L'ENCRE

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SOTTO LA PELLE

01 APR

2019

EURO 6 POSTE ITALIANE S.p.a - SPED.A.P. - DL353/03ART.1, CM 1 - DCB ROMA

ANGELINA JOLIE CHI SPARISCE DALLA SUA VITA SPARISCE DALLA SUA PELLE

RICK GENEST “IL RAGAZZO ZOMBIE”

Ruby Rose for Ellen Von Unwerth 1


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DUMBO

Una regia di TIM BURTON.

X-MEN

The dark phoenix.

KILL BILL

Volume 3.0.

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IL MONDO APPLE SECONDO NORMAN FOREST DESIGN AD ALTA QUOTA ARREMBAGGIO KITSCH Jessica Harrison


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SALMO

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Nudo davanti a sto pubblico.

ADAM LEVINE

For Yves Saint Laurent.

RIHANNA

I tattoo la sua droga.

62 MARC JACOBS

Bizzarro come i suoi tattoo.

ANGELINA JOLIE

Sparire dalla sua pelle.

RUBY ROSE

For ELLEN VON UNWERTH.

RICK GENEST

In memoria di Zombie Boy.

CARA DELEVINGNE

For MARIO TESTINO.

CONOR McGREGOR

Non credo nella morte.

SEMPRE PER TE

Kendall Jenner, Carolyn Murphy e Amber Valletta.

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SERGEI POLUNIN

Un ballerino fuori dagli schemi.

COME SARANNO I MIEI TATTOO DA GRANDE L’ARTE SULLA PELLE

Mostra al MAO di Torino.

I NUOVI CORPI For L’ENCRE.

ALESSANDRO BORGHESE Tatuaggi in salsa rock.

INKMASTER Sara Samez.

SOTTO LE STELLE

L’ oroscopo di L’ENCRE.

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DUMBO L’ENCRE

TIM BURTON Colin Farrell, Danny DeVito, Eva Green e Michael Keaton Tim Burton dirige una sceneggiatura scritta da Ehren Kruger. La trama è basata su una storia scritta da Helen Aberson e liberamente ispirata al classico d’animazione di Walt Disney. Il cast del film include il vincitore del Golden Globe® Colin Farrell (In Bruges – La Coscienza dell’Assassino, The Lobster), il vincitore del Golden Globe Michael Keaton (Birdman, Beetlejuice), il vincitore dell’Emmy® e del Golden Globe Danny DeVito (Batman – Il Ritorno, Big Fish – Le Storie di Una Vita Incredibile), la vincitrice del BAFTA e candidata al Golden Globe Eva Green (Miss Peregrine – La Casa dei Ragazzi Speciali, Dark Shadows) e i giovani Nico Parker e Finley Hobbins, al loro debutto sul grande schermo. Il classico d’animazione Disney Dumbo, che esordì nelle sale americane il 23 ottobre del 1941, vinse un Oscar® per la Migliore Colonna Sonora per un musical e ottenne una nomination nella categoria della Migliore Canzone per “Baby Mine”. Nel nuovo film Disney live action Dumbo, Holt Farrier (Colin Farrell) è una ex star del circo che al ritorno dalla guerra trova la propria vita sconvolta. Il proprietario del

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circo Max Medici (Denny DeVito) assume Holt chiedendogli di occuparsi di un elefante appena nato le cui orecchie sproporzionate lo rendono lo zimbello di un circo già in difficoltà. Ma quando i figli di Holt scoprono che Dumbo sa volare, il persuasivo imprenditore V.A. Vandevere (Michael Keaton) e un’artista aerea di nome Colette Marchant (Eva Green) fanno di tutto per trasformare l’insolito elefante in una star. Il live-action di “Dumbo” sembra mostrare sin da subito le doti del celebre l’elefantino con le orecchie giganti, infatti, volerà sin dall’inizio della storia, invece di aspettare fino alla fine del film per dimostrare che la sua diversità è un dono. La versione della storia di Tim Burton mostrerà cosa succede all’elefante e al circo dopo che le sue abilità sono diventate famose. Dumbo sarà in principio preso in giro per le sue grandi orecchie, in modo molto simile al film originale, un elemento importante che pone l’accento sulle difficoltà di una società spesso crudele e discriminatoria. Il team creativo del live-action Dumbo include il direttore della fotografia Ben Davis (Doctor Strange, Guardiani della galassia), lo scenografo Premio Oscar Rick Heinrichs (Star Wars: Gli ultimi Jedi, Dark Shadows), la costumista 4 volte Premio Oscar Colleen Atwood (Alice in Wonderland, Animali Fantastici e dove trovarli), il montatore Chris Lebenzon (Alice in Wonderland, Maleficent) e Paul-Gooch (Alice in Wonderland, Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali). Utilizzando effetti visivi di ultima

generazione per ritrarre Dumbo e molte delle sue controparti a quattro zampe, Dumbo sarà filmato interamente in Inghilterra, sia presso i Pinewood Studios che i Cardington Studios. Disney ha anche pubblicato la prima foto ufficiale dal set che ritrae il regista Tim Burton a bordo del treno Casey Jr., che nel film animato originale era un giovane treno parlante. La produzione è finita sui giornali a marzo 2015 quando l’organizzazione People for the Ethical Treatment of Animals (PETA) ha inviato una lettera al regista Tim Burton chiedendo che nella sua versione di Dumbo l’elefantino fosse liberato, vedremo se il regista avrà accontentato l’associazione per la protezione degli animali. Dumbo è previsto in uscita nei cinema il 29 marzo 2019.


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X-MEN: DARK PHOENIX Marvel annuncia un nuovo film della saga degli X-Men. il film è atteso al botteghino nel 2019. X-Men: Dark Phoenix, vedrà come protagonista Sophie Turner che interpreterà la telepate Jean Grey che sviluppa incredibili poteri psichici che corrompono la sua mente, trasformandola nella terribile Fenice Nera. Gli allenamenti tra le pareti della Scuola per Giovani Dotati di Charles Xavier (James McAvoy), sotto la supervisione del brillante professor Bestia (Nicholas Hoult), hanno dato i loro frutti: i giovani mutanti che hanno combattuto e sconfitto Apocalisse non sono più l’indisciplinata classe di un tempo, ma un collaudato team di supereroi conosciuti come X-Men. Il dottor Xavier li incoraggia a usare i poteri per compiere gesta eroiche e sensazionali, ma nemmeno il telepate più potente del mondo può capire ciò che passa nella testa di un adolescente. Così, quando durante una missione nello spazio, un inspiegabile incidente rafforza i poteri di Jean Grey (Sophie Turner), l’avventato preside deve affrontare con saggezza le disastrose conseguenze dell’accaduto. La dolce Jean perde gradualmente il controllo

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di se stessa, compie gesti impulsivi e irrazionali che mettono in pericolo l’incolumità dei suoi compagni e dell’intera umanità. Nel frattempo un alieno mutaforma (Jessica Chastain), intenzionato a sfruttare la situazione a suo vantaggio, cerca di irretire la spaurita mutante e convincerla ad assumere l’identità di Fenice. Gli X-men alle prime armi, Ciclope (Tye Sheridan), Tempesta (Alexandra Shipp), Nightcrawler (Kodi SmitMcPhee) e Quicksilver (Evan Peters) uniscono le forze con l’indomita Mystica (Jennifer Lawrence) e l’imprevedibile Magneto, ora a capo di un gruppo di mutanti dell’isola di Ganosha, per salvare la loro amica. Un film di Simon Kinberg. In uscita giovedì 6 giugno 2019.


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VOLUME 3.0

Quentin Tarantino girerà mai il terzo volume di Kill Bill?

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ill Bill è un film dalla storia appassionante, dialoghi memorabili e personaggi dal forte impatto. A partire dal 2004, anno di proiezione di Kill Bill Vol. 2, la domanda dei fan è stata: in che modo continuerà la storia di Beatrix Kiddo? Abbiamo raccolto per voi tutti i rumors e le speculazioni che nel corso degli anni hanno di volta in volta confermato e poi smentito l’arrivo del terzo capitolo della saga di Quentin Tarantino. Il passato: i rumors dal 2004 al 2015. Riavvolgiamo il nastro fino a tornare al 2004: durante le interviste immediatamente successive all’uscita di Kill Bill Vol. 2, Tarantino dichiara a Entertaniment Weekly di voler fare di Kill Bill la sua personale “Trilogia del Dollaro”, seguendo il modello di

Sergio Leone. I piani del regista erano già piuttosto chiari: «Pensavo di fare di Kill Bill la mia personale Trilogia del Dollaro. Volevo girarne uno ogni dieci anni. Ma ora avrei bisogno almeno di 15 anni prima di crearne un altro. Uma Thurman non sarà la star, anche se farà parte del progetto. La star sarà la figlia di Vernita Green, Nikki. Ho già in mente tutta la storia: Sofie Fatale si impossesserà di tutti i soldi di Bill, e si prenderà il compito di far crescere Nikki. Potrei girare ora qualche scena, visto che le attrici hanno l’età giusta al momento. È eccitante pensare che da qualche parte, là fuori, c’è una piccola ragazza che sta crescendo e diventando la mia nuova protagonista femminile». Cinque anni più tardi, la domanda del pubblico per un possibile segui-


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to della saga era ancora alta. Come notava un articolo dell’epoca di The Guardian, il primo rumor di un certo peso in quel periodo arrivava proprio dall’Italia. Intervistato da Serena Dandini nella trasmissione Parla Con Me, Quentin Tarantino si era sbilanciato non poco su un possibile ritorno di Beatrix Kiddo: «La Sposa combatterà ancora. Io e Uma ci meritiamo una pausa di dieci anni. Amo il suo personaggio, ma penso che anche La Sposa abbia bisogno di un periodo di pace con la sua bambina. Dopo questo lasso di tempo, però, succederà qualcosa che la farà combattere di nuovo». Nello stesso periodo, inoltre, il regista americano dimostrava di avere bene in mente la struttura narrativa dell’intera opera. Intervistato da MTV, l’autore

specificava che il prossimo capitolo della saga non si sarebbe chiamato Kill Bill Vol. 3: «Non sarà il terzo volume di Kill Bill. Si chiamerà Volume 3 della storia della Sposa». Passati sei anni senza altre speculazioni degne di nota, Tarantino tornava a parlare di un possibile sequel di Kill Bill. Nel dicembre del 2015, durante un’intervista rilasciata a Variety, il regista spiegava: «Penso che La Sposa tornerà ancora in scena prima della fine della storia. Alcune delle cose che ho scritto per i film precedenti, e che non sono state inserite, potrebbero tornare utili adesso». Nello stesso anno, l’Italia tornava ancora protagonista nell’intricata vicenda legata ai rumor di Kill Bill 3. Intervistata da La Repubblica in occasione dell’avvio della serie TV

The Slap, Uma Thurman dava voce ai suoi pensieri, che difatti risultavano diametralmente opposti a quelli del regista americano: «Ho implorato Tarantino di annunciare che Kill Bill 3 non si farà, ma lui si rifiuta di farlo. Gliel’ho chiesto perché tutti quanti mi fanno questa domanda e non ne posso più. Lui però dice di amare così tanto il personaggio di Beatrix da non sentirsi pronto a dire ‘mai più’. Adesso sta girando The Hateful Eight: finito questo progetto, ci siamo promessi che ne parleremo e ci penseremo seriamente». Nonostante una possibile avversione verso il progetto, l’attrice americana concludeva la sua intervista con una frase che illuminava di speranza i cuori degli appassionati: «Sa una cosa? Io comunque sono pronta».

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Il presente: il caso Weinstein e il video dell’incidente sul set di Uma Thurman. Veniamo ai giorni nostri. I motivi che spingono sempre più in là l’arrivo di Kill Bill 3 nelle sale riguarderebbero non solo ragioni prettamente cinematografiche. Non più tardi di qualche mese fa Uma Thurman ha rilasciato dichiarazioni al vetriolo nei confronti di Harvey Weinstein e dello stesso Tarantino. Secondo l’attrice, infatti, inizialmente il regista non avrebbe fatto nulla per difenderla dopo aver saputo che Weinstein aveva cercato di aggredirla in una camera dell’Hotel Savoy di Londra. Solo in un secondo tempo Tarantino si sarebbe fatto avanti con il produttore cinematografico, esigendo le scuse verso la Thurman, che alla fine sono arrivate. Questo fatto, però, ha rappresentato la prima frattura nel rapporto tra il regista e l’attrice. Il fatto più grave, però, accade durante le riprese di Kill Bill Vol. 2. L’attrice, infatti, sostiene di essere stata costretta da Tarantino a guidare un’auto poco sicura per girare una delle scene del film. Il risultato di questa imposizione è stato un incidente piuttosto serio, riportato in video, che ha causato problemi permanenti al collo e alle ginocchia dell’attrice. Il futuro: le attrici che si candidano a recitare in Kill Bill 3. Ammettendo che Kill Bill 3 sia ancora un progetto fattibile, Tvovermind suggerisce alcuni possibili scenari relativi alla trama. Nikki Green, la figlia di Vernita vista nel primo film, in questo momento dovrebbe avere circa 20 anni. Pronta a consumare la sua vendetta, la ragazza potrebbe vedersela con una Beatrix che, in effetti, potrebbe aver smesso i panni dell’assassina spietata per vestire quelli di una persona normale. Il fatto che il personaggio di Uma Thurman non sia più pronto a combattere, però, non esclude a priori il fatto che sua figlia, B.B., sia diventata a sua volta una killer professionista. Tutto questo porta allo scontro che potrebbe chiudere, anche dal punto di vista temporale, l’intera saga, ovvero quello tra B.B. e Nikki. Il fascino di Kill Bill, a quanto pare, non è rimasto intatto solo nella mente dei fan. Considerati i possibili risvolti verso cui potrebbe virare la trama, alcune giovani attrici si sono fatte avanti per reclamare i ruoli da

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protagoniste della pellicola. Ronda Rousey, ad esempio, si è dichiarata pronta per la parte di B.B.. La Rousey, campionessa di wrestling e già vista all’opera nel film Mile 22, ha dichiarato senza tanti giri di parole ai microfoni di TMZ: «Non penso che succederà mai, ma lo dichiaro al mondo intero: voglio impersonare la versione adulta di B.B. in Kill Bill 3 e lavorare con Quentin Tarantino». Considerata l’esperienza dell’attrice nella lotta, si potrebbero realizzare scene ricche di combattimenti all’ultimo sangue. Tutto questo impianto narrativo ipotetico, è ovvio, non può esistere senza un’avversaria. E qui entra in scena Amandla Stenberg. La giovane attrice, già ammirata in The Hate U Give, ha dichiarato di recente a CinePop che vorrebbe proprio vestire i panni di Nikki, la figlia di Vernita Green: «Il personaggio che vorrei interpretare più di ogni altro è la figlia di Vivica A. Fox in Kill Bill. Ho letto i rumor su Kill Bill 3 e sarebbe fantastico farne parte. È il mio film preferito, sarebbe così bello». In effetti, l’idea originale di Kill Bill 3 per Tarantino era proprio quella di uno scontro tra le due ragazze. Tutti i bei progetti del regista, a quanto pare, per ora sono svaniti nel nulla, ma la speranza di un nuovo Kill Bill rimane ancora, sia nei cuori dei fan che, a quanto pare, di alcuni attori. Forse le riprese inizieranno dopo la fine di quelle di Once Upon a Time in Hollywood, l’ultimo progetto del regista americano?


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JAGUAR XJ

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PUBBLICO TRASPARENTE GREEN

IL MONDO APPLE SECONDO NORMAN FOSTER

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Con l’apertura dell’ultimo Apple Store di Bangkok si definiscono i caratteri dell’architettura del colosso di Cupertino, che ha affidato a Foster molto più che un progetto di architettura.

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a diversi anni lo studio londinese Foster + Partners è a capo della progettazione delle sedi Apple di tutto il mondo. La scelta di coinvolgere un architetto come Sir Norman Foster sottolinea l’indole votata al design del gigante di Cupertino, evidente in tutto ciò che è targato Apple. Dai prodotti, frutto della ricerca di Jony Ive che dal 1996 guida il team di sviluppo del brand, all’architettura, affidata sia per gli esterni che per gli interni al segno del fuoriclasse inglese. Il progetto che ha suggellato l’inizio del sodalizio è l’Apple Park a Cupertino, in California. Inaugurata nel 2017 e fortemente voluta da Steve Jobs (che nel 2006 aveva annunciato l’inizio dei lavori), la sede - che molto ha fatto discutere attirando sia lodi che critiche - è divenuta celebre in tutto il mondo per la forma a cerchio che ricorda un’astronave aliena. All’headquarter sono seguiti diversi progetti, sempre firmati da Foster + Partners, realizzati in molte metropoli del mondo da Occidente a Oriente. Non tutti, però, sanno che

città come Stoccolma e Melbourne hanno rifiutato i progetti degli architetti inglesi ritenendo troppo aggressiva la politica di Apple rispetto alla ridefinizione degli spazi pubblici e dei confini tra pubblico e privato. Non la pensano così Macao e Milano, dove da poco sono stati ultimati due nuovi flagship store immaginati come luoghi di aggregazione sociale, capaci di creare interazioni e intrattenere, disegnando aree verdi e tessendo al relazioni (anche fisiche) con il tessuto urbano e gli abitanti. In questa scia, si inseriscono anche gli altri tre Apple Store aperti nel 2018, ciascuno con un suo design (dallo stile Beaux-Art degli ChampsÉlysées parigini al minimalismo di Kyoto), di cui l’ultimo è a Bangkok, primo negozio in Tailandia aperto all’interno del mega complesso Inconsiam, vera e propria attrazione metropolitana. Trasparente e aperto alla vista sul fiume Chao Praya, l’edificio appare come il naturale proseguimento della piazza antistante, abitata da un rigoglioso parco verde. Gli interni ariosi e open space, nel classico stile Apple, sono divisi da essenze arboree locali che diffe-

renziano e mappano le diverse zone: shopping, assistenza, workshop, leisure. Al centro dello spazio spicca un’area multitasking definita da una serie di sgabelli a cubo e uno schermo curvilineo. Sul tetto dell’edificio trova posto un giardino pensile. Da segnalare l’attenzione dei progettisti del gruppo Foster per il green: elementi biofili in sintonia con le ultime tendenze del Natural Tech che vedono insieme vegetazione e ardite architetture.

