Il monachesimo

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Il monachesimo

Tra la fine del III e gli inizi del IV secolo si viene a delineare, nel mondo cristiano un singolare fenomeno religioso, monachesimo. il periodo è quello della fine del mondo antico, della difficile crisi dell’impero romano diviso ormai tra impero d’occidente e impero d’Oriente, dell’urbanesimo, dello spopolamento delle campagne, della crescente pressione delle genti germaniche ai confini dell’impero. In questo periodo la Chiesa godeva già di un’organizzazione abbastanza solida, una gerarchia abbastanza diffusa, un culto, una disciplina, una letteratura, dei patrimoni e, a partire dall’editto di Milano del 313, la libertà religiosa concessale da Costantino. Col monachesimo ha origine una forma di vita consacrata interamente alla preghiera e alla penitenza, ma vuole esprimere e attuare il desiderio di un’esistenza dedicata completamente alla ricerca di Dio. Dopo la pace costantiniana un campo immenso si presentava a chi avesse voluto impegnarsi nell’evangelizzazione di popoli non ancora raggiunti dal messaggio cristiano. Eppure, proprio in quei decenni, si fece spazio un fenomeno orientato in direzione opposta. Alcuni cristiani, specialmente in Egitto, iniziarono a ritirarsi nel deserto, volendo affermare con ciò che «il regno di Dio non è di questo mondo», e rivendicare i più alti valori dello spirito insieme a una più o meno esplicita protesta contro i pericoli dei divertimenti, ora che la professione della fede non era più causa di persecuzioni ma poteva, al contrario, procurare onori e assicurare carriere. In quanto alle origini storiche e ideologiche del monachesimo, tra la fine dell’ottocento e gli inizi del Novecento ci sono state diverse interpretazioni, oggi superate, ugualmente a quanto si è verificato per le origini dello stesso cristianesimo. Si era supposto che il monachesimo cristiano fosse sorto in derivazione da isolate forme di ascetismo pagano o da alcuni presupposti spiritualistici della filosofia greca, specie neoplatonica; o, ancora, ed era la tesi del famoso teologo protestante Adolf von Harnack, da qualche corrente ereticale rigoristica ed estremistica, come per esempio il montanismo; o, infine, da forme sincretistiche pagano-cristiane in rapporti più o meno diretti con le «religioni dei misteri» del mondo ellenistico. I monaci cristiani quindi — anche perché erano per lo più persone semplici, aliene da speculazioni filosofiche — non hanno elaborato un ideale di perfezione per conto proprio ma si sono rifatti sostanzialmente all’insegnamento della Sacra Scrittura come era vissuto dalla Chiesa del tempo. A questo riguardo bisogna ancora aggiungere la pratica della vita comune in vigore nella Chiesa primitiva, secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli: per secoli «vita apostolica» significherà non già vita di apostolato, ma, appunto, «vita comune», a imitazione degli apostoli che avevano 1 LE ORIGINI DEL MONACHESIMO

Rosella Carella


Il monachesimo lasciato tutto per seguire il Signore. Nella Chiesa dei primi secoli, poi, l’ideale del perfetto cristiano sarà costituito dal martire di cui, col venir meno delle persecuzioni, i monaci si considereranno eredi e continuatori. Anche la prassi penitenziale della Chiesa antica, così rigorosa, influirà sui successivi sviluppi del movimento monastico per il fatto che, cessata la penitenza pubblica, molti cristiani si sottoporranno spontaneamente a forme di disciplina penitenziale, anticipando quindi il concetto del monaco quale penitente volontario. Assai varie quanto a provenienza, genere letterario, attendibilità storica, le fonti relative al monachesimo delle origini — e molte sono ancora inedite, come quelle in lingue orientali — presentano diversi problemi di carattere storico-letterario tuttora discussi. È certo, per esempio, che alcune fonti, specialmente le agiografie, seguono determinati schemi, per influsso sia della tradizione biblica (l’immagine del vir Dei), sia del romanzo ellenistico (fughe, nascondimenti, travestimenti, ritrovamenti), sia delle tradizioni popolari (apparizioni favolose sotto forma di animali). In ogni caso, alcuni di questi testi conobbero fortuna immensa e divennero un fenomeno culturale dì grande rilevanza. Il monachesimo antico presenta una grande varietà di forme quanto al genere di vita, all’estrazione sociale, alle condizioni ambientali, all’ascesi, al lavoro, ai rapporti con la gerarchia ecclesiastica, Per lo più i monaci sono semplici laici, qualche volta ancora catecumeni, per la convinzione che lo stato monastico sia un equivalente del battesimo (donde la concezione della professione monastica come secondo battesimo). La patria del monachesimo è l’Egitto, dove alla metà del IV secolo i monaci erano centinaia di migliaia, e la Palestina, In tali ambienti s’incontrano non solo degli ideali ma anche degli esemplari di altissima virtù e contemplazione e, a poco a poco, anche una vera e propria dottrina elaborata dalla corrente monastica dotta di cui è precipuo esponente Evagrio Pontico. Le stesse fonti non idealizzano però eccessivamente il livello spirituale dei primi monaci, presentandone anche forme degenerate a causa di abusi, disordini morali, scandali, errori teologici, forme di fanatismo, insufficiente senso ecclesiale. Anche in ciò il monachesimo ha dovuto compiere un lungo percorso e rettificare alcune posizioni. Secondo uno schema letterario destinato a una notevole fortuna, esistevano diverse categorie di monaci (dai migliori ai peggiori) e talora, dopo anni, un monaco veniva a sapere per rivelazione celeste che un artigiano dei dintorni era molto più perfetto di lui. Le stesse fonti ci presentano non di rado la figura del monaco pigro, goloso e scroccone. Il fatto, però, che i padri del monachesimo siano stati, in gran parte, anche i maggiori padri della Chiesa, contribuì a salvaguardarne lo spirito e l’ortodossia e a 1 LE ORIGINI DEL MONACHESIMO

