INDICE
BELGRADO, TRA ALCUNE CONFERME E UNA (NON) SORPRESA
p. 3
ALBO D’ORO
p. 5
BELGRADO, CROCEVIA DI CULTURE, EPOCHE E STILI DIVERSI
p. 6
CSKA MOSCA, CORAZZATA PER TORNARE SUL TETTO D’EUROPA
p. 8
REAL MADRID, OBIETTIVO VITTORIA. NEL SEGNO DI DONCIC E LLULL
p. 10
FENERBAHCE DOGUS ISTANBUL, UN REPEAT PER LA STORIA
p. 12
ZALGIRIS KAUNAS, UNA CENERENTOLA PRONTA A VINCERE
p. 14
GLI ALLENATORI DELLE FINAL FOUR, TUTTI NEL SEGNO DI OBRADOVIC
p. 16
RASHARD GRIFFITH: ˝JASIKEVICIUS NON MI HA SORPRESO. VINCERE L’EUROLEGA LA MASSIMA EMOZIONE POSSIBILE˝
p. 18
SERGIO RODRIGUEZ, UN VINCENTE PER IL CSKA
p. 20
JAYCEE CARROLL, LO SPECIALISTA INFALLIBILE DEL REAL
p. 22
NICOLO’ MELLI, DUTTILITA’ AL SERVIZIO DEL FENERBAHCE
p. 24
KEVIN PANGOS, A SELF-MADE LEADER
p. 26
RINGRAZIAMENTI
p. 28
BELGRADO, TRA ALCUNE CONFERME E UNA (NON) SORPRESA DI MASSIMO MATTACHEO
Un’altra stagione di EuroLega è giunta al suo atto finale, la Final Four. Quattro squadre hanno raggiunto Belgrado, meta finale di un viaggio lungo ed entusiasmante cominciato lo scorso ottobre e terminato con le serie di playoff. Tre sono le conferme rispetto alla passata stagione: Real Madrid, CSKA Mosca e i campioni in carica del Fenerbahce Dogus Istanbul, mentre la quarta formazione ad avere centrato il prestigioso traguardo è lo Zalgiris Kaunas, magistralmente guidato da Sarunas Jasikevicius in panchina e da Kevin Pangos (di cui parleremo più tardi in questa guida) in campo. Queste quattro squadre hanno saputo giocare la pallacanestro più efficace in relazione agli uomini a disposizione, sapendosi adattare a ogni circostanza e performando ad alto livello per tutta la stagione. La voglia di rivalsa è il sentimento che accompagna il CSKA Mosca, deluso lo scorso anno dalla cocente eliminazione per mano della bestia nera Olympiacos e desideroso di riscattarsi nella stagione che ha visto una mini rivoluzione nella squadra russa: fuori Teodosic, volato in NBA, e dentro il Chacho Rodriguez, di ritorno in Europa dopo l’annata trascorsa a Philadelphia. Insieme a lui, è arrivato Will Clyburn dal Darussafaka: l’americano, capace di inserirsi immediatamente in una delle migliori organizzazioni tecniche del Vecchio Continente, ha portato quel quid di atletismo in più che era mancato ai moscoviti nella passata campagna europea. La mente cestistica di Dimitris Itoudis ha amalgamato al meglio gli ingredienti – o meglio, i giocatori – a propria disposizione, producendo una pallacanestro efficace in attacco ma anche in difesa, non esattamente il marchio di fabbrica del CSKA nelle passate edizioni. La forza fisica sotto canestro di Hines e Hunter e la capacità di Kurbanov di accoppiarsi contro qualunque avversario hanno fatto la differenza a favore di una squadra che si è scoperta però vulnerabile nei playoff, complici le (quasi) drammatiche assenze di De Colo e Hines, giocatori imprescindibili nello scacchiere di Itoudis. In semifinale i russi si troveranno di fronte il Real Madrid, in quello che sarà un vero e proprio tuffo nel passato per il Chacho Rodriguez. La
squadra di Laso è stata bersagliata dalla sfortuna nel corso della stagione, con una sequela di infortuni da film dell’orrore e che avrebbero scoraggiato chiunque, ma non l’allenatore vitoriano che, da buon sarto, ha saputo ridisegnare le rotazioni a seconda delle necessità e delle esigenze. Il ritorno di Sergio Llull nella serie di playoff contro il Panathinaikos ha rappresentato un valore aggiunto notevole per la squadra spagnola, ora davvero al completo dopo il recupero a tempo di record di Campazzo. Anche il Real vorrà riscattare l’eliminazione in semifinale dell’anno passato contro il Fenerbahce poi campione: in stagione regolare gli scontri sono stati simili, con il fattore campo che ha prevalso e la squadra di casa a controllare in lungo e in largo i ritmi della partita. In una gara senza domani saranno probabilmente le giocate dei singoli a fare la differenza: il sipario è pronto ad alzarsi, una tra Real e CSKA può tornare sul trono d’Europa. Per l’altra, il percorso europeo stagionale terminerà a un solo passo dal traguardo. Sogna invece il decimo alloro continentale Zeljko Obradovic, condottiero del Fenerbahce Dogus campione d’Europa in carica e ripresentatosi ai nastri di partenza della stagione con i favori del pronostico. Come ogni anno i turchi hanno avuto un avvio altalenante in cui hanno potuto inserire al meglio i nuovi innesti – Wanamaker, Melli, Thompson, Guduric su tutti – prima di intraprendere un percorso a marce alte che li ha portati a chiudere la stagione regolare al secondo posto alle spalle dell’inarrivabile CSKA Mosca. Nei playoff, il Fenerbahce ha liquidato per 3-1 la pratica Baskonia (per Obradovic è stata la prima partita persa ai playoff da quando è alla guida del Fener) e ora si presenta a Belgrado forte delle sue certezze e pronto a ripetere il risultato dello scorso anno. Un sistema collaudato, che ha saputo assorbire bene nel corso dei mesi le perdite di Bogdanovic e Udoh e ha saputo cambiare il proprio modo di giocare in base ai nuovi interpreti arrivati alla corte di Obradovic: in particolare la parabola di Jason Thompson ricorda quella di Udoh nel corso della sua prima stagione in Turchia, anche se i due giocatori hanno caratteristiche tecniche diverse tra loro. Il sistema fa la differenza, nessun singolo è più forte del gruppo: questi sono gli ingredienti necessari per potere diventare vincenti. Di fronte, il Fenerbahce troverà la squadra che maggiormente gli assomiglia come modo di giocare: lo Zalgiris Kaunas. Non a caso, il condottiero dei lituani, arrivati alla Final Four per la prima volta dal 1999, quando si laurearono poi campioni d’Europa, è Sarunas Jasikevicius, uno dei giocatori più vincenti della storia recente e guidato da Obradovic in panchina nella loro esperienza comune al Panathinaikos. In una recente intervista che ha rilasciato a noi, Maurizio Gherardini ha rivelato come lo Zalgiris non sia stato una sorpresa, perché ha affidato il progetto tecnico a quello che attualmente è il migliore allenatore giovane d’Europa e ha sfruttato l’affetto e la spinta di un pubblico straordinario per fare della Zalgirio Arena un fortino difficile da espugnare per chiunque. Lo sa bene il Fenerbahce, che per farlo ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie, mentre la gara di Istanbul si era addirittura conclusa con la vittoria di Pangos e compagni, sugellata da una tripla di Milaknis a pochi secondi dalla fine che mandò Jasikevicius su tutte le furie perché in caso di errore avrebbe consentito al Fenerbahce di tirare per vincere la partita. La mentalità vincente portata da Jasi è stata decisiva nei successi ottenuti in questa stagione, in cui tutti i giocatori hanno espresso al massimo il loro potenziale: da Pangos a White, da Kavaliauskas a Micic, chiunque sia sceso in campo ha portato qualcosa che ha aiutato la squadra a vincere. La grossa domanda è se i lituani sapranno reggere la pressione di una partita così importante, ma al tempo stesso l’inesperienza e l’incoscienza (in senso solo positivo) a questi livelli potrebbero esaltare il sistema che fino a questo momento è stato il grande traino della squadra lituana. Real, CSKA, Fenerbahce e Zalgiris: sono loro le quattro magnifiche squadre capaci di arrivare a Belgrado. Ma solo una di loro verrà incoronata Regina d’Europa.
