Materia Prima - Il disagio di chi cura

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AUTRICI: Eleonora Bombaci – Psicologa e Psicoterapeuta, Docente e Supervisore presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Istituto ANEB. Esperta in psicologia dell’emergenza. Mara Breno – Psicologa, Psicosomatista, Psicoterapeuta, Docente e Tutor presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Istituto ANEB. Responsabile della gestione delle risorse didattiche. Membro del Comitato Scientifico della rivista MATERIA PRIMA. Terapeuta EMDR.

Ecobiopsicologia ed emergenza Pandemia: il virus corre all’impazzata, senza essere confinato da alcun rimedio, e la paura si diffonde nei volti della gente faticosamente controllata da occhi sospettosi che sembrano non credere a nulla, perché al di là delle parole rassicuranti delle istituzioni, le emozioni collettive, anziché prendere forza dai rimedi (il vaccino) offerti dalla scienza, si alimentano di una nuova incertezza e tutto sembra precipitare nel caos. I cittadini vengono tenuti a bada con promesse, mance e bonus, che allargano il debito pubblico e che possono prendere la deriva di una paralisi, se non di un parassitismo, tanto che sempre più si va diffondendo in modi sottili la nostalgia di un mondo in cui regnava sovrano l’ordine e la sicurezza di un lavoro. Lavoro che spesso appariva come l’unica soluzione ai disagi di un’anima che, dispersa e obnubilata, non trovava una strada più precisa per la propria progettualità. Le conseguenze sociali ed economiche del confinamento si sono solo in parte manifestate nella loro drammaticità, perché la stagnazione economica che non permette alle giovani generazioni di progettare il loro futuro già si sta manifestando con preoccupanti conseguenze: i talenti maggiori fuggono nella ricerca disperata di una loro sicurezza, e più in generale la fatale crisi demografica avallata da politiche che hanno voluto ignorare il fondamentale ruolo sociale della famiglia, sta comportando non solo una stagnazione economica ma anche morale, e più in profondità dell’anima stessa. Avere un’anima infatti significa imparare l’arte di vivere, per poi “realizzare” le opere della propria unicità, a prescindere dall’eventuale successo. Siamo fatti per vivere e poi per creare la vita, ma per dare la vita, la vita bisogna prima averla in sé. Gli animali sono guidati dall’istinto verso ciò che serve loro per sopravvivere, l’uomo invece sembra sopra-vivere, vivere oltre i bisogni primari, attratto solo dalla soddisfazione effimera di desideri sen-

za profondità d’anima, scaturiti da una necessità consumistica ingannevole, che come un veleno sottile altera lentamente il tessuto stesso dell’umanità, rendendola indifferente alla contaminazione della natura e allo stesso respiro. La maggior parte delle persone lavora per procurarsi da vivere, perché “deve”, e non riesce a scegliere un lavoro per passione, lasciando che siano le circostanze a scegliere per loro; precipitano così in una disaffezione senza fine, in cui la loro stessa anima annega in una noia mortale.

È stato perso il valore collettivo dell’ispirazione, che non è un privilegio dei poeti o degli artisti, ma di tutti, a condizione che si sappia svolgere un lavoro con passione e fantasia, senza scoraggiarsi nelle difficoltà e nelle sconfitte e neanche senza far venir meno la curiosità per ciò che si fa. L’ispirazione nasce da un incessante “non so”, ma pochi sono quelli che sono in grado di ammetterlo, perché si sono oramai rifugiati nelle false sicurezze dei loro consumi. Hanno dimenticato le emozioni profonde del proprio corpo, che vuole essere “in-spirato”, ricevere cioè lo spirito della Vita, quella condizione naturale che quando arriviamo in riva al mare o ci troviamo sulla cime di una montagna ci spinge


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