Rosella Carella


Il monachesimo conferire a tale movimento ulteriore autorevolezza e prestigio. Sul fondamento del contenuto spirituale insito nel messaggio cristiano venne a poco a poco elaborandosi un itinerario ascetico di cui si possono individuare le tappe essenziali. Va ricordato in particolare il tema della compunzione, della rinuncia, dell’allontanamento nella solitudine, dell’ascesi, del combattimento spirituale, del dominio di sé, del discernimento degli spiriti, del riacquisto dello spirito colloquiale con Dio, della deificazione. Il cammino spirituale era visto come contrassegnato dal progressivo acquisto della gioia e dal ripudio della tristezza, considerata come facente parte degli otto vizi capitali e di cui spesso ebbero a occuparsi i padri del monachesimo. Sotto questo punto di vista non c’è soluzione di continuità tra antichità e Medioevo, tra Oriente e Occidente. In base alle prime esperienze compiute dai padri del deserto e descritte nei Detti dei Padri, venne formandosi un patrimonio comune di dottrina e di idealità, via via attuato in forme sempre più differenziate dal punto di vista organizzativo e istituzionale, E infatti, dopo la prima fase dell’ascetismo domestico dei primi secoli testimoniato anche dai vari trattati De virginitate, si registra una larga affermazione dell’eremitismo, a volte nelle forme più drastiche e assolute con distacco deciso da parenti e amici, a volte mitigato mediante l’unione di vari eremiti in raggruppamenti o «laure». Non vi sono ancora regole né legami di tipo culturale con la scuola teologica alessandrina anche se a poco a poco pure i monaci verranno interessandosi alle dottrine del grande Origene e saranno coinvolti nelle relative dispute e condanne.

1 LE ORIGINI DEL MONACHESIMO

Rosella Carella


Il monachesimo

La parola eremita deriva dal latino ĕrēmīta, latinizzazione del greco ἐρημίτης (erēmitēs), "del deserto", che a sua volta deriva dal ἔρημος (erēmos), che significa "deserto", " disabitato", perciò "abitante del deserto". Un eremita è una persona che vive, per sua scelta ed in una certa misura, in isolamento dalla società, spesso in un luogo remoto. Le ragioni principali che possono portare ad una scelta del genere sono di solito spirituali o religiose. La scelta di solitudine, contemplazione e ascetismo che caratterizza la vita eremitica nasce in Oriente. L'Asia ha conosciuto fin dall'antichità forme di vita ascetica assimilabili alla vita eremitica nota al mondo mediterraneo, legate all’Induismo, al Taoismo e al Buddismo.

Il monastero di Santa Caterina è un monastero del VI secolo situato in Egitto, nella regione del Sinai, al centro di una valle desertica. Dedicato a santa Caterina d'Alessandria, è il più antico monastero cristiano ancora esistente e sorge alle pendici del monte Horeb dove, secondo la tradizione, Mosè avrebbe parlato con Dio nell'episodio biblico del roveto ardente(3,2-6) e dove egli ricevette i comandamenti. Nel 2002 è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO per la sua architettura bizantina, la sua preziosa collezione di icone e per la grande raccolta di antichissimi manoscritti che costituiscono la più vasta e meglio conservata biblioteca di testi antichi bizantini dopo quella della Città del Vaticano. Inoltre, il monastero è considerato un luogo sacro dalle tre maggiori religioni monoteiste: il Cristianesimo, l'Ebraismo e l'Islam. L'origine del monastero ha radici antichissime. La sua fondazione la si fa risalire a sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino che, nel 328 fece costruire una sorta di primitiva cappella votiva nel presunto luogo dove secondo la tradizione cristiana Mosè parlò con Dio, nell'episodio biblico del roveto ardente. 2 GLI EREMITI

Alessia Camero


Il monachesimo

Grazie a Benedetto il monachesimo, nato in Oriente, si diffonde in tutto l’Occidente. Infatti la sua Regola influirà in modo determinante sulla storia dell’Europa. Benedetto conosce molto bene le esperienze di vita monastica realizzatesi in Oriente e anche in Occidente e, dopo diversi tentativi, dà vita ad un monachesimo cenobitico, che introduce la novità della stabilità del monaco nella comunità. L’originalità dell’intuizione di Benedetto sta proprio in questo legame del religioso con il suo monastero, nella continuità di rapporti e di presenza, nell’appartenenza totale ad una comunità. Il monachesimo benedettino si diffonde presto in tutta l’Italia, grazie anche all’opera di papa Gregorio Magno, il quale dà alla Regola un posto preminente rispetto agli altri testi che disciplinano la vita monastica. E così in breve tempo la regola di Benedetto, ammirata per la saggezza, l'equilibrio e la discrezione, viene adottata da molti istituzioni monastiche, che pure hanno avuto una storia e un ruolo molto importante nell’alto medioevo.