ALBO D’ORO
ANNO
LUOGO
VINCITRICE
FINALISTA
MVP
2001
Bologna Vitoria
Kinder Bologna
Tau Ceramica Vitoria M. Ginobili
2002
Bologna
Panathinaikos
Kinder Bologna
D. Bodiroga
2003
Barcellona
FC Barcelona
Benetton Treviso
D. Bodiroga
2004
Tel Aviv
Maccabi Tel Aviv
Skipper Bologna
A. Parker
2005
Mosca
Maccabi Tel Aviv
Tau Ceramica Vitoria S. Jasikevicius
2006
Praga
CSKA Mosca
Maccabi Tel Aviv
T. Papaloukas
2007
Atene
Panathinaikos
CSKA Mosca
D. Diamantidis
2008
Madrid
CSKA Mosca
Maccabi Tel Aviv
T. Langdon
2009
Berlino
Panathinaikos
CSKA Mosca
V. Spanoulis
2010
Parigi
FC Barcelona
Olympiacos
J. C. Navarro
2011
Barcellona
Panathinaikos
Maccabi Tel Aviv
D. Diamantidis
2012
Istanbul
Olympiacos
CSKA Mosca
V. Spanoulis
2013
Londra
Olympiacos
Real Madrid
V. Spanoulis
2014
Milano
Maccabi Tel Aviv
Real Madrid
T. Rice
2015
Madrid
Real Madrid
Olympiacos
A. Nocioni
2016
Berlino
CSKA Mosca
Fenerbahce Istanbul N. De Colo
2017
Istanbul
Fenerbahce Istanbul Olympiacos
E. Udoh
PROGRAMMA BELGRADO 2018 VENERDI’ 18 MAGGIO Semifinale B
Fenerbahce Dogus Istanbul – Zalgiris Kaunas
h. 18.00
Semifinale A
CSKA Mosca – Real Madrid
h. 21.00
Finale 3° - 4° posto
Perdente Semifinale A – Perdente Semifinale B
h. 17.00
Finale 1° - 2° posto
Vincente Semifinale A – Vincente Semifinale B
h. 20.00
DOMENICA 20 MAGGIO
BELGRADO, CROCEVIA DI CULTURE, EPOCHE E STILI DIVERSI DI MITJA STEFANCIC
LA CITTÀ: Belgrado è la capitale politica, culturale e finanziaria della Serbia e, fino all’anno 1992, era anche la capitale dell’ex Jugoslavia. È tradizionalmente nota per essere un importante centro di scambi commerciali al crocevia tra Est ed Ovest, Nord e Sud. Economicamente e turisticamente è la città più sviluppata del Paese. Ospita infatti le sedi delle principali istituzioni economiche, politiche e bancarie nonché numerose ambasciate e consolati esteri. La città è divisa in 17 comuni, gran parte dei quali si trova a sud dei fiumi Sava e Danubio. Dal punto di vista geografico, la città sorge infatti nel punto di confluenza tra questi due fiumi, ovvero nel punto d’incontro tra la penisola balcanica e la Pannonia. In base alle ultime rilevazioni demografiche, la città ha una popolazione che supera 1.230.000 abitanti, ed è anche l’area metropolitana più popolata dell’ex Jugoslavia. Belgrado è la capitale culturale del Paese grazie alla presenza di due università statali e cinque università private. In questa città hanno altresì sede alcune importanti istituzioni culturali, basti citare la Biblioteca nazionale e l’Accademia serba della scienza e delle arti nonché i numerosi centri culturali di lingua e cultura straniera. RELIGIONE E LINGUA: La stragrande maggioranza degli abitanti di Belgrado è di religione ortodossa (oltre il 90 percento). Sono presenti anche la religione islamica, quella cattolica e protestante. Nella città si trovano numerose chiese, alcuni importanti monumenti religiosi e luoghi di culto. Tra l’altro, Belgrado ospita una delle chiese ortodosse più grandi al mondo – il Tempio di San Sava, costruito in uno stile neobizantino, che è rappresenta un punto di riferimento per gli abitanti di questa città. La lingua ufficiale è quella serba, l’alfabeto ufficiale è il cirillico. Nelle scritte pubbliche, sui mezzi pubblici e nelle indicazioni per i turisti viene però spesso adoperato anche l’alfabeto latino. ARCHITETTURA E LUOGHI TURISTICI: da visitare sono sicuramente il parco del Kalemegdan, situato nella municipalità di Stari Grad, che è anche un importante complesso storico e culturale, e, al suo interno, la
Fortezza di Belgrado. Ciò che rimane oggi della suddetta fortezza sono le mura, i bastioni, le fortificazioni e i fossati. Sono ancora visibili i resti risalenti all'età romana, ma la maggior parte delle costruzioni fortificate è di epoca bizantina e ottomana. Tra le costruzioni meglio conservate della Fortezza ci sono le porte di accesso e gli edifici utilizzati per ospitare esposizioni e mostre temporanee. A Belgrado si possono percorrere anche alcune vie molto famose e altrettanto ospitali. Skadarlija nella zona del centro storico a Stari Grad, è considerato il quartiere bohémien della città. La via Kneza Mihailova, inserita tra le zone monumentali della città di Belgrado che sono sottoposte a vincolo artistico, è anche meta obbligatoria per chi è appassionato di shopping. Sulla piazza Trg Republike (Piazza della Repubblica) si affacciano invece maestosi il Museo nazionale e il Teatro nazionale di Belgrado. Ci sono anche edifici o interi quartieri costruiti in epoca più recente oltre ad alcune ardite costruzioni moderne. In centro si possono ammirare il grattacielo Beograđanka, concepito dall’architetto Branko Pešić, che con i suoi 24 piani supera i 100 metri in altezza, oppure la massiccia torre Genex, costruita in stile brutalista nell’area periferica di Novi Beograd, dove a farla da padrona è soprattutto l’architettura socialista. Il complesso del Sava Centar, costruito nel 1977, svolge un ruolo importante per la città in quanto luogo in cui si tengono conferenze internazionali, concerti, manifestazioni culturali e congressi di vario genere. Infine, merita un cenno lo zoo di Belgrado, noto anche come il “Giardino di buona speranza”, che è considerato uno tra i più antichi d’Europa (fu aperto nel lontano 1936). Lo zoo si trova nel parco di Kalemegdan. TRADIZIONE CULINARIA: La cucina serba è generalmente saporita, decisa e ben speziata. La carne è il cibo prediletto dai serbi. Nella capitale serba si possono gustare vari tipi di carne, ma i piatti più popolari sono indubbiamente la pljeskavica (carne speziata preparata alla griglia e simile all’hamburger, da assaporare assieme alla crema di latte kajmak) e i čevapcici (rotolini di carne macinata, serviti con cipolla e varie salse speziate con pane caldo). La cucina tradizionale belgradese comprende anche grigliate miste di carne, le čorbe (minestre), stufati, spiedini e verdure ripiene (soprattutto i peperoni ripieni) oppure il prebranac – un piatto jugoslavo a base di fagioli al forno. Per chi invece predilige il pesce, il consiglio è quello di recarsi in uno dei numerosi ristoranti a base di pesce che si trovano sulle rive del Danubio, dove l’offerta è ampia. VITA NOTTURNA: Belgrado gode di ottima fama per quanto riguarda la vita notturna, tanto da risultare tra le mete europee più ambite per chi ha voglia di divertirsi, festeggiare e ballare. Nel periodo autunnale e invernale, i migliori locali della città sono situati nella zona centrale, dove sono presenti parecchi locali di musica elettronica e dance. Viceversa, nei periodi caldi la vibrante vita notturna si sposta lungo i fiumi della “città bianca”, dove si trovano gli splavovi, cioè dei barconi galleggianti con sopra bar, discoteche e locali in voga. Tra le mete estive più interessanti c’è anche la spiaggia Ada Ciganlija, che sorge sul lago artificiale Savsko jezero nella municipalità di Čukarica, apprezzata dai locali come anche dei turisti provenienti da altri Paesi. INTRATTENIMENTO: La città di Belgrado si è distinta negli ultimi decenni per aver prodotto un panorama musicale alquanto vivace e variegato. Numerose sono le manifestazioni dedicate alla musica tradizionale serba e, dall’altro lato, a quella di nuova tendenza prediletta dai più giovani. Belgrado viene descritta come la culla dello stile turbo-folk serbo, un mix di sonorità folk e generi pop. Nella capitale della Serbia hanno avuto origine alcuni gruppi rock e new wave, il cui lascito musicale rimane tuttora apprezzato dai belgradesi. Tra questi possiamo citare Šarlo Akrobata, Ekatarina Velika, Idoli, Bajaga i Instruktori e i Riblja Čorba. Tra i numerosi centri di aggregazione giovanile belgradesi si può citare come esempio il Dom omladine (Casa dei giovani), che sin dal 1964 propone spettacoli di teatro, concerti di musica alternativa o indipendente, dibattiti letterari e filosofici e numerose altre manifestazioni dedicate ai giovani più creativi.
