Materia Prima - Il disagio di chi cura

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AUTRICI: Maria Andolina – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB. Terapeuta presso Comunità Terapeutica per il trattamento delle Tossicodipendenze Naike Michelon – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB, Docente Responsabile dell’Insegnamento di Tecniche di terapia ecobiopsicologica presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Istituto ANEB. Terapeuta EMDR

Ritrovare l’Uomo, nell’uomo che cura. Riflessioni ecobiopsicologiche attraverso i colloqui del progetto Ascoltare il disagio di chi cura La saggezza è tutto quello che sta all’esterno, nella orma. L’amore è ciò che si mangia: è la vita; e la verità è ciò che si pianta affinché la vita possa continuare. Omraam Mikhaël Aïvanhov

La telefonata dal centralino del progetto Ascoltare il disagio di chi cura giunse in un momento in cui ormai non l’aspettavo più. Era inizio estate, a giugno 2020, le terapie intensive cominciavano a svuotare i posti letto, decadeva l’obbligo dell’uso della mascherina all’aperto e sembrava si stesse verificando quanto preannunciato dai pronostici, ossia che, con l’arrivo del caldo, ci sarebbe stata una retrocessione dei contagi. Così, in un momento in cui per le strade si tornava a rivedere sorrisi incorniciati da rossetti su pelli abbronzate, io ed Elena, infermiera di Milano, abbiamo fatto conoscenza. Ricordo perfettamente il primo colloquio, quando lo schermo del computer si aprì sul volto di una donna stanca e segnata dalla fatica, un’immagine che contrastava, in modo eclatante, con gli sguardi, all’apparenza spensierati, che il mio occhio si stava abi-

Raffaello Sanzio, Studio di due teste di Apostoli e delle loro mani, Oxford, Ashmolean Museum of Art and Archaeology, 1519-1520

Nel domandare ad Elena come fosse venuta a conoscenza del nostro progetto, mi rispose che erano stati i figli a metterla al corrente, incoraggiandola a contattare il nostro numero. Con un sorriso accennato aggiunse che lei, di sua sponte, probabilmente non lo avrebbe fatto poiché, al momento, non ne sentiva particolare bisogno. Accolsi questa prima affermazione ben conscia di come l’esposizione ad un evento traumatico, peraltro ripetuto nel tempo, attivi delle strategie salvavita attraverso le quali il dolore viene anestetizzato mediante i meccanismi difensivi che la psiche mette a disposizione. Ciò avviene in modo da poter prendere distanza da emozioni poco sostenibili, rendendo difficile, di conseguenza, la percezione di bisogno personale che traghetterebbe alla ricerca di un supporto emotivo. Avere fatto quella chiamata era già segnale di una possibilità: un’apertura attraverso la quale poter incontrare quantomeno ciò che il progetto si era proposto di fare. Ascoltare e, attraverso l’ascolto, incominciare a trovare uno spazio per esistere con le proprie emozioni, la propria storia, il proprio dolore. Ascoltare, per l’ecobiopsicologo, non è solo un’azione silente di accoglimento del dolore e delle emozioni. Va oltre la lettura degli elementi transferali e controtransferali che emergono attraverso la relazione. Non si limita all’individuazione del trauma come evento, in questo caso collettivo, che domanda di essere elaborato e risignificato. Attraverso lo sguardo simbolico e l’analogia, si apre uno spazio pronto a cogliere anche eventuali sintomi corporei, immagini, sogni e sincronicità, ricercando quei nessi in-formativi e tutto ciò che può emergere dalla storia di vita del paziente. Così mi accostavo all’ascolto del racconto di Elena ed anche attraverso la parola ed il silenzio avrei potuto provare ad aprire


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