MYCELIUM BRICK Un passo avanti verso l’architettura biodegradabile Perché non è più il tempo per costruire piramidi
MATTEO J. DA LISCA MATTEO VINCENTI POLITECNICO DI MILANO
POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura e Società Tesi di Laurea triennale Scienze dell’Architettura
MYCELIUM BRICK UN PASSO AVANTI VERSO L’ARCHITETTURA BIODEGRADABILE PERCHE’ NON E’ PIU’ IL TEMPO PER COSTRUIRE PIRAMIDI
Relatore: Prof. Gian Luca BRUNETTI Laureandi: Matteo J. DA LISCA 798254 Matteo VINCENTI 793658
Anno accademico 2014-2015
INDICE Abstract 1. PERMANENZA E TEMPORANEITÀ il concetto di tempo in architettura pag. 10 - 21
2. ARCHITETTURA SOSTENIBILE il nuovo paradigma della modernità pag. 22 - 27
3. MATERIALI IN MICELIO l’utopia di un’architettura biodegradabile pag. 28 - 35
4. MATERIALI COMPOSITI DI MATRICE MICOLOGICA la sperimentazione della Mycoworks™ pag. 36 - 45
5. MYCELIUM BRICK produzione e sperimentazione pag. 46 - 59
6. ARCHITETTURA IN MICELIO le applicazioni pratiche pag. 60 - 67
7. CONCLUSIONI E SCENARI FUTURI pag. 68 - 70
Bibliografia e sitografia pag. 71 - 72
Ringraziamenti
ABSTRACT Lo scopo di questa ricerca è, innanzitutto, quello di aprire una riflessione su come le rivoluzioni - sociali, economiche, ambientali e demografiche - che stanno travolgendo ogni carattere della nostra società, stiano definendo l’inizio di una nuova epoca architettonica. In seguito ad un breve excursus storico, che mette a confronto i due grandi paradigmi architettonici che si scontrano sul tema del tempo, definito nella dicotomia permanenza e temporaneità, si apre la discussione sul tema, ancora poco esplorato e dal carattere totalmente contemporaneo, della biodegradabilità dei materiali in architettura. Tale questione, affascinante e controversa per l’architetto, è discussa attraverso lo studio scientifico di un nuovo materiale che potrebbe offrire uno scenario futuro sorprendente. Si tratta di un materiale organico, denominato dai ricercatori, che per primi ne hanno esplorate le caratteristiche, Mycelium Brick, probabilmente poco conosciuto nell’ambiente accademico e professionale italiano, data la sua recente scoperta e pubblicazione in trattati scientifici e architettonici. Il mattone, che può essere definito come un materiale composito, è il prodotto di uno straordinario processo manifatturiero che vede come attore principale il micelio, la parte vegetativa del fungo, le cui proprietà oggi sono studiate per trovare nuove soluzioni nei campi più svariati. In particolare si è scoperto il modo di impiegare il micelio per produrre una nuova gamma di prodotti organici e compostabili, utilizzando gli scarti prodotti dal settore agricolo. Perché l’interesse per questo materiale piuttosto che un altro? Innanzitutto l’indipendenza da fonti energetiche per la produzione e l’assenza di subprodotti inquinanti sono aspetti importantissimi per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, infatti, la materia prima è totalmente biodegradabile e la produzione non emette carbonio nell’atmosfera. In secondo luogo la relativa facilità, con cui si può realizzare questo composto, e il basso costo del processo manifatturiero fanno sì che si possa considerare il mattone come un materiale assai innovativo in tempi di sterilità economica. Queste caratteristiche fanno del Mycelium Brick una delle possibili soluzioni per un’architettura veramente ecocompatibile, un’architettura del futuro.
The purpose of this research, first of all, is to start a dialogue on how the – social, economic, environmental and demographic – revolutions involving every aspect of our society are defining the beginning of a new architectural era. Following a brief historical overview, which compares two of the most important architectural paradigms on the factor of time defined in the permanent and temporary dichotomy, initiates a discussion, still unexplored and of a contemporary nature, regarding the biodegradability of materials used in architecture. This subject, fascinating and controversial to the eyes of the architect, is discussed through the scientific study of a new material, which could offer a surprising future. We are referring to an organic material, denominated by the researchers that first explored its characteristics, Mycelium Brick; not well known in the academic and professional environment in Italy, given its recent discovery and publication in scientific and architectural papers. The brick, that can be defined as a composite material, is the result of an extraordinary process of manufacture where mycelium, the vegetative part of the mushroom, is the main actor. Its properties are studied today to find solutions in the most various fields. In particular, an innovative way to use mycelium has been discovered in order to produce a new line of organic and compostable products, by combinig it with the byproducts of agriculture. Why take interest in this material rather than other ones? First of all, the independence from electric energy and the absence of pollutant products are very important aspects to reach sustainability. The feedstock is in fact totally biodegradable and production doesn’t release carbon in the atmosphere. Secondly the relatively easy way with which this material can be realized and the low cost of the manufacturing process, means that we can consider the brick as a very innovative material in times of economic sterility. These characteristics make the Mycelium Brick one of the possible solutions for a truly compatible architecture, an architecture of the future.
Il est bon de toujours feulleiter la nature, car c’est la grand lettre e la grand écriture. E’ bello ritornare continuamente alla natura, è la grande lettera e la grande scrittura. Victor Hugo
1.
PERMANENZA E TEMPORANEITA’ Il concetto di tempo in architettura New York, Aprile 2015 Cena di fine Workshop in compagnia di colleghi, tutti amici, con cui avevamo appena condiviso un’esperienza formativa tra le più esaltanti per degli studenti di architettura. Si discuteva intorno alle più recenti costruzioni della città di New York e sul loro impatto visivo nello skyline newyorkese. L’edificio più discusso era la Beekman Tower, grattacielo di 76 piani progettato dall’architetto Frank O. Gehry, edificato nel distretto di Manhattan in 8 Spruce Street, a Sud di Plaza City Hall e il ponte di Brooklyn. Ci domandavamo perché questo edificio ci sembrasse una ferita nel volto della città, tanto strano e anomalo in confronto a ciò che lo circonda. Inevitabile fu il paragone con il panorama milanese: il dibattito verteva tutto su quale edifico, tra il Bosco Verticale dello Studio Boeri e la Torre Velasca di BBPR, stridesse maggiormente con il resto della città di Milano. Qualcuno affermava che il Bosco Verticale, seppur eletto il più bel grattacielo del mondo, non si integrasse con il panorama milanese, altri erano convinti che la Torre Velasca rappresentasse uno stile antiquato e fuori moda, non in linea con la modernità. Il dibattito non trovava una soluzione definitiva; nessuno era disposto ad arretrare rispetto alle proprie convinzioni. Improvvisamente, un ragazzo interruppe la confusione generale affermando: “Perché non costruiscono più le Piramidi?”. Calò il silenzio. Quella frase, sicuramente decontestualizzata, scatenò una nuova tempesta dialettica. Solo più tardi, a mente lucida, ci accorgemmo che alcuni temi meritavano maggiore riflessione. Perché, nel presente, non si riesce ad affermare uno stile architettonico condiviso, tanto da poter disquisire per ore sui prodotti della modernità? Quale rapporto sussiste tra tempo e architettura se un edificio, dopo pochi anni, diventa fuori moda? Quali sono i nuovi paradigmi dell’architettura moderna se tutto ciò che si è prodotto negli ultimi anni è o appare antiquato o discutibile? Come agire, in campo architettonico, nell’immediato futuro? 11
L’architettura è la volontà dell’epoca tradotta nello spazio. Mies Van der Rohe Fino a quando il processo di crescita e sviluppo della città è avvenuto senza architetti, almeno per ciò che riguarda l’edilizia ordinaria, seguendo regole dettate dalla coscienza spontanea, la casa, architettura per antonomasia, era costruita in base alle conoscenze tecniche disponibili, ai bisogni e all’idea diffusa e comune di casa, dominante in quel determinato momento storico. Non c’era e non poteva esserci la consapevolezza di collocare quell’edificio come appartenente a quel determinato periodo storico e culturale e come sua specifica espressione artistica: in un certo senso non c’era dunque la percezione del tempo nell’architettura, ma non essendoci un’astrazione del progetto compiuta da un professionista, la casa era per sempre. Chi costruiva lo faceva per sé e per la sua famiglia con il presupposto che il tempo di quella casa avrebbe coinciso con la durata dei materiali stessi con la quale era costruita, configurandosi perciò come un oggetto eterno rispetto alla vita umana. Se anche considerassimo l’architettura greca dei grandi complessi templari, realtà in cui comincia a emergere la figura dell’architetto professionista, notiamo come la prospettiva temporale dell’architettura sia dilatata a una dimensione eterna. Il cittadino greco, sentendosi parte di una società politicamente divisa - si ricordi l’organizzazione delle poleis - ma culturalmente tenuta insieme dalla cultura ufficiale, partecipava alla formazione dello stile architettonico, con la convinzione che sarebbe durato in eterno. È possibile pensare che il progettista greco non ponesse un limite temporale
G. B. Piranesi, Tempio di Paestum. Salvador Dalì, La persistenza della memoria. 12
PERMANENZA E TEMPORANEITA’ _ IL CONCETO DI TEMPO IN ARCHITETTURA
al proprio progetto poiché esso si collocava aldilà della percezione umana: non si ammetteva la fine della cultura greca perché nulla poteva, apparentemente, scalfire un ordinamento così solido e stabile e, se qualcosa avesse potuto scatenare ciò, si collocava in una dimensione temporale così lontana da essere considerata trascurabile. Tornando indietro, le stesse piramidi, le tombe dei grandi faraoni egizi, erano pensate come realizzazioni che, fino alla fine dei tempi, avrebbero ricordato ai sudditi dell’impero la grandezza dei loro sovrani. Nessuno allora si preoccupava della possibilità che in futuro, le condizioni sociali, politiche ed economiche che avevano caratterizzato il periodo di edificazione potessero mutare: la presunzione di costruire manufatti con una prospettiva eterna giustificava una spesa, economica e umana, difficilmente quantificabile, senza sollevare il problema di una possibile fine dell’utilità del manufatto. Questa tendenza è riscontrabile anche in molte altre occasioni, percorrendo cronologicamente gli stili architettonici del passato. Il medioevo è un caso esemplare da questo punto di vista poiché ripresenta la figura dell’architetto non professionista, come nell’architettura delle origini. Il cantiere, Romanico prima, e Gotico poi, era espressione spontanea che voleva dare immagine architettonica agli ideali cristiani, vero e proprio collante della società. Un edificio allora nasceva da un’esigenza collettiva ed era realizzato attraverso la compartecipazione di numerose maestranze coordinate alla perfezione dalla volontà comune. Le cattedrali medievali erano costruite in modo tale da resistere in eterno, nella ferma consapevolezza che la società cristiana non sarebbe mai tramontata e sarebbe rimasta immutata nella storia futura.
Piramide di Giza, Il Cairo, Egitto. 13
Filippo Brunelleschi architetto, ritratto, Anonimo. Duomo di Milano, facciata medievale.
