Dedico questo libro ai veri protagonisti della mia vita: tutti gli animali con cui ho vissuto, per cui ho vissuto, ma anche quelli solo incontrati di sfuggita, così come quelli mai conosciuti, che hanno saputo donarmi un'emozione: so quello che so e sono quello che sono grazie a loro, grazie a quello che mi hanno insegnato, trasmesso e raccontato, in un'intesa che non necessita di troppe parole. Sono profondamente consapevole del fatto che, nel rapporto con gli animali, ho sempre ricevuto molto più di quello che ho dato. L’amore che dai é l’amore che resta.
Associazione Cascina Myriam - Scuola di Etologia Relazionale®
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Myriam Jael Riboldi
Vi racconto Cascina Myriam Storie di animali, Etologia Relazionale e riflessioni sull'empatia
«Non possiamo vincere la battaglia per la salvezza delle specie e degli ambienti senza altresì plasmare un legame emozionale tra noi stessi e la natura, perchè non combatteremo mai per qualcosa che non amiamo» Stephen Jay Gould
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ISBN 979-12-200-2508-9 Copyright 2017 - Myriam Jael Riboldi
Finito di stampare a novembre 2017 Stampa: Studio Colitti Armando S.n.c.
Etologia Relazionale Marchio Registrato Etologicamente Corretto Marchio Registrato www.etologiarelazionale.it
Questo libro è stato scritto a scopo divulgativo per Associazione Cascina Myriam - Scuola di Etologia Relazionale® È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per contenuti riportati o citati si ringraziano collaboratori e rispettivi autori, cui rimane la proprietà intellettuale. Le opinioni espresse nel presente libro non riflettono necessariamente quelle degli autori citati.
Cover by Francesco Marcantoni Foto Copertina Federica Sangaletti
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Premessa
«Le relazioni più autentiche passano attraverso il coinvolgimento emozionale» Myriam Jael
In anni e anni di esperienze tra gli animali ho scritto nei miei diari una grande quantità di storie, appunti disordinati, note etologiche e pensieri liberi. Ho sempre pensato che questo insieme eterogeneo di materiale fosse per lo più composto da pezzi sconnessi di un puzzle che aveva senso solo nella mia mente, fino a quando, rimettendoli insieme con Matteo, mio marito, ho capito che in realtà erano tutti attraversati da un unico e intrecciato filo conduttore: la mia vita con gli animali, fatta di studio, osservazione ed esperienze, il tutto costantemente costellato di intense emozioni. Così mescolando incontri, racconti e ricordi, è nato, giorno dopo giorno, questo libro. Nella mia vita a contatto con gli animali, ogni storia, ogni relazione, ogni contatto, ogni scoperta lascia un segno e tutto si muove sempre su alcune fondamentali direttrici che sono le basi dell’approccio dell’Etologia Relazionale®: l’autenticità, il rispetto, il valore del momento, l’ascolto empatico, la curiosità, lo scambio energetico, la conoscenza etologica, il coinvolgimento emozionale, la fiducia reciproca, il riconoscimento dell'unicità, della soggettività, il superamento dei propri box mentali ed infine, assolutamente cruciale, la volontà di governare le proprie aspettative verso gli animali. Ad un certo punto del mio viaggio, sono riuscita a dare un nome ad un sentimento che mi tiene strettamente collegata al mondo naturale: empatia. Intorno a questo concetto sono cresciuta, ho imparato a conoscerlo attraverso lo studio e l'esperienza, e solo
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successivamente, ho provato a spiegarne la mia visione anche agli altri. Descriverò più avanti cosa intendo con "empatia", ma vorrei anticipare una riflessione che, per me, è particolarmente rilevante: l'empatia ci permette di penetrare e accogliere, quindi in pratica di connetterci con il mondo interiore dell'altro. In quest'ottica possiamo continuamente lavorare per sviluppare quest’abilità innata, trasformandola in un potente strumento di costruzione di noi stessi e di conoscenza degli altri soggetti con cui interagiamo e ci relazioniamo. Attraverso i complessi percorsi dell’empatia possiamo diventare persone più consapevoli e responsabili nei confronti degli altri animali (umani e non). Questa, a mio avviso, è una potente chiave di cambiamento per cercare di migliorarsi. Ho riunito una parte selezionata dei miei appunti e osservazioni in questa variegata antologia che, nella sua discontinuità formale e stilistica, forse rappresenta meglio di qualsiasi altra cosa i miei anni di avventure, disavventure e riflessioni, divisi, come il testo, tra l'esperienza pura e lo studio teorico. Una parte importante di ciò che vorrei trasmettere con questo libro è ben spiegata da Marc Bekoff: «Nel delineare una rappresentazione degli animali come esseri con ricche vite cognitive, emotive e sociali, invitiamo a riconsiderare seriamente l’utilizzo cui essi vengono destinati». Oggi mi ritengo ideologicamente schierata contro ogni forma di sfruttamento degli animali (dall'alimentazione, all'intrattenimento, alle pellicce, ecc.), ma non è volontà di questo testo proporre me stessa, la mia storia od il mio comportamento in qualità di esempi coerenti a questa ideologia, che non è stata la scintilla del mio percorso, ma la sua conclusione. La mia volontà di vivere con gli animali è stata costellata di progetti ben riusciti, così come di contraddizioni ed errori grandi e piccoli. Nonostante anni di profondo lavoro su me stessa, a volte l'egoismo ha vinto sulla consapevolezza, l'impulsività sul buon senso, alcune delle scelte che ho fatto non le rifarei più (nonostante mi siano sembrate giuste nel momento in cui le portavo avanti) e nell'insieme, come tutti penso, ho inseguito un'ideale di coerenza senza mai davvero raggiungerlo. Ho sempre camminato su un sentiero mio - secondo alcuni forse non abbastanza animalista per godere della simpatia
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dell'animalismo (dovrei dire "di tutti gli animalismi"), e comunque mai abbastanza svincolata dalle ideologie per godere dell'appoggio di contesti scientifici accademici - e sono cresciuta, grazie ai passi falsi, grazie allo studio, all'esperienza e soprattutto grazie ai compagni di ventura pennuti, pelosi, aculeati, squamati, che ho avuto la fortuna di avere al mio fianco.
