppongono a qualsiasi azione costruttiva contro il decadimento, un’attitudine che rischia di essere trasmessa ai più giovani, i quali stessi, però, non fanno nulla per riscattarsi da questa sonnolenza innata e diffusa. Immobilismo mentale e fisico come condizione consapevole e non, in ogni azione quotidiana senza alcuna prospettiva di sviluppo sociale. Ne consegue un individualismo pericoloso, non esiste l’idea di collettività, di bene comune. Si vive di sopravvivenza personale, di tolleranza reciproca per ottenere di più (tra i locali emergevano commenti come “ma se il mio vicino in inverno si costruisce una veranda, io non lo denuncio, me ne costruisco una grande il doppio l’anno successivo”). In questo quadro, situazioni come immigrazione e lontananza dalla terraferma non diventano altro che scusanti dietro le quali celarsi o sulle quali far ricadere ogni colpa o responsabilità. Anche il fatto stesso che queste emergenze portino fondi straordinari al territorio rischia di congelare ogni prospettiva futura di sviluppo soprattutto economico, in un momento in cui agricoltura e allevamento non esistono, anche la pesca viene piano piano abbandonata e il turismo persiste ma per pochi mesi all’anno. Come in ogni altra realtà locale non si può comunque generalizzare ogni impressione, e si deve dire che tra i pochi abitanti qualcuno però prova a lottare e agire per cambiare gli atteggiamenti e la propria terra, alla quale davvero sono tutti molto legati, quasi gelosi. L’attenzione, e la preoccupazione, è soprattutto rivolta alle generazioni più giovani. La popolazione è complessivamente composta da una percentuale di bambini piuttosto alta ed a loro si rivolgono diverse associazioni no profit nel tentativo di coinvolgerli in attività di conoscenza, studio della propria isola per una successiva rielaborazione con spirito critico ed un impegno nella valorizzazione della tradizione della stessa. Bambini e giovani quindi come grande potenzialità, come “ultima possibilità” per Lampedusa di rinascere nei prossimi decenni. Nei sette giorni di permanenza sull’isola si è avuto modo di raccogliere queste impressioni e testimonianze direttamente da molte e diverse voci dei lampedusani, dalle posizioni più istituzionali sino ai vecchi falegnami o i giovani eritrei appena sbarcati. A livello comunale la situazione è piuttosto confusa: il sindaco, appena eletto, Giusi Nicolini, è attualmente impegnata
su fronti extra-comunali. Per il territorio sta ora iniziando campagne di pulizia di alcune piccole aree e sta prevedendo lo smantellamento di tutte quelle strutture balneari temporanee che fuori stagione invece generalmente si trasformavano in edifici più ampi e fissi. Più attento alla trasformazione urbana invece è il vicesindaco, nonchè assessore ai lavori pubblici, Damiano Sferlazzo, molto disponibile e interessato a ogni studio in corso sull’isola. Egli si fa portavoce dell’insoddisfazione popolare dei lavori urbani di rifacimento del corso principale, limitati alla pedonalizzazione di una porzione della via e alla installazione di illuminazione e sedute di poco pregio e di nessun carattere locale. Nello stesso ambito di riqualifica del centro storico e ri-valorizzazione della risorsa umana, sono anche state installate tre sculture di artisti di fama internazionale: l’obelisco di Pomodoro in via Roma, la porta d’Europa di Mimmo Paladino sulla punta a Sud-Est sotto l’aeroporto ed il monumento ai pescatori di Calcara. Anche questi interventi sembrano estranei alla vera essenza del luogo, e risultano appoggiati in tre punti senza motivazione e già danneggiati. L’assessore ha piuttosto posto l’attenzione sulla mancanza di servizi primari per la popolazione: le scuole sono fatiscenti, il servizio ospedaliero è appena sufficiente, sono completamente assenti strutture sportive e ricreative per i più giovani e luoghi di incontro e di cultura come cinema e biblioteca. Infine denuncia, come ogni concittadino, l’abbandono del patrimonio storico soprattutto dei sette palazzi in Via Vittorio Emanuele. L’Ufficio Tecnico Comunale, invece, sembra attualmente poco attento a problemi locali, quasi in attesa di qualche progetto o qualche azione esterna. L’assessore all’Urbanistica e l’Architetto comunale denunciano la mancanza di un Piano Particolareggiato e di un Piano del Colore. Oltre alle istituzioni comunali sono attive in isola una serie di associazioni indipendenti locali attente allo sviluppo e al futuro dell’isola. Askavusa è l’associazione più conosciuta a livello internazionale, il suo responsabile e fondatore Giacomo Sferlazzo organizza installazioni itineranti nelle principali città della penisola e richiama in isola giovani artisti emergenti nella settimana del festival del cinema e dei documentari di Lampedusa. La loro attività, però, si concentra sul fenomeno dell’immigrazione, è volta a sensibilizzare la popolazione e l’attenzione nazionale sulle condizioni dei migranti e le loro esperienze. Più attenti alla realtà dei lampedusani sono invece i ragazzi di Alternativa Giovani Onlus Lampedusa, i quali organizzano campagne di coinvolgimento dei bambini delle scuole elementari e medie in progetti come “Pelagie: conoscerle e proteggerle”, “Lampedusa pulita”, “Un sorriso per la stampa”, oltre alla gestione di percorsi turistici di interesse storico-archeologico e la realizzazione della prima radio dell’isola nel 2006. Infine, si conferma interessante il progetto in via di sviluppo “Eurosouth - the Hub” finanziato dal patto della Commissione Europea Italia-Malta 2007-2013. Il progetto è gestito al momento sull’isola dalla professoressa di matematica del liceo Paola Dragonetti. La sua concretizzazione sembra ancora lontana, sia per la scarsa partecipazione e interesse da parte dei cittadini, sia forse per gli strumenti inadatti messi in atto e per le scelte di attuazione e di ricerca di consenso L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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sviluppate fino ad ora. I responsabili del progetto sull’isola riconoscono di non avere le competenze necessarie per rendere funzionante un centro di ricerca, aggregazione, servizi e incubatore di progetti e impresa sociale. Non si è ancora trovato il giusto metodo di inserimento di un modello di stampo europeo in una comunità così fortemente particolare e unica. Questo aspetto potrebbe però diventare la vera forza motrice di un sistema di respiro internazionale che dia all’isola una spinta verso una realtà più attuale. La capofila referente dell’intero progetto, la professoressa dell’Università di Catania - Dipartimento di Architettura di Siracusa Francesca Castagneto ha inoltre fatto presente che una sezione del fondo è destinata interamente al recupero del centro storico e nessuno sull’isola o in Sicilia ha fino ad ora considerato questo aspetto. Le possibilità dunque ci sono, gli strumenti anche. Ciò che manca è organizzazione e volontà, la capacità di coordinare e essere coordinati per un fine comune. Ciò che manca è la consapevolezza che la propria isola non è un bene interminabile, è un piccolo scoglio nel cuore di un mare su cui si affacciano dinamiche troppo veloci e politiche estranee, avide di successo e ricchezza. E’ l’unico punto del Mediterraneo in cui Africa e Europa si uniscono e si sovrappongono, è una perla rara del mare e non si può permettere che venga lasciata affondare o sbiadire. vista dei porti da via Roma
L’isola di Lampedusa. La porta d’Europa
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Bibliografia Testi e pubblicazioni P. Calcara, Rapporto del viaggio scientifico eseguito nelle isole di Lampedusa, Linosa e Pantelleria ed altri punti della Sicilia, Stamperia di Raffaele Pagano, Palermo Duca di Dumia , Programma sul modo di popolare l’isola , 1843 G. Fragapane, Lampedusa: dalla preistoria al 1878 Sellerio Editore, Palermo, 1993 G.Gatta tesi di Dottorato di ricerca in Scienze Antropologiche e Analisi dei Mutamenti Culturali Corpi alla deriva. Etnografia degli sbarchi a Lampedusa. 2007 E. Mancini, Le isole del sole U. Mursia Editore, Milano, 1978 A. Mori, Una monografia delle isole Pelagie , in “R.G.I.”, 1908 T. Ruta, Pantelleria e Lampedusa le cenerentole del Mediterraneo, in “Sicilia marinara”, 1951 Cav. B. Sanvisente Capitano di Fregata L’Isola di Lampedusa eretta a colonia dal Munificentissimo Nostro Sovrano Ferdinando Antonino Taranto Breve storia di Lampedusa Lampedusa Art Gallery D. Trischitta, Le isole Pelagie, in “Annali del Mezzogiorno”, vol. XVIII , 1978
articoli e riviste Associazione A buon diritto Larticolotre. Pre - Rapporto sullo stato dei diritti in Italia. Lampedusa non è un’isola. Profughi e migranti alle porte dell’Italia. 2012
Save the Children Rapporto L’accoglienza temporanea dei minori stranieri non accompagnati arrivati via mare a Lampedusa nel contesto dell’emergenza umanitaria Nord Africa. 2011 Piano strategico per lo sviluppo sostenibile delle isole Pelagie. Progetto Pilota per le Isole Minori Università IUAV di Venezia – Dipartimento di Urbanistica, 2006
strumenti urbanistici Ente Beneficiario Legambiente Comitato Regionale Siciliano Piano di Gestione Isole Pelagie 1999 Programma di Fabbricazione Isola di Lampedusa, 1974
sitografia www.terrelibere.org www.lampedusadaybyday.com askavusa.blogspot.it www.alternativagiovani.it www.lampedusanews.net www.isoladilampedusa.com www.landscapefor.eu www.sitr.regione.sicilia.it
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progettazione identitaria del territorio
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“... la terra, dunque, non fu aggiunta all’improvviso come un corpo estraneo, scagliata da un altrove ” Tito Lucrezio Caro “De Rerum natura” pag. 66
il territorio come somma di atti in divenire
1.“Città globale e città degli esclusi”,1990. Franco Gatti pp.269-303
Il territorio non è un dato, si modifica perennemente. Prende le mosse dall’intervento antropico sullo spazio naturale, è l’esito di un processo, di un ciclo continuo di civilizzazione durante il corso del quale vengono compiuti “atti territorializzanti”. Franco Gatti, ingegnere dell’ambiente e delle risorse presso il Politecnico di Milano, approfondisce e arricchisce il concetto di “atti territorializzanti” introducendo articolazioni più dettagliate del processo di costruzione del territorio: denominazione; perimetrazione (definizione di limiti, di confini, di frontiere); trasformazione materiale (architetture, insediamenti, trame agrarie, infrastrutture); comunicazione (reti, maglie, nodi); strutturazione (combinazione dei fattori precedenti in strutture dotate di senso e orientate a uno scopo (villaggi, città, regioni).1 Lo studio del patrimonio territoriale e dell’identità di un luogo, é perciò un racconto di cicli successivi di civilizzazioni in cui si struttura una determinata forma, attraverso una serie di atti e di relazioni fra umano e ambiente. Ogni civilizzazione, nel suo processo di affermazione e insediamento, “deposita” strutture insediative e culturali, molte delle quali permangono nella lunga durata; perciò ogni Progettazione identitaria del territorio
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2. “Scenari strategici. Visioni identitarie per il progetto di territorio.” a cura di Alberto Magnaghi, Alinea, Firenze 2007 p.6
ciclo successivo di civilizzazione non riporta il territorio a natura originaria, ma si alimenta in modi originali degli atti territorializzanti del ciclo precedente reinterpretandoli e strutturandoli in forma diversa. Attraverso l’accumulo di atti nel tempo, lo spazio naturale si trasforma in territorio originando i “luoghi”, ambienti dell’uomo dotati di identità, personalità, individualità paesistica. Il territorio è un neo-ecosistema, ovvero l’eredità di una lunga storia passata e a venire..2 La rappresentazione dei caratteri identitari di un luogo richiede la costruzione di un sistema complesso informativo di trasmissione di conoscenze territoriali che contenga la rappresentazione dei caratteri identitari e paesistici di lunga durata, sedimenti materiali e cognitivi, persistenze e permanenze contrapposte alle invarianti strutturali. La rappresentazione dei sistemi ambientali, della loro struttura e del loro funzionamento si basa inoltre sulla rappresentazione del milieu locale, della società, dei suoi modelli socioculturali e dei suoi attori. Si ritiene necessario interpretare il territorio non come un mero supporto di attività economiche, altresì l’interpretazione, la descrizione e la rappresentazione dei valori potenziali del patrimonio territoriale deve divenire l’oggetto centrale della mappa, poiché l’interpretazione dell’identità dei luoghi, che è esito di un processo storico di lunga durata, fornisce già molte indicazioni progettuali. Il dialogo del progettista territoriale e urbano con la storia del processo di territorializzazione e con i caratteri dei sistemi ambientali è essenziale per progettare la trasformazione come in-
cremento del valore del patrimonio territoriale e dunque garantirne la riproducibilità. Alla base di un intervento progettuale , sia esso a livello professionale, come invece locale o circoscritto, abbisogna di un metodo, di un approccio quasi scientifico fatto di domanda-elaborazione-risposta, come per similitudine malattia-cura-guarigione, nel caso specifico di bisogno-analisi-progetto. Tale tipo di azione deve in primo luogo, considerare tutti gli elementi, i layer che compongono il territorio, valutarne i rapporti, gli equilibri, prevederne le conseguenze della trasformazione. In secondo luogo deve indirizzare il nuovo secondo regole consolidate dal passato; in questo senso è importante leggere il senso del paesaggio attraverso gli archetipi presenti sul territorio, ricostruendo le trasformazioni dell’uso del suolo e definendo i caratteri degli insediamenti tradizionali.
Progettazione identitaria del territorio
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conoscere
TERRITORIALIZZAZIONE capire
rispondere
DE-TERRITORIALIZZAZIONE
RI-TERRITORIALIZZAZIONE
“. . . é un processo in virtù del quale lo spazio incorpora valore antropologico che non si aggiunge alle proprietà fisiche ma le assorbe e le mette in circolo in forme variamente culturalizzate” A. Turco 1988
territorializzazione:
interpretazione del processo
“atti” territorializzanti
A B
patrimonio territoriale “tipi” territoriali
C D
La scomposizione e la ricomposizione di questi atti fino a creare un unicum complesso e indipendente, viene approfondito dal territorialista Alberto Magnaghi nei suoi scritti “Una metodologia analitica per la progettazione identitaria del territorio” e “L’arte degli scenari della costruzione del progetto locale” da “Scenari strategici. Visioni identitarie per il progetto di territorio”, dove interpreta e completa un ragionamento già teorizzato ma mai concretizzato pienamente negli ultimi decenni alla luce delle dinamiche accelerate a cui è sottoposto il territorio a differenza di un tempo. E’ questo un processo detto di “territorializzazione”, metodo che già infatti aveva trovato una definizione sul finire degli anni ottanta: “La territorializzazione é dunque un grande processo, in virtù del quale lo spazio incorpora valore antropologico; quest’ultimo non si aggiunge alle proprietà fisiche ma le assorbe, le rimodella e le mette in circolo in forme e funzioni variamente culturalizzate, irriconoscibili ad un’analisi puramente naturalistica dell’ambiente geografico.” (Angelo Turco 1988, p.76)
E prima ancora “territorializzazione” e “de-territorializzazione” sono le celebri parole che i filosofi Deleuze e Guattari impiegano per definire rispettivamente il passaggio dal-
la terra al territorio e, di rimando, dal territorio alla terra. Vengono impiegati dai due filosofi per fare geofilosofia e spiegare la genesi del pensiero e sostenere la loro tesi secondo cui “il pensiero si realizzi nel rapporto tra il territorio e la terra”: “Territorializzare significa definire una relazione con la terra, deterritorializzare significa, invece, sottrarsi o alterare tale relazione, per poi magari crearne una nuova altrove, cioè riterritorializzare.” (Capitalismo e schizofrenia, parte 2 Millepiani 1980, p.146)
Si trova in queste tesi un ragionamento non solo risolutore, ma anche necessario per riuscire a mettere il punto di vista del progettista sul piano del territorio stesso, riuscendo a superare la mera posizione di pianificazione superiore, soggettivo operante secondo principi universali poco ancorati alla realtà intrinseca di ogni luogo. Prima di procedere all’applicabilità del modello sul caso studio in esame si vuole chiarificare nuovi punti fermi di partenza: -il territorio non esiste in natura, in quanto è il prodotto storico di atti culturali dell’uomo in relazione dialettica e coevolutiva con l’ambiente naturale; -il luogo include la variabile “tempo” nella sua definizione poiché la costruzione dell’identità stessa è un processo storico di lunga durata; -il concetto di co-evoluzione fra ambiente insediativo e ambiente naturale richiede lo studio dinamico dei proProgettazione identitaria del territorio
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conoscere TERRITORIALIZZAZIONE
capire
rispondere
DE-TERRITORIALIZZAZIONE
RI-TERRITORIALIZZAZIONE
“. . . significa sottrarsi o alterare tale relazione, per poi magari crearne una nuova altrove, cioè riterritorializzare” G. Deleuze e F. Guattari 1980
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A B
cessi di trasformazione dell’ambiente naturale come continua formazione nel tempo di neo-ecosistemi conseguenti all’azione antropica; 3
Ogni tipo territoriale ammette al suo interno, in relazione alle specifiche combinazioni con i caratteri ambientali una pluralità di “individualità territoriali” […] che connotano il paesaggio peculiare di un luogo.” Magnaghi (2000, p.13)
Magnaghi riparte da qui e crea un modello di applicabilità alla dimensione del progetto locale fatto di de-territorializzazione e ri-territorializzazione, aggiungendo così un passaggio successivo di chiusura, superando la fase analitica e proponendo un metodo per il raggiungimento di soluzioni concrete.
Il processo di de-territorializzazione avviene quando i suddetti caratteri identitari vanno in crisi producendo processi di destrutturazione del modello territoriale sviluppatosi precedentemente per la sedimentazione di cicli storici e portando all’avvio di un’evoluzione di modificazioni e trasformazioni radicali nelle forme insediative e nei loro elementi costitutivi. Si intende il concetto di de-territorializzazione con diverse declinazioni semantiche: -la de-contestualizzazione, che evidenzia gli aspetti morfologici della distruzione delle identità paesaggistiche operata dalla rottura nelle modalità insediative, del rapporto sinergico attivo fra comunità insediate e ambiente; rapporti sostituiti dalla omologazione e indifferenza ai contesti delle tecniche costruttive, dei materiali, delle tipologie edilizie, urbane, rurali, dei modelli abitativi e di consumo. -il degrado, che pone l’accento sulla rottura di equilibri ambientali, dovuto all’eccesso di carico antropico sull’ambiente e alla dissipazione e distruzione di risorse non rinnovabili; il degrado é anche riferito al disagio sociale, nelle sue correlazioni con le finalità d’uso delle risorse che provocano il degrado ambientale.4
D
da de-territorializzazione a ri-territorializzazione: dall’analisi funzionale a risposte concrete
3.“Una metodologia analitica per la progettazione identitaria del territorio”, 2002 Aberto Magnaghi 4. “Territorializzazione, deterritorializzazione, riterritorializzazione e informazione”, C. Raffestin in A. Turco (ed.), “Regione e regionalizzazione”, Milano, Angeli, 1984 p.76
In apertura all’argomentazione del ciclo di de-territorializzazione e ri-territorializzazione, Magnaghi precisa il concetto di “tipo territoriale” come definizione dei caratteri identitari e dalla struttura di un luogo che attraversa le oscillazioni storiche dei cicli territoriali conservandosi e accrescendosi: “..la configurazione di elementi strutturali caratterizzati da determinate relazioni spaziali e morfologiche permanenti nel tempo, che determinano i caratteri identitari di un luogo.
I problemi di insostenibilità progressivamente provocati Progettazione identitaria del territorio
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conoscere TERRITORIALIZZAZIONE
capire
rispondere
DE-TERRITORIALIZZAZIONE
RI-TERRITORIALIZZAZIONE
“. . . vi è il recupero o mantenimento di elementi della fase precedente. Ogni fase territoriale, oltre a mantenere alcuni elementi propri delle civiltà precedenti, ne aggiunge nuovi” A. Magnaghi 2006
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dalla distruzione degli ecosistemi naturali e del territorio che conseguono al processo di de-territorializzazione, vengono sistematicamente affrontati con susseguenti artificializzazioni ed antropizzazioni. Tale atteggiamento presagisce un futuro tendente alla regressione, poiché in un contesto territoriale già presente e consolidato si vanno creando situazioni che destabilizzano l’equilibrio dell’organizzazione territoriale pregressa, distruggendo gli elementi costitutivi di quel momento territoriale. La via strategica esposta da Magnaghi per arrestare la de-territorializzazione incombente è un processo di ri-territorializzazione, una nuova forma organizzativa e pianificatoria che si inserisce nel solco delle scritture collettive degli usi che le generazioni hanno apportato al palinsesto del territorio.
5. “Il paesaggio introvabile” Claude Raffestin, intervento al seminario internazionale “Il valore del paesaggio”, Torino 19 giugno 2000.
“ogni civilizzazione costruisce in tempi lunghi il proprio modello insediativo, ma il processo di ri-territorializzazione successivo non distrugge completamente quelle precedenti. Vi è il recupero, o il mantenimento, di molti elementi della civilizzazione precedente. Ogni fase territoriale, oltre a mantenere alcuni elementi propri delle civiltà precedenti, ne aggiunge nuovi”. Magnaghi (2006, p. 33)
La concretizzazione degli interventi di ri-territorializzazione deve avvenire secondo sequenze logiche consequenziali che prendono le mosse dall’analisi minuziosa dell’esistente, delle reminescenze del patrimonio fino alla delineazione di azioni strategiche concrete elaborate dall’incontro sinergico, trasformativo tra il patrimonio e energie culturali e sociali che siano in grado di interpretare i valori e tradurli in risorse sostenibili: in altri termini che trattino il patrimonio aumentandone il valore per le generazioni presenti e future.5 Le azioni progettuali si configurano come attuate in parallelo ed in sovrapposizione tematica l’una sull’altra, come layers del progetto in corso di scrittura del paesaggio. E’ necessaria quindi una nuova immaginazione che riconosca e diversifichi le interazioni uomo ambiente aumentando nel lungo periodo la qualità ambientale, le opportunità economiche e la vivibilità sociale. Il processo qui delineato trova applicabilità in diversi campi della pianificazione territoriale, ma si crede possa acquisire una significato ed un valore più stimolante se adattato ad una realtà esito di delicati equilibri e fragili certezze, che necessita interventi strutturali ma non invasivi, come può essere la realtà di un’isola minore.