– Rita Salerno

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DESIGN AD ALTA QUOTA

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ontemporanei, a volte persino avveniristici, gli hotel in montagna non usano più il linguaggio tipologico della baita o dello chalet ma quello dell’architettura moderna, che porta il design ad alta quota, insieme a spa mozzafiato e ristoranti gourmet. E come gli hotel di montagna, anche l’architettura alpina passa da legno e pietra a vetro e acciaio. Il rifugio di montagna, da struttura di fortuna a progetto griffato. I nuovi rifugi alpini sono architetture ardite, disegnate per competere con il profilo delle vette, pensate per trovare un linguaggio proprio a una tipologia architettonica rimasta priva di capacità espressiva nel passaggio

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L’architettura in montagna cambia linguaggio, e gli hotel da baite e chalet diventano indirizzi di design ad alta quota. dal vernacolare alla contemporaneità. “Per l’architetto di oggi l’alta quota deve essere uno spazio patrimoniale quasi sacrale, da conservare e tutelare, in cui il rifugio diviene l’unica presenza antropica e artificiale accettata e permessa. Purché sia concepita come simbolo di innovazione tecnologica costante, ma anche (e soprattutto) di rispetto ancestrale ed eterno” scrive Antonio De Rossi nella prefazione al libro Rifugi e Bivacchi – Gli Imperdibili delle Alpi (Roberto Dini, Luca Gibello, Stefano Girodo, Hoepli Editore, 2018). Una nuova avanguardia alpina che dai rifugi arriva fino ad alberghi come l’hotel Miramonti a Merano, con la sua piscina a sfioro che sembra sospesa sulla valle sottostan-

te. Qui l’architettura altoatesina incontra lo stile nordico, con interni in legno chiaro che definiscono un nuovo standard per l’hotel di montagna. Oppure, a pochi chilometri di distanza, il Saint Louis, 42 tra chalet contemporanei e case sull’albero, tutti diversi uno dall’altro, immersi in un parco di 40 ettari con un lago di 5.800 metri quadrati e una piscina coperta panoramica con camino che trasforma anche l’idea di vacanza in montagna: il Saint Louis si sceglie come destinazione.

gna pensato per i Millennials, che offre loro tutti i riferimenti culturali urbani a cui sono abituati trasposti nel contesto alpino. «Dopo aver studiato i loro comportamenti e i modi in cui vivono la loro vita quotidiana, siamo arrivati alla conclusione che il futuro si basa su un consumo che vuole essere collaborativo, in uno spirito totale di condivisione con spazi aperti, flessibili e adattabili, pensati per trascorrere del tempo insieme» spiega Eric Baptista, Chief Executive Officier del gruppo Temmos.

Chamonix, al confine tra Francia, Svizzera e Italia, dove è appena stato rinnovato lo storico Refuge des Aiglons, ripensato dal giovane architetto d’interni francese Oscar Lucien. Il tema è quello di un hotel di monta-

– Carlotta Marelli

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ARREMBAGGIO KITSCH Painted Lady (14) 2015, ceramica, vernice smaltata, 21,5 x 16 x 14,5 cm. Foto di Chris Park.

JESSICA HARRISON Piccoli monumenti femministi

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Quando mi sono arrivate le prime immagini delle opere di Jessica Harrison, devo ammettere che sono rimasta un po’ perplessa. Tatuaggi colorati sulle statuine di nonna... non sarà l’ennesima ricetta hipster? Già me la vedevo Jessica Harrison, mentre sfrecciava disinibita sulla sua Atala verso l’aperitivo in piazzetta, con il cestello di vimini carico di bambolette. Adesso che tutti abbiamo l’improvviso bisogno di un tatuaggetto e che Ikea è stata barbaramente soppiantata da II Mercatino, mi sembrava un po’ troppo facile. Eh no, beffa. Ma forse non dovrei lasciare così tanto spazio ai miei pregiudizi. Quindi mi sono documentata e ho scoperto che dietro quella parvenza kitsch si nasconde un mondo. Painted Ladies è il lavoro piu recente

di quest’artista che ha scelto di mettere iI corpo al centro della sua ricerca. Jessica Harrison, classe 1982, ha studiato scultura a Edimburgo, dove tutt’ora vive. Mi ha raccontato di lei e della sua arte in un piacevole e fitto scambio di mail. Nelle sue opere ha usato di tutto: denti, capelli e anche un misterioso materiale che ricorda spaventosamente bene la pelle umana. E ho anche scoperto che è una femminista convinta. Iniziamo parlando di Painted Ladies. Nella tua ultima produzione, i tatuaggi sembravano richiamare il mondo dei marinai e i loro codici. È così? L’immaginario dei tatuaggi che ho usato proviene dai tempi della guerra, fa riferimento ad un periodo in cui


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tatuarsi non era ancora una moda ma anzi, identificava un certo tipo di persona, i veri duri, per intenderci. L’ idea in Painted Ladies è di mostrare un’opposizione un contrasto in cui il campo in battaglia è la pelle, dove illustrazioni tipicamente maschili si scontrano con un’iconografia femminile fin troppo idealizzata. Chi le osserva è portato a domandarsi cos’è che considera bello. A quale realtà dovrebbe credere. Mi piacciono molto i tatuaggi di quel periodo perché raccontano una storia o comunque hanno una forte componente narrativa. A differenza di molti tatuaggi di adesso, che ripetono una moda e basta. Le donne rappresentate appartengono a un periodo in cui, se nascevi femmina, avevi ben poca libertà su te stessa e sul tuo corpo. Il

mio lavoro è molto influenzato dalle teorie femministe e spesso mi ritrovo attratta da oggetti, immagini o scenari dove la femminilità viene idealizzata in un modo che trovo particolarmente disturbante. Quel tipo di femminilità che cerco di combattere. Quindi possiamo considerarli piccoli monumenti femministi? Decisamente, anche se non è così immediato e non tutti se ne accorgono. Mi considero una femminista quindi le cose che faccio rispecchiano il mio modo di vedere le cose. Hai già usato le statuine di porcellana in passato, ma in modo completamente diverso. C’è una ragione particolare per cui hai continuato ad usarla? Qualcosa che rimanda alla tua infanzia, ad un ricordo o ad una persona in particolare?

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Painted Lady (10) 2014, ceramica, vernice smaltata, 22 x 17 x 13 cm. Foto di Chris Park.

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Non c’è un collegamento diretto tra le due serie, anche se a volte ho usato esattamente gli stessi oggetti. Queste statuine sono semplicemente lo strumento che ho scelto per esplorare il corpo e gli oggetti e l’interazione che avviene tra loro. Sono di una misura interessante per lavorarci perché sono piccole, invitano ad essere prese in mano. E poi sono un prodotto di massa, qualcosa di familiare in cui tutti prima o dopo si sono imbattuti. Osservando le tue opere precedenti mi sono accorta che il tuo lavoro ruota intorno al corpo umano. Cosa stai cercando? Tutti abbiamo un corpo ma ognuno di noi lo sperimenta in modo diverso. È un argomento affascinante che non mi stancherò mai di indagare. La rappresentazione umana mi interessa solo come strumento per esplorare questo rapporto. Non possiamo fare a meno della fisicità nella nostra percezione e esperienza del mondo, e svelando i vari aspetti di questa percezione ed esperienza, spero di trovare nuovi modi per invitare lo spettatore a pensare al corpo sotto una nuova luce. Negli ultimi anni, la relazione tra artisti e pubblico è cambiata molto anche grazie ai social network. Molti artisti hanno facebook e sono molto più collegati all’audience di quanto non lo fossero una volta. Credi che questo vi possa influenzare in qualche modo? Non posso parlare per gli altri, ma è molto interessante, e a volte pericoloso, avere un feedback così immediato. Io faccio molta attenzione a ciò che decido di pubblicare, perché appena qualcosa va online si diffonde senza controllo. I social come facebook sono strumenti potenti e a me sono serviti molto per far vedere al mondo quello che faccio. Non influenzando le mie opere ma influenzando il mio lavoro: d’altronde per pagare l’affitto del mio studio ho bisogno di vendere sculture. C’è qualcosa che ti spaventa? Internet. È meraviglioso e terrificante allo stesso tempo. Qual è il luogo più insolito dove vai a cercare l’ispirazione? Di solito l’ispirazione mi arriva quando porto fuori il cane… deve essere la fredda aria scozzese.

Painted Lady (16) 2015, ceramica, vernice smaltata, 22,5 x 17 x 13,5 cm. Foto di Chris Park.

– Albertina Coacci

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offerta per finire a letto con Salmo. Proposta accettata – ma sappiamo che non succederà, perché Salmo è un bravo ragazzo ormai. Nonostante il coraggio. Il telone resta su per l’inizio di 90MIN per poi scoprire un palco notevole: un rooftop in mezzo a New York, sullo sfondo dei led wall che riproducono la città, animata. Aerei, elicotteri, pioggia, albe… Una non tipica giornata a NY. La scaletta è una mitragliata di hit, con una band notevole con cui lavora da tempo – e che comprende, tra gli altri, Dade dei Linea77 al basso e Frenetik ai synth e alla seconda chitarra – e che sposta la direzione verso il metal (nu? si può dire ancora?) più che verso il rap duro e puro. Il ritmo è quello che fa più impressione: abituati al lento incalzare della trap, le martellate che Salmo ha sempre tirato sembrano oggi ancora più toste.

SALMO For Stefan Giftthaler

Nudo davanti a sto pubblico.

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C’è da dare a Salmo quello che è di Salmo. Non è solo un rapper, ma anche un produttore discografico italiano. E soprattutto, bisogna ammettere che il ragazzo ha coraggio, intanto. Il coraggio di programmare un tour fatto di due date (ok, con una “zero”, in aggiunta) nei due palazzetti principali d’Italia, annunciandolo senza neanche un album fuori. Il coraggio di fare un disco ammiccante al grande pubblico ma politicamente scorretto, con dei contenuti veri, che anche per questi ci vuole coraggio oggi. E ha anche il coraggio di invitare Asia Argento sul palco, dopo averla punzecchiata scorrettamente in PXM. Ma Asia, più rapper dei rapper, capisce il gioco, accetta l’invito e porta anche una valigetta con 20mila euro dentro,

Si ferma prima di Cabriolet, come già aveva fatto alla data zero, per ricordare la tragedia di Corinaldo, con un minuto di silenzio, seguito dopo poco dal Wall of Love, una sorta di Wall of Death in versione amorosa, con gli abbracci al posto del pogo. Ci vuole coraggio a metterci la faccia, e a unire la gente, oggi. Ma ecco qui. Vengono a trovarlo anche un paio di amici, Gemitaiz su Killer Game, Lazza e Nitro su Mob (con il secondo che si fermerà anche per Dispovery Channel), e Coez per il ritornello di Sparare alla luna. È un racconto di una giornata con Salmo, il live è un sali scendi di emozioni che il rapper regge fisicamente alla perfezione. È una guida ottimale, che non ha smesso un secondo di raccontare a suo modo la sua vita da rapstar senza compromessi. Ancora, a non scendere a compromessi ci vuole coraggio. È il coraggio delle prime volte. Quello che ti porta a stare “nudo davanti a sto pubblico” (come canta in Il cielo nella stanza, ballad di cuore, prima della storia del rapper, che chiude il live e le caption di tutte le foto scattate durante la serata). Ed è proprio questa prima volta che non si scorderà mai.


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FOTOGRAFIA: STEFAN GIFTTHALER GIACCA: SAINT LAURENT MAGLIA: ARMANI

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ADAM LEVINE For Yves Saint Laurent

Psyched per essere il volto e il corpo tatuato della nuova fragranza di YSL 46

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dam Levine sta avendo un anno molto impegnativo: negli ultimi mesi è tornato come giudice per The Voice della NBC per la 13a stagione da record, ha pubblicato un nuovo album, Red Pill Blues , con la sua band Maroon 5; e ha annunciato che lui e sua moglie, la modella di Victoria’s Secret Behati Prinsloo, stanno aspettando un secondo figlio. Ora, il cantante sta aggiungendo la musa della fragranza al suo curriculum impressionante. Levine sarà il volto solo digitale di una nuova fragranza, di YSL maschile “Y”. YSL ha annunciato che questa fragranza include note di bergamotto, salvia, legno di cedro, ed è per il “poliedrico uomo moderno”. A giudicare le immagini che hanno accompagnato l’annuncio, questo significa un ragazzo che può mostrare i suoi tatuaggi in una canottiera bianca in un momento, e guardare elegante in una giacca di velluto tuxedo il prossimo. Nessuno lo fa meglio di Adam Levine. In puro stile rock ‘n roll, Levine ha spiegato: «Sono contento di collaborare con YSL Beauty, un marchio che mi ha sempre affascinato per il suo stile eccezionale e le immagini rivoluzionarie». Ha aggiunto: «Come musicista, mi riferisco alla passione pura e al forte senso dell’individualità di YSL, e l’essere parte della storia di Y è eccitante per me - non è la storia di un uomo, ma di un’intera creatività generazione. Sono entusiasta di sviluppare la nostra relazione e vedere dove porterà». Ha anche pubblicato su Instagram che i suoi 10 milioni di follower dovrebbero «tornare domani per altro». E così lo faremo.

FOTOGRAFIA: LOIC PEOC’H ABITO: YVES SAINT LAURENT PROFUMO: Y DI YVES SAINT LAURENT OROLOGIO: ROLEX – Giulia Benucci

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“I tattoo sono come una droga, non posso farne a meno”

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ihanna cantante, attrice, modella, imprenditrice e diplomatica barbadiana. Nel corso della sua carriera Rihanna ha accumulato nove Grammy Awards (prima artista della sua nazione a riuscirci), tredici American Music Awards, un ugual numero di Billboard Music Awards e due BRIT Awards. Durante la sua carriera Rihanna non ha accumulato solo premi. Ha collezionato oltre 20 tatuaggi, ha ammesso che i tatuaggi per lei sono come una dipendenza. «Mi piace uscire nei negozi di tatuaggi», ha detto Rihanna. «Sono così affascinata dai tatuaggi. È un’intera cultura e la studio. A volte vado con gli amici o da sola. ho iniziato presto a tatuarmi, ma non mi interessa. Non perdo la sicurezza». Si crede che Rihanna abbia fatto il suo primo tatuaggio nel 2006, due note musicali sul suo piede. Il tatuatore più famoso che ha creato i suoi tatuaggi è Bang Bang. A quanto pare è il suo tatto artist di fiducia e ha fatto circa 13 dei suoi vari tatuaggi. Bang bang ha dichiarato a L’Encre: «lei [Rihanna] si gira sempre (quando ha finito) e salta su e giù come una ragazza di 16 anni che ottiene la sua prima auto».

Rihanna ha almeno 25 tatuaggi conosciuti: • Note musicali sul piede; • Segno dei Pesci dietro l’orecchio; • Stella dentro l’orecchio; • Sanscrito sull’anca; • Teschio sulla caviglia; • Amore al dito; • Shhh sul dito; • Numero romano sulla spalla superiore; • Le stelle lungo la schiena; • Disegno tribale sul dorso della mano; • Pistola sulle costole; • Mai un fallimento Sempre una lezione sul suo petto;

• Frase in arabo sul fianco vicino al seno; • Rebelle fluttua sul collo; • Nefertiti sulle costole; • Thug Life sulle nocche; • Tibetano sul culo; • Croce sulla clavicola; • Falco sulla caviglia; • La dea Iside sotto il seno; • Chevron, linee sul dorso della mano: • Disegno di henné sul dorso della mano; • Croce sul polso; • 1988 sulla caviglia; • Squalo sulla caviglia.