Si prenda ora ad esempio il Rinascimento, il momento storico in cui la figura dell’architetto si afferma e delinea come quella depositaria della conoscenza e titolarità del progetto. In tal senso, basti pensare alla disputa tra Brunelleschi e Ghiberti per quanto riguarda il cantiere di Santa Maria del Fiore: rivalità personali a parte, non era possibile pensare a un progetto d’insieme armonico e compiuto se prodotto da più menti, tanto che il Maestro della Cupola si finse malato per palesare l’inutilità del suo collega e invocarne il licenziamento. Analogamente si può citare la polemica, sollevata dallo stesso Brunelleschi, quando la Fabbrica del Duomo imbastì un concorso per la progettazione della forma di un pilastro, poiché non era possibile concepire un organismo architettonico perfettamente proporzionato e armonico se prodotto dalla mano di più maestranze, senza che ci fosse una mente geniale, coordinatrice di tutti gli aspetti. Avviene, dunque, un fenomeno di specializzazione, anche se con caratteri diversi da oggi, essendo l’artista rinascimentale dedito anche ad altre maestranze, come scultura e pittura, che oggi non competono all’architetto. Questa nuova figura professionale provoca quell’astrazione concettuale dell’architettura che mancava nella produzione a coscienza spontanea, perché manca la produzione diretta da parte della comunità, ma tutto è filtrato su una dimensione esterna. Quest’aspetto è confermato dalla presenza di un committente unico, spesso il Principe o il Papa, e non più da una committenza sociale; cambiano le concezioni spaziali, si afferma una visione più autoritaria della trasformazione urbana, meno corale, meno partecipativa. Eppure la permanenza, o meglio l’affermazione teorica di principi architettonici fondamentali, quali le teorie vitruviane sull’uso degli ordini architettonici e la loro proporzione, ha consentito la co-esistenza ordinata del nuovo con 14
PERMANENZA E TEMPORANEITA’ _ IL CONCETO DI TEMPO IN ARCHITETTURA
il vecchio e la nascita di uno stile generalmente condiviso, così com’era accaduto nei secoli passati. Nonostante l’astrazione appena definita, il processo di condivisione permette di affermare che il tempo dell’architettura rinascimentale, se pure ha subito una contrazione, conserva sempre un orizzonte temporale molto ampio. 1. Dino Formaggio, Estetica, tempo, oggetto, Collana del Dipartimenti di Progettazione dell’Architettura, Politecnico di Milano, 1990.
L’edilizia, quella con la coscienza spontanea, ed anche l’architettura, quella più aulica degli edifici che costituivano temi collettivi, secondo la definizione del filosofo Dino Formaggio, erano certamente figlie della società, della sua cultura, della sua economia, o meglio, più in generale, espressione del volto di una società1 e non potrebbe di certo essere diversamente perché sono un prodotto umano.
2. Definizione Treccani.
In una società chiusa, organica e meno dinamica, il tempo dell’architettura è necessariamente lungo: il cambiamento, il passaggio da una forma costruttiva all’altra, da uno stile all’altro si riverbera con molta lentezza perché lenti sono i cambiamenti sociali che echeggiano nell’architettura. Ha senso, quindi, parlare di permanenza per quanto riguarda gli stili storici, intendendo con permanente qualcosa che “rimane durevolmente, che ha
durata stabile, che continua a sussistere o a essere per un lungo periodo di tempo, senza interruzioni né cambiamenti”.2 Ricollegandoci all’antefatto iniziale, quando è avvenuta la rottura di questo processo architettonico sufficientemente lento e globalmente omogeneo? Senza soffermarsi troppo su un’analisi storica precisa e dettagliata e dando perciò come acquisito il passaggio dell’illuminismo, dell’industrializzazione e delle grandi scoperte scientifiche, con le varie ricadute tecnologiche diffuse a livello di massa, si può ritenere che, almeno per l’Europa e quindi anche per l’Italia, il secondo dopoguerra sia il confine tra la vecchia tendenza e una nuova, i cui echi sono riscontrabili oggi. In questo periodo c’è stata la coincidenza di due fattori: il primo è culturale,
cioè l’applicazione generalizzata della rottura dei canoni architettonici elaborati nel trentennio precedente dal Movimento Moderno; il secondo economico, cioè la ricostruzione impetuosa in seguito alla seconda guerra 15
J. H. Fussli, La disperazione dell’artista davanti alle rovine. 16
PERMANENZA E TEMPORANEITA’ _ IL CONCETO DI TEMPO IN ARCHITETTURA
3. Bernardo Secchi, La città nel XX secolo, Laterza, Bari, 2008.
mondiale, fuori dalle regole di controllo urbanistico, sommata alla mancanza di regole architettoniche precise radicate nella società. Limitatamente allo sviluppo della città nel XX secolo, Bernardo Secchi parla di due tendenze, la prima caratterizzata da una crescita indefinita che genera un incremento degli abitanti della città non quantificabile, la seconda che porta negli ultimi anni addirittura alla dissoluzione della città stessa, poiché non è più facile identificarne i confini fisici.3 Tale teorizzazione è deducibile anche analizzando dati strettamente quantitativi e, a tal proposito, può essere utile un paragone tra una città del passato e una della contemporaneità. Roma antica, sotto l’impero di Augusto poteva contare un milione di abitanti, cifra incrementata di qualche centinaia di migliaia negli anni a venire grazie al periodo di stabilità inaugurato dal primo imperatore. È chiaro come queste cifre, riferibili alla città più importante del mondo antico, non possano competere con la situazione attuale, dove troviamo metropoli, soprattutto nell’area asiatica, con decine di milioni di abitanti. Il rapido e incontrollato incremento demografico nella città contiene in sé il germe della situazione architettonica attuale. L’entusiasmo per il boom economico, ma anche l’esigenza di ripristinare al più presto i servizi e gli spazi devastati dalla guerra ha generato una caotica smania di costruire, senza che la società fosse riuscita a elaborare i canoni del proprio stile e addirittura senza un’attenta pianificazione: il risultato è un’infinità di forme e spazi che appaiono all’occhio della modernità fuori moda o inespressivi, addirittura inadeguati all’uso. Non c’è quindi da sorprendersi se le realizzazioni contemporanee appaiono prive di quel calore che un cittadino greco poteva ritrovare nella sua città, un fedele medievale nella sua chiesa, un banchiere fiorentino quattrocentesco nel palazzo commissionato per la sua famiglia, … Tuttavia non è tutto semplificabile a quest’aspetto, perché, se così fosse, al caos iniziale del dopoguerra sarebbe seguito un processo di definizione di un paradigma architettonico guida delle esperienze contemporanee che avrebbe generato una serie di produzioni con la potenza di quelle antiche. Così non è stato. È come se la società dei consumi non fosse in grado di attuare questo processo al punto da far adeguare la città, così come ci è stata consegnata dalla storia, alle nuove forme e bisogni, così com’è giusto che sia in un periodo di cambiamento, ma in un modo tale da far sì che queste trasformazioni si 17
configurino più come dei capricci temporanei che necessità stabili. È pratica comune, nella storia della città, assistere a trasformazioni quando un elemento appare obsoleto; ma il dramma della modernità consiste proprio nella tendenza a considerare obsolete produzioni molto recenti e nell’incapacità di sostituire questi ultimi, vecchi o nuovi che siano, con un qualcosa di permanente. Parafrasando D. Formaggio: “La difficoltà, la sterilità profonda del nostro
tempo, è l’incapacità a produrre, vi è un’impotenza ‘generandi’ nel nostro tempo”.4 Infatti, direbbe Kuhn, ci stiamo muovendo in una fase di scienza normale.5 Il che vuol dire che, in una fase, come la nostra, in cui la scienza vive tra due paradigmi, uno passato e uno potenziale futuro, si è soliti esercitare e sviluppare il vecchio paradigma e continuare a svilupparlo senza portarne uno nuovo, anche se risulta evidente la necessità di un cambiamento.
In che direzione deve andare questo cambiamento? Così com’è stato fatto per gli stili passati, un’analisi sociale è necessaria per capire quale sia il paradigma adatto alla modernità. L’architettura contemporanea, che è inevitabile figlia anch’essa della società, è certo pienamente consapevole dello scorrere della storia e del ruolo di testimone che ha del proprio tempo; però è incerta, confusa e spesso superficiale nell’elaborazione degli accadimenti della società stessa. Compie analisi frettolose sulle tendenze, giustifica i progetti affidandosi a grandi narrazioni prive di alcun riscontro concreto e immagina un presente e un futuro improbabile. Ciò che conta è solo il qui, ora, l’immediato desiderio, tutto il resto è un impiccio che può essere tollerato fino al momento in cui l’arroganza del nuovo ha bisogno di spazio. Se conta solo l’attimo, senza relazione alcuna con la stratificazione della storia recente, significa che la percezione del tempo, in architettura si è ridotta alla durata del breve periodo che passa dall’ideazione del progetto alla sua realizzazione. Poi, segue subito una fase temporale, altrettanto breve, del nuovo progetto, che trascurerà non solo l’architettura recente preesistente, ma anche quella costruita un attimo prima, e così via. Il tempo dell’architettura contemporanea diventa la somma di tanti istanti discontinui l’uno dall’altro. Non deve sorprendere che abbiano più peso nell’immaginario collettivo edifici antichi, prodotti da altre società ma carichi di valore simbolico, piuttosto che le produzioni correnti. Non è quindi più corretto parlare di permanenza, bensì di temporaneità, dove con 18
4. Dino Formaggio, Estetica, tempo, oggetto, Collana del Dipartimenti di Progettazione dell’Architettura, Politecnico di Milano, 1990. 5. Thomas Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino, 1979.
PERMANENZA E TEMPORANEITA’ _ IL CONCETO DI TEMPO IN ARCHITETTURA
6. Definizione Treccani.
temporaneo s’intende qualcosa che “ha una durata limitata nel tempo, che non è stabile o duraturo o definitivo ma provvisorio”.6
7. Antonio Sant’Elia, Manifesto dell’Architettura Futurista, 1914.
Il problema intorno a questo concetto risiede nel fatto che si è soliti considerare il temporaneo come qualcosa di effimero: Antonio Sant’Elia nel manifesto dell’architettura futurista (1914) già teorizzava la perdita del “…