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Parte I
«Le cose più belle della vita non sono cose». Art Buchwald
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Gli animali di Cascina Myriam
«Quando un essere umano tratta un individuo non umano come un oggetto, anziché come un essere con una propria soggettività, è l'umano e non l'altro animale a rinunciare a se stesso» Barbara Smuts
La sfera relazionale è piena di sorprese incredibili e di esperienze ancora inesplorate, perciò siate sempre curiosi, aperti ed attenti ad ascoltare la soggettività di ogni singolo animale. Troppo spesso sottolineiamo a priori cosa non può fare un animale, senza aver mai sperimentato il contrario: si dice "è solo una capra..." o "è solo una gallina..." e così via. Abbiamo eletto a nostri compagni di vita cani e gatti, approfondendo nei millenni il nostro legame emotivo con loro e abbiamo dato per scontato che siano gli unici animali capaci di relazionarsi con noi e forse gli unici capaci di una vita emotiva o di una mente. Ma la verità é che ci siamo chiusi: appagati dagli straordinari feedback di questi meravigliosi mammiferi, ci siamo dimenticati di indagare se altre specie potessero esprimere legami, vite emotive, potenziali relazionali e cognitivi comparabili (magari diversi ma non per questo inferiori). Li abbiamo ignorati, condannandoli al destino di essere semplicemente 'utili', cioè sfruttabili. Dare a noi stessi un'opportunità di conoscenza profonda e di cambiamento di prospettiva verso gli animali che ci circondano, soprattutto con quelle specie che consideriamo esclusivamente in un'ottica produttiva e utilitaristica, significa re-imparare a considerare ogni animale prima di tutto come un individuo, libero, capace di creare, di imparare, di sentire, di stabilire legami, relazioni o addirittura 'politiche', di superare le barriere comunicative, di essere dotato di un mondo interiore ed interessato e stimolato ad esplorare più dei propri bisogni basilari per la sopravvivenza.
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Scoprire, sperimentando in prima persona, che cosa ci siamo persi a causa di millenni di box mentali, imposti da una storia culturale chiusa alla considerazione delle specie in senso paritario, è una rivoluzione in grado di cambiare ogni volta, ogni giorno, ogni vita.
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Sesamino, il papero pinguino
«Comprendere il modo in cui gli animali percepiscono il mondo, è l'inizio di un viaggio bellissimo» Myriam Jael
Curioso forse, ma una delle storie che mi ha segnato di più è anche una delle mie ultime esperienze (ancora felicemente in corso). Sesamo, detto Sesamino, è un perfetto esemplare di anatra corritrice. È nato in casa, in una mattina di aprile di un paio di anni fa. Le uova dentro l'incubatrice erano quattro, ma solo tre avevano cominciato a mostrare una minuscola frattura sul guscio, proprio la sera prima. Mi ero svegliata all'alba ed ero andata a spiare come procedeva la schiusa. Sia in natura, quando sono sotto la loro mamma anatra, sia quando accade in incubatrice, questa fase é la più delicata, un po' come il decollo e l'atterraggio di un aereo. Anche Matteo era ansioso, anche se cercava di non darlo a vedere. Di lì a poche ore sarebbero successe un sacco di cose, ma prima di proseguire, voglio raccontarvi un po’ della magnifica invenzione della natura chiamata: uovo! L'uovo degli animali ovipari é uno straordinario strumento strategico che consente all'embrione di terminare il proprio sviluppo al di fuori del corpo della madre, a differenza di quello accade nei mammiferi, che sono vivipari (con l'eccezione dei monotremi, cioè ornitorinchi ed echidne, gli unici mammiferi a deporre uova). La deposizione di uova é un carattere ereditato da antenati estinti ed il motivo più ragionevole per la sua conservazione negli uccelli risiede nel volo. Se gli embrioni si sviluppassero all'interno del corpo della femmina, il loro peso costituirebbe in breve un grande ostacolo alla sua abilità di volare. Le uova sono una strategia di sviluppo che oggi è tuttavia mantenuta anche negli uccelli terricoli come Sfeniscidi (pinguini) e Ratiti (struzzi, emù, kiwi, nandù, casuari).
