n:00
Tra l'ovvio e l'impossibile c'è un interstizio, un profondo spazio che incide su ogni relazione tra ambiente-soggetto-azione,sia essa un'universalità complessa come l'agglomerato urbano oppure una relazione altrettanto complessa ma più intima come il vissuto di una persona qualunque. Gli spazi interstiziali a torto sono sottovalutati, non considerati, negati, osservati con un occhio miope che scevro da interesse collettivo ascolta e pone il suo sforzo cognitivo altrove, dove più visibile e risonante potrebbe essere la sua azione. Gli spazi interstiziali sono fondamentali alla crescita sociale ed è tramite la loro individuazione e gestione che cresce e si affina la conoscenza e l'autodeterminazione dell' uomo nei confronti del suo corpo privato e del cittadino per il suo copro sociale. Trovare questi luoghi e amplificare la loro funzionalità ed utilizzo reale è compito di una zelig-organizzazione che prende forma e contenuto sempre diversi ma che agisce sempre con lo stesso medesimo fine.
EDIT
LE
E ancora le accadeva di ripensare a quel pazzo, quel pazzo ubriaco stralunato incantato a guardarle le gambe come se fossero belle, due zampette d'aracnide ossuta impiccate al suo corpo secco secco di zitella. Per tutto il tragitto in ambulanza, quel giorno di un mese e di un anno, lui non aveva distolto lo sguardo: uno staffile di occhiaie azzurre e uno sfregio sul naso, e quella bocca allagata di un sangue rappreso di chissà quale pugno di uomo, o d'infermiere notturno del soccorso psichiatrico. Sentiva quello sguardo risalirle le gambe, frugarla un tremore, e pur avvolta dal suo primo languore, da volontaria addestrata lo faceva parlare. E lui cantilenava una nenia sottile, con un filo di fiato. Raccontava l'inizio di tutto, quel suo amore di Rimini, sedici anni, sul mare. E poi i giorni bui che annunciavano il male, un'infelicità densa di premonizioni, la prima vera crisi, sirena di tutte le altre... Lei ascoltava e gli beveva l'azzurro appassito degli occhi, quella luce offuscata, il dolore. "Sei dolce..." sorrise, e la carezza del pazzo fu un lampo, in un fiato leggero di ciglia schiantate per terra, in un lago di rossore comune. Poi lo strappo - nei ricordi e nel giorno. Lui ululava - era trascorsa una manciata di istanti ma adesso lui urlava - nel corridoio bianchissimo del padiglione Agitati. E scappava e tornava, la giacca buttata alle spalle, barcollante, trafitto. "Ti ammazzo..." sussurrava alle ombre; e sudava, e tremava, una valanga di fango nei pugni,
INT Berlinzani
Chiara
ERS anni sprecati, riponendo il golfino da vecchia o sciogliendo i capelli sfibrati, le accade di ripensare a quel gigante ridotto a un ammasso di cinghie, a un sacco vuoto per terra. Risente quegli occhi frugarle le gambe, ne respira in dolcezza il languore. Si sfiora, e sul seno avvizzito rivive la stretta di quel suo unico amore - caricato in lettiga in un giorno di sole e portato dentro, fra i camici bianchi, in prigione.
