La Lega vince se è unita

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Cronaca

17.08.2013

Salvini alla base: «Ora da Brescia parta la rivolta» A PONTE DI LEGNO. Il segretario lumbard sul palco di Ferragosto Il prossimo congresso provinciale sarà «unitario» e servirà a riunire tutte le anime del Carroccio Giuseppe Spatola PONTE DI LEGNO Stesso cielo degli ultimi venti anni. Stessi slogan urlati dal palco con volti nuovi mischiati a quelli crucciati dalla anziana militanza. A Ponte di Legno il giorno di Ferragosto è consacrato alla Lega con o senza Umberto Bossi. Così, mentre il fondatore del Carroccio ha detto addio alle nottate passate sui tavoli dell'Hotel Mirella e ai comizi Matteo Salvini, segretario Lombardo della Lega Nord, sul oceanici ai piedi dell'Adamello, scegliendo palco della festa del Carroccio organizzata il 14 e 15 agosto da due anni il pratone di Pontida per le sue a Ponte di Legno esternazioni, in quota è salito Matteo Salvini. Lui, che in alta Valle ha preso pure casa («Un appoggio a Vezza d'Oglio acquistato dai miei genitori», precisa sotto il palco della festa dalignese), non rinnega il passato, anzi tende la mano al «vecchio» ringraziandolo ma guardando fermamente avanti. «La Lega vince se è unita - ammette Salvini una volta sceso dal palco e tenendo in braccio la sua bambina -. Ci aspetta una battaglia enorme, perchè il problema non è più Roma dove sono rimasti quattro cialtroni ma Bruxelles, dove hanno deciso di annientare tutto quello che è identità. O siamo tutti uniti, da Bossi a Maroni all'ultimo dei militanti, oppure non fareno nulla. In Valle ho incontrato gente che ha voglia di combattere. In autunno o la va o la spacca, proveremo di tutto e di più. Su queste montagne si combatté per cacciare l'occupante straniero. Da queste montagne si riparte per riprenderci le nostre città, il nostro lavoro, il nostro futuro». A chi gli chiede cosa e come fare la rivoluzione, il Matteo padano non si confonde e arcigno ribatte: «Se la Lombardia un giorno si fermasse, non pagasse, si incazzasse scendendo in piazza, sia a Roma che a Bruxelles inizierebbero a preoccuparsi. L'importante è che lo capiscano anche fuori dalla Lega, commercianti sindaci Pd o sindacalisti: serve una giornata per la Lombardia e per il lavoro. A differenza degli ultimi venti anni oggi abbiamo il Governatore leghista che dovrà essere il primo a fare qualcosa di forte per dare un segnale di battaglia e speranza». Un futuro «verde», di speranza, per chi vuole tornare a sperare. Ma guai a nominare davanti a Salvini spaccature, neppure se messo in

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competizione con il sindaco di Verona Flavio Tosi. «Tosi è un amico, un ottimo amministratore e potrebbe essere un ottimo premier - taglia corto Salvini pensando ad altro-. Ma devo confessare che il dibattito su quello che succederà a Roma mi interessa molto poco. Guardo molto più a nord, a Bruxelles. Chi vince a Roma in queste condizioni non è fondamentale». SARÀ, MA A BRESCIA il prossimo congresso provinciale di settembre sarà uno spartiacque tra passato e futuro, con Fabio Rolfi che lascerà spazio a nuovi nomi. «Ho parlato con molti militanti: penso che a Brescia si riuscirà a fare un congresso unitario, positivo e costruttivo commenta fiducioso il segretario lombardo -. Sarà questo il segnale di svolta per tutta la Lombardia. Io ci conto. Del resto la vita va avanti, il ringraziamento per Bossi e per quello che ha fatto sarà eterno però nella vita, in politica, in azienda e sui campi di calcio se non entrano dei diciottenni hai finito di giocare. Quindi l'importante è saper unire l'esperienza di chi c'è da tanto tempo e l'entusiamo dei ragazzi. Non è una questione di nomi. Spero che tutto il resto sia un capitolo finalmente chiuso». Non solo unità dentro il partito, ma anche fuori. «Leghisti, indipendentisti, autonomisti, secessionisti, federalisti: prima si vince, e si vince solo uniti, poi semmai si discute, si litiga, ci si divide - ammette Salvini appellandosi a tutti i piccoli movimenti nati dalle costole della grande Lega -. Altrimenti, se si litiga prima, abbiamo perso tutti. Siamo stati troppo buoni. Da settembre saremo più furbi e più cattivi». Stesso piglio usato anche da Umberto Bossi a Pontida: «Non penso che la Lega morirà, ce la faremo - gli ha fatto eco il «capo» dal pratone -: voglio radunare anche i partitini nati da chi è uscito dalla Lega». Filosofia sposata da Salvini e rimarcata da tutti i leghisti saliti sul palco di Ponte, da Davide Caparini al sindaco di Adro Oscar Lancini passando per il consigliere provinciale camuno Beppe Donina. Tutti uniti per riprendersi l'elettorato. «È uno di quei momenti della storia in cui salta tutto, cambia tutto - arriccia il naso matteo Salvini - . E io sono fiducioso. Se aspettiamo non avremo più imprese, artigiani, commercio. La rivoluzione non aspetta...». Con i mille di Pònt abili e arruolati. giuseppe.spatola@bresciaoggi.it

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