E’ però tra il IX e il XII secolo che il monachesimo benedettino diventa l’elemento fondante la cultura e la civiltà europea. Con la formazione del Sacro Romano Impero vengono unificate le regole monastiche e nell'816 Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, con l’aiuto del monaco francese Benedetto d'Aniane, fa adottare da un’assemblea di abati la Regola di S. Benedetto come la sola valida per tutto l’impero carolingio. Da allora tutte le abbazie dell’impero, maschili e femminili, diventano benedettine ed intorno ad esse l’Europa comincia a ricostruire il proprio assetto, dopo il crollo dell’impero romano. Alle loro mura, che garantiscono ospitalità e riparo in un mondo pericoloso ed ostile, fanno capo sempre più spesso le strade percorse da pellegrini: si cancellano gli antichi percorsi per sostituirli con nuovi e più sicuri tracciati, che portano da un monastero all’altro e lungo i quali rifioriscono i commerci, gli insediamenti urbani, le aree coltivate.

3 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE

Alessia Morisco


Il monachesimo In un continente ormai frammentato in diverse etnie, lingue, legislazioni, livelli di cultura reciprocamente ostili, l’unificante regola benedettina, il latino parlato da tutti i monaci, la stabilità secolare di tutti i monasteri, forniscono l’unico e il più visibile segno di unità. Monasteri e abbazie costituiscono anche un grande fenomeno economico e sociale: a loro fanno capo i lavori di dissodamento e di bonifica, che recuperano all’agricoltura vaste aree di terreno inselvatichito da secoli di abbandono. L’apicoltura, l’olivicoltura, viticoltura si sviluppano notevolmente, poiché al monastero servono cera per le candele, olio per le lampade, vino per la S. Messa. Nel monastero gli strumenti di lavoro vengono sempre migliorati: si passa per esempio dall’aratro di legno a quello di ferro, vengono utilizzate invenzioni meccaniche come i mulini a vento e ad acqua. Tutto questo avviene per rendere il lavoro più efficace e meno faticoso e per poter dedicare più tempo ed energie allo studio e alla preghiera. I monaci sviluppano, inoltre, il culto e la cultura, la liturgia e l’arte: ogni monastero ha il suo scriptorium, dove si trascrivono i testi degli autori cristiani e pagani, salvandoli dalla distruzione, e si decorano i preziosi codici con splendide miniature.

3 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE

Alessia Morisco


Il monachesimo

L'abbazia (detta anche abazia o badia a seconda se diretta da un abate o da una badessa), è un particolare tipo di monastero, diritto canonico è un ente autonomo. Il nome deriva dal tardo latino abbatīa, appunto abate, termine che inizialmente si riferiva solo alla persona che reggeva l'edificio, per poi assumere il significato più esteso del complesso dei beni che erano a disposizione di tale carica religiosa. Infatti molto spesso per abbazia in toponomastica si intende non soltanto l'edificio in sé, quanto anche l'insediamento che si sviluppava intorno ad esso.

La prima abbazia di cui si ha notizia fu fondata intorno al 320, che prese il nome di abadia, dal santo egizio Paconimo, che ne fece il luogo dove riunire la prima comunità monastica cenobita, elaborandone tra l'altro le regole interne. Pacomio portò avanti tale progetto poiché era dell'idea che l'ideale ascetico cristiano si sarebbe realizzato in modo migliore attraverso una comunità piuttosto che nella singola esperienza eremitica. Alla costruzione di questa prima abbazia ne seguirono altre, sia in Oriente sia in Occidente, dove però furono elaborate nuove regole interne, ispirandosi sia alla Regola Benedettina, a partire dal 534 che alla Regola Colombaniana di ispirazione monastica celtico-irlandese.

4 LE ABBAZIE BENEDETTINE

Giorgia Grisorio


Il monachesimo

La Regola dell'Ordine di san Benedetto, o Regola benedettina, in latino denominata Regula monachorum o Sancta Regula, dettata da San Benedetto da Norcia nel 534, consta di un "Prologo" e di settantatré capitoli.

Nella "Regola" San Benedetto fa tesoro anche di una breve esperienza personale di vita eremitica che gli fece capire quanto le debolezze umane allontanino di più dalla contemplazione di Dio. Per questa ragione propone di vincere l'accidia (una certa "noia" spirituale), con il cenobitismo, cioè una vita comunitaria che prevede un tempo per la preghiera ed uno per il lavoro e lo studio ( Ora et Labora), lontana dalle privazioni e mortificazioni estreme imposta dalla vita in solitudine scelta dagli asceti e, quindi, attuabile anche da persone comuni. L'attività primaria divenne in diversi monasteri la copiatura di testi antichi, specie di quelli biblici. A tal proposito si è fatto notare che «il monaco che ricopia e medita e rivolve e commenta e diffonde la parola biblica» aperse la via alle nuove scienze linguistiche. In particolare, per i Benedettini la "Preghiera" è intesa come la contemplazione del Cristo alla luce della Parola Sacra ed è praticata sia comunitariamente attraverso i canti (loro sono i canti gregoriani), la partecipazione a funzioni e l'ascolto delle letture in diversi momenti della giornata (ad es. durante i pasti), sia nel chiuso della propria cella sia attraverso lo studio. Luoghi inospitali e disabitati dove erigevano le loro abbazie, ma anche lo studio e, un tempo, la trascrizione di testi antichi (non solo religiosi ma anche letterari o scientifici). Del resto per loro un'alta forma di preghiera è anche il proprio atteggiamento verso il lavoro. Così San Benedetto organizza la vita monastica intorno a tre grandi assi portanti che permettono di fare fronte alle tentazioni impegnando continuamente ed in modo vario il monaco: 1. preghiera comune 2. preghiera personale 3. lavoro Lo studio non era compreso. La maggior parte dei monaci benedettini era analfabeta. Compito del monaco è, con l'aiuto della comunità monastica di cui fa parte, di adempiere a questi tre obblighi con il giusto equilibrio, perché quando uno prende il sopravvento sugli altri il monachesimo cessa di essere benedettino. I monaci che seguono la regola di San Benedetto, infatti, non devono essere né dei contemplativi dediti unicamente all'orazione, né dei liturgisti che sacrificano tutto all'Ufficio, né degli studiosi, né dei tecnici o degli imprenditori di qualsivoglia genere di lavoro.

