ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA
FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA
Corso di laurea in
LETTERE
TITOLO DELLA TESI
BARCELLONA: CITTA’ A MISURA D’UOMO
Tesi di laurea in
GEOGRAFIA
Relatore :
Presentata da:
Prof.ssa. Laura Federzoni
Mattia Matrone
Seconda Sessione Anno accademico 2010/2011 1
INDICE
Introduzione
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1. BREVE STORIA DELLA CITTA’
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1.1. L’antichità 1.2. La prosperità nel medioevo 1.3. L’Età moderna 1.4. La città prigione (‘700/’800) 2. LA NASCITA DELLA COSCIENZA URBANA
Pag. 10
2.1. Un investimento della borghesia 2.2. La Renaixença Pag. 11
3. UN PIANO PER IL FUTURO 3.1. Studiato per l’Uomo 3.2. Un progetto modulare 3.3. Pianta nuova, città nuova 4. PRIMI DEL ‘900: DUE ESPOSIZIONI UNIVERSALI E NUOVI CRITERI DI ESPANSIONE
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4.1. Importanza internazionale 4.2. Pla Jaussely 4.3 Divisione funzionale 4.4. Montjuïc 5. IMMIGRAZIONE, EDILIZIA POPOLARE E SPECULATIVA
Pag.16
5.1. Crescita incontrollata 5.2. Anarchia 5.3. L’associazionismo Pag. 19
6. UNA SECONDA RENAIXENÇA 6.1. Socialisti al potere 6.2. Riconversione e riqualificazione 2
7. 1992, LE OLIMPIADI E IL PASSAGGIO AL TERZIARIO
Pag. 21
7.1. Riscoprire il mare 7.2. Eccessivo ottimismo 7.3. Interessi immobiliari 7.4. Impianti sportivi 8. ANNI DI PROSPERITA’: LE GRANDI OPERE AL PORTO
Pag. 24
8.1. Fiducia negli investimenti 8.2. Capitalizzare il waterfront 8.3. Moll de Barcelona 8.4. Maremagnum Shopping Center 8.5. Barceloneta 9. IL RAVAL: RICCHEZZA MULTICULTURALE
Pag. 28
9.1. Un quartiere “strano” 9.2. Una difficile risalita 9.3. Polo culturale 9.4. Incentivi al turismo 9.5. Integrazione 9.6. Street culture 9.7. Stabilire l’ordine Pag. 34
10. 2004: IL FORUM E DIAGONAL MAR 10.1. Espansione verso Est 10.2. Una diversa concezione di sviluppo 10.3. Accesa polemica 10.4. Zoo Marìtim :un progetto incompiuto 10.5. Benefici inaspettati 11. IL NUOVO CENTRO GEOMETRICO DELLA CITTA’ 11.1. 22@BCN 11.2. Valorizzazione della storia recente 3
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11.3. Plaça de les Glories Catalanes: l’intuizione di Cerdà 11.4. Da area marginale a centro nevralgico 11.5. L’immediato futuro 12. 2015-2020: UNA NUOVA BASILICA E UNA STAZIONE PER L’EUROPA UNITA
Pag. 43
12.1. La Sagrada Famìlia: una basilica per il nuovo centro 12.2. Un sistema ferroviario da sempre efficiente 12.3. Trasporti sotterranei 12.4. Molto più di una stazione ferroviaria 12.5. Impatto sociale 12.6. Una scoperta archeologica da preservare 13. 2010/2011: NOVE MESI DI OSSERVAZIONI SUL CAMPO
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13.1. Un periodo di recessione 13.2. Tensioni sociali 13.3. Segni di malessere 13.4. Problemi legati al turismo di massa 13.5. Guerra agli sprechi con l’agopuntura urbana 13.6. Preservare l’efficienza dei servizi e la vivibilità
Conclusione
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Bibliografia
Pag. 57
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Si ringraziano i professori dell’Università di Barcellona: Martì Cors i Iglesia, Xavier Lopez Cajero e Marta Sancho i Planas
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INTRODUZIONE Già dal primo momento in cui si visita Barcellona ci si rende conto di osservare una città dalla storia millenaria e travagliata. Le masse di turisti che marciano avanti e indietro per le Ramblas non possono nascondere una realtà urbana stratificata e complessa, una città simbolo della sua stessa evoluzione e perfetto esempio di “habitat metropolitano” europeo. Se ci si ferma a vivere per diverso tempo nella capitale catalana è impossibile resistere alla tentazione di esaminare a fondo i suoi vicoli, i suoi quartieri antichi e cercare di capire qual è quel doppio legame che intercorre tra la metropoli e gli esseri umani che vivono in essa, o meglio vivono assieme ad essa. Ogni insediamento umano contemporaneo può infatti Figura 1: Fronte Marittimo di Barcellona © M. essere visto come un grande e complesso oggetto di Matrone 2011 uso quotidiano le cui funzioni sono molteplici e variano a seconda delle esigenze e della comodità dei suoi fruitori. Il poter vivere in una realtà urbana ergonomica, paragonabile alla necessità di far sedere il proprio corpo su di una sedia che abbia adeguate proporzioni e uno schienale posto alla giusta inclinazione, è un bisogno che ha accompagnato da sempre l’essere umano. Tuttavia, a seconda del periodo storico e dell’evoluzione tecnologica di una popolazione, l’utilità degli oggetti, come delle città, può cambiare: alcune funzioni diventano obsolete, mentre nuove esigenze o anche semplici mutati gusti estetici portano alla costruzione di altri utensili dalle innovative forme funzionali, sia rimodellando e riadattando il preesistente, sia creandone ex novo. Barcellona è uno dei paesaggi metropolitani dove è più evidente, a livello mondiale, il processo di evoluzione urbanistica e architettonica grazie al quale essa è cresciuta sino a diventare uno dei più grandi e importanti insediamenti del bacino del Mediterraneo, mantenendo tuttavia una coscienziosa memoria delle sue varie fasi di sviluppo, un meccanismo virtuoso che non sarebbe stato possibile senza la partecipazione dei suoi abitanti. I Barcellonesi infatti, che al giorno d’oggi sono un gruppo umano multietnico e multiculturale, benché sempre legati alle tradizioni catalane, hanno sviluppato un senso di attaccamento e di cura verso la propria città estremamente singolare. Vivendo quotidianamente la realtà della metropoli, essi sono riusciti a farla evolvere cercando di mantenerla il più possibile ergonomica ed efficiente, nonché in grado di proporsi come modello per le città europee di dimensioni analoghe, nonostante i problemi dovuti alle divergenze di opinioni tra le amministrazioni, alle scelte rivelatesi erronee o inefficaci, sino alla speculazione edilizia e alla difficile crisi economica degli ultimi anni.
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La Barcellona che si presenta al visitatore di oggi è un’opera di design urbano ancora in costruzione, una città che, nonostante tutto, si sforza di mantenersi vivibile progettando e offrendo servizi a misura d’uomo di prima qualità. In questa sede ci si focalizzerà sullo studio di alcuni recenti interventi funzionali sul tessuto urbano (i quali per altro non sempre significano la costruzione di grandi opere architettoniche) e sul come questi interventi abbiano condizionato le attività e i comportamenti del gruppo umano residente. Partendo dall’osservazione dello stato attuale di alcune zone si esamineranno i più importanti cambiamenti che la struttura cittadina ha subito a partire dalla fine degli anni ’70 sino ad oggi. Tra gli interventi che verranno descritti alcuni sono ancora alle prime fasi di realizzazione, i loro effetti sul comportamento della popolazione rimangono per il momento a livello di ipotesi.
1. BREVE STORIA DELLA CITTA’ Sarebbe impossibile capire il funzionamento di una metropoli come Barcellona, la cui popolazione è di 1.619.337 abitanti1 (2010), senza un breve excursus sulla sua storia e senza avere idea dell’importanza strategica della sua posizione geografica. L’antichità I Laietani, gli antichi abitanti della Catalogna, costruirono un villaggio sul monte Taber, allora una piccola sporgenza rocciosa a picco sul mare, abitata già dalla fine del neolitico. Nel IV secolo l’insediamento cadde sotto il dominio dei Cartaginesi che gli diedero il nome di Barkeno, in onore alla famiglia Barca della quale faceva parte il grande Annibale. I Romani conquistarono l’avamposto nel 218 a.C. dandogli il nome di Barcino2 e sotto il principato di Augusto venne costruita la prima cinta muraria. La città divenne così baluardo delle forze imperiali nell’avanzata contro le irriducibili popolazioni celtiche stanziate nel nord della penisola durante le guerre cantabriche del 29-19 a.C. Barcellona romana era una città di secondaria importanza rispetto a Tarragona, fiorente capitale della provincia di Hispania terraconense, la sua estensione era infatti assai ridotta e la circondava un perimetro fortificato di circa 5km (l’odierno Barri Gotic): il foro coincideva pressappoco con l’attuale Plaça S. Jaume e il cardo massimo con un piccolo tratto di Carrer Ferran. L’importanza strategica che doveva avere allora questo sito si accrebbe proprio durante le guerre contro i Cantabri e gli Asturiani, oggi la si può comprendere grazie allo studio dell’antica linea di costa (Fig. 2), la quale, in epoca romana, formava una generosa insenatura a Sud-ovest del castrum fornendo riparo alle navi da guerra, protette ulteriormente dalla mole del Montjuïc, il promontorio roccioso che domina la città nella zona meridionale.
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Fonte: Idescat, Institut De Estadistica de Catalunya. 2 Abbreviazione comune di Colonia Iulia Augusta Faventia Paterna Barcino (Inscr. ap. Gruter, p. 426, ens. 5, 6)
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Nel 415 i Visigoti occuparono Barcellona, successivamente nell’VIII secolo la conquistarono i musulmani i quali dominarono la regione fino a quando i Carolingi non riconquistarono la Catalogna e la incorporarono nella Marca Hispanica. Il governo fu affidato a Goffredo Borrell primo conte di Barcellona, titolo che ancora oggi detiene per diritto ereditario il re di Spagna, Juan Carlos I di Borbone. La prosperità nel medioevo In epoca medievale comincia la fortuna della città, quale snodo commerciale strategico intermodale: accanto ad essa passa l’antica via Augusta, mantenutasi in buono stato per il fatto di essere una strada lungo la quale marciano gli eserciti. A Barcellona giungevano via terra merci dall’emirato di Cordova, dalle Asturie, da Carcassonne, da Tolosa e dall’Aquitania. Il suo porto si apre infatti sul Mediterraneo e fa concorrenza a quello di Marsiglia e di Genova. Figura 2: fasi di avanzamento della linea di costa. Grafica, cc E. Villarubla 2009
Nel 1285 una nuova cinta muraria iniziò a proteggere una comunità solida e unita di armatori, mercanti e artigiani nella quale prosperava il commercio del sale, della lana e del corallo. Intanto la conformazione geologica della costa cambiava e l’accumulo di detriti portati a valle dalle colline della cordigliera litorale lungo particolari canali di scolo a regime stagionale chiamati Ramblas aveva riempito già gran parte dell’antica conca del porto. Al di là di questa via naturale, appunto l’odierna Rambla1, era geminato un nuovo quartiere attorno ai conventi extra moenia ivi presenti: si trattava del El Raval noto oggi come Barri Xino. Nel 1374 Pietro III d’Aragona decise di fortificare anche questa zona, la quale rimaneva però separata dal resto della città dal tratto di mura duecentesco lungo la Rambla. Nel Barri Xino erano coltivati numerosi orti in grado di fornire sostentamento alla popolazione in caso di attacco esterno, inoltre, la presenza delle confraternite religiose favorì la costruzione di ospedali, orfanotrofi e servizi per i cittadini in una zona a bassa densità demografica che doveva funzionare allora come una sorta di polo conventuale e ospedaliero, nonché agricolo, a vantaggio degli abitanti del Barrio Gotico e dei quartieri più antichi. L’età moderna Le fortune e la prosperità di Barcellona si arrestarono bruscamente dopo la scoperta dell’America dal momento che la Corona spagnola, pur lasciandole una certa autonomia politica, non le concesse i permessi commerciali con le nuove colonie oltreoceano. La posizione della città, strategica nel Mediterraneo è infatti estremamente sfavorevole per le rotte transatlantiche. Questo capovolgimento di sorti comportò una inesorabile crisi dell’economia 1
In Catalogna le ramblas o rieras sono un elemento comune nel paesaggio. Lungo questi sentieri naturali sono nati molti villaggi.
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cittadina, molte banche e manifatture chiusero i battenti e la flotta militare venne spostata nei porti sull’Atlantico. Dal ‘500 in poi quel mare che era stato la sua più grande ricchezza iniziò a procurare alla comunità impoverita quasi più danni dei magri ricavi della pesca o dei commerci interni al Mediterraneo. Infatti l’assenza di protezione militare rese il porto vulnerabile agli attacchi dei pirati, tanto che si dovette costruire, a partire dal XVI secolo, una nuova serie di fortificazioni sul fronte marittimo1. I Barcellonesi voltarono così le spalle al mare e cercarono di accontentarsi dell’autonomia amministrativa concessa alla regione catalana dal regno d’Aragona, tramandandosi per generazioni il mito dell’antico prestigio. La città prigione (‘700/’800) I tempi peggiori per Barcellona furono quelli della guerra di successione spagnola, quando la contea barcellonese che aveva sostenuto la candidatura al trono di Carlo d’Asburgo, venne duramente punita dal rivale vincitore Filippo di Angiò. Dopo un assedio di tre mesi la città venne espugnata dai soldati borbonici l’11 Figura 3: 1714-1843: La Cuitadella e le mura della città vecchia, Settembre 1714 e ciò sancì la fine P. Lartigne(+1820), J. Moulinier (1753-1828) .Ca 1806 dell’autonoma politica e culturale della Catalogna . Le condizioni di resa dettate dai Borbone furono rigide e umilianti, oltre all’abolizione di qualsiasi istituzione autonoma e l’imposizione della lingua castigliana2 venne imposto alla città di mantenere due guarnigioni di stanza permanente: una collocata sul Montjuïc, in un fortilizio costruito dai Barcellonesi stessi durante la guerra, un'altra a guardia del carcere militare della Cuitadella, un massiccio castello a pianta stellare progettato dall’ingegnere olandese Prosper van Verboom, posto all’estremità nordorientale dell’insediamento. Barcellona divenne una sorta di città prigione, vigilata costantemente da due fortilizi e sotto la costante minaccia dei pezzi d’artiglieria dei soldati. La costruzione del carcere comportò l’abbattimento di quasi un terzo dello storico quartiere della Ribera e il trasferimento degli sfollati alla piccola e fangosa penisola della Barceloneta sulla quale venne costruito in tempi brevi un nuovo quartiere di fatiscenti case popolari con tutte le vie orientate verso la fortezza dalla quale i militari potevano avvistare e reprimere eventuali insurrezioni e proteste.
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AA VV, Obra Oberta, Construint Barcelona, p. 14 2 Decreto borbonico di Nueva Planta, 1716
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2. LA NASCITA DELLA COSCIENZA URBANA I cenni storici riportati fino ad ora servono per capire come si presentasse Barcellona alle soglie dell’età contemporanea. Un investimento della borghesia La rinascita della città fu possibile grazie a diversi stimoli, quali un’apertura al commercio con le Americhe (ottenuta nel 1778), la fondazione delle prime industrie a vapore della penisola iberica e il conseguente boom demografico. È la borghesia cittadina nella prima metà del XIX secolo che inizia a prendersi cura della propria comunità, con il desiderio di riportarla agli antichi splendori e dare il via ufficiale ad una serie di piani regolatori ed interventi urbanistici ponderati i quali iniziano a fornire a Barcellona il suo attuale aspetto. Nei Barcellonesi più abbienti è nata la consapevolezza della propria identità culturale, la città deve quindi esserne il simbolo più potente e più visibile. Arricchiti grazie ai nuovi commerci e alle prime fabbriche, essi si fanno portavoce della collettività e iniziano a rivendicare un’autonomia politica ed economica per la Catalogna. Nei salotti della Barcellona ottocentesca si discute della particolarità della storia catalana rispetto al resto della Spagna e si accarezza il sogno di uno stato catalano che vada da Perpignan al delta dell’Ebro comprendendo le Baleari. L’élite colta e raffinata che vede arrivare dalla vicina Francia nuove idee e nuove tecnologie è desiderosa di rivaleggiare in prestigio con quelle di Parigi e di Londra. La Renaixença Negli anni ‘30 dell’800 nasce, sotto la spinta del romanticismo europeo, il movimento della Renaixença catalana promosso dagli intellettuali borghesi in contatto con i romantici tedeschi e francesi. Il romanticismo catalano contraddistinto da un forte patriottismo separatista, guarda ammirato la antica prosperità medievale e si fa inoltre promotore di uno studio filologico volto a normalizzare la lingua catalana. Tuttavia lo sforzo maggiore del movimento Renaixentista era teso a trasformare Barcellona in una moderna capitale europea, monumentale, razionale e vivibile. I Barcellonesi di inizio ‘800 vivevano in un insediamento ancora soffocato da mura ormai obsolete, il colera infestava le case affollate oltre ogni limite, mentre i crolli e gli incendi rendevano necessario il trasferimento urgente delle prime fabbriche, concentrate nel Raval, in zone più arieggiate, ma soprattutto i ricchi borghesi avevano il desiderio di vivere in residenze lussuose senza avere “plebei” per vicini di casa, poter passeggiare per strade ampie e alberate senza correre il rischio di essere derubati o assordati dal frastuono.
