SEGRETO
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interstizi@yahoo.it
articolo
:editoriale: :--------: :dal diario di Anigail Parker: :segreto - non morirà senza averlo detto: :dalla segreta corrispondenza epistolare tra A. e V.: :forse non tutti sanno che: :fuggi fuggi: :certe cose: :segreto: :--------: :il segreto: :S_e-g_r-e_t-o: :lavapiatti: :x: :humoral huose - n°01: :soniche emozioni: :next exit:
Il segreto accomuna, divide, soprattutto fa movimento crea situazioni, le nega. Preferiamo un segreto ad una menzogna? Spesso il mistero fa riflettere più della realtà inverosimile, ecco perchè sembra più facile dire menzogne che serbare un segreto! Eccolo!... il 3 numero di Interstizi, che dire: lavorando a questo numero sul segreto la redazione ha dovuto fare delle scelte difficili si è spaccata e ricomposta ha ceduto entusiasmo e l'ha riconquistato. Siamo stati più volte lì a
autore I cialtroni della redazione Jacopo Fo Rossella Di Remigio Stefano De Fazi Marco Kraif Lucignani Paolo Mastrandrea Loretta Tremanti Davide Scarpulla La sirène du Mississipi Rita Pastore Georg Simmel Di Angelo Notaroberto Marcos Mario Adamo Degradi Stefano De Fazi DoKC design Marco Kraif Lucignani I cialtroni della redazione
ridisegnare le linee guida sulle quali far crescere la rivista e alla fine siamo arrivati ad una intesa, quale?... Lo vedrete dal prossimo numero! "Segreto" è stato un argomento molto impegnativo e di non facile utilizzo quindi ci pare doveroso ringraziare tutti quelli che ci hanno dato una mano a riempire le pagine della rivista, sia i vecchi amici che quelli nuovi. La maggior parte dei contributi narra storie o cerca di riflettere su aspetti riguardanti l'uomo e la società, ognuno lo fa sfruttando al massimo la
tecnica e lo spazio imposti dall'esiguo formato della rivista e i risultati potrete tra breve trarli da voi stessi leggendo e osservando quanto abbiamo raccolto. N.d.r. Un ringraziamento particolare va al GaBBo che ci ha dato la possibilità di essere ben visibili anche su internet con un sito semplice ma efficace. Noi tutti.
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info@jacopofo.it
Jakopo Fo
Il sangue gli si gelò nelle vene quando lei fingendo l’orgasmo per un cliente particolarmente generoso, urlò le Parole Sacre che costituivano il cuore del Segreto. Pianse il giorno seguente sentendo il Segreto urlato nella piazza da un venditore di filtri d’amore. Le parole che descrivevano il Segreto erano scalfite sulle pareti delle latrine. Tutti conoscevano il Segreto ma, ahimé, il mondo continuava a vivere nella miseria e nell’infelicità. Poi l’ultimo saggio capì che andava bene così. Il Segreto era custodito nella cassaforte più sicura: la stupidità umana.
Ora che il maestro era morto l’allievo era l’unico al mondo a conoscere il Segreto dell’universo. Se lui fosse morto il Segreto si sarebbe perso. Dopo dieci anni di solitudine decise di lasciare la grotta sacra. Doveva tramandarlo. Giunto nella città di Babilonia prese alloggio in una locanda e rifiutò la compagnia di una prostituta che non aveva neanche 14 anni! Nella notte sentì ansimare parecchi uomini mentre si accoppiavano con lei.
dirossella@hotmail.com 03 DAL DIARIO DI
ABIGAIL
Rossella Di Remigio
PARKER
Caro diario, ho passato gran parte della giornata a montare quelle tendine di mussola alle finestre. Lasciano passare poca luce, ma ormai l'estate si avvicina e un po' di ombra nella casa renderà le giornate più fresche. Non che mi piacciano molto, avrei preferito piuttosto quelle rosa trasparenti di garza che ho visto giù all'emporio della signora Dollway, ma dicono che mi servirà ad evitare gli sguardi dei curiosi. Io mi sono abituata a tutto ormai, anche non poter uscire di casa quando voglio, anche al dover cambiare scuola a Ben o a non poter più prendere il the sulla veranda con Louise e la signora Osborne. Più di tutto mi manca il mio campo di grano: adesso nessuno può avvicinarsi alla zona.. E' strano come passi il tempo: sono trascorse solo 5 settimane dalla scomparsa di Jack e il dolore si va già trasformando in altre cose, in rabbia, in curiosità, in ansia. Sarebbe già dura così, ma la cosa peggiore è stata non poterne parlare con nessuno. Non sono mai stata brava a tenere i segreti, neanche al liceo: le mie compagne mi chiamavano "Abbydicetutto" perché raccontavo a tutti le cose che normalmente a 16 anni le ragazze tengono segrete. Penso che nessuno possa vivere con un grande segreto: è come se tutta la tua vita, ogni piccolo gesto portasse un marchio indelebile e riconoscibile. Ben dice che da quando manca Jack anche la mia voce è cambiata. Ieri sono venuti di nuovo quelli del Governo, ora il telefono è sotto controllo. Penso sia un grandissima stupidaggine, come se loro possano farsi vivi per telefono… Pochi minuti fa Ben è entrato di corsa sbattendo la porta e piangendo: "Mamma, mamma! I miei compagni di scuola dicono che papà è stato rapito dagli alieni, dimmi che non è vero!" Ho respirato profondamente e ho ringraziato il cielo. Non è più un segreto finalmente. Roswell, 29 aprile 1958