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FOTOGRAFIA: STEVEN KLEIN STYLING: CARLYNE CERF DE DUDZEELE ABITI: CHANEL GIOIELLI: CARTIER TRUCCO: DIOR 50

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Documented by Steven Maisel

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Enjoy responsibly. 54

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MARC JACOBS E I SUOI TATUAGGI CHE SONO ALTRETTANTO BIZZARRI COME LUI

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Il gigante della moda Marc Jacobs ha una storia del tatuaggio che è fin troppo familiare per tutti noi. È uno stilista e direttore creativo americano per il marchio di lusso francese Louis Vuitton. Jacobs si è laureato alla scuola di design Parsons a New York e in seguito è diventato il più giovane designer a ricevere il Council of Fashion Designers of America Perry Ellis Award per “New Fashion Talent” nel 1987. Dieci anni dopo, è stato nominato direttore creativo per la casa di moda Louis Vuitton, disegnando la sua prima linea di prêt-à-porter nel 1997. Oggi, Marc Jacobs è considerato uno dei designer più famosi e influenti di tutto il patrimonio mondiale. I suoi tatuaggi onorano e ricordano le persone presenti nella sua vita, co-

loro che sono più importanti per lui e gli ricordano il momento in cui è arrivato nell’industria dell’intrattenimento. Ha almeno 15 tatuaggi, ognuno con una memoria o un significato speciale. La body art di Marc Jacobs rappresenta la sua personalità incline al divertimento e l’amore per i personaggi dei cartoni animati come Spongebob Squarepants, i Simpson e M&Ms. Ha fatto notizia diverse volte aggiungendo un nuovo tatuaggio alla sua collezione. È una delle celebrità più famose ad avere il corpo ricoperto di tatuaggi, incisi sul suo corpo, inoltre, sono presenti anche dei tributi ai suoi film preferiti, tra cui una scena del classico horror Poltergeist sulla schiena e un ritratto realistico di Elizabeth Taylor sul braccio. La parola “perfetto” sul polso che

agisce come una specie di mantra personale con cui vive: «Sono un essere perfetto in un mondo perfetto dove tutto ciò che accade mi avvantaggia completamente». Aveva solo 16 anni quando ha fatto il suo primo tatuaggio , un cuore inchiostrato sulla spalla sinistra da lì in poi sono arrivati molti altri tatuaggi e siamo sicuri che non si fermerà qui.

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FA RIVIVERE LA SUA ICONICA COLLEZIONE “GRUNGE” DI PERRY ELLIS La collezione del 1993 che ha messo il designer sulla mappa della moda internazionale è tornata.

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Quest’anno Marc Jacobs, indubbiamente uno dei volti più audaci della sua generazione, ci fa rivivere la sua impronta nel settore della moda. Nella moda, così come in qualsiasi ambito artistico, ci sono dei momenti in cui uno stilista può cambiare la sua vita e la storia stessa. Per Marc Jacobs questo momento è arrivato con la collezione Primavera/Estate 1993 disegnata per Perry Ellis, che da una parte ha dato forma al look del decennio grunge, ma dall’altra lo ha portato ad essere licenziato dal marchio. Nonostante, al tempo, sul designer sia piombata una pioggia di critiche, la collezione in questione, e la sua carica di rottura, sono stati senza dubbio una delle spinte propulsive alla carriera di Jacobs. Un’estetica ispirata all’autenticità del

mondo musicale e al modo in cui i comuni mortali avevano già iniziato a vestirsi per strada, nonché un precoce incontro tra culture giovanili e moda da passerella, che ha portato lo streetwear in pedana rendendo Marc Jacobs uno dei pionieri di questo fenomeno. Una storia che, oggi, acquista ancora un nuovo senso: mentre la moda continua a guardare nostalgicamente agli anni ’90, dalla recente collezione-tributo a Gianni Versace della maison della Medusa ai modelli e alle stampe riportati in auge da Gucci e Prada, Marc Jacobs ha deciso di rilanciare sul mercato i suoi iconici capi grunge 25 anni dopo, stavolta con la sua sola firma. La capsule collection, denominata Redux Grunge Collection 1993/2018 Marc Jacobs, include 26 look della


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collezione disegnata per Perry Ellis, dall’abbigliamento prêt-à-porter ai gioielli, scarpe e accessori, tutti realizzati con stampe, tessuti e ricami originali. Jacobs ha dichiarato: «La collezione Grunge ha incarnato per la prima volta la mia determinazione nella mia carriera professionale e ha permesso alla mia visione di prendere vita sulla passerella, senza compromessi creativi» ha dichiarato lo stilista. Nella nuova campagna della collezione tutto appare assolutamente contemporaneo, il tempo sembra essersi fermato. Nel casting 2018 top model come Gigi Hadid , Adut Akech e Slick Woods - tra gli altri - Jacobs ha ingaggiato Juergen Teller per girare la campagna ufficiale per la collezione Grunge che ha debuttato a dicembre 2018.

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ANGE LINA JOLIE For Mon Guerlain

Chi sparisce dalla sua vita sparisce dalla sua PELLE

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omplicata, ricca di amori (passionali e famigliari) e scandita da riti thai e rimandi al buddismo. La storia dei tatuaggi di Angelina Jolie coincide perfettamente con la sua storia personale. Tanto che - Brad è avvisato - è già successo con l’ex marito Johnny Lee Miller, a cui era dedicato un simbolo su una spalla poi cancellato, e prima ancora con l’altro ex marito Billy Bob Thornton. Il suo nome, tatuato sul braccio sinistro, è scomparso con il divorzio mentre l’ideogramma che condivideva con lui, nel braccio opposto, è stato coperto da una scritta araba. Diversi tatuaggi sono invece dedicati ai figli: le scritte in Khmer sulla spalla sinistra sono un rito di protezione buddista per Maddox, adottato nel 2002, mentre dove una volta c’erano un drago e il nome “Billy Bob” ora ci sono le coordinate dei luoghi di nascita di tutti i sei figli. E dal 2011, anche quella di Brad Pitt, in Oklahoma. Ma latitudine e longitudine non sono gli unici simboli a legarla all’ex marito. Pochi mesi prima della separazione, nel fabbraio 2016, Brad Pitt ha accompagnato Angelina Jolie a Bangkok dal suo tatuatore di fiducia, Ajarn Noo Kanpai. Risultato: tre grandi tatuaggi magici tailandesi, i “Sak Yant”, disegnati sulla schiena come augurio di prosperità e salute (realizzati a mano con un lungo bastone di bambù come vuole il tradizionale rito thai). Nella stessa occasione Brad Pitt si è fatto tatuare uno dei simboli buddisti della Jolie nell’addome. Triste ironia della sorte, il significato è l’unione come marito e moglie. Una volta finito il matrimonio, a segnare la sua rinascita pubblica è stato un ruolo che non accettava da decenni: quello da testimonial. Non di uno studio di tatuaggi, ma quasi.

“Il mio tatuaggio invisibile, il mio profumo, Mon Guerlain” recita il claim della campagna del nuovo profumo di Guerlain incarnato dall’attrice. Già legata alla maison per una storica cipria profumata adorata dalla madre, Marcheline Bertrand, l’attrice è infatti la musa dell’ultimo jus di Guerlain a base di

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FOTOGRAFIA: TERRENCE MALICK STYLING: ERIC PFRUNDER ABIT0: DIOR PROFUMO: MON GUERLAIN TRUCCO: MON GUERLAIN

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“Se essere sano di mente significa pensare che c’è qualcosa di sbagliato nell’essere diversi.... io preferisco essere completamente fottuta mentalmente.” Angelina Jolie

vaniglia Tahitensis, lavanda Carla, gelsomino Sambac e sandalo. Insomma Angelina è l’attrice più tatuata di tutto il red carpet e si conta che abbia più di 23 tatuaggi. Questa donna ha vinto Oscar, ha viaggiato per il mondo in missione umanitaria, ha cresciuto sei figli (tre naturali e tre adottati) ed è stata sposata due volte. Per questo ogni suo tattoo rappresenta un ricordo, un’emozione vissuta, un dolore oppure un traguardo raggiunto. Nonostante il numero, ogni tatuaggio della bella Angelina risulta essere elegante e mai eccessivo. Questo dimostra come l’arte e la passione per i tattoo possa essere coltivata senza eccedere in volgarità. Durante le riprese di molti film, Angelina è spesso costretta a coprirli con del trucco pesante, ma in altre occasioni abbiamo potuto ammirare i suoi tatuaggi in tutta la loro bellezza. Il film della campagna Notes of a Woman, girato da Terrence Malick in Provenza, rivisita la storia della creazione del profumo rendendo omaggio al mestiere del parfumeur e, con lui, a tutte le donne a proprio agio con se stesse, sfaccettate e capaci di sfidare ogni categorizzazione, come Angelina.

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FOTOGRAFIA DI ELLEN VON UNWERTH


RUBY ROSE


CAMICIA: DOLCE E GABBANA INTIMO: CALVIN KLEIN TRUCCO: DIOR



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“Sono una di quelle persone che sente che tutti sono da qualche parte nello spettro. L’amore riguarda le persone, non penso che debba essere etichettato.”

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razie al suo status di icona di stile, molta gente ritiene che sia l’ aspetto androgino e la sua flessibilità di genere ad essere l’aspetto più cool di Ruby Rose. Ma c’è qualcosa di ancora più cool, a parte il suo talento nel recitare e la sua folle etica del lavoro: è stata coinvolta fin da prima che il genere fosse un argomento di conversazione mainstream. Ruby ha esplorato la fluidità di genere per anni - perché è semplicemente se stessa. La gente ama dire che Ruby “trasforma ragazze etero in ragazze gay”, ma la realtà è dovuta alla sua autostima, Ruby ispira le persone ad ascoltare i propri desideri e ad essere sincere con se stesse. Ex VJ di MTV, Ruby è anche uno dei DJ più richiesti al mondo, un’icona di stile e una capace attrice che ha visto il suo debutto americano non ufficiale in uno dei programmi TV più popolari in questo momento, “Orange Is the New Black” di Netflix. L’Encre ha recentemente incontrato Ruby Rose per parlare della longevità della cultura pop, della fluidità di genere, delle ragazze etero che smettono di esserlo, e quella volta in cui era quasi troppo alta per gestire Kelly Clarkson. Sei stato una VJ di MTV! Tutti ti reclamano! Ti manca MTV? Si, moltissimo. Che bei tempi! Era tutto piuttosto iconico in quei giorni televisivi, basati sulla musica. Non che non stia facendo altro di simile adesso; è solo diverso. Mi sono sentita molto fortunata ad entrare a far parte della squadra di MTV quando la produzione, la musica e le esibizioni dal vivo erano il cuore pulsante. Ho avuto modo di fare avventure assurde e da rock star prima che la reality TV iniziasse a prendere il sopravvento. Quel periodo di tempo è finito quando ho detto, “Va bene, andrò avanti e fare altre cose.” L’avevo fatto per circa 4 - 5 anni, quindi era anche tempo; perché non lavori solo a MTV: vivi, respiri e dormi MTV, ed

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è selvaggio! Haha. È perfetto per chi ha 19 - 24 anni. E ‘stato spettacolare vedere le persone scalare attraverso i ranghi - vedere alcuni dei migliori artisti di oggi uscire con il loro primo singolo, timidi e nervosi cercare il microfono, esibendosi per una folla intima; e poi l’anno successivo, l’album è uscito e c’è ronzio; e dopo questo, riempiono interi stadi. E ‘stato stimolante. Ho incontrato molti artisti, con i quali sono ancora amica, che mi hanno visto ogni volta che sono venuti in Australia. Ha reso il mio lavoro così divertente perché avevamo un rapporto, e le interviste sarebbero state un gioco da ragazzi. Poi ho avuto qualcuno che, al terzo o al quarto anno, avrebbe iniziato a dirmi che, per quanto amassero vedermi lì, non volevano vedermi di nuovo l’anno prossimo. Un artista in particolare ha detto: “Ti adoro, ma non metterti comoda. Sei a tuo agio qui. Spostati negli Stati Uniti, prenditi un rischio. Penso che potresti essere qualcosa di più grande. Questo è troppo facile per te. “Non mi sono trasferito negli Stati Uniti subito dopo, ma ho cambiato carriera e studiato, volevo crescere mentre mi preparavo a ritagliarmi una carriera più diversificata. Hai altri ricordi divertenti dei tempi di VJ? Abbiamo avuto degli MTV Awards davvero grandiosi. Una volta ero sul tappeto rosso e il tappeto rosso era in realtà il mio vestito. Aveva circa 20 metri di tappeti attaccati, e mentre camminavo i giornalisti e la folla di fan, mi stava alle spalle. Ed è così che abbiamo iniziato lo spettacolo. Ci sono state molte battute sui tappeti ... non l’abbiamo pensata fino in fondo! [Ride] E poi c’è stata quella volta [quando stavo intervistando il Wu-Tang Clan], ed ero nella loro stanza. Siamo onesti, c’era un certo odore in quella stanza. Ed era questa piccola stanza in un hotel, e stavo iniziando a

sentirmi un po ‘strana, e il mio cameraman non aveva mai fumato erba. In realtà sono allergica a qualsiasi cosa del genere. Quindi, ero seduta lì dicendo: “Abbiamo bisogno di un po’ di aria fresca”, ma loro risposero tipo “No, stai bene. Basta aprire una finestra”. Così tutti iniziamo a ridacchiare, e alla fine è uscita questa intervista di quattro minuti ,che è stata buona, ma poi si interrompe per 12 minuti di risate. Loro chiaramente mi dissero “Non possiamo usarla.” E io dissi:“NOI POSSIAMO! È un’intervista di noi che ridacchiamo per niente. Dobbiamo mettere questo, televisione nel suo stato più puro per me.” Quindi, fondamentalmente ti sei sballata con il Wu-Tang Clan e hai registrato quello che è successo. Haha! Sì, praticamente, per caso. Ed è divertente perché in Australia, non era così. Siamo entrati e abbiamo pensato, “Oh, cos’è questo?” Abbiamo pensato che stavamo interrompendo qualcosa e abbiamo chiesto se dovevamo andarcene. Quando andammo via, noi tutti avevamo mal di testa e la ridarella e stavamo morendo di fame! E di lì a poco sarei dovuta andare a fare un’intervista con Kelly Clarkson. Non sapevo molto di Kelly quando l’ho intervistata per la prima volta. Sapevo che aveva vinto l’American Idol e aveva una voce pazzesca, ma era un’icona americana. In Australia, dovevamo ancora conoscerla. Fu una delle mie interviste preferite, anche perché entrai senza aspettative. Poi, si è scoperto che aveva nove tatuaggi, e ci mettemmo a parlare. Mi ha fatto ridere fino a piangere (cosa che potrebbe anche essere dovuta all’intervista precedente). Lei ha un senso dell’umorismo incredibile, ed è autoironica in un modo carino ed estremamente divertente. In quell’occasione, ho avuto esperienze incredibili con tutti quelli che ho intervistato. Alcuni dei miei preferiti erano Slash, Cypress Hill e Robin


INTIMO: ARMANI 69


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INTIMO: VICTORIA’S SECRET

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Williams. Ha fatto le imitazioni per tutto il tempo e non dimenticherò mai la sua energia. Ed è così che ho incontrato Sia, che sarà per sempre tutto per me. Hai detto che essere chiamata “It girl” ti fa venire il mal di stomaco perché vuoi mantenere il potere, ma da allora in poi hai chiaramente avuto più forza. Come sei riuscita a eseguire il backup del tuo marchio personale con così tanta sostanza? La cosa divertente dell’essere chiamata “It girl” è, beh, è il bacio della morte. Sai cosa intendo? È come essere “in”. Tutto ciò che è “di moda” alla fine passa di moda. Quindi, quando è iniziato a essere usato in giro ho pensato: “Oh, Dio. Quanto tempo ha intenzione di durare prima che qualcun’altra diventi la nuova It Girl?” Non perché ero preoccupata che sarei stata solo un ricordo, ma perché volevo che qualcun’altra facesse in fretta, così la gente avrebbe smesso di chiamarmi così. Ma devi solo metterti alla prova attraverso il tuo lavoro. Penso che molte persone non sappiano quanto ho lavorato su Orange Is the New Black . Ho recitato in tre film diversi ( Resident Evil: The Final Chapter , John Wick 2 e xXx: The Return of Xander Cage ), doppiato un film d’animazione (Sheep’n’Wolves), e ho fatto 70 show da DJ lo scorso anno. Non vedo l’ora che la gente veda il mio altro lavoro. Quindi, è una questione di essere a proprio agio, non di essere ovunque serva per creare nuova arte, e [promuovere le cose] di cui sei orgogliosa, come lavorare sulla tua arte e su nuove abilità, muovere il culo mentre pubblicamente sei silenziosa–non esistere solo per essere popolare. Non vuoi che le persone si stanchino di te, quindi è bello essere in grado di apparire e scomparire. Inoltre, non è salutare basare il successo o la felicità personale su cose esterne, come la fama, l’attenzione, l’opinione o il denaro. Meno si lascia che ti definiscano meglio è. Lascia che la tua passione e il tuo lavoro parlino per te. Finché sei soddisfatto, è tutto ciò che dovrebbe importare. Devi essere cauta sulla frequenza con cui sei/non sei vista sui tappeti rossi in modo da poter toglierti più rapidamente l’etichetta “it girl”? No, non esco nemmeno. Questo non

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è nel mio elenco di cose da fare. Ma sono stato invitata ad alcuni eventi davvero straordinari. Ricordo l’ultima festa in cui tutti stavano andando, e mi è capitato di tornare a Los Angeles dopo aver girato un film, ero seduta a letto con il mio cane e Netflix, e ho chiesto : “È questa la mia vita? Mi piacerebbe davvero sedermi qui e guardare film di registi con cui voglio lavorare invece di andare?” E poi ho pensato: “Sì, sono così. Questa è la mia vita. E mi sento così fortunata.” Poi ho avuto la fortuna di essere nominata per un SAG Award come miglior ensemble comico per OITNB . Volevo più di ogni altra cosa essere lì con la mia famiglia di OITNB perché li amavo così tanto e volevo festeggiare con loro, ma stavo girando