CSKA MOSCA, CORAZZATA PER TORNARE SUL TETTO D’EUROPA DI STEFANO BARTOLOTTA
Questa edizione 2018 delle Final Four segna la 15esima presenza del CSKA Mosca nelle ultime 16 edizioni: praticamente, faremmo prima già ad inizio stagione a scrivere un pezzo sullo squadrone moscovita da inserire nella nostra guida, perché tanto si sa già che una delle quattro elette sarà lei. Certo, è stata un’estate di cambiamenti all’ombra del Cremlino, con le partenze importanti di Aaron Jackson e Milos Teodosic, ma la società non ha perso tempo nel rimpiazzarli con il cavallo di ritorno Sergio Rodriguez e con Leo Westermann. Inoltre, ci sono state diverse estensioni di contratti di giocatori chiave come Kyle Hines e Cory Higgins, in un’offseason particolarmente impegnativa che ha visto anche le importanti acquisizioni, nei ruoli rispettivamente di ala piccola e centro, di Will Clyburn e Othello Hunter. Gli ultimi due giocatori citati rappresentavano altrettante scommesse, in quanto Clyburn non aveva mai giocato in una delle squadre dell’elite europea, e Hunter portava con sé delle incertezze relative alle sue condizioni fisiche. Entrambe le scelte, invece, si sono rivelate azzeccate: tutti e due, infatti, fanno parte dei migliori 6 della squadra in termini di valutazione statistica media, e hanno saputo mettere in mostra le proprie caratteristiche più importanti, ovvero la versatilità per Clyburn e la potenza per Hunter, giocando con faccia tosta e allo stesso tempo senza personalismi, ma sempre al servizio del collaudato sistema di coach Itoudis. Con due aggiunte così, il front court dei moscoviti è stato ingiocabile per chiunque, viste anche la classe e l’abilità difensiva di Hines e i contributi di gente come Kurbanov, Vorontsevich e Antonov, perfetti uomini di complemento, utilissimi come armi tattiche e capaci di allungare le rotazioni senza far abbassare troppo il livello di pericolosità offensiva. Il back court, ovviamente, gira attorno alla figura di una delle star assolute e consolidate dell’Eurolega, ovvero Nando De Colo. Il francese ha sfornato l’ennesima stagione da incorniciare, non solo per la produzione in termini statistici, ma soprattutto per una leadership sempre crescente, grazie alla quale il livello di gioco dei compagni viene realmente elevato. Accanto a lui, Cory Higgins e il citato Sergio Rodriguez hanno dato i contributi principali a un attacco praticamente impossibile da fermare al massimo dei
giri. Qui le rotazioni sono state un po’ più limitate, anche per via di alcuni infortuni, ma tanto è bastato agli uomini di Itoudis per imporsi subito tra i protagonisti della stagione e conquistare la qualificazione ai playoff per primi e, successivamente, il primo posto, con il miglior attacco e la miglior differenza canestri. Il playoff contro il Khimki è stato più complicato del previsto, e non sono mancate le voci di commentatori, anche neutrali, che hanno lamentato una certa compiacenza arbitrale a favore del CSKA nei momenti caldi delle partite. Polemiche che, comunque, lasciano il tempo che trovano, visto che è difficile non ritenere meritato l’ennesimo approdo alla kermesse conclusiva da parte di questa nuova versione del CSKA, più solida e quadrata rispetto agli anni precedenti e che vanta innumerevoli armi per provare ad alzare nuovamente il trofeo più ambito. Non sarà, comunque, una passeggiata per gli uomini di Itoudis, visto che il primo ostacolo che dovranno affrontare a Belgrado è rappresentato dal temibile Real Madrid. La squadra allenata da coach Laso ha dalla sua il giusto mix di esperienza e gioventù, e soprattutto arriva a Belgrado con quasi tutto il roster disponibile, compreso un Llull che è stato fuori per la maggior parte della stagione, ma che ora sembra aver recuperato. Il quasi è rappresentato dall’incertezza sulle condizioni di Facundo Campazzo, che ha subito un’operazione in artroscopia al ginocchio sinistro a metà aprile. A entrambe le squadre piace giocare a ritmi alti, infatti, al termine della regular season, vantavano i due migliori attacchi e, tra le otto qualificate, le due peggiori difese in termini di punti, cifre che sono conseguenza dell’alto numero di possessi più che dell’effettiva qualità offensiva e difensiva. L’impressione è che su questo terreno il CSKA sappia muoversi meglio, però, se il Real riuscirà a controllare il ritmo e a trovare un gioco in post efficace, saprà creare dei seri grattacapi ai moscoviti, vista la taglia fisica superiore dei lunghi della Casa Blanca. I russi possono comunque essere ritenuti i favoriti di questa semifinale, semplicemente perché riuscire a far bene il proprio gioco è senz’altro più facile che doversi adattare in base alle caratteristiche dell’avversario. Nelle precedenti 14 apparizioni, la vittoria è arrivata per sole tre volte, e le finali giocate sono state 5 in totale: in pratica, due volte su tre la squadra ha perso in semifinale. Quest’anno, le premesse per migliorare le cifre di cui sopra ci sono tutte. ROSTER #1 De Colo, Nando (G-196-87)
16.9 ppg, 2.3 rpg, 3.9 apg, 58.7% 2PT, 51.5% 3PT, 94.6% FT
#3 Rudd, Victor (F-202-91)
2.1 ppg, 1.3 rpg, 0.3 apg, 41.7% 2PT, 22.2% 3PT, 100% FT
#7 Fridzon, Vitaly (G-195-85)
2.9 ppg, 0.8 rpg, 0.3 apg, 34.9% 2PT, 36.4% 3PT, 88.2% FT
#9 Westermann, Leo (G-198-92)
4.6 ppg, 1.2 rpg, 1.9 apg, 41.4% 2PT 32.5% 3PT, 100% FT
#11 Antonov, Semen F-202-89)
4.4 ppg, 2.2 rpg, 0.6 apg, 60% 2PT, 43.5% 3PT, 72.7% FT
#13 Rodriguez, Sergio (G-191-86)
14.1 ppg, 2.1 rpg, 5.0 apg, 59.1% 2PT, 44.6% 3PT, 89.7% FT
#20 Vorontsevich, Andrey (F-207-87)
4.9 ppg, 2.4 rpg, 0.7 apg, 52.1% 2PT, 39.7% 3PT, 78.6% FT
#21 Clyburn, Will (F-201-90)
11.7 ppg, 5.9 rpg, 1.8 apg, 47.2% 2PT, 37.7% 3PT, 69.6% FT
#22 Higgins, Cory (G-196-89)
14.2 ppg, 2.4 rpg, 1.9 apg, 58.3% 2PT, 44.4% 3PT, 81.9% FT
#31 Khryapa, Victor (F-203-82)
1.6 ppg, 1.4 rpg, 0.4 apg, 63.6% 2PT, 28.6% 3PT, 100% FT
#41 Kurbanov, Nikita (F-202-86)
5.3 ppg, 3.4 rpg, 1.2 apg, 55.1% 2PT, 32.1% 3PT, 86.3% FT
#42 Hines, Kyle (C-198-86)
8.2 ppg, 4.2 rpg, 1.2 apg, 61.2% 2PT, 0% 3PT, 79.1% FT
#44 Hunter, Othello C-203-86)
8.2 ppg, 5.4 rpg, 0.7 apg, 61.2% 2PT, 0% 3PT, 74.2% FT
Head Coach: Dimitris Itoudis
REAL MADRID, OBIETTIVO VITTORIA. NEL SEGNO DI DONCIC E LLULL DI MATTEO ANDREANI
Il Real Madrid torna alle Final Four dopo la sconfitta dello scorso anno contro i padroni di casa del Fenerbahçe, poi vincenti per la prima volta nella storia della competizione. Se a Madrid, e non solo, c’era un’enorme attesa per vedere insieme Sergio Llull e Luka Doncic, tutto questo non è stato possibile solo sino poche settimane fa. Il bruttissimo infortunio avvenuto a Llull durante la preparazione europea della sua Spagna ha complicato il percorso blanco, ma ha anche permesso l’esplosione di alcuni giocatori. Facundo Campazzo, rientrato alla base dopo l’esperienza da grande protagonista a Murcia e soprattutto Luka Doncic, superstar pronta a prendersi in mano il Madrid a soli 18 anni. La stagione del Real Madrid è partita con una miriade di infortuni. Non solo il già citato Sergio Llull ma anche Gustavo Ayon e Anthony Randolph out per mesi e altri infortuni minori che hanno colpito l’intero roster. La forza del Madrid è stata nel non destabilizzarsi, ma nel trovare sempre risorse nuove. L’inizio di stagione ha visto un Luka Doncic super protagonista. Lo sloveno ha giocato con una consapevolezza nei propri mezzi e una leadership da far impallidire chiunque, premiato anche come MVP del mese di ottobre. Poi col passare della stagione, la vecchia guardia madrilena ha preso in mano la situazione più volte. Il tempo sembra non passare mai per Felipe Reyes, Rudy Fernandez e Jaycee Carroll, pedine fondamentali dello scacchiere di Pablo Laso. La verticalità e le numerose opzioni del roster sono un vantaggio, ad esempio con giocatori come Jeffery Taylor e Trey Thompkins utilizzati spesso con compiti specifici (difensivi per il primo e come lungo tiratore per il secondo). Come già detto, il percorso del Real Madrid non è stato facile sin dai primi mesi di gioco della competizione, ma con il tempo si ha avuto il modo di recuperare giocatori chiave per la squadra. Da febbraio è tornato Gustavo Ayon, guarito dal brutto infortunio alla spalla e successivamente Anthony Randolph, giocatori importantissimi con le loro caratteristiche per il pitturato. Il Real Madrid si è qualificato in quinta posizione dopo aver a lungo occupato le prime posizioni, pescando un pericolosissimo Panathinaikos col fattore campo