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stefano.defazi@tiscalinet.it
Segreto - Non morirĂ senza averlo detto inchiostri su carta - 1993/2003 - 140X195mm Secret - He will not die without having told it inks on paper - 1993/2003 - 140X195mm
Stefano De Fazi
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Caro V. Finalmente è finito l'inverno, tra pochi mesi prenderemo la nostra Bastiglia, ancora un po' e anche noi saremo sulla breccia per la quale arriveremo dove gli altri sono già arrivati. I tempi sono maturi perché i nostri ideali scendano nelle strade per essere testimoniati casa per casa, la generazione dell'intrattenimento verrà recisa e tutti capiranno cosa significa vivere veramente. Potremo dire a chi verrà dopo di noi: io c'ero. Faremo pesare il nostro impegno su questa "Olicrazia" mediatica malata e cancerosa, finalmente saremo sulla nostra terra e diremo a chi ci dipinge deboli e smidollati : "ecco siamo arrivati, fatevi da parte come hanno fatto tanti prima di voi" Ma lo sai meglio di me ... per ottenere questo bisogna spendere molte energie, dobbiamo preparaci, dobbiamo iniziare a contare chi è veramente con noi e se necessario salutare chi dubita o magari si accontenterebbe soltanto di uno spot in seconda serata. Noi non vogliamo una percentuale, a noi non basta dividere in Dalla
Marco Lucignani
lucignani@libero.it
segreta
base a parametri economici, noi aspiriamo all'unità solo quella sarà la nostra meta, uniti per unire. Il nostro sarà lo spettacolo più grande dopo la creazione del mondo e a differenza di quest'ultimo il nostro sarà visto dall'umanità intera. La preparazione sarà accurata, già da settimane io e il mio gruppo stiamo modellando il corpo al fine di essere pronti, nessuno potrà fermarci perché saremo belli, perfetti, uniti. Loro, chi non la pensa come noi, dovranno arrendersi all'evidenza delle immagini, non potranno fare altro che invidiarci e darci ragione A. e V. furono due dei fondatori della "munifica terrazza nutopica e probabilista"; una organizzazione segreta che nel 14 luglio 2010 ha tentato un golpe nella repubblica di San Marino. La notizia del fatto fece il giro del mondo: un gruppo di 3000 persone nude e rasate invasero correndo le vie della piccola città di San marino fino ad arrivare all'antica rocca dove ancora madide di sudore riuscirono ad occupare la sede del governo locale e gli studi dell'emittente televisiva satellitare
La nostra sarà un'azione con i tempi giusti, non più di 90 minuti, saremo disarmanti tutti rimarranno a bocca aperta nessun potere precostituito saprà come difendersi e alla fine lanceremo il proclama in un tripudio di corpi tesi sudati e felici. In attesa del giorno fausto come direbbero le nostre guide J. e Y. ti amo cosmicamente Tuo A. P.S. Mi raccomando di agli altri che quando sarà il momento dovranno radersi i capelli a zero uomini e donne, nessuno potrà affermare che avevamo il volto coperto. proclamando San Marino primo Stato Nutopico Universale. Le forze dell'ordine e quelle armate non poterono niente contro questo blitz, perché pigri e assuefatti dagli innumerevoli reality show e trasmissioni televisive demenziali credettero di assistere alla registrazione di una di queste. Cinque mesi dopo New York divenne un ammasso di copri nudi e brulicanti nessuno poté resistere, nel 2015 Nutopia divenne realtà in tutto il globo terrestre.
,
corrispondenza
epistolare
tra
A.
e
V.
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pacemakerit@yahoo.com
Questa è proprio forte. So che è un segreto, ma non riesco a tenermelo, ve lo devo raccontare per forza. Allora, sedetevi comodi e tenetevi forte sulla sedia. Da qualche anno non si fa che parlare di quei disgraziati che, invece di comprarsi i dischi, li fregano da internet, causando perdite ingenti alla majors discografiche. I monopolisti dell'informatica e dell'entertainment (Gates, Intel, Amd, Ibm) hanno profuso miliardi per cercare il modo migliore di impedire tale scandalo, e sembra che ce l'abbiano fatta alla fine. Allora: tra qualche anno non sarà più possibile sentire files mp3 con applicativi (tipo windows media player, ecc.) non registrati e, viceversa, non sarà più possibile sentire files mp3 che non abbiano un "certificato di provenienza". Vi spiego meglio: se scaricate una canzone da internet e non avete il lettore regolarmente comprato e registrato, non la potete sentire; se avete il lettore registrato e coprato e scaricate "gratis" una canzone da un sito non ufficiale, non la potete sentire. Hanno già creato il sistema di "paga per quanto utilizzi": puoi pagare sei euro un disco se intendi ascoltarlo solo tre volte, figuratevi se non lo fanno con dei semplici files mp3. Qualcuno già dirà: chissenefrega, non utilizzo windows media player e i pezzi me li scarico dalla cambogia. Pensate che siano scemi? I nuovi