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La tradizione del modello di sviluppo urbano barcellonese inizia proprio in questo periodo grazie ai sogni e ai cospicui investimenti di una borghesia ambiziosa e lungimirante. L’ampliamento di Barcellona non avrebbe dunque lasciato nulla al caso, ogni cosa doveva essere pianificata e studiata alla perfezione. Dopo l’abbattimento della cinta muraria nel 1854, fu lo stesso comune di Barcellona a indire un concorso per urbanizzare la campagna, progettare la pianta della nuova città e rimodernare il nucleo originario. Tra le proposte avanzate venne infine applicata quella di Ildefonso Cerdà (1815-1876) considerato il fondatore dell’urbanistica moderna, il cui progetto gettò le basi indelebili per il futuro della città e dei suoi abitanti e, ancora oggi, continua a condizionare, sebbene non sempre positivamente le abitudini e gli spostamenti dei cittadini.
3. UN PIANO PER IL FUTURO
Figura 4: Bozza del progetto originale dell'Eixample, I. Cerdà 1859
Barcellona per quasi cinque secoli non aveva potuto estendere il proprio perimetro: le strade erano diventate talmente asfittiche e ingarbugliate da rendere quasi impossibile la circolazione dei carri e la tranquillità degli abitanti. Allo stesso tempo, fuori dal nucleo della città vecchia, si estendeva una vastissima campagna quasi disabitata, tra il mare, le colline di Collserola, il fiume Besos e il rio Llobregat. 11
Il piano Cerdà non è stato un semplice ampliamento, è un’opera di design metropolitano a tutti gli effetti. Teoricamente estendibile all’infinito, doveva arrivare a trasformare Barcellona in una metropoli che entro il 1897 avrebbe inglobato i villaggi di Sants, les Corts, Sant Gervasi de Cassoles, Gràcia, Sant Andreu de Palomar e Sant Martí de Provençals. Per quanto sia stato, nel corso del ‘900, superato da nuove esigenze abitative e nuove tendenze architettoniche, la sua unicità rimane ancora oggi evidente. Studiato per l’Uomo Tra le grandi innovazioni del Pla Cerdà la più importante è il suo antropocentrismo, il tentativo di creare una metropoli sì ordinata da calcoli matematici, ma soprattutto in grado di garantire il benessere e la salute degli abitanti indipendentemente dal ceto sociale. Cerdà studiò a lungo la vecchia Barcellona per capire che cosa mancasse all’interno della cinta muraria dentro la quale, in pochi chilometri quadrati, vivevano ammassate nel 1850 quasi 190.000 persone. Nella nuova città avrebbe dovuto esserci tutto quello che mancava in quella antica. Poiché la società umana è basata sin dal principio sulla famiglia radunata attorno al focolare, dal quale i singoli individui si allontanano per socializzare con altri, provenienti da altri gruppi famigliari, l’urbanizzazione deve rispettare la persona e le sue primarie esigenze. Una città teorizzata a misura d’uomo deve innanzi tutto rendere confortevoli due spazi: la casa, nella quale il cittadino vive la realtà domestica e la strada, luogo simbolo della dimensione pubblica dove si socializza con il prossimo. Questo semplice concetto, tipico della forma più arcaica di insediamento, è la chiave dell’opera cerdana, secondo la quale infatti occorre: “…urbanizzare ciò che è rurale e ruralizzare la città (I. Cerdà, Teoría general de la urbanización, Vol I, Cap. 1, pag. 7).” Un progetto modulare L’ampliamento, in catalano Eixample, venne quindi progettato adottando un modulo canonico basato sullo studio dell’urbanistica classica: la mansana1, forma basata sul tracciato poligonale dell’insula romana riveduto e corretto.
Figura 5: Schema dell'illuminazione sulle mansanas, cc J. Manuel 2004
Le mansanas disegnate da Cerdà sono appezzamenti di 113,33 metri di perimetro entro i quali edificare i palazzi attorno ad un ampio cortile interno, una sorta di aia metropolitana che funge da luogo di incontro per gli abitanti di ogni singolo blocco. L’innovazione strutturale dei blocchi è determinata dalla forma: anziché quadrilateri, essi hanno gli spigoli smussati a 45°; in questo modo ogni lato esterno della mansana riceve nel corso della 1
L’ etimologia risale al Latino mansio, mansionis, termine che nel medioevo passò ad indicare la casa di campagna, la parola è tipicamente catalana, in castigliano infatti si usa il termine illa da insula, ae.
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giornata la giusta quantità di luce solare, soluzione che viene accuratamente adottata per ovviare il più possibile il problema delle stanze buie e asfittiche tipiche della città vecchia. L’insieme delle singole mansanas compone un reticolato ortogonale e ippodameo, studiato per creare strade da un minimo di 20 fino ai 60 metri d’ampiezza, mentre ogni incrocio tra le vie forma uno spazioso ottagono grazie ai lati smussati di ogni isolato. Cerdà progettò arterie spaziose pensando ad un futuro in cui nuovi veicoli che egli chiamava “locomotori” avrebbero dovuto agevolmente circolare e poter parcheggiare negli spazi di intersezione. E’ sotto le strade che devono passare le reti fognarie e le acque di scolo provenienti dalle colline; proprio per questo motivo vengono costruite esattamente perpendicolari alla costa in modo da agevolarne il deflusso verso il mare. Anche le linee ferroviarie devono essere interrate per non disturbare la circolazione dei veicoli privati. Cerdà era infatti convinto che un giorno tutta l’Europa sarebbe stata collegata da treni superveloci (I. Cerdà, Teoría general de la urbanización, Vol I, Cap. 4, pag. 70). L’urbanista aveva inoltre svolto varie ricerche in merito alla specie vegetale che meglio sarebbe sopravissuta nell’ambiente metropolitano, deducendo che fosse il Platano il più adatto ad essere piantato lungo i marciapiedi da collocare nella zona interna della carreggiata. Pianta nuova, città nuova
Figura 6: La Rambla. © M. Matrone 2010
La struttura generale dell’ampliamento di Barcellona non ha come fulcro di irraggiamento la città vecchia, asseconda invece la natura della pianura circostante. Il nucleo urbano primigenio è inglobato dall’esoscheletro di Cerdà, quasi fosse un corpo estraneo, anche se impossibile da espellere dalla precisione matematica dell’Eixample. La città deve avere una nuova geometria e un nuovo centro inquadrato da tre diagonali che spezzano la rigida successione a scacchiera delle mansanas: la Avenida Diagonal, la Avenida Meridiana e il Paral·lel i quali seguono il reticolato geografico della Terra e designano un nuovo baricentro, Plaça de les Glòries catalanes. La città vecchia venne collegata all’Eixample e al mare tramite la pavimentazione e l’ampliamento della Rambla, trasformata in un gradevole viale alberato, asse lungo il quale iniziare la riqualificazione del centro storico. Il piano Cerdà così teorizzato era forse troppo avveniristico e visionario per l’epoca e, nonostante abbia inciso profondamente sullo sviluppo della Barcellona novecentesca, ha subìto, sin dai primi anni, modifiche e rimodellamenti da parte dei cittadini stessi che se lo videro imporre, senza gli strumenti adatti per comprenderne la originalità e la lungimiranza.
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4. PRIMI DEL ‘900: DUE ESPOSIZIONI UNIVERSALI E NUOVI CRITERI DI ESPANSIONE L’Eixample era stato concepito in modo da favorire l’Uomo, senza porre differenze tra classi sociali, per una città utopica dove tutti potessero vivere felici e in armonia, ma paradossalmente furono le stesse persone ad accettare mal volentieri il progetto, sicuramente troppo all’avanguardia per tempi non ancora maturi. Il piano Cerdà venne sin da subito largamente criticato da coloro che avrebbero dovuto viverlo e lo stesso progettista venne calunniato e contestato. Importanza internazionale Le modifiche e le disattenzioni al progetto originale da parte dell’amministrazione e dei capricci degli stessi cittadini hanno lasciato il segno sull’aspetto di Barcellona quanto il piano stesso, fino al momento in cui esso non è stato completamente abbandonato nel 1929. La prima grande eccezione al piano, inizialmente non prevista, fu la costruzione, a partire dal 1885, del parco della Cuitadella laddove sorgeva l’antica fortezza borbonica, destinato ad ospitare i padiglioni dell’esposizione universale del 1888. Negli stessi anni in città comparvero lungo gli assi ortogonali delle mansanas e lungo la Rambla nella città vecchia i mercati coperti in acciaio e vetro, la metropolitana, nonché i primi edifici modernisti. Antoni Gaudì (1852-1926) e altri grandi architetti, ispirati da principi renaixentisti, fondarono un movimento architettonico che richiamava lo splendore del medioevo catalano: Il Modernismo. Barcellona si adeguò alle tendenze europee dell’epoca legittimando la volontà di autodeterminazione della Catalogna agli occhi dei visitatori internazionali. Figura 7: A. Gaudì, Casa Milà, 1905-1910 © M. Matrone 2010
Pla Jaussely
Il reticolo delle mansanas era proseguito oltre il parco della Cuitadella e i primi villaggi si stavano annettendo formalmente alla neonata metropoli, quando, nel 1907, il comune, nell’ambito di un contro piano urbanistico proposto dal francese Léon Jaussely, studiato per favorire una giusta divisione funzionale delle varie zone dell’Eixample tra quelle dedite alle attività produttive e le zone residenziali, optò per la creazione di alcune vie non in linea con la geometria di Cerdà. Oltre alle tre Avenidas principali (Avingudas in Catalano), la pianta ortogonale fu tagliata anche da altre strade diagonali, in particolare: l’Avenida de Mistral e l’Avenida de Roma. Le mansanas toccate da questi tagli sono sezionate, in modo da adattarsi alla irregolarità del disegno, come accade per quelle tangenti ad alcuni tratti della città vecchia lungo le Rondas (cfr. circonvallazioni). Si trattava di cammini antichi di importanza storica che mettevano in comunicazione la vecchia Barcellona con i comuni limitrofi, alla conservazione dei quali erano interessati in primis coloro che abitavano già lungo di essi o avevano lungo queste vie attività economiche già avviate.
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Josep Puig i Cadafalch (1867-1956), architetto modernista tra i massimi oppositori alle teorie di Cerdà sosteneva che il piano, come egli lo stava vedendo crescere nell’ultimo decennio dell’800, oltre a non rispettare la naturale trama di espansione della città (a raggiera), non teneva conto della necessità di dividere le funzioni dei nuovi quartieri, anzi tendeva a dislocare su tutto il reticolo sia le abitazioni che le manifatture e le fabbriche, causando così un livellamento del prezzo dei suoli nell’Eixample. Le fabbriche, tolte dal Raval, andavano invece, assieme alle case operaie, secondo Cadafalch, concentrate in alcune zone (le quali prendevano il nome dai villaggi appena inglobati): Sant Martì e Sant Andreu, in modo da aumentare il valore dei terreni in altri quartieri, sopratutto lungo il Passaig de Gracia e nella città vecchia. Divisione funzionale Questa politica di segregazione dei quartieri fu ampiamente apprezzata dalla borghesia che, già ai tempi del concorso municipale per la costruzione dell’ampliamento, aveva votato il piano di Antoni Rovira i Trias (1816-1889) che prevedeva una naturale e classica espansione a raggiera che rendesse più semplice l’attribuzione dei prezzi dei terreni e degli immobili. Tuttavia il governo centrale di Madrid aveva imposto la soluzione Cerdà (anche e soprattutto per questo motivo male accolta dai Catalani), apprezzando l’idea delle strade larghe e ben controllabili, per scopi repressivi, intenti certamente opposti alle progressiste utopie dell’urbanista1. Il Pla Jaussely fu quindi un sistema per limitare i “danni” di uno sviluppo a scacchiera effettivamente molto drastico e non troppo aderente alle consuete leggi del mercato immobiliare. Come conseguenza si ebbe un vertiginoso aumento della speculazione edilizia che sin da subito aveva iniziato ad alterare i progetti originali dell’Eixample. Il Montjuïc
Figura 8: A. Rovira, 1859 piano di espansione radiale per Barcellona. Vinse in teoria il concorso, ma il reale ministero centrale delle infrastrutture bocciò il suo universale progetto.
La seconda grande esposizione urbanizzò il Montjuïc, la collina dei Giudei, rimasta disabitata, eccezion fatta per il fortino borbonico, da quando durante il medioevo era stata adibita a juderia, termine che in Spagna indica i ghetti ebraici, solitamente in zone isolate, mentre la Moreria, il quartiere musulmano, rimane nelle aree più centrali. 1
Riferimento ai Boulevard parigini progettati negli stessi anni da G. Haussmann (1809-1891) col dichiarato scopo di evitare che i cittadini costruissero barricate in caso di rivolta.
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La superstizione popolare e le effettivamente ripide pendici del promontorio avevano sempre scoraggiato l’insediamento civile, ma, giunto il XX secolo, la tecnologia offrì l’opportunità di sfruttare appieno la sua suggestiva cornice. Puig I Cadafalch aveva iniziato il progetto già nel 1907, ma, causa la Grande Guerra, la manifestazione ebbe luogo solo nel 1929 sotto la rigida dittatura del generale Primo da Rivera. Le strutture, pensate come temporanee, vennero mantenute in vita grazie al clamoroso successo di pubblico che ebbero alcune attrazioni come il Poble Espanyol e la Fonte Magica (1929).
Figura 9: Plaça Espanya, 1929: sullo sfondo il Palau nacional progetto di Pedro Cendoya, ispirato alla basilica di San Pietro a Roma e le due torri copie del campanile di San Marco a Venezia volute da Mussolini per il padiglione dell’Italia.
5. IMMIGRAZIONE, EDILIZIA POPOLARE E SPECULATIVA Dalla costruzione, a fine Ottocento, dei mercati coperti in travi in acciaio fino all’esposizione del ’29 prima della grande crisi economica e della guerra civile, Barcellona conobbe una prima impennata demografica, grazie agli immigrati che dalle zone povere del sud e dall’interno della Spagna giungevano in Catalogna come manovali a basso costo, attirati dal boom edilizio ed industriale. L’immigrazione portò in tempi brevi la popolazione barcellonese al milione di unità nel 1930. Il piano Cerdà era studiato ipotizzando un aumento graduale degli abitanti, ma non aveva affatto tenuto nel conto una crescita così improvvisa. L’aspetto della città risultò mutato rispetto al progetto originario e si adattò alle nuove esigenze: l’espansione delle mansanas si arrestò bruscamente in certe zone, mentre in altre si trascinò trasformandosi poco a poco fino agli anni ‘70 disperdendosi gradualmente nella galassia della speculazione edilizia e del degrado che prese ad infestare tanto il centralissimo Raval, quanto le più estreme periferie. Le prime storiche case popolari vennero costruite tra il ’29 e il ’30 nella zona del Bon Pastor: abitazioni ad un solo piano famose come Casas baratas, edificate per ovviare in parte il grave problema delle baracche del proletariato che avevano iniziato ad occupare le spiagge e le pendici delle colline, un fenomeno chiamato Barraquisme.