La fase di ri-territorializzazione vede la determinazione di norme generali e strategiche al fine di riattivare un sistema territoriale nel suo complesso, strato per strato, diluendo nel tempo interventi di progettualità minuta e volta alla riscoperta delle risorse già presenti sul territorio. Progettazione identitaria del territorio
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localizzazione Valloni e falesie
de-territorializzazione: applicazione a Lampedusa L’isola di Lampedusa viene riconosciuta come caso studio di applicazione della teoria di Magnaghi per l’elevata complessità che presenta all’oggi nella conformità e le dinamiche che la caratterizzano. Da un lato un patrimonio bio-geografico e storico di immenso valore, dall’altro, contrapposto, un luogo profondamente segnato e ferito dall’azione antropica, e forse più dall’assenza pigra di quest’ultima. L’isola si presenta come un piatto tavolato calcareo inclinato verso Sud-Est, reso ancor più uniforme dall’erosione eolica, e movimentato esclusivamente da alcune incisioni idrografiche non più attive, che sfociano a mare formando diverse cale sabbiose. L’attuale paesaggio di Lampedusa è molto simile alle aree pre-desertiche del Nord Africa, risultato non solo della naturale azione degli agenti esogeni, ma anche e soprattutto della secolare opera dell’uomo, che l’ha fortemente manomesso. Le più importanti connotazioni del paesaggio naturale sono definite oltre che dalle incisioni vallive, dalla varietà del profilo costiero, che si presenta alto e scosceso a nord e basso e frastagliato a sud, e dalle aree desertiche del settore nord. Lampedusa conserva un tratto del sistema idrografico, da lunghissimo tempo inattivo,
che ha generato profonde e incassate incisioni torrentizie, i cosiddetti Valloni : Vallone Imbriacola, Vallone Tabaccara, Vallone della Forbice, Vallone Profondo. Nella parte sud-orientale le incisioni sboccano direttamente nelle principali cale, mentre quelle della parte nord-occidentale si presentano come valli pensili. Grazie alle loro sezioni naturali, tali valloni offrono una visione abbastanza chiara della successione stratigrafica. Le coste settentrionali dell’isola sono caratterizzate da alte falesie a picco sul mare, la cui evoluzione è strettamente legata all’attività erosiva compiuta dal moto ondoso che, per successive fasi di scavernamento e crollo degli strati sovrastanti, determina il lento arretramento della linea di costa e la formazione di grandi accumuli di blocchi ai piedi della falesia, determinando le formazioni rocciose attuali. La costa sud-orientale si presenta invece generalmente meno elevata e risulta caratterizzata da insenature ben pronunciate e variamente articolate, le cale e da grotte naturali impostate nelle rocce più tenere. L’isola, rimboschita sulle alture occidentali, è alquanto brulla nella parte nord-orientale: la forma di vegetazione oggi prevalente è la gariga-steppa con formazione floristica originatasi dalla degradazione della macchia mediterranea in seguito a fattori quali aridità, erosione del suolo, pascolo con carichi eccessivi, disboscamento, in un ambiente caratterizzato da elevata luminosità, temperatura ed aridità. Il territorio di Lampedusa offre quindi un paesaggio poco diversificato ma suggestivo, segnato dalla progressiva perdita della propria componente incontaminata e Progettazione identitaria del territorio
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localizzazione campi agricoli
selvaggia prevalentemente causata dall’invasione delle aree da parte di nuove unità residenziali turistiche, con distruzione e frammentazione di habitat naturali ed impoverimento paesaggistico determinato da pressioni di turismo indiscriminato in zone ad alto rischio ambientale e da azioni antropiche di detrazione ambientale, determinate dall’inserimento di manufatti produttivi ad alto impatto ambientale in contesti selvaggi , che causano nel tempo inquinamento da rifiuti abbandonati a formare discariche abusive ed a cielo aperto. Gli elementi interessati dal paesaggio antropico sono riconducibili al patrimonio rurale legato all’originaria attività agro-pastorale della comunità colonica, costituito dai pagliari storici, riconducibili alla tipologia del dammuso, e dai muretti in pietrame a secco, oggi in via di scomparsa. In quanto agli aspetti relazionati al paesaggio agrario, si tratta di un paesaggio residuale che non assume valenza autonoma poiché non più caratterizzato da una significativa attività produttiva, ma quasi esclusivamente dalle tracce dei segni fisici e ormai storicizzati delle attività di un tempo. Dall’analisi condotta sul territorio agricolo sono state evidenziate alcune principali tipologie di paesaggio agrario in cui è possibile riconoscere dei caratteri ben precisi, esse sono zone agricole residuali, urbanizzate, aree in cui è fortissimo il conflitto tra i residui di un’agricoltura ormai fortemente in crisi e l’avanzare di un’urbanizzazio-
ne che ormai ha reso frammentato un paesaggio agrario completamente scardinato e non più omogeneo. Oggi, dopo la progressiva perdita di suolo e di fertilità ed in seguito alla crescita esponenziale delle attività economiche legate al turismo, le attività agricole sono fortemente ridotte: le colture erbacee si estendono su appena lo 0,15% della superficie, i vigneti coprono lo 0,07%, i sistemi colturali e particellari si estendono sullo 0,6% circa dell’isola. Il problema del degrado da omologazione del paesaggio, noto in molte parti del territorio, depauperate per l’abbandono delle pratiche colturali, certamente significa rottura di delicati equilibri ecologici ma significa anche perdita di valore e significato nelle relazioni tra le sue risorse. Nel paesaggio di Lampedusa la casa rurale, il dammuso storico, si armonizza con lo spazio tanto da costituirne visivamente quasi una sua continuazione. Tale inscindibile relazione, che rende impossibile cogliere il paesaggio naturale dell’isola senza la sua presenza, è determinata da una coerente aderenza delle costruzioni alle specificità del luogo grazie alla volumetria pura delle costruzioni e l’uso della pietra locale a faccia vista. Nella loro articolazione volumetrico-insediativa i dammusi sono costituiti da un’aggregazione di semplici volumi prismatici a base tendenzialmente quadrata, singolarmente riconoscibili dall’esterno per le diverse dimensioni, e caratterizzati da rigorosa essenzialità funzionale. Tale aggregazione di volumi si articola in un corpo principale costituito da un Progettazione identitaria del territorio
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localizzazione muretti a secco
volume cubico regolare realizzato in pietra e sormontato da una copertura a volta, al quale si associano una serie di volumi di dimensioni minori e con funzioni diverse, anch’essi in pietra e privi di decorazioni. Tutti i singoli volumi presentano una sola elevazione e sono privi di locali interrati. L’elemento che contraddistingue e unifica l’intera struttura è la pietra calcarea, principale materiale da costruzione. In relazione all’articolazione funzionale, tutti i vani presentano una pianta generalmente quadrata, sono quasi sempre allineati e non hanno aperture di comunicazione tra di loro. Le funzioni attribuite ai diversi spazi sono differenti anche se tutte riconducibili all’economia rurale tradizionale, con la zona destinata all’abitazione caratterizzata dagli ambienti più ampi. Oggi i dammusi storici sono testimonianza di una economia agricola marginale, che con grande fatica garantiva la sussistenza ai nuclei familiari e per questo, versano in uno stato di totale abbandono divenendo ruderi sovente invasi da rifiuti di ogni genere. Nello stesso tempo, nel paesaggio emerge una grande quantità di nuovi piccoli edifici, per lo più seconde case, ispirati liberamente alla forma storica del dammuso di Pantelleria. L’ambiente di Lampedusa è così inquinato dai pagliari storici ormai in stato di abbandono e dagli insediamenti neo vernacolari e abusivi dei dammusi utilizzati perlopiù come residence turistici, testimonianza dell’incapacità di rinnovo del linguaggio insediativo per le residenze temporanee.
dei volumi dei dammusi è caratterizzato da muri a secco che costituiscono i recinti per la delimitazione delle lenze, unità minime di territorio agricolo o che delimitano i giardini di piante ornamentali. Come si evince nella carta redatta nel 1854 da Rosario Dottore a supporto delle operazioni di disboscamento ed assegnamento delle terre ai coloni, la struttura agraria dell’isola è già chiaramente definita in quell’epoca, dove la partizione della proprietà è segnata proprio dai muretti a secco che costituiscono elementi fortemente connotanti il territorio e il paesaggio. Molti muretti si presentano ora divelti, per l’abbandono o perché oggetto di prelievo del pietrame. La diffusione insediativa del nucleo abitato esercita una forte pressione sulle rimanenti porzioni della fascia agricola periurbana con il rischio della definitiva perdita della configurazione del tradizionale paesaggio agrario caratterizzato anche dalla presenza dei muri a secco e bassi terrazzamenti. In particolare, il Vallone Imbriacola è ancora oggi segnato dalla presenza di alcune aree coltivate che, rispetto al resto del territorio dell’isola, costituiscono l’ultima testimonianza del suddetto paesaggio agrario scomparso. I caratteri insediativi storici che identificano le aree rurali, estremamente diversificati, oggi sono in molte parti compromessi e percepibili come brani irrimediabilmente interrotti.
Il contesto esterno nel quale si inserisce l’aggregazione Progettazione identitaria del territorio
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L’azione antropica distruttiva è evidente nelle trasformazioni urbanistico - edilizie del territorio legate all’abusivismo edilizio ed all’invasione delle aree agricole da parte di nuove unità residenziali turistiche, con distruzione e frammentazione di habitat naturali ed impoverimento paesaggistico. Ciò a fronte dell’abbandono e del degrado del patrimonio storico, culturale e naturale. A questa fondamentale pressione che riguarda Lampedusa nel suo complesso, sono concatenate tutte le più distruttive attività effettuate nell’isola, il procacciamento dei materiali naturali a fini edilizi (attività di cava abusiva, spietramenti), l’infittirsi della viabilità e delle infrastrutture a rete, l’abbandono di inerti e l’aumento indiscriminato dei rifiuti anche in luoghi a valenza storica di rilievo. Il palinsesto territoriale dell’isola si completa e compone di ogni carattere sopracitato che ne determina il carattere confuso e de-gerarchizzato protratto ormai da tempo. E’ necessaria una nuova immaginazione che riconosca e diversifichi le interazioni uomo ambiente aumentando nel lungo periodo la qualità ambientale, le opportunità economiche e la vivibilità sociale. Per giungere a tale obiettivo si ricorre allo strumento dello scenario, inserito nel processo sinergico della ri-territorializzazione applicato all’isola.
Progettazione identitaria del territorio
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ri-territorializzazione:
quattro scenari per Lampedusa Lampedusa è un’isola poco ospitale nella sua conformazione naturale attuale: vivere a Lampedusa richiede quindi una riflessione creativa sulle migliori modalità da utilizzare che non possono essere, se non ad alti costi ed alti impatti per il contesto, le medesime di località che presentano caratteristiche meno radicali. Al contempo non è nella recente e povera tradizione che si possono trovare indicazioni operative per il futuro, si auspica al contrario uno sguardo al passato, allo scopo di una rielaborazione critica in vista di uno sviluppo sinergico con le risorse presenti e inattive sul territorio.
6. L. C. Romano “Scenari territoriali e ipotesi alternative di trasformazione nelle aree agricole periurbane di Palermo”
Si è scelto di ricorrere agli scenari strategici, in quanto storie costruite con attenzione al futuro, che incorporano una grande varietà di idee e le integrano in modo che siano comunicabili ed utili. “Scenario” è parola che ha origine nella letteratura teatrale ed ha il significato di descrizione del tempo e dello spazio di una storia, e cioè di sequenze di eventi. Il ricorso agli scenari avviene come tentativo di recuperare la dimensione sociale, argomentativa e comunicativa di costruzione delle scelte di sviluppo locale, e superare la visione statica del piano tradizionale come progetto globale per rafforzare la dimensione attuativa attraverso la prefigurazione di possibili esiti e così orientare e valutare possibili scelte alternative di sviluppo locale secondo una Progettazione identitaria del territorio
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Progettazione identitaria del territorio
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visione “costruttivista” e non deterministica del futuro. 6 Lo scenario strategico definisce gli orizzonti e i contenuti della ri-territorializzazione e le tipologie di intervento coerenti con l’inversione dello stato patologico e l’attivazione di sistemi insediativi auto sostenibili. È dunque un affresco, una visione di una nuova civilizzazione, il disegno puntuale dei paesaggi futuri di ogni luogo, che affonda le sue radici nell’identità del luogo e nella denotazione, nella selezione e nella valorizzazione di risorse del patrimonio territoriale che vadano nella direzione della trasformazione sostenibile del territorio. In una ipotesi di fattibilità concreta degli scenari presentati, si propone la collocazione temporale di ogni intervento in una logica di causa-effetto tale da innescare un ciclo di riattivazione del territorio nel suo complesso. L’arco temporale previsto per il dispiegamento completo delle potenzialità strategiche dello sviluppo progettuale è stato ipotizzato in circa sette anni, all’interno dei quali sono state individuate una serie di fasi intermedie con obiettivi specifici. Si prevede una fase preliminare di ricognizione delle risorse che insistono sul territorio in quanto parte di esso, congiuntamente ad un’analisi economico – normativa, utile al fine di rendere finanziariamente fattibile ogni fase operativa in base al tema su cui si va ad approfondire. A tale scopo il primo atto da compiere è il recepimento dei fondi europei utili ad avviare un procedimento di pianificazione concertata tra cittadini, pubblica amministrazione e portatori di interessi all’interno
del comune. Al fine di portare la strategia ad un livello di “norma” si prefigura la redazione di un piano gestionale del territorio di Lampedusa, fase che andrà a coprire l’intero arco temporale previsto nella strategia con l’obiettivo di redigere uno strumento di tutela e regia territoriale. Lo scenario riguardante la riattivazione del centro storico viene attivato al principio della pianificazione ed è visto come volano per la messa in moto dello sviluppo strategico degli scenari successivi. Questo, in quanto si tratta di un elemento territoriale capace di attrarre interesse economico e sociale dall’esterno ed in grado di attivare un ciclo di rivitalizzazione a partire dalla microscala fino all’isola nella sua interezza. Per questi motivi lo scenario continuerà la sua esecuzione fino al termine del processo, perché grazie al costante rinnovamento interno al centro storico si dirameranno diverse possibilità di rigenerazione territoriale. Il secondo scenario attivato riguarda la bonifica, il risanamento di siti danneggiati da rifiuti e la dismissione di discariche abusive, operazioni che, oltre che ad un miglioramento della qualità ambientale, portano ad una ripulitura dell’immagine dell’isola nel panorama internazionale, obiettivo grazie al raggiungimento del quale è possibile l’avvio dello scenario riguardante il patrimonio storico-agricolo. Si tratta del tentativo di riscrittura dell’identità storica andata perdendosi nei secoli, grazie alla progettazione del percorso dei dammusi ed alla conseguente de-stagionalizzazione dell’offerta turistica, unica fonte di sostentamento forte ed inesauribile dell’isola. In un’ottica di legittimazione degli scenari, si inserisce l’ultiProgettazione identitaria del territorio
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RICONOSCERE
ma fase strategica al termine del processo, poiché tratta della riattivazione economica e creazione di benessere grazie alla risignificazione della risorsa inesauribile di Lampedusa, ovvero il suolo. L’instaurazione di atteggiamenti di economia verde porteranno l’isola ed i suoi abitanti ad un approccio differente rispetto alle risorse in proprio possesso, oltre che ad una fertilizzazione del suolo grazie alle agro energie, che permetterà lo sviluppo rinnovato di attività economiche scomparse per ragioni geoclimatiche.
riattivazione del centro storico
ATTIVARE
ATTIRARE
Si è proceduto focalizzando l’attenzione sullo scenario cardine e motore della rimessa in moto dell’isola, la riattivazione del centro storico, analizzandolo e proponendo una strategia progettuale in grado di ottenere gli esiti auspicati in fase di sviluppo strategico, se la città non può fare a meno del territorio, l’isola stessa non può partire se non dal suo punto nevralgico. La strategia applicata al centro urbano dell’isola segue principi guida che perseguono l’obiettivo di svelare le qualità potenziali del costruito attraverso l’implemento dell’accessibilità fisica e la promozione del territorio creando nuove centralità e rispondendo ad una logica d’utenza biunivoca, che rispondano ad esigenze del residente, ma apportino cambiamenti all’esperienza turistica. Il processo di rivitalizzazione di un centro urbano in fase di stasi evolutiva e di sviluppo, si configura a partire dal riconoscimento del centro storico come magnete e catalizzatore delle potenzialità inespresse dell’isola. Lo sviluppo del metodo
prevede un’attivazione del centro urbano che faccia seguito alla prima fase procedurale, quella di promozione e captazione di capitali ed interesse esterno, risorse capaci di dar seguito al ciclo di riattivazione in maniera continua e sempre rinnovata. La fase di attivazione vede l’avvio di differenti tappe consequenziali, parte di un procedimento complesso di avvicinamento alla realtà che ci si appresta ad analizzare ed indagare. Si agisce per fasi, in maniera tale da far emergere le criticità, le incongruenze ed i nodi strutturali che, opportunamente sciolti ed ordinati, contribuiranno all’intento di ricomporre la frammentazione attuale in un motore che porterà alla riattivazione di tutto il territorio. Nella strategia di attivazione urbana si evidenziano quattro capisaldi che guideranno il processo: il riconoscimento degli assi consolidati, matrice di base da cui partire per l’analisi dell’esistente sorto posteriormente a tali arterie; la definizione delle aree di interesse, determinate in maniera concertata con la cittadinanza, grazie a testimonianze di interessi, pareri e proposte su tematiche ascrivibili e localizzabili in tali aree designate; all’interno delle zone d’indagine l’individuazione dei poli attrattori oggetto di potenziamento, corrispondenti a spazi o edifici catalizzatori dei flussi interni al centro; infine il consolidamento delle reti che collegano i poli attrattivi, connessioni diverse in base al grado di utilizzo del polo ed alla tematica generale in cui si inserisce.
riconquista del territorio rifiutato
Gli scarti, tema che di recente ha assunto un nuovo signiProgettazione identitaria del territorio
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riattivazione vuoti urbani
Progettazione identitaria del territorio
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CORNICE ISTITUZIONALE
capitale Fondo Sociale Europeo Programma MED
SOCIETA’ CIVILE
Pubblica Amministrazione Comune di Lampedusa e Linosa Enti Locali istituti di ricerca enti di formazione associazioni no-profit
regione Sicilia
comuni Rete isole minori
PARTI SOCIALI
cittadini di Lampedusa
ficato, trasformandosi da connotazione meramente negativa a oggetto ricco di risorse e potenzialità, trovano a Lampedusa quella dimensione per dimostrare la reversibilità che li caratterizza, senza dover essere per forza sommersi o mascherati da interventi più dannosi. Si propone la riconquista del territorio e valorizzazione dello stesso attraverso un processo dal basso, che coinvolga e sensibilizzi la popolazione sul tema e l’importanza del patrimonio naturale. Il tema della partecipazione, dell’accesso all’informazione e della comunicazione ambientale ai fini della protezione dell’ambiente rappresenta un riferimento sempre più presente nel quadro normativo e programmatico comunitario, internazionale e nazionale sullo sviluppo sostenibile. Si ritiene il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini e dei diversi attori della società fondamentale per migliorare la qualità delle politiche pubbliche ed i processi decisionali, integrando gli apporti dei cittadini nella definizione delle stesse. Si prevede che il ruolo della comunicazione nella gestione dell’Isola sarà quello di promozione della conoscenza e dello sviluppo turistico sostenibile dell’area e di coinvolgimento di cittadini e portatori di interesse in questo processo a lungo termine affinché protezione degli habitat, sviluppo territoriale, miglioramento della qualità della vita e partecipazione procedano armonicamente. Il nodo cruciale per risolvere il problema complessivo di immagine che le isole Pelagie hanno è la scelta unitaria e condivisa di un modello di sviluppo sostenibile. L’alternativa è lo sfruttamento di massa delle risorse rimaste e la cementificazione per la creazio-
ne di nuovi posti letto turistici, azioni che finirebbero per far scomparire la capacità attrattiva che le isole ancora oggi, nonostante tutto, mantengono. E’ necessario agire parallelamente su due fronti: comunicazione interna rivolta alla comunità locale; promozione territoriale unitaria. I due fronti sono correlati perché l’efficacia di un lavoro sulla rappresentazione che un territorio offre di se stesso dipende dalla propria auto-rappresentazione. A partire da Fondi Sociali Europei, si prevede una strategia di riconquista del territorio che coinvolga in percorsi paralleli i cittadini e la pubblica amministrazione. Si vede la popolazione dell’isola coinvolta in azioni di promozione del patrimonio territoriale sviluppate in prima istanza attraverso la creazione di presidi sul territorio utili alla creazione ed allo sviluppo di iniziative di interesse e di sensibilizzazione collettiva. Si propone la creazione di un Centro di Educazione Ambientale sullo sviluppo sostenibile al fine di aumentare la consapevolezza della comunità locale nei confronti dell’importanza della presenza dei siti e sensibilizzare su tutte le tematiche della sostenibilità dello sviluppo. Il Centro di Educazione Ambientale, sarà da attivare congiuntamente tra gli enti gestori delle aree naturali protette, il Comune, le associazioni no profit presenti sull’isola, avrà come tema lo sviluppo sostenibile nelle piccole isole, tenuto conto delle specificità ambientali, economiche e sociali che caratterizzano i territori. Le attività proposte dal centro potranno mantenere valenza puramente didattica, ma anche gestionale ed organizzativa di campagne di sensibilizzazione ambientale e promozioProgettazione identitaria del territorio
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bonifica discarica
Progettazione identitaria del territorio
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CORNICE ISTITUZIONALE
capitale PO FESR PSR
regione Sicilia
provincia Soprintendenza beni culturali ed archeologici di Agrigento
SOCIETA’ CIVILE
Pubblica Amministrazione Comune di Lampedusa e Linosa
gestione Cooperativa artigiani locali Enti gestori aree naturali Associazioni di categoria
FRUITORI
turismo lento e culturale
ne di attività di volontariato. La volontà dei cittadini di essere guidati e partecipare alla gestione del patrimonio territoriale, si esprimerà attraverso la creazione di un Forum di concertazione tra cittadinanza, enti locali e portatori di interessi. Lo strumento del Forum è funzionale all’avvio di un sistema di scelte condivise, che saranno sviluppate al suo interno. Suo obiettivo è rappresentare gli interessi dell’intera comunità nelle varie fasi del processo di definizione, attuazione, valutazione e revisione delle politiche urbane. La sinergia di risorse e competenze presenti nel Forum prevede l’avvio di attività di dibattito e conferenze, ma anche l’attivazione di contatti con Università ed istituti interessati, per l’avvio di laboratori e workshop sull’isola; tali attività sortiranno effetti di rinnovamento sociale e di immagine dell’isola. La Pubblica Amministrazione di Lampedusa sarà incaricata della salvaguardia e della regolamentazione dell’uso del territorio maltrattato da atti di illegalità e di incuria ed abbandono di rifiuti. La problematica, nella specificità territoriale lampedusana è uno dei nodi salienti del rapporto tra la politica ambientale e la fruizione di un territorio “sensibile” da parte dell’uomo, nella consapevolezza che l’ambiente costituisce una risorsa non inesauribile. Congiuntamente al tema dei rifiuti tra i principali detrattori ambientali presenti sull’isola si rileva la presenza di compromissioni antropiche che alterano la percezione del paesaggio ed influiscono negativamente sullo stesso. Si evidenziano svariate discariche a cielo aperto, centri di stoccaggio e trasferenza di rifiuti, cave dismesse in pietra.