8. Leon Battista Alberti, I libri della famiglia, Einaudi, Torino, 1994.
senso del monumentale, del pesante, dello statico, e abbiamo arricchito la nostra sensibilità del gusto del leggero, del pratico, dell’effimero, del veloce (…) i caratteri fondamentali dell’architettura saranno la caducità e la transitorietà”.7 È necessario scardinare questa credenza, come quella che crea, di contro, uno stretto collegamento tra il concetto di permanente e quello di perpetuo: nel De Familia l’Alberti racconta che, quando un figlio
eredita dai propri avi un patrimonio, è libero di decidere se l’eredità del passato sia meritevole di conservazione, trasformazione o distruzione, in base alle proprie necessità, ponendo l’accento su come sia la volontà umana a stabilire il tempo dell’architettura.8 Limitatamente all’architettura temporanea, si può scindere dal concetto di effimero perché questa tendenza è il frutto di una società che richiede spazi e forme in continuo mutamento e non una ricerca di architetture di
Torre Eiffel, immagini del diario di cantiere. 19
scarso valore. È quindi possibile estendere la temporaneità a paradigma della nuova architettura, perché darebbe un volto adeguato allo Zeitgeist, lo spirito del tempo. È come se la lunga durata, la perpetuazione possa configurarsi come un premio a posteriori, non prevedibile, riconosciuto dalla comunità all’opera, a prescindere dalla sua reale qualità costruttiva e materiale. È il caso, ad esempio, della torre Eiffel (1889), sorta quale architettura simbolica ed effimera, che non fu rimossa al termine dell’Esposizione Universale nonostante furono sollevati, al momento della sua realizzazione, attacchi molto violenti sul piano della critica. Oggi è ancora lì a perpetuare la sua immagine materiale e iconografica. Caso analogo è il padiglione tedesco all’Esposizione Universale di Barcellona realizzato da Mies Van der Rohe. L’edificio, pensato come temporaneo, fu smantellato al termine della fiera, per poi essere ricostruito, com’era e dov’era, perché ritenuto meritevole di permanenza. L’equazione vecchio-permanente/nuovo-provvisorio ci induce, allora, a considerare posizioni variabili sulle valutazioni postume della comunità, richiedendo nuovi strumenti consoni alla teorizzazione e attuazione di una nuova architettura il cui orizzonte temporale non è definibile con certezza, ma solo auspicabile. Questi ragionamenti inducono a una duplice considerazione. In primis l’architetto deve essere in grado di scegliere una strategia progettuale temporizzata in un intervallo A e B, dove A è il momento di realizzazione del progetto e B è l’istante in cui esso perde le caratteristiche che lo rendono attuale. La durata va stabilita a priori, con più esattezza possibile, in base ad analisi che permettono una stima futura, tenendo in conto il fatto che la durata di un edificio nella modernità dipende, non tanto dalle sue proprietà materiche, ma piuttosto dall’immagine che esso possiede all’occhio della società. In secondo luogo si deve essere accorti a non incappare in un eccessivo spreco di risorse, perché non è possibile, come abbiamo visto, stabilire con certezza il successo iconografico del nuovo edificio. A tal proposito le trasformazioni antropiche devono possedere questi caratteri in modo da consentire il ripristino delle condizioni ambientali originarie. L’ambiente, il territorio sono le uniche risorse permanenti, unici riferimenti e vincoli delle attività trasformative. E ancora, citando Roberto 20
PERMANENZA E TEMPORANEITA’ _ IL CONCETO DI TEMPO IN ARCHITETTURA
9. Roberto
reversibilità
La costruire,
Bologna,
del
Maggioli, Milano, 2002.
Bologna: “Progettare e costruire con il paradigma della reversibilità significa
confrontarsi con i principi che rendono praticabile l’inversione del processo costruttivo”.9 In conclusione, è conveniente ripetere che, nonostante questa trattazione abbia scisso schematicamente la storia dell’architettura in un passato permanente e un presente temporaneo, non è possibile escludere la presenza di contaminazioni paradigmatiche. Nel passato, sovente, ci s’imbatte in tipologie pensate ad hoc per una durata permanente: è il caso dell’arco di trionfo, prodotto della cultura romana, pensato come installazione eccezionale, in onore dei viri triumphales. Questo per dire che non vi è una vera soluzione alla dicotomia permanente-temporaneo. Nell’ipotesi di convivenza di esigenze differenti, si potrebbe approfondire l’idea che alcuni interventi si realizzino in regimi di permanenza e altre di temporaneità, non allo scopo di determinare un’architettura maggiore e una minore, ma per tener conto delle specifiche condizioni strutturali del contesto, del quadro delle risorse a disposizione e di tutti gli altri fattori già richiamati.
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2.
ARCHITETTURA SOSTENIBILE Il nuovo paradigma della modernità L’aver preso atto dei cambiamenti che oggi caratterizzano il nostro modo di interagire e funzionare come società ha già portato a grandi modifiche nel processo architettonico e edilizio in generale; la consapevolezza, da parte del nostro settore, delle problematiche e delle mutate condizioni della realtà in cui viviamo è avvenuta, come abbiamo visto, con molta lentezza e difficoltà, tanto che finora sono stati affrontati solo determinati punti della questione, mentre, per altri, si stanno definendo soluzioni soltanto ora. Il principale passo avanti che l’architettura sta facendo, in ottica di una prospettiva temporanea e non più permanente, è sotto il punto di vista della sostenibilità ambientale: nell’insicurezza sulla reale vita di un edificio, il progettista si cautela pensando a un progetto poco impattante dal punto di vista delle risorse impiegate. Tale necessità è evidenziata anche dalle problematiche ambientali mondiali degli ultimi decenni come effetto serra, buco dell’ozono, polveri sottili, … 10. www.eur-lex.europa.eu
È ormai noto, anche ai non addetti ai lavori, come sia possibile cominciare a pensare a un’architettura sostenibile dall’abbattimento del fabbisogno energetico durante la vita utile dell’edificio. La legislazione europea ha imposto dei parametri molto restrittivi in tal senso: entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a energia quasi zero.10 Lo stesso mercato immobiliare marca molto, come strategia di marketing, sulla questione della classe energetica: un edificio in classe A, con consumo energetico inferiore a 30 KWh/mq annui, risulta, per forza di cose, più appetibile di un edificio a consumo maggiore, non solo per il risparmio economico sulle bollette, ma anche perché la società è ormai sensibilizzata a questa questione. L’impiego di risorse rinnovabili è un grande passo avanti, giacché il settore dell’edilizia rappresenta oggi il 40% del consumo totale di energia dell’Unione Europea.10 Fondamentale è il raggiungimento di questi obiettivi e, in tal direzione, pannelli solari e/o fotovoltaici, sistemi di raffrescamento naturali per l’acqua e per l’aria, sono tecnologie indispensabili in tal senso. Tuttavia sembra che i nostri sforzi, come comunità, tendano a concentrarsi 23
attorno ad una determinata fase del processo edilizio, restringendo la totalità dei passaggi, produttivi e non, che meriterebbero un ripensamento in chiave sostenibile. Ciò avviene perché la collettività percepisce l’oggetto architettonico quando è completo, ignorando i processi antecedenti al suo completamento: del ciclo di vita ci s’interessa maggiormente della sua vita utile dell’edificio, trascurando quelle che sono le problematiche che si creano nella fase di realizzazione, manutenzione e riuso o dismissione e demolizione. Questa forma di negligenza causa gravi danni dal punto di vista sociale e aumenta acutamente l’impronta ambientale. Innanzitutto, aumentano le emissioni di gas a effetto serra (anidride carbonica, protossido di azoto, metano, idrofluorocarburi, perfluorocarburi, esafluoruro di zolfo); in Italia, per esempio, circa il 20% di gas serra è prodotta dal settore edile e civile.11 Un problema non trascurabile è la creazione di enormi discariche a cielo aperto, landfill in inglese, riempite da tonnellate di rifiuti inorganici e tossici prodotti dalla demolizione di edifici (in Europa l’edilizia produce il 40% dei rifiuti mandati in discarica).12 La stessa fase di progettazione/realizzazione è importante per concorrere al delineare di un progetto sostenibile. Si pensi banalmente alla scelta dei materiali per la realizzazione di un progetto. È facilmente comprensibile come questi ultimi abbiano un costo ambientale di produzione variabile: per ovviare all’esigenza di isolare termicamente le pareti esterne di un’abitazione, l’architetto può scegliere di utilizzare materiali plastici oppure composti organici equivalenti, come pannelli di paglia che hanno conducibilità termica variabile da 0,08 a 0,13 W/mqK, permettendo di raggiungere i requisiti di un edificio in classe A. Dal punto di vista energetico, non è confermato il rapporto di equivalenza poiché un materiale plastico si ottiene dalla lavorazione del petrolio, comportando un inquinamento atmosferico ben maggiore rispetto a un composto organico rinnovabile, in cui costo si può stimare essere quasi nullo. Una scelta ponderata dei materiali comporta un risparmio anche in fase di manutenzione e, poi, dismissione, particolare non trascurabile nell’ambito di un’architettura con dimensione temporanea e non più permanente. Limitatamente alla manutenzione, la sostenibilità emerge soprattutto nella gestione del cantiere: esistono alcune tecnologie costruttive, tra tutte quelle a secco, che garantiscono processi di cantiere, sia in fase di assemblaggio 24
11. www.etuc.org 12. M. Lauria, La permanenza
in architettura, progetto costruzione e gestione, Gangemi, Roma, 2008.
ARCHITETTURA SOSTENIBILE _ IL NUOVO PARADIGMA DELLA MODERNITA’
sia di smontaggio, poco impattanti e invasivi, proprio perché ideati in modo da non dover utilizzare leganti permanenti. In fase di demolizione, invece, lo smaltimento di prodotti organici, grazie alla reversibilità intrinseca, è meno impattante rispetto a quello di prodotti chimici che, per loro natura, non sono riutilizzabili e necessitano, quindi, di essere depositati in piattaforme ecologiche in grado di smaltirli. Infine progettare sostenibile dovrebbe significare anche un uso minore del suolo, oggi saturo di strade e edifici. Le cause di questi problemi a livello sociale, ambientale ed economico sono dovute a un tipo di processo costruttivo, di cui si è già parlato, che si è portato avanti per molto tempo e che ha coinvolto tutto il mondo come mai prima, espandendosi a rapidità impressionante, grazie alla globalizzazione economica e al progresso tecnologico. In modo più preciso, si può dire che gli ultimi anni sono stati caratterizzati dalla ricerca di una strada da seguire per avere un ciclo di vita sostenibile e per fare ciò è inevitabile accogliere il concetto di temporaneità del costruito e del costruire. Bologna, La reversibilità del costruire,
13. Roberto
Maggioli, Milano, 2002.
L’idea stessa di ciclo di vita implica che un edificio debba avere un’Alfa e un’Omega. Ciò significa, per il progettista, dover cominciare a mettersi dal punto di vista di pensare alla fine fisica e/o utile dell’edificio, oltre che alla sua realizzazione e manutenzione, concetto che fra l’altro era già stato utilizzando nella filosofia architettonica di grandi maestri, come Jean Prouvè che, negli anni ’30, sosteneva che la realizzazione con tecniche pesanti in previsione di una lunga durata avrebbe costituito un’ipoteca troppo onerosa per le generazioni future.13 Il fare architettura non ha potuto, quindi, rimanere estraneo a questo nuovo paradigma, mutando il focus dal creare edifici con permanenza indefinita, a quello della cultura della reversibilità, la quale invece è il connotato della nostra epoca che pervade ormai ogni manifestazione delle attività umane. Per arrivare a ciò son dovute fare due principali considerazioni. Innanzitutto, collocare le proposte sulla base della crescita sostenibile per rispondere alle esigenze di minimizzare l’impatto sul territorio, proteggere le risorse, preservare l’equilibrio ambientale; in secondo luogo, la necessità di spostare l’attenzione sulla transitorietà del manufatto edilizio, piuttosto che 25
sulla provvisorietà della sua installazione e della condizione fruitiva, implica un riuso in modo da poter realizzare il massimo grado di reversibilità dal processo costruttivo una volta che siano terminate le condizioni che l’hanno determinato. Così facendo, costruire per la transitorietà, non è rimasto solo un problema di carattere tecnico, ma è diventato una questione di ordine culturale. È avvenuto un passaggio dalla costruzione temporanea-effimera, come soluzione di esigenza utilizzata in casi eccezionali, alla costruzione temporanea-transitoria, come dice Roberto Bologna, ovvero un manufatto edilizio che risolva in sé la transizione tra una situazione esistente che non è accettabile ed una condizione futura che non è immediatamente raggiungibile. Con questa nuova ottica della reversibilità del processo costruttivo, l’abitazione transitoria diventa un manufatto disintegrabile e a esso si associa una duplice accezione. Innanzitutto, è un sistema di parti facilmente smontabili, tenendo conto che nel ciclo di vita alcuni dei principali fattori di sostenibilità sono, oltre alla minimizzazione dell’uso delle risorse non
Padiglione Giappone, 2015, Milano.