5 LA REGOLA BENEDETTINA

Samantha Carrassi


Il monachesimo

Mentre le invasioni barbariche rendevano drammatiche le condizioni di vita delle popolazioni dell'Impero Romano d'Occidente, andarono costituendosi e prendendo vigore diverse istituzioni ecclesiastiche

e

religiose.

Tra

esse

il

monachesimo, è forse la più importante. Il monachesimo europeo proviene dal Medio Oriente. Nel IV secolo, in Egitto, in Palestina e in Siria, sulla scia di Antonio il Grande e di altri Padri del deserto, si fecero sempre più numerosi coloro che abbandonavano completamente il mondo per vivere nella solitudine oppure per associarsi insieme in conventi o cenobi, onde ricercare una comunione più intensa con Dio ed innalzarsi verso la santità. Il monachesimo degli albori si fonda sulla libertà

individuale

del

monaco

che

liberamente sceglie la vita solitaria. Ma ben presto si diffuse il sistema delle regole. La regola era posta dal maestro e aveva lo scopo di organizzare la vita comunitaria. Tra le regole più famose si ricorda quella di san Benedetto da Norcia, esemplificata nel motto: Ora et labora (prega e lavora). I monaci nell'Europa Orientale si davano con fervore, ad intense pratiche ascetiche (dal greco aschesis=esercizio), le quali univano alla preghiera ed alla meditazione ogni sorta di mortificazioni della carne, talora durissime o stravaganti addirittura, come l'astensione dal cibo, dal sonno o dal lavarsi per periodi più o meno lunghi, oppure l'infliggersi flagellazioni e torture. Tra questi, particolari furono gli stiliti e i dendriti che

trascorrevano

la

loro

vita

rispettivamente su una colonna e su un albero. Dopo il IV secolo il monachesimo comincia a diffondersi in Occidente: Girolamo a Roma, Agostino

in

Africa, Severino nel Norico, Paolino a Nola, Martino Giovanni Cassiano 6 IL MONACHESIMO IN EUROPA

Mattia Caputo


Il monachesimo nella Gallia si fecero promotori dell’ideale monastico (sull'esempio di quello orientale) e monasteri famosi sorsero nel V secolo a Tours e ad Arles ad opera dei vescovi Cesario e Aureliano (autori di importanti Regole). Cassiodoro, il ministro di Teodorico, fallita la sua politica di fusione tra Romani e Goti, abbandonò la corte gotica, si rifugiò nei suoi possedimenti nella natia Calabria e verso il 554 fondò un monastero a Vivarium, in cui trascorse gli ultimi anni della sua vita. A dare al monachesimo del cristianesimo cattolico la sua particolare fisionomia operosa, fu però un giovane, discendente da una famiglia della piccola nobiltà provinciale dell’Umbria: Benedetto da Norcia(480-543). Ritiratosi a vita eremitica a Subiaco, Benedetto aveva veduto crescere attorno a sé un gruppo di seguaci, insieme ai quali, trasferitosi successivamente nelle vicinanze di Cassino, aveva fondato il monastero di Montecassino, il più importante centro monastico dell’Occidente. Mentre il mondo occidentale è sconvolto dalle invasioni barbariche, i monasteri benedettini creano un nuovo tipo di società basata, anziché sul concetto romano della proprietà privata, su quello cristiano della solidarietà collettiva. I monaci coltivano le terre circostanti al monastero, o almeno le fanno coltivare dai propri coloni, difendendole dall’abbandono e dall’inselvaticamento. Attorno a loro, si raggruppano in cerca di protezione famiglie coloniche, che trovano rifugio all’ombra del monastero. Il monastero diventa così il centro di un piccolo mondo economico auto-sufficiente; anche i prodotti artigianali o industriali necessari alla sua esistenza vengono prodotti al suo interno da monaci o da servi dipendenti dal convento. Il sovrappiù della produzione viene posto in vendita; così, non di rado, attorno al convento sorge anche un centro di scambi commerciali, un mercato, una fiera. In mezzo ad un’età di sovrani analfabeti e di regresso della civiltà, nei monasteri benedettini gli amanuensi negli scriptoria, continuano a copiare le opere degli scrittori antichi cristiani e pagani. Nei monasteri convivono quindi pacificamente insieme romani e barbari, affratellati dalla comune fede e dalla comune obbedienza alla Regola. I monasteri benedettini costituiscono, per tutto il Medioevo, importanti centri di diffusione culturale. Accanto a quello sempre più importante di Montecassino, sorsero numerosi monasteri, fra cui emergono per importanza quelli di Nonantola nell'Emilia, di Farfa nella Sabina,

di

San

Vincenzo

al

Volturno

nell’Italia

meridionale, nel 726 della Novalesa in Val di Susa (Piemonte). Questi cenobi accolsero tra le loro mura tanto latini che barbari, favorendo la fusione dei due popoli, mantennero in vita le tradizioni culturali dell’antichità e del cristianesimo, favorendo la diffusione della civiltà romana tra i Longobardi. 6 IL MONACHESIMO IN EUROPA