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Una delle caratteristiche peculiari dell'uovo di uccello è il suo guscio rigido. Costituito di materiale calcareo, é abbastanza poroso da consentire all'embrione di cedere l'anidride carbonica, assorbire l'ossigeno e regolare lo scambio di umidità, cioè in pratica di respirare, ma abbastanza compatto da inibire l'ingresso della maggior parte degli agenti patogeni. Il guscio é sufficientemente rigido da proteggere l'embrione dagli urti, dal peso dei genitori che lo covano e da buona parte dei parassiti e predatori. L’uovo deve però essere anche abbastanza fragile da poter essere rotto dal pulcino al momento della schiusa! Gli uccelli sono animali endotermi ('a sangue caldo') ma, nelle fasi di sviluppo embrionale, non sono autosufficienti rispetto alla propria termoregolazione, di conseguenza le uova necessitano del calore corporeo dei genitori per far sì che la traspirazione del guscio non abbassi la temperatura del suo piccolo ospite al di sotto delle sue necessità vitali. Solitamente gli uccelli costruiscono dei nidi per avere un luogo abbastanza sicuro in cui deporre e poi covare le proprie uova. La varietà di nidi offerti dagli uccelli è veramente una delle magnifiche dimostrazioni di biodiversità che ci offre la natura. Ci sono uccelli che semplicemente scavano un leggero avvallamento nel terreno, ci sono nidi a picco sulle scogliere, ci sono nidi sotterranei, nidi nelle cavità dei tronchi d'albero, nidi fatti di piccoli sassi ammonticchiati, nidi fatti con ragnatele di ragno rubate, nidi di fango, nidi di 'saliva', erbe, rametti, muschi, nidi sospesi tra le biforcazioni di grandi rami, nidi fatti con foglie e poi ci sono le complesse strutture architettoniche di erbe intrecciate sospese dai rami degli alberi degli uccelli tessitori africani. La forma del nido é fortemente correlata alle necessità dei nidicoli: uccelli come le oche, gli struzzi, le galline e le anatre, in cui i pulcini nascono ben sviluppati e in grado di lasciare il nido quasi subito dopo la schiusa (specie precoci), non necessitano di nidi particolarmente strutturati e protettivi, al contrario di quelle specie in cui i pulli nascono inermi e totalmente dipendenti (specie altriciali), come ad esempio i pappagalli, i passeriformi o i rapaci. I genitori rimangono comunque sempre molto vicini ai pulcini che spesso non sono in grado di regolare la propria temperatura da soli e proteggersi da pericoli ed intemperie. Generalmente in caso di
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pericolo i genitori lanciano un richiamo di allerta e i piccoli accorrono a proteggersi sotto le ali dell'adulto. In questi aspetti é fondamentale rilevare l'importanza del legame che si crea, dal momento della cova a quello delle schiusa, tra genitori, pulcini e nidi. Durante la fase in cui i pulli restano nel nido, sono i genitori ad aiutarli a nutrirsi. Alcuni sono nutriti con piccoli bocconi di carne strappati dalla preda, oppure rigurgitati dal genitore; altri imboccati con piccole prede intere; i più indipendenti si limitano a beccare gli alimenti indicati dal genitore; altri ancora, i colombi ad esempio, vengono imbeccati con un alimento fluido secreto dalle cellule del gozzo (la cosa più vicina all'allattamento che si possa trovare negli uccelli). Ma torniamo alla nascita di Sesamo e dei suoi fratelli. Nella nostra storia, visto che le uova erano di anatra, tutto era cominciato 28 giorni prima. Imitando il diligente comportamento di mamma anatra che le ruota con il becco sotto il suo addome, per riscaldarne in modo uniforme tutta la superficie, le uova nella nostra piccola incubatrice dovevano essere girate mattina e sera. Quando vengono incubate uova di specie acquatiche é necessario, per una volta al giorno, lasciarle alcuni minuti fuori dall'incubatrice, inumidirle e quindi riporle nuovamente al caldo: anche questo serve ad imitare l'anatra che, durante il giorno, lascia il nido per alcuni minuti e va in acqua per il foraggiamento, cosicché tornando al nido, il suo piumaggio umido idrata le uova. Attraverso l'incubazione artificiale è possibile mantenere temperatura e umidità a livelli adeguati e costanti per un tempo sufficiente a portare a termine la crescita dell'embrione. La cova é un periodo stressante per i genitori uccelli, oltre che particolarmente pericoloso: il periodo in cui un uccello cova richiede una continua vigilanza contro gli attacchi dei predatori, in particolare nel caso dei nidi a terra, dove si è più esposti ai rischi. Il metabolismo degli uccelli inoltre cambia per adeguarsi a questo difficile compito: ad esempio la temperatura interna degli uccelli sale e spesso accade che perdano spontaneamente le piume e le penne del petto (oppure in alcuni casi che se le strappino volontariamente), così da esporre le aree di pelle altamente irrorate, e quindi particolarmente calde, proprio nella zona che entrerà in contatto con le uova. Questa deplumazione localizzata e