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a Roma. E poi abbiamo vinto! Quindi alle cose a cui voglio andare, non posso andare mai e quando si presentano quelle alle quali potrei andare, rimango a casa. Non sono sicura di aver capito come funziona. Sei stata un cult su Tumblr per anni. Quando hai capito per la prima volta che stavi ottenendo un seguito online per il tuo stile? Qual è stata la tua reazione? Sono così spaventata da Tumblr. Ci sono entrata una volta e 12 ore della mia vita sono subito scomparse. È una piattaforma visivamente stimolante, ma mi ci perdo dentro come un buco nero. Non mi vedo affatto come una persona alla moda nella mia vita di tutti

i giorni. Sono sempre in soggezione con Gigi Hadid, tutte quelle ragazze - Bella Hadid, Hailey Baldwin, Kendall, Cara. Sono tutti all’aeroporto come se fosse la loro passerella, e io sono tipo “Cosa ?!” Sono sempre così belle, sono troppo perfette! Stile impeccabile, aspetto mozzafiato Sono così impressionata. E io, sono sempre all’aeroporto con pantaloni e felpa con cappuccio, senza passerella e stile. Quindi non sono una irriducibile modaiola, amo la moda e compro troppi vestiti, ma mi piace mettere il comfort al primo posto. Preferirei indossare una maglietta vintage, jeans strappati e un paio di scarpe basse. L’aeroporto non è un posto per la moda! Come hanno fatto a renderlo un posto per la moda? È come un


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luogo in cui persone straordinariamente belle mostrano i loro armadi, e dove io invece sembro scontrosa o veramente stanca. Se sei perfetto all’aeroporto, non sei un essere umano! Le persone con diversi tipi di espressione di genere sono trattate in modo diverso? Mi sono rasata la testa a 15 anni, ma quando non sono riuscita a entrare nel settore, mi sono chiesta “E se mi facessi crescere un po’ i capelli e diventassi un po’ meno “Ruby” ed un po’ più mainstream? Proviamoci almeno”. Così mi sono fatta crescere i capelli e ho trovato lavoro a MTV. Dopo sei mesi, volevo tagliarmi i capelli. Alla fine sono stati fantasti-

ci, ma all’inizio erano titubanti, e mi dicevano: “Senti, hai appena iniziato con noi, e i tuoi capelli con la frangia, e i tuoi tatuaggi, sono davvero iconici.” Mi vestivo molto stile skater e punk rock, ed erano solo preoccupati perché l’Australia può essere un po’ conservatrice. Così mi hanno chiesto alcuni riferimenti, e ho mandato delle foto di Pink e Annie Lennox, e loro mi hanno detto: “Sì ... diamoci un paio di mesi.” Così sono andata da un parrucchiere subito dopo il lavoro e mi sono tagliata i capelli comunque, e sono andata lavorare il giorno dopo. Avevo 20 anni e apparentemente avevo un senso di urgenza su tutto. Hanno finito per amare quel taglio, perché potevano vedere che era l’autentica me. Ero più felice e anco-

ra più fiduciosa dietro la telecamera. Il tuo stile di genere fluido ha mai influito sulle tue audizioni o sui tuoi posti di lavoro? Penso che funzioni sia a mio favore che a mio discapito. Voglio dire, a prescindere, funzionerà sempre a mio favore perché la felicità è nell’essere se stessi. Quindi, per me, cercando di convincere un regista o un produttore che dovrei interpretare il ruolo principale in un ruolo d’azione - cattivo, ragazzo di strada, lesbo, tipo tormentato, o dire, un combattente ... hai capito l’idea, non è la sfida più difficile. Quella che è una sfida davvero difficile è convincere qualcuno a darmi una possibilità di trasformarmi

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e ad avere fiducia nella mia capacità di perdermi in un ruolo. Non c’è motivo per cui non possa suonare, ad esempio, una Stepford Mom, o la moglie di un uomo, o una madre o un’insegnante. Ci sono ruoli in cui puoi già indovinare chi sarebbero le loro prime scelte, e quindi entrare nella stanza con loro è difficile se sei letteralmente l’opposto di chi hanno in mente per il ruolo. Nulla è impossibile, ma lavori più duramente per parti in cui le persone non ti immaginano già. Ho lavorato molto duramente per entrare nella stanza con David Fincher, e anche se quel progetto non è andato in porto, ho avuto l’audizione con Fincher. Era abbastanza per me! Mi piacerebbe essere in una commedia. Rido sempre delle mie battute e, nonostante nessuno mi dica davvero che sono divertente, ignorerò questo fatto e inseguo il mio sogno di lavorare con Amy Schumer o Tina Fey. Ma non penso che sarei nemmeno sulla lista successiva alla lista delle loro prime scelte. Per favore, mettimi nella tua lista! In generale, pensi molto all’immagine del tuo corpo o segui semplicemente la corrente? Non bevo e non fumo. Sono molto sana e tratto molto bene il mio corpo. Penso che essere forti sia sexy. Essere in forma è importante per la salute del mio cervello e mi tiene mentalmente concentrata. Chi è l’ultima donna per la quale hai avuto una cotta? È davvero difficile tra Madonna e Angelina Jolie: sia Angelina sempre e per sempre. E Madonna troppo, ma Madonna soprattutto quando ha fatto il video “Erotica” , era sexy. Era un’icona femminista così potente, e il modo in cui si è reinventata per tutta la sua carriera è stato per me affascinante. Oh, e Jennifer Lawrence, ma chi no? Come ti senti rispetto ai giovani Leonardo DiCaprio e ai Biebs? Sono indifferente. Ho preso molto da entrambi, e poi a volte prendo da Angelina. Ohhh ... questo ci piace. [Ride.] Sì, questo ci piace. Justin è principalmente per come mi vesto. Se sto andando a fare skate

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e ho un cappello, la gente dice “Oh, sembri Justin.” E ci vestiamo in modo molto simile, ma per quanto riguarda la struttura facciale, mi sembra che non ci assomigliamo affatto . Justin ha tatuaggi ed io ho tatuaggi. Ma ci prendiamo gioco di entrambi, non è come se volessimo continuare. È solo buffo che a volte indossiamo la stessa cosa nello stesso posto, e ci sentiamo tipo “Eddai fratello ... perché stiamo facendo questo a noi stessi?” Ma onestamente è un gran complimento, perché lui è un ragazzo di 21 anni e io non ho più 21 anni, quindi è fantastico. Ma è come un fratellino per me. Trovo che Leo sia uno degli uomini più belli di sempre, quindi quando le persone mi paragonano a lui, io sono tipo “Grazie. Grazie mille.” La gente ama dire che fai diventare gay donne eterosessuali. Qual è la tua reazione quando lo dicono? È qualcosa che la gente ha detto prima che anche tu fossi famosa? Sono una di quelle persone che sente che tutti sono da qualche parte nello spettro. Non penso che debba essere etichettato: l’amore riguarda la persona. Quando la gente mi dice che li ho resi gay, mi viene da ridere, perché non è nemmeno una possibilità. Sembra che abbia fatto qualcosa contro la loro volontà nel bel mezzo della notte, come se mi fossi insinuata nel loro cervello e avessi premuto il pulsante gay, per poi fare una risata malvagia e lasciarli in balia di se stessi, improvvisamente gay e soli al mondo. Mettiamola così: ho trovato Channing Tatum in Magic Mike estremamente sexy? Sì! Potrei ora diventare etero per lui senza aver mai avuto il desiderio di stare con un uomo? La risposta è no. Haha. Ma la gente dirà a J. Law, “Voglio essere la tua migliore amica”, o a T. Swift, “Voglio essere nella tua squadra.” Tutti hanno la loro piccola cosa, e la frase che ho preso dopo Orange era, “Mi ha reso gay.” Quello che mi fa ridere è che sono davvero single e non sto affatto cercando compagnia. Sono solo concentrata sulla mia carriera. Ma è stato molto divertente vedere quante persone commentavano le foto o si infilavano nei miei DM per mesi dopo l’avvio di Orange. Direi: “È carino, ma sono abbastanza sicura che tu sia eterosessuale.” E loro direbbero “Lo

sono, ma ora ho una cotta per te.” E io risponderei: “Sono abbastanza certa di aver incontrato il tuo fidanzato alla premiere.” Ma poi, se in realtà li avessi contattati per prendere un caffè come amica per uscire, non avrebbero accettato. Potevo letteralmente percepire come si interrogassero sul fatto se la parola “caffè” significasse qualcosa di diverso nel mondo lesbico. (Per la cronaca, non lo è, secondo Ruby.) Perché sono spaventati? Voglio dire, non lo so. Ma farei colazione e il mio telefono si spegnerà, e vedrei una foto in topless. E sarebbe sempre così improvviso, e molto confuso. Ma poi sono stata a New York due mesi dopo, e ho ricevuto un messaggio da quella stessa persona che diceva: “Dio, vorrei poterti vedere”. Se rispondessi, “Oh davvero, in realtà anche io questa settimana sono a New York”, ricevo il silenzio radio. I miei amici e io moriremmo letteralmente dalle risate per questo - è così divertente. Voglio dire, lo è e non lo è. Le persone vogliono guidarmi, o non si rendono conto che lo stanno facendo, ma alla fine riesco sempre a capire cosa è reale e cosa è il gioco. Penso solo che, come esseri umani, siamo attratti da ciò che non possiamo avere. Siamo attratti dalla fantasia sulla realtà e spesso siamo innamorati dell’idea di una situazione piuttosto che della realtà. Penso che alla gente piaccia l’idea di “diventare gay per qualcuno”, ma in realtà non è così semplice. In definitiva, questa affermazione è solo una forma di tenerezza o un complimento, ma non è reale.


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TAILLEUR: MOSCHINO SCARPE: JIMMY CHOO

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Fotografia: Ellen Von Unwerth Direzione creativa: Prince e Jacob Girato al Pink Palace di Kitten Kay Sera Styling: Law Roach e Zadrian Smith Capelli: Castillo con Joico Trucco: Toby Fleischman con Urban Decay Set Design: Whitney Mendelsohn

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RICK GENEST

In morte di Zombie Boy. Fenomenologia dell’uomo-scheletro, fra performance P e tattoo.

Modello, icona di stile, personaggio cult amato da star del pop come Lady Gaga, Zombie Boy si è spento giovanissimo. Un caso di suicidio che, inevitabilmente, richiama la trama di una storia personale controversa, sconfinata in una dimensione artistica ed estetica singolare.

er tutti era Zombie Boy, fin dall’adolescenza: lo chiamavano così gli amici, quando viveva in strada tra squat e ambienti punk, lavando vetri di automobili per sopravvivere e scoprendo presto, prestissimo, la sua vocazione gothicdark. Rick Genest, questo il suo vero nome, era nato il 7 agosto del 1985 a LaSalle, nella provincia del Quèbec. E nel suo appartamento di Montreal, lo scorso 1 agosto, lo hanno trovato senza vita: non aveva ancora compiuto 33 anni. Suicidio: la versione diffusa tra i social e la stampa è stata subito unanime. Il suo ultimo post su Instagram è la foto di un cerchio di luce nell’oscurità, accompagnato da una poesia autografa intitolata a Damballa, spirito Vudù della Conoscenza: versi traboccanti di romanticismo noir, evocando le strette porte della morte, il chiaro di luna, il desiderio di follia, il

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senso della fine, la voragine, la freddezza della pietra, del ghiaccio, del metallo. Parole libere come presagi di lutto. Migliaia i commenti di cordoglio fra le tante foto postate sul suo profilo. Rick era un’icona fashion, personaggio noto ai media, modello corteggiato da stilisti, fotografi e pop star, per via del suo aspetto singolare: era entrato nel Guinness World Record per la quantità di tatuaggi accumulati su circa il 90% della superficie del corpo. Horror vacui senza soluzione di continuità. Non tatuaggi qualunque, tra l’altro. L’intreccio di segni, come in uno spaventoso tromp l’oeil, riproduceva la struttura di uno scheletro – pari a 136 ossa umane – con tanto di organi interni misti a 176 esemplari di insetti. Anche il volto a imitazione di un teschio e le volute del cervello fedelmente disegnate sulla calotta cranica. Un affascinante caso di quotidiana coabitazione con l’eccesso e col perverso: si era trasformato da solo nel suo incubo peggiore, o forse nel suo sogno deviato. Spettro, freak, creatura notturna costretta alla luce del giorno ed esposta agli sguardi, Zombie Boy univa provocazione, legge-


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rezza, seduzione macabra, ironia sfacciata, narcisismo e un residuo di timidezza, insofferenza patologica e inquietudine portata a galla, fino alle estreme conseguenze. Il primo tatuaggio fu un teschio inciso sull’avambraccio sinistro. Aveva 16 anni ed era appena andato via di casa, dopo l’esperienza traumatica che ne segnò il cammino e l’esistenza. Appena quindicenne era stato colpito da una grave forma di tumore al cervello. Venne operato, curato e per miracolo guarì. Aveva raccontato a The Sun: “Anche i medici mi avevano detto che ero stato fortunato. Ho offuscato il confine tra la vita e la morte e lo sto facendo ancora adesso. I miei amici mi hanno soprannominato Zombie per via del mio passato”. Un quasi morto, un sopravvissuto rimasto incagliato nell’ombra della morte stessa. E così si trattò di offuscare, assottigliare, rendere problematica e quasi indistinguibile la soglia tra le due dimensioni interconnesse – il vivere e il morire – assumendo tutto il peso e la violenza di quest’incastro, comunemente rimosso per rispondere alla naturale pulsione di sopravvivenza. La cultura occidentale moderna, poi, della morte ha fatto definitivamente un tabù: vietato guardarla in faccia, accettarla, averci confidenza. Rick, invece – detto anche Rico – non aveva paura. E volle farsi incarnazione di segni mortiferi, ogni giorno affacciandosi sull’uscio dell’Ade. Riscrivere la superficie del proprio corpo equivaleva a spostarne il fuoco, la natura, persino la localizzazione. Vivere altrove, letteralmente aldilà. Zombie Boy, che a 21 anni cominciò a trasformarsi in scheletro putrescente, decise di rinascere come esperimento in punta d’ago, affidando all’inchiostro la propria reinvenzione plastico-pittorica: seduta dopo seduta il corpo si coprì di arabeschi minuti, di architetture grafiche e di apparenze tattili, di profondità simulate sulla pelle. La segretezza assoluta delle viscere, degli organi, della struttura ossea, della carne in decomposizione ricamata da nugoli d’insetti, si rovesciava nel suo contrario, affiorando e attuando un inganno: in superficie, per dirla con Baudrillard, si compiva il gioco della seduzione, qui insolitamente fuso con quello della repulsione. Il tutto affidato alla tecnica virtuosistica del noto tatuatore californiano Frank Lewis. La fortuna arrivò nel 2011 grazie a Nicola Formichetti, direttore creativo di Thierry Mugler e stylist di Lady Gaga. Lo scovò in una fotografia, ne rimase stregato, ne intuì l’enorme potenziale comunicativo e lo volle con sé. Cambiandogli la vita. Prima di allora Rico non era mai uscito dal Canada: cominciava così la sua seconda esistenza, fatta di viaggi, passerelle, mega produzioni video, interviste su prestigiose testate, servizi fotografici super pagati. Formichetti lo scritturò per il videoclip di Gaga “Born this way”, in cui i due a un certo punto comparivano accanto. Lei, truccata e vestita come lui, era incorniciata da una lunga chioma di extension fucsia: due scheletri total black, in giacca e pantaloni. L’amicizia con la Germanotta si sarebbe via via consolidata, trasformandosi in un legame importante, tanto che l’annuncio della tragedia è comparso sulla sua pagina Facebook con toni affranti, unito a un appello: “Il suicidio dell’amico Rick Genest, Zombie Boy, è più che devastante. Dobbiamo lavorare duro per cambiare la cultura, fare luce sulla salute mentale ed eliminare lo stigma che non vuole che se ne parli. Se stai soffrendo, chiama oggi la tua famiglia o un amico. Dobbiamo salvarci l’un l’altro“. Rick – personalità forte, estroversa, spesso sorridente, abituato ai palcoscenici – coltivava il suo male oscuro

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in solitudine, in parte dissimulandolo così come aveva dissimulato il suo corpo e la sua immagine, reinventati a piacere fino all’estrema forzatura. Determinante nel 2011 fu anche la collaborazione con lo stilista Mugler, che – dietro la regia di Formichetti – lo elesse guest star della sfilata Autunno/Inverno 2011-2012, tra il catwalk della fashion week parigina e la relativa campagna pubblicitaria. Una collezione di chiaro gusto punk-dark, condita di maschere d’ispirazione sado-maso, anfibi, zip, corpetti metallici, metri di latex, neoprene, plastica cristallizzata, nylon, velluto, tessuti tecnici, raso. Il nero protagonista assoluto, con accenti di blu elettrico, bianco, verde militare, arancio. Rico era il testimonial perfetto, avvolto da una nuvola di cellofan e infilato in pesanti pantaloni cargo in pelle nera. Diversi i fotografi eccellenti che lo immortalarono per testate di tendenza, da Dazed a GQ, fino a Vogue Homme Nippon, dove Mario Vivanco gli dedicò uno splendido servizio dal titolo “Hard To Be Passive”. Non mancò la pubblicità, grazie a marchi come L’Oréal, che nel 2014 costruì intorno al suo personaggio uno spot geniale: strati e strati di Dermablend Pro, una linea di fondotinta pensata per mascherare le imperfezioni più vistose, e il modello canadese tornò al suo aspetto originale, senza più tracce di tattoo. La sua bellezza – comunque percepibile sotto la nube d’inchiostro, tra il corpo flessuoso, i lineamenti regolari, gli occhi profondi e le labbra disegnate – veniva dissotterrata grazie al potente cosmetico. Un piccolo sortilegio al contrario: make up temporaneo a occultare il make up resistente ed esistenziale. Intanto, mentre la carriera decollava, Genest portava avanti il suo “Lucifer’s Blasphemous Mad Macabre Torture Carnival”, uno show condotto insieme a un piccolo esercito di freak, tra bizzarrie gotiche ed eccessi luciferini: fachiri, mangiatori di fuoco o di spade, ballerine di bourlesque, incantatori di serpenti… Un’estetica del mostruoso e dell’alieno, in cui l’ironia stemperava la strana sensualità fatta di latex, ossa, piercing, scarificazioni, tatuaggi, deviazioni delle carne e decorazioni macabre. Ancora una volta la potenza oscura della superficie, capace di sfidare la logica diurna del senso e la retorica cava dei significati. Sempre nel 2011 Marc Quinn, artista internazionale tra i più influenti, gli