Mattia Caputo


Il monachesimo

Lo scriptorium o centro scrittorio, è, nel linguaggio della paleografia e codicologia, il luogo dove si scrive e per estensione ogni luogo dove era effettuata l'attività di copiatura da parte di amanuensi, soprattutto nel Medioevo. Nella terminologia corrente di solito si intende per centro scrittorio quella parte del complesso monastico dedicata alla copiatura dei manoscritti, spesso comunicante con la biblioteca. Tali ambienti ebbero grande importanza culturale sia per l'azione di salvaguardia della cultura greca e latina, sia perché costituirono ambiti di pensiero e sviluppo di nuova cultura.

A Roma vi erano nel IV secolo 28 biblioteche pubbliche. Con il tramonto dell'impero, in Occidente, la copiatura dei testi in ambito civile subì un irreversibile declino. Gli scriptoria nacquero in ambito monastico per continuare la trasmissione del sapere. Uno dei primi centri scrittori di cui si abbia memoria fu quello fondato da Cassiodoro in Calabria alla metà del VI secolo. Questa attività però non sopravvisse alla crisi economicoistituzionale che attraversò l'Europa nel VII-VIII secolo. L'Irlanda era rimasta estranea ai processi devastanti che avevano interessato il continente. Il cristianesimo si era diffuso nel corso del V secolo. Sull'isola, e nelle regioni celtiche della Gran Bretagna, nacquero diversi monasteri. Il monachesimo irlandese fece propria la lingua e la cultura latina. All'interno dei monasteri celtici, sia irlandesi che britannici, si diffusero importanti scriptoria:   

in Irlanda: Bangor (dove fu redatto il più antico antifonario esistente), ... in Scozia e alta Inghilterra: Iona, Lindisfarne, Wearmouth e Jarrow; nella bassa Inghilterra: Malmesbury.

Lo scriptorium era un vasta sala illuminata da numerose finestre. I monaci lavoravano vicino ai punti più adatti a ricevere la luce. Gli strumenti del lavoro erano: penne, inchiostro e temperini, righelli, punteruoli e, infine, il leggio. Per i manoscritti che andavano miniati c'erano altri utensili o materiali specifici. Tutto questo materiale era fornito dall'armarius (il bibliotecario del monastero), vero regista dell'operazione di copiatura. L'armarius poteva avere anche altri incarichi In una stessa stanza potevano lavorare fino a trenta amanuensi. L'attività propriamente di copiatura comprendeva tutte le fasi della lavorazione del libro. Sicuramente attestate sono le varie fasi della preparazione della pergamena per la scrittura. Poiché il papiro non era più disponibile dopo la conquista araba dell'Egitto, i fogli erano ricavati dalle pelli degli animali. 7 IL MONACHESIMO IN EUROPA

Roberto Salomone


Il monachesimo La pergamena più pregiata si ricavava dalla pelle di vitello e prendeva il nome di vello. Una volta posto sul leggio, la prima operazione consisteva nel tracciare delle righe orizzontali sul foglio vuoto. Affinché la scrittura fosse diritta, l'amanuense doveva seguire tali righe. Seguivano poi le fasi della scrittura: il monaco amanuense copiava il testo sulla pagina rigata. Ovviamente il lavoro non sempre si limitava alla copia di testi antichi, bibbie o commenti biblici; molto spesso venivano scritte anche opere originali. Spesso gli scriptoria svilupparono usi grafici caratteristici diversi e indipendenti fra loro (si pensi alle lettere a e b caratteristiche dello scriptorium di Corbie o alle lettere a e z caratteristiche di quello di Laon varianti della scrittura definita in paleografia come merovingica). Meno ovvia è invece la partecipazione di miniatori/pittori alle attività di scrittura. La miniatura era infatti eseguita separatamente dopo la redazione del testo (ma prima della legatura del libro) spesso in altri ambienti e a distanza di tempo (anche qualche mese). Gli scriptoria fornivano libri per i monasteri, sia per uso interno sia come manufatti di scambio. Producevano inoltre i libri destinati alla ristretta fascia di laici alfabetizzati. Tuttavia, alla metà del XIII secolo, la concorrenza di botteghe scrittorie laiche cittadine era diventata molto forte sia per il tipo di letteratura proposta (non più soltanto edificante o di preghiera) sia per la lingua con cui era scritta (non più in latino). Le botteghe scrittorie laiche inoltre avevano sistemi di copiatura più rapidi (per esempio il sistema della pecia in ambito universitario). Diversa era certamente la mentalità del monaco che copiava un'opera quale adempimento a un precetto religioso e quella dello scriba laico che copiava un'opera a scopo di lucro. Comunque per vari secoli ancora gli scriptoria monastici rimasero il perno della produzione di testi liturgici per i monasteri stessi, almeno fino alla diffusione della stampa.