processori utilizzeranno un chip chiamato Fritz (Fritz sarebbe il senatore amico di bill che ha fatto passare la legge negli USA...) che avrà in sè un codice identificativo della macchina. Tutti gli applicativi che utilizzerete, compreso anche il sistema operativo, saranno funzionanti solo se passeranno un protocollo di verifica personale (a pagamento), per cui è finita la pacchia di oggi: bisognerà acquistare tutto, anche per uso domestico. Se non lo farete, alcuni programmi non funzioneranno per niente, altri si bloccheranno chiedendovi qualche chiarimento o sparandovi qualche panzana sulla certificazione. Impossibile? Lo stanno già facendo: avete provato ad installare qualche drive non certificato microsoft con windows xp? La differenza è che ora potete
Paolo Mastrandrea
disattivare il noioso messaggio di mancata certificazione (warning) ed andare avanti, domani non lo potrete più fare, perchè non funzionerà più niente, vi troverete con l'hard disk pieno di roba inutilizzabile. E' stato detto che sarà come oggi accade con linux: maggiore libertà di utilizzo ma minori risorse. Diciamoci la verità, tutti apprezziamo linux per il fatto che sia gratis e che ci sia sotto una fantastica visione in cui tutti lavorano per tutti senza profitto, ma quanti di voi lo usano? Il discorso vale soprattuto per altri ambiti non musicali, e qui la cosa si fa seria: chi di voi usa ms office taroccato per scrivere? Ok, nessuno, bravi. Fate bene, perchè da domani i files creati con tali programmi non saranno più leggibili. Volete spedire il vostro curriculum vitae ad un'azienda o inviare un vibrato articolo contro il monopolio informatico alla vostra pubblicazione on line (niente paura, io uso openoffice, che è gratis)? Beh, i destinatari non potranno leggerli in quanto saranno privi della personale certificazione che avranno tutti i programmi ufficiali. Sapete cosa significa tutto questo?
Se il vostro computer ha un chip Fritz con l'identificativo della macchina, qualcuno da qualche parte potrà risalire comunque a voi nel caso in cui condividiate files di qualsiasi tipo e che non siano realizzati da programmi ufficiali. Ma non è questo il punto. Siete un giornalista che scrive con ms office regolarmente registrato e volete scrivere qualcosa di spiacevole nei riguardi di un pericoloso personaggio pubblico. Beh, potete ancora farlo, ma con il sistema di codici personali ed autorizzazioni presto impediranno che i vostri files siano letti da chiunque, semplicemente inserendo il vostro codice in una black list, "spegnendovi". Andatevi a vedere il sistema che già è in uso in alcune aziende USA per bloccare automaticamente le email dei dipendenti non gradite al capo. Qualcuno ha pure detto che sono paure ingiustificate, visto che fino ad oggi nessuno che conosco è andato in galera per aver usato windows taroccato o altri programmi microsoft non registrati. Ma il punto è: consentire l'uso gratuito fino a che tutti lo usino, in altre parole, fino a che diventi INDISPENSABILE. E oggi è arrivato il momento per Billy di cominciare a guadagnare davvero o, secondo i punti di vista, di fare sul serio. Vi ricordate Goldfinger e la s.p.e.c.t.r.e.? Se il presidente USA avesse due bottoni, uno per attivare la BOMBA in Cina e l'altro per "spegnere" tutti i computer in Cina, secondo voi quale userebbe in caso di guerra? Bravi, avete indovinato. Sarà possibile, in caso di guerra, mandare in pappa i computer nemici semplicemente individuandone i codici territoriali. Pensate a quanto impiegherebbe uno stato a cambiare i sistemi informativi dei suoi ministeri, difesa compresa; anche due ore sarebbero troppe: non bastano per salvare i dati, formattare gli hard disk e reinstallare il nuovo software "libero" (qualora ve siano ancora in giro). E' una leggenda metropolitana? A n d a t e v i a l e g g e r e http://www.complessita.it/tcpa/
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loretta.arci@hotmail.com
Loretta Tremanti
Che pretesa invadente! Per una, come me, che fa della rimozione spontanea il repentino meccanismo di sopravvivenza.
E dovrei regalarvi tutto questo? Dovrei riempire i polmoni, lasciare che gli occhi si inumidiscano e lasciar trapelare il desiderio confuso, la nascosta speranza di suscitare, anche solo in uno di voi, reazioni emotive?
Che pretesa impertinente! Confidare ad un foglio bianco che si trasformerà in un floppystaffetta la mia intimità, le cose mai dette, i sentimenti mai concessi. Concessi! E' la parola giusta per chi, come me, nasconde a sé stesso le sfumature della realtà. Per chi, come me vive su un binario parallelo, manipolando.
Riuscissi a far cedere l'argine, magari, potrei pure, in parte (s'intende), soddisfare la richiesta ma la diga non è satura. Ho ancora spazio a disposizione per negarmi il lusso di avere segreti. Posso addirittura ancora dimenticare di averne lasciandomi in sospeso nell'illusione di una lucida esistenza. Che pretesa impertinente! Chiedermi di crescere!