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dedicò un’opera della serie “Body Alteration”. Lo riprodusse a grandezza naturale, con una scultura monocroma nella doppia versione in bronzo e cemento. Indosso un paio di scarponi e dei pantaloni laceri, con l’intaglio raffinato dei tatuaggi a disegnare busto, volto, cranio. E’ uno dei soggetti più iconici della serie, dedicata alle manipolazioni fisiche di personaggi celebri e ai nuovi sortilegi che la chirurgia plastica o certe estetiche underground hanno sdoganato lentamente, costruendo una nuova dimensione psico-sociale del corpo. Ma Rick Genest era solo una musa bizzarra per artisti e creativi? La sua intera esistenza è stata, a ben guardare, un’operazione artistica fatalmente intrecciata con la sfera intima, psicologica, privata. Attratto dal genere della performance, egli fu senza dubbio un performer, calatosi in una perenne dimensione spettacolare, offertosi agli sguardi del pubblico e costretto a essere personaggio, nel recinto di una messa in scena feroce. Ed era uno scultore, che della sua vita e della sua pelle fece materia prima esclusiva, vivendone tutto il rischio, lo scandalo, il dolore. Associare la sua scelta alla ricerca di artisti emersi nell’ambito del Post-human – da Stelarc a Orlan, passando per i Chapman – ma anche ai pionieri della Body Art e dell’Azionismo Viennese, diventa una prospettiva interessante, forse inevitabile. Territorio poetico/semiotico/politico, in cui la dimensione dell’essere e quella dell’avere coincidono, il corpo non si può che descrivere come uno strano s/oggetto da possedere, abitare, modificare e insieme da vivere in quanto senziente, decidente, agente, pensante. Avere un corpo – strumento e contenitore – ed essere corpo: i segni vi si imprimono molteplici, giunti dall’esterno, appartenenti al mondo e ai codici culturali; ma in esso altresì si producono, generati sulla superficie neutra che nulla significa ma che viene fatta significare, risignificando a sua volta il mondo stesso. Una bella combinazione di livelli e di contraddizioni. Il lavoro che sul suo corpo ha compiuto Rick Genest si consuma lungo questo sentiero tortuoso, assimilabile a quello sperimentato da molti artisti contemporanei. Del resto non è un caso che proprio la pratica del tatuaggio, concettualmente e antropologicamente con-

nessa ai “riti di passaggio”, abbia rappresentato per lui la forma ideale di reinvenzione e riscrittura di sé: nel segno indelebile essa racchiude la memoria di una trasmutazione, marcando il transito da uno stato all’altro, accompagnando l’elaborazione di traumi, descrivendo resurrezioni minime, sigillando sacrifici e rituali. La trama dell’inchiostro sulla pelle incarna così la connessione atavica tra vita e morte, principio e fine, e attua la scommessa della seduzione con la sua capacità di “sottrarre tutto alla sua verità, rimetterlo in gioco nel gioco puro delle apparenze, e di far così fallire tutti i sistemi di senso e di potere” (Jean Baudrillard). Una seduzione macabra, nel caso di Rico, il quale accese su di sè i riflettori e li spense per volontà propria. Salvato dalla malattia quand’era ancora un ragazzino, inseguito negli anni dall’ombra della morte che esorcizzò, tatuandosela addosso, scelse di morire alla fine del rito, non appena l’intero disegno sulla pelle fu compiuto. Ultimo atto radicale, tra messa in scena pubblica e disagio privato.

– Helga Marsala


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“Il leone tatuato mi ricorda ogni giorno di non avere paura e di essere fiera di me stessa”

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ara Jocelyn Delevingne ha 23 anni, tralasciando il suo ruolo di protagonista nelle campagne per Burberry, Chanel e Blumarine e nei servizi fotografici di Mario Testino, l’esordio canoro con Pharrell Williams, nonché le sue passioni per batteria, tecnologia e design, Cara Delevingne non è nient’altro che una ragazzina irrequieta, bellissima, dotata di una spiccata personalità e di sopracciglia letali. Com’è stata la sua infanzia? Abbastanza triste, nonostante sia nata a Londra in una famiglia benestante: papà Charles imprenditore edile, mamma Pandora, figlia di Sir Jocelyn Stevens – magnate dell’editoria – e Jane Sheffield, dama di corte della principessa Margaret. Mia madre ha combattuto per anni una dipendenza dall’eroina e ora sta scrivendo il suo mémoir. Da bambina ho sofferto molto per l’assenza dei miei e ho fatto tanta terapia. È stata inutile, però, perché finivo per raccontare ciò che gli psicologi volevano sentirsi dire. Soffrivo di aprassia, l’incapacità di coordinare azioni e pensieri; a scuola scrivere era un calvario, gli esami un incubo. Come ne è uscita? È stata dura, sapevo che se volevo recitare avrei dovuto studiare, così ho iniziato a prendere i farmaci che i medici mi prescrivevano. Erano medicine molto potenti che mi rendevano apatica, con il risultato che non riuscivo ad alzarmi la mattina e finivo per non andare a scuola. Avevo dei sensi di colpa incredibili, che sono riuscita a superare grazie al mio sogno di fare l’attrice. Quando ha cominciato a fare la modella? È stato il padre di una mia amica, proprietario di un’agenzia, a propormi un casting. E poi in famiglia c’era già una modella, mia sorella Poppy. Il mio primo servizio fotografico è stato con Bruce Weber per Vogue Italia, quando avevo dieci anni. Per due volte, nel 2012 e nel 2014, ho vinto anche il premio Model of the year al British fashion awards, ma fare la modella non è mai stata la mia aspirazione, ho sempre preferito suonare e recitare. Ho continuato a farlo solo perché era diventata una carriera e non volevo deludere nessuno. La mia sfida era dimostrare che sarei riuscita a diventare la più brava. Di recente ha chiuso il contratto con la famosa agenzia Storm model management. Ha deciso di smettere? No, continuerò ma solo su progetti scelti da me. Mi piace l’indipendenza che sono riuscita a conquistare, prima non potevo mai dire di no. Lei ha diversi tatuaggi, tra i quali anche la testa di un leone sull’indice della mano destra. Perché? Rappresenta il mio segno astrologico, da bambina non ho mai avuto paura di niente, mi arrampicavo dappertutto. Poi, quando sono diventata modella, ho perso la sicurezza e ho iniziato a stare male. Il leone mi ricorda ogni giorno di non avere paura, di essere fiera di me stessa e di lottare ogni giorno per i miei sogni.

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FOTOGRAFIA: MARIO TESTINO STYLING: KATY ENGLAND CAPPELLO: FENDI TRUCCO: MON GUERLAIN SMALTO: DIOR

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CONOR McGREGOR

“Non credo nella morte”

Il più delle volte, Conor McGregor vince le sue lotte con i pugni. Ha vinto una volta con colpi di gomito e ha vinto una volta per sottomissione, ma le altre quindici volte ha picchiato professionalmente un altro uomo insanguinato. Il suo scontro più recente è stato con Dennis Siver, che a Boston a gennaio ha saggiato questa forza con le sue mani. Il suo allenatore, un artista marziale misto irlandese di nome John Kavanagh, ha studiato la fisica del combattimento umano e della collisione per decenni, e perfino lui non può spiegare perché il McGregor alto un metro e mezzo possa colpire così forte e così tanto. gli sportivi più duri di solito hanno le braccia lunghe, così come McGregor, e di solito hanno i pugni grandi, così come McGregor, ma c’è qualcos’altro in lui, una misteriosa e straordinaria combinazione di desiderio, angolazione e velocità, che rende i suoi pugni come bombe. McGregor, che è anche estremamente irlandese, ha una posizione eretta quando combatte, uno stile che è allo stesso tempo avvincente e quasi comicamente tradizionalista. “Assomiglia esattamente al logo di Notre Dame”, dice Dana White, il presidente del Ultimate Fighting Championship, riferendosi al simbolo raffigurante un leprechaun, un folletto irlandese. Guardare lottare McGregor porta alla mente parole antiche riguardanti il combattimento come “fisticuff” o “donnybrook”. Rende il KO tecnico un vero e proprio mestiere, che occupa lo spazio tra arte e scienza, come la lavorazione del barile o la lavorazione della

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pelle. Un ex idraulico, fa sembrare il combattimento un mestiere. Quando gli uomini ordinari sferrano un pugno, non atterrano con un colpo, non producono uno shock sismico, “suonano” come il tonfo di un martello. La maggior parte dei pugni è imperfetto. Quando McGregor sferra un pugno, i suoi pugni si comportano più come scalpelli, come dei punteruoli. I suoi pugni taglianti. Non creano lividi sulla la pelle; loro la spezzano. Al secondo round della loro lotta, Dennis Siver non sembrava essere stato colpito da pugni: la sua faccia era piena di piccoli buchi. «Se mi mettessi faccia a faccia con Floyd Mayweather, lo ucciderei in meno di 30 secondi». Qualunque sia la ragione per cui i pugni di McGregor sono diversi, lo hanno reso un astro nascente del suo sport, il culmine di una crescita di due anni dall’oscurità al ruolo di headliner alla star del crossover. Combatterà con il campione brasiliano Jose Aldo per la cintura di peso piuma della UFC a luglio, e White crede che sarà il più grande combattimento dell’anno della sua organizzazione, “un evento globale”, in gran parte grazie alla capacità di McGregor di sembrare più gigante di lui. Ma il ventiseienne McGregor non vuole essere considerato impareggiabile solo in un singolo aspetto della sua occupazione, come un semplice pugile. «Non guardo un uomo esperto in un’area come specialista», dice. «Lo guardo come un debuttante in altre dieci aree. Se riesci a inscatolare, cosa succede se mi aggrappo alle tue gambe? Se mi metti faccia a

faccia con Floyd Mayweather- il miglior pugile in circolazione - se avessi combattuto contro Floyd, l’avrei ucciso in meno di trenta secondi: mi ci sarebbero voluti meno di trenta secondi per avvolgerlo come un boa constrictor e strangolarlo». McGregor vede il corpo umano come vede i combattimenti, il modo in cui vede il bar di New York in cui si nasconde dal freddo, il modo in cui vede l’esistenza: ognuno è una collezione di aperture e viali, posti di blocco e ostacoli. Si siede sempre, mentre è seduto ora, con la schiena in un angolo; ha esplorato le uscite; ha diverse vie di possibilità mappate nel cervello del suo cartografo, ogni progresso disponibile e ritiro. «Ho una mente di autodifesa», dice. «L’ho avuta per tutta la vita». McGregor sogna di possedere la mossa definitiva, di dominare la sottomissione decisiva che finirebbe qualsiasi avversario: il soffocamento posteriore. Non è mai riuscito ad applicarlo durante un combattimento UFC. Ne parla come ognuno di noi parla di un oggetto del desiderio che ci sfugge. «È la sottomissione più dominante», dice quasi malinconicamente. Non è un braccio o una barra del ginocchio o un look alla caviglia, ognuno dei quali lascia alla vittima l’opportunità di sopravvivere, per quanto leggera. E non è un pugno che può essere scivolato o neutralizzato. Il choke posteriore nudo è quasi una metafora delle conseguenze dei nostri errori più calamitosi.«Non puoi farmi niente, ma posso farti quello che cazzo voglio», dice McGregor.


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«Ho il controllo completo». Non è sicuro di essere abbastanza chiaro. Vuole che tu capisca la sensazione di vera disperazione, la sensazione dell’ultima porta che ti si chiude. Vuole che tu odi quella sensazione, che ti farà apprezzare più profondamente i momenti in cui sei libero. La sua fidanzata di lunga data, Dee Devlin, seduta accanto a lui nel bar, fa del suo meglio per spiegare le sue intenzioni. «Vuole che tu sia migliore di te», dice. Così sotto le luci brillanti di uno studio fotografico, si spoglia in mutande e ti salta addosso da dietro. Senti il peso poggiato su di te, 170 pound che può ridurre di 20 nella settimana prima della pesata i suoi pettorali che si adattano alla sommità delle tue spalle come pezzi di un puzzle. Il suo petto ampio è dipinto con un tatuaggio gigante di un gorilla che mangia un cuore umano. Non è neanche una rappresentazione cartoonistica di un cuore umano, ma un’illustrazione strappata da un libro di testo medico, con ventricoli e vene. È un disegno del tuo cuore, e ora puoi percepirlo, percorrendo l’inchiostro e arrivando alla tua schiena. Le gambe di McGregor si agganciano alla tua vita, ancorate al suo posto dal suo enorme culo. «I glutei sono figli di puttana», dice. «I glutei sono potere». La pianta del piede sinistro preme contro la punta del fianco; il tallone del suo piede destro scava nel tuo inguine. Quasi per istinto, le tue mani trovano quella gamba e cercano di rimuoverla, ma le gambe battono le braccia quasi ogni volta, così come le braccia battono il collo. Il suo braccio destro si avvolge attorno alla tua gola, il suo avambraccio dalla venatura densa si chiude sotto il tuo mento. Il suo braccio sinistro gli attraversa il polso destro e si infila dietro la testa. E poi inizia a tirare indietro il braccio destro mentre si spinge in avanti con la sinistra. Non fa male. Questa è la parola sbagliata. Sei a disagio. McGregor conosce le sensazioni. L’ultima volta che ha perso un combattimento, il sesto periodo della sua carriera, nel 2010, è stato in trentotto secondi, ed era per un soffocamento. Era così contrario alla sensazione, ha bussato prima che perdesse conoscenza, uno dei grandi rimpianti della sua vita. «Questo mi ha mangiato vivo», dice. «Dopo ho detto che stavo per combattere fino alla morte, mi dovrai uccidere».

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Il choke posteriore nudo è ignaro di tali risoluzioni. Il tuo corpo, come quasi tutto quello che fai con esso, ha imperfezioni che possono sembrare imprudenza evolutiva. Ci sono i pochi centimetri quadrati del tuo fegato che giacciono esposti, spalancati sotto le costole, una superstrada a quattro corsie per il tuo sistema nervoso centrale. Ci sono i contrafforti volanti inginocchiati delle tue ginocchia, in attesa di scattare. E c’è la tua arteria carotide, che trasmette massicci volumi di sangue al tuo cervello, abbastanza vicino alla superficie del collo che puoi vedere e sentire che scorre, come se un salmone potesse colpirlo. Perché quell’arteria significa vita ma può significare anche morte. Non c’è modo per voi di rafforzarla o di proteggerla, di mitigare gli effetti della pressione esercitata su di essa. Ora McGregor stringe, in due direzioni contemporaneamente, tirando di nuovo con la destra, spingendo con la sinistra, le braccia come le lame di forbici opache. I tuoi occhi sono tirati giù, mostrandoti il resto del tuo corpo, vagando sui tatuaggi sul suo polso sinistro: un baffuto gentiluomo con un cappello a cilindro, e uno dei principali mantra di McGregor: lento è liscio, liscio è veloce. Non deve spremere molto forte, e non deve spremere molto a lungo. «Una volta che il sangue viene tagliato dal cervello, è finita», sussurra McGregor. McGregor ha vissuto tutta la sua vita alla ricerca della sensazione opposta: l’infinito. Per tutto il tempo che può ricordare, è stato ossessionato dal movimento e dalle sue infinite opportunità. Ha studiato gli animali per i loro vantaggi: gorilla, leoni, coccodrilli, e nella palestra di Dublino di Kavanagh, cerca di trovare i loro segreti in se stesso. Kavanagh gli ha dato una chiave per il posto, perché McGregor avrà l’impulso, irresistibile come un soffocamento, di muoversi a tutte le ore del giorno e della notte, strisciando e seguendo le scimmie attraverso le stuoie. Devlin di solito si sveglia e trova il suo uomo che oscilla davanti allo specchio alle quattro del mattino. Non solleva pesi o inserisce sessioni di lavoro attentamente suddivise come la maggior parte dei combattenti. «Le macchine non usano macchine», dice, «e io sono una macchina». Non riconosce la maggior parte dei muri moderni che abbiamo costruito intorno a noi. «Rituale è un’altra parola per paura,

manifestata in un modo diverso. Non crede nel tempo, o almeno non si sottometterà ad esso, riconosce che gli orologi esistono, ma non vede alcuna ragione per obbedire alle loro richieste». Dorme quando vuole, ma soprattutto si muove quando vuole: per McGregor, la morte sarebbe la calma ... se credesse nella morte. «Anche nella morte, dicono che la tua visione aumenti, puoi vedere tutto», dice. «È quasi come se ti stessi evolvendo verso il prossimo stadio: è come un diverso piano di esistenza, solo un’altra forma di movimento, ora ci stiamo muovendo attraverso il fottuto universo o non so verso che cazzo». In un certo senso, è difficile sopportare la compagnia di McGregor, e non solo perché potrebbe decidere di soffocarti in qualsiasi momento. È così sicuro di sé e padrone di sé, così al comando del suo corpo e apparentemente del suo destino, che ti riempie di dubbi sui tuoi. La maggior parte delle nostre interazioni sociali si basa sulla premessa che tutti abbiamo accettato di seguire determinate regole. McGregor non ha acconsentito a queste regole, non lo farà, il che è snervante perché rende il suo comportamento imprevedibile: ti ritrovi a dire «Non puoi farlo» o «Devi farlo», e non solo non lo fa, ma ti induce a chiederti perché hai accettato tu stesso quelle regole. Cammina nel mezzo delle strade; lui mangia la strada come le tempeste consumano le coste. È estenuante come compagno di pranzo, così come mentre è dentro l’ottagono. «Dici a qualcuno la verità su di loro e loro si sgretolano», dice. «È la vita», dice Devlin riguardo alla capacità del suo ragazzo di creare crepe. La loro relazione è anteriore alla sua carriera di combattente professionista di due settimane. I suoi amori si intrecciano. «È la nostra vita», dice. «Come è acceso e poi è spento. È proprio così». Ha combattuto in qualche modo da quando era un bambino, è nato e già era una presenza impegnativa. «Mi sembra di avere una faccia - mi sembra di attirare l’attenzione in qualche modo», dice. «Per qualche motivo, la gente vuole provare a venire da me. Vogliono colpire me. Volevo solo che la gente mi lasciasse in pace, fondamentalmente, non ci sono entrato per essere qualcuno, sono state le situazioni di disagio». Ha iniziato con kickboxing e poi il