a sfavore. Qui è avvenuta la “svolta” che ha permesso al Madrid di raggiungere le Final Four. Dopo aver preso una ripassata colossale in gara 1, il Real Madrid ha espugnato OAKA nella seconda gara della serie. Una volta che la serie si è spostata a Madrid, il graditissimo ritorno di Sergio Llull ha aggiunto quel qualcosa in più alla squadra. L’energia del 23 è stata eccezionale per un giocatore assente dai campi di gioco per oltre 8 mesi. Llull, seppur con energia limitata, ha segnato punti e giocato minuti importanti contro i greci. Reyes e Carroll hanno fatto il resto, risultando decisivi e dimenticandosi della carta d’identità. Ora il Real Madrid affronterà il CSKA Mosca di Nando De Colo, ma soprattutto del grande ex Sergio Rodriguez. Il Chacho affronterà il suo passato, ma in particolare affronterà la coppia Doncic-Llull praticamente per la prima volta in stagione ad eccezione delle ultime partite contro il Panathinaikos. Questa potrà essere una chiave fondamentale per il Madrid, con un Luka Doncic con meno pressioni (se mai fosse possibile) e responsabilità ben aiutato dai compagni Llull, Carroll e Reyes. I lunghi del Real Madrid dovranno sfruttare muscoli e centimetri superiori ai russi, con Randolph, Ayon e i 220 cm di Tavares contro Hines e compagni. Gli spagnoli cercheranno di premere sull’acceleratore, favorendo i ritmi alti e avranno come osservati principali le due superstar del CSKA, Sergio Rodriguez e Nando De Colo. Gli occhi di tutti saranno su Luka Doncic. Lo sloveno, probabile prima scelta al prossimo Draft NBA, è chiamato a fare la differenza e ad essere protagonista per riportare il trofeo a Madrid dopo 4 anni. Lo scorso anno Doncic soffrì enormemente il clima di Istanbul e la pressione degli uomini di Obradovic in grado di mandarlo completamente fuori giri, ma Istanbul è il passato e tutta la concentrazione è ora rivolta a Belgrado. ROSTER #1 Causeur, Fabien (F-195-87)
6.6 ppg, 1.6 rpg, 1.8 apg, 60.2% 2PT, 39.7% 3 PT, 70.5% FT
#2 Randle, Chasson (G-188-93)
2.6 ppg, 0.5 rpg, 1 apg, 43.3% 2PT, 45% 3PT, 75% FT
#3 Randolph, Anthony (C-211-89)
8.8 ppg, 4 rpg, 1.2 apg, 55.2% 2PT, 29.5% 3PT, 65.7% FT
#5 Fernandez, Rudy (F-196-85)
7.5 ppg, 2.4 rpg, 2.6 apg, 37.8 2PT, 37.8% 3PT, 90.7% FT
#6 Radoncic, Dino (F-202-1999)
1 ppg, 0.4 rpg, 0.1 apg, 66.7% 2PT, 16.7% 3PT
#7 Doncic, Luka (G-199-1999)
16.1 ppg, 4.8 rpg, 4.4 apg, 58.1% 2PT, 33.3% 3PT, 82% FT
#9 Reyes, Felipe (F-204-1980)
8.5 ppg, 4.4 rpg, 0.9 apg, 59% 2PT, 42.9% 3PT, 79.5% FT
#11 Campazzo, Facundo (G-179-1991)
8.4 ppg, 2.5 rpg, 4.8 apg, 41.9% 2PT, 38.3% 3PT, 83.3% FT
#14 Ayon, Gustavo (C-208-1985)
9.4 ppg, 5.8 rpg, 3 apg, 58% 2PT, 63.6% FT
#16 Yusta, Santi (F-200-1997)
2.4 ppg, 0.9 rpg, 0.8 apg, 60% 2PT, 27.3% 3PT, 71.4% FT
#20 Carroll, Jaycee (G-188-1983)
9.4 ppg, 0.9 rpg, 0.5 apg, 58.4% 2PT, 45.4% 3PT, 98.7% FT
#22 Tavares, Walter (C-220-1992)
6.5 ppg, 5.5 rpg, 0.4 apg, 66.7% 2PT, 63.6% FT
#23 Llull, Sergio (G-190-1987)
9.5 ppg, 1 rpg, 5.5 apg, 25% 2PT, 35.7% 3PT, 33.3% FT
#32 Kuzmic, Ognjen (C-214-1990)
1 ppg, 2 rpg, 33.3% 2PT
#33 Thompkins, Trey (F-208-1990)
9.4 ppg, 5.1 rpg, 1.1 apg, 54% 2PT41.7% 3PT, 81.3% FT
#44 Taylor, Jeffery (F-201-1989)
6.1 ppg, 1.9 rpg, 1.2 apg, 47.% 2PT, 35.7% 3PT, 71.4% FT
Head Coach: Pablo Laso
FENERBAHCE DOGUS ISTANBUL, UN REPEAT PER LA STORIA DI MARCO NOVELLO
“Vincere è difficile, ripetersi lo è ancora di più”, una massima molto in voga nel mondo dello sport che indica quanto oggigiorno il bis in una qualsiasi competizione, campionato o coppa europea che sia, risulti essere un’impresa ben più ardua rispetto ad una prima affermazione. Il Fenerbahce Dogus si presenta per la quarta volta consecutiva alle Final Four di EuroLega, la prima in assoluto da detentrice del massimo trofeo continentale conquistato poco più di 12 mesi fa tra le mura del Sinan Erdem Spor Salonu. La formazione di Obradović giunge all’atto finale di Belgrado con parecchie facce nuove; salutati Bogdanovic ed Udoh, la nuova proprietà ha deciso di investire pesantemente sul mercato portando alla corte del coach serbo i vari Guler, Wanamaker, Thompson, Guduric ed il nostro connazionale Nicolò Melli. Un ricambio indubbiamente non facile da gestire nemmeno per l’allenatore più titolato del vecchio continente, basti pensare che la corazzata turca in un sol colpo ha dovuto dire addio prima alla sua punta di diamante in attacco e poi a quello che è stato l’MVP delle Finals che hanno portato il primo titolo nella terra della mezzaluna. La stagione regolare disputata dai turchi è stata alquanto altalenante: dopo un girone di andata non troppo brillante, la squadra turca ha cambiato decisamente marcia nel corso del ritorno, arrivando fino al secondo posto finale in classifica. I nuovi hanno portato il loro contributo una volta inseritisi nel sistema Obradovic, Wanamaker ha ricoperto bene sia il ruolo di play che quello di guardia, il nostro Nicolò è risultato decisivo in entrambe le metà campo con talvolta prestazioni sontuose a livello offensivo, ma soprattutto il lungo reggiano si è sacrificato spesso in difesa sui lunghi più pericolosi tra gli avversari. Discorso diverso per quanto riguarda gli altri innesti: l’ex Galatasaray viene impiegato col contagocce nei momenti morti nel match; mentre per Guduric e l’ex NBA Thompson l’adattamento al gioco dei campioni uscenti è stato più graduale. Il sostituto di Bogdanovic è stato un diesel, inizio lento per trovare la giusta alchimia coi compagni per esplodere definitivamente nella serie contro il Baskonia. Thompson, invece, viene ora utilizzato come cambio di Vesely. Per ultimo, ma non per questo non meno importante, lo zoccolo duro mantenuto dalla dirigenza
non ha disatteso le aspettative: Sloukas e Datome sono le menti a servizio della squadra, il greco con la sua regia illuminata dispensa assist con una facilità impressionante, quasi innaturale; l’ala sarda è un tuttofare perfetto per una squadra di vertice. L’area pitturata, invece, è il territorio di caccia preferito di Jan Vesely finito spesso negli highlights settimanali grazie a giocate d’atletismo difficili da contrastare soprattutto nel vecchio continente. Kalinic e Duverioglu sono quelli che si occupano del gioco sporco uscendo dalla panca, lavoro spesso non gratificante ma se svolto nel modo corretto il posto nel roster di Obradovic è garantito. L’accoppiamento Play-Off di questa stagione è stato più complesso per i gialloblu, nonostante testa di serie #2 i turchi hanno incrociato le armi con il Baskonia dando vita a quattro gare spettacolari risolte solo negli ultimi minuti di gioco. Come è accaduto pure durante la RS, il Fenerbahce ha palesato delle difficoltà davanti al pubblico amico e se non fosse stato per Sloukas in gara 1 ed il duo Vesely-Kalinic in gara 2 probabilmente ora staremo scrivendo la presentazione della squadra spagnola. Il punto che alla fine ha promosso i campioni in carica all’ennesima final 4 lo ha portato, come già detto sopra, uno degli ultimi arrivati; Guduric con 22 punti e 26 di valutazione è stato l’MVP indiscusso di gara 4, momento clou della stagione. Il lascia passare per la terza finale consecutiva però passerà per la battaglia probabilmente più difficile per Obradovic ed il suo team, contro quello Zalgiris allenato da Šarūnas Jasikevičius. I lituani sono un avversario ostico, il gioco espresso è probabilmente il più particolare e complicato offerto dalle 4 finaliste. Non vi è una stella disegnata, anche se Pangos e Davies tendono a togliere spesso e volentieri le castagne dal fuoco ai baltici; ma il ritmo offensivo si basa sulla coralità, costruire buoni tiri facendo toccare a tutti quanti il pallone questo il credo dell’allenatore ex stella della nazionale lituana. Il pronostico pende dalla parte dei campioni della passata edizione; ma un upset, per quello visto in stagione, probabilmente stupirebbe in un primo momento ma Šarūnas in panchina anche l’impossibile può diventare realtà. ROSTER #1 Thompson, Jason (C-211-1986)