Compito dell’amministrazione comunale sarà il risanamento e la bonifica di tali aree inquinate da rifiuti, azioni cardine di una più ampia e complessa strategia di ripristino della biodiversità e del pregio paesaggistico dell’isola.
riscrittura dell’identità storica
Anche il tema del patrimonio storico acquisisce un ruolo cardine nella dinamica di riattivazione del tutto. Appare significativo accendere i riflettori sul patrimonio presente sul territorio isolano e porre le premesse per un’azione organica e sistematica di recupero che opportunamente, trascende il singolo manufatto per assumere attenzioni sulle sue relazioni con il contesto, perseguendo in questo senso più ampi obiettivi di salvaguardia e valorizzazione paesaggistica. Azioni di tutela e valorizzazione dovranno essere precedute necessariamente dalla previa attuazione di opportuni strumenti di pianificazione che prevedano la rivalutazione della maglia storica dei dammusi e la loro riattualizzazione, in quanto non più utilizzabili con funzione agricola. Si propone un rapporto dialettico fra contesto e progetto: assumendo i caratteri peculiari del patrimonio territoriale come risorse da reinterpretare, mettendo in relazione il patrimonio con i valori culturali del soggetto che lo reinterpreta per valorizzarlo e trasformarlo: questo approccio vincola il progetto alla costruzione di relazioni virtuose fra residui del patrimonio ed energie sociali innovative che lo interpretano come risorsa potenziale per produrre ambienti insediativi economicamente autosostenibili. Lo scenario strategico è Progettazione identitaria del territorio
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7. www.unesco.beniculturali.it
riqualificazione percorso dammusi
finanziabile ed attuabile grazie ai fondi del Programma Operativo - Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale ed il Programma di Sviluppo Rurale Sicilia, che prevede il rafforzamento delle capacità progettuali e gestionali locali e valorizzazione delle risorse interne dei territori, azioni realizzate da Gruppi di Azione locale costituiti da un partenariato pubblico-privato che attraverso il Piano di Sviluppo Locale esprime strategie di sviluppo integrato locale per il proprio territorio. Portatori di interessi locali sono il Comune di Lampedusa e Linosa e le diverse associazioni di categoria, alle quali viene proposta la gestione dell’intervento sui manufatti, al fine di operare una valorizzazione degli stessi attraverso lo sviluppo di attività legate ad unicità locali connesse da una rete di percorsi fruibili a livello turistico, portando una diversificazione dell’offerta turistica, oltre che una possibile de stagionalizzazione e decongestione del centro e delle spiagge eccessivamente sfruttate. È previsto il recupero strutturale e conversione funzionale del patrimonio rurale in area turistico-formativa, per una migliore leggibilità del territorio e scoperta dell’entroterra al fine di dilatare la vocazione turistica. La differenziazione delle modalità di percorribilità e scoperta dei luoghi è parte essenziale dell’intervento, si prevede un sistema dei percorsi che si instaura all’interno dei corridoi ecologici i quali dipartono dal centro urbano, realizzati riconvertendo assi infrastrutturali già esistenti a percorsi esclusivamente turistici e formativi sul paesaggio circostante e guidato da una serie di nodi, costituiti dalla rete dei dammusi, attrezzati per evidenziare i luoghi di
memoria e agevolare la sosta e il ristoro. Il processo di riconversione e recupero del patrimonio prevede diverse fasi. In primo luogo la zona deve diventare oggetto di un progetto di recupero, promosso dal Comune e portato a termine con l’ausilio delle analisi delle potenzialità, effettuate dagli enti gestori della aree protette, nello specifico Legambiente. La redazione del progetto deve prevedere un censimento dei manufatti, ovvero una catalogazione della quantità e delle caratteristiche strutturali e di degrado di ogni dammuso; in seguito sarà prevista la formazione di maestranze specializzate nel recupero e restauro di tali manufatti, al fine di non modificarne le specifiche storiche e non svalutarne la qualità compositiva che forma parte del valore dell’edificio. Al termine delle fasi tecniche di recupero, si avvierà la valorizzazione economica del patrimonio dei dammusi, attraverso l’instaurazione all’interno di alcuni manufatti di attività legate strettamente alle unicità dell’isola, per quanto riguarda la storia, la produttività ed il turismo. Esempi di utilizzo sono gli eco-musei, che acquisiscono valore essendo inseriti in percorsi naturalistici di grande pregio ecologico; la produzione e vendita di prodotti tipici della gastronomia siciliana e lampedusana e dell’artigianato locale, si evidenzia come proposta alternativa, per la forte presenza sull’isola di connotazioni vernacolari uniche sia per quello che riguarda le risorse fisiche che umane. Per la gestione e la manutenzione di reti di attività legate all’artigianato, si propone la costituzione di associazioni di categoria, che tutelino il singolo artigiano e permettano l’evoluzione ed Progettazione identitaria del territorio
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CORNICE ISTITUZIONALE
SOCIETA’ CIVILE
capitale patto delle isole
Pubblica Amministrazione Comune di Lampedusa e Linosa
regione Sicilia
proprieta’ Coinvolgimento proprietari
comuni Rete isole minori
gestione e.s.co. pubblico-privata con attuale gestore energia
ESPERTI ESTERNI
investitori esterni in campo energetico
il rinnovamento costante dell’offerta. Un’ultima proposta per il percorso turistico prevede la nascita all’interno dei dammusi, di servizi specificatamente rivolti ai turisti, sia di ricezione ed accoglienza, che di informazione su maniere alternative di fruire del periodo di vacanza a Lampedusa. Si pensa l’itinerario dei dammusi connesso attraverso percorsi lenti, quali sentieri rurali riqualificati e resi fruibili, piste ciclabili e sentieri panoramici, coadiuvati nell’utilizzo da sistemi informativi. La riattivazione strutturale e funzionale dei dammusi storici, prevede la conseguente riattivazione economica e di immagine dell’isola, che suggerirebbe la futura candidatura alla lista dei beni patrimonio Mondiale Unesco, per accedere alla quale è richiesto un piano di gestione di tale patrimonio, per la tutela e la valorizzazione del luogo. Il Piano di Gestione si presenta come uno strumento flessibile in grado di assicurare la conservazione del valore eccezionale del sito, di analizzare le forze di cambiamento e di modificazione che si manifestano non solo nel contesto culturale, ma anche in quello socio-economico e in grado, attraverso il coinvolgimento di vari soggetti e portatori di interesse, di individuare gli obiettivi e le strategie operative da adottare per assicurare lo sviluppo sostenibile del sito e la tutela e valorizzazione del suo patrimonio culturale e paesaggistico. 7 Il Piano di Gestione, dunque, non vuole limitarsi ad essere un semplice documento di analisi del territorio ma si propone come strumento strategico e operativo che individua gli obiettivi e provvede alla definizione delle azioni e delle strategie da adottare per il loro conseguimento.
risignificazione della risorsa suolo
L’ultimo scenario proposto intende coinvolgere le aree agricole residuali dislocate su tutta l’isola, concludendo così il processo di riattivazione proponendo la risignificazione della risorsa suolo in termini di sviluppo economico sostenibile. La rivitalizzazione del territorio agricolo permette lo sviluppo di nuove attività di tipo tecnologico, volte ad assicurare l’integrità di tali aree. In campo energetico, l’analisi e valorizzazione delle potenzialità del territorio, consente di attivare la produzione territoriale attraverso il progetto di mix energetici locali di fonti rinnovabili riferite alle qualità ambientali puntuali (acqua, vento, sole, clima, biomasse, rifiuti ...). Gli interventi di economia verde prevedono la concertazione preventiva di differenti categorie di attori, ovvero i portatori di interessi coinvolgibili nello scenario di intervento. Gli attori istituzionali rappresentano l’interesse collettivo e pubblico, in tale caso si tratta della regione Sicilia e del Comune di Lampedusa e Linosa come portatori di interessi della comunità, mentre gli attori economici vengono rintracciati nei fondi settennali della Comunità Europea e nel caso delle energie rinnovabili il programma preso in considerazione è il “Patto delle Isole”, progetto co-finanziato con il quale le autorità insulari prendono un impegno politico al fine di conseguire gli obiettivi di sostenibilità entro il 2020. Nello specifico, lo scenario prevede il riutilizzo delle tracce antropiche di attività agricole dismesse, allo scopo di produzione di energie in maniera sostenibile. L’intervento Progettazione identitaria del territorio
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8. www.jatrophabiodiesel.org
trasformazione suolo per produzione di energie
prevede il riuso dei terreni agricoli in declino da decenni, come supporto per la coltivazione di bio-carburante, nello specifico si intende instaurare alcune piantumazioni di Jatropha Curcas, pianta tropicale che cresce in climi aridi e terreni secchi, tipici del continente africano. L’olio ricavato dai semi di tale pianta è tradizionalmente usato come carburante per il riscaldamento e l’illuminazione nelle comunità in via di sviluppo. Il valore della Jatropha è attestato soprattutto come materia prima prodotta su larga scala per la produzione di biocarburanti per mezzi di trasporto. È necessario un processo di lavorazione per raffinare il carburante in seguito alla raccolta, mentre gli scarti di lavorazione possiedono alto potere fertilizzante, caratteristica utile nel caso di Lampedusa per le scarse proprietà fertili del terreno desertico, che potrà essere così riutilizzato in futuro per piantagioni di prodotti agricoli utili al sostentamento della popolazione. 8 La conversione di risorse presenti sul territorio in supporti per la creazione di energie alternative, nello specifico l’ammodernamento della rete elettrica può portare al possibile riutilizzo dei pali per generatori minieolici. La turbina minieolica offre prestazioni ridotte, ma sufficienti per alimentare parte dell’abitato diffuso lungo le arterie stradali disperse dell’isola. Si prevede la sperimentazione della tecnologia microeolica lungo una parte della dorsale Panoramica, in maniera da salvaguardare visivamente il restante paesaggio ed affiancare la produzione eolica alla piantumazione di agro energie. La velocità media del vento di Lampedusa è di 5,5 m/s, dato che permette lo
sfruttamento completo della mini turbina, pur non essendo essa un motore ad altissima prestazione; l’installazione sul circuito elettrico dismesso e rimodernato, facilita la connessione dei pali microeolici alla centrale elettrica di Cala Pisana. Gli scenari strategici applicati all’ecosistema territoriale sono proposte a medio e lungo termine che trovano riscontro pratico nell’applicazione in contesti di emergenza e fragilità assimilabili all’isola di Lampedusa nei quali il lavoro congiunto di investitori esterni, amministrazione, attori sociali portatori di interessi e cittadini ha reso il territorio interessato una nuova risorsa fruibile da cui partire per il rilancio dell’economia.
Progettazione identitaria del territorio
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applicabilità e buone pratiche normative e finanziamenti
L’Unione Europea offre molteplici opportunità di finanziamento sia ai singoli che alle collettività. Attraverso la Commissione Europea vengono gestite differenti forme di aiuto. Le Convenzioni internazionali, e le politiche nazionali che le mettono in atto, costituiscono l’ormai complesso panorama di indirizzi e regole su cui si armonizza il comportamento dei paesi e delle comunità locali europee. Si possono distinguere essenzialmente due tipologie di finanziamenti comunitari: - i fondi diretti, che si riferiscono a stanziamenti della Commissione Europea, che essa gestisce attraverso programmi tematici pluriennali e direttamente eroga al beneficiario finale; - i fondi indiretti, in cui il rapporto tra la Commissione Europea che eroga i fondi e il beneficiario finale non è diretto, bensì è mediato dalle autorità nazionali, regionali o locali. Rete Natura 2000 www.natura.org LIFE+ europa.eu/legislation_summaries/agriculture/environment AGENDA 21 www.a21italy.it
I fondi europei a gestione diretta sono definiti “tematici” poiché riguardano le diverse politiche settoriali dell’UE di carattere “interno” ed “esterno”. Il processo di frammentazione degli ambienti naturali ed il loro progressivo isolamento in un contesto territoriale, sono temi che negli ultimi decenni sono diventati oggetto di numerose convenzioni internazionali. L’Unione Europea ha posto le basi per un’organica azione ad ampia scala geografica, di
conservazione della natura e della biodiversità, con un nuovo approccio e introducendo sostanziali novità nella legislazione. Secondo la direttiva Habitat 92/43 e la direttiva Uccelli 79/409 si è proceduto alla realizzazione della Rete Natura 2000 il principale strumento dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità.. Le direttive prevedono l’individuazione di aree di particolare tutela, le Zone di Protezione Speciale (ZPS), e i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) per le specie animali, vegetali e per gli habitat. Il Programma LIFE+ finanzia progetti che contribuiscono allo sviluppo e all’attuazione della politica e del diritto in materia ambientale, facilita in particolare l’integrazione delle questioni ambientali nelle altre politiche e, in linea più generale, contribuisce allo sviluppo sostenibile. La dotazione finanziaria è pari a 2.143,409 milioni di euro per il periodo che va dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013. Con la Agenda 21 la comunità internazionale definisce il metodo con cui affrontare la complessità dello sviluppo sostenibile e propone una ricetta semplice. E’ uno strumento di programmazione complessiva del futuro di una comunità, che le autorità locali elaborano con tutti i settori sociali ed economici, per giungere a formulare scenari e piani d’azione coerenti con i principi della sostenibilità. I fondi a gestione indiretta sono risorse attribuite dal bilancio comunitario agli stati membri per l’applicazione di quelle politiche che richiedono una gestione decentrata Progettazione identitaria del territorio
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PO FESR 2007-2013 www.euroinfosicilia.it FEASR 2007-2013 www.psrsicilia.it FSE www.sicilia-fse.it PO ITALIA-MALTA www.italiamalta.eu POI 2007-2013 www.poienergia.it PATTO DELLE ISOLE www.islepact.eu Bando Fonti Rinnovabili Isole Minori www.minambiente.it
in virtù delle diverse caratteristiche dei territori europei. Tali risorse assegnate attraverso un processo di programmazione multilivello, autorità locali, regionali, centrali e commissione europea “alimentano” dei programmi operativi gestiti da autorità nazionali e regionali. La politica di coesione utilizza i fondi strutturali (Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale - FESR, Fondo Sociale Europeo - FSE) per contribuire alla realizzazione dei seguenti obiettivi: - Convergenza - Competitivitá regionale e occupazione - Cooperazione territoriale europea La Sicilia è inserita all’interno dell’obiettivo Convergenza in quanto regione caratterizzata da un PIL procapite inferiore al 75% della media comunitaria. A tale scopo, per il periodo 2007 - 2013 sono a disposizione programmi operativi nazionali (PON), interregionali (POIN) e regionali (POR). Usufruisce inoltre delle risorse per la cooperazione territoriale di tipo transfrontaliero, transnazionale ed interregionale. L’obiettivo del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale FESR è di “innalzare e stabilizzare il tasso di crescita medio dell’economia regionale, attraverso il rafforzamento dei fattori di attrattività di contesto e valorizzazione delle identità culturali e delle risorse paesaggistico-ambientali per l’attrattività e lo sviluppo, in un quadro di sostenibilità ambientale e territoriale e di coesione sociale” Il Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale Sicilia FEASR sostiene, attraverso il Piano di Sviluppo Rurale regionale, interventi per il miglioramento della competitività del-
la filiera agricola e forestale, per la tutela e valorizzazione dell’ambiente e dello spazio rurale, per il miglioramento della qualità della vità nelle aree rurali. Il Programma è orientato al rafforzamento del ruolo dei partenariati locali, utilizzando “Leader” quale strumento per la realizzazione di programmi di sviluppo. L’approccio mira a rafforzare le capacità progettuali e gestionali locali e valorizzare le risorse interne dei territori. Le azioni vengono realizzate da Gruppi di Azione locale costituiti da un partenariato pubblico-privato che attraverso il Piano di Sviluppo Locale esprime strategie di sviluppo integrato locale per il proprio territorio. Il Fondo Sociale Europeo Sicilia FSES elargisce finanziamenti per attività di istruzione e formazione che favoriscono e diversificano l’accesso al mondo del lavoro. Il Programma Operativo PO Italia – Malta è un fondo europeo per lo sviluppo regionale finanzia 4 milioni di Euro alla Regione Sicilia per progetti in campo ambientale. All’interno del programma si inserisce il progetto Euro South Hub per la Ricerca e lo Sviluppo tecnologico, innovazione e imprenditorialità coordinato dalla Regione Sicilia e dall’Università di Catania con un budget di 887.435,00 euro. Nell’ambito del Programma Operativo Interregionale
Energie Rinnovabili e Risparmio Energetico
l’Unione Europea finanzia 4 milioni di Euro alla Regione Sicilia per progetti in campo ambientale. Il Patto delle Isole è un progetto co-finanziato dalProgettazione identitaria del territorio
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la Commissione europea con il quale le autorità insulari prendono un impegno politico al fine di conseguire gli obiettivi di sostenibilità entro il 2020. Prevede 3 mln di Euro per finanziare amministrazioni che decidono di utilizzare fonti energetiche rinnovabili, specifiche per le isole; nel Novembre 2011 la Sicilia aderisce al Patto. Il Bando Fonti Rinnovabili, Risparmio Energetico e Mobilità Sostenibile nelle Isole Minori vede finanziati 3.488.636,26 euro. I progetti ammessi a finanziamento verranno cofinanziati dal Ministero dell’ Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare fino a una quota massima dell’80%. Gli strumenti di gestione del territorio a livello locale si orientano in base alle linee guida della programmazione regionale che, per l’isola di Lampedusa, è quella della Regione Siciliana. Relativamente alla promozione socioeconomica e infrastrutturale del territorio, la Regione ha attualmente in via di implementazione i seguenti strumenti: - l’Accordo di programma quadro Stato Regioni finalizzato a realizzare una strategia complessiva di difesa e conservazione della natura, di sviluppo sostenibile e adeguamento infrastrutturale del sistema delle Isole Minori; - il PIT progetto integrato territoriale Il Parco del Mediterraneo, dedicato alle sole isole minori, che ha sviluppato un’attenzione specifica sui beni culturali; - il PIR Progetto integrato regionale, Ecoturismo del Mediterraneo, per azioni di miglioramento della qualità ambientale nell’ospitalità turistica. Le Pelagie, inoltre, sono coinvolte nella programmazione
regionale settoriale afferente ai temi di pesca, foreste e demanio, porti turistici, energia, acqua, rifiuti, collegamenti marittimi e aerei, acqua e depurazione. Molti di questi settori danno vita a progettualità regionale finanziata dalle misure del programma regionale; altre sono motivo di accordo tra stato e regione; altre ancora, come i rifiuti, sono oggetto di piani speciali. Nell’ambito della programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013, la Sicilia è stata ancora parte delle aree Obiettivo 1, con fondi destinati a regioni in ritardo di sviluppo e cofinanziati per il 75%. La Regione ha ancora 2 anni, per sfruttare al meglio i fondi per lo sviluppo regionale che verranno assegnati durante il settennato 2014-2020. L‘adozione dei nuovi regolamenti è strettamente legata al pacchetto di proposte che la Commissione stessa ha presentato nel giugno scorso in merito al quadro finanziario 2014-2020 e che sono attualmente in discussione. La gestione frammentata dei fondi strutturali, non sufficientemente sorretta da un disegno organico ha portato ad uno spreco di risorse importanti in attività di basso rilievo ai fini della riattivazione economica della regione. La nuova programmazione della politica di coesione si propone di contribuire al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla strategia delineata nel documento “Europa 2020” per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Anche a tal fine, nella programmazione dei Fondi le singole regioni devono riservare una quota consistente delle risorse ad interventi che favoriscano l’efficienza Progettazione identitaria del territorio
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energetica e l’uso di fonti rinnovabili, la realizzazione di progetti di ricerca e innovazione, la competitività delle piccole e medie imprese. Gli obiettivi “Convergenza” e “Competitività regionale ed occupazione” della programmazione 2007-2013 sono sostituiti dall’obiettivo “Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione”, che trova applicazione su tutto il territorio dell’Unione europea. Sono state approvate misure che permettano una maggiore percentuale di cofinanziamento per le regioni italiane più svantaggiate, tra cui appunto l’Isola.
casi studio
www.islandofgozo.org www.egadi.com
La realtà eccezionale di un’isola come Lampedusa necessita lo studio preventivo di buone pratiche applicate a realtà marginali in cui l’insularità è vista come elemento di svantaggio strutturale ma anche come opportunità di sviluppo sostenibile. Lo scopo è quello di esporre un contributo di casi studio di gestione territoriale positiva espressa nell’ambito locale ed interno alla realtà in questione. Isola di Gozo (Malta) Isola di 67 km² con 30.000 abitanti, forma parte della regione fisica italiana. La forma di economia principale è il turismo naturalistico. L’obiettivo è diventare l’isola ecosostenibile più famosa del Mediterraneo. L’innovativo progetto, voluto dal Primo Ministro Giovanna De Bono, verte su tre elementi chiave: ambiente, economia, sostenibilità sociale e culturale. L’iniziativa, che prevede un coinvol-
gimento diretto degli abitanti e dei visitatori, ha riscosso successo: la trasformazione, che si realizzerà entro il 2015, riguarda numerosi settori quali agricoltura, turismo, risparmio idrico ed energetico, lotta allo spreco, trasporti e la ricca eredità culturale, tramandata nel tempo. Le azioni auspicate prevedono l’aumento del fotovoltaico, il riuso e il recupero di edifici e materiali esistenti autoctoni, la creazioni di parchi e aree pedonali, la riqualificazione, il riciclaggio, la pulizia delle acque fluviali, i trasporti pubblici euro5, l’estensione delle foreste, il monitoraggio delle acque costiere, la diffusione veicoli elettrici e la riconversione di impianti pubblici a led. Agli interventi citati è previsto congiuntamente un programma di marketing internazionale per la promozione del turismo sostenibile. Il piano prevede attività di partecipazione, educazione ecologica, partnership in progetti di riuso, incontri e tavole rotonde, consiglio regionale di giovani, società sportive, sensibilizzazione piccole comunità. Isole Egadi (Italia) Isole situate a 7km dalla costa della Regione Sicilia, vaste 37,45 km² e popolate da 4.300 abitanti. Al loro interno è presente un’Area Marina Protetta, nonostante ciò il turismo naturalistico ha portato ad una “mattanza” ambientale. “Sole e stelle delle Egadi“ un progetto stilato da AzzeroCO2 per il Comune di Favignana e le isole Egadi, che ha ottenuto un finanziamento di 1 milione e 165mila euro tra quelli disponibili del bando “Fonti rinnovabili, risparmio energetico e mobilità sostenibile nelle isole minori” del MiProgettazione identitaria del territorio
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rodi.com
nistero dell’Ambiente. In questo caso si studia la creazione di un modello ripetibile. Il progetto potrà essere riprodotto anche su altre isole, garantendo non solo la salvaguardia di piccoli paradisi, ma contribuendo a promuovere uno stile di vita ed un approccio imprenditoriale. Tra gli obiettivi vi sono la crescita economica ed il miglioramento della qualità della vita delle popolazioni residenti, sempre però nel rispetto, nella salvaguardia e nella valorizzazione dell’ambiente naturale e del territorio. Punto focale del progetto è la concessione di finanziamenti a residenti stabili, stagionali, nonché ad operatori turistici per l’ installazione di impianti fotovoltaici e solari termici, purché integrati nell’architettura del luogo e nel paesaggio, per edifici pubblici e privati; l’installazione di generatori a oli vegetali con motori da circa 100 kW; l’applicazione del concetto di mobilità sostenibile, che prevede biciclette a pedalata assistita, motorini elettrici, colonnine e pensiline fotovoltaiche per la ricarica dei veicoli. In tal modo si provvede anche ad aumentare il tasso di occupazione a livello locale. Si auspica di coinvolgere direttamente le strutture del territorio nel settore turistico, nel commerciale privato, a livello pubblico e amministrativo. La formazione di nuove figure professionali, apporta una maggiore sensibilizzazione della popolazione verso le tematiche ambientali, e offrendo una grande opportunità ai giovani locali che altrimenti fuggirebbero altrove.