fuggi
fuggi
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davidescarpulla@virgilio.it
C'era un albero vicino al fontanile, un albero non molto alto, nemmeno largo, tuttavia per me e G. era l'albero più importante del bosco. Questo albero aveva tutta la nostra considerazione, esclusivamente per una piccola caratteristica malformazione tra il ramo più basso a destra ed il tronco. Visto che i nostri genitori non volevano che ci vedessimo, noi comunicavamo segretamente mettendo dei bigliettini in questa rientranza, così potevamo avere un rapporto d'amicizia, seppure solo epistolare. In realtà con G. ci vedevamo, ma soltanto a scuola, in classe. Lui era studioso, diligente, introverso ma anche capace di alcuni sorprendenti slanci di vitalità; questa sua caratteristica mi sorprendeva e attraeva, a me sempre così misurato e costante, sembrava di vedere in ogni sua dimostrazione di sopita ma viva esuberanza, un lampo di genio divino. G. aveva però un problema, un problema che lo affliggeva dal millenoventotrentotto, ovvero dall'entrata in vigore delle leggi razziali, in quanto lui era figlio di un Rom, stanziatosi da noi grazie al padre, che si arrangiava come maniscalco e stufo di girare, tradendo la sua origine, si era messo a lavorare in una baracca vicino al fiume. Si era fermato per amore, la mamma di G. lo aveva carpito alla carovana, aveva sfidato la morale comune e si era fidata di lui anche se la loro storia era cominciata con il tradimento al quale ho gia accennato. I miei genitori presero la tessera fascista solertemente, non appena ci fu la possibilità. Mio padre ci teneva alla carriera e la mamma a vestirsi bene, cosa altro potevano fare? Una volta che stavo giocando con G., il Signor F. mi vide, amico com'era di mio padre gli riferì che il figlio gioca con uno zingaro e presi tante di quelle botte per tale confidenza, che da allora inventammo quel trucchetto dell'albero. Alla fine ce la facemmo ad andare in guerra, l'Italia intendo, io no perché ero piccolo. Era il novembre del millenovecentoquaranta quando papà venne chiamato a Roma per un posto al ministero della guerra che finalmente si era liberato grazie alle chiamate al fronte di numerosi dipendenti. Babbo non era imboscato, ma aveva un'età troppo avanzata ed un nerbo troppo debole per andare a combattere, il duce pareva lo sapesse o chi per lui, e allora eccolo imbucato al ministero. Si doveva andare
Davide Scarpulla
a Roma! Mamma non stava più nella pelle, preparò in meno di una settimana i bagagli, organizzò il trasloco dei mobili e fummo pronti a partire. Piangevo ogni giorno per quella partenza, stavo bene dove stavo, c'era tutto quello che un bambino potesse desiderare, gli alberi, gli animali, il fiume. Piangevo ma non serviva a niente! Dovetti lasciare il mio amico G. su due piedi, senza poterlo salutare e neanche lasciargli una lettera nel tronco. Da quel giorno, ebbi un distacco dalla mia famiglia, non che non volessi loro bene, tuttavia per la prima volta mi fu chiaro che ci sono ragioni superiori contro le quali i sentimenti vanno a cozzare e ne restano schiacciati. Mi sono deciso a tornare al paese solo pochi giorni fa. Ovviamente dopo un giro veloce tra le case superstiti del tempo, mi sono precipitato all'albero dei segreti, e come prima sorpresa ho constatato che era molto cresciuto. Lo spacco adesso era molto più in alto di allora, ma non mi scoraggiai nonostante la mia età e lo stato delle ginocchia. Presi ad arrampicarmi sfidando il fiatone, un passo dopo l'altro verso l'alto. Eccomi arrivato! Chiudo gli occhi per recuperare fiato meglio (così ho l'impressione che sia), e quando li riapro per poco non cado come una pera matura: c'era una busta nella fessura! Ma il bello dovevo ancora scoprirlo, trasecolai davvero quando vidi che nonostante il tempo e gli eventi, quella era una busta di G.! O almeno così credevo. La aprii con cautela perché era gia un miracolo che non mi si fosse sfaldata in mano, estrassi con prudenza il contenuto, era l'ennesima lettera. La calligrafia non era di G., la sua la ricordavo bene e non era quella. Cominciai a leggere: molte parole erano incomprensibili, tuttavia si afferrava benissimo il senso della lettera, che riportava ringraziamenti per il lavoro difficile e rischioso a favore della comunità Rom e delle altre minoranza presenti in paese, con la fornitura di documenti falsi. Diceva anche che presto l'autore di quella lettera sarebbe andato negli Stati Uniti seguendo il consiglio datogli dal benefattore, e poi alcune parole che lodavano la riuscita del piano per ottenere il trasferimento in un luogo nel quale sarebbe stato molto più utile alla Resistenza. In fondo c'era un saluto anche per me. Era il mio nome quello citato in fondo alla lettera, "da parte mia e di mio figlio G." c'era scritto. Quella lettera non era per me ma per qualcuno a me vicino, a mio padre era indirizzata, ma certo, era tutto chiaro. Quella
solerzia nel seguire il fascismo che io ritenevo stimolata dalla fede in quell'idea, l'attenzione a non sgarrare mai e a non dare nell'occhio che pensavo derivasse dalla pavidità, tutto quello che pensavo dei miei era sbagliato, travisato, confuso. Mi sono arrabbiato, arrabbiato veramente. So che ad un bambino è meglio non far sapere certe cose, ma almeno in tarda età avrebbero potuto dirmelo. Forse non lo hanno fatto a causa della freddezza dei nostri rapporti, che però era scaturita e si era radicata sull'humus significativamente connesso a quella loro attività. Forse speravano di riconquistarmi con il vivere quotidiano, senza usare quell'asso che probabilmente consideravano un mezzo sleale e che inoltre è probabilmente ancora segreto di stato. Personalmente li preferivo come prima i miei genitori, come li vedevo e li ho visti sino alla morte, almeno avrei continuato a credere di aver avuto con loro rapporti adeguati alla loro natura e non mi sarei sentito vittima di una truffa, autore di un clamoroso errore di valutazione. Certe cose è meglio non saperle…
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trilly_tt@libero.it
Eh sì!,ognuno di noi ne ha uno, ognuno di noi ha il suo. C'è quello delle lacrime ai matrimoni e delle risate ai funerali. Ce l'ha l'eroe: eroe per tutti tranne che per sé stesso, c'è quello dell'acqua di mare che cuoce le labbra, ce l'ha l'acqua dolciastra che non disseta. C'è quello della madre e di ciò che non dirà mai al figlio, tornato nella cassa di zinco. C'è quello della follia, del dolore deviante della follia. C'è quello soffocato tra le coperte in preda ad ansie e lacrime. C'è quello ricacciato nell'utero, nell'ennesimo rituale, ritmato e orgiastico. C'è quello che non si pronuncerai mai, a nessuno. Quello del freddo, la notte dietro la schiena. C'è quello dell'assassino e del suo coltello. Quello della moglie che riscalda la parte del letto del marito e quello del marito che scappa da un letto caldo per tornare a casa e trovarne un altro. C'è quello della maschera di scena e delle fettuccine alla domenica della nonna. C'è quello della puttana e dell'amore per uno solo dei suoi clienti. C'è quello del piacere, atavico, c'è quello del peccato, c'è quello malizioso quello degli ubriachi, quello dei suicidi e della neve. Ce l'ha il viaggiatore che a forza di muoversi è tornato al centro.