Expo
Padiglione Gran Bretagna, Expo 2015, Milano. 26
ARCHITETTURA SOSTENIBILE _ IL NUOVO PARADIGMA DELLA MODERNITA’
rinnovabili, la flessibilità del processo, la costruibilità durante la fase di realizzazione, la capacità di adattarsi ai cambiamenti di funzione e uso, la durabilità riguardo alla vita utile di progetto, Design Life, e la riciclabilità, soprattutto di componenti con vita-utile breve. La sostenibilità qua risiede nell’intelligenza costruttiva, nel fatto che il progetto è adattabile con impiego minimo di risorse, nel caso in cui l’organizzazione iniziale non sia più adeguata alle condizioni attuali. In secondo luogo, è una costruzione che deve dissolversi senza lasciare tracce o residui, in modo che le risorse impiegate possano essere nuovamente sfruttate, in campo edilizio o altri settori. È il caso dei padiglioni EXPO la cui progettazione è pensata in modo tale da ammettere un facile smantellamento al termine dei sei mesi di esposizioni: i casi più ovvi sono il padiglione del Giappone e quello della Gran Bretagna all’esposizione di Milano 2015, entrambi realizzati con tecniche ad incastro, una in legno e l’altra in acciaio. 14. E’ un approccio integrato alla progettazione sostenibile, dove è necessario che tutti i differenti aspetti di sostenibilità siano opportunamente quantificati. I principi e gli sviluppi sono confluiti in un report della commissione RILEN TC172 EDM/CIB TG22, Technical Research Center of Finland, Espoo. Bologna, La reversibilità del costruire,
15. Roberto
Un approccio che rappresenta una moderna visione della progettazione sostenibile, è riassumibile con il concetto di Integrated Life Cycle Design o Lifetime Design.14 L’avvento della sostenibilità ha rappresentato e rappresenta tuttora, un punto di svolta decisivo, ma non è una bandiera da sventolare per sembrare più cool e progressisti, ma un supporto per la progettazione contemporanea, oltre che un connotato culturale da cui non è più possibile prescindere. Ancora secondo R. Bologna: “Lo sviluppo sostenibile richiede innanzitutto che si ragioni in una logica di processo poiché solo da una visione globale, sistematica dell’intero ciclo di vita dei materiali, dei prodotti e delle azioni di trasformazione operate dall’uomo si può valutare il grado di reversibilità costruttiva e la minima incidenza sulle risorse disponibili”.15
Maggioli, Milano, 2002.
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3.
MATERIALI IN MICELIO L’utopia di un’architettura biodegradabile Le trasformazioni discusse nel capitolo precedente hanno condotto alla ricerca di nuove soluzioni tecnologiche e strutturali innovative ed efficienti, che possano velocizzare i tempi di realizzazione e dismissione degli edifici, oltre che caratterizzarne un minor impatto ambientale. Infatti, i sistemi di costruzione odierni diventano sempre più semplici, riducendo il numero di elementi che li compongono, in modo che siano dotati di maggiore durabilità e di conseguenza una minore e più facile manutenzione. 16. www.shigerubanarch.com
Il nuovo processo costruttivo, insieme a una volontà comune di ridurre l’impatto negativo che i prodotti dell’edilizia producono sull’ambiente, ha aperto la strada verso la ricerca di materiali naturali e biodegradabili. Questo tipo di tecnologia, oggi, è già impiegata nella creazione di oggetti di design ed è stata il cavallo di battaglia di alcuni architetti che si sono affermati grazie all’impiego di materiali di questo tipo nelle loro costruzioni. Un esempio famoso è Shigeru Ban, il cui marchio di fabbrica è stato per molto tempo l’impiego di strutture in carta.16 È evidente come l’uso dei materiali da costruzione biodegradabili nell’ambiente dell’edilizia concorrerebbe a risolvere i problemi d’impatto ambientale già discussi dal punto di vista di un’architettura sostenibile, così com’è stata descritta. Interessante è incentrare il discorso su questo secondo tipo di ricerca, che mette insieme architettura, scienza, economia e sostenibilità, in un legame inter-disciplinare.
Ciclo di crescita dei funghi. 29
MDS gallery, Shigeru Ban Architets, Shibuya, Tokyo, Giappone, 1994. 30
MATERIALI IN MICELIO _ L’UTOPIA DI UN’ARCHITETTURA BIODEGRADABILE
A tal proposito, ricercatori americani hanno esplorato il modo in cui il micelio di fungo interagisce con determinati materiali da cui trae nutrimento, e, sfruttando i suoi meccanismi di crescita, sono riusciti a sviluppare un nuovo materiale, utilizzabile anche in architettura, totalmente biodegradabile. Il micelio è la parte del fungo che si trova nel suolo, può essere considerata come la sua radice. È un organo fondamentale, in grado di trasformare e frammentare materiali organici e non, presenti nel sottosuolo per trarne nutrimento. Introducendo una varietà di micelio in un composto, ottenuto da determinate tipi di materie prime, si è appreso come l’organismo fungino inglobi questo composto grezzo, trasformandolo in un nuovo materiale a matrice micologica. Queste materie prime sono svariate e sono ancora in atto numerosi test per capire quale sia la combinazione migliore, ma principalmente si preferisce utilizzare materiali di scarto agricolo come mais, cotone, paglia e legno. Senza dover entrare ora nello specifico è evidente come un processo produttivo con tale configurazione sia, per quanto riguarda la fonte di energia, totalmente naturale e disponibile in grandi quantità con un costo relativamente basso. 17. Y. Obuche, mycoFARMx, Londra, 2011.
A maggior ragione si tenga in conto che gli scarti dell’agricoltura sono circa il 75% di tutta la produzione totale. Solo un quarto dei raccolti è immesso sul mercato, mentre la restante parte è bruciata.17 La manifattura di materiali compositi con micelio andrebbe a inserirsi in un ciclo di riuso di scarti produttivi, creando minori sprechi e nuove possibilità economiche. Tutta la fase di realizzazione del materiale, inoltre, avviene senza emissioni di carbonio nell’atmosfera, poiché l’energia utilizzata è quella biologica che il fungo usa per crescere, fornita da materiali di scarto. Questo significa che il tutto è completamente ecocompatibile. L’unica fase di produzione che necessità di energia elettrica è quella di denaturalizzazione del materiale, processo che avviene con una rapida cottura a bassa temperatura: tuttavia, anche qui, è possibile limitare l’emissione di gas serra, se l’energia elettrica è fornita da fonti rinnovabili, in modo da ridurre, in sostanza, a zero l’impatto energetico di questa fase. 31
Questi benefici in particolare fanno del micelio un materiale carbon-neutral (non ne produce) o persino carbon-negative (cioè lo elimina), poiché nella fase di crescita si rileva un immagazzinamento del carbonio, catturato dalle cellule del materiale. Sorprendente è che, una volta che il prodotto ha terminato di servire la funzione per cui è stato programmato, in altre parole ha completato il proprio ciclo di vita, può essere frammentato e compostato per diventare fertilizzante per il terreno dei campi. La vita del materiale in micelio diventa così la vita del campo agricolo, nasce dagli scarti del campo e muore per dare nuova vita allo stesso campo che ne ha permesso l’origine. Viene così a chiudersi quello che può diventare un circolo virtuoso, con immensi benefici dal punto di vista ambientale ed economico. Oggi il micelio di fungo edibile è coltivato per il consumo umano ed è impiegato in una vasta rete di prodotti che includono controllo ambientale con agenti biologici fungini, cattura e rimozione sicura di agenti contaminanti metallici e anche usi medicinali per combattere il cancro. Come materiale biologico, il micelio rappresenta una soluzione sostenibile invitante per sostituire materiali sintetici impiegati nell’imballaggio e come materiale strutturale (con l’uso di rinforzi). Odierni materiali a base di oli polimerici non sono sostenibili e hanno forti impatti sull’ambiente, poiché utilizzano risorse non rinnovabili, sottoprodotti tossici e rifiuti solidi che sono per gran parte gettati nel terreno, immagazzinando problemi per le generazioni future. Per esempio la degradazione naturale della schiuma in polistirene è molto bassa (meno dell’uno percento annuo) e produce idrocarburo clorurato e altri sottoprodotti tossici per gli animali e le specie acquatiche. Per via del loro alto indice di sviluppo, materiali non tossici e sostenibili a base di micelio sono studiati per usi strutturali e applicazioni in architettura, includendo mattoni per strutture d’avanguardia denominate Mycotechture.
Accrescimento delle partire da una spora. 32
ife
a
MATERIALI IN MICELIO _ L’UTOPIA DI UN’ARCHITETTURA BIODEGRADABILE
Prima di parlare della sperimentazione scientifica condotta sul materiale, è necessario introdurre il principale attore, il micelio, di questa trattazione attraverso una descrizione di natura biologica. I funghi occupano una posizione in-usuale nel nostro mondo, perché hanno sia caratteristiche di pianta, che di animale e, dunque, formano un loro preciso regno. Composti di materia vegetale, hanno una parte strutturale del che crea la sua crescita vegetativa e massa, il micelio, una cellula eucariote incapsulata da rigide pareti cellulari. Il micelio è una rete di materia a base carbonifera e cresce creando dei puntoni, che formano la struttura cellulare di questa parte vegetativa. Il network fungino è formato da singole ife, le quali crescono dall’inoculazione di una spora di fungo in un qualsiasi materiale cellulare, consumando carbonio e nitrogeno per costruire una rete sempre più complessa. Solitamente sono organismi non fotosintetici che assorbono il loro nutrimento dal loro materiale che li ospita. Tipicamente trovati sotterrati all’interno di bio-materia in fase di decomposizione, come legno, fogliame, carne o qualsiasi altro materiale cellulare contenente carbonio, la struttura in micelio del fungo è solitamente nascosta all’interno del corpo ospitante e diventa visibile solo quando è raggiunto lo stadio fruttifero. Il fungo appare in superficie per disperdere le spore. Solo miceli che non hanno raggiunto la fase fruttifera sono utilizzabili nella produzione del materiale biodegradabile per prevenire l’esposizione a spore. Il micelio ha un tasso di crescita molto rapido e continuerà a crescere senza limiti, se fornito di sufficiente nutrimento: la più grande crescita di micelio conosciuta si trova in Oregon, coprendo oltre 2400 acri e si stima essere di oltre 2220 anni.
Impasto di micelio e materiale organico. Rete di ife vista al microscopio a scansione elettronica. 33
Micelio immerso nel substrato ligneo. 34
MATERIALI IN MICELIO _ L’UTOPIA DI UN’ARCHITETTURA BIODEGRADABILE
Il network d’ife di micelio è usato per la crescita, lo spostamento e la ricerca di nuove fonti di nutrimento, per assorbire e trasportare sostanze nutritive e per trasmettere segnali chimici che governano l’architettura del micelio, crescita e altre funzioni. Il funzionamento è simile a quello delle piante che, captando segnali chimici dal suolo/aria, orientano radici e foglie in modo da catturate la maggior quantità possibile di sostanze nutritive e luce. Crescita e raccolta di nutrienti sono raggiunte dalla secrezione di un enzima digestivo, che rompe macro molecole in elementi poi assorbiti, usando un gradiente di diffusione e meccanismi di trasporto interni: in questo modo il micelio cresce uniformemente in tutta la sua estensione. Diversamente da piante, la cui materia è composta di cellulosa che contiene lignina rigida, la rigidità nei funghi è ottenuta con la chitina, composto di polisaccaridi, che formano lo scheletro strutturale del fungo e definisce la struttura cellulare della sua parte vegetativa (micelio). I miceli sono una parte importante del nostro ecosistema e giocano un ruolo vitale nel riciclo di minerali e carbonio e nel ciclo di fissaggio del nitrogeno.