5.3 ppg, 4.1 rpg, 0.9 apg, 54.1% 2PT, 61.8% FT
#4 Melli, Nicolò (F-205-1991)
8.5 ppg, 5 rpg, 1.6 apg, 53.2% 2PT, 41.7% 3PT, 81% FT
#5 Hersek, Baris (F-208-1988) #10 Mahmutoglu, Melih (G-191-1990)
1.7 ppg, 0.5 rpg, 0.2 apg, 36.8% 2PT, 28.6% 3PT, 100% FT
#11 Wanamaker, Brad (G-193-1989)
11.3 ppg, 2.7 rpg, 3.8 apg, 46.1% 2PT, 33.6% 3PT, 85% FT
#16 Sloukas, Kostas (G-190-1990)
10 ppg, 2.6 rpg, 5.5 apg, 45.3% 2PT, 38.3% 3PT, 92.4% FT
#18 Arna, Egehan (F-203-1997)
2 ppg, 1 apg, 50% 2PT
#21 Nunnally, James (F-201-1990)
10 ppg, 2.2 rpg, 1.4 apg, 53.9% 2PT, 56.1% 3PT, 89.7% FT
#23 Guduric, Marko (G-196-1995)
7.1 ppg, 1.6 rpg, 1.9 apg, 67.1% 2PT, 46.1% 3PT, 87.5% FT
#24 Vesely, Jan (C-213-1990)
12.9 ppg, 5.6 rpg, 1.6 apg, 62.4% 2PT, 71.1% FT
#32 Guler, Sinan (G-192-1983)
2.3 ppg, 0.7 rpg, 0.9 apg, 18.2% 2PT, 60% 3 PT, 50% FT
#33 Kalinic, Nikola (F-202-1991)
5.6 ppg, 1.5 rpg, 1.2 apg, 66.7% 2PT, 29% 3PT, 80% FT
#35 Muhammed, Ali (G-178-1983)
6.3 ppg, 1.1 rpg, 1.3 apg, 37% 2PT, 46.4% 3PT, 66.7% FT
#44 Duverioglu, Ahmet (C-209-1993)
3.1 ppg, 1.7 rpg, 0.6 apg, 68.8% 2PT, 48% FT
#70 Datome, Luigi (F-203-1987)
9.5 ppg, 3.5 rpg, 1.2 apg, 50.4% 2PT, 44.2% 3PT, 91.3% FT
Head Coach: Zeljko Obradovic
ZALGIRIS KAUNAS, UNA CENERENTOLA PRONTA A VINCERE DI MICHELE DE LUCA
Seconda edizione delle F4 della nuova era del Basket Europeo e qualificazione già centrata per i verdi di Kaunas. Gli uomini di coach Jasikevicius si presentano a queste final four con un più che dignitoso record di 32 vittorie e 28 sconfitte negli ultimi due anni che, se osserviamo solo la stagione corrente, diventa un più che ottimo 18 vittorie e 12 sconfitte. La stagione dello Zalgiris è iniziata in modo abbastanza onesto per una squadra che tutti gli addetti ai lavori davano in una posizione tra il 13esimo e l’ultimo posto, 2 vittorie casalinghe e 3 sconfitte esterne arrivando ad un terzo di competizione sul 5-5. La differenza i lituani l’hanno fatta nella parte centrale della Regular season dove hanno inanellato 5 vittorie consecutive portando a casa anche qualche scalpo prestigioso (tra le big solo il Real è riuscito ad uscire indenne dallo scontro con i Verdi). Qualificatisi in post season come sesti, i Jasi Boys hanno pensato bene di staccare il biglietto per il gran ballo di Belgrado con la stessa delicatezza di un elefante in una cristalleria; 3- 1 rifilato all’ Olympiacos di sua maestà Vasilis Spanoulis (con due vittorie consecutiva al Pireo) e le lacrime di coach Jasikevicius ad incorniciare l’accesso alle F4 di Belgrado. In semifinale ora arriverà la sfida più dura, il Fenerbahce di Obradovic. La chiave del successo di questa “Cenerentola” è nel lavoro fatto dal suo coach. I Verdi di Kaunas hanno un’alternanza pressoché perfetta della ricerca dell’isolamento e del gioco di squadra. Jasikevicius infatti ha costruito un sistema di gioco che permette ai suoi ragazzi di alternare in continuazione attacchi in isolamento e circolazione di palla costringendo le difese avversarie a ri-settare continuamente il piano difesa perdendo così punti di riferimento precisi. In questo meccanismo perfetto, il coach lituano ha creato precise gerarchie e ruoli ben stabiliti nel team dando così a tutti consapevolezza di chi deve fare una determinata cosa e quando deve farla. Su tutti abbiamo Kevin Pangos, lui è il leader tecnico del roster, colui che detta i tempi, i ritmi, i
giochi, in pratica la trasposizione in campo del volere del coach, poi ci sono Ulanovas, maestro di post basso spalle a canestro e Aaron White, dominante atleticamente e in grado di punirti da fuori o attaccando il ferro e infine c’ è Arturs Milaknis un tiratore non più giovanissimo ma da 45.4% da 3 in stagione. Come detto, ora lo Zalgiris è atteso alla sfida della vita, affrontare e battere sua maestà F4 Obradovic. La chiave del successo in questa semifinale è tutta psicologica, il divario tecnico tra i due team è ampio ma gli uomini di coach Jasikevicius hanno già dimostrato in RS di essere in grado di giocarsela alla pari con la corazzata Obradovic e di accoppiarsi bene anche a livello atletico con il team campione d’ Europa in carica. I tuchi avranno il peso del pronostico e la pressione del dover vincere obbligatoriamente, se i lituani sapranno giocare con la freschezza mentale che li ha contraddistinti in tutta la regular season e nella serie playoff contro l’Olympiacos, l’approdo alla finale può essere più che un sogno. ROSTER: #0 Davies, Brandon (C-208-1991)
9.4 ppg, 3.3 rpg, 0.9 apg, 58.8% 2PT, 86.1% FT
#3 Pangos, Kevin (G 188-1993)
12.7 ppg, 2.7 rpg, 6 apg, 47.7% 2PT, 47.1% 3PT, 77.2% FT
#6 Toupane, Axel (F-201-1992)
7 ppg, 2. 1 rpg, 0. 5 apg, 54.5% 2PT, 39.5% 3PT, 71.6% FT
#9 Udrih, Beno (G-191-1982)
3.3 ppg, 1.5 rpg, 1.9 apg, 43.2% 2PT, 28.6% 3PT, 50% FT
#13 Jankunas, Paulius (F-205-1984)
11.4 ppg, 4.9 rpg, 1.5 apg, 59.7% 2PT, 36.4% 3PT, 83% FT
#19 Sajus, Martynas (C-208-1996)
0.4ppg, 0.2 rpg, 0.2 apg, 50% 2PT, 50% FT
#20 Masiulis, Gytis (F-206-1998)
1.2 ppg, 0.8 rpg, 0.1 apg, 66.7% 2PT, 100% 3PT, 75% FT
#21 Milaknis, Arturas (G-195-1986)
8.4 ppg, 2 rpg, 0.9 apg, 57.9% 2PT, 45.4% 3PT, 82.6% FT
#22 Micic, Vasilije (G-195-1994)
7.5 ppg, 2.2 rpg, 4.2 apg, 46.2% 2PT, 35% 3PT, 69% FT
#24 Arlauskas, Martynas (G-199-2000)
1ppg, 80% FT
#30 White, Aaron(F-206-1992)
9.1 ppg, 4.3 rpg, 1 apg, 57.3% 2PT, 39.2% 3PT, 75.9% FT
#44 Kavaliauskas, Antanas (C-208-1984)
5.6 ppg, 2.5 rpg, 0.8 apg, 61.7% 2PT, 77.8% FT
#66 Valinskas, Paulius (G-191-1995)
2.8 ppg, 1.2rpg, 0.8 apg, 42% 2PT, 31% 3PT, 77.8% FT
# 92 Ulanovas, Edgaras (F-198-1992)
7.4 ppg, 4.2 rpg, 2.2 apg, 52.4% 2PT, 47.5% 3PT, 78.3% FT
Head Coach: Sarunas Jasikevicius
GLI ALLENATORI DELLE FINAL FOUR, TUTTI NEL SEGNO DI OBRADOVIC DI MASSIMO TOSATTO
Mai in una manifestazione era stato più evidente il dominio di un allenatore che ha imposto il suo stile di gioco a tutti gli altri. Mai, infatti, 4 allenatori di una Final Four possedevano un legame così forte con uno di loro. Zelimir Obradovic ha stabilito, più che superato, tutti i record possibili in EuroLega. 26 anni dopo la sua prima finale, con un talentuoso Partizan guidato in campo da Sasha Djordjevic (ooops, un altro allenatore), è ancora alla Final Four, questa volta a Belgrado, la città delle sue radici. È così vincente, Zelimir, che a sorprenderti sarebbe la sua assenza. Infatti, dopo quel ’92, riuscì a vincere ancora nel ’94, nel suo unico anno a Badalona, con una squadra all’ultima fermata possibile dopo mille delusioni tra cui quella del Partizan dello stesso Obradovic, che infatti assunse forse con l’idea di vaccinarsi da Zelimir. Sì, perché solo Zelimir, per certi aspetti, può battere Zelimir, uno che abbia la sua stessa feroce determinazione, l’attenzione per il dettaglio, il carisma, e la capacità di scegliere e attrarre i giocatori. Non per niente, nel ’95, il Real vinse con Sabonis in campo e ancora Zelimir ad allenare tutti tranne il lituano, che non ha mai avuto bisogno di allenatori in senso cestistico: lui il suo basket lo creava da sé. E in quel ’95 un playmakerino da Vitoria, paesi Baschi, atterrò nella capitale spagnola, un ragazzetto che aveva esordito a 14 anni e che bilanciava il suo 1,80 di altezza, con una grinta e un’astuzia che gli concessero 20 anni di basket professionistico. Pablo Laso non giocava molti minuti, ma era il tipo di giocatore che piace a Zeljko, uno di quelli che dice al suo coach: “Dimmi cosa devo fare per vincere e io lo faccio”. Piccolo, scattante, furbo, con le labbra piatte da