un'alluvione di rabbia sul cuore. All'improvviso la prese di spalle e stringeva - lei, piccolina, leggera, zampettava nell'aria come un fagotto di piume - e ringhiava contro il suo camice bianco di volontaria del servizio ambulanze. Stringeva per dirle: Portarmi qui, proprio tu... e serrava la morsa in tenaglie d'acciaio sotto uno sguardo adesso scuro, adesso malato. "E allora muori, puttana!" - come mi è morto l'azzurro negli occhi, come è morto il mio amore nel mare... Così accorse il colosso di guardia e fu un turbine di calci nei reni, e fu un fulmine vederlo accasciarsi e sparire, il tendone di plastica, tre giri di chiave al cancello. Non lo vide mai più, né più chiese a nessuno di lui. Ma ogni tanto, nei giorni che scivolano lungo gli
TIZI
Le intersezioni tra le piastrelle bianche sono nere di sporcizia accumulata chissà da quanti anni, sintomo di lavaggi e rilavaggi frequenti ma superficiali, si lava per lavare senza volontà di pulire, di nettare ciò che invece si vuol mantenere. La sporcizia sembrava nascosta da quelle righe dritte e regolari che a fissarle ipnotizzano. Righe che formavano quadrati bianchi; caselle dove inserire lettere, simboli, significati di una permanenza forzata non voluta ma subita. La prigionia pesa sul corpo ma libera la mente che con necessità infrange ogni costrizione ogni percorso obbligato per giungere dove non si è mai giunti, dove mai si è osato addentrare. Là, davanti all'orizzonte che si fa cogliere ma non mirare. Là, dove ci si sente fuori ma si è dentro completamente rifugio e castrazione, fuga e liberazione. La cella di carne non ha piastrelle ma vive di odori, di piccole imperfezioni, di dolori e godimenti la cella che trasciniamo dalla mattina alla sera per poi stenderla e risvegliarla il giorno seguente. Udito, tatto, vista, olfatto, limitano e definiscono ciò che non può essere definito e limitato, questa è la grande menzogna che alimenta la vita, la cella quotidiana di ognuno di noi che ci permette di essere liberi percependo naturali confini. Ed immaginando …..
Marco
LA Lucignani
CE
E' inutile fingere o tapparsi il naso, non se ne può non sentire il fetore, il trash, dopo la prepotente entrata nel mondo dell'arte contemporanea sta contaminando il mondo dell'architettura, ne fa ormai parte integrante, anche perché nel raccogliere tra i "rifiuti l'oggetto di scarto" (non era forse tra i rifiuti, ma tra rovine) e renderlo un ottimo prodotto sono stati bravissimi già i cristiani prima di noi, prendendo qua e la dai templi pagani e riciclando il materiale per farne cattedrali, non è quindi cosa nuova "riciclare". E' però venuto il momento di legittimarla, di riconoscere la SUPERFETAZIONE come tipologia, e attestare la nascita dell'ARCHITRASHTURE!
La morfologia è estremamente varia in quanto ogni superfetazione è caratterizzata da forme e dimensioni proprie, non è possibile darle una classificazione partendo da principi applicabili al resto delle tipologie edilizie. Semmai è proprio invertendo i parametri tipici che possiamo "ordinare", in un certo qual modo, per definirle, le superfetazioni:
SUPER
! PARASSITA _ la SUPERFETAZIONE è un parassita, non ne esistono che abbiano vita propria ed autonoma, tutte, senza nessuna eccezione, vivono, esistono, solo grazie al corpo con cui entrano in simbiosi, al quale succhiano linfa vitale, compiendo su di essi tutto o in parte il proprio ciclo vitale_ ! DIFFERENZA _ le SUPERFETAZIONI sono basate sulla differenza, non ne esistono due identiche, le esigenze delle persone e le preesistenze "di cui si nutrono" determinano la forma (comunque mutogena) e le dimensioni_ ! ESTRANEITÀ' _ le SUPERFETAZIONI sono un corpo estraneo_ possono essere fittizie o meno, possono essere in
TEORIA
DEL
LA Massimiliano
Guardiamo il mondo con occhi voraci di parassiti scagliati contro le burocrazie del mondo. Creatori di spazi temporanei che sfuggano le leggi monocorde degli stati sovrani; Le nostre città piene di costruzioni aggiuntive, di sopraelevazioni abusive, chiusure di portici, coperture fittizie di terrazze, balconi e cortili, rispondono ormai autonomamente alle esigenze dei cittadini producendo SUPERFETAZIONI_ In realtà lo stato già con la legge 28 febbraio 1985, n°47 aveva previsto la legalizzazione delle superfetazioni, ma senza rendersi conto di ciò che sarebbe venuto dopo. La SUPERFETAZIONE avvolge ora il cerchio urbano con le sue spire, lo incalza silenziosamente, si insinua coi suoi tentacoli in luoghi inimmaginabili e si prepara ad infettare ancora. Infettare è il termine adatto nel definire la superfetazione, con un poco di attenzione è possibile trovare analogie tra le superfetazioni ed i