Luciano Bianciardi
La rivoluzione deve cominciare in interiore homine
Novembre 2016
Lui era Luciano Bianciardi
Grande scrittore e grande uomo. Lui però non ne era cosÏ convinto.
Luciano Bianciardi è di Grosseto, è interessante. Ancora più interessante è che diventa uno dei primi redattori della casa editrice Feltrinelli (siamo nel 1955) e che Giangiacomo lo licenzia quasi subito: “scarso rendimento”. Vive di traduzioni dall’americano; chi è vecchio ricorderà strani ma gustosi giri di frase nella prosa di Henry Miller e Jack Keruac e… Intanto scrive (benissimo) libri che oggi si leggono con gusto e, i vecchi, con profitto: il meglio del ’68, ’78, ’88, ecc. lo diceva già lui senza tirarsela tanto. E poi? Eppoi: un solo momento di successo, libri poco amati da pubblico, critica e politicizzati e, i vecchi apprezzeranno, una raffica grandiosa di: “collaborazioni con riviste non intellettuali: Kent, Executive, Playmen, il Guerin Sportivo, ABC”
14 novembre 1971. Luciano Bianciardi muore nella sezione D, letto 106, reparto di Medicina Interna, Ospedale San Carlo, Milano. Era stato ricoverato 19 giorni prima, dopo essere stato raccolto per strada ÂŤin avanzato stato di coma etilicoÂť. Al suo funerale si presentano in quattro.
Oggi tutti si ricordano “la dolce vita” ma nei primi anni ’60 il discorso, anzi la chiacchiera, era un libro. Un libro di Luciano Bianciardi.
Ecco un estratto da La Vita agra, Rizzoli, 1962
Cioè, dico: 1962
…
No, Tacconi, ora so che non basta sganasciare la dirigenza politicoeconomico-social-divertentistica italiana. La rivoluzione deve cominciare da ben più lontano, deve cominciare in interiore homine. Occorre che la gente impari a non muoversi, a non collaborare, a non produrre, a non farsi nascere bisogni nuovi, e anzi a rinunziare a quelli che ha. La rinunzia sarà graduale, iniziando coi meccanismi, che saranno aboliti tutti, dai più complicati ai più semplici, dal calcolatore elettronico allo schiaccianoci. Tutto ciò che ruota, articola, scivola, incastra, ingrana e sollecita sarà abbandonato. Poi eviteremo tutte le materie sintetiche, iniziando dalla cosiddetta plastica. Quindi sarà la volta dei metalli, dalle leghe pesanti e leggere giù giù fino al semplice ferro. Né scamperà la carta. Eliminati carta e metallo non sarà più possibile la moneta, e con essa l’economia di mercato, per fare posto a un’economia di tipo nuovo, non del baratto, ma del donativo. Ciascuno sarà ben lieto di donare al suo prossimo tutto quello che ha e cioè – considerando le cose dal punto di vista degli economisti d’oggi – quasi niente. Ma ricchissimo sarà il dono quotidiano di tutti a tutti nella valutazione nostra, nuova.
Saranno scomparse le attività quartarie, e anzitutto i grafici, i P.R., e i demodossologi. Spariranno quindi le attività terziarie, e poi anche le secondarie. Le attività del tipo primario – coltivazione della terra – andranno man mano restringendosi, perché camperemo principalmente di frutti spontanei. È ovvio che a questo si arriverà per gradi, e non senza arresti o inciampi. Agli inizi formeremo appena delle piccole comunità, isolette sparute in mezzo allo sciaguattare dell’attivismo, e gli attivisti ci guarderanno con sufficienza e dispregio. Per parte nostra, metteremo alla porta con ferma dolcezza i rappresentanti di commercio, gli assicuratori e i preti. Avremo eletto per nostra dimora le zone meno abitate, cioè quelle che hanno clima migliore. A poco a poco vedremo la nostra isola crescere, collegarsi con altre isole fino a formare una fascia di territorio ininterrotto. E un giorno saranno gli altri, gli attivisti, a ridursi in isola; poche decine di longobardi febbrili aggrappati a rotelle e volani, con gli occhi iniettati di sangue. Forse non riusciremo mai a vincerli alla nostra causa, e resteranno lì a correre in circolo, a firmarsi l’un con l’altro cambiali, a esigerne il pagamento. Ridotti così in pochi, man mano che i meno saldi muoiono d’infarto, formeranno un cerchio sempre più angusto e rapido, fino a scomparire da sé. E noi li staremo a guardare dall’esterno, sorridendo.
Il lavoro si sarà per noi ridotto quasi a zero, vivendo dei frutti spontanei della terra e di pochissima coltivazione. Saremo vegetariani, e ciascuno avrà gli arredi essenziali al vivere comodo, e cioè un letto. Il problema del tempo libero non si porrà più, essendo la vita intera una continua distesa di tempo libero. Scomparsi i metalli, gli uomini avranno barbe fluenti. Scomparse le diete dimagranti e i pregiudizi pseudoestetici, le donne saranno finalmente grasse. Scomparsa la carta, non avremo né moneta né giornali né libri. Perciò, trasmettendosi le notizie di bocca in bocca, noi non sentiremo né le false né le superflue. Senza libri, la letteratura dovrà tramandarsi per tradizione orale, e la tradizione orale non potrà non scegliere i soli capolavori. Vedremo automobili ferme per via, senza più carburante, e le abbandoneremo ai giochi dei bambini, ai quali però nessuno dovrà dire che cosa erano, a che cosa servivano quelle cose un tempo. Ovunque cresceranno vigorose erbe e piante, in breve l’asfalto si tingerà tutto di verde, con immediato miglioramento del clima. Anche le zone umide e nebbiose diventeranno abitabili.
Gli animali domestici passeggeranno liberi e robusti in mezzo a noi, galline, dromedari, pipistrelli, pecore eccetera. Cessato ogni rumore metalmeccanico, suonerà dovunque la voce dell’uomo e della bestia. Liberi da ogni altra cura, noi ci dedicheremo al bel canto, ai lunghi e pacati conversari, alle rappresentazioni mimiche e comiche improvvisate. Ciascuno diventerà maestro in queste arti. Non essendovi mezzi meccanici di locomozione, ci sposteremo a dorso d’asino o a piedi, e questo favorirà l’irrobustimento dei corpi, con immediati vantaggi fisici ed estetici. Grandi, barbuti, eloquenti, gli uomini coltiveranno nobili passioni, quali l’amicizia e l’amore. Non esistendo la famiglia, i rapporti sessuali saranno liberi, indiscriminati, ininterrotti e frequenti, anzi continui. Le donne spesso fecondate ingrasseranno ancora, e i bambini da loro nati saranno figli di tutti e profumeranno la terra. Noi li vedremo venire su forti e chiari, e li educheremo alle arti canore e vocali, alla conversazione, all’amicizia, all’amore e all’intercorso sessuale, non appena siano in età a ciò idonea. Andateci piano, ragazzi, che tanto ce n’è per tutti.
Lei è Maria, la donna della sua vita