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4.
MATERIALI COMPOSITI DI MATRICE MICOLOGICA La sperimentazione della Mycoworks™ 18. www.mycoworks.com
Le più approfondite e sistematiche esplorazioni nel campo dei materiali compositi a matrice micologica sono state condotte dall’azienda americana, con sede a San Francisco – California - Mycoworks™.18 Il co-fondatore, Philip Ross, insieme al suo team di ricercatori, è considerato uno dei leader per quando riguarda le tecnologie biologiche: a lui si devono i primi studi di laboratorio riguardo ai materiali a base di micelio nel campo dell’architettura. Su migliaia di specie naturali, gli esperimenti sono stati svolti sul Ganoderma lucidum, una comune specie di fungo edibile, selezionata per essere coltivata ai fini dei test. Il micelio di cui si discuterà in questa relazione può essere concettualizzato come un materiale composito, composto di una matrice in schiuma di micelio, con frammenti di legno usati come rinforzo. Il legno di per sé è una schiuma a celle chiuse, altamente anisotropa, diversamente dal fungo, per il quale ci si aspettava una schiuma a celle aperte. Da qui deriva la natura gerarchica del composto. Il comportamento meccanico del micelio poté essere ipotizzato, data la mancanza d’informazioni precedenti, secondo studi su materiali simili. Gli esperimenti sono stati compiuti secondo l’ASTM D3574 -11 Standard Test Methods for Flexible Cellular Materials. Questo standard fornisce i metodi che si avvicinano maggiormente per un materiale naturale con una struttura simile a quella di una schiuma, poiché non esistono oggi degli standard specifici per schiume naturali a base di fungo. La composizione del materiale è una miscela del micelio scelto e ciò che rimane della materia prima non digerita, ovvero le schegge di legno. La rete d’ife penetra nelle cellule del mangime, usando secrezioni di acidi ed enzimi, e trasforma i nutrienti in nuovo micelio, accrescendo la rete d’ife. Aree di puro micelio possono essere viste sia all’interno del materiale sia nel rivestimento esterno. In questo momento non esiste un metodo stabilito per determinare il rapporto di materia fibrosa di micelio e frammenti di legno nei compositi micologici. Sono stati considerati diversi metodi per stimare le quantità 37
Preparazione substrato
Inoculazione e crescita
Denaturalizzazione
Riduzione del contenuto di umidità
Produzione dei campione da laboratorio
di legno e micelio, includendo analisi con immagini SEM (microscopio a scansione elettronica) o ispezioni visive, ma nessuno dei due sistemi è stato portato avanti o testato con accuratezza tale da stabilire una norma. La metodologia di produzione dei campioni è la seguente. La specie selezionata, G. Lucidum, è stata inoculata nei casseri contenenti la materia prima, composta di legno di Quercus kelloggii - quercia rossa – macerato in schegge di 5-15 mm, oltre che da una soluzione nutriente. La crescita avviene sotto condizioni controllate. Una volta raggiunta una sufficiente trasformazione della materia prima in una bio-materia di micelio, la fase di crescita è arrestata riscaldando il materiale a 220° per 120 minuti così che si denaturalizzi. Il risultato di questo processo serve, oltre che a fermare il processo di crescita, a ridurre il contenuto di acqua presente nella materia dal 60-65% al 10-20%: ciò avviene attraverso riscaldamento convettivo ottenuto con asciugatori solari o risorse rinnovabili per minimizzare la quantità di energia impiegata in questa fase, riducendo così il costo energetico nel ciclo di vita del materiale. Il materiale è fatto crescere in un semplice cassero rettangolare per realizzare i provini conformi ai test. Una volta che il micelio entra in contatto con materiali inorganici, non porosi, forma una dura pelle di chitina, per prevenire la perdita di acqua e nutrienti. La chitina è anche trovata in natura come esoscheletro di alcuni artropodi. I blocchi sono stati denaturalizzati prima che il rivestimento in chitina si potesse formare completamente. I campioni sono stati tagliati in provini da laboratorio usando una sega elettrica a 125 rpm. Questo è stato difficile per via della frangibile struttura del materiale disidratato, tanto che, mentre avveniva il taglio, si sono staccati molti frammenti. Durante i test, si è notato che il materiale era fragile e frangibile, si verificavano delle fratture lungo i punti di contatto fra il micelio e il legno non digerito, il che denota un legame debole fra i materiali. Prove a compressione 38
MATERIALI COMPOSITI DI MATRICE MICOLOGICA _ LA SPERIMENTAZIONE DELLA MYCOWORKS™
Tabella 1. Caratteristiche fisiche di massa, dimensioni e contenuto d’acqua deicampioni usati per i test di trazione e compressione.
e trazione furono realizzate seguendo l’ASTM D3574, dovendo utilizzare qualche accorgimento per via della frangibilità del materiale. Dopo le prove meccaniche, varie immagini, scattate usando un microscopio a scansione elettronica (SEM) e un microscopio ottico, accertarono la presenza o meno di variazioni nella struttura delle cellule o nella loro direzione di crescita, come visto in molte altre cellule vegetali e animali sottoposte a test analoghi. Il microscopio ottico è stato usato sui campioni in direzione longitudinale e trasversale rispetto al blocco di micelio, con un ingrandimento di 3,9X e 7,8X. Campioni di 25,4 mm cubi sono stati montati con l’utilizzo di resina ed esaminati prima al microscopio e poi a SEM. Queste immagini hanno permesso di esaminare cambiamenti nella composizione del materiale su tutto il provino e osservare anche le strutture cellulari del legno e del micelio separatamente. È stato necessario ricoprire i campioni con un rivestimento d’oro per prevenire che si caricassero elettricamente. Massa, dimensioni e contenuto di acqua sono stati registrati per ogni campione e la media determinata per calcoli successivi, riportata nella Tabella 1. Siccome il materiale è stato essiccato, la quantità di liquido contenuta è circa il 6%, il che significa che è inferiore del 10% rispetto all’umidità dell’ambiente circostante. Il composto subisce leggere variazioni in seguito al contatto con il vapore acqueo contenuto nell’ambiente. La quantità di acqua è stata registrata nel momento delle prove usando un metro digitale per la resistenza all’umidità con un margine di errore dell’1%. Dei tre test a trazione e tre a compressione pianificati, tutti e sei furono completati con successo. I grafici di risposta al carico da parte del materiale rispetto a forze di compressione e di trazione sono stati registrati durante tutte le prove e poi fatta una media, che permetteva di tracciare i grafici di sforzo-deformazione.
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Figura 1. Grafico sforzo - deformazione della risposta a trazione.
Figura 2. Grafico sforzo - deformazione della risposta a compressione. 40
MATERIALI COMPOSITI DI MATRICE MICOLOGICA _ LA SPERIMENTAZIONE DELLA MYCOWORKS™
Figura 3. Punto di snervamento del matereriale a compressione.
I risultati di sforzo-deformazione in Figura 1 del materiale sotto un carico a trazione permettono di ottenere valori auspicabili per un materiale plasticoelastico: si nota una regione lineare elastica fino allo 0.2%, un punto di snervamento di 176 kPa, una regione di plateau trascurabile e infine la deformazione plastica fino alla rottura per fragilità a 15 kPa. La rigidezza, misurata con il modulo di Young, del materiale per la tensione, calcolata dalla porzione elastica del grafico, è stata 1,3 MPa. La relativamente bassa tensione ultima di 15 kPa riflette la natura fragile e frangibile del materiale. Siccome i valori ottenuti appaiono relativamente bassi, il materiale non dovrà essere soggetto a carichi di trazione. Ciononostante, il consolidamento del materiale potrebbe migliorarne le qualità a trazione, se necessario. La curva del test a compressione in Figura 2 comprende le tre regioni, elastico-lineare, plateau e densificazione. Con sforzi molto bassi (circa ≤5%) le risposte del materiale sono ancora lineari elastiche, dove il gradiente equivale al Modulo elastico di Young del materiale in micelio. In modo analogo a quello che accade per le schiume, alla deformazione ha seguito la rottura 41
per schiacciamento delle cellule: in questo caso i filamenti dell’architettura d’ife del micelio corrispondono a un compattamento del materiale in seguito al forte incremento di sforzo e deformazione. All’aumentare del carico, i filamenti delle pareti delle cellule iniziano a collassare. Questo fenomeno, strettamente legato al collasso del materiale stesso, continua in modo, in pratica, costante, finché le pareti delle cellule s’incontrano, causando una maggiore risposta allo sforzo: ciò è si spiega per la maggiore densità del materiale. La rigidezza a compressione, sintetizzata da un grafico, è stata calcolata essere di 1.0 MPa, con un punto di snervamento a 47.5 kPa: il tutto è visibile in Figura 3. La resistenza ultima a forze di compressione di 490 kPa dimostra essere considerevolmente maggiore rispetto a quella a trazione. Gli ultimi campioni di materiale per prove con forze di compressione e trazione furono paragonati registrando il livello di acqua contenuto. I risultati disegnati in Figura 4 suggeriscono un rapporto inversamente proporzionale tra la resistenza del materiale ai carichi e il suo contenuto di umidità. Infatti, come quest’ultimo aumenta, le proprietà meccaniche del materiale sia sotto carichi a compressione sia a trazione peggiorano. Questo significa
Figura 4. Resistenza del materiale in relazione al contenuto d’acqua. 42
MATERIALI COMPOSITI DI MATRICE MICOLOGICA _ LA SPERIMENTAZIONE DELLA MYCOWORKS™
che c’è una maggiore plasticità dovuta alla quantità di umidità contenuta, comportamento simile a quello dei materiali vegetali dovuto alle molecole d’acqua che, essendo polari, si legano a polimeri e causano dislocazione. Le immagini ottenute con microscopio ottico, Figura 5, scattate in senso trasversale (a) e longitudinale (b), dei blocchi di micelio non mostrano nessun ovvio orientamento nella crescita del micelio. Ciò è coerente con le strutture cellulari del micelio, in precedenza identificate come dei fili non direzionati. Le immagini mostrano dei cluster di legno non digerito, facilmente identificabili anche ad occhio nudo. In aggiunta, l’immagine (c) mostra meglio la crescita del materiale fungino bianco e fibroso attorno alla materia prima, in questo caso legno. Ricerche simili hanno provato che la scelta della specie lignea ha un impatto sul comportamento elastico e meccanico del composto. Le proprietà elastiche aumentano tipicamente con legni più duri, come la quercia rossa usata in questo caso, ma anche con la separazione meccanica delle fibre del composto una volta macerate con le schegge di legno. Il microscopio a scansione elettronica è stato utilizzato su campioni tagliati da un singolo blocco di micelio, in cinque punti diversi: in mezzaria (1), sulla Figura 5. Immagini ottenute microscopio ottico.