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funzionale è detta "chiazza da covata". Inoltre le piume in molte specie sono utilizzate come materiale per ricoprire l'interno del nido. Non è quindi un caso che in molti uccelli il compito della cova sia condiviso fra maschi e femmine che si alternano sul nido, proprio per condividere lo sforzo necessario. Quando si avvicina il momento della schiusa bisogna avere la pazienza di aspettare e combattere duramente con l'istinto di aprire il coperchio dell'incubatrice, per aiutare i piccoli che stanno lottando per uscire dal guscio. Il motivo per cui é essenziale non interferire é che aprendo il coperchio si modifica l'umidità interna che invece deve rimanere stabile in questa fase, inoltre lo sforzo per rompere il guscio é una parte importante dello sviluppo del pulcino e lasciarlo fare é in assoluto la cosa migliore e più naturale. Quando i pulcini sono pronti per uscire lo comunicano con delicati schiocchi e pigolii che in effetti dalla sera prima della schiusa, Matteo ed io, avevamo sentito avvicinando l'orecchio all'incubatrice. Avevamo prontamente risposto, sia con le nostre buffe imitazioni dei versi dell'anatra, sia con la riproduzione ad alto volume di video di vere anatre. Konrad Lorenz, a questo proposito, scrisse: "...rivolgendosi all'uovo con una corrispondenza sonora, il pulcino risponde con un verso di contatto vocale da prima bisillabo e in seguito polisillabo. Se dopo il raffreddamento l'uovo viene riscaldato si ode il gorgheggio del verso del sonno". Il pulcino emette fino a tre tipologie di suoni prima che il guscio si rompa. Tecnicamente questo accade proprio quando sta per avvicinarsi il momento della schiusa ed é il segnale che indica che il pulcino ha forato con il becco la camera d'aria che si trova fra il guscio e la membrana interna (nella parte inferiore dell'uovo), e che sta respirando per la prima volta. In etologia si fa spesso riferimento a molte altre specie in cui i pulcini emettono schiocchi e pigolii mentre sono ancora nell'uovo, e sembra che la loro funzione possa essere duplice: da una parte, si avvia una comunicazione tra genitori e pulcino; dall'altra, i versi permettono la coordinazione della schiusa di tutte le uova, pressoché nello stesso giorno. Il numero di schiocchi in un minuto indica ai pulcini che sono vicini, se è necessario rallentare il ritmo di schiusa oppure se devono velocizzarlo. L'obiettivo della
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coordinazione è permettere alla madre e ai pulcini di allontanarsi dal nido e cominciare a cercare il cibo tutti insieme. Quando si avvertono i primi suoni provenienti dal pulcino e si inizia a veder chiaramente la frattura sul guscio, si sarebbe tentati di pensare che la fase di schiusa sia praticamente completata. In realtà non é proprio così e può passare un giorno intero prima che il pulcino riesca ad uscirne completamente! In questa fase, il sacco vitellino (cioè la membrana che avvolge il tuorlo, principale fonte di nutrimento per l'embrione) é posizionato davanti al ventre del pulcino ed è da questo momento che inizia il delicato processo che porterà il pulcino a staccarsi da esso nel modo corretto. Di notte i pulcini generalmente interrompono il lavoro di uscita dall'uovo per dormire, perciò non c'è da sorprendersi se l'intero processo impiega così tanto tempo: l'unica cosa da fare é aspettare. Partiamo dal presupposto che uscire dall'uovo non é facile. Il becco é ancora fragile e comunque non abbastanza forte per poter fungere da 'martello' (oltre al fatto che il pulcino nell'uovo non avrebbe lo spazio necessario per arretrare con il collo ed effettuare il movimento percussivo necessario). In questa fase il pulcino sfrutta una particolare struttura che ha sulla punta del becco, chiamata diamante o dente dell'uovo: una minuscola sporgenza che ha la forma di un piccolo dentino (tratto condiviso con altri ovipari, tra cui rettili e monotremi), abbastanza dura da rompere il duro guscio dall'interno. Lentamente il pulcino ruota su se stesso e, comprimendo il diamante contro la parete interna dell'uovo, crea una frattura abbastanza grande da far uscire il becco, poi la testa, poi facendo leva con le gambe si libera totalmente del guscio, facendo finalmente la sua comparsa nel mondo 'esterno'. Il diamante, ormai non più utile, scomparirà in breve tempo dal becco. Il piumaggio del piccolo appena uscito sembra bagnato (in realtà le piume sono avvolte in una pellicola che seccando si sbriciola), ma bastano poche ore sotto una lampada riscaldante ed ecco qui un minuscolo anatroccolo in piena forma, batuffoloso e alto la metà di una spanna. Avevo deciso di tentare questa esperienza proprio con le anatre corritrici per via della loro originale struttura fisica e la particolare andatura in posizione eretta che le rende abilissime nella marcia ma pessime nel volo (motivo per cui vengono anche chiamate