contadino e occhi piccoli, come due opali scavate nel volto, non faceva pensare alla carriera che avrebbe fatto da allenatore. E forse non ci crede neanche lui, che si dispera sulla linea laterale del campo, con quel fisico troppo affezionato al jamon serrano, ma immutata l’astuzia e la conoscenza cestistica. L’incrocio con Laso durò appena due anni, prima che Zeljko andasse alla Benetton, dove vinse una Supercoppa italiana e una Saporta, ritrovando Tomas Jofresa, uno dei due fratelli simbolo del Badalona, e Zeljko Rebraca, che aveva lanciato nel Partizan. Ma nel ’99 venne l’offerta del Panathinaikos. Un’offerta irrinunciabile, date le risorse che la squadra avrebbe dedicato allo sforzo per vincere. La prima scelta che Zeljko fece riguardò il suo vice, e mai preferenza fu più azzeccata. Dimitris Itoudis è un macedone, con un volto che sembra uscito da una figura di un’anfora dei tempi di Filippo il Grande. I capelli nerissimi sembrano una criniera e gli donano quel volto da condottiero che aiuta. Dimitris ha uno sguardo orgoglioso, forte, uno dei pochi che può sopportare le sfuriate di Zeljko e rispondere con assoluta onestà. Nei loro 13 anni insieme si sono visti una miriade di volte discutere animatamente sulla linea laterale, e mai come in questi casi ci si è chiesti come facessero a stare insieme. Ma il carattere di Zeljko esige un’onestà e un’apertura assoluta, e Dimitris questo lo aveva capito subito. Il loro rapporto è stato solo in parte quello di un coach e assistente. Itoudis è cresciuto di fianco a Zeljko, che nel tempo gli ha lasciato spazio e possibilità di parlare anche nei time-out. Un processo di maturazione sfociato naturalmente nel lavoro di head coach al CSKA. E in quegli anni un’altra mente fina si aggregò al Pana: Sarunas Jasikevicius, di ritorno dagli Stati Uniti, si fermò ad Atene sponda verde per formare con Diamantidis e Spanoulis uno dei gruppi di maggior fosforo della storia del basket, un trio degno del Nobel cestistico. Insieme a Obradovic e Itoudis in panchina dominarono l’EuroLega del 2007 vincendo in finale con il CSKA. Nella sua autobiografia, “Vincere non basta”, Sarunas ha parole di grande stima per Obradovic. “La sua autorità è indiscutibile e quando parla lui tutti stanno zitti. Altrettanto vero, però, che incoraggia il dialogo e il confronto durante gli allenamenti e le riunioni. Tutto ciò che è onesto, per lui va bene. Non c’è posto per le stronzate con Zeljko.” Nel 2012 Zeljko lasciò il Pana e si accasò al Fenerbahce, per iniziare una nuova dinastia. Itoudis, cresciuto, non lo seguì ed ebbe l’opportunità di allenare il CSKA. Nel 2016, in finale, il maestro e l’allievo si incontrarono e mai come allora si dimostrò che per battere Obradovic ci vuole Obradovic: uno con la sua mentalità, la sua voglia, la sua conoscenza del basket. E chi più di Dimitris Itoudis conosce Zeljko da dentro? Dopo la finale, Obradovic strinse la mano di Itoudis con rabbia. Camminava nervoso sul parquet, cosciente della sconfitta e di chi gliel’aveva inferta, a conferma che gli antichi dei non avevano tutti i torti a mangiarsi i figli per impedire che prendessero il proprio posto. Ma Zelimir, come un buon padre, i suoi figli cestistici li ha lasciati andare in giro per il mondo e se li ritrova, adesso, tutti davanti alle Final Four di Belgrado, che per lui sono un gigantesco meet-up di tutta la sua vita. Dal Partizan della sua giovinezza, alla famiglia, gli amici. E gli allievi, almeno i più bravi. Per quanto, poi, sia limitante dire che Saras e Pablo hanno avuto lui e basta come maestro. Ne hanno avuti tanti, ma di questi nessuno ha poi schierato tre allievi alle Final Four di EuroLega nello stesso momento. Questo è il destino dei grandissimi come Zelimir Obradovic, di quelli che creano il proprio mondo cestistico e lo impongono agli altri, ma poi devono pagare la tassa di quello che loro stessi hanno fatto, trovandosi di fronte coloro che da lui hanno imparato. E il duello contro sé stessi, o contro coloro che tu stesso hai generato, è il più difficile di tutti. In bocca al lupo, Zelimir.
RASHARD GRIFFITH: ˝JASIKEVICIUS NON MI HA SORPRESO. VINCERE L’EUROLEGA LA MASSIMA EMOZIONE POSSIBILE˝ DI MASSIMO MATTACHEO
Rashard Griffith è stato uno dei lunghi americani più forti visti in Serie A nel corso degli ultimi vent’anni: perno imprescindibile del gioco della Virtus di Ettore Messina, con la squadra bolognese ha scritto pagine indelebili di pallacanestro. Indimenticabile per lui e per la squadra la stagione 2000-01, quella del Grande Slam: la Virtus vinse Coppa Italia, Scudetto ed EuroLega. Quest’ultima al termine di una tiratissima serie contro il TAU Vitoria, in cui a fare la differenza a favore della Virtus fu la possibilità di disputare la quinta e decisiva partita in casa, davanti al proprio pubblico. In quell’occasione Griffith fu decisivo nel successo della squadra italiana, che l’anno successivo arrivò nuovamente alla finale di EuroLega in casa, perdendo però contro il Panathinaikos di Zeljko Obradovic, guidato in campo da un Dejan Bodiroga versione extralusso. Con Rashard Griffith abbiamo parlato dell’imminente Final Four di Belgrado, delle squadre che sono arrivate in fondo alla competizione e delle emozioni date dalla vittoria dell’EuroLega. Rashard, ha avuto modo di seguire l’EuroLega in questa stagione? Credi che a Belgrado siano arrivate le quattro squadre migliori? ˝Sì, ho seguito l’EuroLega in questa stagione e credo che le squadre che sono riuscite ad arrivare alla Final Four siano le migliori in Europa. Ognuna di loro si è guadagnata il risultato che ha ottenuto: hanno i migliori giocatori e allenatori della competizione e sono club ricchi di storia˝. Quale squadra ha sorpreso maggiormente? Perché? ˝A mio modo di vedere nessuna di queste squadre è stata una sorpresa, perché giocano in campionati duri che hanno permesso loro di crescere e farsi trovare pronti per le partite decisive di EuroLega˝.
Pensa che sia meglio una gara secca o una serie (come nel caso di Bologna-Vitoria 2001) per decidere la squadra campione d’Europa? ˝Penso che sia migliore la modalità simile a quella utilizzata nel 2001, perché ogni squadra avrebbe potuto vincere la partita. Credo anche che in una serie al meglio delle cinque o delle sette gare premi quasi sempre la squadra migliore e più forte rispetto che una gara secca˝. Rashard, da giocatore ha affrontato più volte Jasikevicius. Si aspettava una sua carriera così brillante come allenatore? ˝È stato un grande giocatore che ha saputo vincere al massimo livello nel corso della sua carriera. Come allenatore la sua bravura è stata quella di adattarsi e di comprendere al meglio quello che andava fatto: non sempre la transizione da giocatore ad allenatore è così semplice e lui ci è riuscito in breve tempo˝. Quali emozioni si provano a vincere l’EuroLega? E cosa serve per arrivare fino in fondo alla competizione? ˝Ci si sente in cima al mondo, nessuna emozione è maggiore rispetto a quella di sapere che la squadra per cui giochi è la migliore d’Europa. Per arrivare fino in fondo serve avere grandi energie fisiche e mentali, essere in ottime condizioni perché la strada per vincere è molto lunga e dura. Come squadra, ognuno deve essere focalizzato sull’obiettivo comune e si devono limitare gli infortuni nel corso della stagione, in modo da essere sempre la migliore versione possibile di se stessi˝. A tuo modo di vedere, la NBA ha influenzato lo stile di gioco europeo? ˝No, per me è stato il contrario, perché è stata l’Europa a modificare lo stile di gioco americano. Si gioca di più uptempo e i lunghi che possono giocare in diverse posizioni, sia nel pitturato che sul perimetro è qualcosa che si è mutuato dall’Europa˝. Luka Doncic può essere protagonista da subito in NBA? ˝Sì, per me può avere un ruolo importante fin da subito in America, perché nello stile di gioco delle squadre NBA gli spazi sono più aperti rispetto che nella pallacanestro europea. Doncic in questo modo può mettere in mostra tutte le sue grandi qualità fin da subito˝.