Isola di Rodi (Grecia) L’isola situata a 17km da costa turca riceve circa 1.000.000 di turisti l’anno. E’ inserita nella lista Unesco dei siti Patrimonio dell’Umanità. Nonostante i disastri e l’inquinamento causati dalla fortissima ed incontrollata presenza umana sull’isola si può ancora agire per evitare il disastro ecologico ed economico, si deve arrestare abbandono, degrado e turismo invasivo. Le intenzioni del progetto sono di bloccare la crescita selvaggia delle costruzioni sulla costa ed all’interno dell’isola, ridurre l’inquinamento dei rifiuti, ridurre il traffico automobilistico. Inoltre recuperare e valorizzare gli edifici storici, conservare e migliorare la fruizione dei beni archeologici esistenti, restaurare gli edifici all’interno della città, fare rispettare le leggi contro il saccheggio dei beni archeologici. Per fare ciò si propone l’adesione al turismo sostenibile e qualificato per preservare l’isola: trasformare una minaccia in ricchezza. I processi che negli ultimi anni hanno generato rilevanti trasformazioni degli spazi portuali, qui come altrove, possono essere inclusi nello scenario dello sviluppo urbano concepito come vera e propria rigenerazione urbana. La riscrittura del porto, in considerazione del rinnovamento spaziale e funzionale delle aree dismesse o giacenti in stato di degrado, rappresenta un’opportunità tangibile di valorizzazione e crescita della città nel suo insieme. La pluri-funzionalità degli spazi è uno dei fattori urbani che determina l’integrazione sociale, la possibilità di utilizzo continuato degli spazi aperti sul mare e l’avvicinamento tra il porto e la città. Progettazione identitaria del territorio
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www.islepact.eu www.visitsamsoe.dk www.greeka.com
Isola di Samso (Danimarca) SI tratta di un isolotto di 114 km e un comune di 4.233 abitanti. E’ ora un paradiso ecologico in grado di produrre energia solo da fonti sostenibili: questa azione ha salvato l’isola, altrimenti destinata a morire sotto l’effetto imperante della globalizzazione, che stava portando i giovani a trovare fortuna altrove. Samso era sempre sopravvissuta grazie all’agricoltura, ma negli ultimi anni le grosse aziende stavano lentamente soppiantando il lavoro dei piccoli agricoltori. L’Agenzia Danese per l’Energia lanciò un concorso nazionale per individuare l’area da destinare ad un progetto di rinnovamento: dal 1997 l’isola si è liberata dalla dipendenza dei combustibili fossili grazie ad un impianto offshore e in terraferma di pale eoliche e pannelli solari. A questo si aggiunge la scelta dei contadini delle rifiorenti fattorie che hanno acquistato motori che si muovono con l’olio di canola, e i prossimi passi pare siano l’importazione di auto elettriche, lo sfruttamento delle onde del mare, accrescere lo stile del riuso, favorire il turismo leggero e sostenibile e vivere, tutti, dei propri raccolti, nonché sperimentare l’idrogeno. Samso è un laboratorio sostenibile. Isola di Agios Efstratios (Grecia) Ha una forma circa triangolare con larghezza massima di 6 km, lunghezza massima di 11 km ed una superficie di circa 43,3 km². A contatto stretto con la natura, c’è un solo centro abitato con 371 abitanti al censimento 2001. Il 19 febbraio 1968 un terremoto del 7.2 con epicen-
tro a sud dell’isola distrusse quasi integralmente il porto e l’insediamento principale. L’isola è stata scelta dal Ministro greco per lo Sviluppo sostenibile, Costis Hatzidakis, per un progetto sperimentale: grazie allo stanziamento di 10 milioni di euro, si punta a trasformare l’isola nella prima isola ecologica mediterranea, a zero emissioni di CO2. La prima fase ha previsto l’istallazione di generatori che sfruttino le potenzialità dell’isola. La produzione dovrebbe raggiungere l’85% del fabbisogno. Si procederà con l’istallazione di un impianto fotovoltaico da 100 Kw e di uno eolico da 500 Kw. Durante le ore di minor consumo energetico gli impianti produrranno idrogeno che verrà poi stoccato come riserva energetica, da utilizzare poi per il sistema dei trasporti, anche quello elettrico. E’ prevista una seconda fase di riconversione di abitazioni e luoghi di lavoro in senso ecologico. I casi sopracitati sono portati come esempi di pratiche positive per la creazione di un laboratorio sperimentale di sostenibilità locale sorta a partire dall’impegno di tutti gli attori ed utenti interessati. La riattivazione di tali territori apparentemente marginali e dimenticati, proprio per determinate caratteristiche di eccezionalità morfologica, contengono potenzialità inespresse e qualità sostanziali da non ignorare ma da esaltare.
Progettazione identitaria del territorio
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Bibliografia Testi e pubblicazioni Andre Corboz Il territorio come palinsesto, in Casabella n. 516. Elemond periodici, Milano, 1985 G. Deleuze e F. Guattari Millepiani, volume II di Capitalismo e schizofrenia Castelvecchi, Roma. 1980 G. Ferraresi Forma e figurazione di mappe per la costruzione condivisa di consapevolezza del territorio. Una tesi sulla rappresentazione identitaria del locale strategico: quadro problematico, metodo, linguaggio, efficacia da La rappresentazione identitaria del territorio a cura di Alberto Magnaghi. Alinea Editrice, Firenze 2005 F. Gatti, Città globale e città degli esclusi, [s.l.] , [s.n.] 1990 A. Lanzani A piedi, con immaginazione da I paesaggi italiani, Meltemi, Roma, 2003 P. Laureano, Atlante d’acqua, conoscenze tradizionali per la lotta alla desertificazione, Bollati Boringhieri, Torino, 2001 M. Maggio Invarianti strutturali:una proposta di definizione in Urbanistica. Rivista semestrale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica N.42, INU Edizioni, 2012 A. Magnaghi, a cura di Scenari strategici. Visioni identitarie per il progetto di territorio, Alinea Editrice, Firenze, 2007 A. Magnaghi, a cura di La rappresentazione identitaria del territorio. Alinea Editrice, Firenze 2005 A. Magnaghi, a cura di Una metodologia analitica per la progettazione identitaria del territorio, Alinea Editrice, Firenze, 2002
A. Magnaghi, a cura di Rappresentare i luoghi. Metodi e tecniche, Alinea Editrice, Firenze, 2001 A. Marson Archetipi di territorio, Alinea, Firenze, 2008 S. Munarin Io sono stato qui,L’analisi interrogata dall’esperienza da La campagna necessaria. Un'agenda d'intervento dopo l'esplosione urbana a cura di Matteo Agnoletto e Marco Guerzoni. Quodlibet studio,città e paesaggio, 2012 Claude Raffestin Territorializzazione, deterritorializzazione, riterritorializzazione e informazione, in A. Turco (ed.), Regione e regionalizzazione, Angeli, Milano, 1984 B. Secchi Territorio, pianificazione del, Enciclopedia delle scienze sociali, volume VIII, Istituto dell’enciclopedia Italiana Giovanni Treccani, Roma, 1998
strumenti urbanistici Piano di gestione per il sito UNESCO “Trulli di Alberobello”
sitografia eurosouth-hub.net www.agenda21.it www.minambiente.it ec.europa.eu www.euroinfosicilia.it www.fondieuropei2007-2013.it www.sicilia-fse.it www.poienergia.it www.islepact.eu www.islandofgozo.org www.egadi.com rodi.it www.samso.it www.elhierro.es 159
interpretazione critica del centro urbano
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“... che s’abbia a ritrovar con numer pare di cavalieri armati in Lopadusa. Un’isoletta è questa, che dal mare medesimo che la cinge, è circonfusa d’abitazioni è l’isoletta vota piena d’umil mortelle e di ginepri, gioconda solitudine e remota e fuor che ai pescatori è poco nota ove sovente a rimondati vepri sospendon, per seccar, l’umide reti dormono intanto i pesci in mar quieti” Ludovico Ariosto “L’Orlando Furioso”
il centro storico come volano di sviluppo
Nel procedimento di riattivazione del territorio per fasi consequenziali si è quindi riconosciuto l’intervento sul centro storico come progetto pilota al quadro globale di recupero dell’intera isola. In una realtà così fragile e soprattutto così isolata dalla rete concatenata delle piccole e grandi realtà della terraferma, è difficile pensare di inserire Lampedusa in un sistema consolidato più esteso e già in trasformazione. Ogni azione deve partire dall’interno, dal basso, dal proprio cuore pulsante. Si riconosce per questo motivo nel centro storico il più evidente scenario guida, l’intervento caratterizzante. E’ il centro, infatti, il luogo posto all’attenzione di tutti, dai cittadini, ai visitatori sino a possibili investitori estranei alla realtà autoctona. Prima è necessario rendere il centro un’entità funzionante nel suo tutto, aumentare la sua autosostenibilità, potenziare la capacità ricettiva e produttiva, innescare quei meccanismi di sviluppo e gestione che non necessitano di essere imposti dall’altro da sè, ma che una volta assimilati diventano forza motrice inarrestabile. Si deve innanzitutto attirare l’attenzione, catalizzare gli interessi, agire per piccoli passi, dimostrando a partire dall’intervento più flebile e meno invasivo che il cambiaInterpretazione critica del centro urbano
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mento è possibile, per poi procedere verso i livelli più complessi e ampi. Si parte dalle necessità primarie, dal colmare quelle assenze che oramai per consuetudine non sono più concepite come tali. A Lampedusa la quotidianità lontana dai modelli di sviluppo rapidi delle realtà metropolitane, ha portato a non accorgersi nemmeno più che l’isola e la piccola città sta rallentando il proprio sviluppo sino a rimanere sempre quel poco più indietro rispetto a gran parte del mondo attorno. Una volta inseriti piccoli interventi invisibili si vuole dimostrare che la situazione non è stagnante e unica, ma che si deve procedere per gradi verso il raggiungimento di obiettivi più ampi di raggiungimento del livello proprio di un’isola che può vantare un così prezioso patrimonio unico al mondo da non lasciare affondare. Il centro storico dell’isola, luogo di attività, di movimento, di crescita e di vita, luogo da cui tutto parte, sembra essere il punto di partenza per una crescita globale a livello interno e di visibilità internazionale.
gli elementi caratterizzanti Una volta individuato quindi il punto nevralgico, è ancora una volta necessario riproporre una lettura e attenta dell’oggetto per poi ritrovare proprio nelle necessità dello stesso le risposte alle domande che ci si pone in fase di
progetto. E il tessuto urbano, come a scala territoriale, è una realtà composita e formatasi per uno stratificarsi continuo di interventi e giustapposizioni. Bisogna quindi leggere la città come una serie di livelli sovrapposti e analizzare ogni foglio singolarmente. L’analisi che si propone si struttura proprio nella scomposizione degli elementi e delle dinamiche caratterizzanti e nel ruolo che essi svolgono in sé stessi singolarmente e nel rapporto tra loro.
rete di mobilità
La prima cosa che si osserva muovendosi per la città è la complessità del sistema di viabilità. E’ paradossale dire che tale complessità deriva forse proprio da una sua semplicità intrinseca. Il sistema viario a Lampedusa è molto elementare. Una rete di percorsi fittissima e la possibiltà di percorrerne praticamente ogni tratto in ogni direzione con ogni mezzo. Non è presente alcun tipo di gerarchia e di nervatura primaria e secondaria. Non ci sono limitazioni, non ci sono percorsi obbligati. Se anche talvolta compaiono dei tentativi di organizzazione, raramente esse vengono assorbite e rispettate. Ogni limitazione è vissuta come un vincolo alla libertà che sembra essere giustificata dalla posizione dell’isola di astrazione dalle consuetudini del mondo del terzo millennio con le sue problematiche di traffico, congestione, saturazione. Ciononostante si può riscontrare un disegno evidente nella complessa rete di vie. Tutto ruota attorno ai due segni più forti degli antichi assi perpendicolari, i primi segni Interpretazione critica del centro urbano
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tracciati dai primi insediamenti nell’area sopraelevata che si staglia tra le due insenature più basse dei due porti, il Porto Nuovo e il Porto Vecchio. Un asse, via Roma, parte dalla punta che si staglia sul mare e entra verso l’entroterra, per poi diventare via Grecale nel punto di tangenza tra il centro e il territorio verso Capo Grecale a Nord-Est. Via Roma è tagliata nel suo punto mediano dal secondo asse, Via Vittorio Emanuele, che invece collega la parte alta della città ai due livelli più bassi laterali che poi scendono ai porti. Nel quadrante di Nord-Est che si crea dall’incrocio delle vie si è creata in ordine storico e poi consolidata fino a oggi una fitta e regolare maglia ortogonale in cui piccoli isolati quadrati scandiscono una distribuzione regolare di vie residenziali. Nei due quadranti sul mare si sono invece creati percorsi meno regolari, legato forse alla conformazione morfologica di discesa di quota fino al mare. Tutt’attorno si sono creato percorsi minori piuttosto densi per poi confluire in poche arterie di uscita dal centro verso il resto dell’isola. Dal porto nuovo parte un percorso lungo il limite tra isola e acqua verso la Punta della Guitgia a Sud-Ovest. Qui anche la viabilità predilige lo scorrimento più immediato sul lungo porto, anziché privilegiare alcune strade all’interno che permetterebbero la decongestione del quartiere. Dalla Punta della Guitgia diparte poi via madonna verso le Riserve Naturali, le spiagge turistiche e la Punta di Capo Ponente. Nella parte a Nord invece la maglia del centro converge verso la già citata via Grecale e via Ponente verso Cala Ponente a Est. La dimensione pedo-
nale è quasi dimenticata, certamente sottovalutata. Non esistono percorsi preferenziali a esclusivo uso del pedone. Via Roma è pedonale solo nel tratto terminale e comunque sempre interrotta dai flussi viari a lei perpendicolari. Non esiste alcun percorso lungomare sulle strade che corrono lungo i porti, nonostante le relativamente ampie dimensioni della carreggiata. Infine sono stati negli anni sommersi da sterpaglie, rifiuti e dimenticanza i percorsi che dal castello sulla punta in alto ricongiungono al Porto lungo gli antichi percorsi di accesso alle grotte ancora leggermente riconoscibili. In questo modo la parte sopraelevata sul mare sembra essere totalmente scollegata dal livello sottostante, seppur un tempo non fosse stato così.
il verde residuale come scarto
Anche il sistema del verde urbano non mostra alcun tipo di organizzazione. Non esistono spazi verdi ad uso pubblico, sia di piccole che di più grandi dimensioni. Non ci sono parchi cittadini, aree gioco per bambini e totalmente assenti sono gli spazi alberati o ombreggiati. L’unico parco giochi sul finire di via Roma, lo spazio dello “della villa”, è uno spazio recentemente riqualificato con interventi di dubbia funzionalità (sono presenti muretti invalicabili che delimitano piccolissime aiuole che impediscono un uso unitario per ogni tipo di utenza). Sono presenti inoltre nel quadrante a Sud-Est della maglia urbana due grandi vuoti quadrati facilmente riconoscibili da una vista aerea ma difficilmente riconoscibili dal livello stradale poiché delimitati, come del resto altri spazi Interpretazione critica del centro urbano
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minori, da alte mura di contenimento create con materiale di risulta per impedirne la permeabilità. Non è consentito capire cosa accade oltre il muro, ma sicuramente sono ad uso esclusivo degli edifici che vi si affacciano, un uso inappropriato ben lontano dalla funzione di giardino residenziale. Inoltre, il centro è delimitato a Est e a Ovest dalle due uniche lingue di verde che portano il territorio in città. Dall’esterno esse costituiscono due di quelle poche aree ancora destinate ad una funzione agricola, procedendo verso il punto di tangenza col tessuto urbano, invece, divengono spazi incolti e inutilizzati. Essi costituiscono una grossa potenzialità per la città, la possibilità di dialogo tra città e territorio, tra spazio urbanizzato e spazio naturale. Questa caratteristica non viene, però, rilevata e si preferisce mantenere lo spazio così come appare senza riconoscere le possibilità di trasformazione latenti. Lo stesso accade nella corona superiore dove la città finisce e si perde nell’entroterra dell’isola, e soprattutto nell’area della Guitgia. Qui sono numerosi gli spazi lasciati incolti, nella zona di collegamento tra i porti e il quartiere, e ancora di più nella fascia di chiusura del quartiere dalla parte di isola di tangenza con la Riserva Naturale. Si legge chiaramente un disinteresse al dialogo tra quartiere turistico e la zona più naturalisticamente interessante, dimenticando che territorio e spazio urbano non possono esistere indipendentemente ma devono essere legati da un rapporto di sostegno e reciprocità.
i pieni tra distribuzione e consuetudini
Lungo il sistema di mobilità appena descritto si trova un’altrettanto confusa distribuzione degli edifici e dei servizi. Soprattutto per l’assenza quasi totale di pianificazione, nell’ultimo secolo e soprattutto negli ultimi decenni sono sorti ovunque edifici residenziali, pubblici e civili senza ordine o forse motivazione. Per questo motivo non si legge a livello urbano una chiara distinzione di aree con una caratteristica funzionale prevalente. Non c’è una zona prettamente produttiva che si differenzia da una ricettiva piuttosto che da una residenziale. Si può notare una concentrazione di servizi locali e turistici sui due assi principali certo, ma la distinzione non è mai detta o dichiarata. Soprattutto a livello residenziale si nota come la mancanza di pianificazione e opportuno controllo abbia portato ogni cittadino a sentirsi libero di costruire cosa e dove a proprio piacere. Gli edifici sono quasi tutti incompleti, o meglio, in perenne stato di aggiunta. C’è sempre una parte aggiunta, un piano, un balcone, una tettoia, che non si completa mai, che non si rifinisce. Il risultato è ovviamente un quadro disomogeneo e confuso, dove l’abusivismo fa da padrone e la negligenza locale lascia ogni cosa in uno stato di apparente degrado. Non si guarda ancora al riutilizzo, come avviene invece attualmente nei luoghi a noi più comuni, si procede ancora per aggiunte e nuove costruzioni, lasciando al tempo ciò che ormai è consolidato. La morfologia edilizia più diffusa è in ogni caso quella del blocco quadrato a 2 o tre piani. Ovviamente ciò non Interpretazione critica del centro urbano
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significa che compaiono nei luoghi meno opportuni edifici improvvisamente più grandi, propri di un linguaggio a loro estraneo, come il boom del turismo marittimo negli anni ’60 con le caratteristiche che oggi si riconoscono. Non esistono edifici, se non i Sette Palazzi antichi di via Vittorio Emanuele o ciò che resta del castello, che possono vantare un forte carattere identitario con segni particolari che li contraddistinguono. Tuttavia anche questi elementi sono ora quasi totalmente inagibili e irriconoscibili.
i vuoti tra presenza e assenza
Proprio come la disorganizzazione dei pieni, anche la presenza di vuoti urbani residuali si propone come un insieme confuso di assenze. L’edificazione confusa certo non prevede la presenza di vuoti funzionali in un sistema ragionato. Si possono distinguere almeno due tipologie di vuoti, quelli pensati e quelli di risulta. Tra i primi troviamo un numero piuttosto elevato di piccole piazze disposte lungo l’asse di via Roma, ma essi non hanno mai raggiunto la funzionalità sperata. Alcune di queste piccole piazze, inoltre, sono nascoste subito dopo la prima fila di edifici sulla via, quindi non è consentita alcun tipo di permeabilità fisica o visiva. Difficile raggiungere e vivere queste piazze sicuramente se si è per la prima volta a Lampedusa. Inoltre bisogna dire che anche per i cittadini queste piazze non hanno mai acquisito il significato di luogo di aggregazione, incontro scambio. Queste azioni vengono svolte,
altrove, lungo le vie, lungo i porti, nei bar. L’unica piazza piuttosto vissuta è quella all’incrocio tra via Roma e via Vittorio Emanuele, poichè in un punto strategico, ma anche questa non brilla certo come fulcro della vita urbana, come si pensa dovrebbe fare la piazza centrale. Del tutto strappata al carattere identitario che nel tempo aveva assorbito, ora è coperta da pietra del Friuli e nell’angolo si erige una scultura di A. Pomodoro piuttosto anonima per un luogo così particolare. Ai vuoti, per così dire, consueti, si aggiunge un immenso numero di vuoti residuali, risultato della giustapposizione di costruzioni e aggiunte. Ciò che resta vuoto si pone come un ostacolo alla continuità cittadina ma allo stesso tempo come la mancanza di qualcosa. Non sono vuoti caratterizzati o caratterizzanti. Sono vuoti in cui nulla accade. Il più delle volte raccolgono vecchia attrezzatura accatastata, automobili arrugginite e ovviamente materiale edile per le aggiunte sempre in costruzione. Sono piccole e medie aree di degrado e abbandono che sembrano dormire, sembrano essere in attesa di poter rinascere, scrollarsi di dosso rifiuti e scarti e accogliere funzioni e vitalità. Ovviamente, il più delle aree in esame sono di proprietà privata delle case adiacenti, o spesso di proprietà acquisita per consuetudine o accordi tra vicini; risulta perciò difficile immaginare di intervenire, non essendo i proprietari disposti a rinunciare al loro ripostiglio o alla loro “discarica” personale e comoda. Certo sono dei punti di degrado che rendono la lettura e la vita cittadina molto più scadente e mediocre. Interpretazione critica del centro urbano
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Interpretazione critica del centro urbano
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voci dall’isola
La scelta dell’uso dello strumento dell’intervista è necessaria al fine di tracciare una mappa dell’evidente sovrapporsi di attori locali ed esterni che si radicano nel territorio e lo usano percependolo diversamente. Si è tentato di attingere al bagaglio di esperienze delle persone che l’isola la vivono e la gestiscono quotidianamente. Lo sguardo sulla comunità di Lampedusa ha permesso di virare la prospettiva iniziale di strategia grazie proprio al fatto
che gli abitanti ed utenti di un luogo esprimono esigenze e bisogni precisi che uno sguardo alieno non può determinare. L’intervento sullo spazio deve tenere conto di tali esigenze e darvi delle risposte. Si intende riportare un campione non rappresentativo della popolazione intervistata ma qualitativo per i differenti punti di vista generati dalle diverse fasce d’utenza interpellate.