Microrganismi Patogeni detti VIRUS: "Al pari di tutti i parassiti obbligati, le superfetazioni sono in grado di svolgere attività metaboliche e riproduttive solo nell'ambito di cellule abitative viventi da cui ricavano i materiali energetici e plastici. Penetrando in un'altra cellula ospite, la particella virale perde parte della sua membrana e si interpone nel metabolismo dell'ospite provocando disordine di entità variabile : a)Se il metabolismo strutturale dell'edificio subisce gravi alterazioni la cellula abitativa implode, il virus si riproduce e invade altre cellule abitative; b)E' invece probabile che, se i disordini metabolici sono di minore entità, le cellule integrino la porzione nucleica del virus nel loro patrimonio cromosomico e diventino ARCHITRASHTURE. Nel secondo caso la reazione immunitaria è difficile da realizzarsi in quanto il nucleo strutturalefunzionale è integrato a quello delle cellule dell'edificio, per cui, una qualsiasi reazione si ripercuoterebbe sull'intera struttura edilizia. Certe superfetazioni hanno la proprietà di sommarsi ad altre complicandone l'azione patogena. Le modalità riproduttive delle superfetazioni non sono ancora del tutto note, si ritiene che molte di esse siano provviste di strutture specifiche corrispondenti a recettori superficiali delle cellule sensibili che ne consentono la fissazione e la penetrazione, i cui meccanismi sono peraltro poco noti." (Trasposizione dall'enciclopedia alla voce: VIRUS)
Ercolani
lamiera, legno o acciaio, cemento o mattoni, comunque la loro estraneità è evidente, è in primo piano, è la caratteristica che le rende riconoscibili_ ! TEMPO _ è il parametro fondamentale, la SUPERFETAZIONE è un corpo aggregato, aggiunto e che quindi preclude un tempo di esecuzione successiva al corpo ospitante, ma non solo, la SUPERFETAZIONE continua a svilupparsi, ad espandersi, come un VIRUS, nel tempo e col tempo la sua simbiosi con l'ospite diviene totale, irreversibile_ l'ospite è dall'ARCHITRASHTURE_
ormai
ZIONE
infetto,
infetto
STA' ACCADENDO
QUALCOSA
IN
Mi guardo attorno Ogni volta mi trovo ad uscire la notte, tornando a casa giro un poco da solo. Credo che ciò si spieghi come un tentativo di riappropriarmi di me stesso dopo essermi "donato" alla causa del confronto costruttivo o della spensieratezza. Ma perché tale sforzo lo compia in automobile mentre percorro le strade della mia città, questo non mi è chiaro. Forse la chiave è proprio nell'espressione "la mia città". Cosa significa esattamente? Sento a malapena mia la casa in cui vivo, come posso dire sia mia un'intera città? Magari c'entra il desiderio di possesso, la penetrazione dello spazio attorno a me, assumendo un ruolo all'interno di esso, relazionandomi; il mio è quindi un tentativo di rendere a mia
CITTA'
misura la realtà circostante che è stata forgiata dall'uomo ed in quanto tale, in teoria gia familiare su di un piano superficiale. E' quindi la mia una proiezione dello sforzo dell'architetto nel progettare la città, ovvero il creare uno spazio limitato come la natura del pensiero umano, che si renda a misura di tale pensiero, inventando luoghi e prospettive che la mente è in grado di leggere, al contrario dello spazio infinito. Ma è sensato intraprendere tale tentativo? O semplicemente è un atteggiamento innato quello del progettare non solo edifici ma spazi interi. Se così fosse, che ironica contraddizione scoprire che dietro progetti attenti ai millimetri, esista un istinto puro! Quel giro notturno mi rende sempre un po' malinconico, come quando si accompagna a casa qualcuno al quale per un'incomprensione non si è riusciti a dire tutto. E' la città che sfugge nonostante il mio tentativo, la città che possiede me tutt'al più. Il punto è che i rapporti tra gli edifici, le strade e le piazze, sono molto più complessi di quello che io possa concepire, perché sono in continua evoluzione a seconda del mio modo di leggerli, modo che cambia costantemente, aggiornando quei rapporti. Il riflesso della costante variabilità dell'animo di chi vive lo spazio, è visibile sui muri degli edifici. Per questo la città resta inafferrabile. Ognuno ha il suo particolare rapporto col luogo a se familiare e lo modifica in tempi che possono essere ridottissimi. Forse in ciò risiede il fascino della città, strutture che nella mente di ognuno sono esempio di solidità materiale, invece hanno variabilità semantica, multiforme aspetto, come fumo di sigaretta. Costruzioni e spazi nati per essere immutabili ed invecchiare come ogni cosa, che invece sul piano intellettuale vivono mille vite. Quanto di più vicino all'immortalità è il riuscire a modificarsi continuamente.