La sirène du Mississipi
Ce l'ha la mano dei figli quando l'abbandonano fiduciosi al padre. Ce l'ha chi non ha padre. E poi c'è quello delle donne e delle loro storie. C'è quello della mia storia. C'è il mio. Il mio che è anche la mia essenza, la mia buonanotte, quello che la mattina mi dice: "Alzati!" Il mio è un brandello d'anima che mi duole, qui proprio sotto lo sterno. Ad ogni respiro mi ricorda con una fitta che c'è, ma che nonostante tutto mi dice chi sono e che…sì, proprio sì, tutto è preferibile al niente. C'è, ancora, quello della mia debolezza di amarti già e sentirti già tutto mio. Una particella di caos scappata dal nulla con gli occhi chiusi e la mano protesa verso di me, Tu, che sei il mio. Tu, che a guardarti, chinandomi il mento, sei sempre più grande . Tu , che già ti sei attaccato alle mie viscere e che, da lì dove sei, ti porti l'indice alla bocca in segno di silenzio, e già mi stai tutto in due mani. Eh sì, ognuno di noi ne ha uno, ognuno di noi ha il suo. Il mio sta tutto in due mani: il mio SEGRETO.
10 www.granserraglio.it/racconti.htm
Rita Pastore
Fin da tempi remoti lottiamo per la l i b e r t a e siamo disposti p e r e s s a a d a re la vi ta ma m o lto piuÚ i m p o r t a n t e eè il segreto se per mantenerlo a lla li b e rta r i n u n c i a m o
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georg_simmel2001@yahoo.it
Il segreto: per tante ragioni a questa parola è sempre stata associata una connotazione negativa. Ma, per la verità, non sempre questo corrisponde alla realtà. In una società basata sul mutuo riconoscimento il segreto, nell'accezione di menzogna, silenzio o altra interpretazione della realtà, è solo il mezzo per giungere al riconoscimento da parte dell'altro. Chi scrive vive quotidianamente di questo, lavora per questo e si adopera affinché il segreto si realizzi. D'altra parte le società segrete o sette, che dir si voglia, anche quando non perseguono fini particolarmente edificanti o rivoluzionari, sono basate sul mutuo riconoscimento degli aderenti o di chi, al di fuori della società stessa, li distingue dalla massa. La natura del segreto talvolta è altruistica, in altre occasioni è fine a se stessa, ma è sempre basata sul desiderio degli altri che la vogliono conoscere. Esistono vari tipi di informazione segreta; esiste quello che mai sarà divulgato, quello che pur essendolo è reciprocamente sottinteso e quello che sarà magistralmente fatto venire alla luce al momento opportuno. Il segreto che mai sarà divulgato spesso nasconde verità scomode, perfino incredibilmente agghiaccianti per la loro crudeltà. Il segreto reciprocamente sottinteso è quello che quotidianamente intercorre tra due o pi_ persone che vogliono ottenere qualcosa tra di loro, basta pensare al commerciante e l'acquirente: non è un segreto che il commerciante voglia vendere ad un prezzo per sé stesso vantaggioso, così come lo è per l'acquirente ma ognuno recita una pantomima in cui si fa finta di venirsi incontro. E poi esistono i segreti da sempre utilizzati da chi comanda per dominare le folle: ad esempio i segreti che vengono alla luce nel momento opportuno, quando in un momento di ribasso politico avvengono delle scoperte che immediatamente rialzano la popolarità di un personaggio. E questa è la parte peggiore della natura del segreto, la capacità di piegare i desideri delle persone alla bassezza dei propri. Di esempi, come potrete facilmente immaginare, non intendo farne ma, lasciando alla vostra esperienza un giudizio migliore del mio, vi lascio la scelta.