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anatre pinguino). Pensai che questa caratteristica mi avrebbe dispensata dalla necessità di ricorrere a strategie anti-fuga come la clausura in voliera o il taglio delle remiganti, permettendo loro una vita grosso modo libera all'interno dei terreni recintati del podere. Mi piaceva inoltre l'idea di vivere con una delle prime razze di anatra domestica allevate dall'uomo: gli animali con una più lunga storia di domesticazione sono solitamente più tolleranti verso l'interazione con l'uomo e per questo meno suscettibili allo stress. Appena dopo la schiusa di Sesamo, seguirono a ruota altri due anatroccoli: Pepe e Cannella. Dare i nomi agli animali che nascono é un'abitudine importante a Cascina Myriam. Il più delle volte si aspetta di intuire la loro personalità e sesso prima di scegliere un nome, ma in questo caso l'attesa della schiusa era stata fin troppo ansiogena e l'usuale pazienza venne meno. La magia e la bellezza di tre anatroccoli che cominciano a reggersi sulle zampe é travolgente, così come é straordinaria, nella mia personale esperienza, la nascita di qualunque cucciolo. Forse quello che più mi coinvolge é il particolare equilibrio tra la grandissima fragilità e la determinazione che questi animali dimostrano. Dopo poche ore di lampada, gli anatroccoli iniziavano già a perlustrare il mondo circostante, correndo verso le nostre voci e le nostre mani. Mentre le ore trascorrevano colme di entusiasmo per ogni piccolo passo in avanti dei piccoli anatroccoli, ci sorprendevamo ad analizzare con attenzione la curiosità con cui i piccoli affrontavano ogni novità inserita nella grande scatola che avevamo allestito come nido. Avevamo creato una zona più calda per dormire e una zona gioco con una vaschetta dai bordi molto bassi per permettergli di bagnarsi i piedi senza raffreddarsi troppo. In verità l'attrazione dei piccoli per l'acqua é straordinariamente presente dalle prime ore di vita, ma fino a circa 2-4 settimane di età il piumaggio degli anatroccoli nati in incubatrice non è impermeabile, qualità che sviluppano comunque maturando. L'impermeabilità all'acqua dipende essenzialmente dalla presenza di una ghiandola sebacea (uropigio) posta sul loro dorso, vicino alla coda. Gli uccelli, e nello specifico le specie acquatiche, sfregano quotidianamente la testa ed il becco su questa ghiandola e poi con movimenti molto caratteristici (bellissimi da osservare perché sembrano quasi un movimento di danza) spargono la sostanza
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oleosa secreta su tutto il piumaggio, rendendolo completamente idrorepellente. In pratica anche se stanno in acqua per ore la loro pelle rimane perfettamente asciutta e calda. Dopo circa due giorni di vita i piccoli anatroccoli erano passati dalla permanenza nella scatola al salotto di casa, assorbendo totalmente la nostra attenzione. Gli altri abitanti sembravano accettare questa nuova situazione senza troppe difficoltà: Wilson e Neo, i due gatti in casa, li ignoravano, mentre Luce, come sempre sembrava essersi presa a cuore la loro protezione, pattugliando la zona con la sua solita solerzia. Certamente la più interessata sembrava essere Chanel, la nostra moffetta. In natura i piccoli anatroccoli sarebbero state prede appetibili per lei, quindi facevamo particolare attenzione a non lasciarla sola con loro. La terza sera qualcosa cominciò a cambiare. Quando vivi in sintonia con gli animali ti basta uno sguardo per cogliere che qualcosa non va. Pepe non stava bene: non mostrava sintomi evidenti di malattia, solo sembrava più debole e meno vivace. Contattammo immediatamente un nostro amico veterinario che ci aiutò, cercando di capire quale fosse il problema. Da quel momento, come spesso accade in questi casi, le cose precipitarono ad una velocità impressionante. Mentre cercavamo di fare delle ipotesi ragionevoli e di intervenire a tentativi, anche Cannella cominciò a peggiorare. Poco meno di un'ora dopo erano morti fra le nostre mani, entrambi. Fu terribile! Fummo travolti dalla loro morte tanto quanto lo eravamo stati dalle loro nascite. Per quanto mi riguarda, sul momento, non riuscii ad applicare quello che spesso insegno ai miei studenti, cioè l'importanza dell'accettazione: non siamo padroni della vita di nessuno e questi incidenti possono capitare. Ero comunque stravolta dal dolore. Inoltre l'ansia di non aver capito cosa fosse capitato, riversava sulla vita di Sesamo ombre terrificanti: non sapevamo se fosse stata una patologia infettiva e quindi se in qualche modo Sesamo potesse essere stato già contagiato. Il tempo sembrava quasi sospeso. Inoltre Sesamo cominciava a reagire male alla perdita dei fratelli. Non era mai stato solo, nemmeno di notte: i tre dormivano sempre uno vicino all'altro. Ora invece nella scatola con Sesamo non c'era più nessuno e lui sembrava sempre più disperato. Se non era a contatto con noi sul divano, oppure con una delle nostre mani nella scatola,
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cominciava ad emettere strazianti versi di richiamo. Il comportamento ci colpì nel profondo soprattutto perché ci rendemmo conto che non smetteva mai: se rimaneva solo urlava senza interruzioni. Riflettemmo inevitabilmente anche sul senso adattativo di questo comportamento: se un anatroccolo in natura resta solo, ad esempio se si perde, non ha alcuna possibilità di farcela. Quindi, anche a fronte del rischio di attrarre un predatore con le proprie 'urla', l'unica chance che gli rimane per tornare con la madre é continuare a chiamare senza sosta. Tentammo alcuni stratagemmi e diversivi per risolvere la situazione ed alleviare lo stress del piccolo. Primo: dormire a turno sul divano tenendo un mano nella scatolanido; Secondo: proporre arricchimenti, nella fattispecie un piccolo peluche a forma di scimpanzé (che Sesamino passava ore intere a perlustrare becchettandolo); Terzo: l'inserimento di uno specchio nel nido, sistemato proprio nel punto in cui sesamo si accucciava per dormire. Sesamo ne fu da subito entusiasta: lo fissava, ci chiacchierava e finiva per addormentarsi con il becco o il corpo contro il suo stesso riflesso. L'immagine allo specchio era un surrogato perfetto. Da un certo punto di vista la cosa era incredibilmente triste, ma Sesamo non si sentiva più solo, si rilassò e cessò i versi disperati di richiamo. Tutto questo accadeva mentre cercavamo disperatamente qualche anatroccolo da crescere insieme a lui. La riflessione era abbastanza ovvia: se Sesamo fosse cresciuto esclusivamente con noi, sarebbe stato poi troppo difficile farlo socializzare con altri conspecifici e la dipendenza da noi due sarebbe stata un limite per la sua vita, oltre che rischiare di assumere derive morbose (un rischio che non volevamo correre). Così ci affannammo a cercare, ma non riuscivamo a trovare nessuno in possesso di uova di anatra appena schiuse o in procinto di schiudere. Dopo innumerevoli tentativi, una luce: un conoscente di conoscenti voleva dar via due piccole 'anatre mute' (che si rivelarono poi essere anatre mulard) di circa venti giorni. Non era certo la soluzione ideale ma era tutto quello che avevamo trovato e ci scapicollammo a prenderle. Ricordo ogni istante di quell'incontro. Sesamo aveva cinque giorni ed era ancora piccolissimo, i due nuovi anatroccoli erano almeno
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quattro volte lui, coperti di piumino giallo. Erano piuttosto spaventati da noi. Non sappiamo bene se fossero cresciuti con mamma anatra oppure nati da incubatrice, ma certamente non dimostravano abitudine alla presenza e al contatto umano. Molto probabilmente erano anatre destinate alla padella: le anatre mulard sono una variante economica alle oche da foie gras e, come le loro più rinomate cugine, sono solitamente destinate a una vita di orrori in allevamento. Viste le dimensioni notevolmente superiori, mentre le portavamo a casa ci chiedevamo se questo primo incontro potesse essere rischioso per il piccolo Sesamino... Quanto ci sbagliavamo! Nel momento in cui presentammo al piccolo i due nuovi arrivati, battezzati Salvia e Rosmarino, rimanemmo senza parole (come spesso accade con gli animali). Sesamo, tutto impettito, a suon di beccatine li mise subito all'angolo, dimostrando da subito il suo carattere forte, battagliero e testardo, che oggi lo caratterizza come adulto. Fu davvero un momento comico. Tutte le nostre preoccupazioni svanirono in un attimo. Faccio ancora fatica a metabolizzare quanto fu veloce il legame che si stabilì fra i tre. Dopo meno di ventiquattro ore erano già inseparabili. Certo Sesamo adorava stare sul divano con me e Matteo, amava perlustrare i nostri vestiti, i nostri capelli, le nostre mani, ma poi quando tornava con i suoi nuovi fratelli sembrava soddisfatto e sereno. Era tornato al suo iniziale equilibrio. Per quanto riguarda la socializzazione delle "mozzarellone" (soprannome dato alle due nuove anatroccole) con noi, non fu mai paragonabile a quella di Sesamo, ma un po' per volta, anche grazie a lui, erano sempre meno spaventate dalla nostra presenza. Con il passare delle settimane l'intero salotto venne dedicato a loro. Stendevamo teli da ogni parte, spesso inutilmente, perché sporcavano davvero dappertutto e così, seduti per terra, ci godevamo i loro giri e i loro buffi comportamenti esplorativi. Sesamo era sempre a capo della fila e dove andava lui, seguivano gli altri due. Ogni volta che mi sedevo per terra, Sesamo mi correva incontro e mi "squacquerava", un simpatico neologismo che usiamo spesso per indicare un comportamento preciso che Lorenz, descrivendo le oche, definiva come rosicchiare: «Nelle oche selvatiche allevate dall'uomo un ruolo particolare è svolto dal rosicchiare le persone
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conosciute. [...] Le giovani oche a volte possono diventare un vero tormento. Sembra impossibile levar loro il vizio di rosicchiare, pena la notevole riduzione dell'affetto». È sempre stato il comportamento esplorativo più importante nell'interazione sociale di Sesamino, sia con noi che con i nuovi anatroccoli e, seguendo l'esperienza del papà dell'etologia moderna, non ci siamo mai sottratti all'affettuoso, ma talvolta anche po' irruento, squacqueramento dell'anatroccolo. Dopo alcune settimane arrivò il giorno della prima uscita all'aperto, con le zampe nell'erba, le penne al sole e i primi avvicinamenti al loro laghetto. Il piumaggio era progressivamente cambiato ed il morbido piumino iniziava a coprirsi di penne bellissime: tutte bianche per Salvia e Rosmarino, marroni e bianche per Sesamino. Questi animali dedicano molto tempo alla pulizia e alla gestione del loro piumaggio, e nulla sembra far loro dimenticare questa impegnativa attività quotidiana (detta preening). L'uscita all'aperto a Cascina Myriam comportava anche l'incontro con nuovi animali, come le galline, la faraona (Fagiolino), nonché il leader assoluto del cortile, Sofocle il pavone, insieme ovviamente a tutti i gatti. Come ci aspettavamo, l'inizio fu titubante e il punto di riferimento per ogni perlustrazione restavamo Matteo ed io, ma giorno dopo giorno le cose migliorarono. La sera riportavamo comunque i tre in casa, dove passavano la notte. Qualche giorno dopo li accompagnammo per la prima volta al laghetto, dove in verità ci aspettavamo di vedere molto più entusiasmo. I tre sembravano disposti e metterci il becco, ma di buttarsi e nuotare non se ne parlava. Sesamo ruppe gli indugi il secondo giorno. Dal primo tuffo fu amore totale. Poco per volta si convinsero anche Salvia e Rosmarino. Naturalmente il nostro laghetto non é grandissimo, ma sufficiente per ritrovarsi in acque relativamente alte e provare l'ebbrezza dell'immersione. Durante i primi giorni mi affacciavo di continuo dalla finestra di casa per controllare la situazione. Non posso dimenticare l'emozione che mi dava Sesamino che, appena sentita la mia voce, mi correva incontro fino alla scala e mi chiamava a gran voce pestando i piedi uno dopo l'altro come un soldatino in marcia sul posto. Cuore di mamma (adottiva)! Allo stesso tempo ero soddisfatta di vederlo trovare il suo equilibrio senza di noi,
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imparando a relazionarsi con flessibilità e competenza incredibili, non solo con i suoi fratellastri, ma anche con tutti gli altri abitanti della cascina. Questa era una delle cose più importanti e finalmente fugava molte delle nostre paure riguardo il futuro dei paperi in cascina. L'insieme di libertà e confidenza che ci dimostravano, ha permesso a me e Matteo di osservarli indisturbati per ore e ore. Fin dall'inizio abbiamo potuto osservare i primi comportamenti tipici e i display collegati alla socialità tra i tre fratellastri e alle interazioni con gli altri animali. La cascina aveva già ospitato altre anatre, ma queste erano le prime a concedersi con tanta naturalezza e improvvisamente i racconti di Lorenz sulla sua esperienza etologica con gli uccelli ci sembravano più chiari e ancora più coinvolgenti di prima. Suonerà fantasioso ai più pensare ad un'anatra che gioca, ma lasciate che vi racconti... Dalla prima volta in cui Sesamo ha finalmente affrontato da solo le 'profonde' acque del nostro laghetto, io sono stata al suo fianco, seduta sul bordo ad osservarlo ed incitarlo. Il mio entusiasmo é sempre stato sincero: ridendo, battendo le mani, chiamandolo festosamente, ho sempre esultato a gran voce per ogni suo tuffo, nuotata o immersione (così come ogni volta che ha imparato qualcosa di nuovo). Forse è un modo che può apparire strano nei confronti di un uccello, ma che caratterizza il mio modo di relazionarmi con gli animali, tutti gli animali. Non so reprimere le mie emozioni in questi contesti e credo che in qualche modo questo arricchisca la mia relazione con loro, aiutandoli a conoscermi meglio, a comprendermi più chiaramente e senza ambiguità, nonostante le barriere interspecifiche. Così nelle nostre sedute al laghetto, penso che Sesamo abbia facilmente cominciato a collegare ciò che faceva con le mie manifestazioni di entusiasmo (a lui già note fin dai primi giorni di vita per innumerevoli altre situazioni connotate positivamente), e ripeteva più volte i comportamenti ai quali queste seguivano. Arrivati al laghetto, Sesamo sembrava quasi cercare di provocare le mie reazioni, inventando spesso nuove sequenze sempre più turbinanti di comportamenti, senza alcuna utilità pratica: erano pura espressione e pura relazione. Le sue normali attività ludiche, tese alla conoscenza di sé e del proprio