Scarpulla
Davide
Sta accadendo qualcosa in città, adesso e per ognuno di noi.
Christian
Di Pietro
SOCIO
Diversi sono i passaggi socio-politico-culturali attraverso i quali le società occidentali si sono confrontate dalla fine del secondo conflitto mondiale sino ai giorni nostri; fasi rappresentate da una ricostruzione sociale fatta di muri rigidamente eretti e dalla dicotomia est-ovest. Abbattuti simbolocamente i muri e lanciata in un post-modernismo che assume le forme invitanti dalla globalizzazione, la società contemporanea si trova oggi a relazionarsi ed a interagire non più soltanto attraverso la rappresentatività politica, ma tramite le grandi compagnie trans-nazionali responsabili di un ordine mondiale mai ufficialmente sancito eppure quotidianamente affermato. Nell'era dove la comunicazione ha connotazioni multimediali, la riflessione personale dell'individuo su questioni di semplice vissuto quotidiano lascia il tempo che trova, in quanto si ha sempre più la sensazione che le grandi società di massa abbiano lasciato il posto alle lungimiranti e fantasiose società trans-nazionali. Accanto ad esse nascono e crescono movimenti nuovi che nulla hanno in comune con la tradizione dei partiti politici tradizionali, gruppi che vedono crescere quotidianamente il proprio consenso fatto di scelte non dirigiste nell'accezione partitocratica, ma che si oppongono contro le forze che strumentalizzano la così detta società civile. Movimenti che alla fonte promuovono a differenza delle passate battaglie formulazioni macro-economiche, a sostegno sincretico dei diritti fondamentali universalmente riconosciuti dell'uomo. I soggetti sopraindicati non sono nient'altro che donne e uomini che in piena era della globalizzazione scelgono di muovere le inestricabili reti della politica con l'ausilio del confronto dialettico per accrescere il senso della partecipazione consapevole ad un mondo in cui "globale", divenga "equo-solidale" non soltanto per pochi privilegiati. L'utopia mette in moto la percezione di quanto c'è attorno all'uomo stesso; l'essere pragmatico in quanto tale cocede spazio e forza alle astrazioni che l'utopia ha prodotto, null'altro che arcipelaghi liberati, nelle pieghe di un tessuto comprensivo, dove la fallacia dei massimi sistemi non è riuscita ad arginare, la facoltà di pensare e sentire che ancora ci rende uomini e donne.
LOGIA Bibliografia F. FERRAROTTI "La tentazione dell'oblio" ed. Laterza, Bari J. J. ROUSSEAU "Il contratto Sociale" ed. Feltrinelli G. SIMMEL "La Metropoli e la Vita dello Spirito" ed. Bur MICHAEL HARDT, ANTONIO NEGRI, "Impero" ed rizzoli 2002
"bottle n° 101" oil on cardboard, 125 x 125 mm
IN Stefano
De Fazi
LIKE A
A BOTTLE I don't know if this the fuzzy art one thing is certain owever: it's De Fazi Art.
MESSAGE
07
Massimiliano
INTER Ercolani
Questo è ciò che si riesce a trovare negli interstizi della metropoli Tokyo.
