Materia Prima - Il disagio di chi cura

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AUTRICE: Naike Michelon – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB, Docente Responsabile dell’Insegnamento di Tecniche di terapia ecobiopsicologica presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Istituto ANEB. Terapeuta EMDR

My Octopus Teacher : l’esprimersi della Relazione d’amore fra Uomo e Natura. E l’amore guardò il tempo e rise. Perché sapeva di non averne bisogno. Antonio Massimo Rugolo

Fra le ombre della pandemia è accaduto spesso che la mia mente, resa fragile dal cuore spaventato, non avesse la forza di ascoltare i consigli della notte. È rimasta insonne a vegliare sulle domande ridondanti della paura e del dolore mio e delle persone a me vicine. L’emisfero di sinistra, che corre alla ricerca di risposte certe, di un conforto scientifico con protocollo annesso, ha preso il sopravvento. Il trauma collettivo, la difficoltà di rimanere in contatto con emozioni spesso troppo dense, cariche, difficili da raccordare ad una storia dell’anima che deve, per la portata degli eventi, tenere conto anche dell’Anima Mundi, ha trascinato nella risacca, fra le onde del mare gelido e le scogliere impervie, il pensiero simbolico. Il sentimento di sconforto, di non avere una via di uscita col desiderio che qualcuno, da fuori, venisse a salvarmi, si portava via le ore della notte e con essa persino i sogni dai quali speravo di poter trarre consiglio. Sapevo di non essere l’unica in questa condizione ma stavo respirando l’aria impregnata di questa nube di emozioni difficili da gestire proprio perché andava oltre il piano personale: eravamo tutti in un trauma collettivo. La mia visione, sopraffatta dagli eventi, rischiava di appiattirsi, perdendo il contatto con la multidimensionalità che la poetica del pensiero ecobiopsicologico insegna ad esercitare, riconnettendo fin dove possibile le emozioni, i sentimenti e le immagini legate alla storia del soggetto, della sua anima, fino a porgere lo sguardo al tessuto connettivo dell’Anima del Mondo. Domandavo a me stessa: come posso uscire da questo sonno dell’immaginario? Quella notte, anziché cercare rifugio in una qualche rassicurazione definitiva, come ri-

svegliata dal torpore, la mia anima ha fatto qualcosa di inaspettato: si è messa a pregare. Ha pregato intensamente riuscendo a placare le onde e il mare di quel contagio psichico di paura e dolore dal quale ero stata risucchiata. Un nuovo respiro si è fatto largo nel buio senza stelle dove una rinnovata fiducia domandava finalmente ad una parte profonda ed intima, personale, di potermi guidare verso una qualche comprensione delle forze in gioco. La preghiera, come ricorda Diego Frigoli in un’intervista pubblicata proprio nel periodo della pandemia, attiva potenti forze guaritrici, aiutando la psiche ad orientarsi in una direzione congrua allo sviluppo ed al miglioramento della dimensione soggettiva. Questo stava accadendo dentro di me. Non cercavo più definizioni o vie di fuga. Ero pronta a immergermi, con uno sguardo vigile, nel mondo emotivo caotico che stavo attraversando: ed è in questo clima che ho incontrato proprio il film My Octopus Teacher. Accendo il televisore e mi sintonizzo su Netflix per guardare una delle infinite serie, e si palesa davanti a me la proposta del giorno. Sorrido e ringrazio. Mi accomodo in ascolto di questo Maestro dagli otto piedi. Sono le tre, ma sento nel cuore l’alba di un nuovo giorno.

My Octopus Teacher, l’amico in fondo al mare incontrato dal regista Craig Foster in una foresta di alghe del Sudafrica, si lascia accarezzare attraverso le immagini affasci-


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