SERGIO RODRIGUEZ, UN VINCENTE PER IL CSKA DI MARCO ARCARI Quando si gioca per una squadra come il CSKA, l’obiettivo stagionale minimo è raggiungere l’ultimo atto della EuroLeague: non è un caso se i moscoviti sono alla settima partecipazione consecutiva alle Final Four (quindicesima negli ultimi 16 anni). Un obiettivo raggiunto anche per enormi meriti personali di Sergio Rodriguez, fenomenale playmaker spagnolo capace di non far rimpiangere il genio Milos Teodosic. Arrivato dalla NBA, dopo aver accettato una consistente offerta triennale del CSKA, El Chacho ha saputo prendere in mano le chiavi della squadra in pochissimo tempo, confermandosi giocatore dominante: 14.1 punti e 5.0 assist di media, tirando col 59.1% da due e col 44.6% da tre e disputando una serie di Playoffs, contro il Khimki di Shved, da assoluto protagonista anche a causa dell’assenza forza di Nando De Colo. In uscita dalla panchina o schierato nel quintetto iniziale, poco cambia per Rodriguez, che si è confermato giocatore capace di indirizzare una partita anche con pochissime azioni a disposizione e, nei Playoffs, si è trasformato in primo violino offensivo di un sistema che suona praticamente sempre la stessa, stupenda, melodia. Coach Itoudis gli ha permesso di esprimere liberamente il proprio talento e Rodriguez l’ha ripagato con seconda miglior stagione a livello di statistiche personali in EuroLeague, dietro solamente all’annata che lo vide consacrarsi come MVP della competizione quando vestiva la camiseta blanca del Madrid. Avremmo potuto scegliere altri due giocatori di cui parlare in questo spazio dedicato. Sicuramente Nando De Colo, poiché la guardia francese ha disputato un’altra stagione irreale: in quattro annate consecutive con la maglia del CSKA, il trentenne di Sainte-Catherine ha sempre chiuso con 50-40-90 di media per percentuali da due, da tre e ai liberi. Cifre incredibili per quello che, a tutti gli effetti, è la prima bocca da fuoco del galeone moscovita; il problema, per chi lo incontra, è che De Colo non si inceppa praticamente mai (in sole quattro occasioni, su trenta incontri giocati in stagione, non è andato in doppia cifra per punti realizzati. L’altro giocatore da segnalare è Will Clyburn, ala statunitense classe 1990 prelevata dal Darussafaka di coach Blatt per farne punto fermo del sistema russo. Rimbalzista eccellente, atleta disarmante per semplicità nel
dominare fisicamente anche contro avversari cui paga stazza, Clyburn si è preso la scena in più occasioni ed è stato fondamentale, al pari di Rodriguez, nella serie contro il Khimki (12.3 punti, 7.8 rimbalzi e 1.5 assist di media in quattro gare). La scelta ricade però su El Chacho per due motivi. Anzitutto, non far rimpiangere Teodosic sarebbe stato compito arduo anche per un fenomeno come lo spagnolo; riuscirci, peraltro, in metà stagione è sintomo della maturità cestistica raggiunta dal playmaker di San Cristóbal de La Laguna, il quale, rispetto al serbo, ha uno spiccato killer-instinct ed è più costante al tiro. Inoltre, la coesistenza con De Colo si sarebbe potuta rivelare più complicata del previsto, ma in ciò Rodriguez ha dimostrato, ancora una volta, di essere un giocatore capace di anteporre il bene del collettivo alle statistiche personali, accettando anche un ruolo di “secondo” (per quanto lo stipendio che egli percepisce potrebbe contraddire tale tesi). La semifinale contro il Real avrà anche il sapore agrodolce della sfida contro tanti ex-compagni e amici ma, come dichiarato dallo stesso Rodriguez nel blog di Euroleague.net, la forza di un grande giocatore in queste occasioni sta anche nella capacità di non lasciarsi condizionare dalle emozioni e di saper rispondere prontamente a quei momenti negativi che sicuramente capiteranno nel corso dei 40’ di semifinale (e, nel caso, di finalissima). Numericamente l’impatto del numero 13 potrebbe risultare non così fondamentale, se si rapportassero i numeri del CSKA con e senza la sua presenza sul parquet. Risulta chiaro, però, che la forza dei russi stia nella profondità e nel talento di tutto l’organico a disposizione, con due potenziali first-unit da poter schierare all’occorrenza. Ciononostante, El Chacho è stato secondo per triple realizzate (77), ottavo per assist (143) e diciannovesimo per valutazione in Stagione Regolare, mentre nei Playoffs ha aumentato esponenzialmente il proprio rendimento, per i motivi sopracitati: secondo per triple realizzate (13), per punti segnati (77), per valutazione (91) e terzo per assist smazzati ai compagni (26). Resta solo da capire se il rientro di De Colo – che pare certo per le F4 – potrà costituire un problema per il rendimento di un Rodriguez ormai padrone del gioco moscovita: se così non dovesse accadere, i duelli con Llull e Doncic rappresenterebbero uno dei più bei climax stagionali in questa EuroLeague.
JAYCEE CARROLL, LO SPECIALISTA INFALLIBILE DEL REAL DI MARCO ARCARI
Il miglior tiratore nella storia della competizione, con buona pace de “La Bomba” (Juan Carlos Navarro) o dell’Assassino dell’Alaska (Trajan Langdon) e di tutti quelli che ci dimenticheremmo nello stilarne un elenco. A 35 anni chiude un’altra stagione da 50-40-90 in EuroLeague e arriva a uno spaventoso 43.6% di media da oltre l’arco dei 6.75 in carriera nella massima competizione europea per club. Tra le file dei blancos avremmo potuto scegliere altri giocatori, perciò motiviamo la scelta in più direzioni. Innanzitutto, su Luka Doncic abbiamo speso fin troppe parole e, al netto di un talento abbacinante, dopo un inizio di stagione stratosferico lo sloveno ha avuto non poche difficoltà, mascherate solamente da statistiche comunque impressionanti. Facundo Campazzo, invece, si è consacrato anche con la camiseta blanca e avrebbe meritato la menzione in questa nostra guida, ma coach Laso ha recentemente dichiarato che non sa quale potrà essere l’impiego dell’argentino nelle Final Four di Belgrado, perciò sarebbe un azzardo pronosticare un suo impatto decisivo salvo poi vedergli concessi solo pochi minuti a causa di un recupero fisico non ancora completato al cento per cento. Sergio Llull, infine, ha giocato troppe poche partite per poter rientrare in questo spazio dedicato, sebbene nei Playoffs contro il Panathinaikos abbia comunque dimostrato di essersi ristabilito e di aver ripreso subito in mano le chiavi di un Real Madrid che, potendo contare sulla propria “furia rossa”, aumenterà esponenzialmente le proprie possibilità di vittoria finale. Scegliamo, quindi, Jaycee Carroll. Fenomenale nella serie contro i verdi di Atene, in cui ha tirato col 61.5% da tre mettendone 12 di media (in due occasioni 17) in soli 22’ circa di impiego. Irreale per meccanica di tiro e per qualità in uscita dai blocchi, in stagione ha prediletto molto i tiri presi nel quarto di campo a sinistra rispetto al ferro (93 dei 219 tiri complessivi) e ha reso moltissimo non solo come tiratore da oltre l’arco, bensì anche tra 1.5 e 4 metri dal ferro (il 31.5% dei suoi tiri è stato scoccato in quel range di distanza). Ciò significa
che, come già nelle passate stagioni, Carroll è un giocatore che non ha bisogno di tenere il possesso per creare punti, ma che sa anche variare soluzioni offensive con penetrazioni al ferro o arresti-e-tiro dalla media. Uscendo sempre dalla panchina, Carroll è stato il giocatore chiave per piazzare parziali importanti a favore dei blancos o per ricucire strappi; non inganni il minutaggio medio della Stagione Regolare (soli 15’) perché nelle partite importanti è sempre stato chiamato in causa e ha sempre risposto con prestazioni degne di nota, ad eccezione della gara d’andata contro il CSKA Mosca. Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta dai tempi della firma con Teramo e della sua unica stagione in Serie A (chiusa con 15.9 punti e 4.6 rimbalzi di media) e Carroll ha visto una completa trasformazione da comboguard in pura guardia tiratrice, letale come poche altre nel panorama continentale. Vederlo giocare ha sempre riconciliato con la pallacanestro, ma ultimamente il naturalizzato azero riesce a sorprendere ancora di più: a 35 anni continua a dominare una pallacanestro ad altissimi livelli, risultando fondamentale per le fortune del Real Madrid, poiché i castigliani non hanno mai voluto prendere un sostituto o un backup dal lontano 2011 e continuano ad affidargli le proprie sorti in più di un’occasione. Dovesse riuscire a trovare spazio anche a Belgrado, siamo certi che potrebbe indirizzare la semifinale col CSKA come già successo a Mosca nella gara di ritorno della Regular Season. Il dubbio, tuttavia, deriva dallo spazio che avrà a disposizione. Con i rientri di Campazzo e Llull coach Laso potrebbe proporre quintetti con Doncic schierato anche da guardia (per quanto, non ci stancheremo mai di ripeterlo, i ruoli sono ormai anacronistici se non meglio specificati) e lo stesso Carroll vedrebbe così diminuire i propri minuti potenziali sul parquet. Ciò non toglie nulla, però, alla sua insostituibilità: il Real non ha un altro tiratore con le stesse caratteristiche e non può fare a meno delle uscite dai blocchi di Carroll, specie in una pallacanestro in cui la ricerca della perimetralità è ormai imprescindibile e in cui i madrileni sono risultati secondi per triple tentate durante RS e Playoffs, con 25,6 a partita (dietro solamente al Khimki di Shved, primo a quota 27.5).