7 IL MONACHESIMO IN EUROPA

Roberto Salomone


Il monachesimo

Il nome della rosa è un romanzo scritto da Umberto Eco ed edito per la prima volta da Bompiani nel 1980. Dopo aver pubblicato numerosi saggi, il semiologo decise di scrivere il suo primo romanzo, cimentandosi nel genere del giallo storico e in particolare del giallo deduttivo. Tuttavia il libro può essere considerato un incrocio di generi, a metà strada tra lo storico e il narrativo.

Nel 1327 alcuni terribili omicidi sconvolgono un'abbazia benedettina sperduta tra i monti del NordItalia. Nel monastero dovrà svolgersi un importante concilio francescano a cui è chiamato a partecipare il dotto frate Guglielmo da Baskerville. Nel contempo, l'abate affida a Guglielmo le indagini degli omicidi in virtù della sua esperienza di inquisitore, senza dimenticare le vociferazioni sull'Anticristo che da sempre circolano nell'abbazia. Il francescano, insieme al suo giovane novizio Adso da Melk, si ritrova in un ambiente ostile, un'abbazia piena di libri e di cultura ma anche segreta e spaventosa, su cui dovrà indagare prima dell'arrivo della Santa Inquisizione.

Dopo 5 anni di preparazione il film viene girato in 16 settimane fra gli studi di Cinecittà a Roma, l'Abbazia di Eberbach in Germania, la Rocca Calascio in Abruzzo e Castel del Monte (Andria), in Puglia. Le riprese si svolsero tra l'11 novembre 1985 e il 10 marzo 1986. Il budget è stato di circa 17 milioni di dollari e l'incasso della pellicola è stato superiore ai 77 milioni di dollari nel mondo. Fu distribuito in anteprima negli Stati Uniti d'America il 24 settembre 1986, mentre in Italia giunse il 17 ottobre dello stesso anno e fu campione d'incassi assoluto nella stagione 1986/87, davanti al blockbuster Top Gun ed al film premio Oscar Platoon di Oliver Stone.

8 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE

Gaetano Stea


Il monachesimo

L'opera, ambientata sul finire dell'anno 1327, si presenta come il manoscritto del monaco Adso da Melk, che, ormai anziano, mette su carta i fatti vissuti da novizio molti decenni addietro in compagnia del proprio maestro Guglielmo da Baskerville. La narrazione si svolge all'interno di un monastero benedettino dell'Italia settentrionale, ed è suddivisa in sette giornate, scandite dai ritmi della vita monastica. Il romanzo ha ottenuto un vasto successo di critica e di pubblico, vendendo oltre 50 milioni di copie in trent'anni ed essendo tradotto in oltre 40 lingue. Ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Strega nel 1981, ed è stato inserito nella lista de "I 100 libri del secolo di Le Monde".

Fonte di Ispirazione:

All'epoca della concezione dell'opera, il romanzo storico con

ambientazione medievale era stato riscoperto da poco in Italia da Italo Alighiero Chiusano, col suo L'ordalia. Le diverse similarità (ambientazione temporale, genere inteso come romanzo di formazione, e scelta dei personaggi principali, un novizio e il suo maestro, un saggio monaco più anziano), e la notorietà che L'ordalia aveva nel 1979, che un esperto di letteratura come Umberto Eco difficilmente ignorava, fanno ritenere L'ordalia con molte probabilità una delle principali fonti di ispirazione de Il nome della rosa.

8 IL MONACHESIMO OCCIDENTALE

Gaetano Stea


Il monachesimo

Del monaco più illustre della Chiesa antica, morto ultra centenario (250-356), ci è pervenuto uno dei più bei esempi di biografia. Ne è autore S. Atanasio, che di Antonio era amico e zelante discepolo. Il biografo non ha trascurato alcun particolare che potesse illuminare sulla personalità, le abitudini, il carattere, le opere e il pensiero del caposcuola del monachesimo. Nato a Come nel cuore dell'Egitto, a vent'anni Antonio aveva abbandonato ogni cosa per seguire alla lettera il consiglio di Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai...". Si rifugiò dapprima in una zona deserta e inospitale tra antiche tombe abbandonate e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse per ottant'anni vita di anacoreta. L'esperienza del "deserto", in senso reale o figurato, è ormai un metodo di vita ascetica, fatto di austerità, di sacrificio e di estrema solitudine: S. Antonio, se non l'iniziatore, ne fu l'esempio più insigne e stimolante. Infatti, pur non avendo redatto alcuna regola di vita monastica o aver incoraggiato altri a seguirlo nel deserto, Antonio esercitò un grande influsso dapprima tra i suoi conterranei, e poi in tutta la Chiesa. Il richiamo della sua straordinaria avventura spirituale, pur in assenza dei mass media e delle rapide comunicazioni moderne, si propagò a tal punto che da tutto l'Oriente monaci, pellegrini, sacerdoti, vescovi, e anche infermi e bisognosi, accorrevano a lui per ricevere consigli o conforto. Lo stesso Costantino e i suoi figli si mantennero in contatto con il santo anacoreta. Pur prediligendo la solitudine e il silenzio, Antonio non si sottrasse ai suoi obblighi di cristiano impegnato a riversare sugli altri i doni con cui Dio aveva ricolmato la sua anima: due volte egli lasciò il suo eremitaggio per recarsi ad Alessandria, sapendo che la sua presenza avrebbe infuso coraggio ai cristiani perseguitati da Massimino Daia. La seconda volta vi si recò dietro invito di S. Atanasio, per esortare i cristiani a mantenersi fedeli alla dottrina sancita nel concilio di Nicea (325). Non è possibile parlare di questo illuminato "contestatore" senza accennare alle tentazioni che turbarono la sua solitudine nel deserto e che fornirono a pittori come Domenico Morelli il pretesto per ritrarlo tra donne sensuali: S. Antonio fu infatti bersaglio di molteplici tentazioni del maligno che gli appariva sotto sembianze angeliche, umane e bestiali. Questo santo umanissimo, pur nell'austera immagine dell'anacoreta, è veneratissimo come protettore degli animali domestici, umile ruolo che lo rende tuttora popolare ed amato. 9 SANT’ANTONIO ABATE

