Materia Prima - Il disagio di chi cura

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AUTRICE: Paola Fereoli – Psicologa e Psicoterapeuta ANEB. Ha approfondito i temi del trauma e del lutto nell’ambito dei reati gravi, nella pubblicazione Fine pena mai. Le famiglie delle vittime di omicidio in Italia

Il Cuore, il nostro “sito web” Quarantadue divinità perfette, nascenti da dentro il tuo cuore, quali creature del tuo puro amore, cominceranno a risplendere. Conoscile, Nobile, questi regni non vengono dal di fuori. Essi provengono dalle quattro divisioni del tuo cuore che con il centro formano le cinque direzioni. Essi provengono dal tuo cuore e brillano su di te. Le divinità non provengono da nessun altro luogo che da te stesso: esse esistono dall’eternità nelle facoltà della tua intelligenza. Padmasambhava

Era marzo 2020, l’OMS aveva da poco dichiarato la pandemia e mi percorreva un forte senso di impotenza rispetto a tutti coloro che si stavano esponendo in prima linea nella lotta al Covid-19. Come terapeuti ecobiopsicologi stavamo ideando il progetto Ascoltare il disagio di chi cura ove si prevedeva la realizzazione di uno sportello di ascolto online rivolto agli operatori sanitari impegnati in prima linea per offrir loro supporto psicologico, mentre personalmente mi chiedevo a chi avrei potuto essere utile tra le mie conoscenze e chi avrei potuto raggiungere anziché attendere. Così nei miei pensieri si era affacciata un’amica di Bologna, ufficiale medico, insomma un medico militare. La mia amica si chiama Viola (nome di fantasia), è una donna dall’intelligenza spiccata, molto sensibile e altrettanto coraggiosa. Seppur non ci sentissimo da parecchio tempo, una voce dentro di me diceva che l’avrei trovata in prima linea nella lotta contro il Covid. Così era stato. Viola aveva risposto al mio messaggio da un noto ospedale civile lombardo dove si trovava in servizio volontario insieme a due colleghi infermieri militari, coi quali sarebbe rimasta per un altro mese. In quel lasso di tempo, ci eravamo contattate telefonicamente un paio di volte per parlare, come si fa tra amiche che non si vedono da tempo. Quelli di Viola erano racconti che riguardavano l’organizzazione, i turni e la sistemazione in strutture che ospitavano gli operatori sanitari giunti da

tutt’Italia ma quasi nulla diceva di quel che stava accadendo in reparto. Ero stata vicina alla mia amica anche con qualche messaggio affettuoso, in quel periodo mi importava che sapesse che la stavo pensando. Dopo circa quaranta giorni di servizio nei reparti Covid, per Viola e i due colleghi era giunto il momento del rientro a casa ma, prima di ricongiungersi con i loro cari, avrebbero trascorso due settimane di isolamento preventivo. Viola aveva scelto di trascorrere quel periodo nella sua abitazione, in accordo con marito e figli che si erano trasferiti altrove, in attesa di ricongiungersi. La quarantena, in buona salute, pareva inizialmente come uno stato di sospensione, una sorta di tempo-spazio intermedio, tra la realtà dell’esperienza tanto unica quanto stravolgente nei reparti Covid e la realtà prossima di ritorno alla quotidianità. Avevo scelto quei giorni per una telefonata più accorata con Viola, con l’intento di offrire disponibilità ad ascoltarla con un tempo congruo e con tutta l’attenzione necessaria, come un’amica che avrebbe potuto mettere a disposizione le proprie competenze professionali. Capita spesso che le persone molto protese al prossimo, capaci di sostenere gli altri in modi diversi, abbiano una certa difficoltà a chiedere aiuto: Viola è una di queste. Così ero rimasta in attesa di un suo cenno, speranzosa, ma senza certezza. Non avrei potuto andare oltre. Col mio “orecchio” avevo sfiorato il limite del suo guscio protettivo: nella dimensione immaginifica mi ero avvicinata fino a farle sentire che ero pronta ad “auscultarla” nel profondo con strumenti sottili, qualora me lo avesse chiesto. Il giorno dopo la nostra telefonata, Viola mi aveva chiesto di incontrarci attraverso una videochiamata, dichiarando il desiderio di condividere la sua esperienza con me in tranquillità, essendo a casa sola. Poi aveva rimandato il nostro primo incontro al giorno seguente, con un pretesto scherzoso, affermando che non era riuscita a prepararsi per


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