il
Georg Simmel
segreto
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prusicchio@yahoo.it
Di Angelo Notaroberto Marcos Mario
T E
Il segreto: scriverne, un paradosso. Scrivere di qualcosa che si ignora o si è costretti a farlo, un paravento verbale di apparenza dietro cui fiorisce il nulla o giace parte della nostra recondita personalità. Sette piccole lettere che allargandosi lascerebbero trapelare desideri impauriti, vissuti privati di ogni sensorialità o, qualsiasi altra cosa che non esiste più nel momento in cui la fisarmonica della nostra mente o della nostra penna stringe fra sé la s e la o, in melodie che non hanno suono, in quanto neanche la musica, sempiterna voce dell'anima, può dar fiato a ciò che non c'è, a ciò cui si nega ogni esistenza. Almeno, credo, è ciò che sembrerebbe, dato che segreto è ciò che rende uguale ogni uomo, la speranza, qualsiasi essa tipo essa sia, è un filo che unisce il paravento di ognuno al librante aquilone della vita.
SEG O
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adamoda@tin.it
Lava i piatti dalla mattina alla sera. Da pranzo a cena. Piatti fondi, piatti rotondi, piatti quadrati, piatti piatti e forchette, cucchiai, coltelli, calici scheggiati. Immerso in una luciferina nuvola di vapore con gli occhi umidi e rossi, la fronte imperlata di sudore, gli zoccoli zoccolanti sul pavimento cosparso di verdure. Luca. Vita da ristorante. Ascolta la notte, asciugata a dovere dai tuoi panni, gemere lustra sotto il tocco indelicato delle tue mani di mummia. E la città ti guarda dalla finestrella, inquadrando piedi affrettati sul marciapiede. TIC TAC di scarpe e sigarette che cadono lente sbuffando un inferno di scintille. Lei sarà di là che serve, con le scarpe da ginnastica ed un sorriso paralizzato, così diverso da quello vero. Ma i clienti non lo sanno. I clienti non sanno mai niente, passano come stormi di stupide oche starnazzanti, si ungono le cravatte, sporcano il cesso, pagano e ciao. I clienti sono come i programmi alla TV. La TV sta in un angolo, in alto e gracchia facce truccate, cosce ed automobili, incessantemente, senza pudore, in una girandola anemica di promozioni ed omicidi. Lei compare. Chiede qualcosa al cuoco. Esce. Luca pulisce. Pensa piano ai grattacieli alti sopra di lui, a lei, leggera e frizzante come acqua e detersivo, fragile come un flute di cristallo. Quello che prova lui è un sentimento solido, una terrina panciuta o una pentola d'acciaio. La sua è un'esistenza sommessa. Meccanica e sotterranea. Il cuoco è un grillo parlante fuori taglia, con le ascelle pezzate e i baffi da messicano. Ogni tanto sputa senza malizia nei piatti che prepara. Dice che è il suo ingrediente segreto, che se non lo fa i clienti glieli rimandano indietro. Guarda Luca con aria da tricheco. Lui sa tutto. Sa che Luca ama quel viso impertinente che compare a volte dalla porta. Sa che il retrobottega è triste come gli abissi di metallo che sogna quando fa troppo caldo per dormire veramente. A volte, ma solo a volte, cucina anche sentimenti. Ci mette il suo ingrediente segreto. – Chiedile di uscire. Luca scuote la testa.
Adamo Dagradi – Perché no? Luca riscuote la testa. – Se cominci così ragazzo non andrai da nessuna parte. – E dove dovrei andare? – Non lo so, ma è meglio che tu prenda una decisione, cominci ad essere bianco come i tuoi piatti. – Già. Il cuoco assume un'aria afflitta da carne bollita. Fa caldo, i labirinti di ferro sono in agguato, stasera, nascosti tra la veglia e le terre culinarie dell'incoscienza. Ci vorrebbe una buona notizia per affettare i cetrioli. Il traffico fa tremare la stanza, onde di cherosene che arrossano il cielo tra le antenne ed i trasmettitori. Ma là sotto si può solo supporre. Là sotto potrebbe anche essere giorno o Natale. Il cuoco ha un gatto goloso. Lei sbircia dentro, chiede qualcosa, sorride ad entrambi, esce. Luca resta un attimo immobile con un'espressione trasognata ed un piatto in lacrime in mano. Gli occhi le brillano di una luce carnevalesca che non si spegne mai. Neanche quando piove o quando l'estate decompone la spazzatura nel vicolo e l'odore di morte striscia dentro la cucina come un'epidemia. Più la giornata è lunga, più i piedi scricchiolano sotto i vassoi e la gente urla, più quel brillio misterioso ammicca dalle sue iridi castane, risvegliando nell'atmosfera un infantile bisogno di continuare senza lamentarsi. E questo, a volte, può essere molto importante. Resta una coda di confusione, come di sonno e mal di testa, un'eccitazione spaventata che si spegne piano piano, un ricordo di sogni notturni. Bisogna prendere una decisione. Estrarre il coraggio dal fondo umido delle budella e farlo esplodere nella mente. Una decisione dolorosa come una colica, difficile come saltare l'orizzonte ad occhi chiusi e rompere piatti e bicchieri in una danza di nervi tremanti.
lavapiatti
Come parole a lungo taciute, tremanti di imbarazzo. Bambini sorpresi a rubare. Luca ed il cuoco si guardano a lungo. Il cuoco ha uno strano sorriso che sa di ingredienti esotici e sputi. Un sogno imbullonato alla notte. Il viso fa capolino. C'è una ventata di chiacchiere e brindisi dalla sala, una luce di occhi nocciola. – Scusa? Macchine e piedi e gocce di fuoco sul marciapiede. – Si? Il mondo sotterraneo vibra come un timpano. Il cuoco affetta i suoi cetrioli con un crescendo di ispirazione. – Ti va di uscire? Un attimo di silenzio. La città tace, il film è muto, il pianista si riposa. – Sì.