con
Immagine a (alto a sx): parti bianche di micelio con ingrandimento 4X. Immagine b (alto a dx): parti lignee non digerite con ingrandimento 4X. Immagine c (basso a sx): micelio e legno immersi nella resina con ingrandimento 8X. Immagine d (basso a dx): schegge di legno immerse in resina con ingrandimento 8X. 43
superficie superiore (2), sulla superficie inferiore (5), un cluster di puro micelio prelevato appena sotto la superficie (3) e una singola scheggia di legno (4), come si può vedere in Figura 6. Le immagini mostrano un’estrema eterogeneità su tutte le scale, confermato anche dall’orientamento casuale di micelio e legno già rilevato nelle sperimentazioni precedenti. Il blocco interno mostra una superficie con un rivestimento in micelio completamente bianco. La quantità di micelio diminuisce verso il centro, dove è presente quasi esclusivamente legno. La sezione presa appena sotto la superficie è stata selezionata perché è lì che avviene la maggiore crescita di micelio. La foto in Figura 7b mostra una massa d’ife ingrovigliate, la quale originariamente crescerebbe in un fluido biologico composto principalmente di acqua. Una volta che il materiale è stato totalmente essiccato, forma una struttura più simile a una matassa fibrosa, piuttosto che una con cellule facilmente delineate. Le superfici, superiore e inferiore, mostrano la capacità del micelio di creare naturalmente una pelle, come si vede in Figura 10. Le immagini prese sul campione nel centro del materiale mostrano più approfonditamente la crescita del micelio (Figura 8). Le immagini in Figura 11 mostrano l’interfaccia legno-micelio. In ogni caso, la singola scheggia di legno estratta dal blocco non mostra la presenza di componente fungina e la sua struttura cellulare, in direzione longitudinale, non è stata digerita, causando la natura frangibile del materiale. Il diametro dei filamenti d’ife, calcolati attraverso le immagini, variano da 0.5 a 1 μm. La concentrazione delle ife, in Figura 9, ha mostrato estreme variazioni fra superficie e interno: l’interno (d) presenta una concentrazione minore d’ife rispetto alle aree superficiali (a) e (c). Studi precedenti hanno dimostrato la composizione tetraedrica della struttura delle cellule micologiche. Tale aspetto suggerisce che la struttura casuale della matassa osservata si potrebbe trasformare in una più regolare, ripetendo la struttura cellulare, poiché la proporzione di micelio rispetto alla materia prima aumenta con l’aumentare della crescita. 2 1
3 5
44
4
Figura 6. Locazione dei campioni di materiale scansionate a SEM.
MATERIALI COMPOSITI DI MATRICE MICOLOGICA _ LA SPERIMENTAZIONE DELLA MYCOWORKS™
Figura 7. Campione 3. A sx (a): immagine di micelio puro con ingrandimento 36X. A dx (b): rete di ife con ingrandimento 2000X.
Figura 8. Campione 1. A sx (a): scheggia di legno circondata da ife di micelio con ingrandimento 750X. A dx (b): scheggia di legno circondata da ife di micelio con ingrandimento 8000X.
Figura 9. Campione 5 - 1. A sx (a): diversa concentrazione di ife con ingrandimento 3800X. A dx (b): diversa concentrazione di ife icon ingrandimento 8000X.
Figura 10. Campione 2. A sx: superficie esterna del micelio con ingrandimento 3800X. Figura 11. Campione 4. A dx: Scheggia di legno con ingrandimento 750X. 45
5.
MYCELIUM BRICK Produzione e sperimentazione Per capire e per toccare con mano le reali possibilità del materiale è stato necessario procedere alla produzione di mattoni di fungo, denominati, in tal occasione, Mycelium Bricks. Tale processo è stato realizzato in due modi, che differiscono non per gli step di produzione, ma per i materiali utilizzati. 19. www.ecovativedesign.com
La prima catena di produzione utilizza come base di partenza una soluzione fornita dall’azienda newyorkese Ecovative™,19 un gruppo di ricercatori impegnato nello sviluppo di una nuova classe di materiali compostabili a base di micelio: sfortunatamente non sono fornite informazioni né per quanto riguarda la specie di micelio essiccato, né la tipologia arborea impiegata come soluzione nutriente. Al preparato, accuratamente insacchettato in plastica, è consentita la respirazione attraverso una membrana traspirante. Per dare delle indicazioni sul costo della produzione, si tenga in conto che sono necessari 10 dollari per realizzare quattro mattoni con volume pari a 1000 centimetri cubi. Il processo manifatturiero si articola in tre fasi principali, intervallate da tempi di attesa dovuti ai ritmi biologici di crescita del materiale.
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Primo step _ L’impasto Gli elementi necessari sono: § Composto di micelio essiccato e schegge lignee Ecovative™; § 700 ml di acqua a temperatura ambiente; § 20 g di farina; § Un qualsiasi utensile per la mescolazione; § Un becher per liquidi graduato; § Nastro adesivo; § Forbici. In primo luogo è necessario rimuovere il materiale essiccato dalla busta di plastica, tagliando accuratamente il lembo superiore con l’accortezza di seguire la linea di sigillazione in modo da non danneggiare eccessivamente il sacco. In questo momento il micelio, essendo essiccato, è inattivo e non può quindi svolgere la sua funzione di legante con il materiale ligneo. In un contenitore a parte, mescolare, vigorosamente per un minuto, 20 grammi di farina con 700 ml di acqua, finché non si ottiene un liquido terso, biancastro, gelatinoso e senza grumi. In seguito, versare la miscela di acqua e farina ottenuta direttamente all’interno della borsa contenente il materiale essiccato: l’unica accortezza è di distribuire uniformemente il liquido e di farlo totalmente assorbire. Per far ciò è conveniente agitare energicamente per un minuto circa. Una volta assorbito, si procede al ripiegamento del lembo superiore del sacco per facilitarne la chiusura con del nastro adesivo o qualsiasi altro utensile utile alla chiusura. Il filtro per l’aria non deve essere assolutamente coperto perché ciò bloccherebbe il passaggio d’aria e renderebbe impossibile la crescita del micelio. Reidratando il materiale si attivano le sue funzioni vitali: il micelio revitalizzato può, così, cominciare a espandere la sua rete d’ife attraverso i trucioli, nutrendosi della farina e del legno stesso.
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MYCELIUM BRICK _ PRODUZIONE E SPERIMENTAZIONE
Ora il materiale richiede un ambiente pulito, a temperatura ambiente, lontano da fonti di luce e calore diretto per crescere nel modo migliore possibile. La fase di riposo e crescita, che in media dura 4-5 giorni, termina quando il composto espanso appare totalmente bianco e umido. Il controllo dell’ambiente, per quanto concerne luce, temperatura e umidità, è un aspetto-chiave per la crescita, poiché una scorretta combinazione di questi elementi genererebbe la nascita del bulbo fruttifero, non desiderabile in quest’occasione.
Step 1: illustrazione processo produttivo. 49
Secondo step _ I casseri Gli elementi necessari sono: § Composto di micelio reidratato e incorporato con il legno; § 20 g di farina; § Guanti; § Disinfettante; § Un recipiente sufficientemente capiente da contenere il preparato; § Un qualsiasi utensile per la mescolazione; § Un oggetto appuntito (ago, chiodo, …); § Nastro adesivo; § Pellicola trasparente in PVC; § Cassero in polistirolo. Prima di procedere con l’apertura della borsa contenete il materiale, disinfettare gli strumenti e l’area da lavoro (guanti, casseri, ripiani, …) in modo da evitare contaminazioni, soprattutto alla presenza di altre specie fungine: tale contaminazione andrebbe a influire sull’esito finale, compromettendo le caratteristiche del materiale. Dopo aver fatto ciò, è possibile aprire il contenitore e versare il composto all’interno di un recipiente. Ci si trova davanti ad un impasto molto umido con colorazione biancastra dovuta all’aumento di massa delle ife che sono responsabili della formazione di uno strato di chitina. Il legno digerito è ora legato da una rete inestricabile di filamenti adesivi, tanto da formare un corpo compatto, ma non definito, caratterizzato da un forte odore di umidità e fungo. Si procede rompendo a mano, attraverso sbriciolamento, la rete di filamenti all’interno di un recipiente: tale operazione è necessaria per consentire al micelio di distribuirsi in modo uniforme in tutta la miscela. Il composto ora ottenuto appare molto più simile a quello originario, perché 50
MYCELIUM BRICK _ PRODUZIONE E SPERIMENTAZIONE
non sono più visibili, a occhio nudo, le parti bianche di micelio; inizia qui la seconda fase di crescita, favorita dall’inserimento di ulteriori 20 g di farina. Diversamente dalla fase precedente, la crescita avviene all’interno di casseri in polistirolo cubici con dimensione pari a 1000 centimetri cubi, standard dimensionale scelto in modo da permettere analisi da laboratorio. L’incasso avviene senza esercitare pressione, ma adagiando semplicemente la miscela all’interno delle cavità con l’accortezza di riempire fino all’orlo. Per proteggere il composto durante questa fase e per controllare l’apporto d’aria e umidità a contatto con la superficie esposta del cassero, bisogna ricoprire la faccia superiore del blocco in polistirolo con pellicola trasparente in PVC, forata ogni 2,5 centimetri. All’interno del cassero il micelio continuerà a crescere, consolidando nuovamente i legami con il substrato ligneo, prendendo la forma cubica del recipiente che lo contiene. Il mattone sarà pronto quando assumerà nuovamente una colorazione bianca e il tempo necessario affinché avvenga ciò è di circa 5 o 6 giorni.. Infine si afferma che la scelta del materiale per il cassero non è casuale. È opportuno scegliere materiali inorganici, possibilmente plastici, perché il micelio non è in grado di legarsi a questo tipo di prodotti. In caso si preferisse l’utilizzo di materiali organici, come il legno, si consiglia di rivestire le pareti a contatto con il fungo. La scelta di materiali non troppo resistenti è consigliabile perché facilita l’estrazione del mattone.
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Step 2: illustrazione processo produttivo.
Terzo step _ L’essiccazione Gli elementi necessari sono: § Il cassero con il mattone; § Forno in grado di raggiungere una temperatura di almeno 100°C; § Ripiano metallico; § Seghetto metallico. Si rimuove il mattone umido dal cassero. Quest’operazione deve essere fatta con molta cautela per evitare di danneggiare la forma del prodotto ottenuto, perché il mattone, in questo stadio, presenta una consistenza gommosa e quindi facilmente deformabile. Talvolta è necessario tagliare le pareti esterne del polistirolo con un seghetto di precisione per facilitare lo sfilamento. 52
MYCELIUM BRICK _ PRODUZIONE E SPERIMENTAZIONE
L’elemento estratto è bianco candido con sfumature, tendenti al marrone, dovute alla presenza riconoscibile delle schegge di legno. La faccia superficiale esposta all’aria è irregolare e presenta visibili segni di condensa, diversamente dagli altri cinque lati, più regolari e meno umidi. Ciò si deve alla presenza maggiore di micelio, riscontrabile nello spesso strato di chitina depositatasi oltre la massa lignea. Il peso complessivo del singolo blocco è di circa 250 g, peso dovuto in gran parte alla cospicua percentuale di acqua. Test meccanici hanno dimostrato che le molecole d’acqua peggiorano le prestazioni fisiche del materiale e per questo si procede a una cottura in forno a 100°C per circa tre ore: il processo causa una diminuzione del 35% del peso in seguito all’evaporazione d’acqua presente all’interno delle celle del provino. Ora il prodotto appare più leggero, rigido e giallastro. Interessante il fatto che le superfici esterne del mattone durante la cottura non presentino tangibile aumento di temperatura.
Step 3: illustrazione processo produttivo.
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Prova a compressione su un campione di materiale eseguita in laboratorio. 54
MYCELIUM BRICK _ PRODUZIONE E SPERIMENTAZIONE
I test sul materiale Su tali campioni sono stati svolti degli esperimenti, alcuni semplicemente qualitativi, altri utilizzando macchinari professionali offerti dal Laboratorio di Strutture del Politecnico di Milano, sede di Milano Leonardo. Tabella 2. Caratteristiche fisiche del materiale sottoposto ai test.
