Materia Prima - Il disagio di chi cura

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AUTRICE: Sara Carretta – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB, in formazione continua presso la Scuola di Supervisione dell’Istituto ANEB. Curatrice area social ANEB e collaboratrice della rivista MATERIA PRIMA

«E quando attraversò il ponte, i fantasmi gli andarono incontro». Una lettura ecobiopsicologica del film Nosferatu il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau Le tenebre di Dio sono quella parte della luce che noi non comprendiamo. Adrienne von Speyr

La progressiva frammentazione del rapporto Uomo-Natura, indotta non ultimo, dall’enfasi posta sul pensiero razionale dalla mentalità scientifica occidentale degli ultimi secoli, si sta palesando non solo nella realtà di una natura dissacrata dall’uomo in nome di una sfrenata crescita tecnologica ma, fortunatamente, anche nell’emergere, negli ultimi decenni, di ricerche orientate e condotte da una nuova scienza che mette in discussione la vecchia visione deterministico-meccanicistica, con i suoi criteri di causa-effetto, per far spazio all’osservazione e allo studio degli aspetti qualitativi dei fenomeni, allo scopo di recuperare la realtà del mondo nella sua complessità. Come evidenzia Edgard Morin «[…] Il pensiero complesso deve soddisfare numerosissime condizioni per essere tale: deve collegare l’oggetto al soggetto e al suo ambiente; deve considerare l’oggetto non come oggetto ma come sistema/organizzazione che pone i problemi complessi dell’organizzazione; deve rispettare la multidimensionalità degli esseri e delle cose; deve lavorare/dialogare con l’incertezza, con l’irrazionalizzabile; non deve più disintegrare il mondo dei fenomeni ma tentare di renderne conto mutilandolo il meno possibile» (Morin, 1988, p. 196). Il criterio della complessità apre, dunque, a una nuova epistemologia centrata sulla possibilità di affrontare problemi non convenzionali, approcciando uno studio di fenomeni vitali e sociali che si basi sulla comprensione del caos e dell’imprevedibile, ovvero su quegli aspetti fenomenici che appartengono al reale e che divengono fondamentali per comprendere la logica dell’ordine.

Nell’ambito così succintamente delineato, l’Ecobiopsicologia si presenta come disciplina delle scienze della complessità che coniuga i codici delle forme viventi con il corpo e la psiche dell’uomo, declinando temi come l’organizzazione sistemica della vita e proponendo una rinnovata lettura del concetto di archetipo junghiano connessa agli ultimi sviluppi della fisica quantistica, della biologia evoluzionistica, delle neuroscienze (Frigoli, 2014; 2016; 2017). In particolare, l’approccio ecobiopsicologico prospetta una visione del mondo che si propone di collegare tutti i livelli (personale, sociale, collettivo e spirituale) in un modello il più possibile coerente, per ricercare una psicologia capace di indagare l’ordine soggiacente al caos, orientando tale ricerca sia a livello individuale che collettivo. Se la concettualizzazione junghiana dell’inconscio collettivo evidenzia come la psiche abbia ereditato rappresentazioni del modo di reagire dell’umanità caratterizzate da contenuti non specifici della personalità individuale fin dai suoi inizi, l’Ecobiopsicologia approfondisce tale concetto connettendo quello di archetipo, principio d’ordine sovrasensibile che presiede alle cose, amplificandolo e studiandolo nella sua vasta portata in-formativa, per comprendere i mutamenti dell’animo umano a partire dalla storia biologica e psicologica del corpo e della mente dell’uomo. Proprio la biologia, oggi, ci insegna che il fenomeno “vita” è un costante fluire di energia in-formativa che si oppone all’entropia come processo irreversibile verso il disordine, orientando il ricercatore a domandarsi in quale modo l’ordine, l’informazione e la varietà possono nascere dal disordine e dall’omogeneo (Frigoli, 2016). Questa tensione è fondamentale nella ricerca, poiché l’esperienza clinica nella pratica individuale e lo studio di quella collettiva di-


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