Giusi Nicolini , sindaco di Lampedusa “Lampedusa è oggi a rischio di declino per due ordini di ragioni. Da una parte, per gli effetti di uno sviluppo non programmato e non regolato dall’altra, per l’accentuata marginalità sociale e culturale e non solo geografica. La
crescita economica non ha prodotto miglioramenti della qualità della vita degli abitanti, né della qualità ambientale e culturale del territorio. La condizione insulare non è di per sé un limite, è invece una grande opportunità per lo sviluppo, l’essere isola, specialmente nell’era della globalizzazione allarga l’orizzonte delle opportunità di sviluppo locale, rende gli orizzonti ancora più vasti. È importante scommettere sull’ambiente come risorsa e orientare lo sviluppo in senso sostenibile in modo che si riesca ad eliminare le fonti di degrado e di inquinamento e a gestire le risorse naturali in modo razionale, per investire nella cura e manutenzione del territorio e nella green economy. Necessitiamo di misure per la diversificazione della frui-
zione turistica come la promozione della conservazione, valorizzazione e fruizione del patrimonio archeologico e culturale; il recupero e valorizzazione del patrimonio edilizio pubblico e degli ex fortini militari in stato di abbandono, per finalità di fruizione turistica; la realizzazione di un’immagine ed una promozione territoriale unitaria. La pesca a Lampedusa è fonte di reddito o interviene ad integrare il reddito di molte famiglie. Costituisce tratto fondamentale dell’identità delle popolazioni e aumenta l’attrattività turistica dei luoghi. Sconta problematiche pesanti che ne comprimono lo sviluppo e che stanno contribuendo alla sua scomparsa. E’ necessaria l’organizzazione delle strutture portuali e delle attività inerenti, per rispondere alle esigenze della marineria, garantendo
funzionalità, decoro e pulizia ed occorre individuare ed attrezzare un’area a servizio dei pescatori per le attività di manutenzione delle imbarcazioni. Le Pelagie devono essere isole in cui viene tutelata la salute dei bambini e viene fatto il possibile per farli crescere in un ambiente sano, dignitoso, decoroso. Servono innanzitutto nuovi edifici scolastici, spazi per lo studio e le attività ludicosportive, spazi permanenti dedicati ai bambini ed attività, iniziative, manifestazioni diffuse sul territorio. Agli adolescenti bisogna offrire nuovi stimoli e luoghi di aggregazione, occasioni di impegno, di crescita, di relazione tra di loro e con il territorio; i nostri giovani hanno bisogno di contesto territoriale che offra opportunità, stimoli, strumenti, luoghi per l’aggregazione e la creatività.
Un altro segno tangibile del cambiamento consisterà nell’invertire le priorità degli interventi sul territorio, urbano ed extra-urbano, secondo logica e buon senso: non più opere pubbliche inutili o addirittura dannose, ma tanta manutenzione e cura del territorio e del paesaggio. Chiudere il ciclo dei rifiuti, diminuendo i costi economici ed ambientali per il Comune e per la collettività, è una necessità impellente per le nostre isole. Vediamo Lampedusa con i tetti solari (a cominciare dagli edifici pubblici e dalle strutture turistiche), che investe sul risparmio e sull’ottimizzazione ambientale degli edifici, con l’adozione di sistemi di analisi ed efficienza energetica e che riconverte la pubblica illuminazione delle vie e degli spazi aperti. Interpretazione critica del centro urbano
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Per lo sport si deve cominciare da zero, perché occorrono strutture ed attrezzature dignitose, per dare ai ragazzi, e soprattutto alle ragazze, la possibilità di praticare sport, per una crescita armonica ed equilibrata. Va realizzato un moderno complesso sportivo polivalente e intanto, si promuoverà l’esercizio degli sport legati al mare e si sosterranno le attività ed iniziative di scuole, associazioni, e della società sportiva di Lampedusa. Le Pelagie hanno perso sinora tante occasioni preziose per crescere, migliorare, risolvere i problemi più antichi e difficili. Investire nella cultura serve a tutto e a tutti, serve al futuro.”
Giacomo Sferlazzo, attivista locale fondatore di una licenza edilizia. In questo momento ci sono le condizioni per cominciare di Askavusa, associazione culturale. “Fino ad oggi c’è stato quasi un incoraggiamento da parte delle amministrazioni che si sono susseguite a costruire in maniera illegale, il fatto che sull’isola non ci sia un piano regolatore ha fatto da scusante e da pretesto a questa pratica. Nessuno fino ad oggi, ha avuto la capacità e l’interesse di redigere questo importante strumento che cambierebbe le sorti dell’isola, chi è riuscito a costruire in maniera legale, lo ha fatto seguendo un piano di fabbricazione del 1974, che veniva modificato di volta in volta a secondo delle esigenze, questo è stato un altro strumento per garantire a pochi il privilegio della legalità e una merce di scambio preziosa, per chi aveva bisogna
un cammino di riscoperta e valorizzazione della storia e del patrimonio culturale di Lampedusa, ma se la comunità non ha momenti e spazi per confrontarsi e se le parti che tendono con le loro azioni agli stessi obbiettivi non ricominciano a dialogare, questo processo sarà difficile e forse non darà gli stessi frutti. A Lampedusa puntualmente si ripresenta il problema della mancanza di continuità didattica, perché gli insegnanti che arrivano sull’isola sono continuamente assenti, con mille scuse e mille scappatoie, a questo si aggiunge la mancata chiamata dei supplenti da parte della dirigente scolastica, che giustifica questo con la mancanza di
fondi, risposta che non ritengo sufficiente per giustificare una tale assenza di coperture nelle classi senza docenti di ruolo. Un tema su cui insisto sono i più piccoli, i bambini. A partire dalle strutture scolastiche, carenti in ogni aspetto, dallo strutturale al formativo, sino all’intrattenimento extrascolastico, non esistono spazi di aggregazione o di gioco per i più giovani e i luoghi destinati a tali funzioni si trovano in condizioni di degrado ed abbandono tali da non poter accogliere nessuna attività.”
Damiano Sferlazzo, Vicesindaco Lampedusa, rappresentante della nuova amministrazione comunale.
“La situazione che abbiamo trovato dopo le elezioni è ancora peggiore di quella che ci aspettavamo. Ora siamo alle prese con il dover ricostruire tutto da capo: la macchina burocratica del comune è dissestata, così ci siamo trovati a dover affrontare prima di ogni altra cosa la necessità di creare prima una struttura funzionante, per poi occuparci dei singoli settori. Per i giovani dell’isola spesso è necessario emigrare: la vita qui è strumentale al turismo e si concentra nei quattro mesi estivi. Chi va in continente per studiare spesso non torna più. Per quelli che restano i problemi dell’isola sono evidenti, ma è difficile farsi ascoltare e grande è la distanza tra i giovani e gli adulti. Per i giovani dell’isola mancano attività culturali organizzate e occasioni d’in-
contro, confronto e luoghi di incontro e di cultura come cinema e biblioteca. I prossimi passi riguardanti il turismo che deve diventare più sostenibile e l’immigrazione, devono essere fatti attraverso il coinvolgimento della popolazione lampedusana, così d’inverno cercheremo di raggruppare varie persone e associazioni a cui chiedere una collaborazione. Di grande importanza per il turismo naturalmente sono anche i voli, ma l’apertura del nuovo aeroporto non può aumentare a dismisura il numero dei turisti, senza aver prima sviluppato un nuovo tipo di turismo. Sull’isola è necessaria un’azione forte di riordino e governo del territorio, solo così sarà possibile costruire le basi per un futuro economico sano e duraturo impostato su una proposta turistica di alta qualiInterpretazione critica del centro urbano
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tà che Lampedusa ha le carte in regola per offrire.“
Filippo Mannino , fondatore Alternativa giovani Onlus, associazione culturale “Dal 2001 Alternativa Giovani lavora per la difesa del cittadino, della cultura e dell’ambiente - ed in particolare per i diritti dei giovani – attraverso: il lancio di campagne su svariati temi; la realizzazione di progetti educativi, di norma rivolti alle scuole ma anche ad altri target come ad esempio verso soggetti deboli o svantaggiati non solo economicamente, ma anche socialmente; la promozione di iniziative ricreative e di aggregazione e l’ organizzazione di eventi pubblici. Abbiamo una radio di volontari che si prestano per tenere viva l’isola anche con la musica
e l’informazione. Nel 2006 abbiamo portato sull’isola 12 emittenti nazionali, fino ad allora non si conoscevano le radio. Abbiamo realizzato il primo campo sui diritti umani con Amnesty International. Inoltre lavoriamo affinché i più giovani riscoprano la storia dell’isola e la tramandino perché non vada perduta. Cerchiamo di coinvolgere diversi target come ad esempio soggetti deboli e/o svantaggiati non solo economicamente, ma anche socialmente. Attraverso questi progetti si vuole favorire la crescita e lo sviluppo di conoscenze e attitudini coerenti con i fini e i principi dell’ associazione. Il problema dei laboratori è che dopo i primi incontri i ragazzi rischiano di perdere interesse, non sono coinvolgibili totalmente; ma per loro c’è ancora una speranza, il vero problema sono gli adulti,
diseducati alle regole civili la cui unica preoccupazione è mettere da parte denaro per le eventuali emergenze che obbligano a spostarsi dall’isola. Il problema della pulizia e dei rifiuti è il più evidente, in questo senso abbiamo proposto dei progetti educativi rivolti ai più giovani per sensibilizzarli sul tema, rimane comunque una grossa parte della popolazione non interessata né alla sporcizia dell’isola né alle possibili ricadute di questo comportamento. Paola Dragonetti – professoressa. Il problema maggiore è la dispersione e più in generale la mancata riuscita scolastica. Questo causa la mancata competenza di chi esce dalle scuole medie, un’alta dispersione al liceo, chi resta sull’isola blocca la sua istruzione e in generale la sua formazione, con l’esito che l’unica prospettiva resta spesso
un impiego stagionale a bassa specializzazione. Per l’Università la partenza per la Sicilia è obbligatoria e il carico per le famiglie cresce. La maggior parte dei ragazzi non torna più a Lampedusa.”
Geom. Bernardo Favaloro, direttore Ufficio abusivismo Lampedusa “Questa è una comunità in cui il lungo perdurare di situazioni di ambiguità o di illegalità non facilita il cambiamento. Qui prima si costruisce, poi si fanno i disegni ed infine si chiedono i permessi. Il problema alla base è l’isola stessa, qui i cittadini sentono di avere una disparità rispetto agli abitanti in terraferma e contemporaneamente si sentono in diritto di agire in maniera autonoma ed autoregolata.
Può succedere che un’abitazione sorga nel giro di poche notti, realizzata con materiali di scarsa qualità e in condizioni di lavoro che non permettono le appropriate tecniche costruttive. È complicato regolare la situazione sia dal punto di vista legislativo che soprattutto burocratico, ma la grave situazione è sotto gli occhi di tutti, quindi ci auguriamo che oltre a lievi sanzioni arriveranno presto anche le ruspe.”
Antonino Taranto, storico locale “Un sito archeologico di enorme importanza giaceva sotto delle “Baracche” che erano depositi e industrie del pesce. La sovraintendenza in una relazione dichiarava che il sito doveva essere espropriato per continuare gli
scavi, ma qualche anno fa, quelle “baracche” diventano degli appartamenti che tutt’ora sono in vendita, anche se c’è un inchiesta aperta. La cosa strana è che la costruzione ha la licenza edilizia, che ci sono i pareri favorevoli della sovraintendenza di Agrigento e che molte tombe sono state ricoperte dal cemento. Ricordiamo i cerchi di pietra che sono completamente abbandonati e in molti casi sono stati distrutti, i sette palazzi in stato di abbandono, la casermetta di cala pisana, i tanti fortini di guerra e se vogliamo andare indietro il castello con la torre di Orlando completamente distrutto negli anni cinquanta. Io credo che la stragrande maggioranza di noi lampedusani non conosce la propria storia, l’enorme importanza della storia di Lampedusa nel mediterraneo.” Interpretazione critica del centro urbano
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Elena Prazzi , presidente Legambiente
Salvatore , affittacamere-noleggiatore auto
“L’attività di Legambiente relativamente alla riserva è di controllo e tutela dell’area di ovodeposizione della tartaruga marina, di presidio e informazione dell’area della spiaggia dei conigli durante la stagione estiva. Il contatto e confronto tra i giovani di qui e i volontari (delle associazioni ambientali) è importante per comprendere le diverse realtà: i volontari fanno amicizia con i ragazzi del luogo, questi si interessano, chiedono, si stupiscono che altri da fuori possano trovare interessante l’isola. Le acque sono inquinate per l’incapacità di gestire il carico turistico. L’aria è sempre più inquinata a causa di una larga diffusione dei mezzi a combustibile, soprattutto motorini. I rifiuti sono in aumento e la raccolta differenziata è solo di facciata: le immondizie sono in realtà gettate in una stessa discarica. Si dovrebbe organizzare una raccolta differenziata seria dove, portando il proprio rifiuto umido, si avrebbe indietro una bombola di gas. Solo così le persone capirebbero che fare la differenziazione dei rifiuti porta dei vantaggi nell’immediato agli utenti. Un altro modo sarebbe mostrare agli abitanti che il motivo del non incremento turistico di quest’anno è l’inquinamento, le immondizie presenti in tutta l’isola, i costi troppo elevati. Mostrare anche che la loro isola è fortemente inquinata, che l’acqua del mare non è più pulita, che la spazzatura sta rovinando la risorsa principale di Lampedusa.”
“Il turismo è la maggiore fonte di guadagno per i lampedusani. Da cinque anni circa, però, l’afflusso è calato. Il motivo non è chiaro, forse per il costo del viaggio, forse per la presenza dei clandestini, forse per l’euro. Quest’anno i turisti sono arrivati tardi, solo a metà agosto. Di solito si lavora tutta la stagione estiva, da giugno a settembre. Funziona così: si lavora intensamente nei mesi estivi e durante l’inverno si torna pescatori. Ciò che limita l’arrivo dei turisti è la sporcizia delle strade e i prezzi a volte troppo alti. Inevitabilmente raccogliamo molte lamentele: Lampedusa è sporca, perché ci sono gli ombrelloni nella riserva, perché c’è la discarica, ecc… Sarebbe poi preferibile un turismo più selezionato, composto di professionisti o veri appassionati. Turismo selezionato, flussi minori, servizi migliori, prezzi più alti. Per questo però sarebbe necessaria una scuola turistica che prepari i suoi allievi ad accogliere e gestire i turisti.”
Simona, studentessa “Sicuramente la scuola è luogo della concertazione anche perché, attraverso i bambini, raggiunge anche genitori e nonni cogliendo un po’ tutte le fasce d’età. A Lampedusa non c’è molto per i giovani, non c’è un teatro, un centro sportivo, niente che possa permettere ai giovani di esprimere i loro talenti come si deve. Mi piacerebbe che ci fosse anche una biblioteca comunale, dei collegamenti a internet, oltre che la sistemazione dell’archivio per garantire una memoria storica. Sono pochissimi i giovani che
vogliono iniziare un’attività: qualche giovane immagina di investire in noleggi imbarcazione o auto, attività di servizi.”
Giuseppe, pescatore “Noi siamo pescatori ereditari, sappiamo come si fanno le barche. All’inizio l’isola non era di pescatori, era di coltivazione. Poi vennero le prime famiglie di pescatori e sperimentarono nuovi tipi di pesca. Il mestiere del pescatore è rimasto l’ultimo qui, l’industria ha dovuto abbandonare perché il lampedusano non garantiva più lo sgombro, già negli anni ’90 milioni di barche tunisine di pescatori hanno riempito le coste lampedusane e il pescatore ha dovuto cambiare mestiere. Un tempo è stata un’isola privilegiata per la pesca, venivano tutti a lavorare da fuori Palermo, Favignana, Porto Empedocle… Poi il pesce è mancato ed è venuto a galla il turismo, quindi se sono bravi a conservare questo turismo, allora l’isola potrà sempre andare avanti. Non ci rendiamo conto che quello che veramente offre quest’isola, cioè il mare e la natura, è l’unica cosa che non abbiamo fatto noi e poco per volta questo dono ci verrà tolto, perché non siamo stati in grado di conservarlo ma solo di sfruttarlo. Ma l’importante per noi lampedusani è fare soldi, è riuscire a guadagnare il più possibile in questa stagione estiva, poi delle prossime ci penseremo...come se le cose durassero in eterno, come se la natura non potesse rivoltarsi contro di noi.”
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Bibliografia Testi e pubblicazioni S. Marini, Nuove Terre, Architetture e paesaggi dello scarto Quodlibet Studio 2010 Arcipelago Mediterraneo - Politiche di recupero e rivitalizzazione delle aree portuali. Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio Università di Firenze M.Le Lannou, A proposito dell’isolamento delle isole , in “Atti XX Congr. Geogr. It”, Roma, 29 marzo – 3 aprile 1967, vol. IV, Roma, Società Geografica Italiana, 1971 A. Magnaghi Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo. Bollati Boringhieri, Torino,2000 W. Mikus, Aspetti e problemi della geografia della popolazione nelle isole minori dell’Italia Meridionale, in “R.G.I.”, LXVI 1969
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“Anche se il disegno generale è stato minuziosamente progettato, ciò che conta non è il suo chiudersi in una figura armoniosa, ma è la forza centrifuga che da esso si sprigiona, la pluralità dei linguaggi come garanzia d’una verità non parziale” Italo Calvino, “Lezioni americane”, Molteplicità
progettare lo scarto:
risignificazione e riuso
“..molto più spesso di quanto vogliamo ammettere non cambiamo il mondo per un fine prestabilito ma ci adattiamo soltanto: reagiamo a forze esterne che sfuggono al nostro controllo, cerchiamo di sopravvivere, di preservare qualcosa, di mantenere un dato livello di prestazioni” Kevin Lynch
1. S. Marini, “Nuove Terre, Architetture e paesaggi dello scarto” Quodlibet Studio 2010 p.25
L’urbanistica, l’architettura e la città, il progetto in generale, sono chiamati a rispondere al movimento continuo dell’abitare, al suo fluire in termini identitari: non è più sufficiente offrire funzioni1. Il contesto oggetto di studio è saturo di aggiunte e superfetazioni, ciononostante la vita nel centro continua a scorrere inesorabilmente come se ogni oggetto aggiunto non facesse alcuna differenza. Segni e imposizioni, quanto più se estranei, non rafforzano più oramai alcuna attività, alcun percorso o sensazione. Non si può perseverare nell’intento di disegnare oggetti su problemi immateriali più profondi, non facendo altro che congestionare e saturare ulteriormente un sistema così fragile. Progettare in questo contesto significa perciò prendere in considerazione questo materiale o stadio della materia, attuare dispositivi in grado di non produrne oppure al contrario di massimizzarne la produzione, nel momento in Progettazione olistica del centro urbano 189
cui lo scarto è già nel luogo, decidere di implementarlo evitando così di consumare altre risorse altrove, dove non sono ancora compromesse. La città e i suoi cittadini non sono alla ricerca di un nuovo edificio, di una strada più ampia o di un arredo urbano accattivante e sull’onda dell’ultima tendenza. Lampedusa non vuole e non deve competere a livello di innovazione architettonica, o forse non è questo il momento opportuno. Lampedusa ha bisogno di fare un passo indietro e di ripartire da ciò che già c’è ma in qualche modo è incrinato, dimenticato o addirittura abbandonato, sprecato. E si vuole proprio partire dal concetto di spreco. Spreco come materiale scartato ma scarto come opportunità. Scarto è anche sinonimo di “improvviso movimento laterale”, “distacco”, “differenza”. Scarto deriva infatti proprio in questo contesto dalle sottrazioni all’edificato. Scarti sono tutti quegli spazi che per differenza si creano tra isolati, tra blocchi di edifici o tra arterie e vie. Il progetto di rigenerazione urbana prende le mosse, infatti, dalla necessità dichiarata del centro urbano di Lampedusa di riconnettere e riaggiustare le proprie frammentazioni storiche e gli scarti recenti. Presupposto necessario della pianificazione è la consapevolezza che all’arresto dello sviluppo quantitativo deve corrispondere il riuso, il recupero e la riqualificazione degli spazi urbani esistenti.
strategia di intervento:
scomposizione e ricomposizione L’obiettivo nell’affrontare l’abbandono è quello di trovare una risposta per gestire il declino della città. Il progetto prefigura una capacità di reazione del sistema urbano alle dinamiche economiche e demografiche, e descrive anche come si può operare, quali modalità adottare per utilizzare l’abbandono come forma di progetto. l’area in declino potrebbe concentrare le zone di abbandono e di conservazione, in modo che i servizi possano venir ritirati selettivamente e le aree in uso possano mantenere i loro abituali livelli di manutenzione ed attività. La “densificazione”-la ben nota accumulazione di nuovi appartamenti e di superfetazioni nel retro dei lotti- può ora cedere il posto alla “rarefazione, ripulitura e alleggerimento del tessuto urbano K. Lynch deperire p.232
Nel momento in cui il progetto viene articolato a prendere posizione sul comprendere o escludere gli scarti, evitando quegli interventi formali la cui natura diventa a-scalare, trasformandosi in capacità di attraversare le competenze disciplinari. Parliamo di strategia come fondamento di ogni azione, una visione globale da non perdere mai di vista del tutto, come contrapposizione di una visione futura di un unico corpo funzionante ma anche strategia come composizione di piccole azioni localizzate e mirate. Progettazione olistica del centro urbano 191
Strategia nel mappare e cancellare gli impedimenti, con connotazione negativa, ma che trova completamento solo con la proposta di soluzioni migliorative, assumendo un profilo positivo e risolutore. E’ curioso come appunto il termine “strategia” è capace di raccontare storie di guerra ma anche strutture di gioco. 2 Il procedimento adottato, come a scala territoriale, ha richiesto lo studio accurato di un metodo di valore universale ma plasmato sull’unicità del terreno di applicazione.
2. ibidem
L’area di progetto comprende il nucleo abitato di origine più storica, l’area di recente espansione della Guitgia e l’area disabitata ma di interesse storico-archeologico di Punta Maccaferri. Il sistema considerato presenta diverse situazioni, richiedendo interventi talvolta isolati, più spesso complementari tra loro. Ad una prima fase di approccio all’area si è scelto chiaramente lo spazio dell’intervento, tracciandone un limite ideale. Ciò non significa mai esclusione di ciò che sta oltre il confine, questa materia viene sempre tenuta in considerazione come proseguimento di ciò in cui si interviene in maniera più concreta, tenendone progressivamente conto e pensando sempre alle relazioni possibili intrinseche o prodotte forzatamente. Riconosciuto il limite entro il quale concentrare l’intervento, si è proceduto per sottrazione, analizzando e circoscrivendo i vuoti urbani e le aree di verde residuale, riscoprendo quei vuoti come potenziali luoghi di aggregazione e ricongiunzione sociale e fisica. Si sono mappati tutti
gli spazi, già iniziando a riconoscere quali potrebbero svolgere un ruolo primario nella riattivazione (i due macro isolati tra i porti, le piazze dimenticate), quali meritano minore attenzione (spazi vuoti ben radicati nel tessuto residenziale) e quali invece siano ormai così consolidati nel tessuto per cui risulta ancor più dannoso apporre delle modificazioni (l’isolato davanti all’ex-aeroporto che blocca ogni flusso di transito diretto tra il nuovo aeroporto e il centro). L’attenzione si è quindi, in negativo, mossa sui pieni, sull’edificato e sulla caratterizzazione di ogni microarea. Si è suddiviso il territorio in ambiti , riconoscendo zone con caratteristiche geografiche o peculiarità accomunabili. Seppur, come già detto, non si possa a Lampedusa riconoscere una suddivisione funzionale o identitaria forte, si può riconoscere una tendenza prevalente latente in alcune parti piuttosto che in altre. Si sono riconosciuti così cinque ambiti, cinque aree che possono essere accomunate tematicamente. La prima, l’area della Guitgia, riconosciuta come area prettamente ad uso turistico, caratterizzata però da congestione di traffico, edificazioni di discutibile gusto e soprattutto funzionalità. Tra i grandi alberghi edificati in risposta al boom turistico degli anni ’60 a quelli invece più recenti ugualmente imponenti, spesso dismessi e ad alto impatto ecologico. Il secondo ambito è la punta opposta oltre i porti, Punta Maccaferri. Questa terra è sempre stata nella storia caratterizzata da un ruolo di antenna, Progettazione olistica del centro urbano 193
di sentinella, da quando era faro segnaletico per le rotte mercantili, fino a roccaforte militare durante la seconda Guerra Mondiale e poi riparo di emergenza per i grandi flussi di migranti del 2011 quando l’isola era satura nei centri di accoglienza e gli immigrati erano costretti a trovare riparo per passare le notti. Ora la punta sembra essere totalmente esclusa dal disegno urbano, per quanto conservi uno spirito identitario che Lampedusa non può permettersi di escludere. Il terzo ambito è la parte terminale del Vallone Imbriacola, proprio dove il territorio naturale trova un punto di tangenza con la città. Questo rapporto è sottovalutato e anche al suo interno l’ambito vanta di edifici storici di pregio (l’antico penitenziario) per nulla valorizzati come meritano. L’ambito quarto è il cuore del centro storico, i due assi ortogonali di via Roma e via Vittorio Emanuele, il cuore pulsante dove ogni servizio è distribuito (scuole, ospedale, centro sociale, servizi civici e di aggregazione). Il sistema però verte in uno stato di disorganizzazione tale che la fruizione di ogni attività risulta molte volte ostacolata se non impossibile. Infine, l’ambito che vuole essere motore di riattivazione di quelli appena elencati: il porto vecchio. Questa area, la più antica, la zona che ha visto nascere questa piccola civiltà, che si è organizzata e sviluppata proprio a partire dal rapporto col mare, unica fonte di sostentamento e di comunicazione col resto del mondo con l’avvento degli strumenti della società moderna questa area ha perso totalmente la funzione cardine che le spetta. Si tende ora a guardare più verso l’entroterra, dimenticando
che in un’isola di così piccole dimensioni non è pensabile sottovalutare il rapporto con il Mediterraneo e di tutti i meccanismi che da questo dialogo possono scaturire. Molti edifici sono dismessi (tra cui i grandi stabilimenti in pietra di trasformazione del pesce e lavorazione di spugne). Il porto vecchio deve essere riattivato nel campo produttivo e ricettivo, essendo tutt’ora luogo di attracco delle navi dalla terraferma. Il porto ha sempre avuto per le città che si affacciano sul mare una funzione prioritaria, per cui si pensa che l’intero processo di riqualificazione del centro e poi, in previsione di uno scenario più a lungo termine, del territorio nel suo insieme e nel suo ruolo di relazioni col resto dei paesi mediterranei. Una volta identificati chiaramente caratteristiche, peculiarità e quindi limiti e fragilità di ogni zona, si procede con una serie di interventi puntuali. Interventi quasi invisibili per un occhio lontano da questa realtà, interventi volti a modificare il meno possibile l’esistente, interventi che partono dall’essenza di ogni ambito e che sono volti in ogni caso al mantenimento del carattere e delle abitudini del luogo. In maniera molto sintetica i singoli interventi sono stati definiti e distribuiti ad hoc in ogni singolo punto del masterplan. Se ne presenta di seguito la classificazione:
connessioni: si vuole ricreare un continuo di accessibilità e permeabilità, fisica o visiva, così da mettere in contatto parti di tessuto anche molto vicine ma che allo Progettazione olistica del centro urbano 195
STRATEGIA DI PROGETTO l’area del centro urbano e dei porti
Progettazione olistica del centro urbano 197
stato dei fatti risultano separate da percorsi dimenticati e dismessi, da edifici che diventano barriere invalicabili o da fazzoletti di verde residuale recintato. valorizzazione degli spazi pubblici: l’importanza dello spazio comune in una situazione urbana minore è fondamentale nell’uso del città da parte del locale come dell’estraneo, per questo si valorizza ogni luogo di incontro e le piazze, qui numerosi ma sempre in secondo piano rispetto all’uso delle strade. caratterizzazione: alcuni luoghi meritano una posizione di maggior rilievo nell’assetto complessivo dell’uso sfaccettato della città, si deve rendere più visibile e accessibile un patrimonio storico-naturalistico in realtà alla portata di tutti, ma sommerso dallo sviluppo caotico del centro. differenziazione: il dilagare di edifici sorti senza controllo e pianificazione ha creato, sopratutto nelle zone di più recente espansione, uno scenario tanto confuso nell’uso delle diverse zone da rendere necessaria una riorganizzazione della distribuzione funzionale in base al ruolo caratteristico dell’area. demolizioni: molti sono i casi di edifici composti di infinite aggiunte sempre in stato di incompletezza che impediscono la fruizione e la visuale possibile e che si suggerisce di inserire in un’azione di demolizione puntuale, controllata e tempestiva. ri-definizione d’uso: alcuni delle strutture coinvolte nel progetto giacciono in buono stato di conservazione, quindi si prevede solo una variazione d’uso delle attività
al suo interno e l’inserimento e la gestione nell’ambito di appartenenza, andando oltre la dimensione del singolo edificio. risanamento: sono questi i casi in cui l’edificio viene mantenuto nella sua funzione e significato nell’intorno, ma è necessaria un’azione di riqualificazione strutturale e complessivo del manufatto, per un totale e complessivo ripristino. trasformazione: spesso gli edifici principali nelle aree di intervento necessitano non solo di variazione d’utilizzo, ma prima di ristrutturazione sia della struttura portante, come dell’involucro esterno per un recupero funzionale e un più completo utilizzo. Ogni intervento singolo e indipendente è sempre pensato in funzione della creazione di un ambito omogeneo, di un sistema unico che possa funzionare nella sua compattezza e si possa distinguere fortemente dagli altri, rendendo la fruizione della città, sia essa dal punto di vista locale come dell’estraneo, più snella, immediata e piena. Anche tra le macroaree è richiesto però un intervento di ricucitura. L’obiettivo principale è la creazione di una realtà plurale, in cui ogni luogo conserva il proprio carattere ma funziona pienamente solo in relazione al tutto a cui appartiene. Per la realizzazione di questo fine i percorsi minori svolgono un ruolo fondamentale. Si pone infatti l’attenzione principalmente sui nodi di giuntura della rete-sistema che si viene a creare. Si riconoscono dei punti nevralgici Progettazione olistica del centro urbano 199
che devono essere risignificati, decongestionati o riorganizzati (il nodo tra il lungomare Lido azzurro e via Cameroni, o il nodo tra il porto vecchio e Punta Maccaferri) e si riscoprono percorsi dimenticati, disegnati un tempo sulla base dell’impianto antico ma che ancora ora risolverebbero problemi di fruizione e permeabilità con il minimo interventi di riapertura o potenziamento (via Sbarcatoio tra la città alta e il porto vecchio e i vecchi sentieri pedonali tra il castello e il porto nuovo). Una volta scomposti e modificati nel loro interno, quindi, gli ambiti per funzionare devono essere ricuciti in un tutto che è il corpo della città, ma come già detto, senza mai dimenticare il rapporto con il territorio tutt’attorno.
le fil rouge nella realtà plurale: dialogo tra terra e mare In tale processo di frantumazione e ricomposizione ogni ambito e ogni intervento acquisiranno, quindi, valore solo se considerati in relazione agli altri e grazie a un sistema di congiunzione e fruibilità trasversale. Come da un lato la città si va a perdere nell’entroterra brullo e incontaminato, sul lato opposto il limite è molto più netto, poiché ognuno degli ambiti considerati termina affacciandosi sul mare, seppur ognuno con linguaggi e relazioni differenti. E proprio in questa situazione si trova la risposta progettuale per la ri-compattazione del sistema città. Ogni ambito, già riconnesso a quelli adiacenti da
percorsi e nodi minori, trova nel nastro del lungomare una collocazione ben precisa e unica. Il fil rouge del lungoporto si presta poi a una duplice funzione: se da un lato riconnette le frammentazioni del centro, dall’altro ricrea quel rapporto di interscambio tra sistema-città e sistema-mare proprio di ogni città di mare, ma qui sottovalutato e trascurato. Come una cerniera il percorso vuole unire indissolubilmente ogni ambito al mare in un rapporto che a Lampedusa si è andato rapidamente a perdere e l’isola non può permettersi ora di voltare le spalle al Mediterraneo e al mondo; risulta necessario invertire questa tendenza prima che oltrepassi il limite della reversibilità. Il fenomeno di riqualificazione del lungoporto ha interessato in epoche e con modalità differenti molte città nel mondo. In Italia, tale fenomeno ha origini più recenti e si inquadra in un contesto più generale che richiede, per avere successo, il verificarsi di condizioni di dialogo fra diversi attori della gestione politico amministrativa. Il recupero del rapporto tra la città e il mare è stato uno degli elementi fondanti della strategia di riqualificazione prevista anche all’interno degli strumenti urbanistici in maniera integrata sia con gli strumenti della pianificazione della mobilità, sia con quelli della programmazione. Il più delle volte si tratta di stabilire un sistema di regole che potesse essere un riferimento certo per l’azione sul territorio. La consapevolezza delle ricadute positive legate alla riqualificazione ha ravvivato l’interesse per queste Progettazione olistica del centro urbano 201
“aree di frontiera” con l’obiettivo di restituire alla città spazi vitali. Occorre considerare, in primo luogo, che la valorizzazione del patrimonio culturale delle aree e delle strutture urbane storicamente legate ai porti deve essere pensata non solamente come una operazione fisica, di ripristino dei caratteri storico architettonici dei manufatti esistenti (bastioni, fortificazioni, moli, attracchi, banchine, ecc.), ma anche funzionale e immateriale insieme, per far ritrovare un nuovo contemporaneo senso d’uso connesso a nuove relazioni, insieme, economiche, sociali e culturali. Ciò significa che il progetto deve avere una prospezione complessa ed integrata, con una dimensione multiscalare e multiattoriale non indifferente.3
3. Arcipelago Mediterraneo – “Politiche di recupero e rivitalizzazione delle aree portuali.” Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio Università di Firenze
Pur nella diversità dei singoli casi si possono individuare alcuni elementi “invarianti” comuni alle diverse esperienze e le condizioni di contesto che hanno consentito il successo delle operazioni di riqualificazione. Anche nel caso in esame ritornano infatti ad esempio la volontà di eliminare le barriere fisiche tra la realtà e il mare, la possibilità di realizzare spazi a cui affidare il ruolo di “magneti urbani”, la ricerca di un’integrazione tra elementi puntuali e contesto urbano ampio, la capacità di coinvolgere le diverse parti sociali nel processo di riqualificazione e la convergenza di obiettivi comuni. Ovviamente, la ricetta per declinare al meglio il rapporto tra la città e il suo fronte mare non è univoca, ma la necessità impellente sembra proprio quella di rifuggire il rischio dell’omologazione.
Così come risulta difficile, per i porti minori, entrare nel sistema della competitività globale, allo stesso modo il tema della riqualificazione del sistema città-mare non può essere trattato al pari delle grandi realtà portuali continentali, con le loro connessioni ai sistemi infrastrutturali, logistici, culturali e socio-economici dell’interno. E a Lampedusa l’unicità del caso è anche enfatizzata da una condizione particolarmente isolata forzata da lontananza e posizione sfavorevole a ogni rapporto con la terraferma anche via nave. Qui più che altrove si punta quindi a una progressiva tendenza a rileggere il ruolo del porto della città di accesso all’isola in chiave turistica, comportando la necessità di trasformare il porto per renderlo idoneo a tale funzione e, al tempo stesso, incrementa un parallelo e complementare processo di trasformazione delle regole insediative che storicamente hanno definito il carattere delle aree interne. L’intervento concreto diventa quindi mero simbolo rappresentante una lunga serie di azioni “invisibili” interne programmatorie. Il progetto del lungoporto si fa forma di un progetto in potenza che prevede realizzabilità e sviluppo nel tempo in uno scenario a lungo termine. Dato lo stato di sovraccarico del centro urbano, l’unico modo per intervenire sul fronte del mare è evitare di aggiungere alcun tipo di elemento, ma solo ridisegnare quel percorso naturale già parte della costa da secoli. Si sceglie di aggiungere un segno a livello del mare, di restringere dove possibile la carreggiata e destinarne la parte esterna ad esclusivo uso pedonale, interponendo dove Progettazione olistica del centro urbano 203
vista panoramica dal lungoporto
possibile un filtro di separazione (un muretto-percorso leggermente sopraelevato nel Porto Vecchio, e un filare di palme nel Porto Nuovo). Lungo il percorso sono identificati dei punti di interesse, siano essi per la relazione con elementi rilevanti nell’entroterra, per la presenza di servizi o edifici di pregio o per la possibilità di creare aree di sosta per punti di vista e scorci interessanti. Con la riattivazione del lungo porto si vuole infine superare la tendenza omologante nel ruolo e nell’identità della città portuale di solo accesso all’isola. Soprattutto nel caso delle isole del Mediterraneo, le città nascono a servizio del mare, ma nella tendenza del mondo moderno, questo rapporto è poco significativo e sicuramente non sufficiente. La creazione del lungoporto pedonale e delle relazioni che ne ruotano attorno, nel caso specifico, è un “pretesto” nella ricerca di sinergia tra attori differenti, con politiche e strategie di azioni spesso riconducibili a diversi strumenti di intervento, e tre scale territoriali, relative non solo all’intera area sul mare e ai quartieri che vi si affacciano, ma al nucleo urbano nel suo complesso e all’entroterra. La difficoltà di cimentarsi con il caso di una piccola isola è sicuramente superiore ad altre realtà in cui per entroterra si intende uno stato se non un continente. Ma la sfida di confrontarsi con una realtà come Lampedusa sembra trovare soluzione nel momento in cui si assume una prospettiva di analisi multi-scalare e pluri-attoriale e di azioni capaci di aprire scenari di più ampio respiro nello spazio e nel tempo. Progettazione olistica del centro urbano 205
progettazione localizzata degli ambiti
207
“ ci sono già troppe cose superflue al mondo, non è il caso di aggiungere altro disordine al disordine”
Federico Fellini l’ intellettuale in “Otto e mezzo” scena finale
strumenti di progetto: le schede d’ambito
Il cammino verso l’esplorazione della singolarità dell’isola di Lampedusa è iniziato con l’indagine territoriale per un approfondimento del contesto generale, sino a giungere a sviscerare le componenti del centro urbano ed a precisarle con la redazione di linee guida strategiche di indirizzo. Si è scelto di procedere alla redazione di una scheda d’ambito per ogni area tematica d’indagine, emersa dal sistema strategico generale. L’ambizione della scheda progettuale è quella di incontrare gli interessi della pubblica amministrazione scegliendo un linguaggio proprio della pianificazione comunale, con l’intento di fornire indicazioni e linee guida a cui i portatori di interessi
pubblici o privati si possano riferire per una progettazione virtuosa che rifletta l’eccezionalità dell’isola. Una gamma di operazioni proposte che coniughino le esigenze dello sviluppo alle ragioni del territorio. Ogni scheda intende divenire base per l’eventuale futura costruzione dello strumento urbanistico. La scelta delle aree, come precedentemente spiegato, è stata effettuata in relazione alla presa di coscienza del fatto che su di esse risulta evidente la mancanza di un disegno complessivo ed una struttura urbanistica. Risultano quindi ambiti territoriali con priorità di intervento, sia per la valenza individuale ed il peso nel contesto urbano, che per l’interrelazione mutua che intercorre tra di essi. Questi ambiti rappresentano i punti cardine da cui si genera la riqualificazione di tutto il centro abitato e di conseguenza dell’intera isola, un volano di progettazione virtuosa che possa contaminare tutti i processi progettuali promossi dalle istituzioni pubbliche o dalle iniziative private. Con questo progetto si ambisce a creare il presupposto per uno sviluppo duraturo dell’ isola proponendo cinque ambiti tematici che nel loro insieme servano da esempio per la salvaguardia e lo sviluppo dell’intero territorio. Progettazione localizzata degli ambiti 209
“l’eco quartiere turistico” “la punta della memoria” “il vallone in attività” “l’asse della cultura” “il porto riaffiorato”
scheda1 Il sito della Guitgia si presenta in stato di dispersione e disordine urbanistico, effetto di un rapido sviluppo avvenuto negli anni ‘70 con l’avvento del turismo di massa. L’area è affetta da forte congestione di traffico e di flussi diversificati di turisti e residenti, senza un rigore logico, che ha danneggiato l’immagine e la percezione del promontorio di Punta Guitgia. Il processo di edificazione continua e disomogenea è tutt’ora in forte espansione e costituisce una seria minaccia ambientale. L’approccio progettuale su quest’area tende all’obiettivo dell’inversione della tendenza dispersiva in uno scenario di medio-lungo termine, attraverso la creazione di un sistema circoscritto all’interno di arterie di traffico prevalenti nel quale sperimentare l’idea di un quartiere turistico che persegua gli obiettivi di sostenibilità in maniera efficiente e fedele. L’intenzione è quella di una pianificazione in chiave ambientale di un’area destinata ad attività turistico-ricettive, secondo gli standard delle
“Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate” così come definiti dalla D.G.R n157 del 7/2/2005. L’acquisizione della qualifica di “Area Turistica Ecologicamente Attrezzata” prevede la definizione di accordi di gestione comunali e sovracomunali per la gestione unitaria dell’ambito con la possibilità successiva di accedere ad incentivi e semplificazioni in via prioritaria. L’area individuata comprende zone di espansione turistica con una superficie complessiva di 155.401 mq.
Si aspira all’idea del quartiere turistico a vocazione ecologica come progetto pilota che prefiguri la configurazione di una piattaforma logistica per il turismo certificabile ed all’avanguardia con caratteristiche di riconoscibilità ed esportabilità ad altri sistemi ricettivi in contesti simili all’isola. Il riassetto urbanistico e funzionale dell’area avverrà in linea con prescrizioni riguardanti l’articolazione funzionale del distretto, la riattivazione dei vuoti e la decongestione della mobilità. La strategia di riassetto integrato dell’area, basilare nello sviluppo e nell’articolazione della proposta di eco quartiere, trova un supporto straordinario nel tracciato stradale che attraversa l’area, che reso fruibile al pedone diventa percorso di lettura ed interpretazione del quartiere. La strada pedonale è parte integrante ed essenziale della nuova struttura proposta, non solo tramite per giungere ai nuclei di interesse ma parte fondante della costituzione della nuova attrezzatura turistica e il suo obiettivo di far convivere in armonia pedoni, biciclette e automobili, parte da questo principio. Si tende quindi al ripristino di un equilibrio tra le pressioni insediative e la capacità di carico della fascia litoranea sia in termini ecologici che urbanistico infrastrutturali.
Progettazione localizzata degli ambiti 211
azioni puntuali ipotesi di demolizione progetto percorsi in pietra locale riattivazione piazze trattamento verde pubblico creazione verde filtro potenziamento percorso carrabile
PLANIMETRIA DI PROGETTO Punta Maccaferri
1 | SCHEDA D’AMBITO L’eco quartiere turistico sito La punta della Guitgia interventi di Riqualificazione di quartiere promotori Comune di Lampedusa; proprietari di strutture ricettive area tot 155.401 mq
caratteristiche Sito in allarmante stato di dispersione e congestione. l’area ha risentito fortemente dello sviluppo del turismo di massa degli anni 70, adeguandosi in tempi rapidi a tale tendenza, edificando alberghi e altre strutture ricettive prive di alcuna pianificazione o qualità. Il traffico concorre a sovracaricare la zona fino alla spiaggia. Il processo di edificazione continua e disomogenea è tutt’ora in forte espansione e costituisce una seria minaccia ambientale.
obiettivo Arrestare la tendenza sopra decritta non è sufficiente, si deve anche invertire il processo. in uno scenario di medio-lungo termine si ambisce alla creazione di un sistema autonomo, una sorta di cittadella verde e circoscritta all’interno della città più confusa, che si autosostenga e diventi piccolo polmone dell’isola urbanizzata.
strategia per un primo livello, si riorganizza la viabilità su base stagionale. quindi si ripensano gli edifici in vista di un potenziamento funzionale e tecnologico-energetico.
azioni e linee guida RIATTIVAZIONE DEI VUOTI
ARTICOLAZIONE FUNZIONALE distribuzione d’uso
(a)
h max 2 piani
_spostamento degli usi turistici e dei servizi pubblici sul fronte strada/spiaggia e concentrazione degli usi residenziali e privati verso l’interno.
(b)
2.900 mq
_ rimboschimento di aree di verde incolto con vegetazione che funga da filtro con l’abitato.