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Le case del Bon Pastor furono solo il primo esempio di una edilizia popolare barcellonese che dilagò durante la lunga dittatura di Franco1, successiva alla breve parentesi democratica e alla guerra civile. Negli anni ’60 e ’70 la città crebbe in modo disordinato e poco attento al benessere dei cittadini. In Catalogna si concentravano le poche industrie di una Spagna ridotta alla fame dalla dittatura. Tuttavia Franco aveva punito duramente i Catalani per essere stati i suoi più vivi oppositori durante la guerra civile: le istituzioni autonome erano abolite ed era vietato l’uso della lingua catalana. Gli immigrati, per la maggior parte provenienti dall’Andalucia e dall’Extremadura, dopo che furono saturi gli spazi disponibili, vennero alloggiati in grandi casermoni popolari tirati su in fretta e furia nelle periferie, secondo un piano di Urgencia social che solo in minima parte riuscì a risolvere la questione. Crescita incontrollata Nei quartieri periferici spuntarono palazzine altissime e fatiscenti, prive di sevizi, lontane da scuole e ospedali, simili a quelle edificate in quegli stessi anni in altre zone dell’Europa la cui pianta non aderiva per nulla al tradizionale disegno delle mansanas: case popolari appaltate a imprese senza scrupoli, simbolo di un’oppressione fascista ancora forte che garantiva alloggi solo di poco più decorosi delle baracche auto-costruite. La speculazione non risparmiò nemmeno l'impianto preesistente di Cerdà, stravolgendone in larga parte il senso e la funzionalità. Ogni poligono venne riempito il più possibile di edifici, un abusivismo già iniziato nel secolo precedente, tollerato e facilmente condonabile; erano in molti, infatti, a non digerire i vincoli costruttivi imposti dal disegno dell’Eixample che, soprattutto nelle sue propaggini più lontane dal Passaig de Gracia, sua arteria principale, poteva essere lasciato al libero arbitrio dei costruttori, i quali riuscirono a far crescere l'altezza degli edifici e a moltiplicare il numero degli appartamenti per cercare di fare fronte alla sempre più insistente domanda di alloggi. I ricchi in particolare, con l'introduzione degli ascensori, abbandonarono i piani Figura 10: evoluzione delle mansanas fino ai nostri giorni, nobili dei palazzi, chiamati piani cc A. Alvarez 2009 principales. Chi poteva permetterselo si trasferì agli ultimissimi piani, le cosiddette Remuntas, di costruzione più recente e spesso abusiva: attici, dove ancora si poteva godere della luce e della tranquillità lontano da strade sempre più rumorose, mentre gli alloggi più bassi, rimpiccioliti e deprezzati venivano lasciati ai meno abbienti. 1
J. Solé, El franquisme a Catalunya (1939-1977) Cap. 4
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Anarchia Negli anni del Franchismo (1939-1976), gli immigrati interni, la vicinanza con la Francia, la disoccupazione, l’aumento della criminalità, la proibizione della lingua lasciarono in Barcellona e nei Barcellonesi ferite profondissime, alcune delle quali non ancora rimarginate. Il contrabbando e la prostituzione si svolgevano all’ombra dei vicoli bui del Raval, storicamente malfamato, dove era facile nascondersi e dove si riparavano molti perseguitati politici1 in attesa di Figura 11: La chiesa medievale, centro dell'antico passare il confine, mentre nelle case del Bon Pastor e borgo di S. Martì de Provençals è ora soffocata nei condomini proletari, oppositori al regime e dalle palazzine costruite negli anni '60. © M. anarchici si organizzavano come potevano per Matrone 2010 mettere insieme, almeno tra vicini di casa, qualche forma di mutua assistenza e di contrasto alla negligente amministrazione franchista del sindaco Josep Maria de Porcioles (1904-1993) L’associazionismo Proprio sotto la dittatura, un po' in tutti i quartieri si formarono delle associazioni di vicini: le A.V. La nascita di questi gruppi autogestiti, fortemente antifranchisti è stata di vitale importanza per la città, essi si fusero poi nel 1972 in un unica entità che riuniva i gruppi di ogni barri (quartiere), la Federaciò Associacions Veïns Barcéloneses (F.A.V.B.) alla quale si unirono molti intellettuali ed architetti2. La federazione delle associazioni di vicini propose negli anni della dittatura, molti piani di riqualificazione urbana, rimasti sulla carta fino alla Figura 12: Prostitute nel Raval tra gli anni ‘50 e ’60 morte di Franco, in seguito riuniti ed approvati nel Álbum (Gente de la calle), 1958-1964. © Joan ’76 in piena fase di transizione nel Pla General Colom, Fundació Foto Colectania collection Metropolità o P.G.M. Questo grande piano regolatore, nato nelle assemblee clandestine è ancora oggi in vigore con le dovute modifiche ed emendamenti. 1
M. Domingo i Clota, M.Rosa Bonet i Casas, Barcelona i els moviments socials urbans, Cap. 2.
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Esso raccoglie sia proposte di riqualificazione di ex suoli industriali e manifatturieri da trasformare in parchi, biblioteche, scuole e infrastrutture pubbliche, sia la creazione di nuove strade e l'allargamento di altre tramite espropri e demolizioni.
6. UNA SECONDA RENAIXENÇA La nuova costituzione monarchica del 19781 restituì alla Catalogna parte della sua autonomia. Il comune di Barcellona e il governo autonomo della regione ebbero di nuovo il potere di amministrare l'urbanistica della città, senza dover rendere conto al ministero di Madrid. Socialisti al potere Le prime elezioni vennero vinte dal Partito Socialista Catalano e dalla giunta di Narcìs Serra, che scelse come assessore all'urbanistica l'architetto ed ex militante partigiano Oriol Bohigas. Come era accaduto nel XIX secolo, la progettazione e la costruzione di nuove infrastrutture divenne ancora una volta un simbolo per riaffermare l’identità autonoma e indipendente della Catalogna e della sua capitale a livello sia europeo che mondiale, dopo anni di decadenza, di oppressione e di oscurantismo culturale. Bohigas si trovava alle prese non con una città da costruire ex novo, ma con una metropoli che ora toccava quasi i 100 chilometri quadrati, il cui degrado e la carenza di servizi rendevano necessari interventi di riqualificazione urgenti e concreti, molti dei quali già teorizzati nel P.G.M. La Barcellona ergonomica e vivibile è un’idea che rinasce negli anni ’80 grazie alla prima amministrazione giuridicamente in grado di accogliere le richieste delle stesse assemblee di quartiere. I fondi erano pochissimi, e nessun privato era disposto a fare investimenti, tuttavia il comune riuscì a razionare correttamente il denaro a sua disposizione. Si diede quindi il via alla creazione di una serie di semplici opere pubbliche distribuite a macchia di leopardo, soprattutto Figura 13: Scorcio di Plaça Reial, © ristrutturazione e riconversione degli edifici in disuso, nonché cura M. Matrone 2010 primaria di alcuni spazi collettivi. Con un minimo dispendio di risorse e di tempo aprirono nuove scuole e iniziarono i restauri di alcune aree per decenni abbandonate al degrado: ad esempio, Plaça Reial, trasformata negli anni in un grande parcheggio, nel 1984 venne pedonalizzata e restituita allo splendore originale. 1
Constitució Espanyola de 1978, Tìtol VIII, Cap 3, Art 143.
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Il governo socialista si pose come primo obbiettivo quello di “restituire la città ai cittadini”1 riconvertendo innanzitutto i suoli industriali dismessi o con produttività ridotta al minimo. Riconversione e riqualificazione Il parco dell’Espanya industrial (1981-1985) sorse proprio al posto di quel che rimaneva dell’omonima antica fabbrica, diventando un nuovo polmone verde per il quartiere di Sants, nel quale trovarono posto un anfiteatro e un centro sportivo, lo stesso accadde ad un mattatoio quasi in disuso vicino a Plaça Espanya, il quale venne trasformato nella biblioteca Joan Mirò con relativo parco (1982-1986). Nella città vecchia vennero rimossi i resti di molte palazzine crollate, o talmente pericolanti da essere irrecuperabili. Al loro posto, piccole piazze iniziarono nel 1983 a dare un poco di respiro alle vie asfittiche del Barri Gotic e del Raval. I pacchetti di micro-interventi sono tutti riconducibili al PGM e vengono continuamente proseguiti ed aggiornati nell’ambito di un piano che va avanti, ripulendo sistematicamente ogni angolo della città dal degrado, ottenendo spazi accoglienti e sicuri soprattutto per anziani e bambini. Il modello così concepito viene spesso identificato come ’“agopuntura Figura 14: Membri dell’associazione di vicini di Badal, Brasil i La 2 urbana” della quale Barcellona è stata bordeta festeggiano per aver scongiurato un tentativo di sfratto nel pioniera in Europa e alla quale non quartiere di Sants. E. Querol 1974 smette mai di ricorrere, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale, con esiti sempre sorprendentemente efficaci e con un ridotto impiego di capitali. La tradizione della micro-riqualificazione metropolitana è la chiave del successo della Barcellona di oggi, poiché, sin dai tempi delle A.V. antifranchiste, è un sistema di progettazione coinvolgente e partecipativo, il quale, sebbene la popolazione, soprattutto nel centro città, sia molto cambiata dagli anni ’70, continua ancora oggi a sfornare idee pensate “dai cittadini per i cittadini”. Questa consuetudine di associazionismo e di compartecipazione alla costruzione del proprio spazio vitale affonda le sue radici nella più radicata tradizione catalana ed è uno dei tanti specchi di una comunità unita e affiatata, all’interno della quale sono sempre molto forti i legami e il confronto generazionale e interculturale. 2
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C. Ingrosso, Barcellona, Architettura città e società 1975-2015 P. 34 C. Zanirato, L’architettura del movimento, arcomai.
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Tale discorso merita più di un approfondimento, e verrà riaffrontato in seguito, non prima di avere esaminato le ultime due grandi ondate di trasformazioni della Barcellona contemporanea, quelle in occasione dei grandi eventi, convenzionalmente collegate alle Olimpiadi del 1992 e al primo Forum universale delle Culture nel 2004. Queste grandi manifestazioni non modificarono solo l’aspetto della città, ma anche la sua funzione.
7. 1992, LE OLIMPIADI E IL PASSAGGIO AL TERZIARIO Alcuni grandi eventi sono da sempre l’occasione d’oro di ogni città per modernizzarsi e per attirare a sé turisti e capitali. Barcellona si candidò ad ospitare la XXV Olimpiade nel 1981 proprio per ottenere quei finanziamenti, sia pubblici che privati di cui aveva bisogno. Fattisi avanti gli investitori, si poté puntare ad interventi di più ampio respiro i quali sancirono il definitivo e irreversibile passaggio da un economia prevalentemente industriale, ormai in declino, ad un’altra basata sul turismo e sul commercio. Si può dire che, fino agli anni ’90 Barcellona sia “cresciuta dando le spalle al mare”1, giacché nei secoli si era creata e consolidata una frattura tra essa e il Mediterraneo. Riscoprire il mare
Figura 15: M.B.M., Planimetria della Villa Olimpica, 1986-1992
A causa di questa ”incomprensione” la pianificazione urbanistica aveva sempre in qualche modo ignorato il mare e i Barcellonesi per primi avevano in esso riposto una scarsa fiducia. Con le Olimpiadi si ristabilì un antico legame, perduto nelle attività economiche e culturali. Lo stesso piano Cerdà aveva completamente trascurato il fronte marittimo, puntando invece verso il monte Collserola e l’annessione dei villaggi suburbani. Mancava soprattutto una cultura di sfruttamento delle spiagge come risorsa turistica, anche se a cadenza solo stagionale. 1
AA VV Obra Oberta, Construint Barcelona, p. 155
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Non esisteva nemmeno un vero e proprio lungomare, salvo il Passaig de Colon, che dal 1888 collegava la fine della Rambla alla Cuitadella, il quale però era rimasto più che altro una strada a scorrimento veicolare, fino al 1987, quando era stata aggiunta una passeggiata rialzata, Il Moll De fusta. Il villaggio olimpico dovette contribuire a creare ex novo un fronte marittimo, destinato, una volta completate le gare nautico sportive, ad attirare le passeggiate dei turisti e dei cittadini. La futura zona marittima era da collocarsi nell’estrema propaggine nord-orientale dell’Eixample tra la Cuitadella S. Martì e S. Andreu, diventato un gigantesco distretto industriale, il Poblenou, nella sua parte chiamata Nova Icaria. Nel quartiere erano concentrate industrie pesanti e magazzini, molti dei quali affacciati direttamente sul mare, dal momento che lungo la costa scorreva la prima ferrovia spagnola (1848), la quale occupava quasi tutto il litorale catalano e metteva in comunicazione diretta la Estaciò de França di Barcellona con Montpellier. La Nova Icaria, zona di lunga tradizione industriale e operaia, subì un cambiamento radicale, la cui pianificazione richiese una cura particolare per evitare forme di “rigetto” da parte del tessuto urbano preesistente; una trasformazione del genere non aveva infatti alcun precedente e l’esito poteva essere catastrofico. La popolazione del quartiere era estremamente affiatata e tradizionalmente proletaria, costituita da molte associazioni sindacali che avevano mantenuto al Poblenou la propria sede, nonostante ormai le fabbriche fossero state chiuse o trasferite nella Zona Franca del porto oltre il Montjuïc 1. Gli abitanti, immigrati interni di seconda generazione, la cui condizione economica e sociale non doveva più dipendere dalla morente economia industriale, videro trasformare parte del proprio Figura 16: Torres Bessones, © M. quartiere in una struttura ricettiva che avrebbe ospitato prima gli Matrone 2011 atleti stranieri e poi una nuova middle-class della quale essi stessi avrebbero fatto parte con la riconversione economica e la possibilità di avviare proprie attività e negozi in loco. Eccessivo ottimismo Il villaggio olimpico venne pianificato in ideale continuità con il disegno delle mansanas e delle idee di Cerdà, prima tra tutte l’interramento del tratto di linea ferroviaria che attraversava il quartiere. L’intera area venne riscattata dal comune che stanziò fondi pubblici statali ed europei, sia per la costruzione delle residenze, sia per l’ampliamento dei viali e del bagnasciuga. 1
C. Ingrosso, Barcellona, Architettura città e società 1975-2015, P. 66
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La darsena olimpica e le spiagge vennero create praticamente dal nulla, in particolare fu impiegata sabbia riciclata dai cantieri degli impianti sportivi. Alcuni suoli dovettero essere ceduti ai privati in cambio di ulteriori finanziamenti: il gruppo Mapfre e Travelstead Group edificarono così due grattacieli di 140 metri d’altezza, dette Torres Bessones all’imboccatura di Carrer de la Marina, viale che venne ampliato in alcuni tratti per mettere in comunicazione diretta il nuovo quartiere con la Sagrada Familia di Gaudì. Il complesso residenziale alla Nova Icaria, non doveva essere soggetto ad una rigida zonizzazione, ma integrato in un sistema funzionale misto, completo di spazi pubblici e “vie dello shopping”, nonché di uffici e banche. Il compound olimpico, interamente costruito su suoli industriali dismessi, prevedeva i palazzi disposti secondo una rivisitazione del disegno tipico dell’Eixample, nuove macro-mansanas che avrebbero dovuto integrarsi con quelle circostanti, e, dopo le Olimpiadi, diventare un tutt’uno con la vita del quartiere e del vicinato. L’intero piano, detto M.B.M. dai nomi degli architetti che lo stilarono: Josep Martonell, Oriol Bohigas e David Mackay, voleva rendere l’intero Poblenou una zona polifunzionale ed economicamente dinamica per i suoi abitanti. Tuttavia l’esito, una volta concluse le olimpiadi, rimase molto lontano da quanto programmato. Se funzionò l’idea di continuità formale e architettonica nella pianta dei nuovi edifici, fallì il tentativo di rendere la Villa olimpica integrata nella tradizionale coesione del tessuto sociale preesistente. Interessi immobiliari Purtroppo l’interesse economico delle agenzie immobiliari prevalse sulle logiche della vivibilità e dell’accessibilità del quartiere. Il valore commerciale degli immobili alla Nova Icaria, crebbe infatti vertiginosamente, ma la scarsità di domanda lasciò sfitti molti residence olimpici, in maggior parte acquistati da società straniere anziché dai Barcellonesi. La gestione degli immobili fu affidata ad una agenzia a partecipazione mista, la “Villa Olimpica S.A.”, ma all’atto della vendita furono le componenti essenzialmente private a contrattare i prezzi, le quali, scoraggiando i cittadini all’acquisto, selezionarono una clientela prevalentemente straniera. Il villaggio olimpico non conobbe dunque quella vitalità che l’MBM aveva programmato, dal momento che non essendovi in zona musei o luoghi di interesse per un turismo diverso da quello balneare, non si investì denaro per l’apertura di negozi e ristoranti lasciando la funzione del complesso esclusivamente residenziale1. 1
P Dagradi, C Cencini ,Compendio di geografia umana, p. 301
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Lungo la darsena olimpica e ai piedi delle torri si ammassarono infatti: il Casinò, molte discoteche e ristoranti nonché locali notturni aperti anche fino alle prime ore del mattino e diventati, negli ultimi due decenni, mal frequentati e causa di non pochi problemi per l’ordine pubblico. Lungo questa sottile striscia di costa sono concentrati quasi il 50 % dei locali notturni di Barcellona, un richiamo turistico e un giro d’affari, dal quale la zona circostante resta inesorabilmente esclusa. Riassumendo la Societat Anonima pubblico-privata Villa Olimpica S.A., finite le Olimpiadi, fu costretta a lasciare all’arbitrio degli azionisti privati, ovviamente in maggioranza, la gestione dell’area: le residenze olimpiche e il porto rispettivamente alla Nova Icaria S.A. e alla Port Olimpic Barcelona S.A. Impianti sportivi Gli impianti sportivi vennero dislocati in diverse zone di Barcellona: Diagonal Nord, la Vall’d’Ebron oltre Collserola. Venne completata l’urbanizzazione del Montjuïc con la costruzione dello Stadio Olimpico (Vittorio Gregoretti 1986-1990) e del Palau Sant Jordi (Arata Isozaki 19851990). Antistante allo stadio, nella spianata monumentale di Federico Correra e Alfons Milà predominano forme squadrate e geometrie elementari, tra le quali svetta la torre Calatrava (1991), ipertrofica e dalle linee organiche tese a richiamare il Modernismo catalano. Si calcola che, tra 1986 e il 1992, vennero investiti l’equivalente di dieci milioni di Euro nel rinnovamento urbano, dei quali, quattro solo nella costruzione di strade nel potenziamento della preesistente rete viaria1.