STIZI
Il caos è la materia prima della metropoli, non il cemento armato o l'acciaio, ma una idea di diffusione che contagia e comprende ogni cosa, altissima densità, concentrazione, compattezza, compressione, prossimità. La prossimità, però, ha in se il seme della distanza, per quanto vicini, due volumi rimangono separati, seppur minimo esiste un interstizio nel quale poter costruire. E dove se non nel luogo in cui lo spazio è preziosissimo, dove ogni metro quadrato è saturo, qui vengono sfruttate le intercapedini. Tokyo, la metropoli per eccellenza, ha iniziato ad intaccare gli spazi "in-between". Sushi Bar, residenze, un ristorante per 9 persone, persino negozi di biciclette.
TOKYO immagini tratte da: .PET ARCHITECTURE GUIDE BOOK World Photo Press, Tokyo 2001 A t e l i e r B o w - w o w architetti Yoshiharu Tsukamoto e Momoyo Kaijima
Chitarre dolcemente distorte, basso presente, ritmi cadenzati, campionamenti e soprattutto una voce che rimane impressa. Ascoltate la prima traccia e subito capirete come si deve parlare al proprio amore, come si afferma la propria opinione, come si dice no al migliore amico, come affrontare il capo ufficio,come? Sottovoce diretti e risoluti, la ragione è con voi e la vostra voce vi farà accettare da chiunque vi sarà di fronte. Questi calla non inventano nulla di nuovo ma la loro miscela musicale è squisita e meritano un ascolto ripetuto nel tempo. Le canzoni lente ed inesorabili sono un viaggio in un mondo notturno, ascoltandoli sembra di fissare un pendolo oscillante che pian piano mi strega e vorticosamente mi fa cadere in uno stato ipnotico e non rimane che lasciare da parte tutti i pensieri e seguire questo terzetto fino all'ultima traccia del CD e se vi accorgeste che per mezz'ora avete dondolato la testa su e giù niente paura è l'unico Tanto tempo fa delle persone che conosco molto effetto collaterale della musica dei Calla di New bene hanno coniato questa parola per indicare York. una loro pulsione umorale che li portava a fare sentire e condividere musica con chiunque avesse voluto farlo, ora prendo spunto da questa esperienza per parlare di musica negli interstizi di questo progetto. L'intento è quello di trasmettere le mie impressioni riguardanti la musica che, volutamente o del tutto fortuitamente ascolto. Niente atteggiamento professionale ne tecnico soltanto la ricerca delle parole giuste per descrivere le emozioni, che di volta in volta, suoni più o meno conosciuti provocano in me stesso. Non sarà necessario formulare giudizi o classifiche anzi colgo l'occasione per invitare,chiunque voglia,ad inviarmi le proprie emozioni "soniche".
SON
EMOZ
IONI Marco
ICHE
Me l'hanno dato così; senza titolo, un'immagine, l'ultimo lavoro dei Sigur Ros una manciata di canzoni racchiuse tra 2 parentesi. Il suono che sprigiona questo disco (ops!! Volevo dire CD) mi tiene a terra anzi mi fa navigare tra i ghiacci del nord, lastre bluastre a picco sul mare grigio, luce crepuscolare suoni lontani ma presenti che fanno vibrare il corpo. Queste canzoni non mi tengono aggrappato a questo meraviglioso globo terracqueo, mi toccano direttamente le emozioni prendono l'anima e la stringono fino a far uscire il "succo" di ciò che hai dentro. Suoni ne tristi ne allegri un semplice e disarmante flusso di emozioni che compenetra e amplifica la percezione di ciò che ti gira intorno. Sentitelo da soli e poi ditemi se è tutto vero quello che ho detto oppure debbo lasciar perdere.
Lu
n cig
an
i
Calla, televise, quartermass 2003 Sigur ros, ( ) fat cat records, 2002
Chiara Berlinzani
Hanno contribuito: Massimiliano Ercolani Marco Lucignani Davide Scarpulla
Pseudolo.it dal primo numero), ha esordito come scrittrice a quindici anni. Dopo aver pubblicato racconti (sulle riviste «La Bottega», «Ellin Selae», «In-Edito», ...«Tempi Gotici», «Private», «Addictions», «Il Foglio Clandestino» - e altre che finge di dimenticare... nonché in antologie per gli editori Fernandel, Baccherontius ed Ellin Selae, e in e-book per Solotesto ...di Massimo Boccuzzi), tradotto, curato libri e vinto qualcosa qua e là, oggi è in sereno stand-by. ...Dall'emisfero Sud in cui vive (e fa cose, e vede gente...) continua a bazzicare.la letteratura - scrivendo, selezionando, traducendo, redazionando... ...Per il resto del tempo viaggia, fa figli a cui affibbia nomi improbabili, alleva i più disparati animali, ...studia l'astrofisica, impara lingue indiane, si cimenta col Tao, immerge le mani nell'argilla rossa ...della Cordigliera - e sogna di diventare un giorno una vera artista plastica...