(e)
carrabile
(f)
675 m
_potenziamento della strada carrabile interna a partire dal primo tratto di via Madonna: segnaletica e illuminazone.
(d)
verde filtro
_ divieto di nuove costruzioni _ divieto di attività produttive _ previsione di adeguamento edifici esistenti a norme eco-sostenibili
(c)
pedonale
_creazione di spazi verdi attrezzati in aree residuali.
_ residenziale prime seconde case _ commerciale piccole attività _ ricettivo alberghi, residence, case vacanza, ristoranti
_ipotesi di demolizione dei silos di via Punta Favolaro e riposizionamento.
_trasformazione di aree vuote all’interno in parcheggi pubblici.
verde pubblico
usi ammissibili
demolizione
creazione di parcheggi
DECONGESTIONE MOBILITA’
41.400 mq
(g)
_pedonalizzazione stagionale del tratto di lungomare di via Lido Azzurro. _riapertura del percorso pedonale da Porto Nuovo a Piazza Medusa e riqualificazione funzionale.
potenziamento dei nodi
(h)
270 m
15 m
_rafforzamento dei punti di ingresso nel quartiere con cartellonistica e illuminazione.
2 unità
Progettazione localizzata degli ambiti 213
PROGETTO DI CREAZIONE DELL’ECO QUARTIERE PILOTA
STATO DI FATTO congestione e sviluppo incoerente
organizzare servizi e infrastrutture accessibili
gestire al meglio l’impatto ambientale
OBIETTIVO acquisizione qualifica A.T.E.A. Progettazione localizzata degli ambiti 215
“l’eco quartiere turistico”
“la punta della memoria” “il vallone in attività” “l’asse della cultura” “il porto riaffiorato”
scheda2 rifugio per i migranti del Nord Africa. È questo il periodo L’altra punta di Lampedusa, Punta Maccaferri è l’ultimo lembo di terra risparmiato dall’abusivismo edilizio ma in allarmante stato di abbandono. L’area è dominata dall’incombente presenza del depuratore posto nel punto più alto e centrale della punta. Vi si riscontra inoltre la compresenza di tracce militari, nelle strutture dei bunker e memorie del fenomeno migratorio sottoforma di monumenti danneggiati dall’incuria. Su questo promontorio roccioso, apparentemente inerte ma concretamente pulsante di storia e di eventi, si sono succeduti processi di straordinaria forza e immediatezza, un’energia capace di riaccendere il territorio. Il ruolo della punta è connesso alla storia dell’isola in maniera indissolubile. Sebbene si siano verificati processi di enorme impatto e di estrema rottura e processi minimi e impercettibili da cui son derivate trasformazioni sensibili e silenziose in tutta l’isola, la zona di punta Maccaferri è da sempre stata il punto fermo, l’antenna sul Mediterraneo. Dal ruolo di sentinella per la presenza di un faro che guidava le rotte dei mercanti e dei transiti nel Mediterraneo del XIX secolo, agli eventi di rottura del XX secolo. Nel 1943 la seconda guerra mondiale irrompe sull’isola causando una militarizzazione estesa; in particolare la posizione di apertura verso il mare della punta, viene giudicata ideale per l’installazione di fortificazioni di difesa trasformandola in avamposto del Mediterraneo. Il 2011 è l’altro anno di frattura della carica simbolica della punta, trasformatasi da riferimento per i naviganti a
di massima concentrazione ed emergenza, l’isola è invasa dalla presenza dei rifugiati arrivati via mare in cerca di speranza, i quali trovano riparo all’ombra dei fortini di guerra, in una posizione che forse permette loro di osservare il mare in attesa della conoscenza della nuova vita che li attende. Da questi drammatici eventi del passato si ricava la forza per monumentalizzare l’area, imprimendone il ricordo per sempre e creando un forte segno identitario per l’isola, riportando la punta al ruolo caratterizzante che le apparteneva. La proposta progettuale si declina in due interventi. La prima azione copre il suolo di Punta Maccaferri nella sua interezza e intende rintracciare i fili tesi ed invisibili tra storia militare e ricordo di tragedie legate alle migrazioni con la volontà di offrire voce alla porzione di terra e restituire un sistema di tracciati che offrano uno sguardo rinnovato al contesto della punta e vadano a formare un luogo di incontro e scambio con la storia. La seconda azione possiede la duplice caratteristica di maschera funzionale e monumentale. Il pretesto è la schermatura del depuratore, attraverso la creazione di una cortina muraria che porti impresso il ricordo e la testimonianza delle recenti tragedie in mare, ciò attraverso il riutilizzo dei fasciami delle barche giunte fino alle coste dell’isola, dai colori noti e riconoscibili anche solo ad un primo sguardo. Il coinvolgimento della popolazione nella realizzazione dell’opera simbolica intende dimostrare la possibilità di inclusione locale in attività legate alla terra in cui si vive e di cui si è responsabili. Progettazione localizzata degli ambiti 217
Punta Maccaferri
antenna sul Mediterraneo
MEMORIA STORICA
la valorizzazione del patrimonio bellico alla scoperta del ruolo dell’isola nel conflitto mondiale come vedetta sul Mediterraneo.
XIX sec.
1943
sentinella
avamposto
fino al 1900 sulla punta si ergeva solo un faro per guidare le rotte dei mercanti e dei transiti nel Mediterraneo. era porto sicuro di approdo e salvezza.
allo scoppiare del secondo conflitto mondiale la zona viene faticosamente coperta di fortificazioni per difendersi dagli alleati invano, il 12 giugno “la presa di Lampedusa� porta devastazione, bombardamenti, prigionia e esportazioni in Nord Africa.
2011
ricovero l’anno del massimo degli arrivi clandestini dal Nord Africa, l’isola è satura e i migranti sono accampati sull’altura tra rifiuti, rottami e capanne costruite di scarti e oggetti di fortuna. situazione limite di emergenza.
oggi riferimento dai drammatici eventi passati si ricava la forza per monumentalizzare l’area, imprimendone il ricordo per sempre e creando un forte segno identitario per l’isola, riportando la punta al ruolo caratterizzante che le appartieneva.
MEMORIA RECENTE
il recupero dei materiali dalle barche dei migranti per creare una schermatura che diventi testimonianza delle recenti tragedie in mare. Progettazione localizzata degli ambiti 219
PLANIMETRIA DI PROGETTO Punta Maccaferri
azioni puntuali progetto percorsi in pietra locale
2 | SCHEDA D’AMBITO La punta della memoria sito Punta Maccaferri interventi di Restauro e manutenzione del patrimonio storico-culturale promotori Comune di Lampedusa; sovrintendenza Beni Archeologici e Culturali di AG
area tot 26.637 mq
caratteristiche sito in allarmante stato di abbandono. L’area è dominata dall’incombente presenza del depuratore posto nel punto più alto e centrale della punta. Tutt’attorno restano porzioni e frammenti di ex-fortini e bunker risalenti alla seconda guerra mondiale, lasciati a cielo aperto e divenuti negli ultimi anni vere e proprie discariche. Nel punto più a Sud, il monumento recentemente installato, verte in stato di danneggiamento. Il territorio tutt’ora quasi totalmente incontaminato, è sottovalutato e escluso dal sistema urbano.
obiettivo creazione di un sistema naturalistico e paesistico
RESTAURO DEI FORTINI
ORGANIZZAZIONE MOBILITA’
azioni e linee guida SCHERMATURA DEL DEPURATORE creazione di diaframma
(a)
_creazione di una struttura leggera verticale lungo parte del perimetro dell’impianto di depurazione di sostituzione alla rete metallica esistente. _organizzazione di laboratori partecipati di autocostruzione.
260 m
restauro dei fortini
(b)
_rimozione dei rifiuti e bonifica superficiale dell’area. _catalogazione delle diverse tipologie presenti. _recupero strutturale e messa in ripristino dei beni.
avamposto della memoria
(c)
_creazione di piccolo punto informativo e espositivo nell’edificio dismesso sopra la stazione marittima.
6 unità 626 mq
1 unità 78 mq
di qualità, in cui il filo conduttore sia il tema della memoria, sia essa relativa agli anni della guerra o più recentemente al fenomeno delle migrazioni nel Mediterraneo.
strategia caratterizzazione di un punto di riferimento locale. distinzione tra area a servizio produttivo e il territorio. accentramento dell’attività produttiva nell’area di pertinenza con netta demarcazione del percorso per mezzi di servizio e creazione di una leggera schermatura dell’impianto industriale verso il mare. recupero strutturale dei fortini, rimozione dei rifiuti anche altamente pericolosi dall’area e creazione di una rete di percorsi a raso tra un punto d’interesse e l’altro, rivolti al mare aperto.
tracce dal passato
(d)
1713 m
_riqualificazione dei percorsi invisibili e crezione di nuove connessioni: utilizzo della pietra locale, inserimento di sistema di illuminazione puntuale a raso e cartellonistica informativa.
strada di servizio
(e)
92 m
_concentrazione della viabilità di servizio al depuratore sulla strada di accesso sul retro dello stesso.
piano di gestione _ipotesi per il Comune e la Sovrintendenza di stesura di un piano di gestione del patrimonio recuperato, con gestione delle attività di vigilanza e manutenzione continua. Progettazione localizzata degli ambiti 221
PROGETTO DELLA RETE DEI FORTINI “Le rovine, in quanto hanno la forma di un ricordo, permettono di sfuggire a una delusione: esse non sono il ricordo di nessuno, ma si presentano a chi le percorre come un passato che egli avrebbe perduto di vista, dimenticato, e che tuttavia gli direbbe ancora qualcosa. Un passato al quale egli sopravvive.”
M. Augè Rovine e macerie, il senso del tempo
Progettazione localizzata degli ambiti 223
prospetto schermatura
PROGETTO DI SCHERMATURA DEL DEPURATORE
Progettazione localizzata degli ambiti 225
“l’eco quartiere turistico” “la punta della memoria”
“il vallone in attività” “l’asse della cultura” “il porto riaffiorato”
scheda3 L’elemento naturale del vallone a Lampedusa è da sempre considerato luogo selvaggio ed incontaminato dalla morfologia inadatta all’insediamento, come dimostra il progressivo stato di degrado del costruito nell’area. Si tende a dimenticare il valore in quanto risorsa di questo elemento del territorio. L’area rappresenta l’unico punto di tangenza tra il territorio naturale dell’isola e il centro urbano. L’insenatura ancora resiste all’edificazione in continua espansione sui due pendii che la delimitano, ma non viene utilizzata nè come spazio pubblico, nè per fini peasaggistici o agricoli. Inoltre numerosi sono gli edifici lungo il contorno di rilevante importanza che non sono mai stati completati (la piscina), restaurati (i servizi del campo sportivo) o valorizzati (gli antichi casoni). Allo stato attuale tutta l’area di arrivo del vallone al porto è “quantità di spazio a disposizione”, il rischio è che possa venire saturata rapidamente senza nessuna regola o strategia. A partire dalla conformazione naturale dell’elemento vallone, utilizzato nella storia come luogo di sosta per i viaggiatori del Mediterraneo, tendente ad abbracciare ed includere, si può giungere ad una sua reinvenzione. La proposta riguarda la creazione di un vallone tematico, in grado di ospitare servizi per la comunità e per i visitatori, come un incubatore di servizi e risorse per la coesione. Si deve creare un luogo facilmente riconoscibile nel confuso tessuto urbano, dove accessibilità
e permeabilità consentano il riconoscimento di uno spazio di aggregazione al momento mancante in città. Filo conduttore e fulcro dell’intervento sarà la conversione del terreno vallivo in parco urbano nella parte centrale che collega i servizi mentre fungerà da filtro verde nella zona adiacente alla strada e da orto urbano collettivo nell’insenatura più a Nord Ovest. A partire dall’attivazione del parco si può poi procedere con il recupero degli edifici; si vuole attivare un sistema polifunzionale così da garantirne fruibilità per i differenti tipi di utenze, alle diverse ore del giorno e con continuità stagionale. Gli edifici recuperati andranno a formare tre nodi di aggregazione di attività ricreative rivolte ai residenti ed ai turisti. Legati allo sport ed al movimento i poli diverranno contenitori di attività diversificate che acquisiranno forza grazie alla localizzazione ravvicinata ed alla presenza del parco di connessione fisica tra le stesse.
Progettazione localizzata degli ambiti 227
azioni puntuali ipotesi di demolizioni progetto percorsi in pietra locale localizzazione poli limitazione intervento permeabilitĂ del parco
PLANIMETRIA DI PROGETTO Vallone Imbriacola
3 | SCHEDA D’AMBITO Il vallone in attività sito Il Vallone Imbriacola lavori di Riqualificazione di quartiere promotori Comune di Lampedusa; Regione Sicilia area tot 165.798 mq
caratteristiche l’area rappresenta l’unico punto di tangenza tra il territorio naturale dell’isola e il centro urbano. L’insenatura ancora resiste all’edificazione in continua espansione sui due pendii che la delimitano, ma non viene utilizzata nè come spazio pubblico, nè per fini paesaggistici o agricoli. Inoltre numerosi sono gli edifici lungo il contorno di rilevante importanza che non sono mai stati completati (la piscina), restaurati (i servizi del campo sportivo) o valorizzati (gli antichi casoni).
obiettivo rendere il vallone spazio verde pubblico e
CREAZIONE POLI RICREATIVI
ORGANIZZAZIONE MOBILITA’
azioni e linee guida CREAZIONE DI PARCO URBANO verde filtro
(a)
27.328 mq
_creazione fascia verde di divisione dall’arteria carrabile ad alta percorrenza.
parco pubblico
(b)
40.407 mq
_riqualificazione della fascia centrale attrezzata per l’utilizzo nel tempo libero.
orti urbani
(c)
_riutilizzo degli orti presenti per uso collettivo dei residenti.
_ipotesi di ricollocamento in aree limitrofe degli edifici ad uso residenziale attualmente nell’area.
26.405 mq
polo marittimo
(d)
6.748 mq
_accentramento dei servizi diffusi sull’isola legati alle attività in mare (immersioni subacquee, scuola di vela, fotografia subacquea...) _suddivisione degli antichi casoni in spazi per la didattica funzionali alle attività marittime e spazio per il “museo del mare”.
campetto polivalente
(e)
fulcro di attività ricreative-culturali diffuse sui margini. Si deve creare un luogo facilmente riconoscibile nel confuso tessuto urbano, dove accessibilità e permeabilità consentano il riconoscimento di uno spazio di aggregazione al momento mancante in città.
strategia partendo dalla riattivazione del parco e dalla suddivisione dello stesso in tre fasce differenti ma complemetari, si può procedere al ripristino degli edifici. Si vuole attivare un sistema polifunzionale così da garantirne fruibilità ad ogni utenza.
pedonale
(g)
_creazione di sentriero di congiunzione tra i poli attraverso il parco.
379 m
decongestione dei nodi
633 m
_inserimento di filtro alberato tra il lungo porto e via Cameroni. _inserimento di vincolo z.t.l.
11.302 mq
_ripristino dei servizi di pertinenza del campo da calcio. _creazione di tribune. _potenziamento del filtro con la strada carrabile.
centro sportivo
(f)
9.840 mq
_risanamento strutturale dell’impianto della piscina. _creazione di campi da gioco (tennis, basket e beach volley) Progettazione localizzata degli ambiti 229
CAMPETTO POLIVALENTE
Ripristino spogliatoi di pertinenza e tribune per partite di calcio
Utilizzo dell’ampio spazio per concerti
Sfruttamento del campetto per fiere ed eventi della cittĂ
rifunzionalizzazione dello spazio del campetto ad uso ricreativo e di intrattenimento
Nuove funzioni per il campetto Progettazione localizzata degli ambiti 231
conversione dei casoni in spazi per la formazione e museo del mare
POLO MARITTIMO
Distribuzione funzionale del polo marittimo
casoni: suddivisione funzionale in spazi per la didattica, funzionali alle attività marittime e “museo del mare”.
diving e ristorante: accentramento dei servizi diffusi sull’isola legati alle attività in mare
Progettazione localizzata degli ambiti 233
CENTRO SPORTIVO
conversione dell’ex-piscina in campo sportivo
Distribuzione funzionale del centro sportivo
ex piscina: suddivisione funzionale in spazi coperti per lo sport con i servizi connessi e creazione di campi da gioco esterni. Progettazione localizzata degli ambiti 235
IL PUNTO DI TANGENZA relazioni oltre il parco verso il mare e la cittĂ
Progettazione localizzata degli ambiti 237
“l’eco quartiere turistico” “la punta della memoria” “il vallone in attività”
“l’asse della cultura” “il porto riaffiorato”
scheda4 La scheda indaga ed approfondisce la spina dorsale del tessuto storico dell’isola, Via Roma e la sua naturale continuazione Via Grecale. Attualmente soggetto ad una rigida monodirezionalità, l’asse è testimone di una frammentarietà degli usi del tessuto che attraversa, frutto di mancata pianificazione e rinnovamento di una maglia edificatoria priva di qualità e valore. L’uso promiscuo degli spazi evidenzia l’incapacità di fare delle funzioni che accoglie un unico sistema. Gli edifici recenti abbandonati sono in via di degrado, in una tendenza che preferisce spostare le funzioni di luogo in luogo piuttosto che ristrutturare gli spazi di competenza. Gli spazi interclusi sono dimenticati e privati della propria funzione collettiva di aggregazione. Il proposito progettuale vede la riorganizzazione distributiva dei servizi principali con l’accorpamento di alcune delle funzioni disseminate lungo l’asse, allo scopo di racchiudere in differenti “poli” monofunzionali i servizi attrattori e catalizzatori di utenze di simile portata. Il sistema dell’asse e gli spazi aperti diviene la struttura portante delle trasformazioni all’interno dell’area, la base delle nuove relazioni che si costruiscono e integrano con la città esistente, con le strutture dei pieni e dei vuoti. Il recupero degli edifici focali ricucendoli al tessuto circostante e includendoli in una rete olistica sarà il primo di
una serie di interventi consequenziali atti alla riattivazione totale del tessuto. I poli ricreativi creati vengono descritti a partire dalla testa di via Roma, con l’avvio di un distretto museale all’interno del quale il museo viene restaurato e attivato. Per rafforzare lo stesso si recupera tutto lo spazio aperto e si localizzano nei due edifici dinanzi al castello l’archivio storico dell’isola e il centro di attività per il pubblico alla scoperta del patrimonio dell’entroterra. Percorrendo l’asse verso Nord Est si interseca il polo scolastico, per il quale si è previsto l’accentramento di tutti i cicli scolastici, la scuola media deve essere ristrutturata e resa agibile e si prevede lo spostamento delle classi del liceo in uno dei blocchi adiacenti. Lo spazio tra gli edifici diventa di pertinenza esclusiva delle scuole, sul modello del campus accentrato. Al termine di Via Roma il percorso si innesta in Via Grecale, la quale segue il cammino precedentemente tracciato includendo nel proprio percorso il polo formativo. Lo stabile del liceo diventa centro di formazione professionale e culturale attraverso un’avvicendarsi di fasi, si intraprende la riconversione con il ripristino dell’involucro esterno e revisione delle strutture portanti ed completamento del piano di riconversione energetica già previsto e mai completato. Successivamente seguirà lo spostamento delle funzioni legate alla formazione professionale ed artistica nel volume e la costituzione di spazi espositivi e culturali con possibilità di apertura al pubblico. La fase finale vede l’ampliamento dello spazio verde con la riqualificazione di quello esistente e l’addizione degli spazi residuali per l’integrazione di attività all’aperto. Progettazione localizzata degli ambiti 239
i percorsi panoramici e gli assi principali l’intervento sui percorsi è in quest’area prioritario e necessario all’attivazione del centro come luogo di aggregazione e di attività. Decongestione e semplificazione della viabilità e il collegamento dei punti di testa di via Roma con il territorio.
PLANIMETRIA DI PROGETTO Asse Via Roma e Via Grecale
azioni puntuali progetto percorsi in pietra locale riattivazione piazze localizzazione poli
limitazione intervento messa a sistema di piazze permeabilità isolato di testata
4 | SCHEDA D’AMBITO L’asse della cultura sito Asse di via Roma e via Grecale interventi di Recupero funzionale del centro urbano promotori Comune di Lampedusa; sovrintendenza Beni Archeologici e Culturali di AG; Provincia di AG
area tot 234.560 mq
caratteristiche Sito frammentato nel suo uso promiscuo, incapace di fare delle funzioni che accoglie un unico sistema. Gli edifici recenti abbandonati sono in via di degrado, in una tendenza che preferisce spostare le funzioni di luogo in luogo piutosto che ristrutturare gli spazi di competenza. Anche gli spazi aperti sono dimenticati e privati della propria funzione collettiva di aggregazione.
strategia accentramento delle attività in tre distretti (museale, formativo e di ricerca). Il recupero delle piazze e dei vuoti urbani deve essere inteso come creazione di spazi sinergici complementari alla caratterizzazione dei poli.
azioni e linee guida CREAZIONE DI TRE POLI polo museale
RIATTIVAZIONE DEI VUOTI
(a)
_restauro dell’ex - castello e ripristino della funzione di Museo Archeologico delle Isole Pelagie già previsto ma mai attivato. _riconversione degli edifici sul lato opposto della piazza in Archivio Storico e punto informativo per le attività diffuse sul territorio.
polo scolastico
(b)
_accentramento di ogni scuola nel distretto di via Vienna. _ristrutturazione ediliza per gli edifici inagibili e riconversione degli edifici ediacenti.
totale 4.437 mq edificato 686 mq spazi aperti 2.745mq
area archeologica (d)
totale 7.402 mq edificato 2.781 mq spazi aperti 4.621 mq
2.428 mq
(e)
_inserimento di aree di sosta gratuite in prossimità di via Roma. _liberando i fronti stradali commerciali.
piazze
ORGANIZZAZIONE MOBILITA’
percorsi panoramici
(g)
612 m
_riapertura dei percorsi storici che dal castello scendono ai porti (via Sbarcatoio e verso via delle Grotte).
_riscoperta, ripulitura e riconnessione agli assi principali.
parcheggi
(c) totale 35.837 mq _riutilizzo dell’edificio del liceo come centro edificato 3.037 mq polifunzionale onnicomprensivo per corsi di spazi aperti 32.800 mq polo formativo
obiettivo riorganizzazione dei servizi principali in poli attrattivi e formativi monofunzionali recuperando gli edifici focali ricucendoli al tessuto attorno e includendoli in una rete olistica. Con interventi puntuali di ripristino di edifici specifici e dei vuoti si può restituire all’asse di via Roma il ruolo di spina dorsale portante dell’intero centro abitato.