8. ANNI DI PROSPERITA’: LE GRANDI OPERE AL PORTO
Figura 17: Torre delle comunicazioni S. Calatrava 1991, Barcellona riuscì, nel giro di dieci anni, a vincere più di una © M. Matrone 2011
scommessa; la più grande tra tutte fu quella dell’abbattimento del tasso di disoccupazione2, uno dei più significativi mai registrati nel vecchio continente. Fiducia negli investimenti
La riconversione al terziario sembrò pienamente riuscita: un’offerta turistica varia e dai prezzi competitivi, un sistema di interconnessioni sempre più efficiente, nonché una oculata gestione delle risorse, permisero alla città di assumere un ruolo dominante nello scacchiere internazionale. Presa come “modello di sviluppo virtuoso” da altre grandi città europee, Londra in primis3, e vincitrice di premi e riconoscimenti, la città riuscì a recuperare, alla fine del XX secolo, quel ruolo 1
F. Brunet, The economic impact of the Barcelona Olympic Games, 1986-2004, p. 14. 2 F. Brunet, P. 8. 3 C. Ingrosso, Barcellona, Architettura città e società 1975-2015, P. 76
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di centro nevralgico intermodale e di crocevia di traffici economici che non ricopriva dal medioevo coronando il sogno del Renaixentismo di fine ’800. Negli anni ’90 fino ai primi anni ’2000 i capitali a disposizione e la mole degli investimenti privati continuò a crescere, anche in previsione di un nuovo evento di importanza internazionale, brevettato proprio a Barcellona: il Forum mondiale delle culture del 2004, annunciato trionfalmente dal sindaco Pasqual Maragall nel 1996. L’entusiasmo per il successo della città portò il comune a decidere di potenziare al massimo le risorse turistiche, approfittando della disponibilità di fondi messi in moto dalla macchina olimpica. Capitalizzare il waterfront L’utilizzo di imprese a capitale misto sembrò ancora una volta la soluzione vincente per finanziare le grandi infrastrutture che dovevano completare l’opera di costruzione del fronte marittimo nel tratto corrispondente alla città vecchia, presso la quale non erano previste spiagge, ma un porto ed un nuovo centro commerciale e ricreativo, destinato al commercio al dettaglio, nonché un Work Trade Center per promuovere transazioni su vasta scala. Purtroppo le regole del mercato immobiliare e gli interessi privati riuscirono a prevalere sulla storica coscienza urbana dei Barcellonesi, la tradizionale influenza dei comitati e delle associazioni in merito allo sviluppo cittadino venne in questo caso a mancare. Forse deficitava tra gli abitanti della Cuiat Vella quella abitudine a considerare il mare come parte integrante del quartiere, o, più semplicemente, in un momento di tanta fiducia nella crescita economica, nessuno trovò necessario discutere troppo l’intervento al porto. Moll de Barcelona Sul Moll de Barcelona, già attracco dei traghetti, sorse nel 1998 un tozzo complesso di uffici dalle linee curve, ma di scarso pregio stilistico. Questo Work Trade Center (Pei, Cobb, Freed & Co.) apparve subito totalmente distaccato dal resto della città Figura 18: Work Trade Center al tramonto, © vecchia e, a causa del suo aspetto austero della sua M. Matrone 2011 dichiarata vocazione di Business district, rimase pure tagliato fuori dai percorsi turistici. Poiché fisicamente isolato da altri centri nevralgici della città, il complesso non fu nemmeno in grado di assolvere la sua funzione principale in modo competitivo, anzi, la scarsa domanda di uffici aggravata dalla recente crisi economica, ha innescato una serie di pesanti dubbi sulla sua utilità, dato che nemmeno l’hotel ad esso incorporato ha avuto successo1. 1
Bonnie Fisher, Beth Benson Remaking the urban waterfront P. 49
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La corretta rifunzionalizzazione del WTC per la prossima decade è difficile da individuare: già all’inizio degli anni ’80 si era parlato in consiglio comunale di trasformarlo in un parco, ma il progetto si era arenato alla fase embrionale. Sicuramente il Moll de Barcelona deve reintegrarsi con il complesso tessuto sociale del Raval, al quale è prospiciente, e diventare il suo naturale sbocco sul mare a beneficio dell’economia del quartiere. Maremagnum Shopping Center L’altro grande molo della città vecchia, il Moll’d’Espanya, privato della sua originaria funzione industriale, trasferito nella Zona Franca, venne ampliato dal 1990 al 1995. Sul collaudato modello del Pier 39 di San Francisco (1978), anche questo molo barcellonese venne destinato ad ospitare negozi e un centro di intrattenimento polifunzionale, comprendente un cinema multisala, un acquario e un Imax®. Lo shopping center Maremagnum (Albert Viaplana, Helio Pinòn), completato nel 1995, indica ormai tutto il molo per antonomasia. Confrontato con il Pier 39 di San Francisco, il centro commerciale catalano ha più o meno le stesse funzioni, ma una struttura completamente diversa: il primo è un parco tematico commerciale nel quale le botteghe, che occupano quinte fasulle “shaped as fisherman’s hut”, si affacciano su un ordinato dedalo di piazze e vicoli, mentre il secondo è un unico edificio che raccoglie tutti i negozi attorno ad una unica hall. Il Maremagnum, con la sua struttura effettivamente massiccia e chiusa, non si è integrato subito con la vita della Rambla, alla quale è collegato tramite un pontile, mentre il Pier di San Francisco è stato da subito l’espansione naturale del quartiere dei pescatori Fisherman’s Wharf. La piazza coperta non era un luogo di incontro per i cittadini, ma la meta di frettolosi acquisti per i turisti di passaggio, senza contare che oltre alle 49 boutiques e ai 10 ristoranti, questo mall ha ospitato fino a tre anni or sono una decina di piccoli disco pub, i quali attiravano una clientela giovanile spesso diseducata che rendeva l’intero molo ingestibile nelle ore serali e notturne. Gradualmente le cose sono cambiate da quando la Corio S.L., che gestisce il centro commerciale, ha iniziato ad organizzare al suo interno alcuni eventi culturali, spettacoli e mostre di pubblico interesse, d’accordo con il comune1. In questo modo, quella che poteva essere una pesante barriera architettonica per i barcellonesi tra il mare e il centro storico, è diventata col tempo un vivibile punto di ritrovo grazie ad un investimento sulla cultura che, oltre ad aumentare gli introiti, ha dato al cittadino la possibilità di fruire di uno spazio nuovo e piacevolmente centrale, il cui emblematico slogan è: Todos los Caminos llevan a… ¡Maremagnum! 2.
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G. Evans Cultural planning: An urban renaissance? P. 147 2 © Outdoormedia Group España, 2011, JCDecaux
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Barceloneta L’unico quartiere di Barcellona abitato da pescatori e marinai era la Barceloneta, un sobborgo artificiale, nato nel ’700, la cui identità marinara si era però consolidata nel tempo. Il boom economico degli anni ’80/’90 non risparmiò neppure a questa zona significative trasformazioni.
Figura 19: Confronto tra il Pier 39 di San Francisco e il Maremagnum di Barcellona, © M. Matrone 2009-2010
Per tre secoli la pesca era stata quasi l’unica attività praticata sulla piccola penisola e la sua storia era sempre stata in qualche modo autonoma rispetto al resto della città. A Barceloneta esisteva da sempre una spiaggia naturale, occupata quasi del tutto dalle barche tirate in secca; il Barri aveva quindi iniziato ad attirare una embrionale forma di turismo già all’inizio del ventesimo secolo. Dalla fine degli anni ’60 nel quartiere si erano organizzati autonomamente per accogliere i pochi villeggianti che capitavano, attrezzando con mezzi di fortuna, la spiaggia ancora svincolata da qualsiasi giurisdizione, costruendo piccoli stabilimenti e chioschi per la vendita e il consumo al minuto del pescato, i chiringuitos. Questa autonoma evoluzione si arrestò quando il comune decise di prendere in mano la situazione e di unificare il sistema delle spiagge barcellonesi, creando una lunghissima passeggiata in grado di connettere i vecchi moli al nuovo porto olimpico. Dal 1986 tutti i chioschi abusivi, dall’aspetto rustico e a modo loro attraenti, vennero smantellati, senza nessuna possibilità di condono, perché non conformi ad alcuna norma igienico-sanitaria. Le barche degli ultimi pescatori sparirono e l’estensione del bagnasciuga venne triplicata con l’ausilio di sabbia artificiale. Con i chiringuitos morì una importante risorsa per gli abitanti del quartiere e un pezzo di storia cittadina in nome di un progresso collettivo, mentre la gestione della battigia veniva prepotentemente assunta dal comune, il quale precluse ai residenti del barri qualsiasi concessione,
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viste le più allettanti offerte di investitori esterni che si appropriarono delle poche licenze disponibili1. Sui lidi barcellonesi, tutti ad ingresso libero e costantemente curati dalla Multiservice del comune, arrivano migliaia di bagnanti nella stagione estiva e la maggior parte dei turisti si concentra alla spiaggia di Barceloneta, immediatamente più accessibile dal centro città e dalla fermata della metropolitana. Questo affollamento non va del tutto a beneficio del quartiere, sia perché i turisti non transitano in genere nelle vie interne, sia perché una incontrollabile quantità di borseggiatori opera sulla spiaggia durante il giorno, mentre, di notte, spacciatori e delinquenti vari si aggirano tra le case protetti dal buio, condannando il Barri ad una pessima fama e ad una scarsa richiesta immobiliare.
9. IL RAVAL: RICCHEZZA MULTICULTURALE Il quartiere in assoluto più multietnico di tutta Barcellona è il Raval (“il sobborgo” in Arabo) o Barri Xino. Prima zona della città a conoscere l’industrializzazione e i flussi migratori, essa è stata da sempre un luogo caratterizzato da un’urbanizzazione disordinata e da costruzioni fatiscenti. Se le periferie hanno accolto nel corso del ’900 la quasi totalità degli immigrati interni alla penisola iberica, nel Raval si è concentrata un’immigrazione prevalentemente extranazionale. Figura 20: Gli abitanti del Raval riuniti in Plaça dels Angels durante un concerto del cantante pakistano Alì, © M. Matrone 2010
Un quartiere “strano”
Le pessime condizioni igienico-sanitarie degli appartamenti, le strade strette, la storica presenza musulmana, gli immigrati provenienti dall’America latina, dall’Africa sub-sahariana, dall’Asia, nonchè dal Sud Italia, hanno valso al Raval il soprannome di Barri Xino (cinese), nel senso traslato di “strano, inquietante, diverso”2. L’aggettivo, di uso frequente nella lingua catalana, era quasi un eufemismo rispetto al terrore che incuteva nei Barcellonesi il quartiere, il quale fu abbandonato quasi totalmente a se stesso durante la dittatura franchista, se non per le visite ai bordelli clandestini e alle bische per il gioco d’azzardo. 1
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C. Ingrosso, Barcellona, Architettura città e società 1975-2015, P. 108 D. Bell, M. Jayne, City of quarters: urban villages in the contemporary city p. 42
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Nell’immaginario collettivo, le strade del Barri, talmente strette da non consentire la circolazione veicolare e la pulizia quotidiana, sono sempre state sinonimo di prostituzione, delinquenza e povertà. Una difficile risalita Il tessuto urbano del Raval ha iniziato un lungo e difficile percorso di cambiamento a partire dal 1985, quando si riconobbe la necessità di salvare il quartiere dal degrado, garantendone la vivibilità per i residenti e trasformandolo in un polo attrattivo e culturalmente vivace per l’intera comunità barcellonese, il tutto, naturalmente, in vista dei Giochi Olimpici. L’assoluta priorità, secondo gli ingegneri incaricati di attuare il piano speciale, Xavier Suts e Charles Diaz, era quella di portare l’aria e la luce nel Barri Xino, Figura 21: Il MACBA, © M. Matrone 2010 abbattendo i fabbricati non recuperabili e rimpiazzandoli con parchi e piazzette. Inoltre sostenevano che si dovessero creare alcune strutture di interesse pubblico e di richiamo turistico, la quale sicurezza doveva essere garantita da una costante presenza di forze dell’ordine sul territorio. Le trasformazioni nel quartiere sono state quindi radicali e complesse, ma il loro decorso è ancora lontano dalla conclusione. La mutazione più drastica e traumatica per la gente del luogo è stata la creazione della Rambla del Raval uno sventramento di cinque isolati nel cuore più profondo e degradato del Barri, una spianata longitudinale che ha comportato l’asportazione di quasi 1500 appartamenti e negozi. Questa arteria di transito sia pedonale che veicolare, amena passeggiata all’ombra delle palme, impreziosita dal “Gatto” di Botero, ha comportato lo sfratto e la risistemazione di un migliaio di famiglie e ha richiesto un iter progettuale e costruttivo di quasi venti anni, sino all’inaugurazione ufficiale avvenuta nel 2000. Come è facile immaginare, le proteste degli sfollati, rialloggiati in moderni caseggiati ricavati alle estremità di questa Rambla, sono state pesanti. La maggiore accusa rivolta alla FOCIVESA (Promociò Cuitat Vella S.A.), la società pubblicoprivata che ha gestito l’operazione, riguarda la scarsa qualità dei nuovi appartamenti e una iniqua procedura di indennizzo. Figura 22: La Facoltà di Geografia e Storia della UB tra i palazzi diroccati del Barri xino, © M. Matrone 2010
Polo culturale
Mentre la Rambla era in costruzione, una vasta ex area conventuale a nord del Raval venne rivitalizzata tramite l’insediamento di due musei sulle ceneri del monastero Casa de la Caritat: il MACBA, museo d’arte contemporanea (Richard Meier 29
1988-1995), e il CCCB, centro di cultura contemporanea (Viaplana, Pinòn 1990-1994), nonché una vasta piazza lastricata antistante al museo, Plaça dels Angels. Nel 1996 venne poi demolito un ulteriore tratto di complesso religioso per costruirvi una sede dell’università privata Ramon Llull, mentre quello che restava di un altro convento, la Casa Misericordiae fu abbattuto per dare spazio all’austera sede della facoltà di geografia e storia dell’Universitat de Barcelona (Cristian Cirici & Associati) inaugurata nel 2007.