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pugilato. Poi ha scoperto il jujitsu e il suo sistema di leve, come battere un uomo anche quando sei intrappolato sulla schiena, semplicemente applicando una leggera pressione in punti in cui la pressione non viene normalmente applicata. «Mi ha affascinato», dice. «Mi ha affascinato allora, e ancora mi affascina». Poi si è seduto sugli spalti presso l’UFC 93 a Dublino nel 2009. «È stato allora che potevo raggiungerlo e toccarlo», dice. Era ancora un apprendista idraulico, un piede in ogni mondo. Per sentirlo dire, tornò in un cantiere umido e guardò i maestri, uomini vecchi e tremanti prima del loro tempo, e fece la scelta, come se fosse una scelta, che non avrebbe più dovuto rimanere. Ha posato gli strumenti, perché le macchine non usano macchine e se ne è andato. Ha visto nel combattere una libertà quasi perfetta, un modo per tradurre il suo amore per l’espressione fisica sconfinata - in uno sport in cui finché non si infila le dita negli occhi o nei tagli aperti, sei perfettamente entro le regole, lui e Dee, insieme, non dovranno più sottostare a catene. «Non importa cosa stava succedendo nella mia vita, nel bene o nel male», io,

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anzi noi, l’abbiamo sempre saputo che saremmo arrivati a questo, era inevitabile e lo sapevo. Per McGregor, la sua certezza riguardo la sua ascesa, e il suo continuo, non è spavalderia. Ti sta facendo il favore di lasciarti intravedere un futuro che solo lui ha visto. È quasi come se non potesse farci niente, come se la sua mascella fosse solo un’altra valvola di rilascio della pressione attraverso la quale può sfogare le sue riserve senza fondo dell’anarchia spirituale. Chiedigli della sua reputazione per i discorsi spazzatura e questo è quello che dice, ininterrotto, a quanto pare, anche con i respiri: Trash talk? Smack talk? Questo è un termine americano che mi fa ridere, dico semplicemente la verità. Sono un uomo irlandese, non ci frega un cazzo dei sentimenti. Diciamo la verità. Se mi fanno una domanda su qualcuno, dico loro la verità. Non ho niente di negativo da dire su Jose Aldo. E’ piuttosto semplice. Il suo tempo è scaduto. E’ fatto. C’è qualcuno senza scrupoli che viene a prenderlo. posso guardarlo negli occhi e dire : è tutto finito, sei finito adesso, sei un campione di cui non frega un cazzo a nessuno. A nessuno

importava di lui prima che arrivassi. A nessuno importava della divisione prima che arrivassi. È una macchina decisionale. Riesce a malapena a finire la cena, figurati il suo avversario. E ha combattuto barboni. Ha combattuto piccoli pesi gallo e non riesce ancora a metterli via. Ora sta entrando contro un mostro di peso piuma che colpisce come un camion. È finita per lui. Non ho bisogno di dire altre cazzate. Luglio è una conclusione. È inevitabile. Solo due anni fa, Dana White andò a Dublino per accettare un premio dal Trinity College. Sembrava che ovunque andasse, ogni bar, ogni angolo di strada, sentiva il nome di Conor McGregor. Nel corso degli anni, White ha raccontato di mille talenti segreti; ha valutato un esercito di eroi locali. Non conosceremo mai i loro nomi, ma White sentì il nome di McGregor abbastanza da farlo meravigliare. Tornò a Las Vegas e chiese ai suoi organizzatori di match di questo ragazzo irlandese. Gli dissero che McGregor aveva combattuto un po’, niente di particolarmente degno di nota: quattordici combattimenti, soprattutto contro sconosciuti, per lo più vittorie a eliminazione diretta, un


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paio di perdite per sottomissione. Ancora curioso, White portò la sua improbabile prospettiva nel deserto. Ricorda di aver guidato per la “Strip” con la sua Ferrari e l’energia di McGregor in competizione con il motore e le luci. «È un titolo che non avrebbe potuto funzionare meglio», afferma White. «È uno su un milione, ha quel qualcosa che non puoi insegnare alle persone, quel qualcosa che attira la gente verso di te. Ne ha più di ogni combattente che abbia mai incontrato, ti fa credere tutto ciò in cui crede». Forse è una scelta astenerci. Forse non dobbiamo essere lì alle nove in punto. Forse non moriremo. Conor McGregor è stato danneggiato. Fu durante il suo primo incontro in America, a Boston, nell’agosto del 2013. Nel secondo turno contro Max Holloway, McGregor emerse da una corsa sul terreno con una sensazione sconosciuta: non riusciva a trovare i suoi piedi. Perché crede davvero in ciò che crede, ha continuato a vincere il combattimento, ma aveva strappato il legamento crociato anteriore al ginocchio sinistro. È una ferita devastante per qualsiasi at-

leta, ma per uno come McGregor è stato particolarmente crudele. Dopotutto, è stato costruito imperfetto come il resto di noi. Gli fu detto di stare fermo. Lui non ha ascoltato. «Le persone studieranno il mio recupero», dice. Trovò nuovi modi per allenarsi, liberando l’ultimo dei suoi pesi convenzionali e le sue routine. Premette il suo corpo contro se stesso, rifiutando ogni invito all’ozio. Ha fatto flessioni contro i lavandini della camera d’albergo. Ha fatto squat a una gamba sola. Tornò e vinse i suoi prossimi tre combattimenti: TKO (primo turno, furono sbarcati diciotto colpi significativi); TKO (primo turno, nove); e più recentemente, contro Siver, TKO (secondo turno, sessantaquattro). Ognuno era l’esibizione della notte; ognuno lo rendeva più popolare; ognuno lo rendeva più sicuro. «Ho imparato molto di più su quanto sia importante l’equilibrio, quanto sia importante il controllo del corpo», afferma McGregor. «Dal momento in cui apro gli occhi, sto cercando di liberare il mio corpo, sto cercando di diventare più flessibile, più flessibile, per ottenere il controllo. Il movimento è una medicina per me. Ha studiato i filmati delle sue

lotte e degli animali alla caccia di altri animali, e si è avvicinato a uno di loro rispetto a uno di noi. Se era una razza a parte prima che il suo ginocchio fosse esploso, era la sua specie dopo, meglio di lui. White stracciò il suo contratto, e poi lui strappato di nuovo». Nella lotta di McGregor contro Aldo, vedrà per la prima volta un taglio del pay-per-view. Poiché il suo esito è inevitabile, e poiché ha una mente di autodifesa, ha già iniziato a pensare a ciò che verrà dopo. «Sono interessato al movimento, e sono interessato al denaro, e sono interessato al movimento di denaro”, dice. “Se vinco la cintura e facciamo un milione di visualizzazioni a pagamento, possiamo strappare quel figlio di puttana proprio lì e fare quel cazzo che vogliamo». «Qualcuno come lui, i soldi piove giù», dice White. «Otterrà tutto ciò che ha sempre desiderato». Prima di quel giorno di gelo a New York, McGregor e Devlin erano entrati in un negozio di Christian Louboutin nel Meatpacking District. McGregor è un uomo elegante; per lui, i vestiti sono un altro mezzo per esercitare pressione sugli altri uomini. Provò su diverse paia di scarpe da

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FOTOGRAFIA: MARIO SORRENTI STYLING: GEORGE CORTINA


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ginnastica, scarpe da ginnastica ridicole, il tipo di scarpe da clown che avrebbero fatto venire fuori la merda da un bambino che le portava alla scuola sbagliata. Rimase incastrato su un paio di top bianchi luccicanti tempestati di pezzi di plastica arcobaleno, piccole piramidi e diamanti che combattevano con le suole rosse lisce per la dubbia attenzione del suo occhio. «Stanno fottendo là fuori» disse, guardandosi allo specchio. «Non vedrei nessuno a casa con un paio di questi». Li guardò ancora, voltandosi, convincendosi. «Se ti piacciono, prendili» disse Devlin. «Se qualcuno dice qualcosa - whap», disse, e iniziò a sparare calci nel mezzo del negozio, i dipendenti presi a sbalordire guardavano di nuovo lui e le sue orecchie di cavolfiore, facendo tutta l’aritmetica mentale che gli uomini fanno quando loro «si classifica secondo gli ordini di altri uomini. Scattali in faccia«, disse McGregor, calciando di nuovo lo specchio. «Non ne so nulla, devo dire», disse Devlin. «Se non li metterò fuori dal negozio, non li prenderò», disse. Poi annuì a se stesso. «Li sto indossando». Devlin rise e pagò le scarpe: $ 1,700. Gli stivali di pelle che McGregor aveva indossato nel negozio andarono nella borsa. Le nuove sneakers uscirono nella neve e nella fanghiglia. Lampeggiarono come sirene. Poi è successa una cosa strana. Una famiglia con due figlie si avvicinò a McGregor e chiese la sua foto. Poi un operaio edile si è allontanato da una strada e ne ha chiesto un’altra. Poi una piccola folla cominciò a radunarsi al freddo sui ciottoli, inspiegabilmente attratti da quell’uomo, verso questa macchina, con le scarpe che qualcuno poteva indossare solo se lui fosse qualcuno. McGregor era circondato, proprio così, reso prigioniero dalla sua alterità. È consapevole dell’ironia. «Se non ne sei dell’umore, può essere pesante», dice, nel suo angolo del bar. «La gente può familiarizzarsi con lui, come se ti conoscessero da tutta la vita, è strano per me, la ragione per cui sono entrato nel gioco era che le persone mi lasciassero il cazzo da solo». Si ferma, i suoi occhi neri lampeggianti guardano quanti dei volti in questa stanza lo stanno guardando. «Mi ha infastidito», dice. E poi McGregor è quello che fa così raramente: è immobile e sta zitto. Hai la sensazione che stia ricalcolan-

do, cercando le diverse uscite. Dice che non si è mai chiesto una volta se poteva perdere ad Aldo- «Se intrattengo le cose, tendono a diventare realtà», dice - ma seduto lì, nel silenzio, sente come se ce l’avesse in lui, qualunque sia il risultato, scomparire un giorno, forse in un giorno non così lontano da oggi. Sa che lo inghiottiremo vivo se rimarrà; anche lui non può combattere tutti noi. L’unico modo in cui avrà il controllo completo è se lui se ne va. Forse è questo il futuro che ha sempre visto per se stesso, l’ultimo grande successo di un grande rapinatore prima che riesca a fuggire definitivamente, svanendo nella giungla con la sua ragazza. «Siamo l’unico animale che si sveglia e non si allunga», dice, girandosi. «Guarda il tuo cane», dice Devlin. «Svegliati e rilassati», dice McGregor. «Inizia lì». Inizia da lì e finisci con tutto ciò che hai sempre desiderato. Per dimostrarlo, annuncia che tornerà al suo hotel lussuoso e cadrà nella sua nuvola di letto. Sono le tre del pomeriggio. Non dormirà bene. Non ha lavorato in due giorni, ed è nervoso, come se stesse dando per scontato i suoi doni, come se avesse dimenticato quei tempi bui in cui si sentiva intrappolato. Si sveglierà alle due del mattino e inizierà a girovagare per la sua stanza d’albergo, passando attraverso i tappeti spessi come un ladro di gioielli, salendo i mobili, scalando le pareti, camminando a testa in giù sul soffitto, imparando come muoversi attraverso l’universo. Poche ore dopo, ti sveglierai, l’ombra delle sue braccia ti si stringe ancora attorno al collo. Ti alzerai dal letto e ti stiracchierai.

– Andra Gallucci

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SEMPRE PER TE Fotografia: Mario Testino Styling: Paul Cavaco Testo: Derek Blasberg

Amber Valletta ABIT0: GIVENCHY

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KENDALL JENNER, CAROLYN MURPHY, AMBER VALLETTA E MORE GET INKED FOR L’ENCRE


ABIT0: PROENZA SCHOULER


Carolyn Murphy ABIT0: MARC JACOBS


INKED

Quando ero un bambino, pensavo che i tatuaggi fossero spaventosi. Sono cresciuto nell’ultra-conservatore Midwest americano, e le uniche persone che li avevano erano uomini grossi, puzzolenti e pelosi che indossavano giubbotti di pelle e cavalcavano motociclette, ragazze pacchiane che pensavano che fossero sexy e selvagge perché avevano dei piccoli delfini che saltavano sugli arcobaleni inchiostrato sulle loro caviglie. Ma le origini dell’arte del corpo permanente trascendono le mie prime opinioni e oggi, i tatuaggi possono significare molte cose: un modo per onorare una persona cara che non è più con noi, testamenti di le nostre credenze spirituali o religiose, o reliquie di una notte selvaggia che ha raggiunto il culmine con una cattiva decisione.

stata la sua persona più oltraggiosa quando ha camminato la sua prima sfilata di moda quasi nuda. (Era Marc Jacobs Autunno 2014 e il suo vestito era completamente trasparente.) Valetta sottolinea che spesso il miglior tipo di ribelle è uno con una causa: «La cosa più brutta che ho fatto nella moda è stata negli anni ‘90. Ho ottenuto Versace, le più grandi supermodelle, i migliori capelli e trucchi per volare nella mia città natale, Tulsa, in Oklahoma, per una sfilata di beneficenza. Era per la banca del cibo locale e abbiamo raccolto circa $ 300.000». Ma un ribelle senza una causa avrà sempre un posto cruciale nella moda, e la maggior parte di queste donne è d’accordo sul fatto che designer come Marc

Le vere supermodelle durano più a lungo di qualsiasi tatuaggio, ciascuna appena stampata per il numero di aprile di L’Encre, non perderanno mai la loro lucentezza. Per questa storia, siamo stati incuriositi dalla nozione dell’eternità dei tatuaggi in un settore noto per il costante cambiamento. La moda è un business ciclico, basato sulla stagione, ma i tatuaggi non si sono mai allontanati troppo dalla parte anteriore della fotocamera. La maggior parte delle ragazze che abbiamo scattato per questa storia le ha trovate da qualche parte sul loro corpo: Kendall Jenner ha tre-due sulle mani e una sul lato interno del labbro; Amber Valletta ha le iniziali del suo ragazzo sul suo anulare sinistro, “ma non puoi vederlo a meno che non lo cerchi davvero”, dice. Ad un certo punto della sua vita, la persona più tatuata qui era Carolyn Murphy, anche se è in procinto di rimuoverla. «Avevo sempre desiderato un tatuaggio quindi, quando avevo 25 anni, ne ho avuto uno grande. Uno molto grande. Era su tutto il lato destro del mio corpo: un grande pesce koi giapponese con onde e peonie», dice. «Ma è quasi finito». È forse la più ribelle qui, dal momento che prendere una decisione definitiva - e poi annullarla - è piuttosto dura. Poi di nuovo, le idee su ciò che costituisce un ribelle sono soggettive. Kendall dice di essere

Jacobs, Alexander McQueen e John Galliano siano figure chiave. Tutte queste ragazze concordano: il tatuaggio è una parte importante della modellazione oggi. In questo momento, si tratta di personalità! È più che un semplice modello, le persone vogliono sapere di cosa si tratta. Il vecchio fascino della moda sta tornando. «Secondo Valletta», siamo in un momento che riguarda celebrare l’autenticità. «Vedo più curve del solito e lo sto amando!» Murphy, che non vede l’ora che arrivi il giorno in cui il suo corpo non è libero, torna saggiamente all’idea che l’unica vera costante nella moda sia il cambiamento. «Ho dimostrato che non sono permanenti”, dice. “Puoi sempre cambiare idea e provare qualcosa di nuovo». Il che mi ricorda, probabilmente dovrei dirti che tutti i tatuaggi in questa storia sono temporanei.