Maria Pia Lapenna


Il monachesimo

Morti i genitori, Antonio rimase solo con una piccola sorella. Aveva diciotto o vent’anni e aveva cura egli stesso della casa e della sorella. Non erano passati sei mesi dalla morte dei genitori e andando come al solito in chiesa, camminando pensava e rifletteva come gli apostoli avessero lasciato tutto per seguire il Signore, come negli Atti si narri dei cristiani che vendevano i loro beni e ne portavano il prezzo ai piedi degli apostoli, perché fosse distribuito ai bisognosi, e quale grande ricompensa fosse per questi preparata in cielo. Con tali pensieri entrò in chiesa e avvenne che si leggesse il Vangelo in cui il Signore dice al giovane ricco: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri poi vieni e seguimi e avrai un tesoro in cielo”. Antonio, ritenendo che i precedenti pensieri gli fossero stati ispirati da Dio e come se quella lettura fosse proprio per lui, subito, uscito di chiesa, donò alla gente del paese i beni ereditati dai genitori (erano 50 ettari di ottimo terreno); vendette i beni mobili che aveva e, conservata una parte per la sorella, diede ai poveri il denaro ricavato. E iniziò la vita ascetica, mortificandosi e pregando.

9 SANT’ANTONIO ABATE

Maria Pia Lapenna


Il monachesimo

Simeone nacque a Sis, in Cilicia, nei pressi di Antiochia nel nord della Siria, figlio di un pastore. Con la suddivisione dell'Impero romano nel 395, la Siria venne incorporata in quello che divenne l'Impero bizantino e il Cristianesimo si sviluppò velocemente. Cresciuto sotto l'influenza della madre Marta (anche lei santa), egli sviluppò un grande entusiasmo per il Cristianesimo, all'età di 13 anni, dopo la lettura delle Beatitudini. Iniziò presto ad osservare un comportamento molto austero ed entrò in un monastero prima del compimento del 16º anno d'età. Un giorno, uscito dal convento, iniziò un lungo digiuno in occasione della Quaresima; fu visitato dal priore del convento che gli portò acqua e pane. Diversi giorni più tardi venne scoperto in condizioni di incoscienza e con l'acqua e il pane intatti. Quando fu portato in convento, si scoprì che aveva legata alla vita una cintura, fatta di fronde di palma, talmente stretta da procurargli una ferita. A questo punto gli fu chiesto di lasciare il convento. Egli si rinchiuse quindi in una capanna, per un periodo di tre anni, dove passava l'intero periodo quaresimale senza mangiare. Dopo questo periodo, Simeone cercò un'eminenza rocciosa sui pendii di quello che ora è lo Montagna Sheik Barakat e decise di rimanere in uno spazio avente meno di 20 metri di diametro. Una moltitudine di pellegrini iniziò ad accorrere per chiedergli un consiglio o una preghiera e questo disturbò molto Simeone in quanto non gli lasciava più tempo sufficiente per la preghiera. Questo lo condusse ad adottare un modo nuovo di vivere. Allo scopo di isolarsi dalla massa, Simeone creò una piccola piattaforma sulla sommità di un pilastro che trovò nelle vicinanze, e su questa decise di vivere per il resto della sua vita. Quando il monaco più anziano, che viveva nel deserto, seppe che Simeone aveva scelto una forma nuova e strana di ascetismo, volle esaminarlo per capire se il suo atteggiamento era fondato sull'umiltà o sull'orgoglio. Decise così di chiedere a Simeone un gesto di obbedienza e quindi di scendere dal pilastro. Se avesse disubbidito lo avrebbero costretto con la forza ma se si fosse sottoposto ad obbedienza ve lo avrebbe lasciato. Simeone rese obbedienza completa e sottomissione e pertanto gli fu consentito di rimanere sul suo pilastro. Questo primo pilastro era alto poco più di 4 metri ma successivamente venne sostituito con altri, via via sempre più elevati, fino a raggiungere una distanza da terra di oltre 15 metri. Alla cima del pilastro era situata una piattaforma grande non più di 4 metri.

