America America di Elia Kazan

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Elia Kazan - America America

3. Stavros è arrivato a Costantinopoli. Guarda meravigliato i sei minareti di Santa Sofia. Presto lo si trova a contemplare il Corno d’Oro, il famoso porto all’interno di Costantinopoli. È il posto più affollato in città durante il giorno. Stavros guarda i vaporetti nel porto, i piccoli motoscafi, poi sente il suono di una grossa nave - un acuto fischio di sirena. Gira di scatto la testa. Un grosso mercantile sta caricando lungo la banchina. Una fila interminabile di scaricatori, almeno un centinaio di persone, entrano ed escono dalla stiva della nave. Stavros si affretta verso la nave. Poi solleva lo sguardo. La nave batte bandiera americana. Alcuni ufficiali americani stanno visionando il carico dal parapetto del mercantile. Hanno facce aperte, oneste; improvvisamente Stavros si ritrova a gridare: “America… America… eh? Eh, eh?” Gli ufficiali non gli prestano attenzione. Guardano la fila di hamal che caricano la nave. Un uomo, troppo anziano per il carico che sta portando, inciampa e cade. Il suo carico rotola da una parte. Tre uomini sulla banchina fanno per raccoglierlo. Stavros, quasi per istinto, sorprendendo perfino se stesso, va anche lui a raccogliere il carico per assicurarsi il lavoro. Scoppia

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una rissa terribile. Tutti e quattro gli uomini vogliono disperatamente il lavoro. Stavros lotta come una bestia feroce. Tutta la sua rabbia repressa esplode. Aggredisce l’uomo che ha afferrato il carico e, in pochi decisivi secondi, lo fa cadere a terra assicurandosi il lavoro. Ringhia mentre si porta il peso sulle spalle, poi trionfalmente si dirige verso la passerella. Gli ufficiali americani hanno assistito alla rissa. Quando Stavros passa davanti a loro, si mostra fiero con il suo carico addosso. “Salve, ragazzo!” dice il comandante. Stavros procede deciso e fischietta, fa delle smorfie, è tutto orgoglioso della propria vittoria e porta il peso a passo di danza. La sirena della nave emette tre fischi assordanti, come se anche lei stesse celebrando la vittoria di Stavros. *** È l’alba quando il mercantile, completamente carico, esce in mare. A circa duecento metri dalla riva, la sirena manda altri tre ululati, in segno di saluto da lontano. Ormai la banchina è deserta, fatta salva una figura solitaria. È Stavros che guarda il mercantile partire. Ha toccato il suo sogno con mano. E ora, tristemente, gira le spalle e si allontana. ***

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Il bazar al chiuso è fatto di una strada dopo l’altra, tutte piene zeppe di vetrine di negozi. È al coperto perché tutto si svolge sotto una volta di vetro. È l’ora di punta per comprare, così il posto è straordinariamente pieno di gente. I venditori, che competono fra loro con ferocia, occupano il centro della strada, mentre le merci, sparpagliate su carta, sono esposte lungo tutto il selciato. Stavros tiene in mano una cartina, chiede e riceve indicazioni, e prosegue. Il rumore è assordante. Superato l’angolo del bazar, tutto si fa improvvisamente


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molto più silenzioso. Stavros consulta la mappa che ha in mano, poi si dirige lungo la facciata di una fila di negozi di tappeti, leggendo numeri e nomi. Sono senza dubbio negozi silenziosi. Stavros si ferma. Ha trovato la Società Tappeti Persiani Topouzoglou. Esamina l’esterno scuro di questo piccolo negozio. Dentro c’è un silenzio di tomba. Stavros è contrariato. Si aspettava un posto dove “gli affari vanno a gonfie vele”. Stavros entra. Si ferma. Nessuno gli viene incontro. Silenzio. Poi un russare ritmico e potente. Stavros ne cerca la fonte. Nostro Cugino giace in cima a un piccolo mucchio di tappeti arrotolati, pacificamente addormentato. Un vecchio facchino, con le ciabatte ai piedi, si avvicina a Stavros. “È questa l’azienda di Odysseus Topouzoglou?” dice Stavros senza nascondere l’evidente delusione. “Sì. Si accomodi, si accomodi,” dice il facchino. Poi osserva bene il visitatore e si accorge di com’è conciato. Il tono della voce cambia. “Che cosa vuoi, ragazzo? Non ci serve niente.” A questo punto, Nostro Cugino si stiracchia, emettendo un’incredibile serie di sospiri, grugniti e gemiti. “Ach! Ach! Ach! Tststststststtt! Tstst! Aaachh!” “Che sta dicendo?” chiede Stavros. “Perdona Dio per averlo messo al mondo.” “Sono suo cugino. Quando si sveglierà?” “Quando arriverà qualche cliente,” dice il facchino. Osserva il pavimento, ai piedi di Stavros. “Guarda che sporcizia hai portato qui dentro. Chi è che dovrà spazzare di nuovo? Io!” In quel momento qualcosa sveglia Nostro Cugino, che si guarda intorno, sorridendo senza rivolgersi a qualcuno in particolare. Ha la bocca impastata. Si strofina le gengive e continua a ripetere: “Ach, ach.” “Topouzoglou, effendi. Quest’uomo dice di essere tuo cugino.” È un locale buio, e la vista del vecchio non è troppo buona. Inoltre si è addormentato senza gli occhiali addosso. Ora, men-

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tre si avvicina a Stavros, comincia a ridacchiare. “Oh, ohh, oooohhh, benvenuto, benvenuto.” Si mette gli occhiali e lo osserva con attenzione. E il tono della sua voce bruscamente cambia. “Che ti è successo?” “Ho… ho fatto un brutto viaggio.” “Beh, beh, poveretto, poveretto!” Si gira verso il facchino: “Artin, corri! Sbrigati! Vai a fare due caffè! Subito!” Artin si allontana esitante. “Corro,” dice. “Ti ho aspettato e aspettato. Benvenuto! Vieni, andiamo, seguimi nel retro del negozio. Ho della biancheria pulita. Ti voglio offrire il pranzo.” Nostro Cugino porta Stavros in un ristorante che si affaccia sul porto. Consumando le sue ultime disponibilità, ci tiene a fare bella figura. Stavros è affamato e divora anche la testa dei pesci. “E così, ciò di cui abbiamo bisogno sono maggiori scorte.” Dall’altra parte del porto si sente il fischio di una grossa imbarcazione. Stavros si gira a guardare. “Che c’è?” dice Nostro Cugino. “Perdonami. Volevo solo farti notare che non mi sembra che tu riesca a vendere ciò che hai.” “Sei molto perspicace! Un’altra triglia? Ti prego. Sono così piccole!” “Siccome insisti, d’accordo. Grazie” dice Stavros avidamente. Si sente di nuovo il fischio della sirena provenire dal grosso mercantile. “Vedi, la mia merce non è molto adatta al mercato odierno.” Stavros si concentra sul fischio della nave.

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