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Kendall Jenner TOP: VERA WANG SCARPE: CHRISTIAN LOUBOUTIN


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SERGEI POLUNIN

Il ballerino tatuato

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i sono pochi ballerini attuali come il cattivo ragazzo del balletto ucraino, Sergei Polunin. Un ballerino favoloso, con una tecnica d’acciaio e una meravigliosa linea è un talento strabiliante, che è stato un ballerino principale con il British Royal Ballet ed è attualmente un ballerino principale con Stanislavsky e Nemirovich-Danchenko Moscow Academic Music Theatre, il Teatro dell’Opera e del Balletto di Novosibirsk. Sergei Polunin ha inoltre vinto numerosi premi nella sua carriera, tra cui il Prix de Lausanne e lo Youth American Grand Prix. La fama internazionale anche tra i non amanti del balletto arriva nel 2014. Anno in cui ha iniziato la sua collaborazione con David LaChapelle prendendo par-

te ai suoi progetti, tra cui il video di danza “Take Me to Church” (musica di Hozier) presentato al grande pubblicon nel febbraio del 2015. Nello straordinario documentario sulla sua vita e carriera Dancer, del 2016, diretto da Steven Cantor, mette in discussione la sua esistenza e il suo impegno nel ballare. Cantor ha catturato la bella precisione e la fisicità di Polunin, attraverso una vasta documentazione di repertorio, ha tracciato il sottoproletariato della sua infanzia e della sua gioventù. Elargendo uno sguardo diverso sul mondo della danza. Con i tatuaggi che ricoprono il suo corpo e la reputazione di cattivo ragazzo, fa parte di una nuova era di artisiti. È uno dei ballerini più talentuosi di sempre, il “bad boy” del balletto.


FOTOGRAFIA: MARIO SORRENTI STYLING: TOM GUINNESS COMPLETO: BALENCIAGA


Piacere di guidare

Nuova BMW X2.

SCEGLI UN’AUTO CHE NON C’ERA.

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Pronti a guidare il futuro? Per saperne di piĂš sul passaggio alla nuova procedura di test, il primato tecnologico di BMW e le innovazioni

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DOUBT

COME SARANNO I MIEI TATUAGGI QUANDO SARÒ PIÙ GRANDE? Non evitiamo la domanda. I tuoi tatuaggi avranno sicuramente un aspetto più brutto di quello che sono in questo momento. Ma considera questo: hai davvero intenzione di sembrare più brutto di un vecchio uomo non tatuato? No non siete. Vediamo perché. Prima di tutto, sii consapevole che è impossibile che i tuoi tatuaggi sembrino belli come sembrano nei loro primi anni. Con il passare del tempo il loro contorno si ingrandirà, i loro colori diventeranno opachi ed è possibile che tutti gli inchiostri svaniscano, nei dettagli più piccoli. Naturalmente puoi tornare al tuo tatuatore di fiducia per risolvere questi problemi, ma prima o poi avverrà l’inevitabile: la tua pelle si arrenderà . Stai per coprire le rughe sul tuo viso e il tuo corpo non sarà più tonico. In poche parole, la tua bellezza sparirà. Proprio come le persone non tatuate. Ecco, questo è il punto: NON CI SARÀ DIFFERENZA. Rimarrai lo stesso, solo te stesso, con i tatuaggi della tua vita che racconteranno la tua storia, la tua esistenza, i tuoi

momenti. Ricorderai tutto quello che ti è successo, qualsiasi cosa meritasse di essere incisa permanentemente sulla tua pelle. Sarai in grado di echeggiare i tuoi ricordi ogni giorno della tua vecchiaia, magari rispondendo alle domande dei tuoi curiosi nipoti che ti chiederanno perché hai deciso di ottenere quel tatuaggio preciso. Se ci pensi, avrai solo un valore aggiunto , quindi puoi anche cogliere la giornata finché ne hai la possibilità. Ciò che intendo è: se vuoi davvero un tatuaggio, è importante per te, se significa qualcosa, fallo e basta. È inutile rimpiangere le tue scelte solo perché avevi paura di ... Di che cosa, allora? Vivi libera la vita che hai, perché vivi solo una volta. È retorico, ma vero. Non è la tua pelle tatuata a compromettere la tua vecchiaia, ma ti renderà più affascinante almeno. Infine se non ti ho persuaso, tuttavia, ecco una serie di immagini da apprezzare solo per capire cosa significhi davvero essere nonni colorati.

– Anna Cardine

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L’ARTE S U L L A P E L L E Tattoo di Horiyoshi III Sensei, Horiyoshi III Sensei, Mondial du Tatouage, 2016, Paris – picture by Zozios


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Kim Joon, Drunken- Romanee Conti, 2011 - Courtesy Kim Joon

Una mostra al MAO di Torino

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a inaugurato la grande mostra TATTOO. L’ARTE SULLA PELLE al Museo D’Arte Orientale (MAO) di Torino: artisti contemporanei, tatuatori e tatuati, opere e personaggi del passato s’incontrano e dialogano tra queste sale in un suggestivo percorso, che accompagna i visitatori in un viaggio e una riflessione sul corpo.

Nell’antichità il tatuaggio era visto come un marchio degli sconfitti oppure rievocava la ferocia dei barbari, che si affacciavano minacciosi ai confini dell’Impero. Quest’aura di estraneità e fascinazione si è ampliata nel Settecento, quando gli esploratori europei che raggiungevano il sud-est Asiatico e l’Oceano Pacifico sono entrati in contatto con popoli per cui il tatuaggio era una pratica abituale. La parola stessa – tattoo – ha origini polinesiane (in italiano è mediata dal francese tatouage) ed è stata introdotta in occidente dal navigatore James Cook. L’incontro/scontro con queste culture lontane co-

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stituisce un momento decisivo per l’elaborazione di un certo immaginario legato al tatuaggio, in cui precipitano esotismo e costruzione culturale del “selvaggio”, insieme. La mostra tattoo. l’arte sulla pelle ripropone alcuni passaggi cruciali di questa elaborazione, focalizzando la sua attenzione su popoli che praticano in maniera estensiva il tatuaggio e che hanno fortemente influenzato la cultura e l’arte contemporanea. Grazie ai prestiti del Museo delle Civiltà di Roma, in mostra si possono ammirare molti strumenti collegati al tatuaggio provenienti dall’Asia e dall’Oceania, foto storiche di Felice Beato, scattate in Giappone della seconda metà dell’800, e altri ritratti dei Maori della Nuova Zelanda. A questo si aggiunge una selezione di stampe che hanno per soggetto gli eroi popolari giapponesi noti come i suikoden, realizzate dal noto artista giapponese Kuniyoshi Utagawa nel 1827. L’idea dell’irriducibile condizione selvaggia legata al tatuaggio è stata ripresa in seguito da Cesare Lombroso


EVENT

Simone Fugazzotto, Alphabet, 2018 - Courtesy of the artist

Andrew Shaylor, Paul, Hells Angels Motorcycle Club, Ashfield, UK, 2001 - Courtesy Andrew Shaylor

che ha collegato la condizione dei criminali tatuati del mondo occidentale a quella dei cosiddetti “primitivi”, collocando in qualche modo questa pratica per la prima volta nell’ambito scientifico. Disegni e oggetti provenienti dal museo di Antropologia criminale Cesare Lombroso e dal museo di Anatomia di Torino costituiscono parte integrante del percorso espositivo, nel quale il materiale storico e iconografico si sovrappone e dialoga con la cultura contemporanea del tatuaggio, profondamente influenzata sia dalle tecniche e dagli stili provenienti dall’Asia, sia dalle teorie lombrosiane.

lasciati morire di vecchiaia; lo spagnolo Santiago Sierra ne fa un uso politico e trasgressivo; il messicano Dr. Lakra si dedica a minuziosi disegni e interventi di street art; l’austriaca Valie Export e la svedese Mary Coble hanno trattato temi legati al femminismo. Tra gli italiani, si distinguono Plinio Martelli, con le sue fotografie ritoccate e decorate, e Fabio Viale con le sue le statue in marmo. I tatuatori contemporanei sono rappresentati da grandi professionisti, noti per il ruolo cruciale che hanno rivestito sulla scena contemporanea: da Tin-Tin a Filip Leu, fino a Horiyoshi III. Alle opere di questi protagonisti della scena, si affiancano i lavori di altri tatuatori italiani e stranieri, tra cui Nicolai Lilin, Gabriele Donnini e Claudia De Sabe, che rappresentano una parte della numerosa e mutevole comunità che Tattoo Life ben conosce.

Se il tatuaggio ha ormai da decenni raggiunto la piena accettazione nel mondo delle culture popolari, stanno aumentando di pari passo i protagonisti dell’arte contemporanea che, attraverso un linguaggio ben più elitario e criptico, utilizzano il tatuaggio come uno strumento espressivo a tutti gli effetti, che non discende solo dalla performance, ma incontra persino il concettuale. Diversi gli esempi in tal senso: il fiammingo Wim Delvoye ha tatuato grossi maiali non destinati all’alimentazione e

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I NUOVI CORPI

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Mikkel Jensen for L’Encre

«È molto più facile trovare l’autenticità nelle strade che se si guardano le superstar».

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Descriviti in tre parole. Mi definirei sociale, creativo e leale. Come hai iniziato a fare il modello? Mi avevano offerto alcuni lavori come modello a cui avevo detto di no. Ma un giorno un mio caro amico, che da molti anni faceva il modello, mi ha convinto a inviare alcune foto ad un’agenzia. Quindi abbiamo scattato alcune foto e mi hanno chiamato il giorno dopo. Chi ti ispira? Perché? Trovo ispirazione in tutto qui a New York. Non penso di poter scegliere una sola persona perché potrebbe essere davvero chiunque. Potrebbe essere chiunque per strada o chiunque sia seduto in un bar. Sono fortunato ad avere un sacco di grandi amici che sono molto creativi. Essere semplicemente intorno a loro

e discutere di progetti e creatività è davvero importante. Mi ispira. Dov’è il tuo posto preferito nel mondo e perché? Mi piace molto Ibiza, ma il lato che non è il lato della festa. È un posto molto bello. Il tempo è sempre buono. Puoi trovare piccole spiagge nascoste e grotte da esplorare. Quali sono le tue paure più grandi? Morire da qualcosa inaspettatamente, un incidente aereo o farsi abbattere da un’auto. Se tu fossi una macchina, che tipo saresti? Una grande Mercedes Benz. Mi sento come se fosse un’auto elegante, ma potente. In un certo senso è anche minimalista. Una cosa non cool che ti piace? Calzini bianchi.


SPOTLIGHT

FOTOGRAFIA: JAN LEHNER STYLING: TOM VAN DORPE VESTITI: MARCELO BURLON

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Monika Wisniewska for L’Encre

«Tutto nella vita è difficile all’inizio. Ma con un po’ d’impegno puoi realizzare i tuoi sogni».

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Puoi parlarci un po’ di te? Vengo dalla Polonia. Ho 22 anni. Amo tutto questo mi fa sorridere. Le persone che mi conoscono pensano che io sia sempre felice, pazza e ottimista. Questo è il mio modo di vivere bene. Sto studiando pedagogia e riabilitazione del sociale e lavoro come modella con un po’ di arte sulla mia pelle. Sì, i tatuaggi sono la mia passione. Come hai iniziato a fare la modella? Per errore. Ero molto piccola, avevo forse 11 anni. Ho partecipato ad alcuni scatti, era tutto nuovo per me ma mi sono divertita molto in quei giorni. Ho iniziato a fare la modella seriamente 2 anni fa e mi ha cambiato la vita. Cosa pensi del lavoro da modella? È il mio grande grande hobby. Mi

piace farlo, ho incontrato un sacco di persone fantastiche. Ho incontrato il mio amore, i miei amici, ho visto posti bellissimi quando ho viaggiato tra uno shooting e l’altro. La mia vita è solo una piccola valigia ora. Amo questa vita, sono sempre pronta e piena di energia. Qual è il tuo regime di bellezza? “Sii sempre rilassato e riposato”. Rende la pelle così fresca e salutare. Lavoro meglio quando mi sento bene. Quali sono le tue qualità personali che ti distinguono dagli altri? Come ho detto, l’ottimismo. Penso che il mondo sarà migliore quando cercheremo di essere gentili l’un l’altro. Quali sono i tuoi piani per il futuro? Amare, sorridere, rilassarmi, viaggiare, essere me stessa.


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FOTOGRAFIA: JAN LEHNER STYLING: MEL OTTENBERG INTIMO: INTIMISSIMI

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ALESSANDRO BORGHESE

TATUAGGI IN SALSA ROCK

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bbiamo incontrato lo chef più rock della tv che, cresciuto a pane, Led Zeppelin e buon cibo, si rivela un appassionato di tatuaggi. E dalle cucine di Kitchen Sound, dove lo abbiamo intervistato l’ultima volta, lo ritroviamo a San Giuliano Milanese in un luogo che non assomiglia a nessun’altro: The Other Place, tattoo pub gestito da Ago, organizzatore, tra le altre cose, della Milano Tattoo Convention, fiera nata nel 1995 tra le tre più importanti d’Europa, punto di riferimento internazionale per esperti e appassionati. E’ in questo “bar-ritrovo” solo per amici che apre le porte ai migliori tattoo artist in circolazione, che Alessandro Borghese si è affidato alle mani di Michele Agostini, tatuatore specializzato in ritratti e tattoo realistici.

Ci sembra di capire che quello di oggi non sia il tuo primo approccio al tattoo? Ne ho già parecchi, uno l’ho fatto quando vivevo a New York, alcuni sono firmati Stigma, un amico tatuatore di Roma. Un altro l’ho fatto quando stavo sulle navi da crociera, un altro quando mi sono sposato. Che genere ti piace? Old school e la corrente iper-realista. A che età hai fatto il primo? Avevo quindici anni, un sole. Come ti è venuto in mente? Frequentavo la scuola americana, avevo un sacco di amici di varie culture ed estrazioni sociali, così abbiamo deciso insieme, forse anche come segno di ribellione. Precoce, i tuoi come l’hanno presa? Mamma era cosciente, mio padre in-

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vece non voleva e io per due estati di fila sono riuscito a fargli credere che si trattasse di un trasferello delle patatine, nonostante al mare, dopo il bagno non si cancellasse mai. Poi non ci ha creduto più. Cosa ti appassiona dei tatuaggi? Mi piace l’idea della progettualità che c’è dietro. Sono una forma d’arte, così come la cucina, o l’arte moderna che colleziono con mia moglie. Inoltre io ho fatto una scuola straniera a indirizzo artistico e amo disegnare. Quindi oltre a cucinare, disegni? Certo, disegno sempre tutti i piatti che cucino, gli impiattamenti, ogni dettaglio. Mi piace immaginarli, progettarli, parto da uno schizzo e poi li finisco con i colori. Cos’è per te un tatuaggio? Può essere un racconto di vita, un

ricordo, bello o brutto. C’è chi lo fa perché fa moda. Io ho ripreso a tatuarmi dopo anni. Per me è un album che racconta la tua vita. Qual è il tatuaggio che farai oggi? Un melograno, simbolo di rinascita e rinnovamento. Anche in cucina è un frutto simbolico. Il prossimo che farai invece? Mi tatuerò mia figlia Arizona. Ma per questo occorre tempo. Strada facendo ne farò altri. Diciamo che per ragioni professionali mi sono limitato. Cosa bolle in pentola, oltre a Quattro Ristoranti, Kithchen Sound e Junior MasterChef? Un gran gala di tatuaggi, l’idea è chiamare a raccolta i più forti tatuatori d’Italia e organizzare una cena di gala abbinando ogni loro tattoo a un mio piatto ideato per l’occasione.


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FOTOGRAFIA: MARTINA MARIOTTI STYLING: MASSIMO AMANDA LINGERIE: GUESS

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SARA

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SAMEZ A NUDO SIA COME DONNA CHE COME TATTOO ARTIST.

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ara Tortorici, in arte Samez, è molto più di una semplice tatuatrice, è un’artista che dipinge sui corpi piccole opere d’arte, e lo fa con grande passione e determinazione. Ha iniziato più di 10 anni fa, quando ancora non venivano trasmessi in tv reality show come L.A. ink, che ha visto la bella Kat Von D consacrare finalmente la figura della “tatuatrice donna”. Quando Sara ha iniziato la strada non era certo in discesa, ha dovuto combattere contro i pregiudizi di tutti quelli che pensavano che questo fosse “un mestiere maschile”. Non è stato per niente facile ma lei, come altre donne, c’è riuscita. Bellissima, determinata, sempre sognatrice nonostante alcune delusioni, que-

sto è il ritratto della vera Samez, che si mette a nudo sia come donna che come tattoo artist. Quando hai iniziato ad essere affascinata dal mondo dei tatuaggi e del piercing? Quanti anni avevi? Raccontami cosa è avvenuto quando hai incontrato Daniel Sedan e ti ha convinta che avevi talento e potevi diventare un’artista anche tu, studiando e applicandoti. Avevo circa 16 anni quando mi avvicinarmi alla Body Art, ma inizialmente ero molto più attratta dal piercing, anche perché i miei genitori erano contrari a cose permanenti come i tatuaggi, essendo ancora in età scolastica. Ho conosciuto Daniel a 19 anni ed è stato subito un grande amore, nutrito da tutte le passioni che avevamo in comune, come la

musica e, soprattutto, le modificazioni corporee. Daniel era già avanti in questo, perché esercitava l’attività di piercer come secondo lavoro, mentre io all’epoca ero responsabile commerciale in una ditta di elettronica. Abbiamo lasciato entrambi i nostri lavori ufficiali per inseguire il nostro sogno di aprire uno studio tutto nostro! Era il 2004 e la nostra prima sede, a Monterotondo, è stata il primo studio di tatuaggi esistente in provincia. Come è stato il tuo periodo da apprendista con Octavio Salazar? Raccontami cosa viene fatto fare a una persona che sta imparando, come ti sentivi e quanto è durato il tuo periodo di formazione. Non ho avuto una formazione “convenzionale”, come tanti altri artisti.