4.225 mq
7.300 mq (f)
_valorizzazione della quantità di aree vuote localizzate lungo l’asse con semplici interventi di ripristino e gestione continua.
decongestione assi
(h)
525 m
_parziale pedonalizzazione(stagione estiva in orario serale) della parte superiore di via Roma e del suo asse trasversale via Vittorio Emanuele. _ipotesi di demolizione edifici di testata di via Roma.
ricucitura al territorio
(i)
_riqualificazione di via Grecale con piantumazione e illuminazione.
705 m
formazione tecnico-professionale e culturale. _creazione di centro di ricerca nella sede del centro sociale di via Grecale in funzione del corpo centrale.
Progettazione localizzata degli ambiti 241
PROGETTO DEI POLI polo formativo
creazione del centro di sperimentazione
creazione del centro di formazione professionale
polo scolastico
accentramento di tutti i livelli scolastici
polo museale
realizzazione di un distretto archeologico e documentaristico
Progettazione localizzata degli ambiti 243
riqualificazione area archeologica
apertura percorso su porto nuovo
Progettazione localizzata degli ambiti 245
percorso pedonale dal porto al castello
Progettazione localizzata degli ambiti 247
“l’eco quartiere turistico” “la punta della memoria” “il vallone in attività” “l’asse della cultura”
“il porto riaffiorato”
scheda5 Le nuove sfide competitive del mercato globalizzato da un lato rendono pressante l’esigenza di modernizzazione dei porti, dall’altro tendono a comprimere le esigenze urbane e acuire il conflitto tra tessuto insediativo e area portuale. Conflitto la cui soluzione viene generalmente alle politiche di riqualificazione del waterfront: se nelle grandi realtà portuali ingenti operazioni di rigenerazione urbana permettono di risolvere il rapporto città/ porto attraverso nuove identità e rappresentazioni, risulta difficile, per i porti minori, attivare processi di tale portata per entrare nel sistema della competitività globale. Soprattutto in realtà non continentali, come quelle dei porti delle isole. La morfologia del porto vecchio dell’isola di Lampedusa incarna l’allegoria dell’accoglienza per la sua posizione celata tra le due punte sopraelevate a formare delle ali che accompagnano l’arrivo della navi nell’insenatura. Attualmente il panorama che si presenta al visitatore appena giunto è di profonda desolazione, l’area è caratterizzata da disordine funzionale ed organizzativo in cui attività produttive e commerciali si fondono con servizi turistici oltretutto di scarsa qualità. Il fronte del lungo porto ospita l’ossatura delle antiche industrie conserviere, memoria del benessere passato lasciate a decadere in maniera costante come ogni altra risorsa potenziale dell’isola. La loro presenza è forte segno caratterizzante, ma allo stato attuale rischiano di fungere solo da sbarramen-
to per il rapporto del lungo porto con la città e viceversa con il mare. Nascosti dietro al fronte, si trovano una serie di orti ancora semi-attivi, ultimi lembi di terra produttiva non ancora desertificati dal clima ed abbandonati ad incuria. Il progetto destinato al porto vecchio si compone di una serie di riattivazioni cadenzate nel tempo, guidate dalla partecipazione attiva di portatori di interessi locali ed esterni, che portino alla rivitalizzazione della zona verso il lustro ed importanza economica di un tempo. Inizialmente si propone di intervenire con un riordino dell’accoglienza e della fruizione degli spazi di banchina, tramite l’implementazione della stazione marittima e la creazione di un percorso delineato da uno spazio ibrido, ambiguo, costruito di fluidità che è possibile incidere, tracciare con piccoli segni, altezze e materiali, occupare con la definizione di bordi, da usare come risorsa. Successivamente si propone il recupero degli edifici produttivi non più come manufatti singoli e circoscritti solo al loro interno, ma come parte di un sistema complesso di cui sono parte gli orti retrostanti. La prima riattivazione coinvolgerà l’edificio Famularo riconvertito nelle funzioni a sfruttamento delle risorse gastronomiche del territorio e comprensivo di spazi di apertura al pubblico tramite punti di ristorazione e vendita; il complesso fungerà da filtro tra il mare e gli orti dell’interno, sia in maniera fisica e visiva che come tramite e punto di confluenza dei prodotti provenienti dalle due aree. I seguito all’attivazione dello stabile Famularo si procederà al restauro strutturale del secondo stabile Progettazione localizzata degli ambiti 249
produttivo, il quale versa in stato di degrado maggiore, al cui interno intervenire con l’inserimento di funzioni legate al precedente edificio e complementari al riassetto produttivo-turistico del porto. Tale edificio sarà privilegiato dalla presenza del giardino retrostante, riqualificato e recuperato come luogo di riconnessione verde al centro della città. Si mira con queste fasi procedurali scandite nel tempo, ad una riattivazione lenta ma radicata che possa portare alla riscoperta di un’eccellenza produttiva nella zona portuale e al conseguente afflusso di capitali esterni, grazie ai quali sarà possibile mantenere e gestire gli spazi coinvolgendo i portatori di interessi locali e gli investitori esterni. L’intervento tenta di orientare il presente con interventi sottili ed invisibili di riprogrammazione che guardano al futuro dell’isola ed alle generazioni che ne formeranno parte. Il progetto deve essere capace di sviluppare nel tempo una lenta narrazione che si espanda nel territorio attraverso nuovi scenari di sviluppo. il porto vecchio, panoramica su cala palme
Progettazione localizzata degli ambiti 251
5 | SCHEDA D’AMBITO Il porto riaffiorato sito Il Porto Vecchio interventi di Riqualificazione di quartiere promotori Comune di Lampedusa; Regione Sicilia area tot 129.453 mq caratteristiche il sito, oltremodo interessante per la
obiettivo ri-attivare l’intero sistema portuale sul piano della
strategia si propone un intervento per fasi consequenziali
posizione e il ruolo storico di scambio, verte in uno stato di marginalità rispetto alle attività del centro. Edifici antichi di lavorazione del pesce in stato di decadenza, edifici moderni, bandiera di abusivismo, sulla necropoli sotterrata, abbandono dell’area e inutiliuzzo del lungo mare sono solo alcuni degli aspetti che stanno portando al declino l’area.
produttività e nel settore ricettivo, per ri-attivare di conseguentemente il centro città. Il porto vecchio deve divenire il cuore pulsante dell’isola, magnete di attività e movimenti, e allo stesso tempo essenziale punto di tangenza tra il sitema isola e i paesi mediterranei.
e interdipendenti. Inizialmente la creazione di un lungoporto pedonale, il potenziamento della Stazione Marittima e la riqualificazione del sistema viario; quindi si procede con la riattivazione economica dell’edificio dismesso dell’azienda Favolaro creando una relazione tra mare e orti retrostanti, quindi potendo procedere al recupero dell’edificio analogo adiacente, ancora in rapporto al verde retrostante.. Raggiunto un livello ottimale di produzione e fruizione, si auspica il progetto diventi catalizzatore di attenzioni e investimenti per l’intera isola.
azioni e linee guida RIATTIVAZIONE DEGLI EDIFICI stazione marittima
RIUSO DEL VERDE RESIDUALE
(a) 1.073 mq
_riqualificazione dello stato di fatto. _suddivisione della banchina antistante in parte commerciale e parte turistica.
ex stazione aeroportuale
(b)
1.063 mq
_ripensamento dell’edificio per attività di intrattenmento per giovani residenti e turisti.
stabilimenti dismessi
(c)
4.837 mq
_riattivazione produttiva e trasformazione dell’ex stabilimento ittico Favolaro con inserimento di attività di ristorazione, di lavorazione dei prodotti agricoli e di vendita al dettaglio delle imprese alimentari locali. _recupero strutturale dello stabilimento dismesso sul lungomare Luigi Rizzo e adattamento a funzioni ricettive a gestione
verde agricolo
(e)
36.595mq
_utilizzo degli orti in funzione delle attività di ristorazione, destinati nella parte pianeggiante a colture e nella parte scoscesa a vigneti e olivi.
giardino urbano
(f)
17.364mq
(g)
4.087 mq
_bonifica e gestione raccolta rifiuti dalla spiaggia. _riqualificazione del sistema a verde.
3.062 mq
verde filtro
_risistemazione e piantumazione di vegetazione locale nella fascia scoscesa di separazione tra la banchina e la punta sovrastante inedificata.
_creazione di relazione tra il giardino , gli orti e la spiaggia antistante attraverso una zona filtro negli edifici.
(h)
(i)
593 m
_progetto di percorso pedonale nettamente separato dalla strada, composto di due livelli, quello interno a un metro dal livello stradale e quello interno a raso del mare.
_trasformazione del quadrante verde tra il porto e il centro in giardino pubblico cittadino.
cala palme
ORGANIZZAZIONE MOBILITA’
lungoporto
9.362 mq
percorso panoramico
(l)
_creazione di percorso lungo il limite aeroportuale. _ ripensamento dei relativi spazi di pertinenza e collegamenti con Punta Maccaferri.
percorsi dimenticati
(m)
_riapertura delle antiche “scalette” sopra l’antica necropoli. _riqualificazione del passaggio sul fronte opposto tra il livello del porto e il percorso panoramico.
535 m
73 m
_manutenzione e conservazione delle antiche strutture caratterizzanti esistenti (archi e vasche in pietra)
edifici diffusi
(d)
_recupero funzionale degli edifici che si affacciano sul lungomare. _valorizzazione degli elementi caratterizzanti (arcate in pietra, terrazzamenti).
1.872 mq
Progettazione localizzata degli ambiti 253
azioni puntuali ipotesi di demolizioni progetto percorsi in pietra locale riqualificazione verde pubblico riattivazione orti permeabilitĂ orto-porto relazione parco-porto
PLANIMETRIA DI PROGETTO Porto Vecchio
Progettazione localizzata degli ambiti 255
ORGANIZZAZIONE DELLA BANCHINA
FASE1
PROGETTO DEL LUNGOPORTO
FASE2
RIQUALIFICAZIONE STABILIMENTI PRODUTTIVI FASE1
RIATTIVAZIONE CAPACITA’ RICETTIVA
potenziamento del porto come sistema di dialogo, scambio, commercio e rapporti diretti attraverso flussi di entrata e uscita, riqualificando l’attracco delle navi e la Stazione Marittima.
FASE2
POTENZIAMENTO FRUIBILITA’
creazione di percorso pedonale a più livelli collegati così da schermare dal traffico la fascia lungo il mare e riconsegnare al porto la funzione di luogo di aggregazione da vivere e non più unicamente di traffico.
FASE2.1
RISANAMENTO STRUTTURALE
recupero degli edifici di trasformazione del pesce dismessi con interventi di ripristino strutturale e risanamento delle facciate. In entrambi gli edifici si crea una zona filtro di collegamento tra il sistema dei verdi e il mare.
FASE 3
RIATTIVAZIONE ECONOMICA
si vuole restituire al porto l’antica funzione produttiva, mettendo in relazione i manufatti originari con il sistema degli orti e creando dei piccoli poli a gestione locale che possano catalizzare interessi e finanziamenti da poter riattivare di rimbalzo l’intero porto e altri punti nell’isola. Progettazione localizzata degli ambiti 257
CICLO DI RIATTIVAZIONE DEL PORTO VECCHIO
Progettazione localizzata degli ambiti 259
il motore degli eventi
261
“il motore degli eventi è partito con l’impegno che tiene accesa la fortuna” Max Gazzè
attivazione del modello
Il progetto si può realizzare solo con la giustapposizione delle due scale, territoriale e locale. Solo controllando i due livelli e le loro interazioni, si permette all’isola di diventare realmente autonoma, inseguendo quell’autonomia e stabilità garantite dal proprio tessuto sociale e dal proprio sistema economico e relazionale. Si dichiara del tutto inefficente, talvolta anche controproducente, limitare l’intervento di riattivazione di un territorio pensando al riassetto urbanistico o architettonico dei luoghi e degli spazi. Non sarà regalando a una facciata nuova espressività che ricomincerà a pulsare la vita nello spazio da essa racchiusa. Non sarà inserendo la scultura di un artista di fama internazionale nel punto nodale del centro che lo stesso acquisirà valore e significato identitario. A luogo che viene riqualificato, deve poi essere ridate anima, forza vitale, efficienza e emozione. E il meccanismo può essere innescato solo dagli utenti, dai protagonisti del cambiamento, come da chi arriverà a far parte del gioco solo a partita conclusa; da chi vivrà il luogo nella quotidianità, a chi invece lo vivrà fisicamente per pochi istanti, ma poi porterà sempre con lui altrove. Il progetto prevede un quadro complessivo che pone sui piatti della bilancia sensibilizzazione della platea locale e nuovi utenti esterni. Si da sostegno alle potenzialità esistenti e si valorizza la cultura radicata locale, attraverso l’uso sapiente di voci e esperienze che arrivano da fuoricampo. Per questo non solo gli interventi sono spesso previsti dai cittadini per i cittadini, ma spesso si vuole coinvolgere negli eventi, come nelle fasi di progettazione, costruzione o gestione, figure qualificate che portano in isola le esperienze raccolte in Italia o nel mondo. Si vuole dare spazio a ricercatori professionali, insegnanti o tecnici, ma anche ad artisti o volontari che organizzino laboratori partecipati diffusi sull’isola. Si vuole promuovere coinvolgimento ad ogni livello, dalla sperimentazione o formazione professionale all’organizzazione di produzione di installazioni o progetti artistici, creativi e sociali. La possibilità di inserimento dell’isola in una rete di visibilità internazionale parte anche da interventi minori ma di qualità. 263
replicabilità del modello
Avendo dimostrato, nei tempi dovuti, che l’approccio e il modello proposti dalla tesi portano al compimento dell’obiettivo di autosostenibilità, si può dichiarare la ripetibilità del modello. Le realtà locali che si presentano come situazioni di fragilità, di incompiutezza o di incapacità di affrontare e stare al passo con le tendenze del mondo contemporaneo e dei processi accelerati che lo caratterizzano, sono certamente univocamente differenti l’una dall’altra. Ciononostante, in ogni situazione si possono riconoscere delle invarianti strutturate consolidate che assumono di caso in caso conformazioni differenti ma si riconducono alla stessa sostanza. Si può quindi riconoscere in ogni situazione quelle situazioni di contesto che si rendono leve di attivazione, come, ad esempio, la volontà di impegnare risorse economiche e la capacità di trovare le risorse finanziarie necessarie, la convergenza di obiettivi tra amministrazioni, la capacità di coinvolgere le diverse parti sociali nel processo di riqualificazione. Il progetto deve quindi evolversi con l’applicazione, tramite questi strumenti, delle invarianti della trasformazione che stanno alla base si ogni progetto di rigenerazione locale, tra le quali la realizzazione di spazi multifunzionali cui affidare il ruolo di “magneti urbani”, l’attenzione agli aspetti paesaggistici ed ambientali e soprattutto la ricerca di un’integrazione tra elementi puntuali, contesto urbano e contesto territoriale. Infine, ovviamente, ogni intervento deve essere misurato sulle peculiarità di ogni singola situazione, definendo dei progetti singolari che esaltino la realtà locale come patrimonio unico e irripetibile. L’astrazione dal caso studio di Lampedusa e l’universalizzazione del progetto si pone come ultimo gesto della tesi, nell’intenzione di concludere un lavoro ma aprire innumerevoli occasioni di trasformazione e sviluppo territoriale. La frammentazione dei singoli passaggi eseguiti, degli attori considerati, degli ambiti oggetto di intervento e degli strumenti funzionali al raggiungimento del risultato, devono essere letti come linee guida da poter sovrapporre ad altre realtà e adattate ai nuovi contesti. Gli espedienti astratti devono essere letti come gli ingranaggi e i propulsori di un motore complesso e olistico, definito rigenerazione urbana e territoriale. 265
ringraziamenti
267
Sta per concludersi questa avventura, che più che un lavoro di tesi, è stato un percorso. Ed è d'obbligo ringraziare innanzi tutto la professoressa Francesca Leder per averci formato e orientato, ma ancor prima per aver creduto nel nostro progetto. L'appoggio che ci ha sempre dimostrato e l'attenzione con cui ha seguito ogni singolo passo hanno reso possibile lo sviluppo della tesi ma anche la nostra crescita formativa. La stima reciproca e i momenti di confronto che ci hanno permesso di rendere concrete idee e riflessioni, sono sempre stati essenziali alla realizzazione del progetto. Si vuole inoltre ringraziare l'architetto Sergio Fortini per il contributo apportato e la passione dimostrata. Un doveroso ringraziamento va alla gente di Lampedusa, popolo duro e inscalfibile all’apparenza, ma dalla generosità e accoglienza tipica delle situazioni in cui è la comunità a far da padrone. Grazie per averci presentato l’isola attraverso i vostri occhi e le vostre esperienze più personali, e grazie per il materiale tecnico e di archivio e le testimonianze preziose fornite. Senza il vostro atteggiamento al nostro arrivo, non avremmo potuto capire questa porta d’Europa. Un ringraziamento speciale va, invece, ai nostri amici, colleghi di Università. Amici con cui abbiamo condiviso anni di esami e di vita vera, amici con cui ci siamo sempre confrontate e spalleggiate nei momenti più duri, ma divertite sicuramente sempre. Siamo arrivati insieme fino a qui, in una salita in cui in parte abbian corso da soli, in parte in squadra. Quindi grazie a tutti ragazzi, perché senza di voi di sicuro questi momenti avrebbero un fascino differente. E infine grazie a quegli amici che nell'ultima fase di lavoro si sono dimostrati pazienti a fronte dei nostri successi e tensioni, ma soprattutto grazie a chi ci ha dato del tempo in contribuiti che hanno concorso alla finitura del progetto. Non ultimi ringraziamo tutte quelle persone che non ci conoscono, ma che per apporti conoscitivi o dilettevoli, ci hanno dato nozioni, sostegno e un sorriso nelle giornate e nelle nottate di lavoro, trasformando ogni fatica in gioia e soddisfazione. 269
Non sono questi i ringraziamenti formali, piuttosto direi sono parole sincere. Con questa pagina si conclude un percorso significativo, una di quelle fasi in cui non saprei dire se nasce un periodo, o finisce. Certo è che fino a qui non ci sono arrivata da sola, e certo è che è stato bellissimo. Quindi è giusto che ora, tra una lacrima di circostanza e un sospiro che cela non poca soddisfazione, renda ampia riconoscenza non solo a chi mi ha sempre appoggiato, ma piuttosto a chi mi ha cresciuto e formato. A partire ovviamente dai miei genitori, perché come detto già troppo abusato, senza di voi tutto questo non sarebbe stato possibile, ma soprattutto perché siete la certezza più grande ogni scelta io faccia, da quando ho deciso di raggiungere certi obiettivi a quando, invece, ho rischiato troppo. Grazie per aver reso tutto questo possibile e per avermi insegnato ad affrontare questo mondo, con capacità critica di pensiero e curiosità. Un sentito e intimo ringraziamento a chi non c'è più ma credeva in me prima ancora di prendermi in braccio. E un grazie speciale alla mia solida moltitudine di nonni, zii e cugini, di sangue o acquisiti, lontani nella quotidianità ma sempre presenti. E poi arrivate voi, ovviamente, cari amici. Voi che avete sempre reso tutto più divertente, tra le risate più pazze, dai giochi di bambini e alle giornate in niente poi più grandi. E' stato bello avvicinarsi al mondo con voi, ridergli in faccia e cantare di gioia, litigare per nulla, perdersi in strade sterrate o in bevute sfuggite di mano. E' stato bello, ma lo sarà sempre di più. E grazie infine a chi mi ha guidato senza farmelo intendere, a chi mi ha coperto le spalle e a chi ha perso qualcosa per me, ma anche a chi mi diceva di no, mi ostacolava o non mi capiva, perché anche così ho potuto fare di meglio. Sentiti ringraziamenti a tutti coloro che mi hanno accompagnato fin qui e in che hanno sopportato in quest'ultima avventura ogni pressione, ambizione o atteggiamento sbagliato. E' stata dura, ma rimarrà una delle esperienze sicuramente più piene della mia vita. E questo merito va in gran parte a Martina, grande compagna di viaggio e amica fedele nelle notti di lavoro e di sonno mancato. Grazie perché un lavoro simile ha potuto prendere forma solo con te. E forse non era poi del tutto sbagliato quanto mi veniva cantato sulle note di un vecchio amico; forse, papà, avevi ragione quando mi dicevi "presto ti accorgerai quanto è facile farsi un inutile software di scienza, e vedrai che confuso problema è adoprare la propria esperienza". Ora ci proveremo.
Gio
Marti
Ringraziare è poco in questi casi, ma è il minimo che posso fare per restituire ciò che mi è stato dato in questi anni e negli ultimi mesi dalle persone che mi stanno accanto. Ai miei genitori grazie per averci creduto, a volte anche più di me e per il silenzioso appoggio costante e instancabile. Ai miei fratelli, Leti e Enrico sempre presenti anche quando lontani. Agli amici di sempre, con i quali sono cresciuta nel tempo e che da anni considero la mia famiglia, con tutti i pro e contro che una famiglia può avere, quindi grazie Luca Paolo Davide Chiara Manu Geppe Luca Sere Simo Luca Fabri Rodo Mirko. In particolare un grazie alla Fra perché è bello sapere che quando tutto va storto c’è una persona che la pensa esattamente come te e ti capisce in tutto e per tutto. Grazie a Manuel per l’estrema pazienza e sopportazione degli ultimi cinque anni ed in particolare degli ultimi mesi di follia. Ringrazio simbolicamente la città di Barcellona che ha segnato una svolta nella mia vita e mi ha regalato momenti indelebili e Ferrara, per la sua bellezza e per la sua primavera. Infine ringrazio le due persone che più di tutti hanno segnato questa esperienza di tesi. A Giovanna, grazie per essere cresciuta insieme a me, per i momenti di crisi e quelli di euforia, per il nervoso, i capelli caduti e i chili persi e per le soddisfazioni, la complicità e l’entusiasmo. Grazie ad Andrea per essere il mio appiglio sempre e spero, per sempre. 271
bibliografia alfabetica
273
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Casi studio Piano di gestione per il sito UNESCO “Trulli di Alberobello” eurosouth-hub.net www.agenda21.it www.minambiente.it ec.europa.eu www.euroinfosicilia.it www.fondieuropei2007-2013.it www.poienergia.it www.islepact.eu www.islandofgozo.org www.egadi.com www.elhierro.es 279
indice delle tavole
281
Tavola 0
283
l’isola di Lampedusa
285
tavola storica
287
analisi territoriale
289
strategia territoriale
291
analisi critica
293
masterplan strategico
295
tavola di progetto1
297
tavola di progetto2
299
tavola di progetto3
301
tavola di progetto4
303
tavola di progetto5
305
conclusioni
307
“ . . .l at er r i t or i al i z z az i on eéu npr oces s oi nv i r t ù del qu al el os paz i oi n cor por av al or ean t r opol ogi co ch en ons i aggi u n geal l epr opr i et àf i s i ch emal eas s or be el emet t ei nci r col oi nf or mev ar i amen t ecu l t u r al i z z at e”