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stefano.defazi@tiscalinet.it
Stefano De Fazi
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dokc.design@virgilio.it
Le sensazioni, gli stati d'animo, le impressioni traspaiono, vengono rese visibili da una serie di sensori posti ovunque; le pareti, i pavimenti e tutti gli elementi architettonici sono saturi di amplificatori di percezioni, polimeri piezoelettrici con sensibilità sufficiente a leggere il Braille, pannelli rivestiti di monostrati autoassemblanti (SAM; self-assembled monolayer), una pellicola dello spessore di uno o due nanometri composta di molecole organiche che formano un cristallo bidimensionale su un substrato assorbente che creando un reticolo di diffrazione ottica si colora opportunamente; solo il mobilio e gli accessori rimangono neutri, generalmente costituiti da acciaio e plexiglas trasparente. All'interno delle Case Umorali sognare non è più possibile, il sogno riflette sulle pareti le sensazioni provate, i pensieri, anche i più reconditi, vengono interpretati e resi leggibili da tutti tramite i colori; ogni emozione produce nel corpo fisico una reazione, e nel corpo fisico questa reazione può essere razionalizzata chimicamente quindi letta e visualizzata tramite una scala cromatica.
Massimiliano Ercolani
humoralhouses Sotto i piedi di Cindy i pannelli del pavimento iniziano
n°01 Said se ne stava seduto sulla sua sedia in perspex trasparente e dalla parete vetrata si scorgeva appena il Gibson's Building che dominava il Barrio, la pioggia rancida era talmente fitta e densa che la gente dello sprawl, dentro ai loro impermeabili in nylon variopinto, sembrava fare fatica ad attraversarla. Gli altri lati della stanza erano di un violaceo tumefatto, come l'occhio di un boxer dopo un incontro. Il segnale di apertura.....e la porta si spalanca, "Cindy", sotto i suoi piedi il pavimento è di un allegrissimo giallo canarino, (CANARINO: sm. Uccello passeraceo; INFOBOX: _D.I. IGDA130_ quegli uccelli che si vedono nelle gabbie sui vecchi olodocumentari). I due colori insieme hanno un effeto travolgente, Cindy si guarda intorno e chiede cosa gli passasse per la testa, lui lentamente si gira, la guarda negli occhi: -"Licenziato, quel fottutissimo droide mi ha dato due punti in meno per il lavoro di oggi ed è la quarta volta in un mese, il capo-settore mi ha rifilato una pacca sulla spalla e tanti saluti".
a cambiare lentamente, passando per l'arancione, ma assumendo immediatamente un colore porpora-acido: -"Dai Cindy non fare così, vedrai domani ne troverò un altro. In fin dei conti siamo in pochi a saper gestire un CAM10 ed il resto della serie d'attrattori caotici." -"Sei il solito bastardo!"- il colore rosso acido si allarga attorno ai piedi di Cindy e la parete vicino alla porta zincata ne viene coinvolta, -"nell'ultimo anno è la terza Zaibatsu che cambi; un altro anno e dovremo andare su qualche stazione orbitante". Dal rosso al viola, al blu, e ne è pervasa l'intera stanza, Said si alza, dirige verso la porta e l'apre, la guarda; attorno alle cromature dell'uscio la parete stava vestendosi di nero, un nero buio e pesante, infila il poncho in goretex trasparente, oltrepassa il varco e con un urlo roco chiude la porta dietro di se! Cindy lo guarda camminare sotto la pioggia acida, finche non lo vede sparire nello sprawl, sa che andrà al Chatsubo a bere e ad ubriacarsi. Spalanca lo sportello, si getta sul materassino di schiuma termica e piange, il loculo attorno a lei è di un celeste angelico, ma man mano che le lacrime solcano il suo viso e cadono sulla schiuma, le pareti si colorano di grigio, grigio cemento, (i pannelli erano diventati trasparenti). Prima di gettarsi nella zona notte aveva ingoiato un Dex, uno di quei trip esagonali, ed intorno una miriade di luci e colori giravano vorticosamente sino ad avvolgerla, voleva perdersi nel "GIOCO"..... ......tre ore dopo Said rientra, la cerca, e trova l'alloggio completamente vuoto, alla sua presenza si accende l'olo-proiettore, il bel viso di lei bagnato da lacrime e tra singhiozzi: -"Non ce la faccio più a stare con te" - lo sfondo bianco, senza emozione - "Aspetto un bambino, e lui merita di più, tornerò quando te ne sarai reso conto." Era andata nel suo vecchio Barrio, sul B.A.M.A., dal pavimento attorno ai piedi di Said si sviluppa un intenso rosso-fuoco, arriva sino al soffitto, solo le tubature e gli accessori risplendono del loro argento cromato. Said guarda fuori dalla parete vetrata, vede un muro di pioggia acida che cade, la vede scendere assieme alle sue lacrime di silicio, che bagnando il pavimento lo fanno scintillare. B.A.M.A. : Boston Atlanta Metropolitan Axis (da Neuromancer; W. Gibson, 1984)
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Marco Lucignani
Marta sui tubi Muscoli e dei, 2003
Intervista a Giovanni Gulino (al bancone del bar del Blackout)
Sono due, sono giovani e suonano freschi come un mazzo di fiori di campagna. La loro musica è un frullato di roba che non si ascolta normalmente, roba tipo Violent femmes, Area, cantautori italiani ormai scomparsi. Questi due fanno un folk metropolitano che s'incolla alle orecchie, nervoso ironico, sarcastico. Il CD contiene 11 pezzi veloci, pieni di ritmo e palore, che non stancano mai. Parole e suono si fondono per dar vita a racconti strambi che pian piano ti avvolgono e t'incuriosiscono, tanto che dopo aver suonato un pezzo mi viene voglia di risentirlo immediatamente illudendomi di poter chiedere un chiarimento, una spiegazione ulteriore. Bravi ed originali Il che non è poco!
Un'intervista non è semplice specie se non l'hai preparata, comunque io ci provo. Vado dal produttore, mi presento mi complimento, con sorriso giocondo per la produzione dei MST e per la serata e chiedo di poter parlare con i MST. Lui è affaccendato con amici e amiche mi indica il bancone e gentilissimo mi dice che non c'è nessun problema devo solo vedere se loro ne hanno voglia. Andiamo al bancone e dopo le presentazioni Giovanni dagli occhi lucidi mi chiede cosa voglio sapere. Il panico è completo... l'intervista dovrà uscire sul numero d'interstizi del tema "Segreto" e io che chiedo al cantante dei MsT... dov'è il chitarrista? Bevo birra e chiedo con voce querula perchè si chiamano Marta sui tubi:
marta
sui
Marta Sui tubi-Roma 31gennaio 2004 Blackout Locale pieno, atmosfera fumosa, l'attesa di rito e ...via, Marta sui tubi accompagnati da un batterista di contorno e quattro luci colorate c'investono con una fiumana di parole e di suoni per una mezz'ora scarsa. Le loro canzoni scivolano via veloci, Giovanni e Carmelo sono li, si vedono, si sentono. Giovanni con il canto confessa storie normali con un piglio che tanto normale non è. Occhi fissi sul pubblico, grinta; declama e sussurra, tira monete, si muove poco ma la sua voce fa muovere chi è sotto il palco Carmelo ha una chitarra ma sembra un'orchestra, lui non suona cuce una trama con la voce e la batteria, il tessuto che ne viene fuori e come il raso pieno di pieghe; luminoso e scuro allo strsso tempo. Dal vivo sono davvero bravi mostrano muscoli e sembrano dei con una semplicità disarmante. Un gruppo moderno "da camera", si penso che nel XXImo secolo c'e ancora posto per questo tipo di musica, la musica che vorresti condividere con pochi in posto chiuso ma soprattutto lontano anni luce dai circuiti standard. Spero che continuino su questa strada ....anche se in salita.
tubi
Giovanni- tempo fa avevamo una ragazza in comune, si chiamava Marta.IoE i tubi?Giovanni- ma... non si capisce? I tubi sono i nostriIoBella serata qui a Roma,Vè piaciuta? Giovanni- A noi piace suonare nei club è l'atmosfera che ci stimola di più.Spesso dal vivo suoniamo cose inedite proprio per vedere come risponde i pubblico, sai quello che sta sotto al palco, quello che vedi in faccia che senti rumoreggiare cantare o parlare a voce alta metre suoni IoOk voi siete siciliani, patria di molta musica originale e di gruppi che sono pietre miliari, per la musica italiana (vedi Uzeda, Denovo ecc.) ma qual'è il segreto di questa isola musicale così prospera. Giovanni- per noi, il motivo è che siamo più impegnati ad esprimere quello che sentiamo invece di ascoltare quello che fanno gli altri. IoMa qualcosa sentirete e apprezzerete, non è così? Giovanni- Certo, Su tutti per me c'è Syd Barret, led Zeppelin, Piero Ciampi, Nik Cave. Il tempo ormai a mia disposizione è scaduto, lo avverto. Inoltre sento uno strano odore forte di Wiskey, non ci bado, chiedo di fare la foto di rito e Giovanni accetta. Lo saluto e me ne vado. Il suo wiskey intanto era finito sulla manica del mio giaccone di lana.
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Facciamo
l'appello
Cari lettori, REDAZIONE Ercolani Massimiliano Lucignani Marco Scarpulla Davide COORDINAMENTO Di Remigio Rossella
04 05 06
or mo vim io ent o
i prossimi numeri:
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GRAPHIC DESIGN Ercolani Massimiliano
vogliamo letteralmente 'contarvi': capire chi siete, voi arditi che ci leggete, e fare opera di 'proselitismo'. Perciò mandate, sempre che ne abbiate voglia (fatevela venire), una mail nella casella di "Interstizi" (interstizi@yahoo.it), con commenti, critiche, suggerimenti o anche semplicemente un "presente!" Aiutateci che al resto pensiamo noi...
PS: Siamo in procinto di partorire una serie di eventi, se avete demo, spediteci i pezzi e vedremo di contattarvi. ERCOLANI MASSIMILIANO
VIA C. CALISSE 63
LUCIGNANI MARCO
VIA C. CORRADETTI 3
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C I V I T A V E C C H I A
R O M A