NICOLO’ MELLI, DUTTILITA’ AL SERVIZIO DEL FENERBAHCE DI MARCO ARCARI
Chi si ricorda di quel giovane di belle speranze che a Milano era sacrificato nel fare solo le “sponde” per i compagni, ma ciononostante riusciva comunque a risultare fondamentale per i successi dei biancorossi? Noi, ad esempio. Nicolò Melli è uno dei più grandi rimpianti dei tifosi milanesi, ma non solo. All’estero ci hanno visto lungo e due grandissimi allenatori come Trinchieri e Obradovic hanno voluto credere in lui. Risultato? Uno dei migliori 4 (all’occorrenza anche 5) in circolazione. Sotto la sapiente guida dell’allenatore dei turchi, Melli ha compiuto quell’ulteriore salto di qualità – rispetto alle stagioni col Brose Bamberg di coach Trinchieri – che gli ha permesso di consacrarsi definitivamente a 27 anni. Non ingannino le statistiche stagionali (8.5 punti, 5.0 rimbalzi e 1.6 assist di media a partita, in 34 gare di cui 16 nel quintetto iniziale dei turchi) perché l’apporto del giocatore italiano è andato ben oltre i semplici numeri. Ala grande molto duttile e performante in ambo le fasi di gioco, all’occorrenza centro adattato di assoluto rendimento e playmaker aggiunto grazie a grandi doti di passatore e ad abili letture del gioco, Melli è diventato uno dei punti fermi del Fenerbahce campione d’Europa in carica. Non che la cosa debba stupire più di tanto, poiché il nativo di Reggio nell’Emilia ha sempre avuto i numeri per diventare un grandissimo giocatore a livello di EuroLeague. Semplicemente aveva bisogno di un contesto che ne valorizzasse doti tecniche e atletiche: il sistema di gioco di Trinchieri, con predilezione assoluta per l’ala grande o spot 4, lo ha forgiato, ma la guida di Obradovic lo ha reso fenomenale risolutore di partite e giocatore dalla consapevolezza spaventosa, capace di prendere sempre la decisione migliore per il bene della squadra. Sono tanti i giocatori di talento nel roster dei turchi – alla quarta partecipazione consecutiva alle Final Four – e molti di essi probabilmente meriterebbero la menzione in questo nostro spazio dedicato. Partendo da Kostas Sloukas, playmaker tanto sublime quanto sottovalutato, per arrivare a Jan Vesely, passando per Brad
Wanamaker, Nikola Kalinic e James Nunnally, senza peraltro dimenticarci di Luigi Datome. Melli, tuttavia, merita più di altri la menzione non solo per la stagione fin qui disputata, con una stupenda Gara-4 nei Playoffs contro il Baskonia, ma anche per l’importanza riviste nel sistema di Obradovic. Le qualità del giocatore italiano sono risultate spesso utili per sopperire alle giornate “no” di alcuni compagni, come nel caso di un opaco Jason Thompson proprio nella Serie Playoffs contro i baschi. Non solo, perché Melli è stato anche in grado di variare notevolmente le sue soluzioni offensive, sfruttando al meglio qualsiasi posizione di tiro e non concentrandosi unicamente sugli scarichi dei compagni per il tiro da tre punti (come avveniva, spesso e volentieri, nell’esperienza milanese). L’apporto del classe 1991, comunque, va oltre le semplici statistiche: aiuti difensivi, letture, gioco senza palla e capacità di giocare anche spalle a canestro rappresentano tutti aspetti non identificabili numericamente ma fondamentali nel corso di una partita di pallacanestro. E in tali situazioni Melli è uno dei migliori giocatori europei, sbocciato definitivamente, come una rosa arbustiva, in due occasioni diverse: la primavera in Germania, l’autunno in Turchia. Ora, resta da capire quante possano essere le possibilità di successo in queste Final Four di Belgrado per i turchi di Istanbul. Sicuramente il Fenerbahce, nei pronostici stagionali, è stato indicato da molti come una delle favorite principali alla vittoria finale, ma l’effetto dell’inaspettato exploit lituano potrebbe non essersi già esaurito, permettendo così alla squadra di Jasikevicius di dare molto filo da torcere agli avversari in semifinale. Il pieno recupero di Thompson e Kalinic – non a livello fisico, quanto piuttosto a livello di impatto sul match – sarà una chiave imprescindibile per raggiungere l’obiettivo finale della stagione, mentre il duello Sloukas-Pangos deciderà complessivamente, almeno per buona parte, anche la sfida tra le due squadre. Ritorna di prepotenza, allora, l’utilità di Melli come all-around player: capace di sostituire Thompson nelle vesti di 5 adattato, abile come passatore e quindi impiegabile come rifinitore in caso le difese avversarie dovessero togliere ritmo e spazi agli esterni più abili del Fenerbahce; ma soprattutto totem difensivo di una squadra che ha avuto la miglior difesa della Regular Season, con soli 73.6 punti subiti a partita. Un secondo successo dei turchi nella prima competizione europea per club, unito a due buone prove personali, potrebbe rappresentare di riflesso la terza fioritura di Nicolò. E i rimpianti, a Milano, aumenterebbero ancora di più.
KEVIN PANGOS, A SELF-MADE LEADER DI MARCO ARCARI
Chi se non lui, in questo Zalgiris delle meraviglie? Guidato in panchina da uno dei più grandi playmaker della storia, il giocatore classe 1993 si è consacrato definitivamente anche in EuroLeague con una stagione da 12.7 punti e 6.0 assist di media, oltre a un incredibile 47.1% dalla lunga distanza (11° nella classifica per percentuale da tre, ma terzo tra i giocatori con almeno 100 triple tentate in stagione, dietro a De Colo e Waczynski). Leader della squadra rivelazione, Pangos ha saputo dominare la competizione non solo come rifinitore – in ben sette occasioni ha smazzato almeno 10 assist – ma anche come realizzatore principale della squadra. L’asse costituito con Davies è stato fondamentale nella corsa dei lituani e ha permesso al centro exVarese di diventare un giocatore di assoluto livello anche nella sua carriera in Europa (in NBA lo si era visto con le maglie di 76ers e Brooklyn Nets); a tal proposito, la connection tra i due ha dato i frutti migliori durante le 4 sfide di Playoffs contro i greci dell’Olympiacos. Mai come nel caso di Pangos, i numeri sembrano mentire. Infatti, analizzando statistiche avanzate si nota come con Pangos in campo lo Zalgiris abbia molte statistiche peggiori rispetto a quando il playmaker è seduto in panchina: Def Rtg che passa da 101.3 (con Pangos in campo) a 92.4 (senza il playmaker sul parquet), percentuale media da tre punti degli avversari che sale da 30.9% al 39.1% quando Pangos è in quintetto. Ciò che migliora, quando il canadese viene chiamato in causa, sono le giocate difensive (ossia la somma di recuperi, stoppate e falli in attacco degli avversari) che aumentano da 109 (nei 436’ minuti che lo Zalgiris ha giocato senza Pangos in quintetto) a 208 (nei restanti 944’). Interpretando tali dati si scopre come Pangos sia sicuramente il “faro” della squadra lituana – anche perché con lui sul parquet solo il 15.7% dei possessi si conclude con un turnover – ma anche un giocatore in grado di fare la differenza in fase difensiva. Le cifre relative al Def Rtg, essendo proiezioni sui 100 possessi, sono inficiate dalla differenza di possessi che lo Zalgiris
gioca con e senza il suo giocatore-chiave, pertanto debbono essere rilevate ma non esasperate per giustificare il rendimento di Pangos. Inoltre, bisogna anche analizzare come cambiano le percentuali della squadra di coach Jasikevicius: si passa da 53.3% da due e 39.6% da tre quando Pangos è spettatore interessato, a 54.7% da due e 43.6% da tre quando il numero 3 è coinvolto. I quattro punti percentuali di differenza nel tiro pesante sono un dato significativo, per quanto lo Zalgiris sia stata la squadra che meno si è affidata al tiro da oltre l’arco durante questa annata europea (con sole 16.9 triple tentate a partita, contro le 25.6 del Real, o le 20.6 del Fenerbahce). L’inserimento del playmaker (che ha anche nazionalità slovena) nel secondo quintetto della competizione è un riconoscimento anche al sistema-Zalgiris, creato sapientemente da coach Jasikevicius e gestito magistralmente, sul parquet, dallo stesso Pangos. Dopo essere stato uno dei record-man della gesuitica Gonzaga University – unico giocatore capace di mettere insieme 1.700 punti, 500 assist e 150 rubate ma anche di riscrivere il record di triple realizzate – non venne draftato nel 2015 e si accasò allora a Gran Canaria. Trovando in Steve Nash il suo punto di riferimento cestistico, Pangos si è lentamente trasformato da gran realizzatore in eccellente passatore e difensore, ma anche in giocatore dallo spiccato IQ e molto competitivo. Tyus Edney, in un’intervista rilasciataci qualche settimana fa, ha ritenuto fondamentale l’esperienza a Gonzaga per la crescita di Pangos, ma è altrettanto vero come il giocatore non abbia affatto sofferto l’ambientamento in Europa e, in sole tre stagioni, sia diventato uno dei migliori playmaker sulla scena continentale. Non è un caso se le sue prestazioni abbiano suscitato l’interesse di molti top-club europei – il Barça, su tutti – anche se il sogno, mai nascosto, è quello di provare l’esperienza in NBA. Al netto di una stagione comunque strepitosa, il bello viene ora. Alle Final Four di Belgrado, Pangos sarà chiamato a confrontarsi col gotha dei playmaker presenti in EuroLeague, quali Sergio Rodriguez, Kostas Sloukas, Luka Doncic e via dicendo. Jasikevicius ha sostenuto con fermezza che il suo Zalgiris è squadra capace di battere chiunque, spazzando via ogni possibile visione di una squadra con poche possibilità di vittoria finale, ma sa bene che ciò dipenderà dal suo leader in campo. Se Pangos dovesse replicare le ottime prestazioni fornite nei Playoffs o in alcune occasioni di Stagione Regolare, lo Zalgiris potrebbe non solo mettere in difficoltà i turchi del Fenerbahce (già battuti una volta in stagione), ma anche arrivare al championship game con una consapevolezza impronosticabile.
RINGRAZIAMENTI
Massimo Mattacheo
Responsabile Redazione Europa
Matteo Andreani
Responsabile Redazione Europa
Marco Arcari
Redazione Europa
Stefano Bartolotta
Redazione Europa
Michele de Luca
Redazione Europa
Marco Novello
Redazione Europa
Mitja Stefancic
Redazione Europa
Massimo Tosatto
Redazione Europa
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