Test di compressione Il provino è sottoposto a compressione attraverso l’uso di un macchinario dell’Instrom™ in grado di registrare, oltre alla forza applicata, l’abbassamento dimensionale. Il primo range di dati è raccolto imponendo al campione un abbassamento di 0,1 mm/s e trascrivendo il dato riguardante la forza, esercitata dalla macchina, ogni 0,5 mm. Una volta raggiunto l’abbassamento di 2 mm, esercitando una forza di 566 N, si procede a una fase di scarico costante con rilevamento dati ogni 0,5 mm: quando la forza applicata è pari a 0 N, si rileva un abbassamento residuo di 15 mm. Ciò è dovuto al compattamento del materiale, in altre parole all’avvicinarsi delle fibre legnose immerse nel micelio. Interessante il fatto che non si rileva nessun tipo di rottura nel blocco, ma solamente un abbassamento con conseguente aumento di densità. Si esercita, poi, una seconda fase di compressione, sempre registrando dati ogni 0,5 mm: con una forza di 1950 N si raggiunge un abbassamento di 40 mm e, una volta scaricato in modo rapido, si ottiene un innalzamento del materiale di 6 mm con conseguente variazione dimensionale residua di 34 mm. Ancora una volta si rileva, considerando la mancanza di corsi di rottura, una compressione delle fibre e aumento di densità; quest’andamento è parzialmente contrastato da un rilassamento spontaneo del materiale, una volta che non vi sono più forze applicate. Tale comportamento avvicina il Mycelium Brick ai più comuni materiali plastici con natura gommosa.
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Si procede con la compressione alla ricerca del punto di rottura. Con una forza applicata di 6605 N si rileva un abbassamento di 60 mm, con parziale delle pareti esterne. Qualcosa di più anomalo si riscontra a 70 mm di spostamento e 15040 N di forza esercitata sulla faccia superiore del mattone: in questa situazione si nota che le pareti laterali del blocco, quelle soggette a schiacciamento, si sfaldano lungo un piano di rottura parallelo a quello di posa, disperdendo schegge di legno tutt’intorno. Non è rilevato nessun tipo d’innalzamento dovuto al rilassamento delle fibre. A questo punto l’esperimento può considerarsi terminato. Questa rottura avviene nel momento in cui le ife non riescono più a frapporsi tra le parti lignee causandone l’inevitabile disgregamento: in questo stadio si scinde il legame del composto, che presenta ora micelio e schegge di legno separate. I dati raccolti suggeriscono due principali riflessioni. In primo luogo il fenomeno di rilassamento delle fibre conferisce al materiale l’interessante caratterista di elasticità, soprattutto se le forze applicate non sono eccessivamente alte: è come se il mattone fosse in grado di assorbire le forze. In secondo luogo si rileva un sostanziale irrigidimento e una maggiore resistenza a compressione dovuta all’avvicinarsi delle fibre e quindi al conseguente aumento di densità. Ciò è riscontrabile osservando i dati raccolti: se, in fase iniziale, uno spostamento di 20 mm equivale a una forza di 566 N, al termine è possibile raggiungere un abbassamento di un solo centimetro impiegando una forza di 8435 N.
Test di imbibilità Un altro provino è stato utilizzato per condurre test d’imbibilità, ai fini di verificare il comportamento delle cellule a contatto prolungato con l’acqua. Il primo test è condotto sottoponendo un campione del materiale a una quantità esigua di acqua gettata a spruzzo sulle facce esterne. In questo caso il mattone si può considerare quasi idrorepellente poiché lo strato di chitina superficiale non permette il passaggio dell’acqua. Le molecole si depositano nelle cavità del profilo irregolare del campione. Un’analisi a microscopio potrebbe testimoniare che parte dell’acqua sia assorbita dal 56
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prodotto, ma, considerata l’esigua quantità, si suppone che essa comporti un peggioramento delle caratteristiche fisiche trascurabile. Il secondo esperimento, a tal proposito, è compiuto adagiando un tester in un recipiente, contenente 10 litri d’acqua. Come ci si aspettava in seguito al calcolo del peso specifico, il campione galleggia. Rimasto in acqua per una settimana, il mattone non è affondato e per questo si è stabilito di estrarlo per compiere una serie di valutazioni. La superficie immersa in acqua presenta un deterioramento della membrana esterna a base di chitina. Ciò ha permesso un parziale assorbimento d’acqua con relativo aumento di peso: in questo caso non si possono considerare ininfluenti le modifiche prestazionali, poiché, come, si è già posto l’accento, l’acqua indebolisce i legami tra micelio e substrato. Un successivo asciugamento naturale ha riportato il campione al suo peso originario, nonostante si rilevasse una perdita di chitina nella porzione a contatto con l’acqua. In questo caso non è possibile affermare che il materiale, seppur sufficientemente resistente all’acqua, sia totalmente idrorepellente.
Test di infiammabilità La terza valutazione sperimentale condotta è mirata a valutare il comportamento del micelio se sottoposto a fiamme libere. L’esperimento è stato condotto costruendo un’impalcatura lignea sulla quale è appoggiato il campione. Il legno è stato utilizzato perché materiale affine a quello che compone il mattone, in modo da non inserire altre contaminazioni: in caso si fosse utilizzata una struttura di acciaio, si sarebbero potuti formare dei punti con maggiore temperatura. La fiamma di una candela è direzionata sul provino con un getto spray altamente infiammabile. La fonte di calore è esercitata finché la superficie esterna del campione non si è totalmente annerita. È possibile rimuovere il tester dall’impalcatura poiché il materiale non ha preso fuoco, presentando solamente il suddetto annerimento. A questo punto il mattone è lasciato a riposo a contatto con l’aria: in questa 57
fase si rileva un progressivo incenerimento con conseguente emissione di fumo. Questo ha portato a un completo disgregamento e consumo di materia come se il campione avesse un’autocombustione interna.L’elemento con maggiore rilevanza è che questo processo di autocombustione sia avvenuto in un arco di circa un’ora.
Test di lavorabilità: tagliabilità, limabilità e avvitabilità I test di lavorabilità sono utili per comprendere il comportamento del materiale nel momento in cui è modificato per adattarlo alle singole necessità. Per quanto riguarda la tagliabilità, il campione risulta facilmente sezionabile con l’uso di un semplice seghetto manuale. Si riscontra la frammentazione del tessuto in corrispondenza della superficie di taglio: porzioni di materiale ligneo si disperdono staccandosi dal collante fungino. Sottoponendo, invece, il tester all’azione di una levigatrice elettrica si verificano due fasi distinte. In primo luogo il materiale perde lo strato superficiale di chitina senza presentare gravi danni, ma, una volta che esso è completamente eroso, si verifica lo smembramento delle parti sottostanti. Infine sono state eseguite delle prove di avvitabilità inserendo delle viti all’interno di un campione. Si è verificato che il materiale è facilmente perforabile: una vite (4,5x40mm) è inserita con un avvitatore manuale senza trovare difficoltà particolare. Tuttavia la resistenza del vincolo non si è rivelata molto elevate. Un peso da 1 kg legato all’estremità della vite non estrae dal provino l’aggancio se si applica una forza pari alla sola forza di gravità (10 N). In tal modo il campione è in grado di resistere fino ad una forza di 20 N, poichè con sollecitazioni maggiori si verifica il distaccamento della vite dal materiale. Successivamente si applica un peso di 1 kg e lo si lascia cadere da un altezza di 30 cm: l’energia potenziale di appena 3 J, con corrispettiva energia cinetica massima di 2,75 J, sono sufficienti per provocare la rottura del legame.
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MYCELIUM BRICK _ PRODUZIONE E SPERIMENTAZIONE
La seconda catena di produzione ha due scopi differenti. Innanzitutto ha la volontà di confrontare i test ottenuti in precedenza con quelli su campioni ottenuti da un impasto diverso. In seguito si vuole dimostrare che il ciclo di produzione è un processo semplice e facilmente replicabile con materie prime di facile reperimento. La base fungina e vegetale utilizzata è il micelio della specie Prataiolo – Agaricus Campestris - mescolato a numerosi altri ingredienti: fieno naturale essiccato, carote disidratate, nutrimento secco per gatti a base vegetale, farina, agar-agar. Questi elementi servono per nutrire il micelio. I passaggi produttivi seguiti sono gli stessi della precedente catena. Tuttavia, una volta incassata, la miscela non ha prodotto il risultato sperato: il micelio non è in grado di costruire il proprio network d’ife attraverso il substrato vegetale. Nonostante l’esperimento non abbia condotto a un esito positivo costituisce un’importante opportunità per studiare il processo di produzione, analizzando i motivi del fallimento. La prima serie di considerazioni riguarda la scelta delle materie prime utilizzate. È possibile che questo prodotto non possa essere ottenuto inoculando una qualsiasi specie micologica all’interno di una qualsiasi specie vegetale. Bisogna considerare la possibilità che sia importante la combinazione fungo e nutrimento, poiché anche in natura, avviene che le specie fungine richiedano determinate fonti nutrienti. La seconda riflessione riguarda le condizioni ambientali di crescita. È possibile che fra la prima e la seconda catena vi siano state delle variazioni di luce, temperatura e umidità, poiché gli esperimenti sono stati condotti in momenti temporali diversi, sufficientemente distanti fra loro, da supporre una variazione di condizioni. Queste analisi rilevano la necessità di aumentare gli impasti con cui produrre il mattone, in modo da trovare la combinazione micelio-nutrimento più adatta, e di lavorare in un ambiente controllato a condizioni ambientali stabili. Un lavoro di questo tipo permetterà di ottenere sia gli impasti migliori, sia il ciclo di produzione ottimale per mattoni specifici per ogni necessità. 59
6.
ARCHITETTURA IN MICELIO Le applicazioni pratiche L’esplorazione ingegneristica e architettonica sui materiali micologici è ancora agli inizi e perciò, le ricerche condotte sulle loro proprietà meccaniche, sono molto limitate. In origine il materiale è stato utilizzato principalmente come oggetto d’arte. L’arte, infatti, non dovendosi misurare con problemi d’uso è il terreno più fertile per una sperimentazione iniziale poiché permette di esprimere qualsiasi prodotto mentale. È il caso di numerose installazioni, realizzate in buona parte da artisti in collaborazione con Ecovative™: Catalin, realizzata per la mostra The Austin Contemporary in Texas, un muro ricoperto da 500 pannelli diversi tra loro; Biodesign, una sezione di una parete esposta a Rotterdam presso l’Het Niewe Instituut; The Accelerated Ruin, commissionata dalla Brooklyn Accademy of Music di New York, una scultura, realizzata dell’artista Timothy Hull e dallo studio Future Expansion Architets, con telaio in alluminio ricoperto da pannelli in micelio. Questa realizzazione si decomporrà nell’arco di un anno. Infine si può affermare che la Mycotectural Alpha, realizzata da professor P. G. Ross ed esposta alla Kunsthalle di Düsseldorf, sia il primo tentativo di applicare il materiale a scopi architettonici: tuttavia si tenga presente che questa installazione, seppur rievochi le forme di un’abitazione primitiva, rimane, pur sempre, nel campo dell’arte poiché non è abitabile.