Figura 23: Durante l’Hipnotik, festival di musica Hip Hop emergente organizzato ogni anno al CCCB, è uno degli eventi più attesi dai giovani del Raval e appassionati del genere, © M. Matrone 2010
Questi nuovi massicci edifici, di gusto razionalista, dall’aspetto asettico e squadrato, si presentano in netto contrasto con il degrado circostante ancora forte e hanno suscitato una comprensibile perplessità da parte dei Barcellonesi, nonché le proteste delle A.V. del Barri le quali proponevano la costruzione di un centro per anziani in luogo del MACBA. Grazie alla “funzione flessibile”1 degli spazi che ha permesso l’organizzazione di concerti, laboratori per ragazzi e convegni, i due musei sono riusciti, nel corso del loro primo decennio di vita, a conquistare la fiducia degli abitanti del quartiere che all’inizio avevano accolto gli “estranei” con ostilità e diffidenza. Gli stessi residenti del Raval, molti dei quali immigrati da più di una generazione, hanno potuto usufruire di questi centri polifunzionali organizzando festival musicali e cineforum grazie ai quali far conoscere ai vicini degli altri quartieri le loro culture d’origine e trasmetterle ai loro figli. Incentivi al turismo Abbattendo un ulteriore isolato prossimo al crollo, immediatamente affacciato sulla Rambla del Raval, si ricavò lo spazio per un nuovo cortile, una filmoteca, ancora in costruzione, un moderno caseggiato, sede del sindacato U.G.T (Uniòn General Trabajadores) e infine un hotel di lusso (Pere Puig) un cilindro luminoso di undici piani, inaugurato nel 2008. L’albergo a quattro stelle non ha ancora portato nel quartiere un turismo di 1
M. Degen, Sensing cities: regenerating public life in Barcelona and Manchester p.98
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Figura 24: Locandina del più importante festival di cultura asiatica del Raval,© Casa Asia 2011
lusso, causa la sua estraneità al contesto circostante, tuttavia, il Barri Xino sembra non avere avuto bisogno della nuova struttura ricettiva per attirare a sé i visitatori. Lo stesso stile un poco bohemien del Raval e la sua aurea misteriosa hanno infatti incuriosito un pubblico giovane e di poche pretese ad addentrarsi nei Bazar e nei ristoranti etnici della zona considerata per la sua unicità sempre più di tendenza. La moda e la cultura alternative-pop hanno incoraggiato tra gli anni ’90 e ’2000 l’insediamento di nuovi immigrati, ragazzi tra i venti e i trent’anni, europei in cerca di fortuna a Barcellona e desiderosi di vivere per un periodo di uno o più anni in un ambiente culturalmente dinamico e ricco di stimoli. Una comunità di artisti, studenti, lavoratori e sfaccendati di buona famiglia, la maggioranza dei quali Italiani e nord europei, ha modificato la composizione sociale del Barri Xino. Si è coniato addirittura il termine ravalejar1, ovvero, vivere il Raval, rivendicando il desiderio di evasione dalle ordinate villette a schiera della middle-class, per integrarsi nel “ghetto”, un fenomeno conosciuto anche come bronxing, dall’analogo processo in corso nel Bronx di New York. L’offerta turistica del Raval, abbandonata l’idea di puntare sul lusso tradizionale, oggi comprende una vasta gamma di piccole botteghe di abiti vintage e di design indipendente, bar e ristoranti di gusto radical-chic ed ethnic, i quali si sono andati ad affiancare alle macellerie islamiche, agli import export cinesi e agli alimentari indiani e filippini. In quello che fino a trent’anni fa era considerato un quartiere operaio e criminale è iniziato un lento processo di gentrification,1 una crescita di prestigio sociale ed economico alla quale partecipano sia i giovani Ravalejadores sia i piccoli imprenditori della zona.
Figura 25: Attività economiche nel Raval. Dall'alto: un alimentari peruviano, l'interno di un parrucchiere di tendenza, serata in un pub radical-chic, © M. Matrone 2010
Integrazione La forte identità multiculturale del Barri Xino sta passando dall’essere considerato un cancro sociale ad affermarsi come una risorsa indispensabile per la città intera. Il senso di coesione e di neighbourhood tra le varie rappresentanze etnico culturali del Raval si è inoltre sposato alla perfezione con la più radicata tradizione di unità e buon vicinato della comunità catalana. 1
T. Edensor, Geographies of rhythm: nature, place, mobilities and bodies, P. 21
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La somiglianza di alcune consuetudini tipiche della Regione Autonoma quali la collaborazione tra vicini e la tendenza all’unità del nucleo famigliare, fanno del Barri Xino una inaspettata fucina di cultura catalana. Nelle sette scuole primarie, come nelle assemblee di quartiere, il Catalano funziona come lingua veicolare tra le varie etnie che convivono in questa parte di Barcellona; una sorta di villaggio all’interno della metropoli, nel quale si conservano virtuose forme di convivenza pacifica, a volte dimenticate dai Catalani stessi. Le piazze e le strade rese gradualmente sempre più vivibili dai continui interventi di agopuntura urbana, possono favorire il gioco all’aperto dei bambini e il riposo degli anziani con crescente sicurezza, alla quale hanno contribuito il trasferimento in loco delle centrali di polizia e vigili del fuoco nel 1995.
Figura 26: Bambini musulmani aspettano l'inizio della festa dell'ʿīd al-fiṭr patrocinata dal comune di Barcellona sulla Rambla del Raval, © M. Matrone 2010
Anche l’aspetto estetico del Raval sta cambiando: se prima i cumuli di immondizia asfissiavano i vicoli, a causa della difficoltà nella raccolta, oggi una rete di smaltimento pneumatica sotterranea serve buona parte del quartiere. E’ attualmente in corso una laboriosa opera di sostituzione delle tubazioni sotterranee e di risistemazione del manto stradale. Lungo vicoli, nemmeno asfaltati fino a pochi decenni orsono, oggi è quasi completa la sistemazione di lisce lastre di porfido, materiale resistente e durevole. Street Culture L’utilizzo crescente del porfido e di materiali simili per la creazione di strade e marciapiedi, ha lanciato il fenomeno dello Street Skating. Partita dal Raval, poi diffusasi in altre zone della città, la mania per gli acceleratori di velocità ha contagiato nell’ultimo decennio il cuore e le abitudini dei Barcellonesi giovani e meno giovani. Il successo di pattini, skateboard e monopattini ha valso alla metropoli catalana il meritato titolo di “capitale europea dello Skate”, un’abitudine oramai Figura 27: Uno Skater si esibisce in un Grind trasversale a molte fasce di popolazione, praticata sfruttando le pendenze “naturali” del Barri Xino, © M. Matrone 2011 quasi ovunque, ma la cui culla, unanimemente riconosciuta, sono le gradinate della piazza del MACBA.
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La disciplina, un tempo riservata ad un’utenza di nicchia, ha richiamato in Plaça dels Angels sempre più appassionati e professionisti da tutto il mondo, creando un notevole indotto di negozi specializzati nelle vie circostanti. L’ hobby dello Skate oltre che dai turisti è praticato dai ragazzi del Raval ed è una importante valvola di sfogo sociale che allontana i figli di famiglie difficili dalla delinquenza. Essendo uno sport portatore di un certo background culturale, lo Skate, assieme alla musica Rap aiuta i giovani a costruirsi una propria identità positiva a diretto contatto con alcuni campioni mondiali della specialità di passaggio nel quartiere. Stabilire l’ordine L’emergenza sociale e la criminalità nel Barri Xino non sono scomparse del tutto, nonostante gli evidenti progressi degli ultimi anni. Molte delle palazzine degradate sono tuttora rifugio e ricettacolo di attività criminali che vanno dallo spaccio di droga al traffico di esseri umani. All’incrocio tra Carrer de Robador e Carrer de Sant Pau, uno stretto collo di bottiglia molto frequentato nelle ore notturne, persiste, nonostante la vigilanza, un’area in cui la prostituzione e il taccheggio sembrano impossibili da debellare1. Questa irriducibile sacca di degrado è quella più tristemente famosa e non manca di essere decantata nelle le maggiori guide turistiche continuando a danneggiare irrimediabilmente l’immagine del Barri. La nuova Filmoteca de Catalunya, la cui inaugurazione è prevista Figura 28: Veduta satellitare del Barri Xino, In verde: Il CCCB1, la UB2, MACBA3 La tra pochi mesi, si affaccia Rambla del Raval4, in rosso l’incrocio tra Robador e S.Pau, in giallo il cantiere della proprio su quel punto e, filmoteca de Catalunya e in blu: l’Hotel1, la centrale di polizia2, la caserma dei assieme all’abbattimento pompieri3. e alla ricostruzione di due caseggiati, dovrebbe assestare un duro colpo a questa consuetudine, come è già accaduto in altre zone del Raval.
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M. Degen, Sensing cities: regenerating public life in Barcelona and Manchester p. 101
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10. 2004: IL FORUM E DIAGONAL MAR Se la città vecchia, negli ultimi vent’anni, ha conosciuto notevoli processi di metamorfosi, molti dei quali ancora in atto tramite micro riqualificazione di singole aree problematiche, l’estrema zona di levante barcellonese ha subito un cambiamento forse ancora più drastico e irreversibile. Espansione verso Est All’indomani dei giochi olimpici ci si rese conto che occorreva assolutamente completare l’urbanizzazione del fronte mare fino al fiume Besos e dare un riassetto definitivo al Poblenou in vista di uno spostamento del baricentro della metropoli a oriente, come previsto da Ildefonso Cerdà con più di un secolo di anticipo. La fase iniziale dell’operazione si attuò tramite un “ponte” di complessi residenziali tra la Nova Icaria e la zona in cui l’Avenida Diagonal incrocia la costa, in prossimità dell’estuario del Besos. Sette nuovi isolati, presero il posto di sterpaglie e fabbriche dismesse a partire dal 1997, dei quali cinque finanziati da capitale privato e due da investimenti pubblici. I nuovi blocchi residenziali progettati da Carlos Ferrater, recuperano quel che restava del tracciato dell’Eixample, e sono strutturati secondo il disegno della mansana classica, con tre lati edificati e uno libero. La modalità collaudata delle società a capitale misto pubblico-privato, iniziata con il decennio olimpico, ebbe in questo caso una virtuosa applicazione, ma cessò allo stesso tempo di funzionare in previsione di un grande evento. Una diversa concezione di sviluppo Nel 1996 in vista del Forum delle culture del 2004, la zona Diagonal Mar, immediatamente successiva ai sette ferri di cavallo, venne rilevata dalla multinazionale americana Hines, che in cambio della promessa di Figura 29: Il Parc Diagonal Mar e la zona residenziale in un idilliaco completare la costruzione delle sedi crepuscolo come appare sul sito della Hines Invest, © Hines 2010 congressuali entro la scadenza prevista, ebbe carta bianca assoluta sulla gestione dello spazio di sua competenza, corrispondente all’incirca ad un’area di venti mansanas. E’ difficile descrivere lo spaesamento che si prova passeggiando oggi tra i grattacieli di Diagonal Mar, oltre 15 anni dopo la posa della prima pietra del complesso si ha infatti la netta sensazione di trovarsi in un’altra città, aliena e completamente estranea a tutto il contesto urbano preesistente1. 1
S. Majoor, Disconnected innovations: new urbanity in large-scale development projects: Zuidas Amsterdam, Ørestad Copenhagen and Forum Barcelona P.193
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La zona del Forum, in netto contrasto con l’idea di Cerdà, sembra rispondere ad un’utopia che non pone più al centro l’Uomo, ma il capitale, quantificabile nei quasi cinquecento milioni di Euro investiti dalla compagnia. Non è che non ci sia un’accurata pianificazione nel dispiegarsi dei grattacieli attorno al lago artificiale del Parc Diagonal Mar (EMBT 1997-2003), il quale è concepito come un eden urbano per una dream city del nuovo millennio 1, o che la sterminata penisola di cemento di 17 ettari a picco sul mare nella quale spicca il blu cobalto dell’ edifici forum (Herzog & de Meuron 2000-2004) non sia il frutto di laboriosa progettazione, ma il contrasto con l’intorno è evidente. L’intera zona è infatti frutto di una scuola urbanistica di tradizione anglosassone e che parte da presupposti completamente diversi di quelli dell’Eixample e dal consueto modello di sviluppo barcellonese. Diagonal Mar è organizzata nel suo insieme secondo le rigide norme della segregazione funzionale: i grattacieli, occupati da soli appartamenti, sono dislocati all’interno del parco, mentre tutti i negozi, l’ipermercato e i servizi sono racchiusi nei tre piani del Mall, baricentro economico autosufficiente di tutta la zona. Nei pressi vi sono poi gli altissimi alberghi di lusso e i pala congressi per il 2004. Il levante ad oggi rappresenta, oltre alla disattenzione totale da parte della Hines per studi di Cerdà considerati a torto superati, il naufragio della pianificazione partecipativa ed attenta alle rivendicazioni dei cittadini tipica del PGM. Il Forum appare come una città di diversa concezione, sia rispetto alla compattezza dell’Exiample che si arresta in prossimità di essa, sia se confrontata con l’adiacente sobborgo de La Mina, un susseguirsi di case popolari anni ’60 lungo la riva del fiume Besos. Accesa polemica Nelle file dei detrattori di Diagonal Mar vi sono gli architetti Oriol Boghias e Antoni Acebillo, tra i più autorevoli artefici di quel modello di sviluppo che valsero a Barcellona la medaglia d’oro per l’architettura dal prestigioso Royal Institute of British Architecture nel 19992. Le proteste riguardano innanzitutto la manifestazione del 2004 la quale si svolse esclusivamente nel nuovo recinto, escludendo la città da qualsiasi beneficio reale, dal momento che nessuno dei delegati e degli intervenuti ai dibattiti si avventurò fuori da quest’isola Figura 30: Sullo sfondo alcuni degli imponenti privatizzata ed autonoma in fatto di strutture grattacieli di Diagonal Mar tra i quali spiccano l'Hilton, l'HC e il Princess hotel, © M. Matrone alberghiere e commerciali. 2011
L’imponente centro congressi (Josep Lluìs Meteo) 1
AA.VV. Phaidon Atlas of contemporary world architecture , P. 414. 2 C. Ingrosso, Barcellona, Architettura città e società 1975-2015, P. 158
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realizzato per l’occasione, è ormai operativo poche volte all’anno e la sua manutenzione onerosa, alla quale contribuisce il comune, sembra una spesa eccessiva e ingiustificata. L’Edifici Forum, un ”ecomostro di cattivo gusto estetico” secondo Martì Cors i Iglesia, docente di geografia regionale all’ U.B., manifesta segni di cedimento precoce e di degrado, mentre il museo di scienze naturali, il Museu Blau, inaugurato da poco al suo interno, non sembra avere raggiunto il successo sperato. La gigantesca Plaça del Forum, concepita come “ecologica”, ospita un imponente pannello fotovoltaico di 4000 metri quadrati (Josè Martinez, Elias Torres) e racchiude al suo interno un impianto di depurazione delle acque mentre, allo stesso tempo, è destinata ad accogliere fiere ed eventi temporanei in superficie. Tuttavia, benché sia una suggestiva cornice per concerti e Luna Park, la spianata rimane desolantemente vuota per gran parte dell’anno, priva di alberi che proteggano dal sole in estate e spazzata da un gelido vento in inverno1. Gli appartamenti extralusso e gli uffici negli alti grattacieli edificati a partire dal 2000, hanno trovato acquirenti più che altro sui mercati stranieri, ma la recente crisi economica ha fatto cessare quasi del tutto gli investimenti e bloccato il mercato immobiliare nella zona prima ancora del suo decollo. La stessa cattiva sorte è toccata al nuovo porto sportivo a ridosso della foce del Besos, il quale avrebbe dovuto soddisfare una domanda di approdi per imbarcazioni private, che sempre per colpa della crisi economica è cessata del tutto, mentre i vani destinati a ristoranti e negozi lungo la darsena sono rimasti sfitti2. Le contestazioni alla Hines, non vengono solo dagli ingegneri locali, ma anche dagli storici, poiché il complesso litoraneo creato per il 2004 ha soffocato per sempre la triste memoria di una sanguinosa Figura 31: Il grande pannello pagina della recente storia catalana3. solare fornisce energia elettrica
Durante la dittatura infatti, esattamente nel tratto di costa dove sufficiente a tutto l'Edifici Forum, sorgerà il futuro centro di educazione ambientale ittico-zoologica © M. Matrone 2011 sino alla foce del Besos, si stendeva un villaggio di baracche ammassate sulla spiaggia, costruite a partire dal 1930, chiamato Camp de la Bota. Quasi cinquemila persone vivevano tra i rifiuti, mentre i militari franchisti si aggiravano alla ricerca di oppositori politici da eliminare; sia nel periodo della guerra civile, sia tra gli anni ’50 e ’60, compiendo esecuzioni sommarie tra una inerme massa di proletari in attesa di ricevere un alloggio nei condomini popolari.