10 LO STILITA SIMEONE

Michele De rosa


Il monachesimo Simeone non permetteva alle donne di avvicinarsi al suo pilastro, neanche a sua madre, dicendo loro (a quanto riferito) "se saremo degni, ci vedremo nella vita a venire". Quando la madre morì, Simeone chiese che i suoi resti fossero portati a lui. Egli talvolta pregava in posizione eretta con le braccia aperte a forma di croce, anche se la sua posizione più frequente era quella di curvare il suo scheletro macilento dalla fronte ai piedi. Anche sulla più alta delle sue colonne, Simeone non fu estraneo al mondo. Egli si rese disponibile ai visitatori ogni pomeriggio e per mezzo di una scala essi potevano giungere sino a lui. egli morì senza scendere dalla colonna. Dopo 37 anni trascorsi sul pilastro, Simeone morì il 2 settembre 459. Egli ispirò molti seguaci e per oltre cento anni molti altri asceti ne imitarono lo stile di vita decidendo di vivere come lui su di una colonna. Essi vennero così denominati stiliti e furono molto comuni nell'Impero bizantino.

10 LO STILITA SIMEONE

Michele De rosa


Il monachesimo

Diversamente da quanto comunemente si crede il fenomeno del Monachesimo (che tanto caratterizzò il Medioevo) ebbe il suo primo sviluppo nell'Oriente Cristiano. L'ascetismo fu inizialmente praticato in Egitto dove uno dei primi monaci fu Sant'Antonio (abate, nato intorno 250 d.C) che per circa 20 anni si ritirò in completa solitudine nelle vicinanze di Afroditopoli e di el-Fayyum. A Sant'Antonio abate sono dovute le prime forme di aggregazione del monachesimo cristiano che inizialmente si affermarono nel basso Egitto ed in particolare nei deserti di Nitria e Scete. Fra i cristiani di Oriente questo personaggio è abbastanza noto (i maroniti lo ricordano come "Mar Antonios al-Kabir " , altri come S.Antonio il Grande). Pochi anni dopo l'inizio di queste esperienze S. Pacomio (292-348) creò, sempre in Egitto, il primo monastero a Tabennisi. All'epoca della sua morte facevano capo all'organizzazione da lui ispirata diversi monasteri. All'inizio la filosofia di questi monaci trovava documentazione anche nei discorsi, riportati da Cassiano, di 24 monaci autorevoli che per un certo periodo di tempo avevano avuto contatti con lo stesso Cassiano ed il suo amico Germano. Comunque dall'Egitto queste forme di vita religiosa si estesero prima nel Sinai (dove era venerato il c.d. roveto ardente) e poi in altre zone del Medio Oriente. Nel Sinai nel luogo dove alcuni monaci erano stati insidiati da predoni più tardi nacque, per altre vicende ed anche con l'intervento del famoso imperatore Giustiniano, l'importante monastero dedicato a Santa Caterina d'Alessandria. In Siria, a differenza di quanto accadeva in Egitto, esistevano forme di ascetismo un pò particolari e può darsi che all'inizio gli eremiti cristiani, per tradizioni locali, non avessero avuto molti contatti con quelli egiziani. Le più famose forme di ascetismo erano quelle degli stiliti eremiti che vivevano sopra una colonna (uno di questi era San Simeone Stilita) , ma c'erano altre forme singolari (ad esempio si narra di monaci detti "pascolanti" che mangiavano l'erba dei campi). Altra forma ancora è quella dei 11 IL MONACHESIMO ORIENTALE

Monica Damato


Il monachesimo "dendriti" che si isolavano sopra gli alberi. Le foto di seguito, effettuate nei pressi di Aleppo in Siria, documentano comunque il rilievo che S. Simeone aveva per i cristiani prima dell'arrivo dell'Islam. Anche le donne si avviavano talora al monachesimo. In Siria pochi monasteri femminili erano stati creati da nobildonne romane, ma esistevano altre forme di aggregazione premonastiche come ad esempio quelle delle "figlie dell'alleanza ". In Egitto monasteri femminili erano poco più frequenti grazie anche ad una sorella di Pacomio e monache furono poi presenti anche nel grande Monastero Bianco (presso Sohag) fondato dal santo copto San Shenouda. Dal medio oriente il monachesimo si affermò poi in Grecia grazie a San Basilio. E successivamente il monachesimo nella sua forma greca si sviluppò in tutto l'Oriente romano e poi (per via di Eusebio da Vercelli e di Sant'Agostino) anche in Italia. L'antico ceppo dei monaci antoniani nel corso dei secoli si è diviso fra Maroniti (Libano), Baladiti, Caldei, Armeni, diverse congregazioni anche occidentali. Quando la madre morì, Simeone chiese che i suoi resti fossero portati a lui. Egli talvolta pregava in posizione eretta con le braccia aperte a forma di croce, anche se la sua posizione più frequente era quella di curvare il suo scheletro macilento dalla fronte ai piedi. Anche sulla più alta delle sue colonne, Simeone non fu estraneo al mondo. Egli si rese disponibile ai visitatori ogni pomeriggio e per mezzo di una scala essi potevano giungere sino a lui. egli morì senza scendere dalla colonna. Dopo 37 anni trascorsi sul pilastro, Simeone morì il 2 settembre 459. Egli ispirò molti seguaci e per oltre cento anni molti altri asceti ne imitarono lo stile di vita decidendo di vivere come lui su di una colonna. Essi vennero così denominati stiliti e furono molto comuni nell'Impero bizantino.

11 IL MONACHESIMO ORIENTALE

Monica Damato


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