ogni commento, suggerimento, articoli, immagini e quant'altro vogliate rendere pubblico, fateci l'onore di inviarlo a:
interstizi@yahoo.it Ai fruitori di INTERSTIZI, Interstizi è una rivista elettronica di cultura varia. Ogni numero, monotematico, rappresenta un tentativo di comunicare idee, impressioni ed emozioni in modo sintetico, e speriamo chiaro ed incisivo, un po' come una chiacchierata tra amici. L'intento è quello di costruire occasioni di riflessione, stimolare la curiosità e creatività, offrire immagini parole e suoni che aiutino l'osservazione di ciò che accade intorno a noi. I temi, di ampio respiro, sono trattati attingendo dalle esperienze soggettive di chiunque voglia partecipare a questo nostro esperimento editoriale, l'unica censura sarà fatta sulla base della lunghezza dei vostri contributi, questo perché quando si chiacchiera tra amici spesso con poche frasi si riesce a comunicare le nostre esperienze e questo noi vogliamo. Il numero 00 della rivista non poteva che vedere la luce attraverso un supporto che ormai ha qualcosa di epico; il floppy disk, anello interstiziale tra il passato ed il futuro della comunicazione di massa digitale. Il floppy , caduto in disuso, rappresenta ancora uno strumento economico ed efficace per trasportare informazioni e per di più di per sé è oggetto: si può impilare, toccare, numerare e collezionare alla stregua delle riviste di carta molto più costose ed impegnative.
Ex redattrice Mondadori (non pentita) ed ex frequentatrice assidua di riviste per "emergenti" ...(nella redazione di
PROSSIMO A noi, pensando al floppy, è venuto in mente il paragone con la fantascienza verniana, proiettili che sbarcano sulla luna accecando il romantico satellite, il ventre di una balena d'acciaio che porta in se un equipaggio fino a 20.000 leghe sotto il mare ecc. ecc. . Beh …questo è l'idea romantica che volevamo per la prima uscita della rivista, si ancora nel 21 ° secolo c'è chi si preoccupa di epica di patos e di…. etica!?
Cristian Di Pietro
Laureato in Sociologia presso l'Università di Roma con una tesi sui sistemi elettorali a confronto e quindi sul significativo passaggio dal sistema proporzionale a quello maggioritario, da sempre interessato alla politica intesa come fenomeno sociale che caratterizza il mutamento socio_ambientale_economico, nonché i retroterra culturali dei popoli. Impegnato da molti anni nel mondo del volontariato ho collaborato con diverse associazioni laiche e non, pronto all'interazione culturale quale espressione d'arricchimento collettivo. Tra le esperienze più significative posso segnalare il corso di perfezionamento in "Teoria e analisi qualitativa nella ricerca sociale", tenuto da F. Ferrarotti padre fondatore della moderna sociologia italiana, la campagna di sensibilizzazione ambientale per il Comune di Civitavecchia, oltre alla collaborazione con il centro studi "Il Ponte" dove con psicologi, sociologi abbiamo pubblicato una ricerca sui giovani e le nuove droghe. Attualmente lavoro per l'Arci Solidarietà Lazio come coordinatore di un progetto che tiene conto e tutela i diritti dei bambini, progetto che ha dato spunto ad una collaborazione con la cattedra di Sociologia per una pubblicazione inerente il recupero della memoria storica dei Rom nella periferia di Roma. Tra i vari interessi personali c'è da ricordare il mio amore per lo sport e l'altra passione non propiamente sportiva qual è il mare.
Stefano "THE FUZZY" De Fazi
:LI n:01
QUIDO: