DAL FUTURISMO AL FASCISMO:
IL DIBATTITO ETICO SULL’ARTE
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DAL FUTURISMO AL FASCISMO:
IL DIBATTITO ETICO SULL’ARTE Storia delle Comunicazioni Visive
Visini Matteo
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CONTE
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ENUTI 0. INTRODUZIONE 0.1. Dal Futurismo al Fascismo: il dibattito etico sull’arte 0.2. Cronologia delle pubblicazioni 1. IDEOLOGIA FUTURISTA 1.1. Il Manifesto del Futurismo 1.2. Il Manifesto dei pittori futuristi 1.3. Il Manifesto tecnico della letteratura futurista 1.4. Futurismo e Fascismo 2. ARTE E POLITICA: I RAPPORTI DEL FASCISMO 2.1. Discorso di inaugurazione della Mostra del ‘900 2.2. Rapporti tra Futurismo e Fascismo 2.3. Appunti sul programma della Mostra del Fascismo 2.4. Un’idea per le Case del Fascio 3. IL DIBATTITO ETICO SULL’ARTE: NEGAZIONISMO E RIVALUTAZIONE 3.1. Le contraddizioni del Futurismo 3.2. Futurismo e Futuristi 3.3. Why so many Fascist monuments still stand in Italy? 3.4. Quella paura dei monumenti fascisti 4. LO STRIMENTO IDEALE DI UNA NUOVA ARTE 4.1. Letteratura e cinema futuristi 4.2. Scheda del film
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TIMELI
1880 1890
1900 1910
1920
Filippo Tommaso Marinetti Umberto Boccioni Carlo Carrà Giacomo Balla Luigi Russolo Gino Severini Benedetto Croce Benito Mussolini Fillìa Dino Alfieri Mario Radici Massimo De Micheli Mario Verdone Pontus Hultèn
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1930
1940
INE 1950
1960
1970
1980 1990
2000 2010
Ruth Ben Ghiat Roberto Saviano 5
0.1. DAL FUTURISMO AL FASCISMO: IL DIBATTITO ETICO SULL’ARTE Introduzione di Visini Matteo
Il fortissimo fervore artistico, culturale e letterario che valorizza il primo Novecento, è bilanciato, dall’altra parte, da una serie di avvenimenti storici e politici particolarmente disastrosi e controversi, che hanno spinto per un lungo periodo le popolazioni ed i diretti protagonisti ad una sorta di totale negazionismo nei confronti di tutto ciò che in un modo o nell’altro, si era legato a quest’ultimi. Tramite una serie di articoli e documenti scritti dai diretti interessati, ricavati da libri, riviste ed archivi digitali di manifesti, cataloghi, manuali d’arte ed articoli di giornale, questa ricerca mira ad offrire una panoramica completa in ordine cronologico-concettuale di questa parabola storiografica. Documentazione fotografica: Mussolini, Starce e Marinetti (In divisa da accademico d’Italia) ai funerali di D’Annunzio - Gardone, 1937 - Archivio Luce
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Partendo dalla nascita e sviluppo del linguaggio futurista, dal tono volutamente aggressivo e provocatorio schierato contro un’Italia fortemente arretrata e vetusta, si evidenziano i richiami alla ribellione, alla violenza, all’abbandono della tradizione in favore della vita veloce e moderna, in modo da offrire una testimonianza chiara di come tutti questi spunti anarchici e rivoluzionari trovano, nell’avvento della rivoluzione fascista, l’ideale punto di riferimento per tutte queste basi da loro gettate nel corso dei dieci anni precedenti. Nella seconda sezione si approfondiscono tutta una serie di rapporti tra il Regime e l’arte, approfondendo il rapporto tra arte e politica, tra arte e contesto storico, tra futurismo e fascismo, l’importanza delle mostre espositive per la politica e della grafica e dell’architettura, viste come due delle arti principali e più efficaci della propaganda del Ventennio. Superata la fase fascista, con i suoi esiti disastrosi, la terza fase inizia presentando un forte salto temporale in avanti, che testimonia quel senso di “rifiuto” che da qui in avanti caratterizzerà il periodo Futurista-Fascista, al punto tale da portare l’analisi di importanti critici d’arte su esiti negativi, incapaci di slegare del tutto le ideologie controverse da uno stile ed un linguaggio sicuramente rivoluzionario. Nonostante con il passare degli anni numerosi studi e mostre d’arte si sono impegnate a valutare sotto una nuova ottica gli artefatti del primo Novecento, gli ultimi articoli di ricerca si sposta sull’attualità, evidenziando come la concezione di un tema dalla natura così controversa sia ancora presente ai giorni nostri ed è ancora motivo di numerosi dibattiti etici e morali che ciclicamente ritornano agli occhi dell’opinione pubblica. L’idea è quella di invitare i lettori a riflettere sulla funzione e sul significato dell’arte e della grafica nella vita quotidiana di tutti i giorni, evidenziandone la “potenza comunicativa” e come questa sia percepita a così tanti anni di distanza dalle ideologie al quale i simboli fanno riferimento. Matteo Visini
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1. IDEOLOGIA FUTURISTA
1909 - 1924
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1.1. MANIFESTO DEL FUTURISMO
Filippo Tommaso Marinetti | 1909
1- Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità. 2- Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3- […] Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. […] 7- Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo. […] 9- Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna. 10 - Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria. […] Filippo Tommaso Marinetti, poeta autore del Manifesto del Futurismo e fondatore dell’avanguardia futurista - 1932
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È dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il « Futurismo » perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari. Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagl’innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli. […] che mai si può vedere, in un vecchio quadro, se non la faticosa contorsione dell’artista, che si sforzò di infrangere le insuperabili barriere opposte al desiderio di esprimere interamente il suo sogno?… Ammirare un quadro antico equivale a versare la nostra sensibilità in un’urna funeraria, invece di proiettarla lontano, in violenti getti di creazione e di azione. Volete dunque sprecare tutte le vostre forze migliori, in questa eterna ed inutile ammirazione del passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti? […] noi non vogliamo più saperne, del passato, noi, giovani e forti futuristi! […] I nostri cuori non sentono alcuna stanchezza, poiché sono nutriti di fuoco, di odio e di velocità!… Ve ne stupite?... È logico, poiché voi non vi ricordate nemmeno di aver vissuto! […] La nostra bella e mendace intelligenza ci afferma che noi siamo il riassunto e il prolungamento degli avi nostri. — Forse!… Sia pure!… Ma che importa? Non vogliamo intendere!… Guai a chi ci ripeterà queste parole infami!… Alzate la testa!… Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle! F.T. Marinetti 11
1.2. MANIFESTO DEI PITTORI FUTURISTI U. Boccioni, C. Carrà, L. Russolo, G. Balla, G. Severini | 1911 Agli artisti giovani d’Italia! Il grido di ribellione che noi lanciamo, associando i nostri ideali a quelli dei poeti futuristi, non parte già da una chiesuola estetica, ma esprime il violento desiderio che ribolle oggi nelle vene di ogni artista creatore. Noi vogliamo combattere accanitamente la religione fanatica, incosciente e snobistica del passato, alimentata dall’esistenza nefasta dei musei. […] Compagni! Noi vi dichiariamo che il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell’umanità mutamenti tanto profondi, da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi, noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro. […] Per gli altri popoli, l’Italia è ancora una terra di morti, un’immensa Pompei biancheggiante di sepolcri. L’Italia invece rinasce, e al suo risorgimento politico segue il risorgimento intellettuale. […] noi dobbiamo ispirarci ai tangibili miracoli della vita contemporanea, alla ferrea rete di velocità che avvolge la Terra, […] alla lotta spasmodica per la conquista dell’ignoto. E possiamo noi rimanere insensibili alla frenetica attività delle grandi capitali, alla psicologia nuovissima del nottambulismo, alle figure febbrili del viveur, della cocotte, dell’apache, e dell’alcolizzato? […] Insorgiamo, insomma, contro la superficialità, la banalità e la facilità bottegaia e cialtrona che rendono profondamente spregevole la maggior parte degli artisti rispettati di ogni regione d’Italia. […] Finiamola coi decoratori da strapazzo, […] coi cartellonisti venduti e cogli illustratori sciatti e balordi!
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Umberto Boccioni Rissa in Galleria Milano, 1910 Pinacoteca di Brera
Ed ecco le nostre conclusioni recise: Con questa entusiastica adesione al futurismo, noi vogliamo: 1) Distruggere il culto del passato, l’ossessione dell’antico, il pedantismo e il formalismo accademico. 2) Disprezzare profondamente ogni forma d’imitazione. 3) Esaltare ogni forma di originalità, anche se temeraria, anche se violentissima. 4) Trarre coraggio ed orgoglio dalla facile faccia di pazzia con cui si sferzano e s’imbavagliano gl’innovatori. 5) Considerare i critici d’arte come inutili e dannosi. 6) Ribellarci contro la tirannia delle parole […]. 7) Spazzar via dal campo ideale dell’arte tutti i motivi, tutti i soggetti già sfruttati. 8) Rendere e magnificare la vita odierna, incessantemente e tumultuosamente trasformata dalla scienza vittoriosa. […] Largo ai giovani, ai violenti, ai temerari! Umberto Boccioni, Carlo Dalmazzo Carrà , Luigi Russolo, Giacomo Balla , Gino Severini 13
1.3. MANIFESTO TECNICO DELLA LETTERATURA FUTURISTA Filippo Tommaso Marinetti | 1912
In aeroplano, seduto sul cilindro della benzina, scaldato il ventre dalla testa dell’aviatore, io sentii l’inanità ridicola della vecchia sintassi ereditata da Omero. Bisogno furioso di liberare le parole, traendole fuori dalla prigione del periodo latino! […] Gli scrittori si sono abbandonati finora all’ analogia immediata. […] L’analogia non è altro che l’amore profondo che collega le cose distanti, apparentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime uno stile orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico e polimorfo, può abbracciare la vita della materia. […] Le immagini non sono fiori da scegliere e da cogliere con parsimonia, come diceva Voltaire. Esse costituiscono il sangue stesso della poesia. La poesia deve essere un seguito ininterrotto d’immagini nuove, senza di che non è altro che anemia e clorosi. […] Bisogna inoltre rendere il peso […] e l’odore […] degli oggetti, cosa che si trascurò di fare, finora, in letteratura. Sforzarsi di rendere per esempio il paesaggio di odori che percepisce un cane. Ascoltare i motori e riprodurre i loro discorsi. […] Voi tutti che mi avete amato e seguito fin qui, poeti futuristi, foste come me frenetici costruttori d’immagini e coraggiosi esploratori di analogie. […] Noi inventeremo insieme ciò che io chiamo l’immaginazione senza fili. Giungeremo un giorno ad un’arte ancor più essenziale, quando oseremo sopprimere tutti i primi termini delle nostre analogie per non dare più altro che il seguito ininterrotto dei secondi termini. Bisognerà, per questo, rinunciare ad essere compresi. […] La sintassi era una specie di cifrario astratto che ha servito ai poeti per informare le folle del colore, della musicalità, della plastica e dell’architettura dell’universo. La sintassi era una specie d’interprete o di cicerone monotono. Bisogna sopprimere questo intermediario, perché la letteratura entri direttamente nell’universo e faccia corpo con esso.
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PAROLE CONSONANTIVOCALINUMERIIN LIBERTÀ Dal volume, di prossima pubblicazione : “ I PAROLIBERI FUTURISTI
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(AURO D’ALBA, BALLA, BETUDA, BOCCIONI, BUZZI, CAMPIGLI, CANGIULLO, CARRÀ, CAVALLI, BRUNO CORRA D. CORRENTI, M. DEL GUERRA, DELLA FLORESTA, L. FOLGORE, A. FRANCHI, C. GOVONI, GUIZZIDORO, ITTAR, JANNELLI, MARINETTI, ARMANDO MAZZA, PRESENZINI - MATTOLI, RADIANTE, SETTIMELLI, TODINI, ecc.)
Filippo Tommaso Marinetti - Parole in Libertà - Milano - 1915
[…] Ci gridano: «La vostra letteratura non sarà bella! Non avremo più la sinfonia verbale, dagli armoniosi dondolii, e dalle cadenze tranquillizzanti!» Ciò è bene inteso! E che fortuna! Noi utilizziamo, invece, tutti i suoni brutali, tutti i gridi espressivi della vita violenta che ci circonda. Facciamo coraggiosamente il «brutto» in letteratura, e uccidiamo dovunque la solennità. […] Noi entriamo nei dominii sconfinati della libera intuizione. Dopo il verso libero, ecco finalmente le parole in libertà! […] F. T. Marinetti. 15
1.4. IL FUTURISMO E IL FASCISMO Benedetto Croce | 1924
Stimo che abbia ragione il capo dei futuristi italiani, il signor Marinetti, quando, opponendosi a un giudizio del capo del Governo e movendogli contro amichevole protesta, ha dichiarato che la riforma scolastica del Gentile è «passatista e antifascista». Vivaddio! questo significa aver coscienza delle origini. Bravo signor Marinetti! Bravo sinceramente, come non ho detto e non dirò mai a coloro che si studiano di indorare un blasone al fascismo e si valgono in proposito di Gioberti e di Mazzini e dell’idealismo filosofico e dell’idealismo attuale e di altrettali cose e nomi, che rimangono tutti meravigliati nella nuova compagnia in cui sono tratti a forza. Veramente, per chi abbia senso delle connessioni storiche, l’origine ideale del «fascismo» si ritrova nel «futurismo»: in quella risolutezza a scendere in piazza, a imporre il proprio sentire, a turare la bocca ai dissidenti, a non temere tumulti e parapiglia, in quella sete del nuovo, in quell’ardore a rompere ogni tradizione, in quella esaltazione della giovinezza, che fu propria del futurismo e che parlò poi ai cuori dei reduci dalle trincee, sdegnati dalle schermaglie dei vecchi partiti e dalla mancanza di energia di cui davano prova verso le violenze e le insidie antinazionali e antistatali.
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Filippo Tommaso Marinetti Futurismo e Fascismo Franco Campitelli Editore Foligno, 1924
Leggo nel recente volume di F. T. Marinetti, «Futurismo e Fascismo», (Foligno, Campitelli, 1924). Pag. 1: «il Futurismo è un grande movimento antifilosofico e anticulturale d’idee intuiti istinti pugni calci e schiaffi svecchiatori, purificatori, novatori e valorizzatori, creato il 20 febbraio 1909 da un gruppo di poeti e artisti italiani geniali». Pag. 16: «Vittorio Veneto e l’avvento del fascismo al potere costituiscono la realizzazione del programma minimo futurista». Pag. 18: «Il Fascismo, nato dall’ interventismo e dal Futurismo, si nutrì di principi futuristi, ecc. ecc.». Come è noto c’è un giornale fascista a Roma. che esprime questo stretto legame e affiatamento col futurismo: ha per titolo l’«Impero». E non vorrei che con questo, rammentando la mia costante freddezza. e opposizione al futurismo (il quale perciò, negli anni prima della guerra, giunse sino a inscenare in un teatro di Roma una chiassata contro l’eterna Roma e il transeunte sottoscritto, guida l’allora futurista signor Papini), rammentando la mia completa sfiducia verso la fecondità di quel movimento, si pensasse che io, con l’affermare le origini futuristiche del fascismo, intenda estendere lo stesso giudizio di riprovazione dall’uno all’altro. Benedetto Croce 17
FIlippo Tommaso Marinetti Manifesto del Futurismo Pubblicato su Le Figarò, Parigi, 1909
Filippo Tommaso Marinetti - Zang Tumb Tumb - Edizioni futuriste di poesia - Milano, 1914
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Marinetti, Boccioni, Carrà, Russolo, Piatti. Sintesi futurista della guerrra Milano, 1914
Carlo Carrà - Manifestazione Interventista Milano, 1914 - Collezione Mattioli
Filippo Tommaso Marinetti - Parole in Libertà (Irredentismo) - 1914 - Collezione privata, Lugano
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Giacomo Balla - Velocità Astratta - Milano, 1913 - Pinacoteca Giovanni e Marela Agnelli
Fortunato Depero - Bitter Campari Soda - Milano, 1926 - Museo Campari
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Fortunato Depero Depero Futurista Edito da Fedele Azari, Milano, 1927
Gruppo Futurista - Periodico Futurismo n° 3 e n°8 - Direttore: Mino Somenzi - Milano - 1932, 1934
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2. ARTE E POLITICA: I RAPPORTI DEL FASCISMO 1926 - 1936
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2.1. DISCORSO D’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA DEL ‘900 Benito Mussolini | 1926
[…] Ieri sera, dopo avere attentamente esaminata la Mostra, alcuni interrogativi hanno inquietato il mio spirito. […] Primo: quale rapporto intercede tra la politica e l’arte? Quale tra il politico e l’artista? È possibile di stabilire una gerarchia fra queste due manifestazioni dello spirito umano? Che la politica sia un’arte non v’è dubbio. Non è, certo, una scienza. Nemmeno empirismo. È quindi un’arte. Anche perché nella politica c’è molto intuito. La creazione «politica» come quella artistica è una elaborazione lenta e una divinazione subitanea. A un certo momento l’artista crea colla ispirazione, il politico colla decisione. Entrambi lavorano la materia e lo spirito. Entrambi inseguono un ideale che li pungola e li trascende. Per dare savie leggi a un popolo bisogna essere anche un poco artisti. Fra il politico e l’artista vi è qualche altro punto di contatto; ne cito uno per tutti: il senso della incontentabilità. La insoddisfazione tremenda e pur salutare delle cose compiute, che non sono mai come si credeva. La piatta beatitudine dell’arrivato è ignota tanto all’artista come al politico. […] Forse non ho detto alcunché di interessante, ma voglio arrivare ad una prima modesta conclusione: non v’è incompatibilità fra un uomo politico e l’arte del suo e di altri popoli; del suo e di altri tempi. Seconda domanda. Perché «Mostra del ‘900»? […] è evidente che il titolo di Mostra del ‘900 non si riferisce a un dato di semplice cronologia […], ma Coloro che seguono un determinato indirizzo artistico, e vogliono provocare una determinata selezione.
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Mario Sironi Manifesto della Prima mostra d’arte del Novecento Italiano Milano, 1926 Museo del Novecento
[…] La prima Mostra del ‘900 è riuscita? Rispondo esplicitamente in modo affermativo. […] Mi sono domandato se gli avvenimenti che ognuno di noi ha vissuto — Guerra e Fascismo — hanno lasciato tracce nelle opere qui esposte. Il volgare direbbe di no, perché salvo il quadro «A noi!», futurista, non c’è nulla che ricordi o — ohimè — fotografi, […] le scene delle quali fummo in varia misura spettatori o protagonisti. Eppure il segno degli eventi c’è. Basta saperlo trovare. Questa pittura, questa scultura, […] Ha un suo inconfondibile sigillo. Si vede che è il risultato di una severa disciplina interiore. […] di uno sforzo assiduo, talora angoscioso. Ci sono i riverberi di questa Italia che ha fatto due guerre, […] che ha in un venticinquennio camminato e quasi raggiunto e talora sorpassato gli altri popoli: la pittura e la scultura qui rappresentate sono forti come l’Italia d’oggi è forte nello spirito e nella sua volontà. […] Benito Mussolini 25
2.2. RAPPORTI TRA FUTURISMO E FASCISMO Fillìa | 1930
I futuristi, fin dall’avvento del fascismo al potere, hanno rivelato la necessità di caratterizzare il cambiamento di regime con una rivoluzione artistica — legare cioè il grande avvenimento sociale con una realtà spirituale estetica. […] I rapporti fra Futurismo e Fascismo, che tutti conoscono, chiariscono sufficientemente il perché della nostra lotta artistica. Soltanto i futuristi, come raggruppamento di uomini artisti preparatori e collaboratori della rivoluzione fascista, hanno diritto di parlare sull’Arte di Stato. Riassumo così la portata della nostra volontà: L’arte futurista è la sola arte ricca di valori e di elementi fascisti. II futurismo italiano, creatore di una nuova sensibilità, ha influenzato tutta la produzione artistica mondiale […]. Tutte le avanguardie italiane e straniere devono la propria potenzialità al genio novatore dei futuristi. Il fascismo nutrito di principi futuristi, s’impose ad una maggioranza di forze in decadenza, superate dalla funzione dell’Italia nel mondo. Il rinnovamento politico richiedeva un’immediata soluzione di problemi: il rinnovamento artistico, oggi che lo Stato ha definito la propria architettura politica, deve essere affrontato con energia e con responsabilità.
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Gerardo Dottori Il Duce Milano, 1933 Civico museo d’arte contemporanea
[…] Per raggiungere uno «Stile» fascista bisogna imporre l’arte futurista che contiene tutte le possibilità e le capacità essenziali e che raccoglie un numero sempre maggiore-di giovani. Ogni altra manifestazione è un residuo di antiche mentalità in contrasto con lo spirito giovane, moderno, veloce, innovatore, ottimista e meccanico del fascismo, che svolge il proprio formidabile lavoro per una finalità di espansioni, di concorrenze e di vittorie tipicamente futuriste. Un’altra considerazione ci fu opposta: che il fascismo, nella sua solidificazione, modificasse l’ambiente e l’atmosfera richiedendo in conseguenza altre possibilità. Io penso invece che il fascismo non dimenticherà mai le sue origini rivoluzionarie dove ha il proprio maggiore fulcro spirituale. […] Ho voluto entrare un po’ minuziosamente in merito alle finalità tra futurismo e fascismo, perché in ogni argomento e per ogni ragione abbiamo elementi di schietta origine fascista da contrapporre. […] Ecco dunque delineato nelle sue maggiori linee il perché noi futuristi italiani sosteniamo di essere i soli a tendere verso la realizzazione di un’autentica e originale «Arte Fascista». Le nostre opere saranno il sostegno e sono oggi là fede di questa lotta. […] Fillia. 27
2.3. APPUNTI SUL PROGRAMMA DELLA MOSTRA DEL FASCISMO Dino Alfieri | 1932
E anzitutto opportuno considerare la Mostra del Fascismo non semplicemente come una rievocazione storica fine a sé stessa, ma come mezzo, il più facilmente comprensibile e percettibile, di rappresentare la somma di tutte le complesse attività svolte e delle realizzazioni compiute dal Fascismo. […] che il Fascismo, nel 10° anniversario della sua assunzione al potere, sosti un momento per dimostrare all’Italia e al mondo quanto esso ha saputo compiere nel campo materiale e spirituale. […] Con la raccolta dei più importanti e significativi cimeli, fotografie, manifesti, autografi, reliquie, giornali, pubblicazioni, ecc., la Mostra si propone di dare una visione efficacemente rappresentativa del periodo eroico che va dal 23 marzo 1919 al 28 ottobre 1922, […] La raccolta deve essere fatta necessariamente con criterio selettivo, nel senso, cioè, di fare prevalere il criterio della qualità del materiale sulla quantità, e deve essere inquadrata e predisposta con un ordine cronologico che renda possibile al visitatore la sintetica visione dei successivi avvenienti. […] La varia e complessa attività svoltasi in questi dieci anni dal Regime, come
Cartoline fotografiche della Mostra della rivoluzione Fascista - Roma, 1932
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Partito, come Governo e come Organizzazioni, sarà rappresentata a mezzo di quadri raffigurativi a base statistica, a mezzo di documenti e soprattutto a mezzo di segni in cui la genialità dell’artista dovrà tradurre ed esprimere nella forma più vivace e convincente, anche il materiale più arido; […] Senza volere ulteriormente soffermarsi in esemplificazioni, tutta la varia e complessa attività del Regime nel campo della vita e del pensiero, vi dovrà trovare adeguata raffigurazione, cosi che dal paragone di ciò che l’Italia era dieci anni addietro, balzerà spontanea la imponenza delle realizzazioni compiute dal Fascismo e soprattutto si potranno considerare nella giusta prospettiva le enormi difficoltà superate, gli sforzi compiuti, i risultati raggiunti. Imponenti adunate di fascisti, di lavoratori, di industriali, congressi culturali, scientifici, artistici; rassegne delle forze armate fasciste, costituiranno manifestazioni integrative della Mostra, creandole attorno una atmosfera particolarmente adatta allo scopo che si deve raggiungere. […] In una sala a parte figureranno tutti i cimeli ed i ricordi del Duce. Ma indipendentemente da ciò, tutta la Mostra deve essere preparata e organizzata in modo tale per cui si senta presente la personalità del Duce. Dino Alfieri
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2.4. UN’IDEA PER LE CASE DEL FASCIO Mario Radice | 1936 L’alluminazione della grande parete liscia della Casa del Fascio di Como è ancora oggetto di studio da parte dell’architetto e del suo collaboratore pittore Marcello Nizzoli. A questa parete, terragni è deciso di assegnare una funzione documentaria ed educativa illustrandola con una serie di scene di vita fascista oltre che del ritratto del duce. Noi pensiamo che questa bella parete che dà sulla piazza dell’Impero potrebbe essere utilizzata benissimo per le proiezioni cinematografiche di propaganda, senza contare che l’avvento della televisione la parete servirebbe alla riproduzione della viva figura del Duce allorquando egli parlerà alle folle radunate. L’idea vale per la Casa del Fascio di Como e per le costruende Case del Fascio.
Marcello Nizzoli - Idee per il progetto di decorazione della facciata Periodico Quadrante - Direttore: Massimo Bontempelli e Pier Maria Bardi - Ed: Modiano - Milano, 1936
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LE DECORAZIONI […] Le effigi del Duce avranno carattere documentario, verranno cioè ottenute per mezzo di procedimenti fotomeccanici con materiali duraturi. […] Nella Sala delle adunate l’insieme illustrativo è costituito da un elemento centrale recante l’effige del Duce e da tabelloni in cemento armato disposti traverso le campate del salone. L’elemento centrale è formato da due pezzi che compongono un insieme semitrasparente, tale cioè da permettere la visuale attraverso di esso, stando all’esterno, tra le due fonti del palazzo. Il primo pezzo è un blocco di marmo […]. Nel blocco sono incise, fino a traforarne lo spessore, le tre parole dettate dal Duce ai fascisti: ordine, autorità, giustizia. […] (Il motto credere, obbedire, combattere fa parte delle decorazioni esterne sulla facciata del palazzo). Alla sommità del blocco e lateralmente, ma staccate in avanti, stanno due lastre di cristallo securit […]. I cristalli racchiudono una lamina di metallo dorato ritagliata secondo il contorno dell’effige del Duce, che viene impressa d’ambo le parti ed è ottenuta mediante clichè a largo retino con colori speciali indelebili. I tabelloni di cemento armato sono applicabili a sbarre metalliche staccate a sbalzo dai pilastri che le sostengono […]. Le dimensioni delle tabelle e la loro disposizione nel salone è stabilita secondo un rapporto armonico. […] Vi verranno rappresentati i due fondamentali aspetti del regime: quello di carattere guerriero e quello di carattere sociale. […] La parete di fronte, rivolta a levante è pure una composizione eseguita con lo stesso sistema dell’altro. Partecipano alla composizione il simbolo del Littorio e le parole del Duce: Il Fascismo non è soltanto datore di leggi e fondatore d’istituti, ma educatore e promotore di vita spirituale. […] Mario Radici
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Catalogo della Prima Mostra d’Arte del Novecento Italiano Nel comitato direttivo: Margherita Sarfatti Nel comitato d’Onore: Benito Mussolini Ed: Palazzo della Permanente Milano, 1926
Margherita Sarfatti alla Biennale di Venezia del 1930 Mostra Margherita Sarfatti: Il Novecento Italiano nel mondo - Mart Rovereto - 22 settembre 2018, 24 febbraio 2019
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Tullio Crali Prima che si apra il paracadute Udine, 1939 Museo d’arte moderna e contemporeanea
Giacomo Balla Celeste metallico aereoplano Roma, 1931 Stato Maggiore dell’Areonautica Militare
Corrado Forlin Gruppo Futurista Savarè Ferrara, 1941 33
Carla Albini Manifesto dell’Esposizione Areounatutica Italiana Bologna, 1934 Carlo Vittorio Testi Manifesto della Mostra della Rivoluzione Fascista Treviso, 1931/1932 Collezione Salce
Stampa fotografica dell’allestimento della Mostra Areonautica Italiana Milano,1934 Archivio Mosca Balsessari 34
Antonio Sant’Elia Città Nuova Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi, Como, 1913
Fotografia della casa del Fascio Periodico Quadrante Direttore: Massimo Bontempelli e Pier Maria Bardi Ed: Modiano, Milano, 1936 35
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3. IL DIBATTITO ETICO SULL’ARTE NEGAZIONISMO E RIVALUTAZIONE 1959 - 2017
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3.1. CONTRADDIZIONI DEL FUTURISMO Mario De Micheli | 1959
[Il futurismo] nasce come antitesi violenta sia verso l’arte ufficiale che verso il verismo umanitaristico: nasce cioè come aspirazione verso la modernità. [...] il futurismo nella sua origine, è stato un gorgo di idee e di sentimenti disparati, in cui, almeno per alcuni uomini, la volontà di rinnovamento non era né puramente plastica né puramente reazionaria. [...] Inizialmente quindi il futurismo ebbe una sua approssimativa concezione politica d’impostazione repubblicana, anarcoide e socialistezzante, che costituì senza dubbio uno degli elementi essenziali della spinta rivoltosa e antiborghese, che è tipica di quel suo primo periodo. [...] Purtroppo l’anarchismo, il sorelismo, il socialismo non erano le sole componenti ideologiche del futurismo. Una di queste componenti è il decadentismo simbolistico, che in Marinetti persisterà fino alla fine come una lebbra. [...] Ma tutto sommato non era questa la componente più negativa. Ancora peggiore era la componente nazionalistica: un nazionalismo cieco, isterico, esclusivista, acutizzato dalle maldigerite teorie della “volontà di potenza” [...] a essi sfuggiva completamente la lezione vera, umana e sociale, della guerra; la lezione che sorgeva da un popolo, il quale, per la prima volta su trovava riunito […]. Mentre altrove le avanguardie si erano sviluppate nell’opposizione, in Italia il futurismo si era dunque identificato con l’assetto più nero della reazione sino a restarne interamente soffocato. Il furore nazionalista gli aveva tolto ogni giudizio.
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Rougena Zatkova Sole Marinetti Roma, 1920 Collezione Luce Marinetti
La misera fine di Marinetti, celebratore dell’”autarchia,” suddito fedele della Repubblica di Salò e cantore della X Mas, è il tristissimo simbolo di una parabola deludente. […] Lo sbaglio profondo del futurismo fu di non considerare la sorte dell’uomo nell’ingranaggio di quest’era meccanica. Solo Boccioni e inizialmente Carrà si resero conto del problema. Ma la direzione generale del movimento fu un’altra, fu quella di identificare i termini del progresso tecnico con quelli del progresso umano, quella di considerare quindi l’uomo e la tecnica sullo stesso piano, tutto a scapito dell’uomo. […] Questo fatto, pure nel giusto rifiuto critico del futurismo in tutte le sue manifestazioni d’isterismo nazionalistico e di fragorosa superficialità, deve essere sottolineato. Tra l’altro sappiamo che non solo il futurismo degenerò… La nuova avanguardia ormai, in Italia, dopo la Prima guerra mondiale, sarebbe nata solo verso il ‘30, dagli intellettuali e dagli artisti dell’opposizione antifascista. Mario De Micheli 39
3.2. FUTURISMO E FUTURISMI Pontus Hultén | 1986
È stato spesso necessario tornare ad analizzare i grandi momenti della prima parte del XX secolo, momenti dimenticati a causa della travagliata storia del secolo e del suo tragico sviluppo nel lungo e difficile periodo intermedio. Il grande impatto e la forza rivoluzionaria che ebbero gli eventi culturali del periodo precedente la I Guerra Mondiale risultano in qualche misura nascosti e confusi; è necessario ristabilirli con chiarezza. […] Anche gli errori, che gli intellettuali dell’inizio del secolo si permisero, costituiscono una parte dell’esperienza di riscoperta dei nostri antenati. Non è un’avventura di poco conto osservare con quanto coraggio e aggressività essi proponessero il nuovo, anche se gran parte di quella creazione dovette poi essere messa da parte. Parlando in generale e poiché il secolo doveva diventare l’apoteosi del “visivo”, si può affermare che la produzione artistica in molti casi ha conservato un fascino maggiore di quella letteraria. […] La mostra “Futurismo & Futurismi” è la prima nel suo genere in Europa. Una splendida mostra futurista si è tenuta al Museo delle Belle Arti di Filadelfia nel 1981 […]. Il catalogo di quella mostra rimane uno dei migliori documenti sul Futurismo. Vi sono state altre mostre sul Futurismo in Francia e altrove, ma sono state limitate dalla identificazione del Futurismo con un movimento artistico italiano. Questa di Palazzo Grassi è la prima mostra in cui il Futurismo viene visto nella sua intenzione totalizzante di fenomeno culturale internazionale, capace di coinvolgere ogni aspetto della cultura: pittura, scultura, letteratura, architettura, musica, fotografia, tipografia, cinema, moda e arredamento.
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Pontus Hultèn Manifesto della Mostra ”Futurismo e Futurismi” di Palazzo Grassi Venezia, 1986
[…] Il Futurismo è un prodotto squisitamente italiano, e la sua ambizione costituisce uno dei suoi più caratteristici tratti nazionali. […] Per quanto riguarda la pittura futurista, i primi anni sono i più interessanti. Sono gli anni del lancio, in cui la lotta è più dura poiché l’ambiente è immobile e per lo più ostile alle novità; sono gli anni della massima concentrazione, per via della tensione circostante. Sono anche gli anni della lotta con i mezzi di espressione per definire nel modo più pregnante i nuovi ideali, il contenuto del nuovo […] Tutto procedette molto bene per alcuni anni, poi verso la fine della guerra vi fu un mutamento. Boccioni e Sant’Elia morirono e molte cose cambiarono al termine del conflitto. Si riaprirono le frontiere e il Futurismo entrò in una nuova, diversa fase. […] Pontus Hultèn 41
3.3. WHY ARE SO MANY FASCIST MONUMENTS STILL STANDING IN ITALY? Ruth Ben-Ghiat | 2017
In the late nineteen-thirties, as Benito Mussolini was preparing to host the 1942 World’s Fair, in Rome, he oversaw the construction of a new neighborhood, Esposizione Universale Roma, in the southwest of the city, to showcase Italy’s renewed imperial grandeur. The centerpiece of the district […] the Palazzo della Civiltà Italiana […] still stands in Rome today, its exterior engraved with a phrase from Mussolini’s speech, in 1935, announcing the invasion of Ethiopia […]. The building is, in other words, a relic of abhorrent Fascist aggression. Yet, far from being shunned, it is celebrated in Italy as a modernist icon. […] In 2010, a partial restoration was completed, and five years later the fashion house Fendi moved its global headquarters there. Italy, the first Fascist state, has had a long relationship with right-wing politics […] But this alone is not enough to explain Italians’ comfort with living amid Fascist symbols. Italy was, after all, home to Western Europe’s biggest anti-Fascist resistance […]. So why […] Italy has allowed its Fascist monuments to survive unquestioned? […] When Mussolini came to power, in 1922, […] he knew that he needed a multitude of markers to imprint the Fascist ideology on the landscape. […] the likeness of Il Duce, as Mussolini was known, watched over Italians in the form of statues, photographs in offices, posters at tram stops, and even prints on bathing suits. […] After the war, the Allied Control Commission’s bulletins and reports […] recommended that only the most obvious and “unaesthetic” monuments and decorations, like busts of Mussolini, be destroyed; the rest could be moved to museums, or simply be covered up […].
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Cappellini Identity Design Manifesto Evento Solid Light Fendi presenta Laszlo Bordos Palazzo della Civiltà Italiana Roma, 2018
In 2014, Matteo Renzi […] announced Rome’s bid for the 2024 Olympics inside the complex, […] now known as the Foro Italico, standing in front of “The Apotheosis of Fascism,” a painting that […] depicts Il Duce as a God-like figure. It would be hard to imagine Angela Merkel standing in front of a painting of Hitler on a similar occasion. […] Boldrini has often pointed to the outlawing of Nazi symbols in Germany as an example for Italy to follow. […] if monuments are treated merely as depoliticized aesthetic objects, then the far right can harness the ugly ideology while everyone else becomes inured. One doubts that Fendi’s employees fret about the Fascist origins of the Palazzo della Civiltà Italiana as they arrive at work each morning, their stilettos tapping on floors made of travertine and marble, the regime’s preferred materials. […] Ruth Ben-Ghiat 43
3.4. QUELLA PAURA DEI MONUMENTI FASCISTI Roberto Saviano | 2017
[…] Oggi si ritiene che il politicamente corretto appartenga a chi non ama il parlar chiaro, a chi vuole gettare fumo negli occhi dell’interlocutore. Quindi dal rispetto delle minoranze si è tornati a pretendere rispetto per le maggioranze perché ciò che non appartiene a tutti e che non riguarda tutti è perdita di tempo. Quasi una coazione a ripetere: più ci si allontana dal nucleo che genera sofferenza, più si perde la necessità di approfondire, di studiare e di ricordare le cause che quella sofferenza l’hanno prodotta. Più i testimoni oculari della sofferenza tacciono (alcuni muoiono, altri dimenticano, qualcuno cambia idea) più il simbolo perde significato e perde anche la funzione necessaria di monito. Dopo la Seconda guerra mondiale e durante tutto il periodo della Guerra fredda i simboli fascisti rimasti in Italia ci ricordavano un momento buio della nostra storia, un periodo che non dovevamo dimenticare. Pensando all’Eur ho spesso riflettuto su cosa significasse vivere in un quartiere di monoliti bianchi e giganteschi. L’uomo che cammina tra quelle strade è un uomo piccolo, schiacciato, che può fare la differenza solo se si unisce ad altri uomini, solo se crea un fascio. L’architettura fascista genera un forte senso di impotenza, quindi alla prepotenza dell’apparato statale corrispondeva in modo uguale e contrario l’impotenza del singolo uomo.
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Giorgio Quaroni Manifesto Ufficiale dell’E42 Roma, 1942 Archivio Centrale dello Stato
È importante non smettere mai di riflettere sulla stratificazione architettonica che ospita le nostre vite; è importante perché ci consente di vivere in continuità con ciò che siamo stati, con ciò che di buono abbiamo prodotto ma anche con ciò che di estremamente negativo si è sperimentato. Ruth Ben-Ghiat, storica statunitense profonda conoscitrice della storia italiana, dalle colonne del New Yorker pone una questione sulla quale ci interroghiamo poco: quanto condizionano la nostra vita i simboli che ci circondano? E quanto la condizionano quei simboli dei quali non siamo più in grado di cogliere il messaggio? Cosa rappresentano oggi i simboli fascisti rimasti in Italia, un monito o memoria da rispolverare? Le riflessioni di Ruth Ben-Ghiat hanno generato in Italia una polemica sul valore dell’architettura fascista e sulla necessità di stigmatizzarne la genesi, una polemica che forse nasce dalla paura di aver smarrito il filo, interrotto quel dialogo fondamentale con un passato vicinissimo e che invece appare remoto, un dialogo che genera consapevolezza. Roberto Saviano 45
Mario de Micheli: Le avanguardie artistiche del Novecento Feltrinelli Editore 1959
Mario de Micheli: La Matrice Ideologico Letteraria dell’erversione Fascista Feltrinelli Editore 1976 46
Manifesto ed allestimento della Mostra “Futurism” per il centesimo anniversario del Futurismo Mert Rovereto 2009
Allestimenti delle Stanze della Fondazione Massimo e Sonia Cirulli Bologna, 2020
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Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula e Mario Romano Palazzo della Civiltà Italiana 1939 - 1953 Eur Roma
Giuseppe Romano Manifesto Pubblicitario per Fiat Milano, 1928 48
Enrico Sturani Fascismo di Calcestruzzo Barbieri Editore Manduria, 2018
Giuseppe Terragni - Casa del Fascio oggi - Como, 1936
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04 4. LO STRUMENTO IDEALE DI UNA NUOVA ARTE
Sezione Cinema
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4.1 CINEMA E LETTERATURA DEL FUTURISMO Mario Verdone| 1968
Premessa
Inizialmente intendevo, in questo studio, occuparmi del manifesto del cinema futurista e del film Vita Futurista di Arnaldo Ginna (Arnaldo Giannini Corradini). È un discorso che non fa che continuare le mie ricerche sull’avanguardia “storica” – non limitate soltanto al cinema – già iniziate nel 1952 con “Gli intellettuali e il cinema” […]. Strada facendo mi sono accorto che non si poreva scindere il nome di Ginna da quello di suo fratello Bruno Corra (Corradini), col quale è stato qualche volta confuso, e che occorreva pertanto occuparsi di entrambi, non solo, ma che neanche si dovevano vedere questi due scrittori e artisti staccati dalle altre loro attività, negli anni “caldi” del futurismo. […] Per ora ritengo utile riproporre al lettore italiano, anche se in determinati limiti, nomi, vicende, e opere che non sempre sono state messe nel dovuto risalto, anche all’attuale rifiorire di interessi intorno alla storia dell’avanguardia, di cui questo saggio interdisciplinare vuole essere, appunto, un contributo.
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Il Film “Vita Futurista”
Il film futurista fu una iniziativa nata in seno al gruppo fiorentino, ma specialmente dovuta a Ginna, che come abbiamo già ricordato era anche fotografo, e aveva avuto l’idea della cinepittura. Fu Marinetti ad incoraggiare Arnaldo, che era l’unico futurista-cineasta del gruppo:”Perché non fai un film futurista?”. Ginna non poteva non decidersi all’impresa, giacché pensava al cinema, come abbiamo visto, fin dal 1910. […] Pagò il film di tasca sua. Gli altri si erano accodati. Dopo la realizzazione, che raccolse un gruppo di futuristi per circa tre mesi, favorendo scambi di idee, si pensò di dare una sanzione ufficiale alla iniziativa. Le discussioni v’erano state anche prima. Il manifesto venne dopo. E fu la consacrazione di quello che era già stato fatto. […] Le sequenze furono ideate e decise attraverso discussioni, che si protraevano, anche di notte, all’Hotel Baglioni di Firenze. Gli intervenuti erano: Marinetti, Balla, Arnaldo Ginna, Bruno Corra, Lucio Venna, Settimelli e Mario Carli, Neri Nannetti. […] Il lavoro procedette in mezzo a grandi difficoltà e sacrifici di ogni genere. Più volte Ginna fu tentato di smettere un lavoro che in questo tempo parve impossibile e pazzesco. […] Il film di Ginna fu dunque composto di brevi sequenze, ognuna con un problema psicologico e avvenirista. Del film furono stampate due o tre copie. Una l’ebbe Anton Giulio Bragaglia per diffonderla e andò perduta. Un’altra, in condizioni imperfette, venne consegnata a un’critico d’arte milanese, e anche’essa risulta dispersa.
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4.1 SCHEDA DEL FILM
Titolo del film: Vita Futurista Tipologia del film: film antologico Regista: Arnaldo Ginna Produttore: Arnaldo Ginna Tecnico operatore: Arnaldo Ginna Paese di produzione: Italia, Firenze Data di realizzazione: 1916 Data di diffusione: 1917 Attori comparsi nel film: F.T.Marinetti, A.Ginna, B.Corra, L.Venna, Settimelli, M. Carli, Neri Nannetti Lunghezza della pellicola: 800 m Lunghezza della pellicola senza censura: 990 m Diffuso per conto di Arnaldo Ginna da Antonio Giulio Bragaglia Stato attuale: Nessuna copia intatta esistente Vita Futurista di Arnaldo Ginna - Firenze, 1916 - Unici sei fotogrammi conservati
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Ricostruzione della pellicola
1) “Scena al ristorante di piazzale Michelangelo” – Un vecchio signore con barba bianca siede ad un tavolo fuori del ristorante quando alcuni giovani futuristi intervennero disapprovando ad alta voce il modo di mangiare del vecchio. Un signore inglese presente alla scena non comprendendo che si trattava di una finzione, volle intervenire apostrofando arrabbiatissimo Marinetti: “No fare male ai vecchi”. Il vecchio simboleggiava il passatismo retrogrado, i giovani futuristi il dinamismo avvenirista 2) “Il futurista sentimentale”. Un giovane futurista pieno di baldanza si lascia sopraffare da sentimentalismo amoroso, vinto dall’addensarsi su di lui di forse psichiche passatiste, rappresentate dalle luci dell’ambiente che si fanno tenuissime e si colorano di blu – effetti colorati ottenuti col viraggio – per dare l’espressione di uno stato d’animo di mollezza. 3) “Come dorme il futurista” – In una stanza due persone dormono in letti disposti verticalmente anziché orizzontalmente, seguendo intuizioni psicologiche, dinamiche, in movimenti combinati introspettivi. 4)“Caricatura dell’Amleto simbolo del passatismo pessimista” – Figure in movimento, deformate con specchi concavi e convessi. 5) “Danza dello splendore geometrico” – Ragazze vestite esclusivamente con pezzi di stagnola, variamente sagomata, ballano una danza dinamico ritmica. Forti riflettori lanciavano fasci di luce sulla stagnola in movimento, provocando sprazzi luminosi intersecantisi fra di loro, distruggendo così la ponderalità dei corpi. 6) “Poesia ritmata di Remo Chiti” – Declamata con l’accompagnamento simultaneo di movimenti delle braccia. 7) “Ricerca introspettiva di stati d’animo” – A cavalcioni sopra cavalletti di legno in un ambiente scuro color violetto, Chiti, Venna e Nannetti fissano in un silenzio che vuole essere soprannaturale i movimenti di alcune carote legate ad un filo tenuto fra l’indice ed il pollice. 8) Balla mostra alcuni oggetti di legno colorati e cravatte pure di legno, magnificandone il contenuto plastico dinamico. 55
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Ricerca storiografica
Visini Matteo | 910031 A.A. 2019/2020 - Sez. C2 Storia delle comunicazioni visive Proff. Luciana Gunetti, Walter Mattana. Politecnico di Milano - Scuola del Design 60
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