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S. Majoor, Disconnected innovations: new urbanity in large-scale development projects: Zuidas Amsterdam, Ørestad Copenhagen and Forum Barcelona P. 197, 2 A. Colantonio T. Dxon Urban Regeneration and Social Sustainability: Best Practice from European Cities, P. 162 , 3 C. Güell, The failure of Catalanist opposition to Franco (1939-1950) p. 75
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Zoo Marìtim :un progetto incompiuto Il fronte mare di levante non è ancora completato, manca infatti all’appello il bioparco dello Zoo marìtim che dovrà sorgere su di una nuova penisola artificiale di 50.000 metri quadrati, contigua a quella del Forum La Piattaforma in questione è stata praticamente ultimata nel 2011, guadagnando al mare una consistente porzione di terreno ed è già costata al comune, alla regione e al Ministero dell’Ambiente, quasi un milione di Euro solo per la messa in secca del terreno. La crisi economica ha per ora bloccato anche questo ambizioso progetto, la cui ripresa è rinviata a data da destinarsi, poiché, nel regime di austerity che si è imposta la Spagna, altri quaranta milioni di Euro per ultimare questa struttura ludico-scientifica non sono certo considerati una spesa prioritaria, senza contare che ne andrebbero aggiunti almeno altri trenta per il ridimensionamento dello storico Zoo de la Cuitadella. Nemmeno la Hines è intenzionata per il momento a contribuire finanziariamente all’impresa, comprensibilmente preoccupata dal record negativo di presenze bruciato negli ultimi dieci anni dallo zoo e dall’ Aquarium del Maremagnum. Il bioparco marittimo di Barcellona rischia quindi, secondo la compagnia, di non poter mai competere con il successo riscosso da analoghe istituzioni a livello continentale: l’Oceanogràfic di Valencia, attivo già dal 2002 e il parco Oltremare di Riccione inaugurato nel 2004, sorti, l’uno grazie a fondi europei, l’altro per iniziativa esclusivamente privata ed entrambi molto più estesi del nascituro omologo. La Multinazionale americana si è limitata ad assumersi la custodia temporanea del cantiere, e a vigilarne sulla sicurezza, in attesa di un novo miracolo dell’economia catalana che faccia tornare fiducia nel mercato immobiliare iberico e nella utilità, in termini di profitto, di questo genere di opere. Benefici inaspettati L’area del Forum, nonostante il suo tracciato poco allineato con la tradizione, non ha calamitato su di sé soltanto polemiche, ma anche qualche feedback positivo per la società e per il circuito economico locale essenzialmente composto da attività in franchising. Il centro commerciale ha creato effettivamente posti di lavoro e, a dispetto della crisi, attira sempre molti clienti, soprattutto tra gli abitanti delle estreme periferie e dei comuni dell’hinterland per i quali è molto comodo da raggiungere. Inoltre a fare compere al Diagonal Mar capitano prima o poi acquirenti da tutta la Catalogna e anche dal centro di Barcellona, poiché tra i negozi vi è l’unico punto vendita in regione di abbigliamento a bassissimo costo della catena inglese Primark®. Poco importa che il benessere nella zona sia solo apparente e che il modello di sviluppo di questo territorio sia alieno rispetto al resto di Barcellona; la possibilità di passeggiare tra i negozi e far giocare i figli nel parco in mezzo a grattacieli futuristici e stereotipati sembra sufficiente a rendere felice una consistente massa di persone, poco interessate alle polemiche sulla progettazione 37
urbanistica, ma bisognose di respirare un’aria di ricchezza che lo shopping center e il lusso riescono innegabilmente a trasmettere1. Il Mall americano, contrariamente alle aspettative, è diventato un polo attrattivo per molte comunità fino ad allora isolate in grigi sobborghi o in zone rurali, le quali ora dispongono di uno spazio comune dall’aspetto gradevole e sicuro, nel quale fare spese assieme a tutta la famiglia; una clientela sicuramente diversa da quella che si attendevano gli investitori e dal potere di acquisto ridotto, ma pur sempre numerosa. Un’ulteriore vitalità anima i pomeriggi della la Plaça del Forum che per molti giovani è semplicemente un magnifico Skate ground di levigato cemento, nel quale si allenano gratuitamente diverse associazioni di praticanti di hockey su strada, nonché gruppi di Skater professionisti. Durante la notte la spianata è generalmente deserta e poco illuminata, guardata a vista da agenti di vigilanza privati, ingaggiati dalla stessa Hines, in supporto alla polizia catalana.
Figura 32: Zona del Forum/Diagonal Mar durante una fiera temporanea nel 2009
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A. Colantonio T. Dxon Urban Regeneration and Social Sustainability: Best Practice from European Cities, P. 169
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11. IL NUOVO CENTRO GEOMETRICO DELLA CITTA’ Se il fronte mare di levante è stato gradualmente modernizzato dagli anni ’80 ad oggi, anche la zona interna del Poblenou sta cambiando assetto dopo un secolo di attività industriali che l’avevano trasformata in un’area marginale e periferica. 22@BCN Ventidue “arrova” Barcelona è il curioso nome dato dall’amministrazione barcellonese al piano che, dal 2000, sta riconvertendo oltre 200 ettari di suolo industriale dismesso in un compound nuovamente produttivo. Il pla 22@ è ovviamente connesso all’attuazione dei progetti per il Forum 2004, ma, a differenza di quest’ultimo, è gestito da una società comunale pubblico-privata, la 22 ARROBA BCN, S.A.U. e difende strenuamente il modello di sviluppo urbano compatto e tradizionale, in contrapposizione al principio della “dispersione” e della segregazione importato dalla Hines. Lo stesso Parlamento della Catalogna ha deciso di contribuire alla difesa della tradizione urbanistica approvando, nel 2004,$ una legge che vincola i costruttori alla conservazione, ove possibile, dell’impianto a maglia ortogonale, riferendosi alla Mansana standard come unità minima di intervento1. Il 22 @ District sta così diventando il vero banco di prova per le teorie dell’ingegner Cerdà sulla dislocazione verso est del centro di Barcellona e per l’unità funzionale da lui inventata.
Figura 33: Panoramica del Poblenou dal tetto di un edificio popolare costruito nel periodo franchista, © M. Matrone 2010
Su di un’area corrispondente a circa 115 mansanas è in atto un massiccio processo di ammodernamento, al fine di restituire allo storico quartiere industriale, che negli anni ’60 si era guadagnato il soprannome di “catalan Manchester” il ruolo di “locomotiva trainante” per la produzione tecnologica del paese. 1
C. Ingrosso, Barcellona, Architettura città e società 1975-2015, P. 138
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Su aree dove un tempo esistevano fabbriche come la Olivetti España, stanno venendo alla luce centri di ricerca e sviluppo per design, tecnologie informatiche, nonché laboratori biomedici all’avanguardia, affiancati da 114.000 metri quadrati di spazi verdi. È in corso anche un programma abitativo che prevede il restauro di 4600 alloggi e la costruzione di nuovi campus universitari. Valorizzazione della storia recente Naturalmente, anche i sobborghi di La Mina e Sant Martì, stanno beneficiando del progetto 22@ che provvede a recuperare e rivalorizzare quelli che un tempo erano i fatiscenti caseggiati di operai e proletari come edifici storici, nell’ambito del piano comunale per la protezione del patrimonio industriale e manifatturiero, che in tutta la città tenta di dare nuova vita ai fabbricati di interesse o almeno di ricordarne la presenza. In molti giardini e piazze, al Poblenou come in Gracia e altri quartieri, si possono infatti ancora ammirare le ciminiere di ex manifatture abbattute per far posto a spazi pubblici o centri civici. Il Pla 22@ in particolare punta al recupero di 114 elementi di architettura industriale quali monumento al passato di questo territorio. Lo spostamento della downtown neoterziaria al Poblenou è un’idea antica, che sembrava ormai irrealizzabile, ma, proprio in occasione delle olimpiadi del ’92, ci si iniziò a rendere conto che sarebbe stato proprio questo il nuovo cuore della città. Plaça de les Glòries Catalanes: l’intuizione di Cerdà Osservando il disegno originale del progetto Eixample (Fig. 4), si può notare come il grande Figura 34: Nel Parc de las Palmeras, si conserva la urbanista, avesse previsto, con quasi due secoli di ciminiera di un'antica manifattura di tabacchi, © M. Matrone 2011 anticipo, quale sarebbe stato il fulcro dell’Eixample. Egli probabilmente morì, con la sicura convinzione, che, nonostante le calunnie e nonostante gli eventi storici successivi, i posteri non avrebbero potuto fare altro che essere d’accordo sull’ubicazione del centro di Barcellona, esattamente dove lui lo aveva previsto una volta che la città avrebbe raggiunto il culmine dell’evoluzione planimetrica1. Ildefonso Cerdà aveva infatti disegnato una grande piazza nel punto di incontro tra l’Avenida Diagonal e la Meridiana con la Gran Via, la quale si è poi venuta a creare nel tempo grazie all’espansione naturale di Barcellona ed era stata battezzata con il nobile nome di Plaça de les Glòries Catalanes. 1
AA. VV., Obra Oberta, Construint Barcelona, p. 88
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L’ingegnere sapeva che sarebbe stato un processo inesorabile, ma estremamente lento, tanto che non furono pochi, all’alba del XXI secolo, a stupirsi per l’esattezza della previsione. Da area marginale a centro nevralgico Un crocevia tra quelle che sarebbero diventate le principali arterie della città iniziò a prendere forma già nel 1950, in mezzo ai cantieri incompleti e alle sterpaglie: un luogo che fungeva da frontiera tra l’Eixample e quelli che allora erano villaggi suburbani. Tra gli anni ’60 e ’70 le amministrazioni franchiste iniziarono a potenziare il raccordo costruendo un sistema di cavalcavia in cemento destinati alla circolazione veicolare. Infatti, proprio in questa decade, l’automobile diventò un prodotto destinato al consumo di massa anche in Spagna, grazie all’accordo tra il dittatore e la famiglia Agnelli che portò alla nascita della SEAT (Sociedad Española de Automóviles de Turismo)1. Ovviamente, più che a una piazza, Glòries assomigliava ad uno snodo stradale e fungeva da landmarker divisorio tra Bracellona e i comuni dell’hinterland. Tuttavia, pare che, già nel 1928, fosse nato nelle immediate vicinanze il Mercat de Bellcaire o Encants vell: un agglomerato di bancarelle dove si vendevano, allora come oggi, merci di vario tipo: dai mobili di antiquariato alle biciclette rubate. Forse l’idea di piazza deriva proprio da questo mercatino di prodotti dalla dubbia provenienza che si svolge tre volte alla settimana in prossimità di quella che divenne Plaça de les Glòries Catalanes. Tra il 1990 e il 1992 si iniziò a considerare questo luogo, non solo come uno snodo viario, ma anche come uno spazio pubblico pedonale, magari alberato, dove fosse tra l’altro piacevole passeggiarvi. Il compromesso tra le due funzioni non era facile da individuare, soprattutto a causa dell’aspetto, ai tempi ancora molto periferico, dell’area, ma anche perché era impossibile prevedere con esattezza in quanto tempo si sarebbe Figura 35: Veduta aerea di Plaça de les Glòries Catalanes nell'anno della sua inaugurazione, © Ikons.es 1992 sviluppata la zona. Si pensò infine di innalzare una rotonda sopraelevata per smistare il traffico veicolare verso Girona e la Francia, al centro della quale sarebbe sorto un piccolo parco ellittico. Purtroppo, l’efficacia di quest’ opera, completata nel ’92, si rivelò presto inferiore alle aspettative2. 1
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J. Solé, El franquisme a Catalunya (1939-1977) P. 205, AA. VV., Obra Oberta, Construint Barcelona, p. 101
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In primo luogo, l’anello rotatorio non dona a Glòries Catalanes l’aspetto di piazza in quanto tale, anzi rafforza il suo ruolo di accesso stradale a scorrimento veloce, mentre l’aiuola centrale, racchiusa tra i contrafforti di cemento armato della rotonda, ha svolto una funzione essenzialmente decorativa, causa la scomodità nella sua fruizione da parte dei pedoni. A nulla è servito alleggerire i pilastri di sostegno nel corso degli anni ’90 e 2000: le persone hanno continuato a evitare di passarvi attraverso, mentre l’area di Glòries e il Poblenou assumevano una funzione e un aspetto sempre meno periferici. Accanto alla piazza iniziarono infatti a sorgere i primi importanti nuovi edifici: l’archivio di stato (Roser Amadò, Lluis Domenech) nel 1993, il teatro nazionale (Ricard Boffil) nel 1997 e l’Auditorium municipale nel 1998, infine, nel 2005, venne ultimata da Jean Nouvel la Torre Agbar, dalla caratteristica pianta ellittica riconoscibile nello skyline di Barcellona. L’immediato futuro
Figura 36: Render della nuova piazza pedonale, © MBM studio
Solo nel 2007 i tempi sono sembrati maturi per dare alla piazza il suo assetto definitivo e per iniziare ad investirla del suo ruolo finale di nuovo centro cittadino. Nel 2014 sarà abbattuta la rotatoria sopraelevata mentre diverrà operativo il nuovo canale di smistamento del traffico, non più circolare, ma più simile a quello del periodo franchista; questa volta però le strade passeranno sotto terra, in modo da lasciare finalmente libera e vivibile la superficie.
Figura 37: Evoluzione dell'area Glòries dal 1950 al 2014, © MBM studio
Non è ancora definito il criterio di alberatura e la disposizione dei monumenti sulla piazza, ma è già in costruzione il museo del design, progettato dallo studio MBM, che si affaccerà su questo nuovo polmone verde e futuro punto di ritrovo per tutti i cittadini della gran Barcelona.
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La zona pedonale si estenderà fino a coprire l’attuale fatiscente recinto del mercato dell’Encants vell prossimo alla demolizione. Le bancarelle, ormai parte della storia cittadina, non verranno chiuse, ma, una volta sottoposte a regolarizzazione e a controlli sulla merce e sulle licenze, verranno rialloggiate in una moderna apposita struttura recintata, dove sarà finalmente possibile per acquirenti e venditori accedere al mercato in sicurezza e legalità1. La nuova sede di questo irrinunciabile giro di affari sarà dunque spostata in un altro punto della piazza, dove oggi, tra i piloni di sostegno delle strade sopraelevate, si trova il cosiddetto “Boschetto dell’incanto”, una piccola aiuola nascosta sotto le rampe della rotatoria, nella quale, col favore del buio, si consumano diverse attività illecite.
12. 2015-2020: UNA NUOVA BASILICA E UNA STAZIONE PER L’EUROPA UNITA Normalmente il centro di una città europea è facilmente individuabile e coincide in molti casi con l’antico foro romano o con la piazza medievale del mercato, dove oltre ai palazzi del potere civile, si trova quasi sempre anche una cattedrale o una basilica. Nell’età contemporanea si sono poi aggiunti servizi importanti come le banche e le stazioni ferroviarie. La Sagrada Famìlia: una basilica per il nuovo centro Quando si costruisce una città ex novo o si decide di ampliarla, spostandone il fulcro in un’altra zona, spesso mancano gli elementi caratterizzanti del centro cittadino come la Basilica, ma questo non è il caso dell’Eixample di Barcellona. Dal 1882 infatti, a un isolato di distanza da Plaça de les Glòries Catalanes, è in costruzione il tempio della Sagrada Famìlia.