Mycotectural Alpha, Philipp Ross, Kunsthalle, Dusseldorf, Germania Biodesign, Het Niewe Instituut, Rotterdam, Paesi Bassi. 61
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ARCHITETTURA IN MICELIO _ LE APPLICAZIONI PRATICHE
Il passaggio tra arte e architettura è già in atto, con veri e proprio progetti, considerabili come trampolini di lancio per l’architettura in micelio. 20. www.thelivingnewyork.com
Il caso studio più affascinante è Hy-Fi, padiglione temporaneo realizzato dal gruppo The Living ed esposto nel cortile esterno del Museum of Modern Art di New York.20 Il progetto ha vinto la quindicesima edizione del concorso The Young Architets Program bandito nel 2014. L’edificio si compone di una torre circolare, tripartita in sommità, costruita con il mattone organico a base micologica, in alcuni casi ricoperto da un materiale riflettente che dona un particolare aspetto luministico. Usando un metodo pioneristico di bio-design, la struttura integra tecnologie biologiche, assemblate con software ingegneristici d’avanguardia. L’elevata altezza è resa possibile dalla leggerezza del blocco che limita la sollecitazione a compressione e, in modo analogo, si evita un’eccessiva sollecitazione a trazione, vero punto debole del materiale, scegliendo un design tale da non avere punti angolari. Il consolidamento dei blocchi è realizzato con una malta, anch’essa organica, e con costoloni in legno, necessari per individuare le aperture. L’istallazione realizzata prelevando scarti agricoli da fattorie locali, al termine dell’evento è stata smantellata e in sessanta giorni i materiali della demolizione sono stati restituiti alla terra, al posto di finire in una discarica a cielo aperto.
Nella pagina precedente. A sx: Hy-Fi, The Living Architets, MoMA, New York, USA. A dx: Hy-Fi, The Living Architets, esploso assonometrico. Schema ciclo di produzione eco-sostenibile. 63
L’interesse è accresciuto a tal punto che, oggi, sono in attesa di brevetto diversi tipi di prodotti biodegradabili in sostituzione di elementi equivalenti realizzati con materiali inquinanti. Il micelio è oggigiorno messo in vendita sul mercato come prodotto per l’imballaggio di oggetti, isolamento termico, pannelli strutturali isolanti, e mattonelle con isolamento acustico. Si sta anche esplorando la possibilità di usarlo per creare un materiale composito con fibre di carbonio o di vetro. Alcune di queste applicazioni evitano l’uso di materiali adesivi, preferendo la tipologia a incastro, anche perché il micelio si lega naturalmente alla sua fonte di cibo. Scarti agricoli sono la principale fonte di nutrimento utilizzato e il materiale che ne risulta può poi essere compostato.
Holt, una delle figure principali che ha contribuito nella ricerca fin ora, ha studiato il processo e le proprietà del materiale, usando come cibo il carpello del cotone (una parte di scarto nelle piantagioni di cotone), insieme a piccole porzioni di gusci dei semi, amido e gesso. Le sue ricerche mettono a paragone differenti metodi di crescita, usando sei diverse misure di campione del carpello, da 0.1 a 51 mm, e due metodi per l’inoculazione, uno attraverso un liquido e l’altra attraverso un substrato solido. 21
21. S. Travaglini, J. Noble, P. Ross, C. Dharan, Mycology matrix composites, XVIII conferenza tecnica, 2013.
Ha scoperto che il substrato liquido era più facile da utilizzare e si distribuiva in modo più uniforme. La miscela di materia prima è scaldata per essere sterilizzata, inoculata, pressata in uno stampo e sigillata per creare un ambiente uniforme. La crescita del micelio avviene in un arco di cinque giorni a temperatura ambiente, in seguito alla quale il materiale è cotto per arrestarne la crescita. Gli studi hanno misurato il rimpicciolimento, la densità, la resistenza a flessione, modulo elastico, resistenza a compressione, invecchiamento, l’imbibilità, conduttività termica e resistenza al fuoco, usando le norme dell’American Society of Testing Materials (ASTM).
Custodia d’imballaggio in micelio prodotta dalla Ecovative per bottiglie. Pannello sandwich con riempimento in micelio prodotto dalla Mycoworks. 64
ARCHITETTURA IN MICELIO _ LE APPLICAZIONI PRATICHE
La conclusione dimostra che il micelio rappresenta una valida possibilità per sostituire le schiume di polistirene. Per l’architettura sono già stati ideati dei prodotti come pannelli acustici, in misure standard o personalizzate. In alternativa sono disponibili anche pannelli strutturali isolanti, apprezzati da molti designer e costruttori per il facile montaggio e le elevate prestazioni: è ottenibile componendo il Mycelium brick con dei pannelli lignei, fusi in modo tale da ottenere dei pannelli sandwich. Ciò servirebbe nei rivestimenti esterni per mantenere il livello di umidità del materiale basso, poiché il pannello di rinforzo contribuisce a mantenere costante l’umidità insieme allo strato di chitina che si forma nella porzione più esterna del mattone. Per quanto riguarda la questione dei leganti, si tenga presente che, prima di essere denaturalizzato con il calore, singoli blocchi di micelio possono essere combinati per produrre un unico blocco. Complesse figure 3D possono essere create combinando diversi blocchi di micelio presi nella loro fase di crescita, producendo costruzioni di sezione variabile e rinforzi senza la necessità di tagliare o produrre scarti. Ciò avviene perché nel mettere i blocchi in modo che vi sia contatto fisico, la pelle è assorbita nella struttura globale, creando un blocco singolo. Ciò ha molteplici possibilità di applicazione perché i blocchi possono esser combinati per produrre qualsiasi tipo di forma richiesta. Sarebbe anche possibile utilizzare una malta come legante, soprattutto se si utilizza il Mycelium Brick come se fosse un mattone al pari di quelli realizzati con materiali tradizionali. Tuttavia è consigliabile scegliere leganti con base organica – per esempio la caseina - per non perdere il concetto di biodegradabilità nella costruzione.
Mattoni ad incastro in micelio della Mycoworks. Prodotti vari in micelio. 65
Il composto in micelio può anche essere impiegato come pannello isolante per esterni, volgarmente chiamato cappotto. Se ciò non bastasse a spiegare le enormi possibilità dei prodotti in questione, si può scommettere sull’attendibilità dei risultati giacché si è in attesa di un brevetto ufficiale che porrà legalmente il Mycelium Brick e derivati al livello dei più tradizionali materiali edili. Lo scetticismo pubblico risiede nel fatto che si dubita sulla salubrità di vivere in un ambiente circondato da funghi. Questo si spiega perché comunemente si associa al fungo un ambiente insalubre e non adatto alla vita umana: test di laboratorio confermano la non pericolosità del micelio per quanto riguarda sia il tatto, sia l’olfatto. L’unica accortezza necessaria è rivestire il materiale, soprattutto se esposto all’aria, con olii essenziali antibatterici completamente naturali, poiché il micelio è un elemento commestibile e, quindi, incorre nel pericolo di attacco da parte di roditori, insetti o altre specie fungine.
Tabella 3. Comparazione delle proprietà dei materiali.
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7.
CONCLUSIONI E SCENARI FUTURI Per riassumere, i compositi naturali di micelio hanno grandi potenzialità per processi di produzione in scala, con poche materie prime e costi di produzione, nessuna emissione di carbonio e la possibilità di essere facilmente combinabili in varie strutture con diversi processi di crescita controllata. Allo stesso tempo, il materiale potrebbe essere migliorato per fornire maggiori prestazioni meccaniche, poiché vanta qualità e proprietà sostenibili che lo rendono un competitor, come materiale da costruzione, leader del panorama futuro. Con investimenti relativamente bassi si potranno raggiungere una moltitudine di nuove combinazioni di materiali possibili, le cui applicazioni spaziano dal mobile di casa al pezzo per l’industria aerospaziale. A oggi, si ritiene che le potenzialità più sorprendenti siano legate al processo produttivo e al fatto che il mattone sia componibile nelle forme più svariate. L’applicazione più scontata è legata alla tecnologia della stampa 3D: essa permette di produrre casseri, anche riutilizzabili, di qualsiasi forma, nei quali sviluppare la miscela micologica. A questo punto sarebbe solo d’attendere che il micelio cresca a sufficienza da aderire alle pareti del contenitore, per poi procedere a una semplice cottura. Tale processo faciliterebbe anche il montaggio delle singole parti in micelio, poiché sarebbe possibile creare casseri maschio-femmina nei quali è già pensato il criterio di montaggio una volta ultimata la produzione. Si potrebbe iniziare una vera e propria produzione di massa, con le potenzialità di riattivare le economie locali. Sarebbe anche possibile, studiando dei metodi di conservazione consoni, ma anche ecosostenibili, pensare a dei kit pronti all’uso per iniettare la schiuma micologica, in sostituzione, ad esempio, delle schiume poliuretaniche autoespandenti, oggi utilizzate, tra le tante cose, per il consolidamento degli stipiti di porte e finestre. Nulla vieta che, in un futuro anche recente, si sia in grado di produrre qualsiasi materiale utilizzando una base micologica: dagli intonaci alle malte, dai blocchi strutturali ai pannelli fono-isolanti e fono-assorbenti. È come se, in un futuro prossimo, fossimo in grado di realizzare interi complessi architettonici stampando elementi in fungo al posto di utilizzare una composizione di più materiali. 69
Teoricamente è possibile, basandosi sulle scoperte scientifiche raggiunte finora, ipotizzare che a breve sarà rilasciato sul mercato un super-mattone, più resistente del calcestruzzo, in grado di resistere alla caduta di una palla da bowling, proteggere un gelato agendo da scudo a fiamme con temperature elevatissime e addirittura galleggiare in acqua. Probabilmente, in qualche laboratorio di tutto il mondo, qualche tenace ricercatore è già in possesso di un brevetto in grado di riportare la casa dell’uomo a una dimensione naturale, alla casa delle origini.
Technologies come true when people make them true. Il progresso scientifico diventa reale quando le persone lo rendono tale. Philip Ross
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BIBLIOGRAFIA Leon Battista Alberti, I libri della famiglia, Einaudi editore, Torino, 1994. AA.VV. Roberto Bologna (a cura di), La reversibilità del costruire, Maggioli editore, Milano. AA.VV. Bianca Botero (a cura di), Progettare e costruire nella complessità, Liguori editore, Napoli, 1993.
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S. Travaglini, J. Noble, Professor P. G. Ross, Professor C. K. H. Dharan, Mycology matrix composites, procedings for the American Society for Composites, ventottesima conferenza tecnica, 2013.
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RINGRAZIAMENTI È doveroso ringraziare, in primis, il professor Gian Luca Brunetti per aver reso possibile questa pubblicazione, soprattutto grazie al suo vivo interesse per un tipo di ricerca che, a molti, può sembrare utopica. I suoi consigli sono stati davvero illuminanti per lo sviluppo del lavoro. Ringraziamo il Laboratorio di Strutture del Politecnico di Milano e, in particolare, Paolo Broglia e Roberto Minerva, perché ci hanno permesso di svolgere i test di compressione e, aspetto non irrilevante, ci hanno consentito di esperire un mondo universitario prima ignoto, ma veramente formativo. Ciò è stato possibile anche grazie all’intervento del professor Claudio Chesi, intervenuto prontamente in nostro aiuto come tramite tra noi e il laboratorio, regalandoci l’occasione di venire a contatto con la sperimentazione di laboratorio, i problemi che comporta ed il tipo di risultati che fornisce. Nulla sarebbe stato possibile senza l’aiuto dell’Ecovative™, che ci ha fornito, oltre al materiale, alcune indispensabili informazioni per studiare un materiale sconosciuto al panorama universitario italiano e, quindi, scarsamente documentato. Infine, ma non di minore importanza, è stato il contributo della ditta milanese Astuccificio Lombardo, che ci ha fornito, negli anni, supporto tecnico per le numerose realizzazioni in legno necessarie allo studio universitario.
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