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ambiente, stimolate dall'interazione con me si erano trasformate in qualcosa che somigliava ad un gioco sociale. Sesamo, evidentemente appagato dalla mia risposta alle situazioni da lui create, esprimeva delle interessanti forme di creatività comportamentale. La più buffa era una sua versione del gioco fanciullesco che noi umani chiamiamo 'acchiapparella' (rincorrersi e prendersi, per poi invertire i ruoli, un gioco sociale molto comune negli animali). Per iniziare questo gioco, Sesamo, dopo essere entrato in acqua, si avvicinava rapido verso di me allungandosi dal bordo del laghetto verso le mie mani e quando tentavo di toccarlo sul becco, scappava veloce starnazzando a collo alto, spesso arricchendo la fuga con altri comportamenti curiosi, come improvvise e ripetute immersioni o giri in tondo. Giunto al lato opposto del piccolo specchio d'acqua, subito ritornava veloce a nuoto verso di me ricercando insistentemente il contatto e via di nuovo velocissimo con tutta la 'giostra', per più e più volte, fino a quando non mi sedevo di nuovo a terra e il papero tornava alle usuali attività di relax, preening e contatto. Alcune parti dei suoi comportamenti rispecchiavano parzialmente i rituali di corteggiamento, altre quelli di fuga, altre ancora i richiami di contatto, altre i comportamenti agonistici, ma nel complesso, come in tutti i pattern riconducibili al gioco, l'espressione era priva di funzioni, disordinata, esagerata, decontestualizzata, inconclusiva. Inoltre il giovane papero non era ancora neanche lontanamente arrivato alla maturità sessuale, pertanto nessuno dei suoi comportamenti poteva essere l'esito di motivazioni sessuali o territoriali autentiche. Non ho mai visto Sesamino manifestare questo patchwork di comportamenti al di fuori di questo preciso contesto di compartecipazione tra me e lui, né con altre anatre, né con nessun altro animale che si avvicinasse al laghetto. Posso immaginare lo scetticismo di molti, ma non ho dubbi riguardo al fatto che questo fosse una vera e propria modalità di gioco sociale, frutto della nostra relazione. Mi sono chiesta più volte se nell'etogramma delle anatre selvatiche esistesse un qualche comportamento riconosciuto come tale nella letteratura etologica, e se questo venisse mantenuto con la maturità, ma non ho ancora avuto modo di trovare dati utili per una comparazione. Sappiamo che moltissimi mammiferi e uccelli giocano e anzi il gioco é un
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aspetto fondamentale del loro sviluppo (cognitivo, sociale, fisico, comportamentale). Certamente tra le anatre, ma in generale tra gli uccelli, gli studi sembrano scarseggiare in questa direzione. Si parla spesso di gioco nei corvidi e nei pappagalli, ma basandosi sui testi che trattano l'argomento sembrano più che altro eccezioni e ancora oggi non tutti concordano nell'esistenza di una dimensione ludica al di fuori dei mammiferi. Forse, come spesso accade, gli uccelli sono stati sottovalutati anche in questo aspetto e ancora una volta siamo rimasti ciechi, per pregiudizio, rispetto ai loro reali potenziali. Le mie osservazioni sugli animali liberi in cascina mi hanno permesso di cogliere comportamenti inattesi come il gioco anche in altri uccelli da cortile: due giovani tacchini (ma parlerò di loro nel prossimo capitolo). Non escludo comunque che questi siano comportamenti inespressi nel contesto naturale e che emergano esclusivamente nella relazione con l'uomo, quando questa garantisca soddisfacimento dei bisogni essenziali, benessere e libertà di espressione etologica: la sfera relazionale spesso influenza così tanto il comportamento e le emozioni da far emergere variazioni e comportamenti del tutto nuovi e imprevedibili. Molto di questo è evidente ad esempio nell'osservazione delle differenze tra il comportamento dei gatti con l'uomo rispetto al comportamento tra gatto e gatto. Certamente, per quel che mi riguarda, quanto abbiamo osservato era sufficiente a confermare che questa modalità di interazione fosse una componente estremamente viva ed importante, che per molto tempo ha investito una quota di tempo notevole. Purtroppo, un secondo evento triste ci sorprese di lì a poco... <Continua sul libro...> Per informazioni: info@etologiarelazionale.it
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Indice
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Premessa
9
Introduzione
PARTE I 23
Gli animali di Cascina Myriam
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Sesamino, il papero pinguino
43
Marta e Michele, due giovani tacchini
51
Galli e galline
55
Ettore, il gallo saggio
61
Galline predatrici
63
Monika, gallina relazionale
65
Chiocce esemplari, chiocce inesperte e chiocce per caso
73
Galli innamorati
75
Sofocle e Fagiolino
83
Soap opera in cascina: i colombi infedeli
89
La storia di Melly la cavalla e dell'asina Camilla
99
Vita tra le capre
117
Tony, un piccolo daino
123
Mai senza gatti
141
Una moffetta in casa
151
Luce, il gigante buono
157
Roditori, modelli di soggettivitĂ
27
165
La Mappa di Cascina Myriam
PARTE II 169
Ragionamenti sull'Etologia Relazionale®
PARTE III 199
L'Empatia, uno sguardo generale
211
Cura di sé e degli altri
221
Neuroni specchio e il "sapere motorio"
229
Altre strategie di lettura delle azioni
233
Imitazione e socialità
237
Ontogenesi del rispecchiamento empatico e attaccamento
247
Coltivare l'empatia
259
Riferimenti bibliografici
265
Ringraziamenti
267
Note sull'autrice
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