Figura 38: La facciata orientale L’Associació Espiritual de Devots de Sant Josep, una ricca della Sagrada Famìlia, © M. Matrone 2010
associazione di borghesi cattolici comprò un terreno, allora in aperta campagna, al comune di Sant Martí de Provençals e affidò ad Antonì Gaudì il compito di progettarvi una basilica nello stile modernista dell’epoca.
Vuole la leggenda che un segno divino abbia indicato il luogo dove sarebbe sorta la chiesa, in realtà fu la comunità di devoti stessa a eleggere il sito per la costruzione, cercando di comprarne uno il più vicino possibile all’esatto punto di equidistanza tra i fiumi Besòs, Llobregat, il mare e le colline, affidandosi alla previsione fatta dal Cerdà qualche anno prima2. Papa Benedetto XVI ha già consacrato la nuova basilica nel Novembre del 2010, ma i lavori non saranno completati prima del 2026, centenario della morte di Gaudì, data per la quale sarà operativa 1
AA. VV., Obra Oberta, Construint Barcelona, p. 106, 2 L. Quattrocchi, Gaudì, P.39
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anche la nuova stazione della TAV/AVE, La Sagrera, a pochi passi dalla chiesa e da Glòries, realizzando definitivamente il sogno di Cerdà. Un sistema ferroviario da sempre efficiente La Sagrera sarà solo l’ultimo capitolo dell’epopea ferroviaria catalana partita nel 1848 con l’inaugurazione del tratto iniziale di linea costiera tra Barcellona e Matarò. La prima Stazione costruita, quando non erano ancora state demolite le antiche mura borboniche, fu la Estaciò de França, la quale, per molti anni, rappresentò l’unica possibilità per i treni spagnoli di raggiungere e attraversare la frontiera. Infatti, a causa delle politiche autarchiche di Franco, le ferrovie della penisola iberica hanno il passo più largo di 10 cm, rispetto agli altri binari europei1. Nel corso del ‘900 si aggiunsero poi altre stazioni nell’area urbana, tra cui la Estaciò del Norte, oggi convertita in coach station e la Estaciò de Sants, nella quale si è inaugurata nel 2008 la prima linea ad alta velocità AVE della Spagna Barcellona-Madrid. Trasporti sotterranei Dagli anni ’80 tutte le ferrovie che passano per la capitale catalana corrono sotto terra, parallele alle linee della metropolitana, un’idea che era stata elaborata dallo stesso Cerdà, ma successivamente disattesa. Attualmente la stazione di Sants è la più importante della città ed è collegata a quella di França tramite un tunnel sotterraneo che prevede due fermate intermedie: a Plaça Catalunya e all’incrocio tra Passaig de Gracia Figura 39: Treni AVE in sosta all'Estaciò de Sants, © M. e la Diagonal, molto comode per i pendolari; Matrone 2010 mentre per i nuovi treni AVE è previsto un percorso separato. L’alta velocità che, dal Portogallo, passando per Madrid, arriva a Sants è il primo tratto del fatidico “Corridoio V trans-europeo, Lisbona-Kiev”, il quale dovrà attraversare in Italia la Val di Susa e incrociarsi presso Verona con il “Corridoio I, Palermo-Berlino”. La prosecuzione del tratto spagnolo (con il passo delle rotaie unificato a quello europeo) transiterà, oltre che per Sants, attraverso quella che ora è la piccola stazione di La Sagrera a nord-est dell’area metropolitana barcellonese. 1
J. Solé, El franquisme a Catalunya (1939-1977) P. 78
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E’ in fase di scavo un tunnel di 5,6 chilometri per collegare le due stazioni, ad una profondità di oltre 50 metri per non causare problemi alle fondamenta degli edifici soprastanti, tra i quali la Casa Milà e la Sagrada Famìlia. Attraverso questa galleria, i treni AVE potranno quindi giungere in pochi minuti e senza effettuare scali alla nuova Sagrera, attualmente in costruzione. Molto più di una stazione ferroviaria A lavori ultimati, il complesso di La Sagrera provocherà la totale rivitalizzazione del settore nord orientale di Barcellona, seguendo un tracciato praticamente longitudinale che attraverserà tutto il distretto di Sant Andreu de Palomar, incuneandosi per 5 chilometri tra quartieri di edilizia popolare franchista e ex aree industriali. L’edificio di terminal vero e proprio, prevalentemente sotterraneo, sarà solo una delle tante strutture disseminate lungo un estesissimo parco alberato la cui planimetria sarà solidale con il disegno urbanistico dei barris circostanti. L’area verde coprirà un consistente tratto di binari sotterranei dell’AVE e diventerà un curato giardino pubblico a beneficio degli abitanti della zona. Congiuntamente al Pla 22@, alla modifica di Plaça de les Glòries Catalanes e al Figura 40: progetto del parco Camì Comtal e La Sagrera completamento della basilica, il masterplan della Station, © AldayJover, RCR & West 2006 Sagrera trasformerà un sobborgo marginale nel centro città del XXI secolo. La funzione e il disegno della maggior parte dei futuri edifici è ancora in fase di studio, mentre è già definitivamente approvato dal 2004 il progetto di Frank Gehry per il Museu de la Mobilitat. Si prevede che per la nuova stazione transiteranno ogni giorno più di 60.000 persone, si apriranno nuovi hotel e uffici, mentre una moderna coach station potenzierà il trasporto su gomma locale e internazionale.
Figura 41: sezione del parco di La Sagrera, © AldayJover, RCR & West 2006
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Di più ampio respiro è il progetto del grande parco lineare Camì Comtal, annesso allo scalo ferroviario e disegnato degli studi AldayJover, RCR & West; concepito come una “riserva naturale urbana” che dovrebbe incrociare la Avenida Diagonal e raggiungere il Parc de la Cuitadella, collegando la montagna al mare tramite un lunghissimo green path1. Solo tra una quarantina d’anni sarà possibile valutare gli effetti di questo imponente piano regolatore, ma per una buona parte della popolazione dei barris toccati dall’immenso cantiere, aperto nel 2000, la vita sta già cominciando a cambiare. Impatto sociale Nel 2007 sono iniziate le demolizioni delle Casas Baratas del Bon Pastor, le piccole casette unifamiliari ad un solo piano e con un piccolo cortile sul retro, fabbricate nel 1929/30 ai primordi del boom demografico e della stagione dell’edilizia popolare speculativa. L’eliminazione di queste abitazioni, uniche nel loro genere, si è resa necessaria per far spazio a nuovi caseggiati a maggior densità e uffici, in vista della creazione del parco e del complesso ferroviario. L’idea è stata ovviamente contestata dagli abitanti del Bon Pastor, un quartiere dalla storia difficile, fatta di anarchia, sovversione antifranchista e degrado, ma anche di famiglie unite e di associazioni di vicini politicamente impegnati, tra gli inventori della pianificazione urbana partecipativa. I residenti delle Casas Baratas hanno lottato fino all’ultimo per fare approvare al consiglio comunale una soluzione meno drastica e hanno indetto essi stessi un concorso pubblico per trovare un piano Figura 42: Abbattimento delle Casas Baratas al Bon alternativo alla demolizione, incentrato sul restauro Pastor, © E. Fenoy 2007 delle villette. Il sindaco Jordi Hereu è stato però irremovibile, spinto da interessi economici notevoli, che hanno provocato, in questo caso, l’inevitabile naufragio della tradizionale comunità di intenti tra le A.V. e l’amministrazione social democratica. Nel 2007, quando la polizia è arrivata per eseguire i mandati di sfratto, ci sono stati violenti tafferugli e gli agenti hanno caricato i residenti che manifestavano il dissenso, ferendo una decina di persone, tra le quali alcuni membri ultranovantenni delle associazioni di vicini più antiche e rispettabili della città. 1
D. Holmes, Team Camí Comtal has won La Sagrera Linear Park design competition, Barcelona Spain, AldayJover, RCR 2 and West 8, World Landscape 27/06 /2011 S. Portelli, An Urban Renewal Plan for Bon Pastor in Barcelona: ‘a Neighborhood With a Future’, CoLab Radio Blog 14 /01/ 2011
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Assieme a queste case operaie è ormai andato perduto uno dei più virtuosi e longevi esempi di neighborhood catalani; alle oltre 140 famiglie sfrattate sono stati infatti assegnati nuovi alloggi in diverse proprietà comunali sparse per Barcellona, con l’inevitabile rottura di legami di buon vicinato radicati da oltre 60 anni, in nome di una riconversione edilizia del Bon Pastor, la quale, secondo molti, avrebbe potuto avvenire in modo meno traumatico e più rispettoso della volontà popolare. Infatti, a causa della crisi, i lavori per il parco e della stazione procedono lentissimamente a dispetto della velocità con cui è stata praticata la demolizione, all’epoca in cui si pensava che La Sagrera avrebbe potuto essere completata nell’arco di soli cinque anni. Per ora in nessun’altro quartiere di Sant Andreu si pensa di abbattere fabbricati, ma moltissimi residenti sono preoccupati dal ristagno del maxi cantiere, che si Figura 43: il cantiere di La Sagrera è quasi fermo e preannuncia ancora lungo e fonte di molti disagi tra i divide il distretto di Sant Andreu in due, © M. quali il rumore e la polvere, nonché lo smog Matrone 2010 provocato dalle ruspe. Una scoperta archeologica da preservare È di pochi giorni fa (2 settembre 2011) la notizia del ritrovamento dei resti di una Villa di epoca romana durante i lavori per il complesso ferroviario1. La scoperta ha subito causato l’interruzione dei cantieri in tutta l’area e ha galvanizzato gli archeologi, che sono immediatamente accorsi a verificare l’estensione di questo sito. A giudicare dalle prime indiscrezioni non ufficiali, si pensa possa trattarsi di un immensa tenuta agricola di qualche patrizio residente nei dintorni dell’antica Barcino. Secondo il protocollo per la salvaguardia dei beni archeologici, il tracciato del complesso ferroviario dovrà ora subire una modifica per aggirare lo scavo senza danneggiarlo, inoltre, una volta portati alla luce tutti i reperti, si dovrà provvedere a costruire una struttura museale idonea da inserire nel masterplan La Sagrera. Questo fortunato ritrovamento causerà un ulteriore e inevitabile ritardo dei lavori e costringerà a modificare una parte del megaprogetto, ma, se Figura 44: Le prime immagini del sito archeologico adeguatamente protetto, potrà rappresentare un riprese da un fotoamatore, © A. Bertran 2011 benefico valore aggiuntivo all’operazione edilizia più 1
R. Comorera, Las obras del AVE destapan una gran villa romana en Barcelona, EL Periodico.com 02/09/2011
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ambiziosa mai realizzata in Catalogna, la quale, per il momento, è anche l’ultima prevista di tale portata.
13. 2010/2011: NOVE MESI DI OSSERVAZIONI SUL CAMPO Nel capitolo conclusivo di questa tesi, prendo la parola per condividere alcune riflessioni compiute sul paesaggio metropolitano di Barcellona e sulla composizione sociale dei suoi abitanti, durante quasi un anno di soggiorno in città, tra l’Agosto del 2010 e il Giugno del 2011. Nel corso di questo periodo di studio all’estero, ho avuto modo di osservare in prima persona le dinamiche culturali e sociali della capitale catalana, la cui storia mi ha incuriosito, ma soprattutto sono rimasto affascinato dal particolare legame empatico che si instaura tra la città e le persone. Un periodo di recessione Barcellona sta attraversando uno dei momenti peggiori dalla fine della dittatura: la sua economia, basata quasi per intero sul turismo e sui servizi bancari, è stata infatti duramente colpita dalla crisi globale che, all’inizio del 2009, ha fatto precipitare il prodotto interno catalano di 3,2 punti percentuali dopo un periodo di costante crescita durato quasi trent’anni. Nel giro di pochi mesi l’amministrazione comunale si è trovata costretta ad attuare una politica di austerity e di risparmio, in linea con quella del governo centrale di Madrid, dal quale, il sistema fiscale della Catalogna dipende, a differenza di quello delle altre regioni autonome della Spagna. La recessione, iniziata con lo scandalo dei mutui Figura 45: Un disoccupato chiede l'elemosina in subprime americani, ha travolto come un vero e lungo via dello shopping di lusso nell'Eixample, © proprio tsunami i paesi dell’Europa atlantica facendo M. Matrone 2011 crollare le economie di Islanda, Portogallo, Irlanda, Spagna e repubbliche baltiche in un solo colpo, innescando pesanti reazioni a livello sociale e politico in tutti i paesi colpiti1. Alle elezioni del 22 Maggio 2011, il malcontento popolare ha portato in Catalogna alla caduta del PSC, che aveva retto Barcellona per cinque amministrazioni consecutive dalla fine del Franchismo, e alla vittoria di un partito di ispirazione liberal-democratica, il CiU (Convergència i Uniò), un’alleanza tra autonomisti di destra e democristiani, dopo 32 anni di governo socialista. Un’ascesa generale delle destre in tutta la regione è la conseguenza più significativa a livello politico della crisi economica, nonostante le giunte socialiste abbiano fatto il possibile per garantire un buono stato di welfare ai Catalani. 1
Eurostat press release 142, 01/10/2010
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All’amministrazione del PSC è stata tuttavia rivolta l’accusa di aver gestito in malo modo alcuni problemi derivati dalla crisi, la quale ha fatto salire il numero di iscritti alla Seguretat Social di 6 punti percentuali in un solo semestre, mentre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 30%. Il CiU e altri partiti hanno accusato la sinistra di aver favorito l’immigrazione clandestina, mentre molti cittadini sono rimasti scandalizzati dalla violenza delle forze di polizia, documentate in molte occasioni, sia durante gli sfratti al Bon Pastor, sia durante i vari cortei e scioperi del 2010. Tensioni sociali Negli ultimi tempi sta nascendo un, fino ad ora sconosciuto, sentimento di xenofobia e di odio razziale verso gli immigrati fomentato, come spesso accade, dai partiti di estrema destra come il PxC (Plataforma per Catalunya). La recessione ha provocato gravissime rivolte sociali, scioperi e proteste di giovani disoccupati, culminate con la nascita del movimento M-15 e con l’occupazione delle piazze principali di molte città spagnole nel Maggio del 2011. I manifestanti, di un età compresa tra i 18 e i 70, anni hanno organizzato un movimento apartitico per chiedere una “svolta democratica e partecipativa” in tutta la Spagna, delusi, sia dalla sinistra del premier Zapatero, sia dai partiti di destra che hanno già annunciato un programma fatto di tagli alla previdenza sociale e alle assunzioni pubbliche. A Barcellona, nel corso del 2010/2011, sono stati diversi i momenti di guerriglia urbana tra polizia e manifestanti, durante i quali, la violenza gratuita delle forze dell’ordine, documentata dai presenti, ha segnato il definitivo crollo della popolarità dei socialisti1.
Figura 46: L'Acampada in Plaça Catalunya. Tende nuove di zecca tradiscono la voglia di campeggiare, più che un sincero bisogno di cambiamenti politici, da parte di alcuni occupanti, © M. Matrone 2011
Plaça Catalunya è stata dichiarata occupata ad oltranza e per più di un mese si è trasformata in una tendopoli gestita dai cosiddetti Indignados, i quali vi hanno organizzato concerti e dibattiti. Purtroppo l’iniziativa è presto degenerata in un’Acampada intollerabile e in piazza si sono radunati accattoni e sfaccendati di ogni genere, i quali, dopo aver coltivato ortaggi nelle aiuole pubbliche si sono installati con le tende a vivere nella piazza in condizioni igienico sanitarie pessime, facendo rapidamente perdere al movimento il consenso popolare che aveva conquistato. Segni di malessere Un altro segno evidente della crisi, riscontrabile in molte altre zone d’Europa, è il gran numero di appartamenti vuoti, in affitto o posti in vendita, specie nel centro città, fenomeno provocato, in 1
Video reportage visibili sul sito dell’emittente Antena 3 www.antena3.com e altre piattaforme
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questo caso, da una piccola migrazione di Barcellonesi verso le zone rurali o verso i paesini costieri dove molti possiedono una seconda casa, nella quale si trasferiscono stabilmente, mentre è in affitto l’appartamento in città. Nella metropoli come nei villaggi, sono inoltre presi d’assalto i Charity Shops e i discount alimentari, ma soprattutto i banchi dei pegni, dove si vende oro per ottenere denaro contante. La mancanza di liquidità sta provocando un generale ritorno al baratto, molto diffuso nella capitale catalana, grazie alle associazioni di vicini che in questo periodo stanno trasformando molte delle loro sedi in empori dell’usato. Figura 47: Un anziano cerca nei cassonetti oggetti da rivendere nei mercatini dell'usato, © M.