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Ho frequentato il liceo linguistico e la mia passione per i tatuaggi si è evoluta, prevalentemente, da autodidatta. Si può dire che io sia una degli ultimi tatuatori che noi del mestiere definiamo “di vecchia scuola”, in quanto all’epoca quello del tatuatore era un percorso molto più difficile e tortuoso rispetto a quello di oggi. Il mio apprendistato è avvenuto in parte presso il mio stesso studio, sotto la guida del tatuatore venezuelano Octavio Salazar, amico d’infanzia di Daniel, che ci ha raggiunti in Italia per avviare l’attività e aiutarmi ad imparare nel modo più corretto possibile. Purtroppo Octavio era una persona abbasta particolare, e la sua presenza non ha dato i risultati sperati. Per questo, a parte poche nozioni, mi sono ritrovata a dovermi cimentare da sola, sperimentando su alcune cavie prima di passare ai clienti veri e propri. La mia voglia di imparare mi ha spinta a viaggiare, sia in Italia che in Europa, frequentando varie convention per cercare di “spiare” le tecniche dei validissimi tatuatori che già giravano a quell’epoca. Alla fine sono approdata in California dove, grazie all’aiuto dei miei veri maestri, Sid Stankovits ed Eiland Hogan (Forever Tattoo, Sacramento) sono riuscita ad apprendere una buona tecnica, che mi ha permesso di crescere professionalmente. Al giorno d’oggi, invece, forse è più semplice diventare un tatuatore, perché ci sono molti più studi disposti a garantire un apprendistato. Chi volesse intraprendere questa strada deve infatti sapere che i corsi regionali non sono assolutamente sufficienti per imparare il mestiere, ma sono solamente necessari per ottenere l’attestato igienico-sanitario utile per lavorare all’interno di uno studio. La tecnica si apprende solamente facendo un tirocinio sotto un tatuatore professionista, ma non dimentichiamo mai che occorre creatività, un elemento fondamentale in questo lavoro. Che differenza c’è tra un tatuatore e un tattoo artist? Il primo si limita ad eseguire, il secondo è un vero e proprio artista, ricercato per il suo genere e per le sue creazioni originali, come se fosse uno stilista o un brand. Oggi questo aspetto fa una grande differenza. Con tutte le persone che hanno iniziato a fare questo mestiere negli ultimi anni, chi vuole emergere deve fare la differenza, trovare un proprio stile ed essere riconoscibile. Bisogna

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essere delle persone forti e volenterose per arrivare a questo traguardo. Cosa ti ha spinta a diventare una tatuatrice? A capire che era proprio questo, e non un altro, il lavoro della tua vita? Credo di essere stata mossa dalla voglia di trovare qualcosa di mio, di viaggiare, di conoscere nuove persone e realizzare i miei sogni insieme a quelli di Daniel, che per 11 anni è stato il mio fedele compagno in questa avventura. Senza di lui sicuramente non sarei riuscita a realizzare tutto questo, e viceversa. Perché secondo te si fa ancora tutto questo gran parlare di “tatuatrici donne”, come se foste una specie di riserva del wwf? Pensi che in Italia l’ambiente dei tatuatori sia ancora prettamente maschile e che ci siano differenze con l’estero, specialmente con l’America? Quando ho aperto lo studio, circa 11 anni fa, la figura della donna tatuatrice era una vera e propria novità. Ho dovuto irrobustire parecchio il mio carattere per farmi rispettare da quelli che all’epoca entravano in studio non dandomi fiducia perché ero molto giovane ma, soprattutto, perché ero una donna. All’epoca si era ancora legati all’immagine del tatuatore ex galeotto. Questo mi ha cambiata molto come persona, costringendomi ad indossare una corazza ed essere sempre pronta a dimostrare agli altri quanto valevo e che ce la potevo fare. Adesso, per fortuna, le cose sono completamente cambiate: l’avvento dei reality show con Kat Von D, che ha portato alla luce la figura della tatuatrice, e la mia consacrazione come artista, grazie alle conventions in America, ai premi ricevuti e alla notorietà guadagnata nel tempo dallo studio Cherry Tattoo, hanno modificato il modo di vedere le donne che esercitano questo meraviglioso mestiere. Mi racconti come si svolge la tua giornata-tipo di lavoro? La mia giornata varia a seconda dello studio in cui devo lavorare, ma è comunque tutta improntata sul lavoro! Ho 34 anni ormai, ma non ho una mia famiglia: la mia storia importante è finita in maniera civile più di 3 anni fa, ma siamo ancora soci e in ottimi rapporti. La mattina mi sveglio abbastanza presto, poi mi reco in studio dove solitamente inizio a lavorare tra le 11 e le 12. Tra un appuntamento e l’altro mi riposo mentre disegno per il prossimo cliente, spe-

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rando di riuscire a staccare per le ore 20. Dopodiché spesso vado a cena fuori con gli amici o con i colleghi di lavoro. Esco per andare a divertimi solo il fine settimana: data l’attenzione che richiede il nostro lavoro non è consigliabile esagerare con stravizi e vita notturna. Posso però dire che adesso sono molto più rilassata di qualche anno fa. Prima ero abituata a fare tutto da sola insieme a Daniel, e avevamo orari di lavoro davvero strazianti. Adesso sono un po’ più libera dato che, con l’apertura della seconda sede del Cherry Tattoo a Roma, abbiamo iniziato a collaborare con altri straordinari artisti e ho una Shop Manager che mi aiuta sia nella gestione degli appuntamenti che nella pulizia degli ambienti di lavoro. Che tipo di abbigliamento ti piace indossare, viste anche le tue giornate lavorative pesanti e impegnative? Come tipo di abbigliamento preferisco uno stile minimal, con colori scuri e linee semplici, valorizzando accessori come scarpe e borse. Tengo particolarmente alla cura delle mani e dei piedi, ai capelli, e mi piace molto essere sempre ben truccata. Qual è secondo te la differenza tra una seduta con una tatuatrice donna e un tatuatore uomo? Non ci dovrebbe essere differenza tra l’essere tatuati da una donna o da un uomo, a meno che il cliente o la cliente in questione si debba tatuare in una zona particolare e abbia una compagna o un compagno geloso! Certo, una differenza potrebbe essere una mano più delicata, ma non è il mio caso: il mio stile è poco femminile sinceramente. È vero che, quando sono sdraiati sul lettino, tutti i clienti si aprono con il tatuatore e si crea un feeling particolare, come se fosse una chiacchierata tra amici di lunga data o una seduta dallo psicologo? Ormai, dopo tanti anni di carriera, i clienti si fidano molto quando sono sotto le mie mani, e con alcuni si instaura anche un rapporto di amicizia. Io vado molto a pelle: se una persona mi inspira non solo la faccio aprire, ma molte volte mi apro io stessa e accade che ci scambiamo esperienze e punti di vista, il che è sempre utile per aprire la propria mente. Quando avviene questo tipo scambio, spesso mi ritrovo anche a chiedere il perché del tatuaggio. Quasi nessuno ammetterebbe di farlo per moda, tutti

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hanno una spiegazione logica, anche chi si tatua l’infinito o la letterina! Quella è più una questione di gusto. Magari si ha la voglia di tatuarsi, ma le possibilità economiche o il lavoro non lo permettono. Io non oso mai criticare una scelta del genere, ma mi sento in dovere di consigliare il posto del corpo più adatto e la dimensione del tatuaggio, anche per quei soggetti che, a mio avviso, desiderano più un souvenir con significato personale che vere e proprie “opere d’arte”. Chi è veramente Samez? Parlami della donna, non solo della tatuatrice. Chi è Samez? Questa è una bella domanda... Credo di essere stata messa a dura prova da molte esperienze, ma posso definirmi una persona molto fortunata, sicuramente testarda e combattiva. Raramente mi arrendo davanti ad un ostacolo: mi piace raggiungere a tutti i costi i miei obiettivi e, grazie a Dio, molte volte ci sono riuscita, mentre non è stato facile accettare alcuni fallimenti. In questo periodo della mia vita sto cercando l’equilibrio che mi è venuto a mancare quando, 4 anni fa, è finita la mia decennale relazione con Daniel. Caratterialmente sono molto impulsiva e lui mi aiutava a ragionare di più. Mi sono ripresa da poco da un periodo un po’ duro nel quale ho avuto una grande delusione amorosa, ma anche se ho saputo riprendere la situazione in mano sono un po’ sfiduciata per quanto riguarda i rapporti. Il mio lavoro al momento è l’unica certezza sulla quale investire tutte le energie e continuare a sognare. Spero di trovare la persona che mi faccia cambiare idea e ritrovare la voglia di investire anche nei sentimenti, ormai atrofizzati.

Chi volesse farsi tatuare da Samez può trovarla allo Cherry Tattoo, che attualmente ha due sedi:

Roma, in via Cagliari 10/12; Monterotondo (RM), in via Kennedy 62.

– Patrizia Spinola


INKMASTER

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L’ENCRE STARS

SOTTO LE STELLE ARIETE

TORO

VERGINE

SCORPIONE

SAGITTARIO

ACQUARIO Le relazioni non sono ancora facili, ma almeno sono più chiare che in passato. La situazione finanziaria deve restare sotto controllo, ma sono promettenti i nuovi incontri, professionali e di affari. Apritevi al nuovo, a possibilità mai osate prima.

ll problema qualche volta è che voi non prendete in considerazione le alternative, nel lavoro e in altre cose. Concretezza e sicurezza ad ogni costo, fatto comprensibile, però ci sono transiti che invitano anche la seria Vergine a cambiare, osare.

Quello che nasce in questo periodo di Venere nel segno congiunta a Giove, resterà nel tempo, vi darà felicità e successo. Potrebbe esserci qualche impedimento umano, rallentamenti per motivi familiari. Fortuna.

La congiunzione Saturno-Mercurio, che si forma in Capricorno, transito ottimo per tutte le vostre questioni professionali e pratiche, è l’eccessiva serietà che produce. Reagite con entusiasmo, tutti gli astri sostengono il vostro amore, viaggi e incontri.

Vita sociale, incontri mondani, amicizie, divertimenti di classe (teatri, concerti), discussioni tranquille con il caro coniuge e i figli, ma nulla di impegnativo per la vostra salute. Sole vi rilassa, Venere vi dà gioia di vivere, Giove propizia l’arrivo di amanti.

CAPRICORNO

Venere è sempre opposta ma veloce e in moto diretto, ovvero sarà presto in Capricorno, ma non manca lo stimolo passionale grazie a Marte e Luna crescente in Ariete, splendida per il vostro corpo famelico di caldo e lunghe carezze. Siate pazienti.

Nel campo del lavoro, che per voi corrisponde al Capricorno, nasce un aspetto straordinario per ogni attività lavorativa, professionale e finanziaria congiunzione Mercurio-Saturno. Amore e gioia di vivere! Passione e amicizia. Innamoratevi.

Raccomandiamo prudenza, in tutto. Se avete precise responsabilità nel lavoro non è il caso di discutere, lasciate litigare gli altri. Lingue velenose registrate anche dalla Luna. In vacanza il divertimento è garantito, scegliete il mare.

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GEMELLI

LEONE

BILANCIA

BY BRANKO VATOVEC

Quasi un peccato che un transito così positivo per affari e professione nasca in un giorno festivo, ma voi siete quelli della domenica, la vostra attività non chiude mai. Influsso vivo tutta la settimana, come la Luna che collabora alla vostra felicità.

Nessuna esagerazione in nessun campo! Questo il nostro suggerimento obbligatorio. Non parlate troppo, potrebbero rubarvi le idee. Amore, qualcuno vi attende. Un successo professionale è in arrivo, ma richiede discrezione.

CANCRO

L’oroscopo di L’Encre arriva. - il vostro futuro vi aspetta!

PESCI Chi vi ama vi segue, però vi segue anche qualcuno che vuole sapere cosa fate, curioso di quello che avete fatto in passato. Ora avete i pianeti positivi. Oggi vince l’amore, passione ritrovata anche nel matrimonio. Anche per voi il divertimento è garantito.

A voi sì, diciamo di occuparvi delle cose inerenti il lavoro, professione, attività affaristica, o lavori in casa, ricerche, incontri, viaggi. Una certa durezza di carattere. Pensate ai vostri intereressi e penserete al vostro futuro, anche in amore.


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CREDITS

DIRECTORY 2 Moncler 1952 moncler.it Acca Kappa accakappa.com Acne Studios acnestudios.com Acne Studios acnestudios.com Acqua Di Parma acquadiparma.com Adidas Originals adidas.it/originals Aesop aesop.com Alberto alberto-pants.com Alessandro Gherardi alessandrogherardi. com Alexander Mcqueen alexandermcqueen. com Allegri allegri.it Alpina alpinasports.com Ami amiparis.fr Ann Demeulemeester anndemeulemeester. be Aspesi aspesi.com Audemars Piguet audemaspiguet.com Azzaro azzaroparis.com Balenciaga balenciaga.com Band Of Outsiders bandofoutsiders.com Bell & Ross bellross.com Berluti berluti.com Berwich berwich.com Blauer blauerusa.com Boggi boggi.com Boss hugoboss.com Bottega Veneta bottegaveneta.com Breguet breguet.com Briko

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briko.com Brooks Brothers brooksbrothers.com Bugatti bugatti-fashion.com Bulgari bulgari.com Bulgari Man bulgari.com Burton burton.com Calvin Klein calvinklein.com Calvin Klein Jeans calvinklein.com Car Shoe carshoe.com Casely-Hayford casely-hayford.com Chanel Horlogerie chanel.com Church’s church-footwear.com Clinique clinique.com Colmar colmar.it Columbia Sportswear columbia.com Comme Des Garçons Homme Plus comme-des-garcons. com Comme Des Garçons Shirt comme-des-garcons. com Common Project commonprojects.com Converse X Jw Anderson converse.com Corneliani corneliani.com Costume National costumenational.com Cp Company cpcompany.com Craig Green craig-green.com Depot depotmaletools.com Dior Homme diorhomme.com Dirk Bikkembergs bikkembergs.com Dolce & Gabbana

dolcegabbana.it Dolce&Gabbana Eyewear dolcegabbana.it Dondup dondup.com Dries Van Noten driesvannoten.be Dsquared2 dsquared2.com Dunhill dunhill.com EA7 Emporio Armani armani.com Early Halloween earlyhalloween.com Elan elanskis.com Emma Willis emmawillis.com Ermanno Scervino ermannoscervino.it Ermenegildo Zegna zegna.com Ermenegildo Zegna Couture zegna.com Études etudes-studio.com Fabbrica Pelletterie Milano fpm.it Fendi fendi.com Ferrino ferrino.it Garmin garmin.com Giorgio Armani armani.com Giorgio Armani Beauty armani.com Givenchy givenchy.com Gmbh gmbhgmbh.eu Goyard goyard.com Gucci gucci.com Haglofs haglofs.com Hermès hermes.com Herno

herno.it Hevo hevo.it Hublot hublot.com Hugo Boss hugoboss.com Isabel Marant isabelmarant.com Iwc Schaffausen iwc.com J.M. Weston jmweston.fr Jennifer Fisher jenniferfisherjewelry. com Jimmy Choo jimmychoo.com John Lobb johnlobb.com Jw Anderson j-w-anderson.com Kent & Curwen kentandcurwen.com Kenzo kenzo.com Kiton kiton.it Kolor kolor.jp La Martina lamartina.com La Mer lamer.eu Lanvin lanvin.com Laps Collection By Italia Independent italiaindependent. com Lardini lardini.it Lemaire lemaire.fr Les Hommes leshommes.com Linda Farrow lindafarrow.co.uk Loewe loewe.com Louis Vuitton vuitton.com Mackage mackage.com Maison Margiela maisonmargiela.com Mammut

mammut.com Manuel Ritz manuelritz.com Margaret Howell margarethowell.co.uk Marni marni.com Merrell merrell.com Michael By Michael Kors michaelkors.com Missoni missoni.it Moreschi moreschi.it Msgm msgm.it Mykita + Maison Margiela mykita.com N°21 numeroventuno.com Neil Barrett neilbarrett.com Norrona norrona.com Oakley oakley.com Off-White c/o Virgil Abloh off---white.com Paco Rabanne pacorabanne.com Pal Zileri palzileri.com Palm Angels palmangels.com Paul Smith paulsmith.co.uk Peak Performance peakperformance. com Peuterey peuterey.it Pihakapi pihakapi.com Prada prada.com Prada Linea Rossa prada.com Pringle Of Scotland pringlescotland.com Pt Pantaloni Torino pt-pantalonitorino.it Raf Simons rafsimons.com Richard Mille

richardmille.com Rimowa rimowa.com Rossignol rossignol.com Roy Roger’s royrogers.it Sacai sacai.jp Saint Laurent By Anthony Vaccarello ysl.com Salvatore Ferragamo ferragamo.com Samsonite samsonite.it Sandro sandro-paris.com Santoni santonishoes.com Saturnino Eyewear s a t u r n i n o eyewe a r. com Scarpa scarpa.com Shiseido Men shiseido.com/men Smith smithoptics.com Sorel sorel.it Stetson stetson.com Stone Island stevieboi.com Tagliatore tagliatore.com The North Face thenorthface.it Tom Ford Eyewear marcolin.com Tumi tumi.com Uma Wang umawang.com Valentino valentino.com Versace versace.com Versace Eyewear versace.com Vichy Homme vichy.com Wales Bonner walesbonner.net Yves Saint Laurent ysl.com Zara zara.com


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