Stanno riscuotendo successo anche i Taller de Matrone 2011 Autoreparaciò, finanziati dal governo, botteghe dove si insegna al cittadino a riparare i propri elettrodomestici non funzionanti e dove si possono far aggiustare gratuitamente alcuni utensili, per non doverli ricomprare1. Molti negozi stanno però chiudendo, soprattutto nelle zone non turistiche della città, poiché mentre i prezzi aumentano a causa dell’inflazione, il potere d’acquisto dei cittadini si abbassa facendo calare la domanda anche di alcuni generi di prima necessità. In diversi ristoranti, soprattutto quelli più vicini alle discoteche, i proprietari hanno addirittura deciso di rimanere aperti illegalmente fino a notte fonda, di nascosto alle forze dell’ordine, nonostante il rischio di multe salatissime, nel tentativo di incrementare il giro di affari. È alto il numero dei clochard accampati negli androni Figura 48: un gruppo di senza tetto cerca di delle case nella città vecchia, dove i turisti continuano ripararsi dal freddo dell'inverno barcellonese, per a transitare senza sosta, causando anche molti disagi fortuna mai troppo rigido, © M. Matrone 2011 alla popolazione residente. Problemi legati al turismo di massa Barcellona trae il 60% della sua ricchezza dal turismo, una risorsa indispensabile che purtroppo ha i suoi risvolti negativi, i quali sembrano a volte superiori ai vantaggi economici, in periodo di crisi. Il degrado portato dai visitatori stranieri, ai quali negli anni ’90 veniva presentata la capitale catalana come un luogo dove tutto fosse permesso, è stato per molto tempo irresponsabilmente tollerato e ha cambiato l’atteggiamento dei catalani verso chi viene dall’estero, costringendo le 1
www.millorquenou.cat è il sito internet di questo acclamato progetto
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ultime amministrazioni ad adottare rigide misure di controllo per affrontare alcuni gravi problemi di ordine pubblico. In alcune vie del quartiere Gotico si sono insediati spacciatori di sostanze psicotrope che esercitano all’aria aperta giorno e notte, attirando giovani Italiani, Inglesi e Francesi che visitano la città spesso con il solo scopo di acquistare droga. Inoltre, gli stessi ragazzi si abbandonano al consumo d’alcol sfrenato, disturbando i residenti con schiamazzi notturni e risse. Non a torto, il comune ha promosso diverse campagne per educare i visitatori ad un turismo più responsabile Figura 49: Tre giovani scandinavi chiedono introducendo multe salate per chi danneggia gli arredi sfacciatamente denaro per acquistare alcolici in urbani o compie atti di disturbo, nell’ambito di un una via del centro, © M. Matrone 2011 progetto che ha portato alla comparsa di manifesti molto eloquenti nell’agosto 2010, recanti lo slogan: “En Barcelona todo cabe, pero no todo vale! A Barcellona tutto è possibile, ma non tutto è permesso”1. L’intransigenza della polizia e l’importo esorbitante delle sanzioni sembrano per ora aver contribuito al successo di questa iniziativa, la quale viene ben accolta, oltre che dai residenti, dai turisti più assennati e responsabili, tuttavia, la sicurezza dei visitatori resta un problema persino ancora più grave del decoro urbano. Sia coloro che si fermano ad ammirare gli spettacoli delle statue viventi sulla Rambla, sia quelli che affollano la metropolitana nelle ore di punta, diventano spesso facili prede dei borseggiatori (Carteristas), i quali, nonostante l’esercito di Mossos d’esquadra dislocato lungo le strade, riescono ad agire indisturbati, confondendosi tra la folla. Barcellona si è così guadagnata il triste e meritato primato di città europea col maggior numero di borseggi: oltre 1.200, quasi 171 al giorno, secondo la classifica stilata dall’autorevole portale web turistico Trip Advisor2, i ladri sono spesso immigrati clandestini e Gitani, ma non manca qualche Italiano. Jordi Hereu, l’ultimo impopolare sindaco socialista, ha pensato di eliminare la micro-criminalità emanando un’ordinanza per ridurre a trenta il numero dei mimi sulla Rambla e le conseguenti folle di curiosi che impediscono il transito pedonale e forniscono ai Carteristas un terreno di caccia propizio, ma non vi è stato alcun risultato significativo. 1
© Ajuntament de Barcelona, JCDecaux, 2 www.tripadvisor.com
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Figura 50: Una delle statue viventi sfrattate dalla Rambla cerca di raccogliere firme per abolire il decreto, © M. Matrone 2011
L’iniziativa di alcuni privati cittadini che a proprio rischio e pericolo tentano di fermare i ladri, cerca di compensare l’inefficacia delle azioni di polizia e, per il momento, gli appelli al buon senso e all’ attenzione preventiva, sembrano essere l’unico metodo utile per scoraggiare i borseggiatori1. Guerra agli sprechi tramite l’agopuntura urbana In un periodo difficile la mancanza di denaro pubblico e la latitanza degli investitori privati può essere compensata solo da una adeguata politica di riduzione degli sprechi. Finita l’epoca delle grandi opere, il comune di Barcellona ha deciso di non indebitarsi per portare avanti progetti costosi e su scala troppo ampia, tuttavia, d’accordo con le associazioni dei vicini sparse su tutto il territorio metropolitano, si è pensato di limitarsi ad attuare quella che finora è stata la più virtuosa ed economica tipologia di intervento: l’agopuntura urbana, la quale, a fronte di un investimento limitato, riesce a portare ciò che serve esattamente dove occorre. Grazie a questa pratica sono stati ultimati in pochissimo tempo alcuni miglioramenti alla città, dalla realizzazione molto semplice, ma il cui impatto sociale è stato grandissimo, come accaduto di recente nel caso del risanamento di Plaça George Orwell. Questa piccola piazza nel cuore del Barri Gòtic era stata, all’inizio degli anni ’80, sgombrata da alcune macerie ed intitolata allo scrittore, eroe delle Brigate Internazionali durante la guerra civile; tuttavia nel corso Figura 51: Inizio de lavori di risanamento a degli anni, complice una gradinata al centro, era Plaça Orwell, © S. Arroyo 2011 diventata un ritrovo di tossicodipendenti e spacciatori fino ad essere addirittura ribattezzata “Plaça del Trip”. Sono bastati poco più di tre mesi (Gennaio-Aprile 2011) e un migliaio di Euro per spianare i gradini dove sedevano i tossicomani e per impiantare anche in questo triangolo di terreno un playground per bambini, deterrente ancora più efficace delle telecamere di sorveglianza, per cambiare radicalmente la popolazione della piazza2. Combattere la crisi economica, risparmiando sugli investimenti non prioritari, e mantenendo efficienti i servizi essenziali è l’idea condivisa da tutti i partiti politici che hanno partecipato alle elezioni di Maggio 2011, ma anche la soluzione adottata in primis dai singoli cittadini che considerano l’attitudine al risparmio come un valore tradizionale molto radicato. Preservare l’efficienza dei servizi e la vivibilità Nonostante i problemi inevitabili, aggravati dalla crisi, che normalmente soffrono le metropoli delle dimensioni di Barcellona, non si può fare a meno di rimanere piacevolmente impressionati dall’aspetto curato della città, dalla integrità degli arredi urbani, dall’efficienza dei trasporti pubblici 1
G. Tremlett, The lone woman waging war on Barcelona's pickpockets, The Guardian.co.uk 14/07/2011 2 C. Gòmez, La plaça Orwell esdevindrà un espai familiar en 3 mesos, Lìnia Cuitatvella.cat 02/02/2011
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e dalla comodità di alcuni servizi offerti alla cittadinanza che a Barcellona hanno avuto successo a differenza di altre grandi città. Il servizio di Bike sharing barcellonese, chiamato Bicing, attivo dal 2007, dopo un avvio difficile, è diventato il più efficiente e più utilizzato d’Europa, con oltre 150.000 abbonati che, al modico prezzo di 35 Euro l’anno, possono usufruire di oltre 6000 biciclette in prestito dislocate nelle 400 rastrelliere sparse per tutta la città. Ovviamente, possono godere di questo beneficio soltanto i domiciliati nell’area metropolitana, in base ad un accordo con i commercianti per tutelare i gestori dei numerosi Bike rental turistici. Il successo del Bicing deriva anche dal fatto che nessun ricettatore potrebbe piazzare gli inconfondibili componenti di queste particolari bici sul mercato nero, mentre è quasi impossibile salvare le biciclette private dai ladri. La capitale catalana e il governo della regione autonoma hanno infatti investito molto denaro, finché è stato possibile, nella mobilità sostenibile, e, anche oggi, nonostante le casse comunali e regionali siano ai minimi storici, si cerca di investire nella manutenzione delle strutture già esistenti e nel loro potenziamento, oltre che in programmi per la Figura 52: Una rastrelliera del Bicing: la particolare forma delle biciclette serve a prevenirne il furto, sensibilizzazione della cittadinanza. © M. Matrone 2011
L’utilizzo dei mezzi pubblici da parte dei barcellonesi è così notevolmente aumentato in questo ultimo periodo e la rete di trasporti urbani ha incrementato i suoi utenti del 4,4% in meno di un anno, fatturando quasi trecento milioni di euro (è impossibile salire senza pagare il biglietto). La metropolitana di Barcellona vanta molti primati in materia di estensione, puntualità ed accessibilità per i passeggeri a mobilità ridotta; iniziata nel 1921, si estende attualmente lungo una rete sotterranea di 125 chilometri su undici linee ed è l’unica in Europa a funzionare 24 ore su 24 nel weekend, dando la possibilità ai giovani di frequentare i locali notturni senza prendere la macchina.
Figura 53: In arancione e in azzurro i tracciati delle linee 9 e 10 previsti per il 2016/18, © ATM Barcelona
Nonostante la crisi, i lavori d’ampliamento continuano e tutti i partiti politici concordano sulla necessità di una macro linea che colleghi zone di vitale importanza attualmente escluse dal traffico sub-viario entro il 2018. 53
Nel 2009 sono stati inaugurati i primi tratti delle linee 9 e 10 che per 43 chilometri correranno unite sotto la città incrociando tutte le arterie sotterranee attualmente esistenti. In questo modo il porto della Zona Franca, l’aeroporto del Prat e la fiera di Barcellona, tutte collocate nell’area di ponente, saranno agevolmente connesse al centro e soprattutto alla nuova Sagrera, suggellando il ruolo di crocevia intermodale di Barcellona, riducendo allo stesso tempo le emissioni inquinanti. Nell’intento dichiarato di limitare la spesa pubblica, il comune barcellonese e la Generalitat de Catalunya chiedono costantemente la collaborazione dei cittadini per superare la crisi mantenendo una stato di benessere, ottenendo risposte positive da questi ultimi che non sembrano essersi troppo persi d’animo e anzi partecipano numerosi ai comizi sul consumo sostenibile organizzati dalle associazioni di vicini. Un’attenzione particolare è rivolta agli anziani e ai bambini per i quali è prevista un’area giochi sempre pulita e ordinata in ogni spazio pubblico, sia esso un parco o una piazza di modeste dimensioni, mentre in molti quartieri collinari sono state installate, lungo le strade in salita, scale mobili e funivie per passeggeri dalla mobilità ridotta, interventi poco costosi ma di Figura 54: Bambini del Raval giocano in un'area grande utilità per i diversamente abili. attrezzata dal comune, © M. Matrone 2011 Si stima che il programma regionale di Austerity continuerà per almeno altri due anni, nonostante gli avvicendamenti ai vertici istituzionali, le accuse di sprechi e tagli ingiustificati che si scambiano i partiti. La volontà di rivaleggiare con il governo centrale di Madrid è un altro forte stimolo per i Catalani che faranno il possibile per uscire dalla recessione prima degli odiati Madrileñi. Il pessimo rapporto tra gli abitanti delle due capitali spagnole, oltre che nelle tifoserie calcistiche, si sta infatti manifestando sempre più di frequente nelle scelte di politica economica e nelle rivendicazioni sociali più disparate.
Figura 55: L'arena de Toros in Plaça Espanya è La simbolica abolizione delle corride in Catalogna è stata convertita nel Dicembre 2010 in un centro stata, per esempio, una strumentalizzata vittoria dei commerciale con palestra e multisala, © M. Matrone 2011 1
secessionisti che hanno dichiarato ”non catalane” le tauromachie, più che una conquista degli animalisti.
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A. Cocchi, Corrida. Barcellona dice "basta", La Repubblica.it 24/09/2011
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Se Barcellona non può attualmente permettersi investimenti su larga scala il benessere delle persone viene, almeno in teoria, tutelato prima di ogni altra cosa sia nella metropoli che nelle zone rurali. A livello pratico, i Barcellonesi e i Catalani in generale sembrano comunque aver già dimostrato abbastanza buon senso di propria iniziativa a fronte alla crisi economica e ai sacrifici, grazie ad una straordinaria coesione sociale e generazionale propria della più antica tradizione locale. Figura 56: In molte targhe i Catalani trasformano la “E” di España nella “C” di Catalunya
CONCLUSIONE
Credo siano i piccoli dettagli che ho avuto modo di notare, durante il mio soggiorno in città, nella cura dell’organizzazione del tessuto urbano e dell’efficienza dei servizi a fare di Barcellona una città a misura d’Uomo. Il fatto che questa metropoli così grande e con i tipici problemi che derivano dall’alta densità, dall’inquinamento e dalla criminalità, riesca a mantenere un aspetto funzionale e coeso sembra davvero sorprendente. Certamente alcuni grandi architetti, ingegneri, esperti d’urbanistica o delle dinamiche sociali, dei quali Ildefonso Cerdà resta il caposcuola indiscusso, hanno fatto moltissimo per la città. Tuttavia il contributo dei grandi nomi che hanno reso il modello di sviluppo urbano barcellonese e le sue avanguardie architettoniche famosi in tutto il mondo, non basta da solo a spiegare l’aspetto vivibile e compatto della capitale catalana, poiché, come si è detto, non tutte le sue fasi di crescita sono state pianificate nel migliore dei modi. Ritengo che la chiave di questo sviluppo antropocentrico ed ergonomico della città, sia da ricercare nella tradizionale coesione della società catalana, visibile anche in certe manifestazioni folcloristiche e nei balli popolari della regione. Il gioco dei Castells, nel quale persone di ogni sesso ed età compongono altissime torri umane, è una delle occasioni dove meglio si può osservare lo spirito di unità catalano. A fare i Castells accorrono tutti i componenti della famiglia Figura 57: Gli abitanti di un intero senza distinzione di sesso o di età: gli anziani e gli adulti formano Barri si allenano a fare i Castells la base, mentre in alto salgono i più giovani fino a bambini di sei nell'apposita palestra di quartiere o sette anni. In ogni barri della metropoli come nel più piccolo villaggio rurale ha sede un gruppo di castellers formato da almeno una dozzina di famiglie che si allenano in apposite palestre per molti giorni all’anno; un’occasione per stare tutti insieme e tramandare la tradizione ai più piccoli e ai nuovi 55
cittadini immigrati, ma soprattutto un collante sociale, la cui potenza è difficile da comprendere per chi non ha mai assistito ad una esibizione castellera. La stessa coesione e fiducia reciproca che permette ai catalani di realizzare queste torri, si può riscontrare anche nell’aspetto della città di Barcellona e nella particolare empatia che si crea tra essa ed i suoi abitanti.
Figura 58: Ragazzi del Poblenou costruiscono il loro personale rapporto con l'architettura barcellonese, praticando il Parkour, una disciplina sportiva nata nelle Banlieue parigine, che insegna a muoversi a corpo libero nelle città compiendo esercizi spettacolari aumentando la fiducia in se stessi e nell’ambiente metropolitano circostante, © M. Matrone 2011
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